Probiotici cosa sono

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Probiotici cosa sono

PROBIOTICI

 

Il corpo umano, come quello di tutti gli esseri viventi, viene normalmente colonizzato da microrganismi che sono acquisiti fin dalla nascita (già al contatto con il tratto genito-urinario della madre) e che subiscono modifiche e variazioni in numero e specie lungo tutto il decorso della vita. Esistono numerosi elementi che incidono sulla composizione e sulla qualità delle specie microbiche presenti che includono fattori genetici, abitudini alimentari, igieniche, età, situazioni di stress o fenomeni psicosomatici (Neish, 2009). Un fattore esogeno importante è rappresentato dall'uso di farmaci e in particolare antibiotici, che non solo eliminano i microrganismi sensibili presenti ma favoriscono la colonizzazione intestinale da parte di microrganismi diversi che possono veicolare meccanismi di resistenza o proprietà biochimiche che consentono l'utilizzo di substrati non usuali, incidendo quindi sulla dieta (Bosscher et al., 2009; Neish, 2009; Garrett et al., 2010).
Questi batteri sempre presenti sono chiamati residenti, o popolazione microbica normale e quantitativamente rappresentano circa l’1% del peso corporeo.  Dal punto di vista numerico superano di almeno 10 volte il numero totale delle cellule eucariotiche del corpo umano. L’apparato gastro enterico possiede in termini quantitativi e qualitativi la maggior parte di tutti i germi veicolati dal corpo. Vi possono essere più di 500 specie diverse di batteri, molte delle quali non coltivabili con le metodiche tradizionali. Si stima che circa il 60% del materiale fecale, sia costituito da batteri. Nello stomaco ove vi è un alto grado di acidità il numero dei microrganismi non supera le mille unità, mentre nell'ileo la concentrazione aumenta arrivando poi nel colon a 1011-1012 batteri per g (Neish, 2009; Mullard;  Ohland   ). Essi portano  milioni di geni, un numero di gran lunga superiore ai 20.000 stimati del genoma umano. Il ruolo di questa enorme quantità di informazione genetica e quindi la produzione di enzimi per utilizzare i più svariati alimenti è ben evidente nella varietà di composti che possono essere metabolizzati e, quando questa viene cambiata, per i più disparati motivi, come già accennato, si modifica anche l'assorbimento dei nutrienti da parte dell'organismo stesso, una situazione accertata nelle persone obese e magre che hanno profili batterici radicalmente diversi nei loro intestini (Gill, S.R. et al., 2006; Ley, R.E. et al. 2006; Garrett et al., 2010). La popolazione microbica dell’apparato gastro-enterico  è stata definita come "un insieme di microrganismi presenti nel lume intestinale i quali, se convivono in un determinato equilibrio contribuiscono allo stato di salute dell'ospite". Per altri autori la popolazione batterica intestinale è un bioreattore, un organo aggiunto ma spesso dimenticato.
Varie specie di organismi aerobi e anaerobi possono essere ritrovati nel colon (Stephen et al., 1980). La convivenza di tutti questi microrganismi con diverso metabolismo, è assicurata da rapporti intermicrobici presenti a vari livelli del lume intestinale. Tutto ciò avviene grazie al controllo che ciascuna specie esercita sullo sviluppo dell'altra garantendo funzioni essenziali per l'ospite (Clarke et al.,1977).
I due più importanti gruppi batterici che colonizzano l’intestino crasso sono i gram negativi Bacteroides e in minor percentuale i Gram positivi appartenenti alla famiglia dei clostridi.
Membri della popolazione microbica intestinale sono in competizione per molti tipi di polisaccaridi non digeriti dalle cellule intestinali, provenienti dalle piante, presenti nel colon. Il materiale della parete cellulare delle piante che raggiunge il colon umano è costituito da cellulosa, arabinoxilano, xiloglucano, β-glucano, mannano, pectina e lignina. Questi polimeri complessi sono intimamente associati alla parete cellulare delle piante, e sono degradati da una batteria di enzimi quali idrolasi, esterasi, e liasi microbiche. La degradazione nell’intestino crasso, in particolar modo della lignina e della cellulosa, è incompleta portando a particelle di fibre vegetali che persistono fino all’intestino distale dove possono favorire il processo di eliminazione delle feci.
Il ruolo dei microrganismi intestinali diviene fondamentale nella sintesi e nell'utilizzo delle vitamine (Lebonlanger et al.1981). Queste sono assimilate sia dagli stessi batteri autoctoni che dall'ospite, che le utilizza insieme a quelle assunte con la dieta per il proprio fabbisogno. E’ ciò che accade con le vitamine B1, B2, B6, B12, PP, H, acido pantotenico e acido folico. La vitamina K prodotta nell'intestino è sufficiente per l'intero fabbisogno dell'ospite e viene sintetizzata dall'Eucobacterium lentum che modifica degli steroidi a livello intestinale (Meier et al., 1970). Occasionalmente e temporaneamente la composizione di questa comunità batterica può essere modificata da microrganismi in transito, ma è sempre estremamente difficile per un germe non residente trovare uno spazio ove colonizzare e proliferare. La popolazione microbica residente è essenziale infatti per la difesa verso i microrganismi esterni. Questa azione viene concretizzata attraverso la competizione con i batteri ”occasionali” in transito per le sostanze nutrienti e per i recettori  presenti sulle cellule a cui possono aderire.
I batteri fermentano i carboidrati con produzione di acidi grassi e metaboliti che risultano tossici per molti microrganismi non autoctoni, inoltre abbassano il pH, creando un ambiente poco favorevole alla crescita delle specie batteriche patogene. E' altresì capace di stimolare il sistema immunitario dell’ospite nell’ambito macrofagico e nella produzione di immunoglobuline (Ig), in particolare IgA.
