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Le figure retoriche.
Le figure retoriche di suono (Le figure foniche)
Queste figure si realizzano tramite la ripetizione o la variazione di suoni, che creano effetti di musicalità e consentono di potenziare il significato della poesia attraverso il significante.
Piove sui pìni
Scagliosi e ìrti.
Anche all’interno dello stesso verso: solo e pensoso i più diserti campi.
Possono rimare: decoro/stuolo; bèllo/sénno; timido/lirico; vétta/sécca.
Poi fu la volta dei ristoranti di lùsso
Due o tre stelle, lo stésso
Possono rimare, in rima imperfetta, anche parole come: temùto/lasciàto, stìlla/stélla; scordàre/amore.
E caddi come corpo morto cadde (C)
Fresche le mie parole nella sera
Ti sien come il fruscio che fan le foglie
Del gelso nella man di chi le coglie
Silenzioso. (F)
Esta selva selvaggia e aspra e forte (S-R)
NB: Nella lingua parlata produce un suono sgradevole, cacofonico: occorre evitarla. Es: Fra fratelli. Bisogna cambiare una parola, meglio Tra fratelli.
Veniva una voce dai campi:
chiù
Può essere anche costituita da parole dotate di un significato proprio che imitano nel suono un rumore: sussurro, tintinnio, calpestìo, gracchiare, ragliare, gorgoglio, mormorìo, dondolìo, ululato, rombo etc..
Ma sedendo e mirando
Non aver né arte né parte!
Ch’i fui per ritornar più volte vòlto (Dante)
Cred’io ch’ei credette ch’io credesse (Dante- Inferno)
Le figure retoriche di significato
Queste figure costruiscono un trasferimento di significato da un’espressione ad un’altra accrescendo la carica poetica e suggestiva delle parole.
A differenza del paragone, la similitudine non prevede che i due elementi possano essere intercambiabili, cioè che il confronto valga anche in senso inverso.
Similitudine: Carlo è furbo come una volpe.
Paragone: Carlo è bello come Giorgio.
Sotto l’ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.
Anche nel discorso comune usiamo spesso similitudini di taglio breve e conciso: Duro come una pietra.
Nella Metafora non viene esplicitato il tratto significativo che accomuna i due termini.
Achille era veloce come un fulmine. Achille era un fulmine. (manca il concetto di velocità)
Tenni ambo le chiavi
Del cor di Federigo (Dante, Inferno)
Si devono aprire le stelle
Nel cielo sì tenero e vivo.
E’ la figura principale usata per la funzione poetica della lingua e storicamente ha impegnato l’attenzione di poeti e scrittori, ai quali la retorica insegnava i pregi dell’audacior ornatus. Quanto più lontana era la distanza tra i campi semantici a cui si attinge per lanciare una metafora, tanto più questa è efficace e riuscita in poesia. Nel linguaggio comune si sono ormai cristallizzate metafore di cui si è persa la consapevolezza (Es: quell’orso di mio zio/ Quella vipera della segretaria). Al contrario, la riuscita della metafora, oggi molto usata nella pubblicità e nella propaganda, dipende sempre più dalla novità dell’invenzione, dalla scoperta imprevedibile di un rapporto tra due termini di significato completamente diverso. Tipiche sono le metafore verbali che attribuiscono tratti non pertinenti a un nome attraverso l’antropormorfizzazione di oggetti inanimati: Es, il piatto piange/ l’ora incalza/ la luna sorride.
Le tacite stelle (Vista e udito)
Lampi d’afa (Montale)
Caldi silenzi.
Ruvidi sguardi
Prezzi salati.
a) l’effetto per la causa:
Ho guadagnato sempre col mio sudore (la causa, cioè il lavoro, fa sudare: il sudore è l’effetto);
b) La Causa per effetto:
L’estate ardeva nella campagna (la causa, cioè l’estate e non il caldo che sarebbe l’effetto, ardeva nella campagna);
c) l’astratto per il concreto o viceversa:
la gioventù è cambiata (non i giovani); nella vita bisogna avere cuore ( invece che dire amore)
d) Il contenente per il contenuto:
Abbiamo bevuto tre bottiglie ( il contenuto delle bottiglie)/ E il suo nido è nell’ombra che attende (Pascoli)(Nido per dire passerotto)
e) L’autore per l’opera:
Hai mai ascoltato Chopin?/ Dovresti leggere Gogol (i suoi libri) etc
f) Lo strumento per chi l’adopera:
con questo articolo sei diventato proprio un’ottima penna. (cioè scrittore)
g) la materia per l’oggetto:
Chi di ferro ferisce, di ferro perisce (ferro di cui è fatta una spada)/ I legni inglesi solcavano gli oceani (legni per dire navi)
h) Una qualità fisica per indicare una dote o una virtù:
E’ un gran cervello/ Comanda con mano ferma
Milano è generosa/ La tragedia di Seveso.
