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GRANDI MAESTRI DELL’ARTE
Andrea del Castagno
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Nato in un piccolo paese dell'Appennino toscano, giunge a Firenze poco più che ventenne e viene a contatto con i maestri del primo Quattrocento fiorentino, Masaccio, Donatello, Piero della Francesca e Domenico Veneziano, del quale è anche un probabile allievo. |
Giovanni Bellini
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Nella Venezia della seconda metà del XV secolo, incarna il genio del Rinascimento, ma in modo conforme alle tradizioni e ai gusti dell'ambiente locale. Una lunga carriera e la diversità delle influenze subite spiegano le variazioni del suo stile, che ebbe una lenta maturazione. |
Bernini
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La fama di Gian Lorenzo Bernini è certamente più legata alla sua attività di scultore, architetto e regista del grandioso spettacolo pirotecnico costituito dal barocco romano, che non a quella di pittore, che si manifesta in poche occasioni, come nel Ritratto di Urbano VIII (Roma, Galleria Barberini), nei tre Autoritratti (uno a Montpellier, Museo Fabre, e due a Roma, Galleria Borghese) e nella Testa di giovane (Firenze, Uffizi). |
Boccioni
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È tra i fondatori e leader incontestabile del futurismo, movimento di cui risulta anche il maggior teorico per quanto riguarda le arti figurative. Viene annoverato tra i grandi distruttori-innovatori che all'inizio del secolo hanno schiuso nuovi orizzonti all'arte moderna generata dalla rivoluzione dell'impressionismo. |
Botticelli
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Figlio del conciatore fiorentino Mariano Filipepi, Alessandro, detto Sandro, venne soprannominato Botticelli per ragioni rimaste oscure. Intorno al 1464, entrò nella bottega di Filippo Lippi dove rimase per circa tre anni. Mise a profitto gli insegnamenti del maestro, creatore di forme piene ed eleganti, tuttavia sembra essere stato influenzato maggiormente da due artisti appartenenti alla seconda generazione del Rinascimento fiorentino: Andrea Verrocchio, del quale fu aiutante per un certo periodo, e Pietro Pollaiolo. Il loro stile, nervoso e raffinato, tendeva a valorizzare l'anatomia e il movimento. Anche Agostino di Duccio (1418 dopo il 1481), con le sue sculture ondeggianti, doveva contribuire alla formazione di Botticelli. |
Bramante
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Per rispondere nei vari campi dell'arte alle aspirazioni artistiche dell'Umanesimo, si era diffusa in quell'epoca la tendenza a un ritorno alle origini nel tentativo di conciliare il mondo cristiano con quello dell'età che l'aveva preceduto: nell'ambito dell'architettura, il maggiore artista di questo gusto dev'essere considerato il Bramante. Prima di lui, Brunelleschi e Alberti avevano creato o diffuso una nuova tipologia strutturale. Col Bramante, questo linguaggio raggiunge la sua piena maturità, e il Rinascimento si modella sullo spirito classico. La sua vocazione autentica si manifesta tardivamente: fino all'età di trentacinque anni Bramante presta la propria opera in qualità di pittore al servizio di Ludovico il Moro, al quale era stato ceduto sette anni prima (1472) dal duca di Urbino. |
Duccio di Buoninsegna
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Le prime notizie relative a questo grande pittore senese lo rammentano (1278) intento a dipingere dodici casse per la custodia di documenti dell'Ufficio della Biccherna del Comune di Siena, andate successivamente perdute. Negli anni seguenti continua ad essere citato come esecutore di opere per il Comune, nonostante sia conosciuto come un cittadino particolarmente turbolento: restio a partecipare ad azioni di guerra in Maremma, a prestare giuramento agli ordini del Capitano del Popolo, e persino collegato a pratiche di stregoneria per le quali gli viene comminata una multa nel 1302. Non sono invece documentati gli eventuali spostamenti ipotizzati dagli studiosi per spiegare le diverse componenti della sua cultura; se i viaggi ad Assisi e a Roma sembrano molto probabili è più difficile sostenere la sua permanenza nel Mediterraneo orientale e a Parigi dove il Duch de Sienne o il Duch le Lombard citati in un testo potrebbe essere un omonimo del nostro pittore. La data di morte, tra il 1318 e il 1319, va collegata verosimilmente all'atto di rinuncia da parte dei sette figli all'eredità paterna. Perduti i primi lavori per il Comune di Siena, l'opera più certa di questa fase giovanile è la piccola Madonna di Crevole, oggi al Museo dell'Opera di Siena. Seguono: la grande tavola con Maestà conosciuta coma Madonna Rucellai, oggi agli Uffizi e per molti secoli ritenuta opera di Cimabue, una vetrata circolare nell'abside del Duomo di Siena, la Madonna dei francescani (Siena, Pinacoteca), la Maestà di Berna (Kunstmuseum), la Madonna col Bambino e sei angeli della Galleria Nazionale di Perugia. Del 1308 è invece il primo documento che menziona la commissione della grande tavola con Maestà conclusa nel 1311 per il Duomo di Siena, senza dubbio il capolavoro assoluto di questo pittore; tenuto conto però dell'impegno richiesto da un'opera di tale complessità, la critica attuale tende ad anticiparne la data di inizio. Rimossa dall'altare maggiore del Duomo e successivamente smembrata nel corso del Settecento, risulta sparsa nei musei di tutto il mondo mentre il corpus principale è nel Museo dell'Opera di Siena. Esso mostra un artista capace di rinnovare profondamente la trama della pittura bizantina, attento al dato quotidiano e naturale reso con una gamma cromatica di grande intensità. Sono ascrivibili agli ultimi anni il Trittichetto della National Gallery di Londra e il Polittico n° 47 della Pinacoteca di Siena, molto compromesso quanto a conservazione e con larghi apporti di bottega. |
