Apparato endocrino

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Apparato endocrino

Generalità

 

L’apparato endocrino raggruppa un insieme di organi ghiandolari che, seppur di diversa struttura e origine, hanno caratteristiche morfo-funzionali che li accomunano. L’attività funzionale delle ghiandole endocrine è quella di produrre una particolare classe di molecole, gli ormoni, specifici per ogni ghiandola o tipo cellulare, e di immeterli nel circolo sanguigno, attraverso il quale raggiungeranno uno o più organi bersaglio, che possono essere anche altre ghiandole.

Le ghiandole endocrine possono essere classificate in due gruppi:


  • Ghiandole endocrine pluricellulari: rappresentate da ipofisi, epifisi, tiroide, paratiroidi, isolotti pancreatici e surrenali; si possono classificare in base alla natura del loro secreto (steroidi, proteine e glicoproteine, polipeptidi a catena breve, etc.), alla loro origine (mesodermica, endodermica, ectodermica) e in base alla loro struttura (a cordoni, a follicoli, ghiandole interstiziali). Un ruolo particolare è svolto dall’ipofisi, la quale produce vari ormoni, le tropine, che vanno ad influenzare le altre ghiandole: l’ipofisi è poi regolata da tali ghiandole attraverso un meccanismo di feedback, che può essere positivo o negativo. Il centro nel quale vengono realizzati questi meccanismi di correlazioni endocrine è l’ipotalamo, il quale secerne dei fattori stimolanti o RH o dei fattori  inibenti o IH la sintesi ormonale dell’ipofisi, a seconda degli stimoli giunti dalle altre ghiandole; questi stimoli migrano lungo gli assoni delle cellule neurosecernenti che li hanno prodotti sino al peduncolo ipofisario, e per via ematica raggiungono l’adenoipofisi.
  • Ghiandole endocrine unicellulari: sono elementi che differiscono per molti aspetti fra loro, ma che comunque possono essere raggruppate in un unico sistema, chiamato APUD, grazie alle seguenti caratteristiche comuni: gran parte delle cellule producono sostanze di natura polipeptidica, le cellule hanno la caratteristica di assumere aminoacidi e di trasformarli nelle corrispondenti amine, tutte le cellule del sistema hanno origine dalla cresta neurale. Generalmente in questo tipo di cellule il meccanismo della secrezione avviene per esocitosi del secreto nel flusso sanguigno, anche se alcune volte è riconoscibile una attività di tipo paracrino, cioè il secreto si diffonde nelle zone limitrofe alla ghiandola svolgendo la sua azione su organi circostanti.

 

Gli ormoni sono sostanze di diversa natura che agiscono spingendo un organo bersaglio a produrre o a non produrre una certa sostanza, con i cambiamenti metabolici che ne conseguono; sono stati individuati due modelli di azione ormonale:

 

  • Ormoni proteici, polipeptidici e amminici, si legano ad un recettore sul plasmalemma della cellula, il quale attiva l’adenilatociclasi che produce il cAMP, il quale a sua volta funziona da messaggero intercellulare andando ad attivare la proteina chinasi che fa partire una cascata di fosforilazioni.
  • Ormoni steroidi e le tironine penetrano direttamente nel citoplasma delle cellule dove si legano ad un recettore intracellulare, con il quale si dirigono dentro il nucleo per stimolare o inibire la sintesi di una proteina agendo direttamente sul DNA.

 

 

Tiroide

È una ghiandola endocrina derivante dall’intestino branchiale. Gli ormoni da essa prodotti sotto stimolo ipofisario, composti iodati derivanti dalla tirosina, come la tetradotironina e la triiodotironina, agiscono sul medabolismo cellulare e processi di accrescimento; una scarsa secrezione di questi ormoni nell’infanzia, ipotiroidismo, possono portare a un mancato sviluppo del sistema nervoso (cretinismo tiroideo). Sono poi presenti alcune cellule, le cellule C di derivazione neuroectodermica, deputate alla produzione di calcitonina che agisce sul ricambio del calcio assieme al paratormone e alla vitamina D.

