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Sociologia: disciplina che cerca di rendere visibile l’intrico di rapporti sociali.
La sfera del sociale è quella in cui ricopriamo un ruolo legittimo che gli altri ci riconoscono.
I luoghi comuni (caratteristiche della mentalità collettiva) sono alla base delle egemonie discorsive.
Un’ egemonia discorsiva stabilisce il quadro normale di una situazione, ovvero il quadro a cui ogni definizione individuale della situazione deve convergere.
Dare una definizione della situazione divergente da quella dell’egemonia discorsiva significa sfidare l’egemonia stessa, e questo richiede dei costi.
L’egemonia è una categoria pre -politica, in quanto si regge su concetti spoliticizzati (bene, vero, giusto, normale,..).
Per essere efficace, ogni tipo di potere nella società deve essere sostenuto da un’egemonia.
Quando questa si svuota (cessa di essere attuale), il gruppo che riesce a rappresentare la nuova attualità diventa portatore di un’egemonia alternativa.
Conflitti che risultano da contrapposte definizioni della situazione:
Le questioni di sfondo sono “domande che non si hanno da fare”, sono domande che “sfondano” il quadro istituzionale, con le quali si comincia a svuotare un’egemonia.
Le scienze umane sono le discipline che cercano di comprendere le ragioni per cui le egemonie si svuotano o si affermano.
“Comprendere” significa in questo caso “saper interpretare un evento come risposta a una domanda”. Mettere a nudo la domanda a cui rispondiamo agendo in un determinato modo richiede il coraggio di sfidare i punti di vista egemonici.
Opporsi a un’egemonia presuppone la capacità di interpretarla, e ogni interpretazione comincia ponendo le questioni di sfondo.
La coscienza critica è la consapevolezza delle possibili questioni di sfondo da porre.
II: LA FORMAZIONE DELLA SOCIETA’ INDUSTRIALE
La sociologia analizza le questioni di sfondo emerse negli ultimi 200 anni e riguardanti i processi sviluppatisi con la nascita della società industriale.
Esistono 8 processi macrostrutturali che hanno caratterizzato lo sviluppo di tutte le società industriali.
Lo Stato Nazionale moderno deve assolvere 4 funzioni:
La formazione dello Stato Nazionale si fonda su 5 punti:
Differenziazione funzionale:
Gli 8 processi macrostrutturali costitutivi della modernità industriale sono tutti un’estremizzazione della differenziazione funzionale.
Si tratta di un processo attraverso il quale la società si è articolata in settori sempre più specializzati e autonomi.
Questo processo ha portato alla creazione di una fitta rete di subsistemi autonomi ma interdipendenti, e si distingue per l’assenza di un meccanismo centrale di coordinazione.
La differenziazione funzionale implica:
Essa comporta due conseguenze fondamentali:
III: RISPOSTE ALLO SVILUPPO
I cambiamenti causati dalla rivoluzione industriale hanno frammentato le tradizioni, le quali hanno perso la propria funzione legittimante. L’emancipazione della società dalle tradizioni avviene grazie alle scienze umane, che operano attraverso la presa di coscienza critica delle crisi generate dalla modernità industriale. Il mutamento razionale è la capacità di una società di cambiare in seguito alle critiche che rivolge a se stessa nello spazio pubblico. Il canone sociologico, ovvero l’insieme dei testi classici che elaborano le questioni di sfondo della società industriale, si forma in risposta alle crisi provocate dall’industrializzazione. Il discorso canonico serve a imporre certe questioni di sfondo che si strutturano attorno ai discorsi classici. I classici hanno una funzione irriducibile nelle scienze umane: essi formano il nucleo testuale di una disciplina.
Le scienze sociali hanno elaborato tre grandi critiche in risposta alle quali la società si è radicalmente trasformata:
L’ERA DEI CATECHISMI E DEI MANIFESTI:
A partire dal 1848, si sviluppa un nuovo filone di testi, che portano nel titolo la parola catechismo o manifesto, nei quali la sfera sociale non è ancora riconosciuta come autonoma, ma nel quale si innestano le radici della sociologia.
Si tratta di un periodo in cui si sentiva la necessità di rifondare la società su basi razionali e sull’autorità della scienza, non della religione.
Lo scopo comune di queste opere era di rendere manifesta la verità alle masse, che sono il motore della storia.
Gli autori sono accomunati dalla fiducia nella possibilità di trovare una formula che renda gli uomini padroni della loro storia.
Il monopolio del potere nelle mani di pochi o la violenza rivoluzionaria vengono visti come condizioni transitorie necessarie per raggiungere questo obiettivo.
Utilitarismo: J. Bentham, “Essay on the promulgation of laws”
Le leggi devono essere chiare, comprensibili da tutti.
Il fine del governo è la felicità del maggior numero di individui possibile.
Democrazia come unica forma di governo possibile.
Suscita ovvie critiche di ordine morale.
Positivismo: A. Comte, “Catéchisme positive”
Bisogna comprendere l’ordine universale che domina l’esistenza umana per determinare la nostra relazione generale ad esso.
L’umanità passa da uno stato teologico (religione), a uno metafisico (filosofia) per giungere a quello positivo (l’uomo scopre le leggi universali del cosmo e, di conseguenza, ogni altra cosa).
L’umanità si sostituisce a Dio, la conoscenza razionale fa progredire la società.
