Arte paleolitica

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Arte paleolitica

L’arte paleolitica

I primi esempi di arte figurativa risalgono a circa 25.000 o 30.000 anni fa. Questa età viene definita paleolitica, in quanto l’uomo utilizza utensili in pietra. Le manifestazione artistiche di questo periodo sono pitture rupestri ritrovate in grotte spesso inaccessibili, ubicate nella Francia centrale e nella Spagna settentrionale. Il dato che appare evidente in queste prime rappresentazioni è l’aderenza al naturalismo: l’uomo preistorico concepisce le immagini come raffigurazione del mondo visibile. Realtà che, al di là dei suoi limiti tecnici, l’artista cerca di raffigurare così come egli la percepisce.
Molte ipotesi sono state fatte sulle motivazioni che hanno indotto gli uomini preistorici a produrre immagini nelle caverne. Dato che i soggetti di queste immagini sono quasi sempre animali, si è pensato ad una specie di ritualità religiosa. L’uomo del Paleolitico viveva soprattutto di caccia. Procurarsi il proprio sostentamento con un’attività violenta basata sullo scontro fisico doveva ingenerare molte ansie esistenziali. A queste si dava probabilmente una risposta in termini, che possiamo definire pre-magici. La magia è il credere che esistono legami misteriosi tra le cose che, se sfruttati, producono relazioni di cause ed effetti. Da sempre uno dei pilastri della magia è il credere che esista un legame invisibile tra l’immagine e la cosa rappresentata. In tal modo si può produrre un effetto (benefico o malefico) sulla cosa (per esempio, un animale) agendo sulla sua immagine. Così si giustificherebbe questa produzione di immagini di animali quale magia propiziatoria che compivano i cacciatori.
Tuttavia, ricorrendo allo schema illustrato in premessa, la rappresentazione del reale è sempre momento di conoscenza. Attraverso la costruzione di una immagine si chiarisce meglio, a livello di coscienza dell’artista, la realtà che si va a rappresentare. È probabile che questa sia la spiegazione, più semplice ma più plausibile del perché l’uomo del Paleolitico abbia iniziato a disegnare immagini nelle caverne. Ovvero che si tratti di un metodo di informazione circa le risorse esistenti in un luogo.

Il Neolitico

L’età paleolitica finisce circa 10.000 o 12.000 anni fa. In questo periodo si ha una modificazione notevole, passando da una economia di prelievo (caccia e raccolta di vegetali spontanei) ad una economia di produzione (agricoltura ed allevamento). Le conseguenze furono notevoli e portarono a una struttura embrionale delle società, che sono quelle attuali.
Possiamo ritenere che il cacciatore paleolitico non avesse un legame stabile con un luogo specifico ma vivesse di flussi migratori, spostandosi alla ricerca di nuove prede. L’agricoltore neolitico doveva necessariamente radicare la propria vita al sito da coltivare. Nacque così il concetto di proprietà terriera e si specializzò ulteriormente la differenziazione dei popoli, in quanto gli agricoltori che coltivavano appezzamenti contermini finirono per costituire una comunità con usi e costumi propri. In questo momento in pratica nacque il concetto di nazione come connubio di etnia e di territorio di appartenenza. Ed in questa fase con la necessità di insediamenti stabili nacquero l’architettura e le prime forme di insediamento urbano. L’attività costruttiva, insieme a quella agricola, fu l’inizio della trasformazione che da allora l’uomo è andato compiendo della superficie terrestre, trasformandola da ambiente naturale a proprio habitat. In sintesi possiamo ritenere che in questa fase nacque il concetto di territorio così come lo intendiamo ancora oggi.
Con le prime forme di villaggi stabili e di città nacque la specializzazione del lavoro e di conseguenza la società cominciò a differenziarsi in classi sociali. In questa fase possiamo ritenere che si configurò anche la religione. I riferimenti dei cacciatori paleolitici non potevano che essere figure maschili, perché dovevano indurre la forza necessaria per lo scontro con le prede. Le divinità arcaiche degli agricoltori neolitici erano femminili, perché l’agricoltura si fonda non sulla forza (che è un principio genetico maschile) ma sulla fertilità (che è invece un principio genetico femminile). Il cacciatore si procurava il cibo attraverso la morte, l’agricoltore attraverso la nascita.
Un ritorno alle divinità maschili si ebbe quando la forza divenne nuovamente un elemento propulsivo. Quando cioè le comunità divennero predatrici di altre comunità. La conquista della ricchezza avveniva non più a scapito della natura e degli animali ma degli altri uomini che avevano già accumulato altre ricchezze. Questo è un passaggio che si comincia a verificare già nell’età neolitica ma che diverrà intenso solo quando si passerà dalla preistoria alla storia: a quella fase, che va dal 4000 a.C. in poi, che vide sorgere i primi grandi imperi lungo il Nilo e l’Eufrate.