La risposta immunitaria verso i microrganismi si colloca a livello delle Placche di Peyer dove i linfociti migrano, maturano e si diffondono in tutto l'organismo, in particolare nel tratto gastrointestinale. Qui i linfociti producono sia le IgA secretorie presenti sulla superficie della mucosa (Brantzaeg et al, 1989), sia le IgG e IgM presenti nel lume intestinale (Williams  et al.,  1972;  Bonomo  et al., 1980). Il ruolo delle IgA è stato descritto da  Strobel et al. (1991) che hanno evidenziato come le IgA, resistenti alla proteolisi intraluminale, possono persistere nell’intestino ed esercitare la loro attività sugli antigeni di natura estranea all’organismo.
I germi intestinali interagiscono con gli acidi biliari  (Aldini R., et al., 1979). Gli acidi biliari derivano dal metabolismo del colesterolo nel fegato, vengono coniugati con glicina ed eliminati con la bile. A livello intestinale, dopo la deconiugazione si formano acidi biliari primari e secondari (Aries V., et al., 1970) che, vengono in minima parte metabolizzati ed eliminati con le feci, mentre la maggior parte ritorna a livello epatico dove è riconiugata ed eliminata attraverso la bile. Tutto ciò avviene attraverso un meccanismo di feed-back positivo, nel quale è fondamentale il ruolo svolto dai germi intestinali (Lye et al. 2010).
Anche il metabolismo degli ormoni steroidei (androgeni, estrogeni e corticosteroidi) avviene nel lume intestinale attraverso varie reazioni chimiche (Aries V., et al, 1970; Brokkenheuser V.D., et al., 1980.). Gli ormoni steroidei vengono modificati a livello del fegato ed escreti con la bile. Nell'intestino verranno deconiugati e sottoposti alle modificazioni enzimatiche per ritornare nuovamente al fegato attraverso la vena porta.
Nonostante tutto, l’equilibrio dell’ecosistema intestinale è fragile e può essere facilmente alterato: basta una variazione nella composizione qualitativa o quantitativa della popolazione batterica, per compromettere la funzionalità dell'intestino causando una serie di disturbi che vanno dal meteorismo, alla diarrea, al dolore e gonfiore addominale accompagnati da uno stato di malessere generale (Gasbarrini et al., 2004).
I microrganismi residenti, cui abbiamo precedentemente accennato, sono in grado di produrre batteriocidine, proteine capaci di provocare pori nella parete dei microrganismi estranei e di causarne la morte. L'effetto letale è dovuto sia a lisi cellulare a causa della pressione interna osmotica della cellula batterica che attraverso i pori incamera liquidi come l’acqua, sia perché questa permeabilizzazione favorisce l’ingresso di sostanze antibatteriche prodotte dalle cellule intestinali. I germi residenti sono invece in grado di resistere all'attività degli antimicrobici sintetizzati dalle diverse specie coesistenti e in parte da quelli delle cellule intestinali. Tutte queste strategie permettono al nostro organismo di difendersi da aggressioni batteriche dannose.
Altri fattori che possono influenzare la composizione della popolazione batterica gastro-enterica includono l'acidità gastrica, la motilità intestinale e lo stato immunitario dell'ospite
Questa massa enorme di microorganismi che, come già accennato, svolge un ruolo fondamentale nella digestione di molecole complesse che il nostro apparato gastro enterico non è in grado di demolire e quindi utilizzare, deve essere contenuta nel lume intestinale senza avere libero accesso alle zone adiacenti ove potrebbe creare danni dando luogo a processi infettivi. A questo livello vi è infatti una barriera protettiva costituita da uno strato di muco denso che contiene IgA secretorie, peptidi antimicrobici e anche complessi giunzionali che tengono unite le cellule epiteliali adiacenti in modo da regolare la permeabilità del tessuto intestinale. Vi sono specie batteriche che aiutano questa barriera a mantenere la propria integrità, a stimolare il sistema immune e a creare un ambiente che limiti la proliferazione di specie batteriche patogene. Questi microorganismi, noti come prebiotici, sono da tempo ritenuti di grande utilità per tutto l’apparato gastroenterico e non solo, anche se non sono ancora del tutto noti i diversi aspetti della loro benefica attività.
Il termine probiotico, (dal Greco”pro bios”, a favore della vita) venne coniato da Fuller nel 1989, è inteso come “un microrganismo vivente che esercita un effetto positivo sulla salute dell'ospite con il risultato di rafforzare l'ecosistema intestinale”. I probiotici sono esseri vitali, microrganismi non patogeni (batteri o lieviti) che devono raggiungere l’intestino in quantità sufficiente a conferire un effetto benefico all’organismo ospite. I prebiotici sono componenti del cibo non digeribili che promuovono la crescita o l’attività di batteri enterici benefici. I simbionti sono combinazioni di probiotici e prebiotici designati a promuovere la sopravvivenza dei microrganismi ingeriti e la colonizzazione da parte di questi del tratto intestinale.
Batteri usati come probiotici comprendono: Lactobacillus species, Bifidobacterium species, E. coli, Enterococcus e Streptococcus species. Molti microorganismi impiegati come probiotici sono d'origine umana, e sono considerati sicuri per questo utilizzo. L'unico lievito usato come probiotico è il Saccharomyces boulardii.
L’effetto benefico del probiotico consiste, innanzi tutto, nella sua capacità di abbassare ulteriormente il pH, favorendo così la proliferazione delle specie batteriche meno dannose ed ostacolando la crescita di microrganismi nocivi per la salute dell’ospite. Infatti la presenza di un pH alto correlato allo sviluppo di specie batteriche nocive è causa di diverse patologie, come per esempio coliti acute e encefalopatie sistemico-portali, a causa della presenza di specie batteriche aerobiche e anaerobiche, produttrici di ammoniaca (    ).
I probiotici attraverso il metabolismo dei vari substrati presenti, inclusi i prebiotici, sono in grado di produrre degli acidi grassi a catena corta, (Short-chain fatty acids, SCFA) che si ritrovano nei campioni di feci umane ad una concentrazione che può superare 100 mmol/L
I tre principali acidi grassi a catena corta sono: acetato, proprionato e butirrato. (Cummings et al., 1987).