Comunismo: K. Marx, “Manifesto dei comunisti”
Analizza la contraddizione tra forze di produzione e rapporti di produzione nella società industriale (che porterà all’ autodistruzione del capitalismo), e ne ricava i concetti di alienazione, sfruttamento, lavoro salariato, proletariato, coscienza di classe. Viene proposta una teoria della storia in termini di lotta di classe.
Formula 3 tesi sull’evoluzione della società moderna:
Tutte e tre le tesi sono state storicamente smentite:
L’eredità dell’era dei catechismi e dei manifesti è una questione di sfondo: la conoscenza razionale è una forza capace di controllare lo sviluppo della società capitalista, o anch’essa è un prodotto delle forze che dominano la società capitalista stessa?
IV: L’INVENZIONE DEL SOCIALE
A partire dal 1886, si afferma la tendenza alla differenziazione funzionale. Ci si chiede quindi cos’è che unisce gli attori sociali in questo contesto. La sociologia nasce in questo periodo proprio perché gli autori cominciano a rispondere a questa domanda in modo empirico (tematizzano il sociale come una sfera autonoma), creando concetti applicabili alla società.
Toennies: “Comunità e società”
Il XX secolo è dominato dal desiderio di tornare a una società più autentica di quella in cui viviamo, dalla nostalgia della comunità.
Toennies intende per comunità un’associazione reale, organica, confidenziale
e per società un’associazione ideale e meccanica, pubblica e impersonale.
La società moderna viene definita come indebolimento dei legami che ci uniscono agli altri e dissoluzione della comprensione comune del mondo.
Il sociale viene inteso come l’insieme dei costi del progresso, che deve essere studiato dalla sociologia in quanto capace di sottrarlo alla mera razionalità economica fondata sul mercato, l’efficienza, lo Stato.
In realtà, la divisione che egli fa non è che una costruzione retorica, poiché nella storia reale comunità e società si sono intrecciate da sempre.
Inoltre, questa immagine della comunità non può che essere costruita come ciò che manca della società, che dunque è preesistente.
La modernità non distrugge la comunità, semplicemente la trasforma in società.
La comunità intesa da Toennies non è altro che un archetipo politico molto sfruttato poiché è un concetto che detiene una grande forza di cambiamento.
La dicotomia comunità-società ha poi dato origine a una serie di dicotomie analoghe: lavoro organico – lavoro meccanico, movimento – istituzione, uomo – donna, città – campagna, persona – massa,…
Nell’era della globalizzazione, la nazione non rappresenta più una sintesi efficace di comunità e società.
Parsons: Egli reinterpreta la dicotomia comunità-società in termini strutturali, ovvero come i due
poli di un dilemma irriducibile, che viviamo continuamente e in ogni società.
Ogni attore deve saper distinguere tra ruoli in cui uso gli altri per realizzare uno scopo
ruoli in cui considero gli altri come parte del gruppo
La solidarietà sociale si basa sulle differenza nel trattare questi due gruppi.
Parsons definisce 4 variabili strutturali, e le divide in attitudinali (che indicano i tipi di orientamento soggettivo verso il mondo) e categoriali (che indicano i modi di classificare gli oggetti nel mondo):
Tutti i ruoli implicano verso l’altro un orientamento diffuso (se concerne più aspetti della sua vita) o specifico (se il mio interesse per lui si limita a una sua specifica funzione).
Nel processo di socializzazione è fondamentale il ruolo della doppia leadership, quella strumentale (che mira all’interiorizzazione del valori societari) e quella espressiva (incentrata sui valori comunitari).
Durkheim: Il primo dovere degli uomini è quello di costruire una nuova morale (solidarietà
meccanica) su basi diverse da quelle delle società tradizionali (solidarietà organica), dove la solidarietà era garantita dal fatto che tutti gli individui si assomigliassero. Questa nuova morale, se vuole arginare efficacemente il processo di differenziazione funzionale, deve ora essere astratta e deve basarsi sulla comprensione dei vincoli che
derivano all’individuo dalla sua partecipazione alla divisione del lavoro.
La differenziazione aumenta il benessere, ma ha anche dei costi sociali.
Durkheim introduce il concetto di anomia in due contesti:
i suoi organi sono in uno stato di anomia;
abbiamo un’anomia se un settore prevale sugli altri
- altruistico (per aiutare gli altri)
- anomico: tipico della società individualistica
siamo tutti spinti ad avere successo, ma se non c’è un limite alle nostre aspirazioni, siamo sempre infelici.
La funzione della coscienza collettiva in tutte le società è quella di compensare la differenziazione funzionale degli individui e dei gruppi.
La funzione della coscienza collettiva nella società moderna è più complessa, poiché la differenziazione funzionale è diventata egemonica. Per garantirla non basta più nemmeno la somiglianza meccanica, ma serve una nuova religione collettiva che concili la specializzazione con la solidarietà sociale. Nella società moderna questa funzione compensativa fallisce producendo anomie, differenziazioni distruttive, illimitate.
Merton: “Struttura sociale e anomia”
Esiste una costante tensione tra le mete (fini validi, obiettivi legittimi) e le norme (vie permesse per raggiungere le mete). Nella società moderna, le mete vengono sopravvalutate, sono esaltate come quello che ci definisce. L’anomia sta proprio nella ipervalutazione delle mete a discapito delle norme.
