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INDICE
1-Origini dell’uomo e fasi dell’evoluzione umana; concetto di evoluzione biologica e di evoluzione culturale.
2-Unità della specie umana.
3-Concetto e fasi della preistoria.
4-Mesopotamia.
5-Antico Egitto.
6-Storia greca.
7-Alessandro Magno. Ellenismo.
8-Italia preromana ed Etruschi.
9-Vicende di Roma antica: organizzazione politica nell'età repubblicana.
10-Vicende di Roma antica: sviluppo e crisi della Repubblica.
11-Vicende e crisi dell'Impero Romano.
12-Situazione economico-sociale e crisi della schiavitù alla fine dell'Impero Romano.
13-Regni romano-barbarici.
14-Crescente importanza della Chiesa cristiana. Rapporti con gli Stati barbarici.
15-Vicende dell'Impero Romano d'Oriente.
16-Organizzazione dell'Italia bizantina. Rapporti tra Impero Bizantino e Chiesa.
17-Longobardi. Nascita dello Stato pontificio.
18-Sviluppi del Cristianesimo. Scisma d'Oriente.
19-Vicende dei Franchi sino a Carlo Magno.
20-Sacro Romano Impero.
21-Sacro Romano Impero: concetto di feudo; motivazioni economiche del feudalesimo.
22-Sacro Romano Impero: organizzazione feudale.
23-Quadro dei motivi di crisi del Sacro Romano Impero. 24-Disgregazione del Sacro Romano Impero e sviluppo di autonomie culturali e linguistiche. Concetto di Nazione.
25-Invasioni territoriali nei secoli IX e X e crisi del Sacro Romano Impero.
26-Situazione dopo la deposizione di Carlo il Grosso. Vicende in Francia e Germania.
27-Rinnovamento economico e sociale del secolo XI.
28-Predominio dell'elemento religioso nella mentalità del Medio Evo. Reconquista in Spagna.
29-Crociate.
30-Evoluzione dell'Impero. Impero e Papato.
31-Eresie e esigenze di riforma nella Chiesa.
32-Riforma della Chiesa. Rapporti tra Papato e Impero.
33-Impero e Chiesa come poteri universali.
34-Crisi dell'Impero come potere universale e sviluppo di altre forme di organizzazione politica (Stati nazionali, Comuni)
35-Stati nazionali (Francia, Inghilterra).
36-Vicende dei Comuni.
37-Vicende dell'Impero.
38-Federico II. Vicende e crisi del Sacro Romano Impero. Vespri siciliani.
39-Crisi del Papato. Vicende della Francia. Guerra dei Cento anni.
40-Comuni. Evoluzione verso la Signoria.
41-Crisi del XIV secolo.
1-ORIGINI DELL’UOMO E FASI DELL’EVOLUZIONE UMANA; CONCETTO DI EVOLUZIONE BIOLOGICA E DI EVOLUZIONE CULTURALE.
Già Charles Darwin, uno scienziato inglese del XIX secolo, ha mostrato l’importanza, per comprendere bene la vita sulla Terra, di un concetto come quello di evoluzione.
Per questo concetto tutti gli esseri viventi, animali e piante, e le loro specie non sono immutabili per l’eternità, ma si trasformano nel tempo, o, in altre parole, appunto, si evolvono. Punto di partenza in questa teoria è il riconoscimento di una variabilità naturale degli esseri viventi. A sua volta questa variabilità si collega con un principio di selezione naturale, per il quale sono favoriti gli organismi viventi che si adattano meglio alle condizioni ambientali (sopravvivenza del più adatto)
In questo discorso, in generale, trova spiegazione anche il fatto dell’estinzione, durante i milioni di anni di vita sulla Terra, di molte specie.
Entro il quadro dell’evoluzione della vita Darwin e gli altri scienziati hanno potuto anche inserire la nascita e lo sviluppo della specie umana.
Si deve dire che una ricostruzione compiuta delle varie fasi dell’evoluzione, dell’uomo e degli altri organismi viventi, anche attraverso le testimonianze fossili, è molto complicata. Gli stessi fossili che si trovano sono frequentemente incompleti, non coprono tutti i periodi di tempo e sono spesso di difficile comprensione.
Comunque, gli scienziati ritengono antenato della nostra specie umana Australopithecus afarensis, comparso in Africa oltre tre milioni di anni fa. Secondo la ricostruzione della scienza, dopo quest’ultimo compare Australopithecus africanus.
Per questi australopitechi va messa in rilievo l’importanza della stazione eretta (sollecitata dalle pressioni di un ambiente vario e in veloce trasformazione). E’ un’importanza che si basa sulla potenziale connessione tra uso delle mani libere (non più utilizzate per camminare a quattro zampe) e sviluppo del cervello.
Successive e significative tappe dell’evoluzione umana furono, due milioni e 1,8 milioni di anni fa, Homo abilis e Homo erectus. Si introduce e, con Homo erectus, sempre più si sviluppa la tecnologia della pietra, la possibilità di fabbricare strumenti, attraverso i quali fornirsi di mezzi di sussistenza.
Ulteriore ampliamento delle capacità umane si ha con l’apparizione di Homo sapiens arcaico, circa trecento mila anni fa , e, successivamente, pare cento mila anni fa di Homo sapiens sapiens, l’uomo anatomicamente moderno.
Appare evidente come nel quadro delle capacità intellettuali, produttive e culturali umane abbia una funzione molto importante, centrale, la capacità del linguaggio. Alcuni studiosi hanno attribuito le prime forme di linguaggio umano già a Homo erectus.
In linea generale, il complesso delle capacità umane innesta sul fenomeno dell’evoluzione biologica naturale (con le pressioni selettive di adattamento che tendono a trasformare il fisico dell’animale) un altro fenomeno tendenziale: quello dell’evoluzione culturale. Con l’evoluzione culturale, dunque, è l’uomo che tende, pensando e agendo, a trasformare la natura, per mantenere e sviluppare il proprio grado di benessere.
2-UNITA’ DELLA SPECIE UMANA.
Gli scienziati sono incerti circa l’origine geografica di Homo sapiens e della sua forma evolutiva moderna di Homo sapiens sapiens.
I dati acquisiti sinora non danno, nel loro complesso, indicazioni del tutto sicure.
Così si è anche elaborata una teoria detta multiregionalista, per la quale si sarebbe avuto in ogni continente uno sviluppo evolutivo autonomo.
Peraltro, l’analisi dei dati ha spinto vari scienziati a preferire l’ipotesi di origini africane, con successive migrazioni.
E’ da sottolineare, comunque, un dato molto importante, accertato dallo studio della biologia come da quello delle origini dell’uomo: la sostanziale unità della nostra specie. Non esistono, dunque, le razze (magari di differente importanza o differente intelligenza); la specie umana è una sola.
Le differenziazioni fisiche che separano e caratterizzano le varie popolazioni sono soltanto il frutto storico di migrazioni e, comunque, di adattamenti evolutivi a particolari condizioni ambientali nel diffondersi geografico di Homo sapiens sapiens. Queste differenziaazioni, certamente, non riguardano in nessun modo la natura di fondo dell’essere umano.
Sono, dunque, i fenomeni, in parte collegati, di adattamento e migrazione che influenzano caratteristiche fisiche ed anche caratteristiche culturali delle varie popolazioni.
Gli scienziati hanno sottolineato come il colore scuro della pelle sia lo sviluppo della necessità di proteggersi dalle infiammazioni prodotte del Sole.
Un gruppo etnico (un popolo) si caratterizza, e, nello stesso tempo, si differenzia rispetto agli altri, oltre che per un certo grado di collegamenti di sangue (genetici), anche per dati come una comune cultura ed una comune lingua.
Nel corso del tempo e nel succedersi di varie ondate di migrazioni umane si sono sviluppate diverse lingue. Gli studiosi hanno potuto raggruppare queste lingue in famiglie linguistiche, all’interno delle quali sono stati notati elementi comuni.
Tra queste famiglie si possono ricordare quella indoeuropea, quella sinotibetana (con il cinese), quella semita (con l’arabo e l’ebraico).
3-CONCETTO E FASI DELLA PREISTORIA.
Con il termine di preistoria si definisce il periodo di tempo che va dalla comparsa dell’uomo e dei suoi immediati antenati fino all’invenzione della scrittura, circa cinquemila anni fa (intorno al 3000 avanti Cristo). Con l’invenzione della scrittura si entra propriamente nel campo della storia.
Da questo punto di vista la preistoria si presenta, nel complesso, al termine di un periodo lunghissimo di evoluzione del nostro pianeta e della vita sopra di esso. Gli scienziati calcolano che la Terra si sia formata tra quattro e cinque miliardi di anni fa. Le prime forme di vita, estremamente primitive, si sono sviluppate circa due miliardi di anni fa. Si succedono, quindi, una serie di ere geologiche, nelle quali si evolvono, e spariscono, le più diverse forme di vita, animale e vegetale: il Paleozoico, a partire da 570 milioni di anni fa; il Mesozoico, a partire da 225 milioni di anni fa, nel quale hanno forte diffusione e, poi, si estinguono i grandi dinosauri; il Cenozoico, a partire da 65 milioni di anni fa; il Quaternario, a partire da circa 3 milioni di anni fa, che è ancora in svolgimento e che ha visto l’evoluzione della specie umana.
Per quanto riguarda l’evoluzione e le culture umane, il Quaternario si divide in vari periodi: il Paleolitico, che giunge sino a circa dodicimila anni fa; il Mesolitico, fino a ottomila anni fa; il Neolitico; le Età dei metalli, tra preistoria e storia (Età del rame; Età del bronzo, lega di rame e stagno; infine Età del ferro, a partire dal 1400 a.C. circa).
Il Paleolitico (dal greco, età della pietra antica) sviluppa sempre di più la lavorazione di strumenti in pietra. Per gli ultimi periodi di questa età sono state rinvenute testimonianze di culto religioso e del seppellimento dei morti. Sono, inoltre, emersi lavori artistici.
La vita economica e la sussistenza delle persone erano basate sulla caccia e la raccolta dei prodotti naturali.
Dopo un’età di transizione, il Mesolitico, si ha, con il Neolitico (età della pietra nuova), un’autentica trasformazione di straordinaria importanza (si è parlato di rivoluzione neolitica): l’agricoltura e l’allevamento. In questo modo, l’essere umano poteva cercare di controllare e garantire, da solo, le proprie stesse condizioni di sussistenza regolando, con la sua azione, l’attività della natura.
La garanzia del sostentamento, così raggiunta, doveva portare ad una crescita numerica delle popolazioni umane (incremento demografico).
Inoltre, come l’attività di caccia presupponeva il nomadismo dei cacciatori, così, all’opposto, l’attività di coltivazione è, di per sé, forte spinta alla sedentarizzazione o, quanto meno, in relazione alla capacità di rinnovare la fertilità dei campi, alla quasi sedentarizzazione dei popoli.
Il processo, così avviato, di stabilizzazione delle popolazioni doveva avere molti altri effetti.
Infatti si avviava anche, in questo modo, la formazione dapprima di villaggi, poi di vere e proprie città. Sia i villaggi che, a maggior ragione, le città hanno necessità di un grado di organizzazione e di uno sviluppo di competenze manuali ed intellettuali ben maggiore e ben più vario di quello che possa richiedere una società di cacciatori e raccoglitori. E’ in questo contesto di trasformazione produttiva e di formazione dei centri urbani che hanno origine il potere politico e, con la necessità di nuovi strumenti e di nuovi servizi e dei nuovi artigiani specializzati che sappiano fornirli, la divisione in vari gruppi della società.
Gli studiosi hanno messo in rilievo come lo sviluppo della rivoluzione agricola neolitica abbia trovato tra i propri territori di origine, fertili e climaticamente adatti, anche la cosiddetta Mezzaluna fertile, una zona dell’Asia che va dalla Mesopotamia alla Palestina e alla Siria.
Altre zone ricordate dagli studiosi sono la Cina e il Messico.
4-MESOPOTAMIA.
La Mesopotamia (dal greco: terra tra i fiumi) è geograficamente delimitata dai fiumi Tigri ed Eufrate e, a grandi linee, corrisponde al territorio dell’attuale Iraq.
La parte meridionale della Mesopotamia ha tradizioni culturali più antiche. Vi si è originariamente sviluppata la civiltà dei Sumeri, a partire, circa, dal 3500 a.C. Fu una civiltà evoluta, dotata di una propria scrittura, detta cuneiforme. Dal punto di vista religioso fu politeista (come, del resto, quasi tutte le popolazioni dell’antichità, tranne gli Ebrei). In collegamento con il pensiero religioso si compirono osservazioni astronomiche. Vennero anche composti poemi mitologici. E’ importante e noto il Poema di Gilgamesh, che canta le imprese di questo eroe, Gilgamesh, uno dei re della città di Uruk. Nella fase dell’urbanizzazione e dell’evoluzione dello Stato i Sumeri ebbero varie città-stato, guidate da re o sacerdoti. In principio fu assai importante la città di Uruk. Altre città furono Ur e Lagash.
I Sumeri vennero sconfitti da Sargon (circa 2340-2284 a.C.) re della popolazione semita degli Accadi, che fondò un regno unitario nella Mesopotamia (con capitale Akkad).
Decaduto il regno degli Accadi, la costruzione di un impero unitario fu avviata di nuovo da Ur-Nammu (2112-2095 a.C.) di Ur.
Anche questo impero decadde, a causa di invasioni esterne.
Nella situazione di decadenza e di frammentazione che si venne a creare un re, del popolo degli Amorrei (di origine semita), Hammurabi (1793-1750 a.C.) riuscì a consolidare un vasto impero (primo impero babilonese) che, con centro Babilonia, comprendeva anche la Mesopotamia settentrionale (Assiria) e la Siria. Per riannodarsi alle tradizioni del passato Hammurabi, come già Ur-Nammu, si fece chiamare re di Sumer e Akkad. Per organizzare meglio il suo regno, Hammurabi fece preparare pure un codice (un insieme di norme giuridiche), codice divenuto famoso, ispirato al principio del taglione (occhio per occhio, dente per dente).
Nella Mesopotamia settentrionale, il popolo assiro sviluppò, circa a partire dal secolo XI a.C. una forte politica di espansione militare che investì pure Babilonia e che, con il secolo VIII a.C., si accentuò fino a toccare Cipro e certe regioni iraniane, ove si trovavano le popolazioni, tra loro affini, di origine indoeuropea, dei Medi e dei Persiani.