 

La tiroide è situata nella regione anteriore del collo, davanti e lateralmente alla laringe ed ai primi 5-6 anelli tracheali e profondamente alla fascia cervicale media. È formata da due lobi, destro e sinistro, piriformi uniti a livello del 1°-2° anello tracheale da una ristretta parte trasversale che prende il nome di istmo da cui si può dipartire (30-50% dei casi) un prolungamento parenchimale, processo piramidale, che si staglia in alto spostato verso sinistra che può raggiungere l’osso ioide. L’organo ha colorito rosso bruno, superficie liscia, consistenza molle e misura 7 cm di larghezza, 3 di altezza e 0,5-2 cm di spessore mentre il peso medio è di 20 g anche se si presenta minore nel bambino (2 g) e maggiore nella donna incinta. La tiroide è avvolta, oltre che dalla capsula fibrosa propria, anche dalla guaina peratiroidea, dipendente dalle fasce del collo, che la fissa alle cartilagini di trachea e laringe mediante i legamenti mediano (tiroide e cricoide), laterali interni (anelli tracheali) e laterali esterni (fascia nervovascolare del collo). Tra questa guaina e la capsula propria è presente uno spazio, occupato da numerose formazioni vascolari, che prende il nome di spazio pericoloso a causa della facilità con cui si verificano emorragie durante gli interventi chirurgici.

Anteriormente la tiroide è in rapporto con i muscoli sottoioidei e con la fascia cervicale media tesa tra i due muscoli omoioidei; lateralmente con i muscoli sternocleidomastoidei e posteriormente con il condotto laringotracheale, che segue durante i suoi movimenti, la porzione laringea della faringe, le paratiroidi e, più lateralmente, con il fascio vascolonervoso del collo.

 

Vascolarizzazione:


  • Arterie: tiroidee superiori (rami delle carotidi esterne) e tiroidee inferiori (rami del tronco tireocervicale delle succlavie). Può essere presente un’arteria tiroidea ima derivante dal tronco brachiocefalico o dalla carotide comune.
  • Vene: formano un ricco plesso nello spazio peritiroideo che drena per mezzo della vena tiroidea superiore alla giugulare interna e per mezzo della inferiore al tronco brachiocefalico.
  • Linfatici: formano una rete perifollicolare che drenano a quelli della capsula, tributari dei linfonodi della

catena giugulare interna, ai paratracheali ed ai pretracheali.

 

Innervazione:

  • Dall’ortosimpatico e dal vago attraverso i nervi laringei superiore ed inferiore.

 

Struttura: la tiroide risulta avvolta da una capsula fibrosa da cui emanano sepimenti connettivali che ne suddividono il parenchima in lobuli e che poi, assottigliandosi, vanno a circondare i singoli follicoli tiroidei. I parenchima tiroideo è formato da un’insieme di follicoli con parete monostratificata contenenti una sostanza amorfa, detta colloide, di natura glicoproteica e veicolo degli ormoni. I follicoli possono essere divisi in due gruppi:

  • Macrofollicoli: di grandi dimensioni, presentano un epitelio piatto e sono pieni di colloide intensamente colorabile. Questi sono follicoli poco funzionanti in cui la colloide è accumulata e pronta da utilizzare in caso di necessita. Sono presenti lungo la parete dei segmenti escretori formati da cellule alte in cui avviene il riassorbimento della colloide da parte delle cellule follicolari e l’immissione in circolo degli ormoni.
  • Microfollicoli: di piccole dimensioni, hanno la parete formata da epitelio cubico e poca colloide nel lume. Le cellule follicolari sono in questo caso attivamente impegnate o nella produzione di colloide o nel riversare ormoni in circolo.

 

L’epitelio dei follicoli è costituito dalle cellule follicolari o tireociti, che hanno la funzione di produrre gli ormoni tiroidei, poggianti su una lamina basale in cui decorrono i capillari. Tra i tireociti si trocano poi le cellule C o parafollicolari che producono calcitonina.