Si genera una nuova concezione di criminalità: la devianza viene prodotta dalla struttura sociale stessa, il criminale non è un disadattato, ma anzi, uno adattato troppo bene, che prende troppo sul serio i fini da perseguire.
Emergono 4 tipi di comportamento:
V: MAX WEBER
La maggior parte dei concetti della sociologia moderna provengono dalle sue questioni di sfondo.
Avalutatività:La società moderna è stretta tra due imperativi:il pluralismo (valore moderno)
e il combattere per realizzare i propri valori. Tuttavia, ogni valore vuole imporsi, essere universale. Il sociologo deve dunque avere un atteggiamento avalutativo, neutrale, verso i valori che, invece, tendono a trascinare. L’avalutatività è la precondizione per comprendere i valori, e comprendere i valori permette di costruire i tipi puri degli orientamenti (il perché gli uomini agiscono in un certo modo).
Non è mai possibile sottrarsi del tutto dal pensare per valori, ma un’etica razionale deve comunque fare uno sforzo di avalutazione, di distacco dai propri punti di vista.
L’atteggiamento avalutativo è il messaggio tipico delle scienze umane che ci insegna a sospendere l’impegno per imporre i nostri valori; questa sospensione è una precondizione dell’ordine sociale moderno.
Esiste un conflitto tra: Etica della convinzione (di chi vuole far valere le proprie
convinzioni di valore a prescindere dai costi).
Etica delle conseguenze (di chi considera i costi dell’attuazione un limite razionale ai propri valori).
Le scienze sociali hanno un’etica che promuove il senso di responsabilità di fronte alle conseguenze dell’imposizione di un valore.
Le avalutazioni prodotte dalle scienze umane contribuiscono al mutamento razionale delle nostre convinzioni, proprio perché ci rendono consapevoli delle loro conseguenze pratiche.
Razionalità: Tipo di azione sociale caratterizzata dal fatto che gli individui organizzano le proprie
azioni non per raggiungere scopi pratici, ma per essere coerenti con un sistema di significati unitario e complesso.
La razionalizzazione è il processo che sistematizza le idee in modo da rendere le azioni che ne derivano coerenti, stabili, comunicabili e insegnabili.
L’estrema razionalità del capitalismo per esempio, deriva del protestantesimo, che imponeva un’ascesi intramondana.
La razionalità può essere strumentale (dei mezzi) o sostanziale (dei fini).
Nelle vita, prima ci convertiamo ai valori, e poi subentra la razionalità per realizzarli.
Tuttavia, si può essere irrazionali nei fini e razionali nei mezzi o viceversa.
I valori sono tendenzialmente irrazionali, ma più libera è la comunicazione in uno spazio pubblico, più sarà probabile che i valori della società siano razionali.
Legittimità: Il mio potere è legittimo se, nel suo esercizio, vengo sostenuto.
Se perdo il consenso, il mio potere diventa solo legale.
Esistono 3 tipi di potere legittimo:
In realtà, ogni potere legittimo si forma attraverso un processo di sedimentazione, di istituzionalizzazione del carisma.
Il carisma è l’irradiazione di un’identità locale che diventa universale.
La fonte principale di legittimità di un’autorità nella società avanzata è l’attualità.
Burocrazia: Forma di razionalità destinata a dominare il mondo che nasce dall’imporsi della
legalità come imperativo: il potere deve essere esercitato come conseguenza di regole astratte, non come volontà personale.
Esiste un legame fatale tra burocrazia e responsabilità politica, in quanto la burocratizzazione implica la deresponsabilizzazione di massa.
L’autorità burocratica è irrazionale in quanto è incapace di adattarsi al cambiamento.
Secolarizzazione: Disincantamento del mondo (rifiuto delle favole che ci raccontiamo per dare un
senso alla nostra vita). In Occidente la verità fu inclusa tra i valori morali, per cui abbiamo il dovere morale di respingere queste favole (nichilismo). L’uomo moderno deve quindi superare la nostalgia delle favole.
Il mondo disincantato è relativo, non vi posso concludere veramente niente (la conclusione è un concetto religioso): non resta altro che l’ossessione della crescita per la crescita, il ché è piuttosto insensato.
Le 3 versioni principali di secolarizzazione sono:
Oggi assistiamo a una continua richiesta di reincanto, a cui risponde un enorme apparato di distrazione di massa .
VI: DOPO WEBER
Si apre la sociologia contemporanea.
La modernità, ovvero ciò che abbiamo costruito partendo da una critica, è caratterizzata da contraddizioni inevitabili e irrisolvibili.
Ci si chiede in quale forma istituzionale si trasformano le critiche razionali tipiche della modernità.
Concezione apologetica di modernità:
Si tratta di una concezione in cui ci rivolgiamo agli altri per avere conferme, piuttosto che risposte.
Gli studi di tipo apologetico assumono la modernità industriale come un ideale normativo, e studiano la velocità e le condizioni con cui i paesi diventano moderni.
Per essere moderne, tutte le società devono sviluppare la burocrazia (per eseguire operazioni organizzate su vasta scala), il mercato finanziario (che media l’uso strumentale di beni e servizi) e l’associazione democratica (caratterizzata dall’elettività della leadership, dalla partecipazione generale alle decisioni collettive, dal rispetto per le regole e dalle comunità pluralistiche, che sono associazioni volontarie non legate a religione, razza,…).