Con Sargon II, re dal 721 al 705 a.C., gli Assiri sconfissero anche il regno ebraico di Israele, in Palestina. Nella storia precedente gli Ebrei, originari della Mesopotamia, si erano stanziati una prima volta in Palestina per poi ristabilircisi, nel XIII secolo a.C., dopo un periodo storico passato in Egitto. Dopo il re Salomone (circa 970-930 a.C.), che aveva aumentato il potere monarchico in Israele, una ribellione all’interno dello Stato ebraico portò alla formazione di due Stati: il regno di Israele (sconfitto, poi, da Sargon II) e il regno di Giuda.
Peraltro gli Assiri vennero sconfitti, nel 612 a.C., da un’alleanza di Babilonesi e Medi.
Dopo un periodo di decadenza, il potere babilonese venne ricostituito da Nabopolassar (re dal 625 al 605 a.C.) e dal suo successore Nabucodonosor II (re dal 605 al 562 a.C.), che sconfisse, nel 587 a.C., anche il regno ebraico di Giuda e distrusse la sua capitale, Gerusalemme.
A oriente della Mesopotamia, nell’attuale Iran, erano, come accennato, i popoli Medio e Persiano. Dopo un primo periodo di prevalenza politica dei Medi, successivamente i Persiani realizzarono un grandissimo impero. Così il re di Persia Ciro il Grande (circa 590-529 a.C.) sconfisse i Medi, Babilonia, le città greche dell’Anatolia (del popolo degli Ioni). Il figlio e successore di Ciro, Cambise II, nel 525 a.C., conquistò l’Egitto.
La religione dell’Impero persiano (chiamata Zoroastrismo, dal nome del suo fondatore, Zoroastro) fu sostanzialmente monoteista. Si adorava Ahura Mazdah, Dio creatore, principio del bene, contrapposto ad un principio del male (chiamato Arimane).
5-ANTICO EGITTO.
Le particolarità geografiche e climatiche del territorio dell’Egitto, in Africa settentrionale, hanno decisamente influenzato la diffusione, la storia e la cultura della sua popolazione.
Il territorio egiziano, infatti, è prevalentemente un deserto arido, attraversato da un grande fiume: il Nilo. E’ il Nilo che, oltre ad aiutare le comunicazioni, permette l’agricoltura e con essa, la vita. Con le sue inondazioni periodiche (che danno, quindi, anche un senso di ritorno, di rinascita) questo fiume deposita, ogni volta, un fango fertile, chiamato limo, che dà un forte aiuto allo sviluppo delle coltivazioni. Uno storico greco del V secolo a.C., Erodoto di Alicarnasso, ha giustamente affermato, in questo senso, che l’Egitto è un dono del Nilo.
La necessità stessa di un coordinamento generale, complessivo dei lavori idraulici e di pubblica utilità ha anche spinto ad un superamento della frammentazione delle comunità preistoriche e della divisione tra Alto e Basso Egitto a favore dell’unità di un Impero. Questa tendenza portava, ancora, all’accentramento dei poteri nelle mani del capo, detto faraone, o grande casa.
Nella millenaria storia egiziana si sono successe trenta dinastie faraoniche, alcune delle quali di origine straniera.
Il faraone, già in quanto tale, nella sua carica, viene ad avere natura e funzioni divine, di garanzia dell’ordine del mondo e della “maat”, ossia della giustizia. Ciò, inserendosi in un sistema religioso politeista, affiancandosi, tra l’altro, a Ra e Amon, divinità solari poi unificate, e a Osiride, dio ucciso, resuscitato e divenuto signore dei morti.
Nel contesto religioso in esame, non può non evidenziarsi la forte fede egiziana in una vita dopo la morte, accompagnata dalla necessità di mantenere il corpo. Proprio questa necessità ha spinto alla pratica della mummificazione dei corpi morti, per conservarli.
La storia dell’antico Egitto si suddivide in vari periodi: Antico Regno (dall’unificazione dello Stato con la prima dinastia faraonica, nel 3000 a.C., e fino al 2150 a.C.); Medio Regno (2040-1750 a.C.); Nuovo Regno (1540-1070 a.C.); un’Epoca Tarda, dal 1070 a.C., segnata in vario modo da decadenza e conquiste straniere. Dopo l’Antico Regno e dopo il Medio Regno si segnalano ancora due periodi, detti intermedi, di sostanziale debolezza nel potere centrale e di crisi.
La civiltà egiziana ebbe una propria scrittura, detta geroglifica, probabilmente influenzata, alle origini, dal cuneiforme mesopotamico. La scrittura geroglifica aveva, insieme, carattere di pittogramma (rappresentazione della figura), ideogramma (rappresentazione dell’idea) e fonogramma (rappresentazione del suono). Nel corso della storia, e a seconda delle circostanze e dell’importanza dei testi, si sono sviluppate e utilizzate forme di scrittura geroglifica più semplici, quali quella ieratica (dal greco ieros ossia sacro, nel presupposto che venisse utilizzata dai sacerdoti) e quella demotica (dal greco demos ossia popolo, nel senso di un uso da parte del popolo).
Sulla scala della diffusione internazionale della civiltà e, quindi, della scrittura, di fronte al cuneiforme e al geroglifico si ripresentava il problema della semplificazione della comunicazione.
E’ in questo contesto che, significativamente, assume un ruolo importante un popolo occupato nella navigazione e nei commerci come i Fenici, o Punici. Stanziati nell’attuale Libano e divisi in tante città-stato, come Tiro e Sidone, intorno al X secolo a.C. avevano una rete commerciale molto vasta. Nella loro storia, fondarono anche colonie, come Cartagine, in Africa, colonia di Tiro. Essi trovarono e diffusero un loro alfabeto, con ventidue segni per i vari suoni, che rappresentò una notevole semplificazione linguistica ed è all’origine degli alfabeti di altri popoli, come quello greco.
6-STORIA GRECA.
Nel quadro dell’evoluzione storica che si sta considerando appaiono di particolare importanza la storia e la cultura greche.
Nel territorio greco, già l’isola di Creta (abitata pure nel Neolitico) ospitò, a partire dal 3000 a.C. la ricca civiltà minoica (così chiamata dal nome del re Minosse), la cui massima fioritura si ebbe tra il 1600 e il 1400 a.C. Creta, grazie anche alla sua posizione nel Mediterraneo, fu un fiorente centro di commerci e allestì una grande flotta. Si espresse con forme artistiche molto valide e raffinate. Intorno al 1400 a.C., la civiltà cretese minoica fu abbattuta dagli Achei, di stirpe indoeuropea.
Gli Achei si erano già diffusi nella regione greca del Peloponneso e in Grecia centrale intorno alla metà del XVI secolo a.C., dando vita alla civiltà micenea, dal nome della città di Micene, uno dei principali centri urbani. Vi erano diverse città-stato, guidate da re e ispirate a ideali guerrieri e di affermazione militare. Il 1194 e il 1184 a.C. sono gli anni nei quali la tradizione ha posto, rispettivamente, inizio e fine di una spedizione di guerra dei capi delle città achee, guidati dal re di Micene, contro la città di Troia, importante centro politico e commerciale sullo stretto dei Dardanelli, conclusasi con la distruzione di quest’ultima.
La guerra e la sconfitta di Troia e il ritorno a casa degli eroi achei costituiscono materia di un gruppo di poemi epici fondamentali per lo spirito greco, a partire da quelli attribuiti al poeta Omero: Iliade (sulla guerra di Troia); Odissea (sul ritorno dell’eroe Ulisse, re di Itaca).
E’ opinione di molti storici che, tra il 1100 e il 1000 a.C. la civiltà micenea sia stata sconfitta da un’altra ondata di popolazione indoeuropea: i Dori.
Seguì un periodo di decadenza, generalmente chiamato Medio Evo ellenico.
Dopo questo periodo, e a partire dal secolo VIII a.C., nelle varie città-stato greche (o poleis), l’aumento della popolazione, la crescita di commerci e ricchezza e la, collegata, sempre maggiore importanza del gruppo sociale dedicato all’attività economica (borghesia) portarono a varie forme di superamento del modello politico (raffigurato nei poemi omerici) di un re assistito e consigliato da un’assemblea di nobili. Nel percorso storico delle città greche alla monarchia ha così fatto seguito un governo aristocratico (come è successo ad Atene nel secolo VIII a.C.); in molte città si giunse, via via, entro il V secolo a.C., ad un governo democratico (sia pure con le limitazioni, comuni nel mondo antico, di un’economia schiavistica).
Per quanto riguarda la crescita della popolazione, va rilevata la fondazione di molte colonie, pure in Sicilia e nell’Italia meridionale.
Tra le città della storia greca più significative, per influenza politica e forza economica, emersero Atene e Sparta. Atene fu anche uno splendido centro di arte e cultura.
Atene e Sparta personificarono due opposte concezioni del mondo politico: la prima era democratica; la seconda era oligarchica (con il potere spettante a pochi) e dava il massimo valore alla vita militare.
A causa dell’espansionismo bellico dell’Impero persiano e di fronte alla sconfitta inflitta, nel 494 a.C., dalle truppe di questo impero alla rivolta delle città greche ioniche facenti parte del suo dominio lo scontro tra le poleis della Grecia e la Persia appariva inevitabile. Le città della Grecia, peraltro, riescono a resistere, trovando anche accordi tra loro.
In una prima guerra, iniziata dal re Dario I di Persia nel 491 a.C., gli Ateniesi sconfiggono i Persiani a Maratona, nel 490 a.C. Il re persiano Serse attacca nuovamente la Grecia nel 481 a.C. e viene sconfitto dagli Ateniesi a Salamina, nel 480 a.C., e dagli Spartani a Platea e a Capo Micale, nel 479 a.C.
Nonostante la comune vittoria, la rivalità tra Sparta e Atene si accentuò sempre più fino a portare ad un conflitto armato tra le due città, guerra del Peloponneso, che, iniziato nel 431 a.C., si conclude, nel 404 a.C., con la sconfitta di Atene.
La supremazia politica e militare spartana non durò a lungo.
Tra il 371 e il 362 a.C. si combatté una guerra tra Sparta e Tebe, un’altra città greca, terminata con la vittoria di quest’ultima.
Comunque tutte le città più importanti della Grecia finirono, in questo modo, per logorare le loro risorse.
Così, di fronte a questa situazione greca di esaurimento delle risorse e di inimicizia tra poleis, da un lato l’Impero persiano riaffermava il proprio potere sulle città ioniche e, da un altro lato, il Regno di Macedonia, guidato dal re Filippo II (circa 382-336 a.C.), cercava una propria affermazione territoriale. Il re Filippo di Macedonia, infatti, tenne nei confronti della Grecia una politica espansionistica. Questa politica trovò il proprio compimento, nel 338 a.C., con la battaglia di Cheronea, nella quale la Macedonia sconfisse l’esercito di un’alleanza di Stati greci.
7-ALESSANDRO MAGNO. ELLENISMO.
Dopo la morte di Filippo II, divenne re di Macedonia suo figlio Alessandro Magno (356-323 a.C.).
Alessandro era stato educato nel rispetto della cultura greca e suo maestro era stato il grande filosofo Aristotele (384-322 a.C.).
In una prima fase del suo potere, il nuovo re si occupò di rafforzare l’opera politica e militare del padre. Ciò, in una linea generale che comprendeva, contemporaneamente, la conferma dell’influenza macedone sulla Grecia ed il rispetto per la civiltà greca.
Successivamente, nel 334 a.C., Alessandro Magno iniziò una campagna militare contro il vasto e potente Impero persiano (che era stato nemico storico della Grecia e dominava città greche ioniche).
Con una serie di vittorie il re macedone si addentrò sempre più nel territorio persiano fino ai suoi confini orientali, la regione del fiume Indo. Il sovrano sconfitto, Dario III, fu assassinato, nel 330 a.C., da un suo governatore.
Dopo la conquista dell’Impero di Persia, Alessandro Magno se ne fece, in certo modo, erede, volendo continuare e portare a compimento i caratteri, anche di spinta alla civilizzazione, di un impero universale. Un impero universale che, nella mente del re, veniva a fare tutt’uno con un’operazione di conoscenza del mondo.
Così appare spiegarsi l’assunzione, da parte del nuovo sovrano, dei comportamenti e dei riti della corte persiana. Così, ancora, nel disegno politico e culturale di Alessandro si inserisce bene un’opera di collaborazione e di fusione di diverse popolazioni e di diverse civiltà. Si inserisce, pure, in questa idea dell’universalità dell’impero, il progetto, disegnato dal re, di volgersi anche verso Occidente, verso l’Italia. Va osservato, inoltre, che dal percorso di incontro tra le civiltà, quella che ebbe sostanziale vantaggio fu la diffusione, attraverso l’Asia, della cultura greca, in un’epoca, cominciata con l’impresa del sovrano macedone, detta età dell’Ellenismo.
Dopo la morte di Alessandro Magno il suo vastissimo dominio si divise in tanti regni governati da suoi vecchi collaboratori.
8-ITALIA PREROMANA ED ETRUSCHI.
Tra i nuclei di popolazione più significativi dell’Italia anteriore alla fondazione di Roma e alla diffusione del suo dominio, si sono incontrate le colonie greche della Sicilia e dell’Italia meridionale (la cosiddetta Magna Grecia, grande Grecia, come ampliamento territoriale della Grecia). Tra queste città si possono ricordare Siracusa, Catania, Messina, Agrigento, in Sicilia; Cuma, colonia della città greca di Calcide, e Napoli, a sua volta colonia di Cuma, in Campania; Taranto, in Puglia. La colonizzazione greca in Italia costituì, nel suo complesso, un apporto di grande civiltà.
Altro popolo significativo (per civiltà - peraltro inferiore e meno creativa di quella greca - per potenza e ricchezza) furono gli Etruschi. Popolo, a quanto si può ricostruire, nato dalla fusione di popolazione già stanziata in Italia con elementi provenienti da fuori, gli Etruschi si trovano, in un primo momento, essenzialmente in Toscana e nel Lazio. Successivamente, riuscirono a spingersi a nord, fino alla pianura padana, e a sud, fino alla Campania. Furono così città etrusche anche Bologna (in Emilia-Romagna) e Mantova (in Lombardia).
Politicamente erano organizzati in città-stato (quali Volterra e Arezzo, in Toscana; Cerveteri, Veio, Tarquinia, nel Lazio).