Le cellule follicolari sono cilindriche si presentano caratteristiche diverse in base al grado di attività: se attive sono alte, basofile e con Golgi e RER sviluppati; le caratteristiche sono inverse in caso di bassa attività. Esse producono gli ormoni tiroxina, tetraiodotironina e triiodotironina. Il processo di formazione di questi ormoni inizia con la formazione, all’interno del citosol dei tirociti, di vescicole contenenti una glicoproteina, la tireoglobulina. Contemporaneamente, gli stessi tirociti, captano con un processo di trasporto attivo gli ioduri dal sangue trasferendoli alle vescicole secretorie dirette verso il lume del follicolo; al loro interno gli iduri vengono ossidati e trasformati in iodio molecolare che si incorporano in residui di tirosina contenuti nella  tireoglobulina  dando molecole così molecole di aminoacidi iodati precursori degli ormoni, e contenute all’interno della sequenza della tireoglobulina, che vengono rilasciate nel lume sotto forma di colloide per essere immagazzinate. Quando gli ormoni devono essere mobilitati i tirociti, mediante fagocitosi, riassorbono colloide dal lume follicolare; le vescicole così formate si fondono con i lisosomi e mediante speciali enzimi vengono liberati gli ormoni tiroidei che poi sono immessi in circolo al polo basale. Da questo processo si rende disponibile anche iodio libero riutilizzabile insieme a quello captato dal sangue.

Questa attività della tiroide è regolata dall’ormone ipofisario tireostimolante (TSH), la cui produzione è stimolata dall’ormone TRH ipotalamico, che agisce sui tireociti favorendo la captazione dello iodio e la loro capacità di sintetizzare tireoglobulina e tiroxina.

 

Le cellule parafollicolari, o cellule C, invece sono voluminose e rotondeggianti e si trovano tra i tireociti, senza però raggiungere il lume follicolare, o riunite in piccoli gruppi nello stroma interfollicolare. La loro funzione è quella di produrre l’ormone peptidico calcitonina ad azione ipocalcemizzante e quindi inversa a quella del paratormone.  Esse fanno parte delle cellule in grado di captare e decarbossilare i precursori delle amine biogene, in questo caso precursori della serotonina.

 

 

Paratiroidi

Sono piccole ghiandole endocrine di origine branchiale, in genere in numero di quattro, anche se sono comuni paratiroidi sovrannumerarie, e sono situate sulla faccia posteriore dei lobi tiroidei a cui aderiscono mediante connettivo lasso e la guaina peritiroidea. Ciascuna ghiandola ha forma ovalare, con diametro maggiore compreso tra i 4 e i 15 mm ed il peso di


0,5 grammi; hanno colorito bruno che con l’età diviene giallastro per infiltrazione di adipe. quelle superiori si trovano al confine tra il terzo superiore ed il medio della faccia posteriore tiroidea, quelle inferiori, più basse, hanno rapporto con un ramo dell’arteria tiroidea inferiore.

 

Vascolarizzazione:

  • Arterie: rami della tiroidea inferiore che vi penetrano in corrispondenza della faccia profonda dando una fitta rete interna sinusoidale.
  • Vene: fanno capo al plesso peritiroideo.

 

Innervazione:

  • Come tiroide.

 

Struttura: le paratiroidi presentano un’esile capsula connettivale che penetra nel parenchima portando con se le  remificazioni vascolari. Il parenchima paratiroideo è formato da cordoni cellulari in cui si possono distinguere due tipi cellulari:

  • Cellule principali: le più numerose, hanno caratteristiche diverse in base allo stato funzionale: quelle scure, piccole e con citoplasma basofilo sono attive, hanno RER e Golgi molto sviluppato, molti mitocondri e citosol ricco di vescicole di secrezione; le cellule chiare invece, di volume maggiore, con nucleo piccolo e citosol ricco di glicogeno ma povero di organuli sono inattive. La loro funzione è quella di produrre il paratormone, un ormone peptidico che agisce sul metabolismo del calcio e del fosforo determinando ipercalcemia ed ipofosforemia. Gli osteoclasti saranno pertanto indotti a liberare calcio dalle ossa e sarà favorito il suo riassorbimento a livello renale mentre diminuirà quello del fosforo. L’ipeproduzione di paratormone determina decalcificazione delle ossa con comparsa di osteite fibrosa cistica mentre la sua ipoproduzione può provocare l’aumento dell’eccitabilità neuromuscolare dovuta all’ipocalcemia. L’attività paratiroidea è regolata direttamente dalla concentrazione di  calcio nel sangue.
  • Cellule ossifile: sono reperibili nelle paratiroidi sono verso i 5-6 anni ed aumentano in età puberale riunendosi in gruppi distinti da quelle principali. Hanno nucleo piccolo con cromatina addensata, citoplasma acidofilo e moltissimi mitocondri. Esse sono considerate come uno stadio funzionale delle cellule principali.