L’acetato costituisce circa il 60-70% degli SCFA trovati nelle feci. Il sostanziale utilizzo dell’acetato avviene durante la formazione di butirrato.  I gruppi batterici che formano proprionato e butirrato sono poco numerosi e sono di particolare interesse nell’ottica dei loro potenziali effetti benefici sulla salute. Il propionato è per la maggior parte  metabolizzato a livello del fegato ed è capace di inibire la formazione di lipidi. (Vogt et al.,  2004). L'acido butirrico, presente in piccole quantità nel latte intero, è un acido carbossilico a quattro atomi di carbonio definito anche come acido grasso a catena corta. Il butirrato, forma dissociata dell'acido butirrico, svolge le sue azioni fisiologiche prevalentemente a livello intestinale, in particolare nel tratto del colon. Esso rappresenta la più importante fonte energetica dei colonociti, cellule che costituiscono il tessuto epiteliale del colon. L'acido butirrico è quindi un nutriente fondamentale per l'organismo umano e la sua principale fonte deriva dai processi fermentativi delle fibre assunte con la dieta, ad opera della comunità microbica intestinale. Le attività che l'acido butirrico svolge a livello fisiologico sono: un'azione trofica intestinale, in quanto favorisce la riepitelizzazione del colon stimolando il ricambio, la differenziazione e maturazione dei colonociti, contribuisce a mantenere l'integrità della mucosa intestinale e alla riparazione delle lesioni, favorisce l'assorbimento di acqua e sodio a livello intestinale, quindi in caso di diarrea velocizza il riequilibrio fisiologico del transito intestinale e inoltre aiuta a riequilibrare il normale pH intestinale.
L’inulina, fibra solubile presente in molti alimenti di natura vegetale, è un prebiotico e come tale favorisce la crescita microbica dei germi intestinali. Essa rappresenta il substrato di partenza dal quale i probiotici con la fermentazione producono acidi grassi a catena corta tra i quali l’acido butirrico  (Pryde et al.,  2002).
L’amido ha mostrato di avere un effetto favorevole per la produzione di butirrato, sia in vitro (Wang e Gibson,  1993) che in vivo (Topping e Clifton,  2001). L’aggiunta di amido alla dieta di ratti con popolazione microbica intestinale simile a quella umana  ha infatti portato all’aumento in numero di lattobacilli e bifidobatteri, e ad elevata produzione di butirrato (Silvi et al. , 1999) 
Butirrato e proprionato sono prodotti in quantità relativamente modesta (Macfarlane e Gibson,  1997). La formazione di butirrato nell’intestino crasso umano potrebbe essere influenzata in diversi modi dalla composizione della dieta (Pryde et al.,  2002).
Come già detto gli acidi grassi a catena corta favoriscono l'abbassamento del pH che può così diventare moderatamente acido (Nugent et al.,  2001). Il pH nel colon ha un marcato effetto  sulla composizione delle specie batteriche presenti. Walker  et al., (2005) hanno dimostrato una correlazione tra un cambiamento nella composizione della specie di microrganismi da pH 5.5, dove i batteri formanti butirrato comprendono il 20% mentre a pH 6.5 dove, questo gruppo diventa impercettibile. A pH 6.5 la comunità dei fermentatori diventa dominata dai Bacteroidi.

Meccanismo d’azione dei Probiotici
Esistono alcune informazioni sui probiotici che vale la pena sottolineare ulteriormente, la prima è che se questi germi ingeriti vivi se riescono a colonizzare l'intestino devono essere ritrovati nelle feci anche dopo qualche giorno dalla fine dell'ingestione. Questo è vero, tuttavia i dati più recenti sulle ricerche, in questo ambito, hanno messo in evidenza il fatto che questi microorganismi dovendo attraversare ambienti come lo stomaco a valori di pH estremamente bassi attivano un stato di morte apparente o vitale ma non coltivabile (VBNC) per cui un esame microbiologico condotto con le procedure standard potrebbe dare risultati erroneamente negativi. Vi sono dati, ottenuti mediante tecniche di biologia molecolare, che manifestano la presenza di funzioni enzimatiche attribuibili a questi germi che testimoniano quindi la loro presenza. L'altra affermazione che i prebiotici per dare benefici devono colonizzare, perché se in transito non recano alcun aiuto, è stata smentita da dati che indicano che anche i germi in transito sono in grado di stimolare molte funzioni che aiutano le difese dell’ospite contro gli agenti patogeni o comunque nocivi per la salute. Un'interessante osservazione evidenzia inoltre che il probiotico può dare effetti benefici anche se costituito da batteri uccisi ma somministrati come quelli vivi (Adams, 2010).
Per meglio capire quale ruolo possano svolgere i probiotici in ambito intestinale bisogna innanzi tutto analizzare il tipo di ambiente sul quale essi vanno ad esercitare la loro azione. Oltre alla presenza di germi residenti, come già sottolineato, nell'apparato gastro-enterico, così come in molti epiteli degli organi interni del corpo sono localizzate delle cellule, dette a calice (goblet cells), deputate alla produzione di muco, che, con uno spessore non superiore al mm, ricopre e protegge tutti gli epiteli. Il muco è costituito da mucina. Le mucine sono glicoproteine, che formano un gel protettivo, fornendo una zona di separazione tra i batteri e la superficie delle cellule epiteliali. Come tale, lo strato di muco è parte integrante della strategia di tolleranza immunologica usata dall’ospite per mantenere una simbiosi vantaggiosa nella relazione ospite-microorganismi. Alcuni probiotici contribuiscono attivamente a tale barriera epiteliale protettiva incrementando la produzione normale di mucina, anche se gli esatti effettori batterici devono ancora essere identificati. A questo proposito va ricordato che alcuni estratti di Lactobacillus acidophilus hanno dimostrato di incrementare la usuale quantità di sintesi di mucina. L'induzione della sintesi di mucina è in grado di fornire una nicchia aggiuntiva per i probiotici che risiedono transitoriamente nel tratto gastrointestinale e possono promuovere il contatto con i loro recettori. Questo strato svolge una funzione di protezione nei confronti di molecole potenzialmente dannose o altri antigeni, mentre esercita una funzione lubrificante specie in sede intestinale. Il muco è la prima barriera che i batteri intestinali incontrano e che i patogeni devono attraversare se vogliono raggiungere le cellule epiteliali. I batteri possono anche modificare la superficie glicosilata dell'epitelio intestinale mediante la modulazione dell’espressione della mucina.  Pertanto per accedere agli strati più profondi del tessuto un patogeno deve degradare il muco. Alcuni esempi riguardano Pseudomonas aeruginosa, Candida albicans e Entamoeba histolytica che producono proteasi e glicosilasi o Helicobacter pylori che è in grado di rompere i legami di solfuro di questa glicoproteina, enzimi che facilitano la disgregazione della mucina.
