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1. Le strutture culturali
Quest'approccio è però riduzionistico; ci sono tanti sistemi di significato dietro e dentro gli ideali di bellezza e di moda. L'idea stessa di ideali di bellezza e di moda è sintomo di patriarcato (forma di organizzazione sociale in cui i maschi tengono soggette le femmine – Cina piede), e gli ideali di bellezza non solo sono sessisti, ma anche razzisti.
La cultura ci dice cosa fare e come agire. Ma ci viene trasmessa in modo tanto impalpabile sin dall'inizio della nostra esistenza che non ce ne accorgiamo nemmeno. Non possiamo “vedere” la cultura come qualcosa che ci sta di fronte. In generale, facciamo esperienza della cultura come se fosse la nostra stessa volontà, il nostro gusto personale
I simboli sono organizzati in tre categorie:
In ogni caso, raramente il significato delle cose deriva da proprietà inerenti alle cose stesse. I simboli traggono il loro significato dalla società nella quale si trovano, così come dai rapporti con altri simboli. Il significato dei simboli è quindi relativo e relazionale, non oggettivo.
Gli atteggiamenti riguardano l'espressione dei valori e delle credenze delle persone. Sono affermazioni verbali, ma non sono azioni. Infatti, il fatto che le persone affermino di avere una certa posizione, o opinione, non significa necessariamente che agirebbero in accordo con essa. L'incoerenza nel comportamento può essere il riflesso di una divisone culturale interiore. I valori di una persona tendono a essere pubblici, mentre i suoi schemi simbolici latenti o privati.
Nella fase classica della disciplina, e fino a metà del secolo scorso, i sociologi tendevano a concettualizzare la dimensione culturale della società non tanto in termini di simboli e codici sociali, quanto in termini di norme e di valori.
Aderire alle norme ci permette di procedere nella nostra attività quotidiana senza dover ripensare daccapo a ogni mossa. In realtà, noi viviamo la nostra vita talmente condizionati da norme e codici sociali che non ci rendiamo nemmeno conto di seguirli.
Individualismo (self-made man) e realizzazione
Atteggiamento morale e umanitarismo
Ottimismo, fede nel progresso, scienza
Razzismo
Robert Bellah nel suo Habits of the Heart scoprì che c'era stato un altro spostamento drastico dai valori americani di fondo individuali da Williams. I valori materialisti stavano sostituendo quelli moralizzanti, e individualismo ed egoismo sembravano aver sostituito l'attenzione umanitaria e disinteressata per la società nel suo insieme. Bellah temeva che un tale allontanamento dall'impegno morale e verso la collettività potessero nuocere fortemente alla società.
Nella postmodernità, la cultura è concepita come un qualcosa che penetra in ogni parte della nostra vita quotidiana, fornendo codici simbolici, norme, valori per ogni azioni.
Tuttavia, la cultura non è sempre stata concepita in questo modo. Durante i secoli XVIII e XIX, essa era considerata in senso ben più ristretto. La cultura veniva identificata con le convinzioni e le prassi delle élite sociali ed era così equiparata al concetto di “civiltà”. Questa idea della cultura era elitista ed etnocentrica. Dietro di essa c'era la convinzione che solamente i modi e gli usi dell'elite sociale europea-occidentali fossero educati, etici ed istruiti.
Il filosofo tedesco Herder (1744-1803) fu tra i primi a criticare l'idea che la cultura europea fosse superiore alla produzione artistica ed intellettuale di altre civiltà: “Il pensiero stesso di una superiorità della cultura europea è un grave insulto alla maestà della natura”. Rifiutando l'identificazione esclusiva di cultura e civiltà, Herder parlava di “culture” più che di una sola cultura superiore, e intraprese lo studio delle culture popolari.
La classe socioeconomica è uno dei modi più importanti in cui oggi, nelle società occidentali, sono classificate l'esperienza e la percezione sociale. Le enormi disparità di status economico inducono alle più ampie differenze di modi di vita, codici sociali e schemi classificatori. Da quando le società sono stratificate si sono sempre avute differenze molto nette nelle forme espressive prodotte e consumate dalle elite rispetto a quelle delle classi meno privilegiate. Solo le elite hanno avuto tempo libero per dedicarsi a certi tipi di attività culturali, oltre che il denaro necessario per acquisire l'istruzione e la preparazione che i tipi di arti più complesse ed impegnative richiedono.
Tra i più importanti studi sulla relazione tra cultura e classe troviamo quello di Pierre Bourdieu. Nel suo libro La distinzione, Bourdieu afferma che le persone di status sociale inferiore propendono per un'arte di tipo figurativo e realistico, mentre le persone di status elevato avrebbero una fruizione estetica di tipi più astratto.