 

 

Isolotti Pancreatici

Gli isolotti pancreatici, o isole di Langerhans, costituiscono la parte endocrina del pancreas in cui risultano sparse nel numero di 200000-1500000 con un diametro che può variare, per ognuna, tra 0,3 e 0,7 mm; sono più densamente reperibili nella coda.

 

Vascolarizzazione:

  • Arterie: rami delle arterie pancreatiche che formano, tra i cordoni cellulari, una ricca rete di capillari più sviluppata di quella che circonda gli acini esocrini.
  • Vene: vene pancreatiche tributarie del sistema della vena porta.

 

Innervazione:

  • Provengono, mediante fibre amieliniche, da plessi che circondano gli acini pancreatici decorrendo intorno ai vasi per poi penetrare negli isolotti intorno ai quali si dispongono formazioni gangliari che costituiscono i complessi simpaticoinsulari.

 

Struttura: gli isolotti, separati dal parenchima esocrino mediante una sottile membrana connettivale, sono formati da cordoni cellulari anastomizzati e in intimo rapporto con i cpillari sanguigni. All’interno di essi si possono distinguere diversi tipi cellulari:

  • Cellule A: dette anche cellule alfa, rappresentano il 20% degli elementi insulari. Presentano una forma irregolare, Golgi molto sviluppate, scarso RER e molti mitocondri. Il citosol è ricco di vescicole che si presentano con una zona centrale più scura e una periferica più chiara, essi contengono glucagone, un ormone peptidico che agisce promuovendo la glicogenolisi epatica e quindi elevando la glicemia che è secreto sotto stimolazione simpatica.
  • Cellule B: dette anche cellule beta, rappresentano il 75-80% degli elementi insulari. Hanno forma poliedrica, Golgi molto sviluppato, ancora più mitocondri delle cellule A e un evidente RER. Il citosol è ricco di vescicole contenenti

uno o più cristalli di forma rettangolari immersi in una matrice chiara; questi si pensa siano polimeri di insulina, l’ormone secreto dalle cellule B, di natura proteica e ad azione antagonista a quella del glucagone; abbassa infatti  la glicemia e favorisce la sintesi del glicogeno aumentando la permeabilità della membrana di tutte le cellule al glucoso.

  • Cellule D: dette anche cellule delta, rappresentano circa il 5% degli elementi insulari. Risultano molto simili alle cellule A da cui si differenziano per la mancanza dell’alone chiaro nella parte periferica del contenuto delle vescicole, che risulta invece essere omogeneo. Queste cellule secernono somatostatina, un’ormone che agisce localmente regolando l’immissione in circolo di insulina e glucagone.

 

 

Ghiandole Surrenali

Sono due ghiandole a secrezione endocrina costituite da due parti diverse per origine, struttura e funzione: la corticale, che produce ormoni steroidei, e la midollare che secerne catecolamine.

Hanno la forma di un cono appiattito in senso anteroposteriore e si trovano nello spazio retroperiotoneale della parte superiore della parete addominale posteriore, lateralmente al rachide e sopra il polo superiore dei reni nella cui loggia sono accolte, avvolte da connettivo adiposo. Hanno un’altezza di 3 cm, lunghezza di 4,5 cm, spessore di 0,8 cm e un peso di circa 8-10 g anche se possono aumentare di peso e di volume per iperplasia della porzione corticale ed in sietazioni fisiologiche come ad esempio durante la gravidanza. Si possono considerare alla descrizione una faccia anteriore, in cui è presente un solco principale in cui penetra qualche ramo arterioso e da cui spesso, ma non sempre e quindi non può essere considerato un ilo, emerge la vena surrenale; una faccia posteriore; un margine laterale; uno mediale ed una base concava che guarda verso il basso, posteriormente e lateralmente e poggia sul polo superiore del rispettivo rene a cui è connessa mediante connettivo molto lasso. In caso di discesa del rene la ghiandola surrenale non lo segue in quanto è ancorata a formazioni contigue mediante addensamenti fibrosi.