Nelle aree infiammate lo strato di muco risulta assottigliato con conseguente riduzione di protezione rendendo più facile l’adesione dei batteri e la loro infiltrazione nelle aree sottostanti.
I probiotici, come è stato osservato in vitro  promuovono e aumentano la secrezione di muco come meccanismo per aumentare la funzione di barriera e l’esclusione dei patogeni. In quest’ultimo gruppo sono inclusi anche i virus. Nell’infezione da  Rotavirus, ad esempio, diversi probiotici sono capaci di inibire l’adesione di queste particelle virali attraverso la modificazione dello stato di glicosilazione del recettore nelle cellule epiteliali usando un fattore solubile escreto  dai probiotici (Freitas  et al.,  2003).

Rafforzamento della mucosa intestinale
I batteri intestinali contribuiscono alla permeabilità della barriera mucosale intestinale. Alcune specie di microrganismi possono incidere sulla compattezza del tessuto enterico, così da consentire il passaggio di batteri e macromolecole provenienti dalla dieta attraverso la parete mucosale.(Lee et al.,  2000)
Diversi probiotici hanno mostrato la capacità di prevenire e riparare il danno mucosale, causato da antigeni alimentari (Rosenfeldt et al,, 2004)  o da sostanze medicinali (Montalto et al., 2004). Ad esempio L. acidophilus è capace di controbilanciare il danno alle proteine delle giunzioni strette (Montalto  et al., 2004) e nell’insieme, le cellule di diversi probiotici con i loro mezzi di crescita sono stati in grado di aumentare la resistenza transepiteliale delle cellule monostrato indotta da patogeni e di indurre l’espressione del gene della mucina (Mack et al., 2003; Otte et al.,2004).
Come citato in precedenza le cellule epiteliali intestinali possono produrre peptidi con attività antimicrobica denominate defensine e catelicidine. Le catelicidine, peptidi cationici ad alfa elica, sono sintetizzate in modo continuo dalle cellule dell’epitelio intestinale e sono coinvolte nella difesa contro i patogeni. Lo stimolo infiammatorio che sembra indurre l’espressione delle catelicidine  è il butirrato, prodotto, come già menzionato, dalla popolazione enterica residente. Le defensine sono classificate come alfa e beta defensine. Le alfa defensine vengono espresse  principalmente dalle cellule di Paneth mentre le beta defensine dalle cellule epiteliali di tutto l’intestino. Una diminuita produzione di defensine è associata con la malattia del colon irritabile (Irritable Bowel Syndrome, IBS) e con un’aumentata sensibilità nei confronti delle infezioni batteriche.
Alcuni probiotici, oltre al ruolo già citato sul pH, sono in grado di aumentare gli effetti letali sui batteri patogeni attraverso la produzione di molecole antimicrobiche come gli stessi SCFA e batteriocidine  o microcidine, sono state inoltre evidenziate delle molecole lipofiliche (la cui natura è ancora da definire) che presentano un ampio spettro antibatterico.
Le batteriocidine e le microcidine sono peptidi che mostrano un'attività battericida o batteriostatica. Le batteriocidine sono tipicamente prodotte da batteri Gram positivi e le microcidine vengono prodotte da batteri Gram negativi. Tra le sostanze antimicrobiche prodotte dai prebiotici vanno annoverate sia l'acido lattico che il perossido d'idrogeno che esprimono un significativo e aggiuntivo effetto battericida.
I probiotici possono contribuire alla funzione della barriera intestinale competendo per i siti di legame con i patogeni. Ad esempio Escherichia coli Nissle (EcN) produce un  componente non battericida  che interagisce con il recettore presente sulle cellule dell’ospite inibendo così l’adesione dei patogeni. L’inibizione dell’adesione batterica di patogeni è un altro dei meccanismi attraverso cui i probiotici prevengono le infezioni intestinali.
La mucosa intestinale secerne Ig, come abbiamo già detto, in particolare IgA. Si calcola che ne siano prodotte dai 40 ai 60 mg al giorno per ogni kg di peso corporeo. Nelle placche del Peyer vengono prodotte IgM. Le IgA sono considerate l’elemento primario per la risposta immunitaria verso gli antigeni microbici. Le IgG fanno parte della risposta immunitaria innata della mucosa. Le IgA secretorie proteggono l’epitelio intestinale contro la colonizzazione e/o l’invasione che si attua attraverso il legame degli antigeni di patogeni o commensali, le IgA ricoprono il germe con uno scudo idrofilico che è repellente per l’epitelio intestinale e quindi è tenuto lontano dalle cellule dell’intestino. L’esclusione batterica non soltanto protegge l’epitelio dall’invasione dei germi ma è anche importante per il mantenimento dell’equilibrio tra batteri e cellule intestinali, impedendo un'eccessiva crescita della popolazione batterica intestinale.
I probiotici fanno aumentare i livelli di IgA specifiche contro i patogeni, esercitano inoltre altre attività sul sistema immunitario dell’ospite come per esempio il reclutamento delle cellule dendritiche e delle cellule T, l’inibizione delle citochine infiammatorie e la promozione dell’attività delle cellule NK. Alcuni studi hanno dimostrato come l'introduzione locale di lattobacilli nel tratto gastrointestinale nei topi e negli uomini abbia comportato l'accrescimento delle IgA (Perdigon et al., 1990; Kaila e Isolauri, 1992).