Lo scontro con i Greci d’Italia e con altre popolazioni, come, a nord, i Galli (o Celti), contribuì alla loro decadenza.
9-VICENDE DI ROMA ANTICA: ORGANIZZAZIONE POLITICA NELL'ETA' REPUBBLICANA.
Durante il primo periodo della sua storia Roma antica fu governata da re. Nel 509 a.C. (secondo la data tradizionale) divenne una Repubblica.
Durante il periodo repubblicano i poteri erano divisi e affidati a vari cittadini (chiamati magistrati). I magistrati non avevano i poteri a vita, ma solo per un determinato periodo di tempo. Vi erano vari magistrati.
I magistrati più importanti erano i due consoli (che rimanevano in carica per un anno). Essi, tra l'altro, avevano il comando dell'esercito.
I proconsoli erano quei cittadini che, dopo essere stati consoli, nell'anno successivo a quello del loro consolato, venivano incaricati dell'amministrazione di una provincia.
Il pretore, che pure aveva la carica per un anno, si occupava dell'amministrazione della giustizia.
I censori, fra l'altro, si occupavano di garantire la moralità dello Stato e di contare i cittadini, sistemandoli in diverse classi a seconda della loro ricchezza.
In caso di estrema minaccia per lo Stato si ricorreva ad un dittatore con pieni poteri, nominato dai consoli, che ricopriva la carica per sei mesi.
Consoli, pretori e censori venivano eletti da un'assemblea (comizi centuriati).
Altra importantissima assemblea era il Senato, composto da trecento membri, provenienti da famiglie nobili ed ex magistrati.
La lotta tra patrizi (nobili) e plebei è stata molto importante nella storia romana. Soltanto a poco a poco i plebei riuscirono a conquistare i propri diritti. Tra l'altro, essi diedero vita a propri magistrati: i tribuni della plebe.
10-VICENDE DI ROMA ANTICA: SVILUPPO E CRISI DELLA REPUBBLICA.
Nel corso della storia repubblicana la funzione legislativa era esercitata da varie assemblee, tra le quali i comizi tributi. L'organizzazione repubblicana permise a Roma di espandere il proprio dominio fino a tutta la penisola italiana, affacciandosi, quindi, sul Mediterraneo. La sconfitta di rivali importanti come Cartagine, antica colonia fenicia in Africa (distrutta dai Romani nel 146 avanti Cristo al termine di tre guerre puniche combattute a partire dal 264 a.C.) e il Regno di Macedonia (nel 168 a. C.) sono due tappe dell'affermazione di Roma come grande potenza militare e politica.
Tuttavia, all'affermazione che si è appena vista si è accompagnato, e si è strettamente legato, lo sviluppo di vari motivi di crisi, che dovevano portare alla fine della forma repubblicana dello Stato romano.
In generale, si deve ricordare che tutta la vita economica dell'antichità, non solo a Roma, era basata sulla schiavitù.
In seguito all'affermazione internazionale dello Stato romano si sono avuti due fenomeni: un grande aumento del numero degli schiavi, anche grazie ai prigionieri di guerra; una cattiva divisione dei territori conquistati, che sono finiti nelle mani di pochi proprietari (latifondisti),vicini al Senato. Questi proprietari, per lavorare le loro terre, hanno impiegato schiavi invece di lavoratori liberi.
E' così ancora cresciuta la miseria e la disuguaglianza sociale.
Di fronte a questa situazione si sono formati a Roma due
partiti: uno popolare, o democratico, e l'altro aristocratico, appoggiato al Senato.
Va detto che il problema economico-sociale si lega strettamente a quello dell'organizzazione politica. La soluzione del problema economico-sociale era infatti impedita dagli interessi dei gruppi che dirigevano lo Stato.
Si dava così il via ad un'epoca di scontri e disordini, per la quale si è anche parlato di "rivoluzione romana".
In questa epoca, dopo tentativi di riforma in senso popolare
prima di Tiberio e poi di Gaio Gracco (entrambi uccisi), la storia della rivoluzione romana si sviluppò come lotta tra capi militari, che si appoggiavano ai loro eserciti.
In questo modo la lotta politica diveniva anche lotta per il dominio personale.
Da ultimo fu Gaio Giulio Cesare, capo del partito popolare, che, dopo aver conquistato per Roma la Gallia, e aver sconfitto le forze di Gneo Pompeo, appoggiato dal Senato, avviò una vasta opera di riorganizzazione dello Stato romano. Peraltro, nel 44 a.C., Giulio Cesare fu ucciso.
Alla sua morte si ebbe una nuova serie di scontri civili che si concluse con l'emersione del potere del figlio adottivo di Cesare, Ottaviano Augusto, considerato primo
imperatore romano.
11-VICENDE E CRISI DELL'IMPERO ROMANO.
La storia di Roma antica si divide comunemente in tre grandi periodi: quello monarchico (dalle origini al 509 a.C.), quello repubblicano (fino ad Augusto), quello dell'Impero (da Augusto).
Nei primi due secoli del periodo imperiale, per lo più il priceps (seguendo quanto aveva già iniziato a fare Augusto) governò cercando l'accordo di un Senato che, pur avendo perso la grande importanza avuta nel periodo repubblicano, tuttavia, rappresentava sempre una grande forza politica e sociale.
Ancora, nei primi due secoli imperiali si ebbe un grande sviluppo economico.
In tutto il territorio dell'Impero aumentò la rete stradale. Le città furono, ovunque, dotate di grandi monumenti pubblici.
Peraltro la crescita della produzione e dell'agricoltura nelle province costituì, a causa della concorrenza, un primo freno alla vita economica nella penisola italiana.
L'Impero Romano era un'unità politica e territoriale estremamente vasta. Si estendeva, infatti, su tre continenti (Europa, Africa. Asia).
In questo spazio territoriale grande e unitario si espanse la civiltà greco-romana. I Romani, infatti, si riconobbero nelle tradizioni culturali (poetiche, artistiche, filosofiche) dell'antica Grecia e contribuirono a rielaborarle. I Romani, inoltre, nel corso della loro storia, elaborarono un efficace sistema di diritto, che contribuì ad organizzare con intelligenza e con giustizia il loro impero.
La vastità stessa dello Stato romano può dare evidenza ad un'idea di unitario Impero universale. Un'idea, questa, che, tra l'altro, ha avuto un notevole fascino durante il Medio Evo.
Va anche ricordata, all'interno dei confini romani, la nascita e la diffusione del Cristianesimo, una religione che, pure nel quadro di politeismo e di generale tolleranza dell'antica Roma, venne più volte perseguitata, a causa del rifiuto opposto dai cristiani all'onorare come divina la figura dell'imperatore. Si annota subito che fu solo con l'imperatore Costantino, nel IV secolo d.C., che il Cristianesimo venne permesso ed anzi pure privilegiato.
La grande estensione territoriale, con la necessità, strettamente collegata, di un forte esercito pronto, su tutti i confini, a respingere le invasioni, fu tra i motivi della crisi sempre più grave dell'Impero.
Per fronteggiare la crescente minaccia delle invasioni barbariche si rese dunque necessario l'arruolamento di un forte esercito, anche tra i contadini. Ma l'arruolamento di soldati nelle campagne depresse la produzione agricola.
Vennero arruolate anche milizie barbariche.
Le notevoli spese dello Stato spinsero ad una forte pressione fiscale e al conseguente maggiore impoverimento generale. Scoppiarono, inoltre, epidemie.
Parallelamente a queste difficoltà i poteri si accentrarono sempre più nelle mani degli imperatori.
Per ragioni militari ed economiche con Costantino la capitale venne spostata da Roma a Costantinopoli (oggi Istanbul).
L'Impero si trovò, infine, diviso in una parte occidentale e in una parte orientale finché, nel 476 d.C., un capo barbaro, Odoacre, comandante delle milizie barbariche al servizio di Roma, depose, a Roma, l’imperatore Romolo Augustolo, con ciò causando la fine dell'impero romano d'Occidente.
12-SITUAZIONE ECONOMICO-SOCIALE E CRISI DELLA SCHIAVITU' ALLA FINE DELL'IMPERO ROMANO.
Trattando la crisi dell'Impero Romano si è visto l'accentramento dei poteri nelle mani degli imperatori e la situazione di depressione economica. Nelle campagne questa situazione ha avuto anche le caratteristiche di un aumento della povertà di molti lavoratori e, contemporaneamente, di un aumento dei latifondi e di un accrescimento del potere economico e sociale dei latifondisti. In generale, nel periodo di decadenza dell'Impero, a partire dal III secolo d.C., si è avuta un'accelerazione della crisi dell'economia basata sull'utilizzazione degli schiavi. Infatti il numero degli schiavi diminuiva, anche a causa della fine delle guerre di conquista. Questa diminuzione, tra l'altro, permetteva di evidenziare che il lavoro degli schiavi era, dal punto di vista qualitativo, meno produttivo di quello dei liberi.
Nell'agricoltura la rovina dei contadini e dei piccoli proprietari insieme con l'accrescimento della ricchezza e del potere dei latifondisti spingeva i primi a cercare protezione e sostentamento presso questi ultimi lavorando come coloni, affittuari di una parte del fondo.
Tali coloni presero progressivamente il posto degli schiavi.
Va ricordato che già l'imperatore Diocleziano, con il finire del III secolo, aveva imposto ai coloni l'obbligo di non abbandonare la terra che coltivavano. D'altro canto lo stesso Diocleziano aveva vietato a molte categorie di lavoratori di abbandonare o cambiare il loro lavoro, lavoro che, anzi, diventava ereditario, imposto pure ai discendenti. Ciò allo scopo di non privare lo Stato e la società romana di attività indispensabili.
La crisi, che stava eliminando la schiavitù, peggiorava sempre più il lavoro dei liberi.
In campagna, nel latifondo si cercava intanto di sviluppare un'economia autosufficiente (primo nucleo di quella che successivamente sarà l'organizzazione feudale).
13-REGNI ROMANO-BARBARICI.
Si sono già considerate le invasioni barbariche, quali cause importanti della decadenza e caduta dell'Impero Romano d'Occidente.
Si può ora sottolineare come con tali invasioni una serie di popolazioni diede origine, attraverso migrazioni nei territori appartenenti all'Impero, a nuovi Stati, detti Regni romano-barbarici.
Tra queste popolazioni si possono ricordare i Vandali, stanziati in Africa, e i Goti. A loro volta i Goti erano divisi in due nuclei principali: Visigoti, Ostrogoti.
I Visigoti (che, nel 410, saccheggiarono la città di Roma), sconfitti in Gallia dai Franchi, un'altra popolazione barbarica, si stanziarono in Spagna. Gli Ostrogoti, condotti da Teodorico, sconfitto Odoacre (che, come visto, nel 476, aveva deposto l'ultimo imperatore romano d'Occidente), costituirono un altro Regno in Italia, con capitale Ravenna.
In questi Regni, in generale, l'elemento barbarico, germanico, aveva la supremazia ed esercitava il potere militare, mentre il più evoluto elemento romano si occupava dell'amministrazione.
A seconda dei casi si avviò un processo di collaborazione tra l'elemento barbarico e quello romano, come accadde nel Regno dei Franchi e come tentò di fare Teodorico in Italia, ovvero l'elemento romano fu perseguitato, come nel Regno dei Vandali, in Africa.
14-CRESCENTE IMPORTANZA DELLA CHIESA CRISTIANA. RAPPORTI CON GLI STATI BARBARICI.
Già a partire dal IV secolo la Chiesa cristiana andò incontro ad un'evoluzione complessa, che si accompagnò alla continua diffusione del Cristianesimo e alla varietà delle forme della pratica religiosa.
Così, da un lato, si sviluppa e si evolve il fenomeno del monachesimo. Di fronte alla drammaticità degli avvenimenti e per ricercare una superiore visione religiosa, molte persone si allontanano dalla società e vivono sole (eremiti), reprimendo i loro istinti per avvicinarsi a Dio. Altra forma di monachesimo è quella in cui i monaci vivono insieme in comunità (o cenobi). Questa forma si sviluppa in Occidente, agli inizi del VI secolo, ad opera di San Benedetto da Norcia. Le comunità benedettine vivono secondo la regola "Ora et labora" (prega e lavora), unendo alla preghiera il lavoro manuale e quello intellettuale (di studio e di copiatura di manoscritti di autori antichi).
Si può ricordare, da un altro lato, la crescente complessità dell'organizzazione della Chiesa e la sua gerarchizzazione. Da quest'ultimo punto di vista si può pure considerare il passaggio storico dall'assemblea della comunità cristiana primitiva, nella quale si riunivano e decidevano tutti i fedeli, al Concilio ecumenico, o universale, al quale partecipano tutti i vescovi della Chiesa (e al Concilio provinciale, al quale partecipano i vescovi della provincia interessata), e non i fedeli. Si può inoltre sottolineare il continuo aumento di importanza, rispetto agli altri vescovi, del papa (dal greco papas, che può tradursi con padre), vescovo di Roma, come successore di San Pietro.
La maggiore importanza acquistata dalla Chiesa cristiana e dal vescovo di Roma si collega anche al ruolo attivo, organizzativo, che il Papato si è trovato ad esercitare, con la crisi e dopo la fine dell'Impero Romano d'Occidente, nella vita della società, di fatto in sostituzione dei poteri pubblici.
Insieme con questi problemi il Cristianesimo ha dovuto affrontare anche questioni di dottrina teologica (la teologia è l'attività intellettuale che studia Dio).
Nell'individuare le caratteristiche della Divinità vari vescovi e teologi hanno espresso idee differenti da quelle della maggior parte degli altri vescovi. Queste idee, risultanti contrarie a quelle della dottrina della Chiesa, sono dette eresie (e chi le sostiene eretico).
Così si può ricordare la tesi di Ario (e dei suoi seguaci, detti ariani) negante la natura divina di Cristo e la condanna, come eretica, di questa tesi, da parte del Concilio ecumenico di Nicea, nel 325, nel quale viene formulato il Credo, professione della fede cristiana.
Ricordando le invasioni barbariche, si può sottolineare che, ad esempio, Vandali e Ostrogoti erano ariani. Questo contribuì al quadro di persecuzione dei romani nel Regno dei Vandali e alle difficoltà degli ultimi tempi del regno di Teodorico (quando il filosofo romano Boezio, che pure aveva collaborato con il re ostrogoto, fu ucciso con l'accusa di essere contro gli ariani).