Un esempio di concezione apologetica di modernità è il concetto di società post-indstriale di Bell. Egli propone di considerare tale la società americana dal momento in cui si è sviluppato un settore terziario creativo e di una classe media istruita e razionale.
Concezione antiapologetica di modernità:
Si tratta di una concezione che nasce dalla contraddizione moderna tra la razionalità strumentale e quella razionale, da cui derivano tutte le altre contraddizioni della modernità.
La modernità riduce la ragione ad uno strumento utile per raggiungere i nostri fini, ma senza preoccuparsi della razionalità dei fini stessi.
Nella civiltà industriale, la razionalità sostanziale (distanza dai proprio scopi) viene sostituita dalla razionalità strumentale.
Esiste una tensione costante tra legittimità e legalità, tra valori e istituzioni.
Noi Occidentali abbiamo sempre legato la ragione al fatto di riconoscere i NO che ci dice la realtà e, per riuscirci, dobbiamo distaccarci dai nostri fini.
La distanza critica ci permette di pensare criticamente, e proprio le critiche sono alla base della modernizzazione della società.
Un modello di riferimento è la Dialettica dell’Illuminismo di Horkheimer, secondo il quale bisogna resistere alla logica del pensiero vittorioso (quando le idee critiche sono vittoriose, tendono a trasformarsi in istituzioni tiranniche).
Habermans:
Egli concepisce la sfera pubblica come uno spazio il cui fine è vincolare la razionalità alla trasparenza.
Chi parla in pubblico, rispetta le condizioni che rendono sensato il parlare, il ché avviene solo in presenza di trasparenza e apertura.
La tensione tra legittimità e legalità (ciò che è legittimo non è mai del tutto legale e viceversa) si risolve in una conflittualità illuminante che rende frizzante lo spazio pubblico.
La teoria critica della società industriale verte su tre tesi:
Il rischio ambientale e la seconda modernità, Beck:
Negli anni ’80 si afferma il concetto di rischio ambientale, e la società industriale viene percepita in generale come società del rischio. La nuova modernità (o “modernità riflessiva”) infatti, produce dei rischi ambientali, sociali e morali nuovi, che non possono essere risolti nel quadro istituzionale della prima modernità
La seconda modernità dissolve - i valori centrali della prima modernità (flessibilità)
- la protezione contro i pericoli causati dalla tecnologia (pericoli
ambientali)
- le garanzie contro la competizione illimitata (globalizzazione)
Vapore e ghiaccio, Offe:
La modernizzazione è il continuo aumento delle opzioni degli individui nelle sfere:
enorme di persone.
La modernità vede una crescita contemporanea del vapore e del ghiaccio.
In superficie, assistiamo a enormi aumenti visibili della possibilità di scelta (vapore), mentre in profondità ci sono enormi aumenti invisibili delle limitazioni (ghiaccio).
Quante più sono le opzioni disponibili ai cittadini, tanto meno esse sono a disposizione dei cittadini come opzioni.
Per uscire da questo paradosso Offe propone una utopia dell’opzione zero, che mira alla rinuncia di un’ulteriore crescita del vapore.
Tendenzialmente, si parla solo del vapore. Per rendere visibile anche il ghiaccio, bisogna investire sulla comunicazione.
VII: GLOBALIZZAZIONE
Il processo di globalizzazione è un intreccio delle conseguenze insostenibili di 4 grandi ondate di mutamenti provocati dalle rivoluzioni tecnologiche legate all’energia nucleare, ai mass media, ai viaggi cosmici e alla crisi ecologica (problemi legati ai limiti della crescita).
Il successo del termine globalizzazione deriva dal fatto che ci permette di sintetizzare efficacemente il caos seguito alla fine del bipolarismo.
La globalizzazione indica un’epoca in cui gli uomini sono diventati custodi della terra, in cui sono condannati a negoziare patti politici per garantirsi la sopravvivenza.
Le 10 parole che useremo per definire la globalizzazione ne colgono la contraddittorietà peculiare, per la quale essa si presenta sia come un recupero della modernità, sia come una serie di problemi irrisolvibili nella modernità canonica.
Ambiente tecnologico:
Ambiente drasticamente sbilanciato a favore dell’uomo inteso come colui che sceglie.
Aumenta il predominio dell’azione elettiva (scegliere senza conformarsi ad regole di Natura, morale,…) su quella prescrittiva. L’azione elettiva è ora regolata da criteri relativi e negoziati. Comporta una tensione tra l’autentico e l’artificiale.
Possibilità di scelta così ampie travolgono ogni criterio etico o razionale della prima modernità. La natura è ridotta a “rischi imprevedibili o a “materia prima”.
Le tecnologie permettono di trasgredire il limite “società-natura”.
L’ambiente tecnologico comporta due problemi: garantire delle valide giustificazioni per le scelte dovute alla crescente azione elettiva, e risolvere la tensione originale-copia, poiché la civiltà occidentale ha sempre identificato il senso della vita con ciò che è autentico.
La globalizzazione significa che le condizioni di vita sul pianeta dipendono in misura del tutto nuova dai vincoli negoziati secondo criteri razionali dai gruppi egemonici.
Azione collettiva:
I beni pubblici possono essere prodotti in modo efficiente solo attraverso azioni collettive.