Altri fattori connessi con l'immunostimolazione sono rappresentati dall'attivazione di difese non specifiche dell'ospite come l'attività aumentata di fagociti e linfociti (Perdigon  et al., 1986 e 1988). Anche in questo caso non è ancora stato individuato l'esatto meccanismo mediante il quale i probiotici esaltino la risposta immune
Un altro aspetto importante legato al sistema immunitario riguarda l'attivazione di elementi chiave responsabili della formazione di citochine pro-infiammatorie e di chemochine sebbene la risposta sia più debole per L. rhamnosus rispetto a quella del patogeno Gram positivo Streptococcus pyogenes (Miettinen et al, 2000; Veckman et al,  2004; Veckman , 2003). L. rhamnosus riduce la produzione di citochine infiammatorie (Braat  et al. 2004).  I batteri probiotici  possono modulare la risposta immune innata sia in direzione anti-infiammatoria che pro-infiammatoria (Braat et al,  2004).
I probiotici sembrano essere utili specialmente nel regime dietetico dei bambini con allergie al latte vaccino e nelle dermatiti atopiche IgE-mediate (Viljanen et al., 2005), dove la produzione di interferone-γ è aumentata. (Pohjavuori et al., 2004).
I batteri probiotici possono anche aiutare la risposta immune adattativa e la formazione di anticorpi (Cross , 2002; Vaarala ,  2003).

Giunzioni strette delle cellule epiteliali
Gli enterociti esprimono recettori denominati PRRs (pattern recognition receptors) che sono in grado di riconoscere delle strutture proteiche localizzate sulla superficie esterna dei batteri e diffuse tra le diverse specie. Queste molecole sono tipiche dei batteri e sono note come PAMP (pathogen-associated molecular pattern), comprese le proteine denominate TLR e NOD. Al fine di discriminare tra patogeni e commensali, queste molecole sono posizionate all’interno delle cellule o lateralmente sulla parete cellulare. Tutto questo comporta il fatto che se un germe fa breccia nelle difese esterne, quindi potenzialmente dannoso o patogeno, verrà a contatto con questi recettori situati internamente alle cellule intestinali e quindi farà attivare i meccanismi di difesa più potenti. L’adesione delle cellule epiteliali tra loro è realizzato in modo da non permette il transito dei batteri ed è mediato da proteine definite occludine e claudine che mantengono le cellule perfettamente aderenti le une alle altre formando una barriera molto difficile da superare. Naturalmente il sistema di regolazione di queste giunzioni (TJ) è molto delicato e dipende da enzimi chiamati fosfatasi che intervengono sulle catene di miosina leggere che funzionano come elastici capaci di allentarsi o contrasi sulla base delle necessità. Questa elasticità permette a composti utili di passare la barriera epiteliale e a quelli nocivi di essere respinti. Siccome le fosfatasi sono molte e con diverse funzioni, i patogeni possono intervenire su queste indebolendo la permeabilità della barriera intestinale e guadagnare accesso alle zone limitrofe dell’intestino.
L’infiammazione cronica è spesso associata a una funzione alterata delle giunzioni strette che permette il passaggio di antigeni microbici nel sottostante tessuto immunitario.
Un trattamento con batteri probiotici può rinforzare la resistenza delle giunzioni strette dovuta allo stress, a citochine pro o infiammatorie. I probiotici possono direttamente modificare la funzione della barriera epiteliale influenzando la struttura delle giunzioni strette. Inoltre un segnale mediato la TLR, attivato da commensali o probiotici può giocare un ruolo nel ristabilire l’omeostasi. Pur non essendo noti tutti i meccanismi attraverso i quali i probiotici intervengono per sostenere la permeabilità della barriera, alcuni studi hanno evidenziato un aumento di produzione di occludina e di fosfatasi da parte di diverse specie di probiotici. I probiotici prevengono inoltre la distruzione del citoscheletro e delle proteine delle giunzioni strette nelle cellule epiteliali, causate dai patogeni, migliorando la funzione della barriera mucosale e prevenendo la secrezione di elettroliti (Resta-Lenert e Barrett, 2003;  Michail e Abernathy,  2003).
Altri effetti dei probiotici
Ci sono meno dati disponibili riguardo al trattamento della diarrea causata da batteri patogeni, ma i risultati di studi su interventi umani indicano che alcuni probiotici potrebbero ridurre la ricorrenza della diarrea cronica causata, per esempio, da Clostridium difficile (Plummer  et al.,  2004; Wullt  et al.,2003)
Un’ altra ben documentata caratteristica dei probiotici è quella di bilanciare le funzioni gastro-intestinali durante il trattamento antibiotico sia per quanto riguarda i bambini che gli adulti (Cremonini  et al., 2002).
La somministrazione di Lactobacillus GG., nelle donne gravide e in un periodo che include  il dopo il parto e l’allattamento al seno, o la somministrazione effettuata direttamente al bambino per sei mesi dopo la nascita, riduce in modo significativo l’incidenza di dermatiti atopiche nei bambini nei successivi quattro anni. (Kalliomaki  et al 2003).
Nel trattamento dietetico, l’eliminazione dell’antigene dalla dieta è stato in passato l’unico mezzo di cura per le allergie alimentari. Vi è una crescente prova che l’aggiunta di probiotici alla dieta porta all’eliminazione degli antigeni e può rendere più veloce la risoluzione dei sintomi e dell’infiammazione intestinale nei bambini. (Viljanen et al.,  2005; Isolauri et al, 2000; Majamaa e Isolauri,  1997).
I probiotici possono ridurre i sintomi dell’allergia oltre che delle dermatiti atopiche e dell’infiammazione intestinale. ( Viljanen et al.,  2005; Isolauri et al, 2000; Majamaa  e Isolauri, 1997).