15-VICENDE DELL'IMPERO ROMANO D'ORIENTE.
Si è già vista la divisione dell'Impero Romano in una parte occidentale ed in una parte orientale. Si è pure già visto che, con il 476, termina l'Impero Romano d'Occidente.
Va sottolineato che questa data del 476 viene generalmente considerata l'inizio di un nuovo periodo storico: il Medio Evo. Occupata dai Regni romano-barbarici la zona occidentale, l'Impero Romano continuava, tuttavia, nella sua zona orientale, più ricca e difendibile: l'Impero Romano d'Oriente, con capitale Costantinopoli (costruita dall'imperatore Costantino sul sito della città di Bisanzio).
Dal nome di Bisanzio questo impero orientale è anche noto come Impero Bizantino.
L'Impero Bizantino ebbe una civiltà molto importante, in cui l'eredità della cultura greca si univa alla coscienza di amministrare e sviluppare l'eredità politica e giuridica di Roma antica.
Alla luce di queste concezioni si spiegano le grandi opere compiute da Giustiniano I. Questi, divenuto imperatore nel 527, fin dai suoi primi anni di regno avviò la riorganizzazione dell'antico diritto romano, arrivando a realizzare una codificazione (una raccolta di norme giuridiche) completa e ordinata. Questa opera di codificazione di Giustiniano avrà grande importanza per il futuro del diritto.
In questo stesso disegno di riorganizzazione dell’antica potenza romana, Giustiniano mosse guerra ai Regni romano-barbarici. Così, nel 534, venne sconfitto il Regno dei Vandali. In Italia la guerra contro gli Ostrogoti fu lunga (dal 535 al 553) e difficile. Gli Ostrogoti vennero infine sconfitti ma la guerra causò moltissime distruzioni.
Gran parte della Spagna e la Gallia rimasero fuori dell'Impero.
Le spese della guerra furono molto grandi e, per questo, nei territori dell'Impero Bizantino, si dovettero aumentare le tasse. In particolare, in Italia la pressione delle tasse si unì al peso delle grandi distruzioni, accrescendo la povertà e la decadenza.
16-ORGANIZZAZIONE DELL'ITALIA BIZANTINA. RAPPORTI TRA IMPERO BIZANTINO E CHIESA.
Le idee politiche e religiose di Giustiniano tendevano alla piena ricostruzione dell'antico Impero Romano.
Si sviluppava in questo modo la concezione di un Impero Universale, che veniva sentito legato, nella sua stessa universalità, all'universalità della volontà divina. Alla luce di questi concetti il potere dell'imperatore appariva discendere direttamente dalla volontà di Dio.
A questo punto va ricordato che nella storia dell'Impero Bizantino è andata diffondendosi una concezione politica, detta Cesaropapismo, nella quale l'imperatore (il Cesare), oltre ad avere i propri poteri politici, esercita, anche, i poteri spirituali propri di un capo religioso come il papa. Ad esempio di tale concezione gli storici portano le parole di un imperatore del secolo VIII, Costantino V, il quale arriva a paragonare gli imperatori agli apostoli.
Con la fine della guerra contro gli Ostrogoti Giustiniano, invece di valorizzare l'Italia come culla originaria dell'Impero (in modo coerente con le premesse ideali di ricostruzione dello Stato romano), la sottomette a Bisanzio, affidandola ad un esarca, con sede a Ravenna, dal quale dipendono vari ducati come quello di Napoli e quello di Roma.
Con la riorganizzazione del territorio italiano Giustiniano affida vari poteri ai vescovi. Gli storici sottolineano che se, da una parte, questo rappresenta un segno di attenzione verso la Chiesa, da un'altra parte rappresenta pure un tentativo di diminuirne l'autonomia.
17-LONGOBARDI. NASCITA DELLO STATO PONTIFICIO.
Nel 568, a tre anni dalla morte di Giustiniano, l'Italia bizantina fu attaccata da una popolazione barbarica di famiglia germanica: i Longobardi, guidati da re Alboino.
I Longobardi già nel 569 occuparono Milano. Proseguirono, quindi, verso le rimanenti zone italiane. Gli storici osservano che, comunque, né i Bizantini avevano forze sufficienti per ricacciare gli invasori né questi ultimi erano tanto forti da sconfiggere definitivamente l'esercito di Bisanzio. In questo modo l'Italia rimase divisa in due parti: la Longobardia e la Romania.
Durante il secolo VIII, peraltro, i Bizantini subirono varie sconfitte ad opera del re dei Longobardi Liutprando.
Il papa, che temeva l'aggressività longobarda, riuscì, comunque, a trovare un accordo con il re Liutprando, ed anzi, nel 728, ebbe in dono da quest'ultimo Sutri, presa dai Longobardi ai Bizantini. Peraltro in prospettiva il rapporto tra Longobardi e Papato rimaneva estremamente difficile.
Comunque, è importante considerare che a questo atto di Liutprando può farsi risalire la nascita dello Stato pontificio.
In generale si può affermare che la crescente importanza della Chiesa cristiana, anche in campo sociale e politico, in una situazione diffusa di crisi e di disgregazione, ha naturalmente portato al Papato pure una sovranità politica. Non è un caso che gli storici datino ai secoli la creazione di un documento, falso, molto significativo come la Donazione di Costantino, con la quale l'Imperatore avrebbe lasciato al Papa il potere su Roma e sull'Italia.
18-SVILUPPI DEL CRISTIANESIMO. SCISMA D'ORIENTE.
Si sono già viste alcune direzioni dell'evoluzione storica del Cristianesimo: il dibattito e la .puntualizzazione di temi teologici anche molto importanti come quello della natura di Gesù Cristo; il percorso di gerarchizzazione all'interno della Chiesa con la crescente importanza del Papa. Si sono anche appena incontrate le tematiche del potere politico del Papato e della formazione dello Stato della Chiesa.
Lo sviluppo storico del Cristianesimo vede una crescente contrapposizione tra Occidente (dove è sempre maggiore il ruolo del Papato) e Oriente bizantino. Va, tra l'altro, ricordato che nell'Oriente bizantino si trovava più forte la tendenza cesaropapista, di controllo delle gerarchie religiose da parte dell'Imperatore.
Mentre in Occidente i poteri religiosi tendevano ad accentrarsi nelle mani del Papa, in Oriente si sosteneva la parità del vescovo di Roma con il vescovo di Costantinopoli, in quanto capitale dell'Impero. In questo modo, tra l'altro, si avviava un discorso di superamento del principio di Chiesa universale a favore di Chiese nazionali.
L'intreccio di questioni politiche e teologiche non risolte tra Roma e Costantinopoli condusse, nel 1054, alla separazione (scisma) fra Chiesa cattolica di Roma (dal greco katholikos, che vuol dire universale) e Chiesa ortodossa.
19-VICENDE DEI FRANCHI SINO A CARLO MAGNO.
Considerando i Regni romano-barbarici si è incontrato pure quello dei Franchi, nell'attuale Francia. I Franchi si convertirono al Cristianesimo così come insegnato dalla Chiesa di Roma sotto il re Clodoveo, morto nel 511. Furono governati dapprima dalla dinastia dei re Merovingi (dal nome del re Meroveo), alla quale apparteneva pure Clodoveo. Vi fu poi un periodo di crisi del Regno e della dinastia. Al tramonto della dinastia dei Merovingi i poteri effettivi non erano esercitati dai re (chiamati, per questo, re fannulloni), ma da maestri di palazzo, detti pure maggiordomi.
Fra questi maggiordomi molto importante, e di grande potere, fu Carlo Martello, che, tra l'altro, con la battaglia di Poitiers, del 732, fermò l'avanzata araba dalla Spagna in Francia.
Un altro maggiordomo, Pipino III il Breve, figlio di Carlo Martello, spodestò, con l'appoggio del Papa, l'ultimo re dei Merovingi e divenne primo monarca della dinastia dei Carolingi. Venne incoronato re dei Franchi dal papa nel 754.
In seguito all'accordo tra Papato e monarchia dei Franchi, e di fronte alla politica espansionista e aggressiva dei Longobardi in Italia, che minacciava direttamente il papa, Pipino il Breve sconfisse questi ultimi e assegnò alla Chiesa città e territori già presi dai Longobardi all'Impero di Bisanzio (come Ravenna, Rimini, Pesaro, Ancona).
Il figlio e successore di Pipino il Breve, Carlo Magno (742-814), continuò nella politica di alleanza con il Papato. Poiché i Longobardi insistettero nella loro ostilità contro lo Stato pontificio, che, al centro dell'Italia, ostacolava la loro espansione territoriale su tutta la penisola, Carlo Magno lì affrontò e li sconfisse definitivamente.
Si rafforzò così lo Stato della Chiesa, sotto la protezione di Carlo.
Vanno ricordate le numerose altre campagne militari del re dei Franchi: contro i Sassoni (che vennero convertiti al Cristianesimo a forza); contro il duca di Baviera; contro gli Avari. Si ricorda, inoltre, una spedizione contro la Spagna musulmana, nel 778, conclusasi, peraltro, con la sconfitta di Saragozza e con il massacro, da parte dei Baschi, della retroguardia dell'esercito franco a Roncisvalle. Di quest'ultimo episodio, e della morte, in esso, di un governatore del re, Rolando (detto anche Orlando), si è impadronita la poesia epica, con il poema francese La canzone di Orlando.
Le notevoli doti politiche e militari del re ed una serie di vittorie permisero la formazione di un esteso dominio territoriale in Europa.
Così, nel Natale dell'anno 800, a Roma, nella basilica di San Pietro in Vaticano, papa Leone III incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero, rinnovamento dell'antico Impero Romano.
20-SACRO ROMANO IMPERO.
L'idea di un saldo impero che, tra l'altro, unificasse le varie popolazioni sotto un unico comando e in una comune civiltà è sempre stata elemento importante nella mentalità medioevale. L'esempio e il ricordo del vecchio Impero Romano, tramontato in Occidente nel 476, è stato uno dei motivi della fortuna medioevale di questa idea.
Con Carlo Magno si è, dunque, tentato un rinnovamento dell'Impero Romano: appunto il Sacro Romano Impero.
Si deve rilevare subito, tuttavia, la presenza di notevoli differenze tra il modello imperiale romano e l'Impero di Carlo Magno.
Nel Sacro Romano Impero il richiamo al concetto di "sacro" indica un elemento molto importante: quello della fede cristiana e del suo ruolo come forza unificatrice dello Stato.
Peraltro la stretta connessione tra potere politico e religione doveva dar vita, nel Medio Evo, ad una lotta per la supremazia tra Imperatore e Papa.
Gli storici hanno sottolineato una notevole caratteristica del Sacro Romano Impero: la patrimonialità. Lo Stato non era altro che possesso personale, patrimonio del sovrano. In questo modo, ad esempio, il successore di Carlo Magno, Ludovico il Pio, suddivise l'Impero in parti destinate in eredità per ciascuno dei suoi figli.
L'esempio della successione di Ludovico il Pio fa vedere, inoltre, l'elemento di crisi rappresentato dalle lotte tra gli eredi. Così due figli, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, si accordarono tra loro, con il giuramento di Strasburgo, contro il fratello Lotario e lo sconfissero. Con il trattato di pace di Verdun, nell'anno 843, Carlo il Calvo ebbe la Francia, Ludovico la Germania, Lotario l'Italia, una porzione centrale di territorio fino al Mare del Nord e il titolo di Imperatore.
21-SACRO ROMANO IMPERO: CONCETTO DI FEUDO; MOTIVAZIONI ECONOMICHE DEL FEUDALESIMO.
Gli storici hanno sottolineato come la decadenza della vita economica e dei commerci con la diminuzione della circolazione monetaria e la grande importanza acquistata dalla proprietà terriera siano all'origine dell'organizzazione del Sacro Romano Impero basata sul feudo, ossia sulla concessione da parte dell'imperatore, o del monarca, del possesso e dell'utilizzazione di un territorio ad un feudatario, detto vassallo, in cambio di fedeltà e di aiuto, militare e di altro genere. Di fronte alla crisi della moneta il feudo si pone come ricompensa per il vassallo.
Dal punto di vista economico e sociale il feudo nasce, dunque, dalla decadenza dell'attività produttiva e commerciale; l'economia feudale, detta anche economia curtense (da curtis, corte, nome dell'organizzazione produttiva agricola), si basa, come appena visto, sulla terra. La difficoltà o, addirittura, l'impossibilità dei commerci, che è stata tra le cause dell'istituzione del feudalesimo, con l'assunzione da parte della terra del ruolo di principale fonte della ricchezza, si riflette sull'intera organizzazione economica feudale, basata sull'autosufficienza e su livelli di sopravvivenza. Un'autosufficienza che si ricollega a quella ricercata, come visto, nei latifondi all'epoca della fine dell'Impero Romano d'Occidente.
Più in particolare, si può ricordare come, ai fini dell'ottenimento di una maggiore efficienza produttiva, nel sistema della corte si aveva una parte (pars dominica) fatta coltivare direttamente dal padrone (dominus), un'altra parte (massaricia) riservata ai coloni, che fornivano in pagamento una quota dei raccolti e prestazioni di lavoro.
22-SACRO ROMANO IMPERO: ORGANIZZAZIONE FEUDALE.
Si è cominciato a considerare il concetto di feudo.
Già Carlo Magno aveva diviso l'Impero, con una ripartizione del territorio in contee e marche (regioni, queste ultime, poste ai confini).
Va sottolineato che nel sistema feudale la concessione da parte del sovrano del beneficio del possesso del territorio con l'esercizio di poteri statali (come la giurisdizione) è conseguenza di un rapporto personale, di subordinazione e di fiducia, tra due uomini: il vassallo e il suo signore, il sovrano. Va pure messo in rilievo come la scala gerarchica dell'ordinamento feudale non si limiti alla sola coppia costituita dal sovrano e dal suo vassallo. Infatti, anche un vassallo può avere, a sua volta, un suo vassallo, detto valvassore. Ancora, esiste la figura del vassallo del valvassore: il valvassino.
Così, a differenza di quanto accade nell'epoca moderna, non si sviluppa un senso dello Stato, ma si ha tutta una serie di rapporti personali, posti in ordine gerarchico.
Tra le conseguenze di questa gerarchia di rapporti personali si trova anche uno spezzettamento del territorio statale, nelle mani dei vari membri dell'ordine feudale.