l) Un luogo per i suoi prodotti tipici:
Un Murano antico (un oggetto in vetro di Murano)
m) La marca per il prodotto:
guidava una Ferrari.
n) Il simbolo per la persona o la cosa:
Applaudire i bianconeri/ votare lo scudo crociato.
campione del pedale (per dire di un ciclista)/ il mare è solcato da mille vele.
scarpe di camoscio ( e non in pelle di camoscio)
il felino raggiunse la preda/ il mammifero che ha il dono della parola.
d)la specie per il genere:
i mortali spesso non sanno quel che dicono (per dire gli uomini)
e) Il singolare per il plurale: il prepotente mal sopporta l’educazione.
f) Un numero determinato per l’indeterminato: durerà per mille anni. Non si intendono certo mille anni esatti, ma un lasso di tempo molto lungo.
Guardiamo questi passaggi:
Similitudine: Accarezzo i tuoi capelli neri come la notte.
Metafora: Accarezzo la notte dei tuoi capelli.
Analogia: Accarezzo la tua notte.
Nell’analogia i rapporti tra le cose sono lasciati anche all’immaginazione del lettore.
Vediamo questo verso di D’Annunzio:
Equinozio
d’autunno, già sento il tuo miele.
Si tratta di una somiglianza condensata, probabilmente in autunno i giorni sono caldi come il miele.
Oppure i versi di Ungaretti:
Col mare
Mi son fatto
Una bara
Di freschezza
Sono messe in contatto le idee di mare e bara, ambedue possono avvolgere il corpo e in qualche modo proteggerlo. Teniamo conto poi del fatto che il poeta quando scrive questi versi è in guerra e quindi la presenza della morte è sempre vicina.
Pace non trovo, e non ho da far guerra;
E temo e spero, ed ardo e sono un ghiaccio;
E volo sopra il cielo, e giaccio in terra;
E nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.
Un aforisma tratto dal Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa: Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.
Dante: Non fronda verde, ma di color fosco/ non rami schietti, ma nodosi e ‘nvolti (Inferno)
Manzoni: Due volte nella polvere, due volte sull’altar.
Dante nel Paradiso: Vergine madre.
Altri esempi: Una lucida follia./ Un silenzio eloquente./La dotta ignoranza./ Una scontrosa grazia. (U. Saba)
Cecco Angiolieri: S’i fosse foco, arderei ‘l mondo.
Petrarca:
Quando avrò queto il core, asciutti gli occhi,
vedrem ghiacciare il sole, arder la neve.
Dante: La gloria di colui che tutto move (cioè Dio)
U. Saba: Rosseggia parco ai bicchieri l’amico dell’uomo (cioè il vino)
Dante: Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole (Cioè in Paradiso)
E’ un adone/ E’ un ercole/E’ un illustre mecenate (protettore delle arti dal nome proprio di Mecenate sotto Augusto). In questo caso non si usa la lettera maiuscola.
Oppure: Il Poeta (per indicare Dante); L’Eroe dei due mondi (per Garibaldi)
S. Corazzini: verrà la pace con le mani giunte,
ma non la udrai , tu piccola, venire.
U. Saba: Firenze/ taceva assorta nelle sue rovine
Dante: Per me si va nella città dolente/… (dove me indica la porta dell’Inferno, attraverso me)
Ci fermammo nella fiorita pace del prato (fiorita è un aggettivo riferibile a prato e non a pace)
Cala con pigre ruote (giravolte) il falco (l’aggettivo pigro è da riferire al falco e non alle giravolte) Carducci
Odi lontano, da giardini ed orti/ di foglie un cader fragile. (la parola fragile si riferisce alle foglie e non al cadere) Pascoli
Enallage: figura grammaticale che consiste nell’usare una parte del discorso diversa da quella che si dovrebbe normalmente usare: Ogni corpo è morte (invece che mortale)/ I contemplatori del bello (invece che della bellezza)/ Parla chiaro (invece che chiaramente)
O natura cortese,
son questi i tuoi doni,
questi i diletti sono
che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
è diletto fra noi.