Un gruppo ha il problema dell’azione collettiva quando per tutti sarebbe vantaggioso compierla, ma a nessun singolo conviene farlo.
Esistono gruppi piccoli (dove il singolo è incentivato a fornire il bene pubblico), medi (nessuno trae un vantaggio, ma non si può evitare) e grandi (il vantaggio per il singolo è inesistente e i costi troppo alti per rendere probabile l’azione collettiva).
Le società democratiche hanno inventato una serie di incentivi (premi, sanzioni,..) che si sono dimostrati efficaci nel garantire l’efficienza della produzione di beni pubblici.
La massa critica corrisponde al gruppo di individui più motivato ad assumersi i costi di un’azione collettiva, e che quindi la innesca.
In alcuni casi la tecnologia può privatizzare i beni pubblici escludendo i non paganti dal beneficio dell’azione collettiva.
Bene pubblico:
Nella seconda modernità la qualità della vita dei cittadini dipende anzitutto dalla disponibilità dei beni pubblici.
Esso e definito da tre caratteristiche fondamentali:
Ogni bene pubblico può essere in qualche modo privatizzato, grazie all’evoluzione tecnologica.
Oggi c’è una forte domanda di redistribuzione più equa dei mali pubblici.
Capitale sociale:
Il capitale sociale è l’insieme di relazioni sociali e di aspettative di cooperazione reciproca dei cittadini, che possono essere impiegate come risorse morali per conseguire vantaggi che derivano dal loro uso più coordinato di altre risorse.
È la rete dei rapporti sociali che mi permettono di ottenere un vantaggio, senza che questo vantaggio sia il motivo principale della relazione considerata.
In questo concetto si intrecciano tre dimensioni: relazionale, fiduciaria e morale.
Esso è fondamentale nel determinare il valore delle risorse in quanto la qualità della vita dipende oggi soprattutto dalla capacità dei cittadini di coordinare l’uso delle risorse individuali.
Complessità:
La complessità è una strategia ermeneutica che parte dall’assunto che, per risolvere i problemi della seconda modernità, non serve più la semplificazione (come avveniva nella prima modernità) ma, al contrario, serve la complessificazione (nell’ambiente tecnologico, bisogna riconoscere pluralità e polilogia).
Non si cercano più soluzioni certe e uniche, ma soluzioni basate sugli usi razionali dell’incertezza.
Si assiste a una rinuncia della centralizzazione, al controllo fondato su conoscenze certe e alle descrizioni monologiche.
Costo transazionale:
E’ il costo richiesto dalle relazioni interpersonali inerenti alla cooperazione.
Le condizioni di cooperazione tra gli attori sociali non possono essere instaurate gratuitamente.
Nel mondo reale, i costi transazionali non sono mai nulli, e quindi la razionalità delle scelte individuali dipende dal quadro istituzionale.
Questi costi sono l’essenza della vita sociale, e variano con l’evoluzione politica e tecnologica di una società (l’informatizzazione abbatte i costi transazionali).
I costi transazionali crescono con il crescere della distanza epistemologica (costi di mediazione necessari perché un problema sia reso evidente nello spazio pubblico).
Deregulation:
Competizione senza limiti.
Viviamo con la consapevolezza che migliaia di persone possono fare il nostro lavoro meglio e per meno soldi.
La domanda di flessibilizzazione contrasta però con i diritti dei cittadini e con la struttura stessa dell’esistenza.
Il mercato totale priva le tradizioni e gli spazi pubblici della capacità di imporre vincoli legittimi alle azioni umane, e spinge il sistema a realizzare tutto ciò che è tecnicamente fattibile.
Esternalità:
Conseguenza di un’azione privata ai danni di un pubblico che non ha scelta.
Vi è un’esternalità quando una persona subisce le conseguenze dell’azione di un’altra senza aver dato il proprio consenso a quella azione.
Si riconoscono il gruppi degli shareholders (i detentori del potere decisionale) e degli stakeholders (tutti coloro che pagano i costi collettivi).
L’economia globalizzata produce esternalità di ogni genere, che possono essere compensabili (negoziabili in prospettiva utilitaristica) o non negoziabili (poiché portano conseguenze irreversibili a un numero imprevedibile di individui). Tuttavia, il mercato globale non compensa mai le esternalità in modo sufficiente.
Le esternalità possono poi essere generali (riguardanti un universo ampio) o limitate (rilevanti per pochi). Le prime possono manifestarsi anche a anni di distanza, e richiedono un certo livello culturale per essere riconosciute.
Follia collettiva come conseguenza della razionalità individuale:
Più siamo razionali come individui, più siamo folli come società.
La razionalità collettiva, presuppone che il gruppo egemonico sia capace di imporre legittimamente dei vincoli alla razionalità individuale, per orientarla verso prestazioni utili alla società nel suo complesso. Inoltre, spesso la razionalità collettiva si basa su comportamenti etichettati come folli.
Esempio: terre comunali nella Scozia del ‘700: se tutti fanno razionalmente pascolare le loro pecore, alla lunga il terreno verrà distrutto. Come vincoli si può ricorrere alla divisione della terra, far intervenire un agente esterno, instaurare una collaborazione tra gli interessati,…
Nella “terra comune globale”, un caso di comportamento egoistico può dar luogo a un disastro collettivo.