Questa situazione peggiorò ancora di più con il riconoscimento dell'ereditarietà dei feudi.
Va dunque considerato che, a quell’epoca, non esisteva un senso dello Stato come esiste nell’epoca attuale, o, anche come lo si poteva trovare nell’antica Roma (dove il concetto di Repubblica, dal latino res publica, cosa comune, indicava partecipazione di tutti i cittadini alla vita dello Stato).
Inoltre, mentre l’Impero Romano era un’entità salda amministrata da una forte burocrazia dipendente e stipendiata dall’Imperatore, l’Impero di Carlo Magno era composto da molti popoli e privo di una forte organizzazione centralizzata.
Carlo Magno aveva messo in atto un sistema di controllo basato su ispezioni sui feudi da parte di emissari dell’Imperatore, detti missi dominici.
Ma questo tentativo organizzativo si rivelò insufficiente a risolvere i molti problemi che, come si vedrà ancora, erano collegati al sistema feudale.
23-QUADRO DEI MOTIVI DI CRISI DEL SACRO ROMANO IMPERO.
Parlando del Sacro Romano Impero e delle sue vicende si sono già incontrati vari motivi di crisi.
Vale la pena, ora, riconsiderare e approfondire questo argomento. Da un primo punto di vista, si è potuto osservare che la stretta unione di religione e politica che caratterizzava la concezione del potere nell'Impero (non a caso definito sacro) doveva necessariamente portare a contrasti per il primato tra il Papa e l'Imperatore.
Da un altro punto di vista, costituiva indubbiamente una grossa minaccia per l'autonomia e per l'unità stessa dell'Impero quella concezione patrimoniale per la quale lo Stato non è un qualcosa di indipendente dal sovrano ma ne è il patrimonio, la proprietà. Una concezione, questa, che doveva, tra l'altro, rivelare le sue conseguenze negative al momento della successione dell'Imperatore. Inoltre, si deve ricordare ancora che queste conseguenze potevano pure essere peggiori nel caso di lotte fra gli eredi.
Un'altra serie di motivi di crisi è direttamente collegata all'organizzazione feudale, ossia, come visto, all'organizzazione basata sul feudo, sulla concessione del possesso e del godimento di un territorio data dal sovrano ad un suo uomo di fiducia, detto vassallo e anche feudatario, in cambio di fedeltà e di servizi.
Si è già messo in rilievo che si tratta di un'organizzazione basata sul rapporto personale tra sovrano e vassallo e che, proprio per questo fatto, è del tutto diversa da quella dello Stato moderno.
Si può inoltre osservare come, con la frantumazione del territorio dell'Impero in tanti vari territori (affidati ai vassalli, ma anche ai valvassori e ai valvassini), il sovrano sempre più tenda a perdere le stesse basi economiche del proprio potere. In effetti si avvia pure un processo per il quale la fonte della ricchezza,la terra, viene a distribuirsi tra i vari feudatari, che possono risultare più ricchi e potenti dello stesso sovrano.
In questo percorso di diminuzione dei poteri effettivi dell'Imperatore si avvia, inoltre, tutta una serie di fenomeni di disgregazione dell'unità politica e territoriale dell'Impero, come la trasmissione ereditaria del feudo.
24-DISGREGAZIONE DEL SACRO ROMANO IMPERO E SVILUPPO DI AUTONOMIE CULTURALI E LINGUISTICHE. CONCETTO DI NAZIONE.
Nel complesso processo di disgregazione e di superamento del Sacro Romano Impero si sviluppano, oltre a fenomeni di frantumazione territoriale, anche risposte a esigenze profonde. Così le linee di divisione dell'Impero tra i tre figli di Ludovico il Pio segnano il primo emergere di un'articolazione degli abitanti per Nazioni.
Si deve ricordare, infatti, che il termine Nazione ha anche il significato di gruppo etnico, ossia di gruppo di persone caratterizzato da un'unità di tradizioni, di religione, di cultura, di lingua e dalla coscienza di questa unità. Una coscienza che è, in altre parole, appunto la coscienza di costituire un popolo, con un passato ed un futuro, distinto dagli altri popoli.
Come accennato, strettamente collegata all'emersione di una Nazione è l'emersione e lo sviluppo di una nuova lingua, capace anche di dar vita ad una letteratura.
Considerando l'aspetto linguistico si può registrare che nei secoli IX, X e XI l'unità rappresentata dall'utilizzazione della lingua latina, già attaccata da lingue germaniche, sempre più viene incrinata, nei territori del Sacro Romano Impero, dalla diffusione, a partire dall'evoluzione della stessa lingua latina, di diversi volgari, con diversa localizzazione geografica.
Tornando all'epoca, e ai fatti, della successione di Ludovico il Pio, è da annotare che, con il giuramento di Strasburgo, pronunciato, davanti alle truppe, in volgare francese da Ludovico il Germanico, in tedesco da Carlo il Calvo, ci si trova di fronte all'evidenziazione di una separazione tra nazione francese e nazione tedesca. Di una divisione, dunque, che va anche al di là di una separazione patrimoniale dei territori.
Per un altro aspetto, il processo di perfezionamento e di approfondimento delle possibilità dei diversi volgari doveva portare a opere letterarie di grande importanza, come, nella Francia del secolo XI, La canzone di Orlando, attribuita al poeta Turoldo.
25-INVASIONI TERRITORIALI NEI SECOLI IX E X E CRISI DEL SACRO ROMANO IMPERO.
Durante i secoli IX e X in Europa si svilupparono incursioni di pirati e guerre di conquista.
Così gli Arabi, che, a partire dal 711, avevano conquistato la Spagna, tra il secolo IX e gli inizi del secolo X occuparono la Sicilia, strappandola all'Impero di Bisanzio. Pirati musulmani (anche partendo da importanti basi in mano araba, come Bari) saccheggiarono molti centri e molte regioni del Mediterraneo. Tra l'altro, nell'anno 846, assalirono anche Roma, mettendo a sacco la basilica di San Pietro e spingendo, quindi, papa Leone IV a fortificare la zona del Vaticano (formando la cosiddetta Città Leonina).
Da est gli Ungari operarono saccheggi e devastazioni in Germania, Italia, Francia.
Dalla Scandinavia i Vichinghi, o Normanni (uomini del nord), si spinsero, compiendo incursioni o prendendo territori, a nord, in Islanda e Groenlandia; attraversato il Mar Baltico, in Russia; e, verso sud, in Inghilterra e in Francia. Pare si siano spinti sino a toccare le coste dell'America settentrionale (la questione è molto dibattuta e non ci sono prove precise e sicure). In Francia riuscirono ad insediarsi in Normandia, con un rapporto feudale di vassallaggio rispetto al re francese. Fu proprio partendo dal ducato di Normandia che il capo normanno Guglielmo il Conquistatore acquistò, dopo la battaglia di Hastings, nel 1066, il Regno di Inghilterra (essendo così, nello stesso tempo, re di Inghilterra e duca di Normandia e, come duca di Normandia, vassallo del re di Francia).
Va anche ricordata l'espansione normanna nell'Italia meridionale, sotto la guida della famiglia Altavilla (a iniziare da Roberto il Guiscardo, giunto nella penisola come mercenario), con la formazione di un forte Stato, estendentesi dalla Campania alla Sicilia (presa agli Arabi nella seconda metà del secolo XI). L'insieme di invasioni e incursioni ebbe conseguenze negative sulla situazione politica del Sacro Romano Impero, già, come visto, caratterizzata da numerosi motivi di crisi.
La maggiore insicurezza portò ad un aumento dei poteri dei feudatari (che, come sì ricorda, avevano autonoma forza militare e strutture fortificate come i castelli) rispetto a quelli dell'Imperatore.
Così fu possibile che Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, nelle cui mani, pure, per ragioni dinastiche, si erano riconcentrati tutti i territori dell'Impero, nell'anno 887, poco prima della sua morte (avvenuta nell'anno 888), venisse deposto da un'assemblea di feudatari.
26-SITUAZIONE DOPO LA DEPOSIZIONE DI CARLO IL GROSSO. VICENDE IN FRANCIA E GERMANIA.
Dopo la deposizione di Carlo il Grosso, in tutti i territori che avevano fatto parte dell'Impero di Carlo Magno si ebbe una situazione caratterizzata da una dura lotta per il potere e dalla rilevante indipendenza dei vari feudatari.
Così, in Francia, fu possibile, fra l'altro, assistere alla lotta per avere il potere regale combattuta tra la famiglia dei Carolingi (alla quale, come si ricorda, erano appartenuti anche Carlo Magno e Carlo il Grosso) e la famiglia dei Capetingi, che aveva la propria base territoriale nella regione di Parigi.
All'interno del quadro generale della Francia appena considerato si può pure rammentare che il re carolingio Carlo il Semplice strinse alleanza con i Normanni, concedendo loro, nel 911, la Normandia.
La lotta per il potere regale si concluse in Francia nel 987, quando divenne re Ugo Capeto (da cui prese nome la famiglia dei Capetingi).
Nella seconda metà del secolo X emerse, in Germania, la figura di Ottone I di Sassonia. Ottone I, dunque, già re di Germania, dopo una vittoria sugli Ungari divenne imperatore, nel 962.
27-RINNOVAMENTO ECONOMICO E SOCIALE DEL SECOLO XI.
Si è visto come l'economia feudale fosse un'economia di sussistenza e chiusa (non aperta ai commerci, basata sul tentativo di produrre autonomamente quanto fosse necessario per l'esistenza).
Si è anche vista la grande importanza della terra (e, quindi, della concessione della terra, con il feudo) come fonte della ricchezza. Date le caratteristiche del sistema feudale ed i diritti nel complesso riservati al feudatario (come, ad esempio, quello di imporre l'utilizzazione, a pagamento, di un proprio mulino), va osservata la convenienza economica e politica, appunto per il feudatario, del controllo non soltanto di un maggior territorio, ma di un territorio densamente popolato. In questo modo è possibile rilevare le radici e la funzione, nell'economia feudale, di quell'aumento della popolazione che ha caratterizzato il secolo XI, prolungandosi sino al secolo XIII.
Strettamente legato all'incremento demografico (ossia all'aumento della popolazione) è il maggiore sviluppo della produzione agricola.
Gli storici, per spiegare questo aumento della popolazione, hanno anche ricordato la cessazione delle grandi violenze collegate alle invasioni territoriali dei secoli IX e X.
Si deve osservare che, in una certa misura, tanto la crescita del numero delle persone quanto la maggiore efficienza dell'agricoltura rientrano negli interessi della parte più ricca ed economicamente attiva della classe dei signori feudali.
I progressi della produzione agricola sono stati collegati a vari fattori.
Tra questi fattori si trova la diffusione della rotazione triennale delle coltivazioni. Di fronte al problema della perdita di sostanze nutritive e di fertilità in una terra coltivata e, quindi, alla necessità di far ricostituire queste sostanze lasciando la terra a riposo (maggese), ossia non utilizzandola per un periodo di tempo, secondo il metodo tradizionale si divideva il terreno agricolo in due parti e si coltivava un anno una parte e l'anno successivo l'altra (lasciando la prima a riposo), con la rotazione triennale si divideva il terreno in tre parti che venivano, alternativamente, di volta in volta, coltivate a frumento, a orzo (o a fagioli) o lasciate a riposo. Ciò permetteva una diminuzione della terra non coltivata (un terzo del campo invece della metà) e, inoltre, con la varietà delle coltivazioni, un più vario apporto alla dieta.
Per spiegare i progressi della produzione agricola bisogna anche tener conto dell'adozione e della diffusione di vari miglioramenti (si possono, fra l'altro, ricordare: l'aratro pesante; la ferratura degli zoccoli degli animali da traino; un più razionale ed efficace sistema di attacco di questi ultimi).
Si deve sottolineare, inoltre, che, con il secolo XI, si è diffusa un'opera, molto grande, di disboscamento e di bonifica di terreni da destinare alle coltivazioni.
Ancora, va messo in rilievo quel processo circolare per il quale, da una parte, lo sviluppo dell'agricoltura ha favorito l'aumento della popolazione e, da un'altra parte, l'aumento della popolazione ha spinto lo sviluppo dell'agricoltura.
L'incremento demografico, e, conseguentemente, l'aumento dei bisogni, ha anche dato vita, necessariamente, a tutta una serie di attività artigianali e commerciali.
In questo quadro generale le città, che, fino ad allora, erano, per lo più, rimaste significative quali sedi dei vescovi, riacquistano la loro importanza, a mano a mano, anche come centri commerciali e di produzione artigianale.
Esse, data la loro crescente ricchezza e le loro attività, divengono poli di attrazione per il mondo della campagna. Si può ancora specificare come rappresentino una via ed una speranza di fuga per il contadino, oppresso dalla miseria e dai suoi vincoli alla terra del feudatario. Si deve anche aggiungere, a proposito di quest'ultimo tema, che la città, nel permettere e nell'incoraggiare questa fuga dei contadini, lavora pure al fine di diminuire il più possibile la forza, economica e politica, del feudatario, suo avversario.
In generale può mettersi in rilievo che lo sviluppo della popolazione e dei commerci, superata una certa misura, si pone in deciso contrasto con il mondo feudale e la sua base economica.
In questo quadro è importante sottolineare la nascita di una nuova classe, o gruppo, della società: la borghesia, composta da mercanti, artigiani e da coloro che, a vari livelli, erano chiamati ad amministrare la nuova realtà cittadina.
L'importanza della città per i commerci è ampiamente dimostrata, oltre tutto, dall'affermazione, in Italia, di comunità cittadine impegnate nei commerci marittimi come Amalfi, Pisa, Venezia, Genova.
Nel complesso, occorre sottolineare il carattere significativamente innovativo del secolo XI. A questo proposito va anche messo in rilievo come, tradizionalmente, l'anno 1000 sia considerato punto di riferimento temporale per la divisione dell'epoca medioevale in due periodi: l'Alto Medioevo, più antico; il Basso Medioevo, a partire, appunto, dal secolo XI.
28-PREDOMINIO DELL'ELEMENTO RELIGIOSO NELLA MENTALITA' DEL MEDIO EVO. RECONQUISTA IN SPAGNA.
Per una comprensione migliore della storia medioevale occorre considerare la grande importanza che ha avuto in questo periodo l'elemento della religiosità.