Soppressione dell’infiammazione intestinale
Le gravi malattie infiammatorie del tratto umano gastro-intestinale (IBDs)  sono caratterizzate da una fluttuazione di periodi attivi e latenti della malattia. La mucosa e la sottomucosa dell’intestino sono infiammate, ma l’eziologia di queste patologie non è conosciuta. Fattori genetici giocano un ruolo significativo, ma si pensa che la composizione della popolazione microbica abbia un ruolo importante, in particolare, durante coliti ulcerative attive è stata osservata una ridotta concentrazione di lactobacilli rispetto al numero della tessa specie riscontrato in fase remissiva ( Bullock et al., 2004)
La diversità della flora è ridotta in modo significativo nei pazienti con IBD e ciò è dovuto alla perdita dei normali batteri anaerobi e quelli appartenenti ai generi Bacteroides, Eubacterium e Lactobacillus. (Ott et al., 2004)
Intolleranza al lattosio
Il verificarsi dei sintomi dell’intolleranza al lattosio può essere influenzata dalla quantità di lattosio ingerita, dall’attività della piccola lattasi intestinale, dal tempo di transito, dal processamento del lattosio nel colon (Vesa et al., 2000.; Vonk et al., 2003) e per esempio la fermentazione del lattosio nel colon da parte della flora (He et al.,  2006).
Può essere ipotizzato che modulando la composizione e/o il metabolismo della flora del colon si possa influenzare l’intolleranza al lattosio.
La modulazione della  flora del colon può essere effettuata attraverso la somministrazione di composti dietetici mirati, come per esempio, probiotici, prebiotici e sinbiotici (Collins  e Gibson, 1999).
I probiotici possono migliorare la digestione del lattosio ed eliminare i sintomi dell’intolleranza. I meccanismi attraverso i quali questi possono esercitare i loro effetti non sono totalmente ancora chiari, ma potrebbero coinvolgere un modificato pH intestinale, l’espressione della β-galattosidasi, esercitando effetti positivi sulle funzioni intestinali e la comunità batterica del colon. L'ingestione di probiotici in generale non allevia i sintomi dell’intolleranza al lattosio negli adulti.
Bifidobacterium spp. insieme al Lactobacillus spp sono i batteri maggiormente usati come probiotici (Goldin , 1998; Arunachalam, 2004) Lo yogurt è stato definito dal Codex Alimentarius nel 1992 come un prodotto di latte coagulato che risulta dalla fermentazione del lattosio nel latte da parte del Lactobacillus bulgaricus a dallo Streptococcus thermophilus (Adolfsooon et al., 2004).
Gli yogurt migliorano la digestione del lattosio e la tolleranza al lattosio attraverso il rallentamento dello svuotamento gastrico, del tempo di transito oro-ciecale (OCCT) o entrambi (de Vrese et al., 2001).
Il lattosio contenuto negli yogurt può essere considerato come un prebiotico per le persone che digeriscono male il lattosio (Szilagyi,  2002; Szilagyi, A. , 2004)
Il regolare consumo di lattosio influenza la flora microbica del colon (Ito e Kimura, 1993; Kleessen et al., 1997) e riduce l’intolleranza al lattosio (Hertzler a Saviano, 1996)
Yogurt e probiotici in generale sono considerati capaci di  migliorare la digestione del lattosio provvedendo all’attività della β-galattosidasi e rallentando il transito gastrointestinale (de Verse et al.,  2001)
L’assunzione di yogurt o di yogurt combinato con probiotici non può stimolare l’attività della lattasi endogena nel piccolo intestino (Lerebours , 1989).
Il metabolismo nel colon del lattosio sembra abbia un ruolo nell’intolleranza al lattosio (Vesa et al.,  2000); Vonk et al. , 2003; He et al. , 2006).
Probiotici e cancro
I probiotici, come abbiamo già detto, sono capaci di indurre un miglioramento funzionale a livello intestinale e nel metabolismo del colon distale, incluso una riduzione del rischio del cancro al colon. Questo tipo di tumore rappresenta il maggior problema di salute pubblica con più di 1 milione di casi accertati e mezzo milione di morti in tutto il mondo (Chau, I.; Cunningham, D.,  2006). Si prevede che, in seguito all’aumento dell’età media della popolazione europea, l’incidenza di questa malattia aumenterà.
I probiotici, in particolare  bifidobatteri e  lactobacilli (Orrhage e Nord, 2000) hanno dimostrato di esercitare effetti protettivi contro il cancro al colon sia in vitro che in vivo(Singh,  et al., 1997; Wollowsky, et al., 2001). In vivo gli esperimenti sono stati condotti su modelli animali, nei quali la somministrazione di bifidobatteri e lactobacilli, dopo trattamento con cancerogeni chimici, ha evidenziato una diminuzione dei marker tumorali specifici (Hirayama e Rafter, 2000).  Una possibile spiegazione degli effetti  preventivi  sullo sviluppo di tumori è data dalla capacità dei lactobacilli di sopprimere la crescita di quelle specie batteriche che convertono i precancerogeni in cancerogeni. Questa attività determina la riduzione della concentrazione di sostanze cancerogene nell’intestino.
Inoltre i lactobacilli sequestrano a livello intestinale, composti potenzialmente mutageni, evitando che questi vengano assorbiti (de Roos e Katan, 2000)
Il preciso meccanismo con il quale questi batteri sono in grado di svolgere un’attività antitumorale non è certo, ma questi batteri potrebbero indurre modifiche nel PH dell’intestino  e aumento nella produzione di SCFA ( Sakata, et al , 1999). In particolare l’acido butirrico è un potente inibitore della crescita e induttore della differenziazione e apoptosi.
E’ considerato importante in quanto esercita effetti benefici nella riduzione dei fattori di rischio coinvolti  nell’eziologia dello sviluppo del cancro e dell’adenoma al colon (Kotunia  et al., 2004)

Sinergismo tra probiotici e prebiotici nella prevenzione del cancro al colon retto
La combinazione di probiotici e prebiotici è conosciuta come combinazione simbiotica.