L’invenzione del linguaggio

Il passaggio dal Paleolitico al Neolitico è una fase fondamentale della nostra storia. In questo momento infatti l’uomo riesce ad inventare un linguaggio più articolato. Riesce ad elaborare un meccanismo che serve a pensare ancor prima che a comunicare. È solo grazie al linguaggio che l’uomo può articolare dei pensieri e non solo elaborare delle sensazioni, in quanto il linguaggio è lo strumento di pensiero per eccellenza. Ma, affinché si abbia un linguaggio, deve avviarsi un grande processo che è quello della significazione. Bisogna cioè rendere universalmente validi i segni linguistici e le regole per usarli.
In base alla moderna linguistica si definisce segno l’unione inscindibile di significato e significante. Una parola (sedia, tavolo, bottiglia, bicchiere) è un segno. Essa rappresenta una realtà, così come le immagini, ma in maniera diversa. Le immagini colgono l’aspetto visibile del reale, le parole solo il concetto. Per cui con l’immagine si ottiene una rappresentazione di una realtà particolare, con le parole si ottiene una rappresentazione più generica ed universale (la parola sedia indica tutti gli oggetti, indipendentemente da forma e fattura, che permettono di sedersi, la parola bottiglia tutti gli oggetti, di dimensione non eccessiva, che consentono di contenere un liquido, e così via).
I segni linguistici, proprio perché non rimandano visivamente all’immagine delle cose, per funzionare devono essere univoci: ad una categoria di oggetti deve corrispondere un solo segno e quel segno deve indicare solo quella categoria di oggetti e non altre. In questo modo nasce un segno: quando la parola (il significante) indica senza possibilità di errore l’oggetto o il concetto che rappresenta (il significato).
Questa fase di elaborazione del linguaggio nel grande processo della significazione viene testimoniata proprio dalle rappresentazioni artistiche del Neolitico. Nel passaggio dal Paleolitico al Neolitico si va da una visione fondamentalmente naturalistica ad una concezione antinaturalistica. Le raffigurazioni tendono ad essere sempre più semplificate e stilizzate. Si passa in sostanza dal disegno al segno.
Le raffigurazioni non colgono più l’individuo ma diventano il simbolo di una classe di individui. Operando per categorie concettuali, si passa da un pensiero fondato sull’analogia (l’immagine) a uno fondato sulla logica (la parola).
Rispetto alle pitture vengono preferite le incisioni proprio per la maggiore immediatezza di esecuzione e comunicazione. In questa fase, in pratica, la rappresentazione serve a sperimentare la conquista successiva dopo quella del linguaggio: la scrittura.

La nascita della storia

Il passaggio dal Neolitico all’età successiva viene segnato dalla scoperta dei metalli e dalla sostituzione degli utensili in pietra con quelli forgiati prima in bronzo e poi in ferro. Ma la transizione è segnata da due altri fenomeni: la nascita della scrittura e la nascita dei primi grandi imperi.
La prima scoperta permette, come viene abitualmente ammesso, di uscire dalla preistoria per entrare nella storia. Non solo la scrittura permette di differire la comunicazione umana nel tempo e nello spazio, ma diviene strumento fondamentale per l’accumulo del sapere. Per costituire quella grande memoria collettiva che sono i libri e le notizie scritte, strumenti fondamentali per la trasmissione del sapere.
Nello stesso periodo vediamo formarsi delle civiltà fortemente caratterizzate: l’impero egiziano lungo le sponde del fiume Nilo e l’impero sumero nella valle tra il Tigri e l’Eufrate. Ad essi nel corso dei secoli successivi si affiancheranno altre civiltà sorte nel bacino del Mediterraneo e nell’Asia Minore: i fenici, i cretesi, gli ittiti ed altri.
In pratica dopo le nazioni in questo periodo nascono gli stati. Ossia degli insiemi organizzati politicamente e giuridicamente per poter regolare le attribuzioni di poteri, l’emanazione delle leggi, l’amministrazione della giustizia e delle funzioni di governo.
In questa fase, con la nascita della scrittura le parole, originate dalle immagini, prendono sempre più autonomia. Da questo momento immagini e parole seguiranno sempre due percorsi paralleli, costituendo i due grandi poli del pensiero umano. Come detto in precedenza, avremo da un lato il pensiero analogico (che si affida alle immagini), dall’altro il pensiero logico (che si affida alle parole, ai numeri, alle formulazioni dialettiche e matematiche).

 

Fonte: https://www.lsgalilei.org/attachments/article/176/I.%20Storia%20dell'Arte.doc

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Autore del testo: F.Morante

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