Per l'uomo del Medio Evo tutta la vita terrena non è altro che preparazione all'Al di là, dove la vera vita si svolge contemplando Dio. Il sommo bene da raggiungere è, così, la vita presso Dio dopo la morte terrena. Nella vita terrena, pertanto, ogni potere è basato sulla volontà divina ed è finalizzato a far raggiungere all'intera comunità cristiana questo sommo bene.
Questa concezione della vita, propria del Medio Evo, porta a varie conseguenze.
Da un lato, per esempio, si trova l'elemento della svalutazione, ed anzi del completo disprezzo delle cose terrene.
Da un altro lato, data la forte caratterizzazione religiosa del pensiero medioevale, le più varie esigenze sociali trovano immediata espressione in forme e per finalità riguardanti la sfera della religione.
In questo senso si può vedere come la rinascita economica e sociale dell'Occidente nel secolo XI abbia trovato la sua espressione nella Reconquista, in Spagna, e nelle Crociate, in Asia, contro i musulmani, in un quadro unitario di espansione occidentale in cui valori e interessi economico-sociali si inseriscono al seguito di un'idea guida religiosa: la sconfitta degli "infedeli", ossia dei musulmani, in Spagna come in Palestina, e la liberazione, dal loro dominio, della Terra Santa palestinese, dove si svolse la vita di Cristo.
Nella penisola Iberica, occupata dagli Arabi nel secolo VIII, si erano creati, nel nord della regione, nuclei di resistenza cristiana. Si può ricordare, per ordine cronologico tra i primi,il Regno di Leon e, successivamente, il Regno di Navarra e il Regno di Castiglia.
A partire dalle regioni della penisola Iberica rimaste cristiane si sviluppò sempre più un movimento di riconquista delle terre occupate dagli Arabi (appunto, la Reconquista). Un movimento che, come accennato, si inserì, nel secolo XI, nella generale rinascita occidentale.
Un'offensiva, guidata dal re Alfonso VI di Castiglia, ebbe, all'inizio, buoni risultati ma fu fermata, nel 1086, dal sultano del Marocco Yusuf ibn Tashufin, della dinastia degli Almoravidi, che, dopo aver sconfitto il re di Castiglia, unì al suo dominio la Spagna musulmana.
Nello sviluppo della Reconquista, nel secolo XI, va ricordata pure la figura del nobile spagnolo Rodrigo Diaz de Vivar, detto Cid (signore) e Campeador (combattente), il quale sconfisse varie volte gli Arabi, tra l'altro prendendo, nel 1094, la città di Valenza (che tornerà, però, in mano ai musulmani dopo la morte del Campeador, avvenuta nel 1099). Le gesta di Rodrigo Diaz furono tali da divenire materia, già nel secolo XII, di un poema epico spagnolo (il Cantare del Cid, scritto in antico castigliano) che, nel tracciare la figura dell'eroe in lotta per la Cristianità contro gli infedeli, si apparenta alla Canzone di Orlando.
29-CROCIATE.
Si sono già tracciati i motivi fondamentali che hanno spinto l'Occidente alle Crociate. Così si è considerata la crescita economica e demografica di un'Europa che, dopo i secoli di crisi dell'Alto Medioevo, tende ad espandersi con forza nuova, riprendendo le proprie terre e toccandone altre, in un'affermazione culturale e religiosa.
Comunque lo sviluppo delle Crociate, tra il secolo XI e il secolo XIII, mostra chiaramente quanto fosse grande e variato l'insieme delle esigenze e delle aspettative occidentali (dall'ampliarsi dei commerci all'espansione del sistema feudale europeo in nuovi contesti geografici), rivelando anche il profondo disaccordo tra Europa ed Impero di Bisanzio.
Va aggiunta la considerazione che, nel mondo islamico, nel secolo XI, il predominio sempre più stava passando dall'elemento etnico Arabo a quello Turco, affine al Mongolo. Anche il controllo della Palestina passò dagli Arabi ai Turchi guidati dalla dinastia dei Selgiuchidi.
Il comportamento molto duro tenuto dai Turchi nei confronti dei pellegrini cristiani in Palestina fu una delle cause immediate dello scoppio delle Crociate.
Nel 1095 papa Urbano II raccomandò di fronteggiare l'avanzata musulmana invece di insistere in guerre tra cristiani. Questa esortazione del papa venne accolta con generale favore. Così si ebbe una prima risposta popolare: si avviò verso la Terra Santa la cosiddetta "crociata dei pezzenti", caratterizzata da masse esaltate di poveri, prive di ogni organizzazione militare, che, ancora in Europa (in Germania come in Ungheria, per esempio), si abbandonarono a saccheggi e violenze contro la popolazione civile e contro gli Ebrei ( considerati uccisori di Cristo e spesso oggetto di persecuzioni). La reazione a questi saccheggi portò nelle zone europee attraversate alla sconfitta e all'uccisione di molti di questi primi crociati. Altri, una volta giunti in Asia, furono sopraffatti dai Turchi.
Subito dopo, fra il 1096 ed il 1099, si sviluppò la crociata dei signori feudali, condotta, tra gli altri, da Goffredo di Buglione, da Tancredi e da Boemondo d'Altavilla. Questa spedizione si concluse con la presa di Gerusalemme e la concentrazione di vari territori e città nelle mani dei crociati, che se li spartirono secondo i principi dell'ordinamento feudale.
La fragilità di questo tipo di organizzazione, a maggior ragione in una zona nemica, e la difficoltà dei rifornimenti furono fra le cause della progressiva perdita di territori subita dai crociati.
Dopo che le forze cristiane ebbero persa la città di. Edessa, si organizzò una seconda crociata, svoltasi tra il 1147 ed il 1149, che, peraltro, non dette agli eserciti occidentali risultati positivi.
Nel 1187, il sultano Salah ad-din, italianizzato in Saladino, riprese Gerusalemme.
Nel tentativo, non riuscito, di recuperare Gerusalemme, si combatté la terza crociata, tra il 1189 ed il 1192.
Una quarta spedizione, tra il 1202 ed il 1204, non raggiunse la Terra Santa; infatti, anche a causa della pesante influenza di Venezia (che aveva aiutato notevolmente le forze cristiane e che intendeva espandere la propria azione commerciale a est pure a spese dell'Impero di Bisanzio) i crociati si inserirono in una controversia dinastica bizantina e finirono con il conquistare e saccheggiare Costantinopoli, dando vita all'Impero Latino d'Oriente (durato sino al 1261).
Un'altra spedizione in Terra Santa, la quinta crociata, fra il 1217 ed il 1221, si concluse con la sconfitta militare dei cristiani.
Fu l'imperatore Federico II a riprendere Gerusalemme, in seguito ad un accordo diplomatico del 1228 con il sultano d'Egitto.
Peraltro, la città tornò definitivamente in mani musulmane nel 1244.
Altre due spedizioni, prima della fine del XIII secolo, non diedero ai crociati alcun risultato positivo.
30-EVOLUZIONE DELL'IMPERO. IMPERO E PAPATO.
Si è già fatto cenno alla figura di Ottone I. Si può ora ricordare come questi, divenuto re di Germania e, successivamente, anche re d'Italia, fosse infine incoronato imperatore, nel 962.
Con Ottone I nel Sacro Romano Impero (che, a differenza dell'Impero di Carlo Magno, non comprendeva la Francia) si sviluppò molto il potere e l'importanza dell'elemento germanico. A partire dai territori germanici Ottone I dovette affrontare il problema della costruzione di un'organizzazione che limitasse i poteri dei suoi vassalli nonché il problema dei rapporti militari con i popoli dell'est. A quest'ultimo proposito va tenuta presente la linea di espansione tedesca verso l'oriente europeo.
I successi militari di Ottone I a est (importante la sconfitta degli Ungari, nel 955) gli facilitarono il cammino per diventare imperatore e restaurare l'autorità del Sacro Romano Impero.
Il rafforzamento del potere del sovrano corrispondeva necessariamente all'indebolimento dei poteri dei feudatari.
Va ricordato come la scelta stessa dell'imperatore venisse affidata ai feudatari. Il principio dinastico (ossia la
trasmissione da padre a figlio del potere imperiale) si è avuto, sul piano dei fatti, quando, nel 967, Ottone I associò a sé, nel governo dell'Impero, il figlio Ottone II, che poi, alla morte del padre, nel 973, gli successe.
Allo scopo di limitare i poteri dei vassalli Ottone I ricorse in misura crescente al sistema di dare l'investitura dei feudi ai vescovi, ossia al sistema di nominare come propri feudatari vescovi. Vescovi, dunque, che, dovendo essere celibi (non sposati) e, quindi, privi di eredi, meno dei feudatari laici avrebbero potuto costituire una minaccia per l'unità dell'Impero e per il potere dell'imperatore.
L'inserimento di questi ecclesiastici nell'organizzazione
imperiale (vescovi-conti) fa parte ed è una componente importante del pensiero e della psicologia dell'epoca. Così si può trovare, guardando la mentalità del periodo, il filo di un discorso che, da un lato, vede il carattere sacrale pure nel potere imperiale e, da un altro lato, finisce con il consentire al sovrano anche la possibilità di dare lui stesso ai propri feudatari, con la nomina, il potere spirituale-religioso dei vescovi.
Con riguardo alla politica religiosa di Ottone I e dell'Impero è da sottolineare come il sovrano si sia spinto sino a stabilire il principio della necessità del consenso imperiale per la validità dell'elezione del papa.
Va detto che questo principio nasceva anche dal bisogno di difendere la Chiesa da una grave situazione di crisi che l'aveva colpita durante il secolo X, quando l'autorità papale era gravemente limitata dalla prevalenza delle famiglie nobili romane. Comunque è vero che Ottone I diede il via ad una politica tesa ad un forte controllo sulla Chiesa da parte dell'imperatore.
L'attenzione verso Roma e l'Italia nel Sacro Romano Impero rinnovato da Ottone I sarà, anche per i successori di questo imperatore, un elemento di notevole importanza per riaffermare, pure con il ricordo dell'antico Impero Romano e con l'utilizzazione di concetti e norme del diritto romano, l'universalità e la necessità del potere degli imperatori germanici.
31-ERESIE E ESIGENZE DI RIFORMA NELLA CHIESA.
Con la rinascita economica e spirituale avvenuta dopo l'anno 1000, e nel quadro della grande importanza dell'elemento della religiosità nel Medio Evo, sorse e si sviluppò sempre più in Occidente una generale domanda di rinnovamento e di purificazione della Chiesa.
Si ebbero, dunque, le più varie esigenze, a seconda delle diverse sensibilità religiose. Si possono, comunque, evidenziare temi generali e importanti come quelli dell'autonomia della Chiesa rispetto al potere imperiale, del suo ritorno ad una necessaria purezza.
Da quest'ultimo punto di vista si possono registrare le frequenti accuse ai sacerdoti e alla Chiesa di simonia (compravendita di cose spirituali, quali cariche ecclesiastiche) e di nicolaismo (matrimonio di ecclesiastici).
Tra le varie posizioni religiose se ne trovano alcune che più sono lontane e per loro natura estranee alla Chiesa ufficiale.
Come esempio di queste ultime posizioni entro il mondo religioso del Medio Evo si può ricordare l'eresia dei Catari (dal greco katharos, vale a dire puro), diffusi, tra XI e XIII secolo, in vari gruppi, in Francia (nella città di Albi, da cui il nome, dato agli eretici, di Albigesi) ma anche in Italia.
Portando alle estreme conseguenze quel disprezzo per il mondo materiale che era nella mentalità religiosa dell'uomo del Medio Evo, i Catari arrivarono a condannare la stessa procreazione e a porre tra gli ideali più alti quello del suicidio collettivo.
All'interno di questa filosofia di disprezzo per la vita terrena si pongono chiaramente la ricerca e l'esaltazione della povertà come pure la durissima polemica contro la Chiesa ed il Papato. Alla ricchezza, al potere, alla corruzione della Chiesa i Catari contrappongono l'intensità della loro fede, che si esprime anche nella loro povertà e nel loro disprezzo per i beni terreni.
Contro i Catari fu organizzata addirittura una crociata, ad opera di papa Innocenzo III. Questa crociata si concluse, nel secolo XIII, con il massacro degli eretici.
All'interno della Chiesa le esigenze di rinnovamento religioso e di lotta contro la corruzione del clero furono portate avanti, fin dal secolo X, dal movimento cluniacense, che prese il nome dal monastero di Cluny (fondato nel 910), dove si sviluppò.
I monaci dí Cluny, per mettere meglio in atto la loro azione riformatrice contro la corruzione e la simonia nel clero, si svincolarono dall'autorità del vescovo e si posero direttamente sotto quella del papa.
32-RIFORMA DELLA CHIESA. RAPPORTI TRA PAPATO E IMPERO.
Si è visto il predominio ed il controllo politico instaurato da Ottone I sulla Chiesa e sulla stessa elezione del papa.
Si sono anche considerati la grave crisi di decadenza morale della Chiesa nonché i vari tentativi di rinnovamento spirituale, diversi a seconda della diversità di sensibilità religiosa. Fra questi tentativi si è pure ricordato quello portato avanti dai monaci cluniacensi.
Va ora sottolineato che il movimento cluniacense, con la sua opera di critica della corruzione della Chiesa e di recupero della spiritualità cristiana, ha rappresentato uno dei motori della religiosità occidentale, quale si è espressa, ad esempio, nella Riconquista in Spagna e nelle Crociate.
Gli storici hanno rilevato, tuttavia, come questo movimento, indubbiamente importante per la critica alla degenerazione morale della Chiesa, non abbia saputo mettere a fuoco subito uno dei motivi più significativi della situazione di crisi:
l'intromissione ed il controllo del potere imperiale nell'organizzazione ecclesiastica, a cominciare dal suo capo, il pontefice. Va certamente anche considerato come l'imperatore, appunto nel suo ruolo di controllo, si sia pure fatto carico di contrastare simonia e decadenza, favorendo, inizialmente, l'opera di riforma. Però ciò non può sicuramente far dimenticare la mancanza di autonomia, la sostanziale subordinazione della Chiesa di fronte all'Impero.
E' pure significativo che, nello sviluppo delle vicende storiche, un monaco cluniacense, Ildebrando di Soana, una volta divenuto papa, nel 1073, con il nome di Gregorio VII, si sia posto in duro contrasto con l'imperatore.
Così, con una serie di prescrizioni del 1075 (Dictatus papae), Gregorio VII affermò la supremazia del pontefice nella Chiesa e sull'imperatore.