È stato ormai ampiamente dimostrato che l’addizione nella dieta degli animali di componenti probiotici e prebiotici può ridurre lo sviluppo del cancro. Inoltre, è stato osservato che le combinazioni simbiotiche sono più efficaci dei probiotici e prebiotici presi singolarmente.
I sinbiotici mirano al miglioramento della soppravvivenza del microorganismo probiotico, in quanto dalla combinazione, risulta immediatamente disponibile il substrato fermentabile, necessario alla colonizzazione nell’intestino del microrganismo. Le potenziali combinazioni, che si possono ottenere tra le diverse specie batteriche di probiotici disponibili, e i vari tipi di prebiotici, sono numerose.
Sono stati condotti diversi esperimenti, sia in vitro che in vivo, per dimostrare l’efficacia della combinazione di probiotici e prebiotici nella sopravvivenza e nell’attività dell’organismo; ad esempio la combinazione di frutto-oligosaccaridi con ceppi di bifidobatteri oppure lattitolo combinato con Lactobacilli (Gibson, G.R.; Roberfroid, 1995,.) E’ stato dimostrato che la combinazione di Bifidobacterium e frutto-oligosaccaridi induce nei ratti un ritardo nello sviluppo del cancro al colon rispetto a quando somministrati individualmente (Gallaher e Khill, 1999).
Attualmente sono disponibili sul mercato diverse tipologie di yogurt e altri prodotti a base di latte fermentato che contengono batteri probiotici. I carboidrati prebiotici sono presenti in numerosi alimenti, quali prodotti da forno, piatti pronti a base di carne, bevande e prodotti lattiero-caseari. Essi vengono addizionati a questi prodotti alimentari non solo per il loro possibile ruolo nutrizionale ma anche perché sono in grado di migliorarne la consistenza. Infine, industrie alimentari e istituti di ricerca stanno sviluppando nuovi prodotti contenenti probiotici, prebiotici o simbiotici.

Microflora intestinale e sano invecchiamento
Con l’avanzare dell’età il numero dei Bifidobatteri decresce mentre quello specialmente del Clostridium  perfringens, ma anche dei lattobacilli, coliformi ed enterococchi aumenta (Mitsuoka, 1990). Diversi studi hanno confrontato la composizione della microflora fecale in gruppi di età diversa. I livelli dei Bifidobatteri e Lattobacilli sono più bassi nei soggetti anziani rispetto agli adulti più giovani (Hopkins et al., 2001).
L’aumento dell’incidenza delle malattie e il loro conseguente trattamento terapeutico unito con l’avanzare dell’età, può anche modificare la composizione della microflora residente. Più del 75 % della popolazione di età pari o superiore ai 65 anni ha avuto bisogno di almeno una prescrizione medica (Chrischilles et al., 1992 ). Per esempio, gli antibiotici sono la più comune causa di iposalivazione (Schein et al., 1999), la quale ha effetti nocivi sulla salute della mucosa e sulla locale protezione antimicrobica della cavità orale. L’alterazione della microflora intestinale dovuta ad antibiotici ad ampio spettro può incrementare la crescita di batteri patogeni come Clostridium difficile. La diarrea prolungata associata al Clostridium difficile è un problema specialmente tra gli anziani (Karlstrom et al., 1998).
L’invecchiamento stesso ha relativamente pochi effetti sulla totalità della funzione gastrointestinale ma, a causa di un decremento della capacità adattativa del tratto gastrointestinale, la popolazione anziana può non riaversi dalle malattie e dalle ferite così facilmente come gli adulti giovani (Drozdowski e Thomson,  2006).
Lo stato nutrizionale è verosimilmente legato alla salute dell’intestino, alla composizione e all’attività della microflora intestinale. Uno dei più comuni problemi nutrizionali tra gli anziani è la dieta sbilanciata, in particolare un inadeguato introito di vitamina D e B 12, calcio e proteine (Nagar e Roberts, 1999).
Probiotici, prebiotici e loro combinazioni portano a un cambiamento della composizione e dell’attività dei batteri intestinali. Ceppi probiotici selezionati hanno mostrato di influenzare la composizione della microflora batterica intestinale negli anziani portando ad un aumento dei livelli di Bifidobatteri nelle feci. Un altro comune problema della popolazione anziana è la ridotta funzione intestinale che può essere causata da ridotta attività fisica, ridotto consumo di fibre, di acqua o ridotta mobilità intestinale o, presumibilmente una combinazione di questi fattori. I Probiotici sono in grado di alleviare la costipazione con successo, infatti è stato osservato che la consumazione di una combinazione di probiotici aumentava la defecazione (Ouwehand et al., 2002).
Numerosi studi hanno inoltre indicato che la consumazione di prebiotici in generale può incrementare l’assorbimento di calcio e/o magnesio (Cashman,  2003).

Probiotici e Helicobacter Pylori    
Lo stomaco può essere colonizzato da Helicobacter pylori, che è l’agente maggiormente responsabile di gastrite e ulcera gastrica che può aumentare il rischio di cancro allo stomaco. La colonizzazione e la attività di H. pylori possono essere soppresse dalla regolare assunzione di prodotti caseari con batteri probiotici.
I probiotici non eradicano sempre il patogeno, ma sopprimono la sua crescita e riducono significativamente l’infiammazione nello stomaco (Linsalata  et al.,2004; Sakamoto et al.,  2001; Wang et al  2004).
La colonizzazione di H.Pylori si pensa sia il più importante fattore che causa l’ulcera peptica, l’adenocarcinoma gastrico, e la gastrite cronica nell’uomo (Malaty e Nyren, 2003). L’infezione da Helicobacter pylori è acquisita prevalentemente nell’infanzia e persiste per tutta la vita spesso senza provocare sintomi. Il successo nel trattamento dell’infezione da Helicobacter pylori inizia ad essere compromesso a causa della crescita del numero di specie antibiotico-resistenti. Inoltre la terapia clinica è spesso accompagnata da sconosciuti effetti collaterali (Gerrits et al., 2006).