Per quanto riguarda i rapporti la surrenale di destra è in rapporto anteriormente, tramite il peritoneo, con la faccia viscerale del fegato; posteriormente, tramite il diaframma con la 12° vertebra toracica e il tratto iniziale dell’ultima costa destra mentre medialmente è in rapporto con la vena cava inferiore ed il plesso celiaco. La ghiandola sinistra, che discende molto di più lungo il margine mediale del rene rispetto alla sinistra, è in rapporto anteriormente, attraverso la borsa omentale, con la faccia posteriore dello stomaco; posterioremente, tramite il diaframma, con la 12° vertebra toracica e la 1° lombare e medialmente con l’aorta ed il plesso celiaco.

Al taglio appare molto evidente anche macroscopicamente la suddivisione tra corticale, di colore giallastro, e la midollare, meno consistene e di colore molto scuro.

 

Vascolarizzazione:

  • Arterie: ciascuna ghiandola è irrorata dall’arteria surrenale superiore (ramo frenica inferiore) che si distribuisce all’apice della ghiandola; dall’arteria surrenale media (ramo aorta) che irrora il margine mediale dell’organo decorrendo a destra dietro la vena cava inferiore; e l’arteria surrenale inferiore (ramo arteria renale) che si distribuisce alla parte inferiore del surrene. Queste tre arterie prima di entrare nel parenchima formano una rete capillare da cui originano arterie brevi, più numerose che irrorano tramite sinusoidi la corticale e fanno capo a venule che nascono al confine corticomidollare, e le arterie lunghe che in numero minore attraversano tutta la corticale sino a raggiungere la midollare.
  • Vene: si distinguono in un gruppo periferico, molto esiguo, che drenano le fasce più esterne della corticale per gettarsi come vene surrenali accessorie nelle freniche, ranale e perirenali, e un gruppo centrale a cui arrivano vene da quasi tutto il surrene tranne la parte più esterna della corticale confluendo in un grosso vaso detto vena surrenale (o centrale). Questa attraversa tutto l’organo dalla parte posteriore fino alla faccia anteriore da cui sbocca per gettarsi a destra nella vena cava inferiore ed a sinistra nella vena renale fungendo quindi anche come dotto  escretore della ghiandola endocrina, ha una parete ricca di fibre muscolari che possono esercitare una regolazione nel flusso.
  • Linfatici: si trovano intorno alle vene più grandi e nella capsula, drenano ai linfonodi paraaortici.

 

Innervazione:

  • In gran parte ortosimpatica dal plesso surrenale da cui partono fibre per capsula e corticale. Alla midollare arrivano fibre pregangliari che sinaptano con piccoli gangli in essa presenti.

Struttura: la ghiandola surrenale presenta una robusta capsula connettivale con fibre elastiche e rare fibrocellule muscolari lisce; da essa originano dei setti che terminano quasi immediatamente non dividendo quindi la ghiandola in lobuli. Il parenchima si può dividere in due parti:

 

  • Zona corticale: può essere a sua volta suddivisa, dall’esterno all’interno in tre zone concentriche:
    • Zona glomerulare: rappresenta il 15% della corticale, le sue cellule, disposte a formare gomitoli separati da capillari, hanno forma cilindrica, nucleo ovale e citoplasma acidofilo con scarse gocce lipidiche e con Golgi ben sviluppato. Queste cellule producono ormoni steroidei detti mineralcorticoidi che agiscono sul ricambio idrosalino favorendo il riassorbimento degli ioni Na ed inibendo quelli deglio ioni K a livello della parte convoluta dei tubuli distali renali; questi ormoni sono il desossicorticosterone e l’aldosterone.
    • Zona fascicolata: costituisce il 75% della corticale, le sue cellule si dispongono in cordoni che decorrono tra loro paralleli perpendicolarmente alla superficie e tra di essi decorrono i capillari. Esse sono voluminose, poliedriche, con nucleo centrale e citosol ricco di goccioline lipidiche. Secernono ormoni glicocorticoidi, il cortisolo, che icrementano a livello epatico la produzione di carboidrati a partire dalle proteine, hanno quindi un’azione iperglicemizzante; ma hanno anche un’azione antiallergica.
    • Zona reticolare: costituisce il 10% della corticale e risulta formata da cordoni di cellule anastomizzati a rete. Esse hanno forma poliedrica, piccole dimensioni, nucleo centrale e molto condesato e citoplasma acidofilo. Secernono ormoni androgeni.