Oggi, per la maggior parte i sociologi rifiutano l'idea che la cultura d'élite sia una forma di cultura migliore, o più alta, della cultura popolare e folk. Per esempio, nel suo libro Highbrow, Lowbrow, Lawrence Levinedimostra come sia stupido e dannoso un tale snobismo culturale. Lungo tutto lo scorso secolo, praticamente ogni nuova forma di espressione artistica (l'opera italiana, la musica jazz, la musica rock, il cinema) veniva dichiarata, all'inizio, come prima di qualità artistica. Fu proprio allo scopo di proteggere e preservare i privilegi e la cultura delle elite dominanti che sul finire del XIX secolo apparvero i termini highbrow (fronte alta, intellettuale) e lowbrow (fronte bassa, popolana). A quell'epoca, una pseudoscienza chiamata frenologia sosteneva la bizzarra idea che la dimensione e il formato del cranio di un individuo ne rivelassero l'intelligenza e la levatura morale, rifacendosi a dottrine darwiniana.
I pensatori moderni rifiutano un approccio così razzista e gerarchizzante: ogni gruppo e ogni agire ha una dimensione culturale. Tutte le forme artistiche, infatti, richiedono grande capacità e mestiere, anche se alcune richiedono una minore preparazione formale.
Il concetto di generi culturali ha ormai preso il posto di nozioni come alta cultura e bassa cultura. Ogni genere musicale, di scultura, di cultura rappresenta una forma di espressione culturale peculiare e creativa; ognuno di essi punta a creare simboli che coinvolgano, divertano, sensibilizzino. Ogni gruppo sviluppa almeno qualche simbolo caratteristico.
Gary Alan Fine chiama tali simboli idioculturali, per sottolineare che essi sono distintivi, o idiosincratici: una cultura è fatta di esempi peculiari di comportamento o comunicazione che racchiudono un significato simboli e hanno un senso per i membri di un gruppo.
Pregiudizi sociali.
Uno stereotipo può essere definito come un significante che riduce il suo significato a pochi elementi essenziali, fissati in Natura attraverso caratteristiche minime semplificate.
Se questa terminologia venisse decontestualizzata e isolata, risulterebbe immediatamente chiaro il suo carattere arbitrario a priori, costruito e determinato dalla volontà di chi la sostiene.
Per subcultura intendiamo una cultura all'interno di una culto. In certi casi, le subculture sovvertono i valori dominanti (satanisti); in altri, li estendono in modo radicale (survivalisti).
Nel caso in cui una subcultura sia impermeabile a contatti ed influenze, isolando completamente i suoi membri dagli estranei, i sociologi considerano il gruppo un culto. In virtù di questo isolamento, i culti possono risultare pericolosi per i loro membri e, in certe occasioni, anche per la società in senso lato.
Questo approccio antielitario è particolarmente idoneo allo studio della nostra società postmoderna. Nella postmodernità sappiamo ciò che sappiamo non tanto per nostra esperienza personale e diretta, quanto grazie ai media e ai loro guru.
Per Stuart Hall, “la cultura si insinua in ogni angola, creando una proliferazione di ambienti secondari e facendo di ogni cosa comunicazione. E' uno degli elementi chiave del modo in cui l'ambiente domestico viene sintonizzato, tramite il consumo, con le tendenze e le mode di tutto il modo”. Dunque, la globalizzazione incentiva l'interconnessione di tutto il modo. Essa comprende sia gli spostamenti internazionale di persona, sia le comunicazioni di massa globali. Eppure, nonostante sappiamo molto di più su genti e luoghi lontani da noi, cosa sappiamo su di loro è fortemente condizionato dalla comunicazione. Di conseguenza, realtà e finzione non appaiono tanto nettamente distinte quanto lo erano nelle società temporalmente precedenti. La recente proliferazione di reality show ha ulteriormente confuso finzione e realtà.
La “svolta culturale” intrapresa dai sociologi di recenti consiste in una maggiore valutazione degli aspetti simboli della vita sociale a paragone di quelli meramente istituzionali.
I simboli possono non essere condivisi da ogni singolo membro di un gruppo sociale. LE cul ture possono non essere, e normalmente non sono, degli interi coesi, In realtà, spesso sono divisi e conflittuali. Spesso frammentata e gerarchica, la cultura è affetta dallo stesso tipo di divisioni che riguardano gli aspetti delle società ritenute non culturali.
Nelle cosiddette “guerre culturali”, si portano avanti estenuanti e reiterate polemiche sociale e politiche su argomenti razziali, religiosi e morali.
Fonte: http://sociologia.altervista.org/appunti/1.rtf
Sito web da visitare: http://sociologia.altervista.org/
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