In condizioni di sovrapopolazione, di risorse limitate e di possibilità di sfruttare gratuitamente i beni pubblici, l’umanità va necessariamente verso la catastrofe, se tutti mirano al loro profitto.
Iperborghesia:
Si tratta di un soggetto collettivo che ha come valore supremo la globalizzazione, che considera le leggi economiche degli stai nazionali puri vincoli da sciogliere.
Essa è aculturale, in quanto disprezza come retrogradi i modelli culturali legati agli stati nazionali.
In nome della globalizzazione, procede ad una ridefinizione della relazione stato-società, e causa una forte politicizzazione della vita sociale rispetto ai precedenti tipi di stato.
Conclusioni:
La globalizzazione non è un processo ineluttabile, ma un costrutto politico che serve per legittimare determinate strategie politiche. Essa è l’espressione degli interessi economici di certi gruppi economici e politici facilmente individuabili.
La globalizzazione è un’estremizzazione degli sviluppi delle 10 parole di prima, che diventano quindi insostenibili.
Questo processo di estremizzazione viene scatenato dal fatto che le istituzioni della società industriale traggono la propria legittimità esclusivamente dalla promessa di un’ulteriore crescita.
Sorge la domanda se il sistema democratico è ancora in grado di evitare la catastrofe spezzando questo circolo vizioso di priorità sbagliate.
VIII: LA SOCIALIZZAZIONE
Mediante quali processi diventiamo membri riconosciuti della società a cui apparteniamo?
Per rispondere a questa domanda, utilizziamo le tesi dell’interazionismo simbolico, una corrente sociologica che supera il concetto ingenuo di conoscenza del sé come semplice capacità di pensare a sé stessi. Ciò che chiamiamo io (o coscienza di sé) infatti, non è raggiungibile con la riflessione in qualunque momento, anzi: i contenuti della nostra coscienza devono essere strappati al camuffamento, alle barriere costruite dalla società per non farci comprendere la nostra identità.
L’io è la società dentro di noi, che deve essere interpretata e scoperta nella sua forza condizionante.
Per trovarlo, dobbiamo guardare a noi stessi come ad un altro, e spesso sono le circostanze drammatiche a costringerci a vederci così.
I sociologi ispirati al pragmatismo, affermano che quello che chiamiamo soggetto è in realtà il processo di interazione sociale mediante il quale gli uomini tracciano le mappe di loro stessi, negoziando continuamente la validità di queste mappe.
Gli interazionisti simbolici analizzano i processi sociali con cui gli uomini diventano soggetti.
Il sociologo Mead analizza i fenomeni coscienziali dal punto di vista della loro formazione nelle strutture dell’interazione mediata, giungendo a queste conclusioni:
Il sé è il soggetto interpretato come costruzione sociale, poiché si forma nel corso dell’interazione con gli altri, nel corso di un processo che ci porta ad assumere di volta in volta il ruolo che gli altri si aspettano da noi.
Gli altri significanti sono le persone il cui punto di vista sentiamo decisivo per definirci.
La mente è la negoziazione continua tra gli attori a proposito degli aspetti da considerare rilevanti nelle situazioni in cui essi agiscono. Il fatto che ognuno ha il suo sé costruito socialmente, comporta che anche le azioni sono sempre negoziate nel corso dell’interazione con gli altri. Per spiegare la azioni degli attori, bisogna partire dalla definizione che questi danno della situazione in cui agiscono. Comprendere questo, rende la mente allargata.
L’assunzione del ruolo di un altro con cui si sta collaborando è la base del processo di interpretazione, attraverso il quale si costruisce una definizione condivisa della situazione.
Per indagare il comportamento degli altri e il proprio seguendo questi principi, si deve sentire dentro di sé l’esperienza dell’altro, ma il problema sta proprio nel riuscire a cogliere il mondo interiore dell’altro. Il contesto più adeguato della nostra comprensione di noi stessi e degli altri è la routine, il quotidiano, la normalità.
Interiorizzare:
Lo studio della socializzazione si concentra sui modi in cui un individuo diventa un insider del gruppo a cui appartiene. Essa costituisce il processo mediante il quale un individuo diventa un membro “normale” di una società le cui norme considera “normali”.
La socializzazione si distingue dalle altre forme di integrazione sociale perché:
La famiglia:
Il processo di socializzazione avviene nei gruppi primari, di cui la famiglia è l’esempio principale.
I gruppi primari sono caratterizzati - dalla piccola dimensione
- dalla lunga durata dei rapporti
- dalla vicinanza spaziale
e comportano una generale identificazione con i fini del gruppo.
La famiglia può socializzare un individuo in quanto articola in sé i principi costitutivi della società in cui è intergrata.
La famiglia non socializza al servizio della società, ma della personalità individuale.
La struttura dei ruoli familiari vede una divisione tra due tipi di leadership:
- Strumentale: identificata con il maschio
orienta il bambino alla capacità di controllare i propri bisogni per raggiungere i suoi scopi.
- Espressiva: identificata con la donna
orienta il bambino verso la capacità di manifestare i proprio sentimenti agli altri
L’agire strumentale mira a definire i mezzi efficienti per raggiungere uno scopo.
Schema delle fasi: adattamento, gratificazione, integrazione, memoria simbolica.
L’agire espressivo mira a costituire una relazione sociale abbastanza stabile da permettere l’interiorizzazione dei valori.