Si sviluppò, in questo contesto, la cosiddetta lotta per le investiture, ossia per la possibilità per l'imperatore di conferire cariche ecclesiastiche come quella di vescovo.
Gregorio VII arrivò a colpire l'imperatore Enrico IV con la scomunica (una gravissima forma di pena che esclude il colpevole dai sacramenti e dalla società dei fedeli). Cosa, questa, che costrinse Enrico IV a recarsi a Canossa, in Emilia, dove era Gregorio VII, per chiedere al papa un perdono che ottenne soltanto dopo un'umiliante penitenza, nel 1077.
Questa forma di controversia tra Papato e Impero riprese, però, subito dopo, ancora con Enrico IV e Gregorio VII. Tale controversia trovò una sua sistemazione solamente nel 1122, con il concordato di Worms, tra l'imperatore Enrico V e il papa Callisto II. In base all'accordo raggiunto l'imperatore rinunciava a conferire poteri spirituali. Inoltre, l'investitura feudale da parte dell'imperatore in Italia avveniva dopo la consacrazione religiosa. In Germania, invece, l'investitura dell'imperatore precedeva la consacrazione religiosa.
33-IMPERO E CHIESA COME POTERI UNIVERSALI.
I due poteri fondamentali del Medio Evo, Papato e Impero, avevano sempre considerato come loro carattere essenziale quello dell'universalità.
Così la Chiesa (fin nel nome "cattolica", ossia, appunto, come visto, "universale"), a partire dalla sua stessa ragion d'essere, dalla sua missione religiosa tende a espandere la sua azione verso tutti gli uomini, o, in altre parole, verso l'universalità degli uomini. Nel Medio Evo, e, più in dettaglio, in certe teorie diffuse nel Medio Evo, data anche la prevalenza riconosciuta all'elemento spirituale e religioso, l'azione per la salvezza delle anime esercitata dalla Chiesa si ricollegava strettamente ad una completa supremazia politica della Chiesa stessa (con una forma di governo detta Teocrazia, ossia, in greco, potere di Dio, oppure Ierocrazia, cioè, in greco, potere dei sacerdoti). Si veniva in questo modo a stabilire una linea di continuità tra mondo spirituale e mondo dei fatti terreni (in un pensiero che vedeva quest'ultimo mondo inferiore e subordinato rispetto al primo).
Come detto, anche l'Impero veniva considerato universale. Già l'esperienza storica dell'antico Impero di Roma, con la sua vasta estensione territoriale governata unitariamente, aveva fortemente impressionato l'uomo del Medio Evo. Alla considerazione della grandezza e dell'importanza dell'antico dominio romano si era, inoltre, aggiunto un altro significativo elemento, importante dal punto di vista religioso: la necessità e la provvidenzialità dell'Impero di Roma e della sua universalità per la piena accoglienza del messaggio universale cristiano. Può anche essere ricordato un altro fattore, come è quello della riconducibilità del potere all'opera e alla volontà di Dio.
Ancora da un altro punto di vista può accennarsi al significato che può avere l'idea di Impero come principio logico e filosofico di ordine e di organizzazione unitaria: passaggio da un insieme disordinata di elementi ad un'organizzazione equilibrata.
34-CRISI DELL'IMPERO COME POTERE UNIVERSALE E SVILUPPO DI ALTRE FORME DI ORGANIZZAZIONE POLITICA (STATI NAZIONALI, COMUNI).
Si è già considerata la concezione medioevale dell'Impero come potere universale.
Osservando le vicende storiche è possibile vedere lo sviluppo di molte difficoltà e contraddizioni. Così, ad esempio, la lotta per le investiture ha contribuito a mostrare la mancanza di una chiara definizione dei rapporti tra Papato e Impero. Un'assenza di esatta definizione che si può trovare fin con le origini del Sacro Romano Impero, a partire, dunque, da Carlo Magno, e che, certamente, è stata una contraddizione importante ed un forte motivo di crisi.
L'analisi storica ha evidenziato nell'organizzazione feudale, e nelle sue cause economiche, un grande motivo di disgregazione dell'Impero. Questo motivo di disgregazione si è fatto sentire pure in quel rinnovamento del Sacro Romano Impero che, operato da Ottone I, ha dovuto anche fare a meno dell'importante territorio della Francia.
La rinascita economica e sociale successiva all'anno 1000 ha incoraggiato la formazione e l'affermazione di nuove organizzazioni politiche che, direttamente o indirettamente, sempre più hanno incrinato l'universalismo imperiale.
Così, ormai al di fuori dei poteri dell'imperatore, si è avuta la comparsa di Stati nazionali.
Si è già incontrato il concetto di Nazione: un insieme di persone collegate tra loro da vari fattori, quali, ad esempio, la lingua, la cultura, la religione. Sono Stati nazionali quegli Stati che tendono a raccogliere entro i propri confini persone di una determinata Nazione. E' da osservare che, da questo punto di vista, si può far parte di una Nazione senza far parte dello Stato nazionale.
All'interno stesso dei domini imperiali (Italia settentrionale) si è affermato, in seguito alla rinascita dei commerci e delle attività economiche, il fenomeno del Comune, ossia della città che si dà organizzazione politica.
35-STATI NAZIONALI (FRANCIA, INGHILTERRA).
Tra XI e XIV secolo si trova l'autonomo sviluppo degli Stati nazionali di Francia e di Inghilterra.
In entrambi i Paesi si assiste, tra l'altro, ad un tentativo di affermazione del potere monarchico sopra i feudatari.
In Francia questo processo storico acquistò un particolare carattere di ricerca di indipendenza nazionale. Infatti varie parti del territorio erano in mano ai re inglesi, come feudatari dei sovrani di Francia. Si ricorda, per esempio, la Normandia (concessa ai Normanni in feudo nel 911, da cui partì Guglielmo il Conquistatore per divenire, nel 1066, re d'Inghilterra), riunita al regno di Francia, nel 1204, dal re Filippo II Augusto.
Nel medesimo quadro di affermazione dello Stato francese può anche essere ricordata l'espansione del potere monarchico centrale nella parte meridionale del Paese in seguito alla crociata contro gli eretici Albigesi.
Occorre mettere in rilievo che l'opera di riduzione dei poteri feudali a favore del monarca venne anche aiutata dal processo di sviluppo economico cominciato con la ripresa del secolo XI.
Da un altro punto di vista questa opera di riduzione trovò, inoltre, aiuto nel forte prestigio che la monarchia aveva saputo acquistarsi.
In Inghilterra l'analoga tendenza del monarca ad espandere i propri poteri in senso assoluto provocò la forte resistenza dei signori feudali.
Questa resistenza venne oggettivamente favorita dalle difficoltà militari incontrate in Francia dalla Monarchia inglese (retta dalla famiglia dei Plantageneti) in seguito all'opera di costruzione dello Stato nazionale condotta dalla Monarchia francese.
Va ricordato che, nel 1214, fu combattuta,' a Bouvines, una importante battaglia nella quale Filippo II Augusto di Francia sconfisse le forze messe in campo contro di lui dall'alleanza del re d'Inghilterra Giovanni Senza Terra con l'imperatore Ottone IV.
Nel Regno inglese si giunse, così, a riconoscere la necessità di un compromesso tra re e signori feudali.
Conseguenza di questo compromesso è stata la formulazione di una costituzione, la Magna Charta libertatum (Grande Carta delle libertà), elaborata nel 1215 e rivista nel 1225, ove è contenuta, appunto, la tutela di un certo numero di libertà. Vi si trova, ad esempio, il cosiddetto principio di habeas corpus, divieto di arresto ingiustificato per mandato del re e di condanna senza regolare processo. Vi si trova, inoltre, la previsione di un Consiglio comune del regno, costituito da membri della nobiltà (primo nucleo aristocratico del Parlamento inglese). Va ricordato come al nucleo aristocratico del Parlamento (che ebbe poi il nome di Camera dei Lords, o dei Pari) si affiancasse, nel 1265, un nucleo borghese. In questo modo il Parlamento inglese assumeva la sua struttura bicamerale (Camera dei Lords e Camera dei Comuni).
36-VICENDE DEI COMUNI.
Si è già considerato come, con la rinascita economico-sociale del secolo XI e con la ripresa dei commerci, si sia anche avuta una notevole ripresa delle città. Città destinate a diventare sempre più, con il passare del tempo, importanti centri di produzione e di scambio di beni e luoghi di grande sviluppo della vita sociale. Il percorso di crescente importanza dei centri abitati ha pure prodotto quella particolare forma di organizzazione politica che è stata il Comune.
Una forma di organizzazione politica, questa comunale, che si è sviluppata in varie tappe, parallelamente alla crescente complessità della vita sociale dei centri abitati.
Gli storici hanno potuto così evidenziare una prima situazione, precedente all'ordinamento comunale vero e proprio, caratterizzata dalla presenza, accanto al vescovo-conte e in posizione a lui subordinata, di un'assemblea composta da cittadini importanti, come nobili trasferitisi nella città e mercanti molto ricchi.
L'evoluzione economica e sociale spinse nel senso di un superamento di questa situazione a favore dell'acquisto di sempre maggiore potere da parte dei cittadini più nobili e ricchi, accordatisi fra loro con un patto comune.
La via per il superamento del potere dei vescovi-conti passò anche per il movimento di contestazione religiosa e di riforma della Chiesa. Si può ricordare, fra l'altro, come i monaci cluniacensi si fossero svincolati dall'autorità dei vescovi, per sottoporsi direttamente a quella del pontefice romano.
In questo primo periodo storico del Comune, dominato dall'elemento aristocratico, il potere apparteneva ai consoli (il cui numero variava da città a città), comunque con una carica temporanea. Questo potere era limitato dall'arengo, l'assemblea dei cittadini.
Magistrato più importante della repubblica di Venezia era, invece, il doge. La carica di doge era prevista anche nell'ordinamento giuridico di Genova.
L'ordinamento comunale fu sempre caratterizzato da una notevole dose di instabilità politica.
Anche il progresso economico e la crescita delle città (che si accompagnò a tale progresso) furono all'origine di vari contrasti e di trasformazioni politiche. Infatti la crescita delle attività economiche e la maggiore influenza acquistata dalla ricca borghesia (cosiddetto popolo grasso) diedero alimento ai contrasti, nel quadro del superamento della fase originaria, aristocratica, della vita del Comune.
In questa situazione anche la tradizionale magistratura consolare entrò in crisi.
Per cercare di risolvere le molte questioni le città comunali affidarono il potere ad un magistrato unico proveniente dall'esterno, e, quindi, estraneo alle lotte interne del Comune: il podestà (che, come i consoli, rimaneva in carica per un tempo limitato).
L’evoluzione dell’economia delle città e l’evoluzione della classe borghese hanno anche portato alla successiva formazione, all’interno della vita politica cittadina della figura del capitano del popolo. Il processo di formazione di questa figura, tendenzialmente sostitutiva di quella del podestà, si inserisce bene nel percorso di accrescimento del peso politico ed economico della borghesia, nel quadro di un’avanzante affermazione del cosiddetto Comune popolare.
Lo sviluppo economico del Comune si appoggiò su un sistema di corporazioni. Ogni corporazione, o arte, era l'organizzazione di una professione e comprendeva tutti coloro che la esercitavano. Con questo sistema di corporazioni si aveva, dunque, un controllo complessivo dei vari rami dell'attività produttiva.
37-VICENDE DELL'IMPERO.
Di fronte allo sviluppo delle autonomie locali e degli Stati nazionali l'Autorità imperiale, rifondata da Ottone I sulla base dell'elemento germanico, trova, all'interno dei territori governati, in Germania ed in Italia, limiti e contrasti.
Così se, per esempio, la Francia segue il percorso di un'unificazione nazionale che, guidata dalla Monarchia di Parigi, sempre più riduce i poteri dei signori feudali, nell'Impero si vede, al posto della formazione di un unitario Stato nazionale tedesco, l'affermazione di vari principi feudali, dai quali dipende la stessa elezione del sovrano.
In una situazione come questa l'Imperatore, allo scopo di rafforzare la sua posizione, deve sottolineare il carattere universale, ed anche sacro, del suo potere. In questo modo, però, viene necessariamente a scontrarsi con le ambizioni teocratiche del Papato.
E' da rilevare come nei conflitti tra feudatari per la successione al trono imperiale siano pure confluiti i contrasti sullo sviluppo da dare ai rapporti tra Impero e Papato. Si ricorda che si contesero il potere imperiale la famiglia dei duchi di Svevia, Hohenstaufen, e quella dei duchi di Baviera, Welfen. Dal nome della casa di Baviera i suoi seguaci vennero detti Guelfi; dal nome di un castello dei duchi di Svevia (Waiblingen) i seguaci di questi ultimi furono chiamati Ghibellini. Durante la lotta per le investiture gli Hohenstaufen avevano appoggiato l'Imperatore, i Welfen il Papa. Conseguentemente il nome Ghibellini passò a indicare i seguaci dell'Imperatore mentre con il nome di Guelfi vennero indicati i seguaci del Papa.
Nel quadro dei problemi ha, anche, un posto importante il crescente sviluppo, specie in Italia, dei Comuni e delle loro richieste di autonomia.
Va ancora sottolineato l'intreccio della lotta dei due Poteri universali (Papato e Impero) tra loro con la lotta combattuta contro le esigenze di autonomia dei Comuni.
E' significativa di questo intreccio la vicenda delle varie discese in Italia dell'imperatore Federico I Barbarossa di Hohenstaufen.
Federico I, dunque, incoronato imperatore in San Pietro in Vaticano nel 1155, già in un'assemblea di nobili e città (dieta), svoltasi a Roncaglia nel 1154, aveva condannato l'usurpazione dei poteri imperiali da parte dei Comuni.
In questa politica di lotta contro le autonomie e in accordo con il papa, Federico I si schierò anche contro la volontà autonomistica dei Romani, che, sull'esempio dell'Italia settentrionale, stavano organizzando il Comune. Così fu arrestato e impiccato Arnaldo da Brescia, un riformatore religioso che condannava la ricchezza e il potere della Chiesa.
Riaffermati con forza i diritti imperiali in una seconda assemblea svoltasi a Roncaglia, Federico I attaccò e sconfisse le città di Crema (nel 1160) e Milano (nel 1162), che si erano ribellate.
Le città dell'Italia settentrionale ostili al Barbarossa, tuttavia, non rinunciarono a combattere. Si formarono due sistemi di alleanze (Lega cremonese e Lega veronese) che si unificarono, nel 1167, nella Lega lombarda (secondo la tradizione dopo un giuramento a Pontida).