Leopardi definisce cortese la natura per i suoi doni, mentre dal contesto della poesia si percepisce che la natura non è generosa per l’uomo, anzi lo fa vivere tra mille sofferenze.
Che ogni sera l’anima le possa amare
D’amor più forte. (D’Annunzio)
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor?
Cesare taccio che per ogni piaggia
Fece l’erbe sanguigne
Di lor vene. (Petrarca).
C’era anche un pappagallo sul suo trespolo
E parlava e parlava… ma dal mio omnibus
Il tempo di ascoltarlo mi mancava (Montale)
Non era l’andar suo cosa mortale (Petrarca)
Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone. (Manzoni).
L’ultima sera (per non pronunciare la parola morte)
Figure retoriche di posizione: Le figure retoriche di posizione riguardano la disposizione delle parole o la loro ripetizione nel testo poetico.
Muovesi il vecchierel canuto e bianco (Petrarca)
Va l’aspro odor dei vini l’anime a rallegrar (Carducci)
Il gemito s’ode del folle (A. Palazzeschi)
S’udiva il grido delle strigi alterno( G. Gozzano)
Il lume
Vaga degli occhi in me (S. Penna)
Non è questo ‘l terren ch’i toccai pria?
Non è questo il mio nido
Ove nutrito fui sì dolcemente?
Non è questa la patria in ch’io mi fido? (Petrarca)
Come il sasso aspro del vulcano,
come il logoro sasso del torrente,
come la notte sola e nuda (G. Ungaretti)
Di piazza Grande
Nel ciel più grande (U. Saba)
Tra un lungo dei fanciulli urlo s’innalza
S’innalza e ruba il filo della mano (Pascoli)
Mi prese il sonno; sonno che sovente (Dante, Purgatorio)
Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto
Tutto sarà come al tempo lontano (g. D’Annunzio)
Mi cantano, Dormi! Sussurrano,
Dormi!, bisbigliano, Dormi! (G. Pascoli)
Aveva cent’anni la vecchia
Viveva nell’orto, viveva di frutti. (A. Palazzeschi)
Noi eravamo ancora al tronco attesi
Quando noi fummo d’un romor sorpresi (Dante)
Colle brune o con le bianche chiome
Seguirò l’ombra di quel dolce lauro (Pascoli)
Il tuo sguardo mi sorride,
mi parlano i tuoi occhi
Ch’io vedo il meglio ed al peggio m’appiglio (M.M. Boiardo)
Il vento soffia e nevica la frasca
E tu non torni ancora al tuo paese (G. Pascoli)
Nel giorno la porta non s’apre,
non s’ode segnale di vita nel giorno (A. Palazzeschi)
Siena mi fè, disfecemi Maremma (Dante, Purgatorio)
Le donne, i cavalier
L’arme, gli amori (Ariosto)
Tutti per uno, uno per tutti
Ovidio è il terzo, e l’ultimo Lucano (Dante)
Odi greggi belar, muggir armenti (Leopardi)
Ed è bello et iocundo et robustoso et forte (F. d’Assisi)
E trapani e paletti e lime sorde
E succhi d’ogni fatta e grimaldelli
E scale o vuoi di legno o vuoi di corde (L. Pulci)
La mente indaga accorda disunisce (E. Montale).
tu duca, tu signore, tu maestro (Dante)
urta, apre, caccia, taglia, fende (Ariosto)
Anticlimax:
la vecchia
casa scossa a una raffica e a te cara
per il male sofferto, le speranze
deluse, qualche bene in lei goduto (U. Saba)
Moriamo e cadiamo tra le armi (Virgilio)
Tu non avresti in tanto tratto e messo
Nel foco il dito (Dante)
Fonte: http://www.istitutosuperioresorgono.gov.it/attachments/article/80/Le%20figure%20retoriche.doc
Sito web da visitare: http://www.istitutosuperioresorgono.gov.it
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