Le tre zone rilasciano, si pensa per esocitosi, il loro secreto nei capillari fenestrati che le attraversano, l’attività secretoria è regolata da vari fattori: quella dell’aldosterone sembra dipendere dal sistema renina-angiotensina; la zona fascicolata è invece stimolata dall’ormone adenocorticotropo che ne determina un aumento del volume e della secrezione, quest’ormone è rilasciato sotto stimolo dei livelli di glicocorticoidi nel sangue e dal CRH da parte dell’ipotalamo; la zona reticolare è invece sensibile ad ACTH ed LH.

  • Zona midollare: è posta al centro della ghiandola surrenale e risulta costituita da cordoni cellulari separati da uno stroma reticolare nel quale decorre una ricca rete di capillari sinusodi. Le sue cellule sono più voluminose di quelle corticali, hanno nucleo sferico in posizione centrale e il loro citosol contiene numerosi granuli di catecolamine. In essa si possono individuare due tipi di cellule: quelle che producono noradrenalina, che rappresenta solo il 20% del secreto midollare ed è il mediatore chimico dell’ortosimpatico, e quelle che producono adrenalina che rappresenta invece l’80% del secreto e si forma per metilazione della noradrenalina. Essa agisce sull’apparato cardiovascolare, sulla muscolatura striata, su quella liscia dei bronchi, sul metabolismo dei glucidi e sull’adenoipofisi stimolandola a rilasciare ACTH, l’adrenalina viene secreta soprattutto nei momenti di stress.

La produzione di questi ormoni avviene a partire la tirosina che dopo essere trasformata in dopa che è idrossilata a noradrenalina, l’adrenalina è da questa ottenuta per metilazione. L’attività secretoria delle cellule midollari è mediata dal sistema nervoso ortosimpatico le cui fibre pregangliari raggiungono le cellule midollari sinaptando con esse.

 

 

 

Mammella

La mammella è un rilievo cutaneo, pari e simmetrico, situato sulla superficie anteriore del torace, ai lati della linea mediana, determinato dalla presenza di un gruppo di ghiandole, particolarmente sviluppato nella femmina con funzione di allattamento. Piccole ghiandole sovranumerarie si possono talvolta vedere lungo la linea del latte, compresa tra il cavo ascellare e la sinfisi pubica, generalmente in seguito a gravidanza, in corrispondenza di esse si possono anche trovare capezzoli sovrannumerari (polimastia).

Il volume e la forma delle mammelle variano a seconda del sesso, del momento funzionale, dell’età, del momento funzionale e del tipo individuale; nel maschio, ad esempio, la porzione ghiandolare non si sviluppa e l’organo rimane allo stato rudimentale; solo durante la pubertà si può avere un parziale sviluppo dell’organo (ginecomastia) a causa di uno squilibrio ormonale tra estrogeni ed androgeni. Nella femmina invece il volume varia a seconda  dell’età: nel periodo puberale le mammelle, piccole alla nascita, aumentano di volume per la proliferazione di tutte le componenti dell’organo mentre dopo la menopausa la componente ghiandolare dell’organo si atrofizza; durante la gravidanza essa invece aumenta di volume a causa dello sviluppo degli acini e dei relativi dotti, le loro dimensioni aumentano ulteriormente durante l’allattamento. Un aumento del volume mammario si ha anche nel periodo premestruale a causa dell’edema congestizio dello stroma perighiandolare. Anche la forma delle mammelle è molto variabile; il loro profilo può anche essere alterato dalla forza di gravità che spinge la metà inferiore verso il basso ed ad arrotondarsi dando all’organo un’aspetto pendulo.


Tra le due mammelle si interpone un solco più o meno ampio (seno), corrispondente al corpo dello sterno mentre inferiormente sono separate dalla parete toracica dal solco sottomammari; la porzione ghiandolare ell’organo si dispone al di sopra della fascia del muscolo grande pettorale e di quella del muscolo dentato anteriore; l’intera mammella occupa uno spazio compreso tra la 3° e la 7° costa ed in larghezza tra le linee  parasternale  ed ascellare media.