Schema della fasi: permissività, sostegno, rifiuto di reciprocità, remunerazione. (Logica dell’azione terapeutica).
Per esempio, sono azioni espressive la socializzazione e il processo di controllo sociale (azione che mira a usare una relazione stabile per portare un individuo a perseguire da solo i suoi scopi).
La differenza tra azioni espressive e strumentali è fortemente istituzionalizzata nella nostra società (certe pratiche sono legittime solo in certe circostanze), ma la socializzazione permette all’individuo di distinguere queste due logiche di azione.
La famiglia costituisce un sistema sociale in cui la divisione dei ruoli è basata sulla necessità di far attraversare al bambino tutte e quattro le fasi nei tempi previsti. La fasi della socializzazione sono concepite come doppie (poiché ciascuna comporta un disturbo e una necessità di passare alla fase successiva).
La socializzazione viene concepita come il risultato dell’interazione tra le due leadership, e consiste nella progressiva differenziazione dei ruoli rispetto alla situazione iniziale madre-bambino.
Teoria degli 8 stadi di Erikson:
L’esistenza è caratterizzata dalla necessità di imparare a risolvere nel corso della vita 8 conflitti:
fiducia-sfiducia, autonomia-vergogna, iniziativa-colpa, lavoro-inferiorità, identità-ruolo, intimità-isolamento, impegno-indifferenza, integrità-disperazione.
La patologia famigliare:
Le famiglie patologiche hanno delle caratteristiche strutturali comuni:
Esistono due tipi fondamentali di strategie devianti:
Ci sono due tipi di famiglia patologica:
relazione sociale priva di dialogicità (capacità di comunicare produttivamente attraverso la sequenza domanda-risposta), i genitori ricorrono a continui appelli all’unicità del loro ruolo per imporre la loro visione distorta del mondo. Il bambino, non interiorizza il bisogno di codificare le proprie esperienze per renderle accessibili agli altri (linguaggio socializzato).
IX: I MEDIA
Il sociologo americano Cooley indica con il termine comunicazione un processo centrale della modernità e della democrazia in virtù del quale la democrazia diventa un modo di vivere effettivo.
Il processo di comunicazione comprende 4 fattori:
Il modello della comunicazione che allarga la mente è la città.
Mc Luhan elabora 4 concetti di eccezionale rilevanza per spiegare l’industrializzazione.
La chiave del suo approccio ai media sta nel concepire i media non come veicoli dei messaggi, ma come messaggi essi stessi.
Villaggio globale:
Ossimoro: il villaggio è il luogo in cui tutti si conoscono, vivono in un’intimità spazio temporale. L’aggettivo globale invece indica la dispersione di ogni comunità legata a un territorio.
Mc Luhan voleva mettere in evidenza il fatto che i media elettronici hanno esteso a tutto il globo la caratteristica costitutiva del villaggio (l’intimità, la vicinanza), ma svuotandola da ogni senso reale: gli individui continuano ad essere distanti fisicamente pur vivendo in un’illusoria intimità elettronica.
La pseudovicinanza è una fonte di delegittimazione molto efficace (v. Vietnam: le immagini hanno delegittimato le giustificazioni alla guerra, scatenando la rivolta giovanile).
Il medium è il messaggio:
Il contenuto di un medium è in realtà un altro medium.
Il vero messaggio dei media è la nuova forma che i rapporti sociali acquistano grazie
all’irruzione di un nuovo medium nella società, e non i significati che l’individuo scopre nei suoi messaggi.
Il medium è il messaggio nel senso che gli uomini ridefiniscono il mondo e la propria identità a partire dalle nuove proporzioni che impone alla nostra vita.
Media freddi e caldi:
I media freddi lasciano molto spazio alla fantasia del pubblico (sono inclusivi).
I media caldi riducono al minimo la partecipazione del ricevente (sono esclusivi). Questi unificano orizzontalmente la società poiché i suoi messaggi sono indipendenti dalla partecipazione del pubblico.
La caratteristica essenziale dell’epoca dei media elettronici sta nella tensione tra la culture fredda emergente e la cultura calda in ritirata.
La cultura fredda deriva il valore delle cose dal fatto di partecipare alla loro produzione.
Nessuna cultura fredda può però resistere al potere dei media caldi di standardizzare.
Tetradi:
Si tratta di 4 domande che deve porsi chi vuole comprendere l’impatto dei mutamenti provocati da un medium:
Distorsioni delle comunicazioni di massa:
Spoliticizzazione:
La proliferazione delle immagini implica una spoliticizzazione dello spazio pubblico.
Spoliticizzare un’immagine significa presentarla slegata dalla sua rappresentazione, mentre la politicizzazione presenta una condizione umana particolare come ragione per cambiare la società nel suo complesso.
La spettacolarizzazione è il proiettare fuori dalla realtà i contenuti del messaggio, collocarli in una dimensione di disimpegno. Lo spettacolo toglie al messaggio l’energia per trasformare un’idea in azione. L’universo spettacolarizzato svuota preventivamente di ogni peso le potenziali rivendicazioni politiche.
La censura non è più dovuta al divieto di dire, ma all’infinità dei messaggi da dire.
Notiziabilità:
E’ l’insieme dei criteri rilevanza che definiscono la capacità di un evento di far notizia, il fatto che sia degno o no di essere comunicato alla massa con il valore di notizia.