Questi comuni dell'Italia settentrionale ebbero anche l'aiuto di papa Alessandro III.
Nel 1176 le truppe della Lega lombarda batterono il Barbarossa nella battaglia di Legnano.
Nello stesso 1176 il papa Alessandro III concluse una pace separata con l'imperatore.
Con la pace stipulata a Costanza nel 1183 tra le città lombarde e Federico I i Comuni videro sostanzialmente riconosciute le loro esigenze, sia pure sotto la supremazia formale dell'Imperatore.
In seguito al matrimonio di Enrico, figlio di Federico Barbarossa, con Costanza d'Altavilla anche l'Italia meridionale entrò nella sfera imperiale.
38-FEDERICO II. VICENDE E CRISI DEL SACRO ROMANO IMPERO. VESPRI SICILIANI.
La crisi del Sacro Romano Impero e dell'idea universale che lo sosteneva si evidenzia, per molti aspetti, nella politica e nelle vicende storiche di Federico II di Hohenstaufen (1194-1250). Federico II, figlio di Enrico VI e di Costanza d'Altavilla, unì alla corona dell'Italia meridionale quella del Sacro Romano Impero.
Fu uomo di grande cultura e grande intelligenza, famoso per la sua curiosità intellettuale.
Federico, divenuto imperatore grazie all'aiuto di papa Innocenzo III, che lo appoggiò contro Ottone IV, portò avanti una politica di affermazione della sua supremazia che finì con il farlo scontrare duramente con il Papato (fu anche scomunicato).
Nella lotta tra Poteri universali si intrecciò, come ai tempi del Barbarossa, la lotta dei Comuni contro l'Impero (si rinnovò così la Lega lombarda che, sconfitta a Cortenuova, nel 1237, batté, poi, l'imperatore a Parma, nel 1248, e a Fossalta, nel 1249).
Molti storici hanno sottolineato nella politica di Federico II una evidente volontà di costruzione di uno Stato assoluto, accentrato nelle sue mani, nell'Italia meridionale. Di uno Stato, dunque, in cui tutte le componenti della vita sociale stessero su un piede di parità, tutte ugualmente sottoposte al potere del sovrano, e dal sovrano stesso coordinate e controllate. Di uno Stato, ancora, che si ponesse al centro dei domini di Federico, come nucleo essenziale. Va pure ricordato, in proposito, la differenza di ordinamento giuridico dell'Italia meridionale rispetto ai territori germanici.
E' stato anche osservato come in questo contesto si inserisca bene la politica culturale di Federico II. Una politica culturale che si è, tra l'altro, espressa con l'appoggio dato alla cosiddetta scuola poetica siciliana, entro la quale diversi poeti (Iacopo da Lentini, Pier delle Vigne, lo stesso Federico) diedero dignità d'arte al volgare italiano cantando temi d'amore già diffusi nella letteratura provenzale (nella Francia meridionale).
Con la morte di Federico II e la sconfitta dei suoi familiari si ebbero varie conseguenze politiche.
Nell'Italia meridionale si insediò, con l'appoggio del Papato, il dominio di Carlo d'Angiò, della dinastia francese degli Angioini. Gli storici mettono in rilievo la forte ripresa del potere dei baroni feudali che si ebbe con questa dinastia, e, quindi, il peggioramento, da questo punto di vista, della situazione politica rispetto all'epoca di Federico II. Questo peggioramento della situazione politica, la forte tassazione furono elementi di crisi che, uniti al trasferimento della capitale del Regno da Palermo a Napoli, spinsero la Sicilia ad una ribellione (i Vespri siciliani) nel 1282. La ribellione fu aiutata da re Pietro III di Aragona, marito di una nipote di Federico II. La guerra tra Angioini e Aragonesi che ne seguì, conclusa con la pace di Caltabellotta, del 1302, segnò l'affermazione del dominio degli Aragonesi sopra la Sicilia.
Nel Sacro Romano Impero con la fine del potere degli Hohenstaufen si trova un lungo periodo, chiamato significativamente "di interregno", nel quale mancò una riconosciuta autorità imperiale. Dopo questo periodo, che si fa concludere con l'elezione come imperatore di Rodolfo d'Asburgo, nel 1273, sempre più, comunque, si affermò la tendenza ad una riduzione del significato della carica imperiale. Questa tendenza trovò un'importante espressione nella cosiddetta Bolla d'Oro, un provvedimento emanato dall'imperatore Carlo IV di Lussemburgo, nel 1356, per regolare l'elezione imperiale. Infatti la norma di Carlo IV non solamente staccava l'elezione dell'imperatore da ogni influenza papale ma la affidava alla scelta di sette principi territoriali tedeschi (i Principi Elettori). In questo modo da un lato si limitava sostanzialmente il ruolo dell'Impero ai soli territori germanici e da un altro lato si riconosceva e si stabiliva la divisione politica della Germania in vari principati.
39-CRISI DEL PAPATO. VICENDE DELLA FRANCIA. GUERRA DEI CENTO ANNI.
Gli storici hanno osservato come lo scontro tra Papato e Impero sia stato tra le cause della crisi di entrambi questi poteri. La loro lotta finì con l'essere uno spreco di energie e di capacità organizzative.
Comunque, lo sviluppo dell'economia e della vita sociale a partire dal secolo XI fondamentalmente aveva condannato l'universalismo caratterizzante fino allora l'idea di Papato e l'idea di Impero. In altre parole, il concetto stesso di Potere universale era superato; sempre più entrava in contraddizione con le nuove forze economiche della produzione e le ostacolava. Come si è già accennato, queste nuove forze stavano, piuttosto, trovando una loro espressione politica più adeguata da una parte nel Comune, da un'altra parte nello Stato nazionale.
A questo punto è significativo rilevare il conflitto, vittorioso, che ebbe il Regno di Francia (in via di consolidamento) con il Papato e le sue aspirazioni teocratiche e universalistiche. Aspirazioni, queste, quali, proprio in quel periodo (fine secolo XIII-inizi secolo XIV), venivano riaffermate con forza da papa Bonifacio VIII. Nel quadro dell'affermazione del potere spirituale e politico della Chiesa romana papa Bonifacio organizzò, per l'anno 1300, un grande Giubileo, con il perdono dei peccati per coloro che si recavano in pellegrinaggio a Roma. La grande affluenza dei pellegrini nelle basiliche romane testimoniò, ancora una volta, la grande importanza del sentimento religioso per l'uomo del Medio Evo e, nello stesso tempo, incoraggiò il papa nella sua politica di supremazia su tutti i poteri.
Bonifacio VIII entrò in contrasto con il re di Francia, Filippo IV il Bello, dapprima sulla questione della tassazione, da parte dello Stato, del clero; successivamente a proposito del diritto del re di giudicare un vescovo accusato di complottare contro il potere pubblico. Fu proprio dopo quest'ultima vicenda che Bonifacio VIII, in un documento del 1302, la bolla Unam Sanctam, ribadì il predominio papale su tutti i poteri terreni. E' da dire che Filippo IV mandò due suoi emissari con un gruppo di armati ad arrestare il papa, che stava nella sua residenza di Anagni, nel Lazio. Bonifacio, liberato dal popolo della città laziale, tornò a Roma, dove, dopo poco, morì, nel 1303. Dopo il breve pontificato di Benedetto XI, nel 1305 fu eletto papa Clemente V, di origine francese, che, nel 1309, trasferì la sede papale da Roma ad Avignone, in Francia. Cominciò così un periodo di crisi del Papato, significativamente chiamato Cattività Avignonese (dal latino captivitas, cioè prigionia) con un nome che fa intendere la subordinazione del Papato alla Monarchia francese.
Può sottolinearsi, ancora una volta, da un lato la decadenza dei Poteri universali medioevali, da un altro lato il rafforzamento degli Stati nazionali, come la Francia.
La costruzione dello Stato francese e il suo rafforzamento incontrarono, nei secoli XIV e XV, varie difficoltà e passarono per varie tappe. Vennero in gioco fattori riguardanti la famiglia reale francese, intrecciati, poi, a fattori sociali ed economici.
Con la morte senza eredi, nel 1328, del re Carlo IV, la
successione al trono di Francia venne contesa tra Filippo di Valois, figlio del fratello di Filippo IV il Bello, e il re Edoardo III d'Inghilterra, figlio di Edoardo I d'Inghilterra e di Isabella, figlia di Filippo il Bello.
Riconosciuto come re in Francia Filippo di Valois, il re d'Inghilterra Edoardo III, nel 1337, cominciò contro il Regno francese una guerra, che fu detta dei Cento anni.
La prima fase di questa guerra si concluse nel 1360, con la pace di Bretigny. Gli Inglesi, che, tra l'altro, avevano vinto a Crecy, nel 1346, e, nel 1356, a Poitiers (quando catturarono lo stesso re di Francia Giovanni il Buono, figlio di Filippo di Valois), ottennero il controllo di una significativa parte del territorio francese.
Peraltro, tra il 1364 e il 1380, il re di Francia Carlo V il
Saggio, figlio di Giovanni il Buono, riprese, con azioni militari, buona parte del territorio occupato.
Il re d'Inghilterra Enrico V, alleato, in Francia, con il duca di Borgogna, sconfisse il successore di Carlo V, Carlo VI. il Folle, ad Azincourt, nel 1415. Con il trattato di Troyes, del 1420, Carlo VI riconobbe come suo successore sul trono francese il re d'Inghilterra, a scapito dei diritti del figlio Carlo VII.
Tuttavia, alla morte del padre, nel 1422, Carlo VII si ribellò. Ebbe l'aiuto di una giovane di origini contadine, Giovanna d'Arco, che, convintasi, per aver sentito nella sua coscienza voci divine, della propria missione provvidenziale di salvare la Francia e il suo re, alla testa di truppe, vestita da uomo, riuscì a liberare Orleans dall'assedio inglese e a strappare al controllo dell'Inghilterra parte del territorio francese (fra l'altro Reims, dove venne incoronato re Carlo VII). Catturata, venne uccisa, dopo un processo per stregoneria, nel 1431.
La figura di Giovanna d'Arco rappresenta bene il significato di lotta per il riscatto e l'unità nazionale che finì con l'assumere per la Francia e per il suo popolo la Guerra dei Cento anni.
Anche dopo il 1431 i Francesi continuarono le loro vittorie fino al punto che, al termine degli scontri, nel 1453, rimaneva in mano all'Inghilterra solo Calais.
40-COMUNI. EVOLUZIONE VERSO LA SIGNORIA.
Trattando i Comuni si è già evidenziata la fondamentale instabilità della loro vita politica. All'interno di questo discorso si è, così, già registrato il passaggio dall'originaria configurazione aristocratica alla crescente importanza del cosiddetto popolo grasso (ricca borghesia) nonché il passaggio dal governo consolare a quello del podestà.
Va ancora messo in rilievo il ruolo importante avuto dalla
crescita economica e produttiva cittadina anche per causare le differenze e i contrasti fra i vari gruppi di persone.
La differenziazione della borghesia ricca e produttiva rispetto alla nobiltà (magnati) portò a vari fenomeni. Si può così ricordare, tra questi, l'apparizione di una magistratura come il capitano del popolo, frutto, appunto, della organizzazione politica della classe borghese. Si può, inoltre, citare il crescente peso politico delle corporazioni, o arti (come visto, strutture organizzative delle diverse attività economiche cittadine).
Ancora con riguardo alle corporazioni, appare da rammentare la loro differente importanza (per cui si parla di Arti maggiori, più importanti, e Arti minori, meno importanti).
Nel sistema economico corporativo appare la grande divisione sociale tra ricchi proprietari di botteghe e semplici salariati. Questi ultimi erano più numerosi dei primi e, naturalmente, avevano condizioni economico-sociali peggiori; costituivano il cosiddetto popolo minuto. Con lo sviluppo produttivo si ebbero anche rivolte del popolo minuto, come l'insurrezione dei ciompi nel 1378, a Firenze (con il nome di ciompi venivano indicati, appunto, i lavoratori salariati, specialmente della lana).
Va anche osservato che la crescita della produzione e dei commerci non solamente ha avuto conseguenze all'interno della vita comunale ma anche all'esterno di essa. Infatti le necessità e i problemi che si sono sviluppati hanno costituito la spinta per la formazione di Stati regionali, nei quali le città meno ricche e significative fatalmente cadevano sotto l'influenza dei centri maggiori.
La forte conflittualità della vita sociale sempre con maggior forza spingeva l'evoluzione della politica verso un accentramento dei poteri nelle mani di un Signore (Signoria).
41-CRISI DEL XIV SECOLO.
Si è visto come, a partire dal secolo XI, si sia sviluppato, in Europa, un ciclo storico caratterizzato dall'aumento della popolazione e dal progresso economico.
All'inizio del XIV secolo questo ciclo va ad esaurirsi. Le innovazioni realizzate nella tecnica agraria e la messa a coltura di nuovi terreni, che avevano cominciato a sostenere e a incoraggiare l'aumento demografico dall'anno 1000, nel secolo XIV non bastano più a sostenere l'incremento della popolazione. In altre parole, gli uomini diventano troppo numerosi rispetto alle risorse dei territori. Non si hanno più scoperte tecniche e scientifiche che aumentino la produttività della terra.
Addirittura, non si riesce a ricostituire la fertilità di certi terreni, già messi a coltura, che, perciò, vengono abbandonati.
La sproporzione tra bisogni alimentari della popolazione e possibilità produttive dell'agricoltura sta all'origine di una notevole diminuzione demografica. Avvengono carestie (anche collegate a calamità naturali).
Le popolazioni, già indebolite dalla carestia e dalla povertà, divengono più facilmente vittima delle epidemie. Una terribile epidemia di peste bubbonica devastò l'Europa tra il 1347 e il 1351, con un numero di morti complessivo calcolato in circa 30 milioni.
Nel quadro degli elementi di crisi del XIV secolo va ancora ricordata la Guerra dei Cento anni.
Sono inoltre da ricordare le numerose rivolte popolari (come l'insurrezione dei ciompi, a Firenze, e le rivolte, in Francia ed in Inghilterra, durante la Guerra dei Cento anni).
Fonte: https://istitutoviadellecarine.gov.it/wp-content/uploads/2015/09/APPUNTI-DI-STORIA-1-Frontini.rtf
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Autore del testo: Frontini
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