 

I vasi linfatici laterali e superiori della mammella si portano al linfocentro ascellare, quelli mediali invece ai linfonodi retrosternali satelliti dell’arteria toracica interna.

 

Struttura: la mammella è rivestita esternamente da una cute delicata e distendibile, molto sottile e parzialmente lascia trasparire la rete venosa sottostante. Sotto di essa si svilutta lo strato ipodermico che può essere distinto in uno strato superficiale ed uno profondo. Lo strato superficiale, ricco di tessuto adiposo, ricopre la ghiandola  mammaria fino ai limiti dell’areola ed è diviso in lobuli da una rete connettivale distesa tra la ghiandola e la cute. Lo strato profondo presenta quantità minori di tessuto adiposo ma rappresenta il piano di scivolamento della mammella sui muscoli sottostanti e sulla ghiandola, creando uno spazio connettivale detto spazio retromammario. La cute della porzione centrale e più sporgende della mammella si presenta pigmentata e delimita una superficie rotondeggiante detta areola al cui centro si innalza un rilievo cutaneo, il capezzolo; l’areola, di 3-5 cm di diamentro e colorito più scuro in allattamento, si estende oltre i propri limiti con una zona meno pigmentata, areola secondaria, ha una cute ricca di melanina ed in essa il sottostante derma invia consistenti papille che determinano, esternamente, i tubercoli di Montgomery. Il derma areolare, che presenta alcune ghiandole sudoripare o ghiandole areolari, il cui secreto protegge l’areola durante l’allattamento; è ricco di fibre muscolari lisci che si portano alla base del capezzolo costiuendo il muscolo areolare che, contraendosi, determina la spremitura dei dotti ghiandolari. Il capezzolo, di 1 cm di altezza e diametro, corrisponde al 4° spazio intercostale sull’emiclaveare (più basso nelle pluripare) e presenta una superficie rugosa in cui si aprono i dotti galattofori della ghiandola  mammaria  e numerose ghiandole sebacee; esso può andare incontro, se stimolato, ad erezione grazie a fascetti muscolari lisci presenti al suo interno.

 

La ghiandola mammaria, tubuloalveolare composta di forma discoitale con superficie anteriore convessa e posteriore concava, è rivestita in avanti dalla cute mentre indietro è in contatto con il piano muscolare da cui resta separata ad opera dello spazio retromammario; in seguito alla gravidanza, per l’espansione della ghiandola, si forma a livello sottoclaveare il legamento sospensore della mammella. Il corpo ghiandolare è costituito da 15-20 lobi immersi nell’adipe e separati da connettivo; ognuno di essi è a sua volta diviso in lobuli contenenti gli alveoli secernenti che gettano il loro prodotto in condotti alveolari che convergono nei dotti lobulari che, a loro volta, formano un dotto galattoforo che fuoriesce da ogni lobo. Ogni dotto galattoforo, convergendo verso il capezzolo, si dilata nei seni galattofori che fungono da riserva per il latte e presenta un epitelio formato da due tipi cellulari: le cellule secernenti, di forma cubica, e quelle mioepiteliali che formano una specie di canestro intorno ad esse. Questo epitelio si fa pavimentoso stratificato non corneificato in prossimità dello sbocco mentre è cilindrico e poi cubico man mano che i dotti diminuiscono di calibro.

La funzione secretoria di questa ghiandola è attivata subito dopo il parto dall’improvviso calo del tasso di estrogeni e progesterone nel sangue che induce l’adenoipofisi a produrre prolattina. Questa induce delle modificazioni nelle cellule secernenti della ghiandola mammaria con la comparsa all’interno di esse di granuli di secrezione proteica e lipidica; la loro altezza diminuisce a causa dell’accumulo di secreto che fa distendere le pareti degli alveoli. L’emissione all’esterno del latte, che si protrae per i primi sei mesi circa dopo il parto, inizia con la suzione del capezzolo in conseguenza della quale l’ipotalamo rilascia ossitocina che induce le cellule mioepiteliali dei dotti galattofori a contrarsi espellendo il secreto all’esterno.

connettivo stromale.

 

Fonte: http://hostweb3.ammin.uniss.it/documenti/Riassunti_Di_Anatomia.pdf

Sito web da visitare: http://hostweb3.ammin.uniss.it/

Autore del testo: L.Varia

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