La conseguenza della preferenza odierna per ciò che è notiziabile, comporta una sovrapproduzione di notizie e un deficit di informazione (la differenza sta nel fatto che il valore dell’informazione cresce con il passare del tempo, mentre quello della notizia diminuisce).
Nella società industriale avanzata l’informazione entra nello spazio pubblico solo se è notiziabile, e questa è una nuova forma di censura.
Neorealtà:
Realtà fatta di pura comunicabilità.
Enorme sovrapproduzione di discorsi, i quali non circolano più come bisogno di dire qualcosa, ma come necessità dei media di essere sempre in funzione per questioni di guadagni.
La comunicazione non risponde alla domanda del pubblico, ma a quella degli investitori.
Ma un messaggio può avere un senso solo se vi è una domanda d’uso per esso.
La separazione tra la domanda d’uso e la trasmissione dei messaggi viene definita sovraculturazione, che produce deficit di realtà e sovrabbondanza di simboli per indicarla.
Esempi cinematografici:
Alcuni film hanno sollevato questioni di grande rilevanza circa il ruolo dei media nella società democratica di massa.
Citizen Kane, Orson Welles:
Il tema è l’uso della stampa per imporre giudizi distorti.
I media sono concepiti come strumenti di imposizione.
Deadline, Richard Brooks:
Si esalta il ruolo democratico della stampa come custode di trasparenza.
Big Carnival, Billy Wilder:
Per far durare una storia, un giornalista causa la morte del suo protagonista.
La ricerca di notiziabilità ci trascina in un mondo stupido e spietato.
Network, Sidney Lumet:
Per aumentare l’audience di uno show poco seguito, il conduttore viene ucciso in diretta.
Il tema principale è la tirannia dell’audience, a cui lo spazio pubblico è subordinato.
L’uomo delle stelle, Giuseppe Tornatore:
Un imbroglione fa fare dei finti provini a dei siciliani che, credendo di poter diventare famosi, si confessano davanti all’obbiettivo. Scoperto, il colpevole viene duramente punito.
Riflette la paura che il potere mediatico sia concentrato nelle mani di pochi.
The Truman Show, Peter Weir:
Il messaggio più importante è il rischio di trasformare ogni rivolta contro lo spettacolo in spettacolo stesso.
Il reality show è la forma più insidiosa di neorealtà: il confine tra realtà e sua rappresentazione diventa indecifrabile.
Nei film Citizen Kane e Deadline, c’è una concezione “ipodermica” dei media, che iniettano i loro messaggi direttamente nelle masse.
In realtà, queste visione è stata smentita da Lazarsfeld, il quale dimostra che il flusso dei messaggi è sempre mediato da degli “opinion leaders”, che filtrano e orientano l’accettazione e l’uso che facciamo dei messaggi.
X: L’UOMO MASSIFICATO
Le Bon introduce questo nuovo soggetto collettivo nella sua opera La psicologia della folla.
Le masse irrazionali create dalla città industriale moderna fanno emergere un nuovo tipo di leadership carismatica, e si distinguono per la loro capacità di sottrarsi alla forze vincolante della tradizioni.
Freud riassume l’opera di Le Bon chiedendosi quali sono i limiti dell’agire della folla, se essere massa è un bisogno degli uomini, se esistono movimenti di massa emancipatori.
L’asse semantico della massificazione verte su 4 punti:
in questo contesto, Horkheimer elabora il concetto di industria culturale, secondo il quale, applicando i metodi di produzione industriale ai prodotti culturali, avviene una falsa riconciliazione di cultura alta e bassa, in cui entrambe perdono le loro caratteristiche costitutive.
La cultura di massa è una falsa integrazione di cultura popolare e cultura alta, in cui la prima perde la capacità di resistere al controllo sociale, e la seconda perde la capacità di generare un distacco dallo status quo.
La differenza tra il pubblico e la folla:
Il pubblico partecipa insieme alla stessa cosa, ma ognuno mantiene il proprio punto di vista,
anche se interessato al punto di vista degli altri.
La massa si fonde: “in virtù di quelle stessa cosa siamo tutti uguali”, il punto di vista altrui non interessa, anzi.
Identità pubblica: ci siamo manifestati in pubblico e siamo stati riconosciuti; chi l’ha conquistata, esprime le proprie esperienze nello spazio pubblico.
Le due tradizioni:
Kornhauser propone in The politics of mass society una definizione della massa che consiste nell’unificazione di due tradizioni culturali.
La società di massa dunque è caratterizzata dall’estrema accessibilità delle élites alle pressioni delle non-élites e, contemporaneamente, alla maggiore manopolabilità da parte delle élites sulle non-élites. Inoltre, la cultura di massa è estremamente fluida.
Esempio dello spazio pubblico che collassa travolta dalla follia collettiva è la caccia alle streghe nei paesi protestanti del Seicento.
Il collasso si basa su 4 punti:
I movimenti di massa diventano pericolosi se vengono inseriti in un contesto di caccia alle streghe.
La massa è una dimensione che ci spinge ad una specie di estasi, che rende le azioni indipendenti dall’ordine normativo, che ci dà un senso di onnipotenza.
Fonte: http://www.sidways.altervista.org/Joomla/upload_d/Appunti%20Sociologia.doc
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