Recenti studi hanno riportato che ceppi batterici produttori di acido lattico come Lactobacillus rhamnosus GG, L. salivarius e L. gasseri, inibiscono la crescita di H. pylori sia in vitro che in vivo (Canducci et al. , 2002 ; Lesbros-Pantoflickova et al,. 2007).
Alcuni studi hanno dimostrato che H.pylori può stimolare la produzione dell’interleuchina 8 (IL-8) nell’epitelio della mucosa gastrica, che induce l’accumulo di granulociti neutrofili nella mucosa. La risposta chemiotattica dà inizio al danno infiammatorio a carico della mucosa gastrica che gioca un ruolo cruciale nella patogenesi dell’H.pylori. Tuttavia il segnale di trasduzione attraverso il quale H. pylori modula la produzione di IL-8 da parte dell’epitelio gastrico non è del tutto conosciuto. Un particolare significato per la virulenza dell’H.pylori assume il lipopolisaccaride del batterio stesso. Gli effetti dell’LPS dell’H.pylori sono stati resi manifesti da un notevole incremento nella mucosa gastrica di ossido nitrico e di citochine proinfiammatorie come IL-8 (Slomiany et al. , 2000; Ogawa et al., 2003), l’abolizione della proliferazione e l’induzione dell’apoptosi nell’epitelio gastrico (Kawahara  et al.,  2001). L’LPS dell’H.pylori è il ligando naturale per il TLR-4 nell’epitelio gastrico. È stato proposto che il lipopolisaccaride dell’H.pylori induca la produzione dell’IL-8 nell’epitelio gastrico attraverso l’attivazione di vie di segnalazione del TLR4 (Su et al., 2003). I probiotici come il Lactobacillus bulgaricus (LGB), un batterio utilizzato nella produzione dello yogurt, sembrano avere effetti terapeutici nei confronti delle malattie causate da H.pylori, includendo l’eradicazione del batterio, un miglioramento della resistenza agli antibiotici, un calo delle infezioni ricorrenti causate da H.pylori e l’inibizione dell’apoptosi indotta da questo batterio. I meccanismi sottostanti questi effetti includono l’inibizione della crescita e dell’attacco alle cellule epiteliali da parte dell’H.pylori, l’inattivazione dei fattori di virulenza come l’ureasi, un enzima fondamentale per la sopravvivenza di questo patogeno nello stomaco e una riduzione nella produzione di citochine proinfiammatorie indotta dal batterio(Mukai et al. , 2002; Linsalata et al.,  2004)

Nuovi probiotici
Il genere Bifidobacterium attualmente include più di 30 specie, delle quali circa 12 sono state messe in correlazione con l’uomo (Ventura, et al. , 2004).
Bifidobacterium adolescentis e Bifidobacterium longum sono stati riferiti come le principali specie batteriche nel tratto gastrointestinale dell’uomo adulto (Satokari, et al., 2001), mentre Bifidobacterium infantis e Bifidobacterium breve sembrano essere maggiormente abbondanti nei bambini (Haarman, M and Knol, J. , 2005).
Per essere presi in considerazione come potenziali Probiotici i ceppi batterici devono:  Essere di origine umana, resistenti all’acido cloridrico ed alla bile, aderire alle cellule intestinali umane, colonizzare il tubo digerente umano, produrre sostanze antimicrobiche, come le batteriocine, acido lattico, acido acetico, H2O2, proteasi, essere sicuri per l’utilizzo clinico e nutrizionale, avere effetti documentati sulla salute, essere stabili durante i processi di preparazione e di immagazzinamento del prodotto.
Nel 2001 e 2002 la FAO/WHO ha pubblicato le linee guida per la valutazione dei prebiotici. Devono essere presenti come cellule vive, in elevata quantità prima di essere ingeriti. Devono possedere un buon grado di stabilità ed essere in grado di restare vivi per tutta la vita del prodotto commerciale. Dopo essere stati ingeriti devono superare l’acidità dell’ambiente gastrico. Devono giungere vivi nell’intestino e con carica elevata tale da colonizzare la flora batterica intestinale.
Conclusioni
Per quanto esista un vasto numero di pubblicazioni sui probiotici, rimangono ancora del tutto da delucidare i meccanismi attraverso i quali questi germi sono in grado di apportare l’ampia gamma di effetti benefici che si riscontrano (          ). Di fatto sono in grado di incidere globalmente sullo stato di salute dell’individuo. Tra le cose da capire vi sono certamente le modalità attraverso le quali sono riconosciuti, o forse non chiaramente identificati, dai nostri sistemi di difesa, in quanto le nostre attuali conoscenze presentano diversi punti che necessitano ulteriori approfondimenti. Basti considerare alcuni fenomeni legati proprio ai probiotici, innanzi tutti quando passano attraverso lo stomaco possono variare notevolmente la struttura esterna e modificare in modo radicale le parti riconoscibili dalle cellule intestinali (MAMP) cosi quasi da passare inosservati una volta giunti nel colon. Possono attivare uno stato di morte apparente e quindi superare condizioni ambientali gastroenteriche molto avverse senza subire grossi danni. Ma sicuramente l’aspetto più sorprendente è quello di riuscire a dare benefici anche se uccisi prima di essere ingerirti. Tutti questi punti unitamente al fatto che la distinzione tra  germi commensali e patogeni è legata spesso a fattori acquisiti, basti pensare all’Escherichia coli, il germe che deve il suo nome al sito dove alloggia, da utile compagno di viaggio, a pericoloso patogeno se acquisisce elementi che lo rendono capace di dare emorragie o diarree tali da uccidere l’ospite. Il campo appare estremamente interessante e potrebbe rivelarsi utile non solo per migliorare i benefici o l’utilità di questi micorganismi ma anche perché ci potrebbe far capire meglio le interazioni tra batteri e cellule e i meccanismi attraverso i quali possono causare malattie.    

 

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