Canaletto
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Canaletto si formò alla bottega del padre, dove collaborò alla creazione di scenografie teatrali. Ma presto iniziò a dipingere vedute raffiguranti paesaggi urbani, che furono principalmente quelli della sua città natale. In questo nuovo genere di pittura, il cui rappresentante era a quei tempi a Roma Pannini (1691 ca - 1765), e il cui lontano precursore era stato, a Venezia, Gentile Bellini, si cimentavano anche Luca Carlevarjis (1655-1731) e un temibile rivale: Francesco Guardi. È facile contrapporre la fantasia, la sensibilità, il tocco vibrante di Guardi all'impassibile visione di Canaletto, alla sua abilità meticolosa e volontariamente impersonale. Una prospettiva rigorosa, la cui perfezione tradisce l'impiego della camera oscura, ordina lo spettacolo veneziano dei canali e dei palazzi, cui l'ambientazione luminosa conferisce un tono di poesia soffusa. I contrasti chiaroscurali, che segnano la successione dei piani, e le numerose piccole figure, talvolta raccolte con il pretesto di qualche festa, animano la composizione e danno un'idea della dimensione degli edifici. Il successo consentì a Canaletto di assicurarsi la collaborazione di una bottega, come è possibile notare da numerose sue opere. Alcune vedute tuttavia appaiono più personali, come per esempio Chiesa della Carità dal laboratorio dei marmi di San Vitale, considerata il suo capolavoro (National Gallery, Londra). |
CARRACCI
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La vicenda artistica di Annibale Carracci si articola in due fasi ben distinte. Una prima legata all'attività con il fratello Agostino e il cugino Ludovico, coi quali fonda a Bologna una celebre accademia e realizza grandi cicli decorativi, come le Storie di Giasone in Palazzo Fava e le Storie di Romolo in Palazzo Magnani, legati alle suggestioni dell'ambiente manierista dell'Italia settentrionale. |
Caravaggio
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Caravaggio occupa un posto di primo piano tra i pittori che hanno provocato una rivoluzione, una rottura nelle teorie e tecniche artistiche del suo tempo. Il suo destino particolare - una gloria precoce, una fine prematura, solitaria e miserabile - contrappone, come avviene nelle sue grandi tele, ombre e luci; il crudo realismo nell'interpretazione degli episodi religiosi, e la forza del gusto tenebroso hanno suscitato, quando il pittore era ancora vivo, aspre critiche e grandi entusiasmi. Si è così formata un'immagine leggendaria e romanticamente semplificata dell'artista, tramandata di generazione in generazione per tre secoli. Soltanto ai nostri giorni, con la rivoluzione del barocco, le ricerche degli storici italiani e stranieri - primi fra tutti Hermann Voss, Lionello Venturi, Roberto Longhi, René Jullian - hanno sensibilmente modificato il giudizio sull'opera del pittore. Per quanto riguarda la biografia, gli storici dell'arte hanno corretto o precisato molti punti essenziali della sua vita. Di natura violenta, impulsiva, girovago impenitente, provocatore di risse, sempre pronto a metter mano alla spada: i documenti conservati negli archivi non ci lasciano alcun dubbio in merito alla sua indole. Ebbe influenti protettori e amici fedeli che non poterono però evitare le tragiche vicende degli ultimi anni della sua vita. |
Cimabue
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Le notizie attualmente in nostro possesso non permettono di conoscere con precisione la vita dell'artista nella seconda metà del XIII secolo. Due date giunteci attraverso documenti dell'epoca sono in pratica i soli indizi in grado di indicarci l'arco cronologico della sua produzione: Cimabue è menzionato in un documento romano del 1272 e si testimonia inoltre la sua presenza a Pisa negli anni 1301-02 allorché egli assume l'incarico di eseguire, oltre ad altre commissioni, la figura a mosaico di San Giovanni nell'abside della cattedrale. Si sa inoltre che lavorò, intorno al 1285, alla decorazione delle basiliche superiore e inferiore di San Francesco in Assisi. È necessario usare grande precauzione nel ricostruire la genesi della sua opera, diffidando di interpretazioni fantastiche di alcuni periodi oscuri della sua vita o di valutazioni troppo schematiche; lo stesso atteggiamento va tenuto nei confronti delle affermazioni del Vasari, tendenti a mitizzare la figura artistica e umana del grande pittore toscano. Tuttavia non è impossibile tracciare un quadro generale dell'evoluzione artistica di Cimabue. Risale verosimilmente al periodo del viaggio romano (1270-75) l'elaborazione di uno stile originale sorto come reazione alla «maniera greca» bizantineggiante assai diffusa in quel periodo a Firenze e in numerose città italiane. Lo stile di Costantinopoli si era diffuso in Italia con l'afflusso degli artisti orientali che emigravano a causa dell'affermazione degli iconoclasti. Alla fine del XIII secolo la fonte ispiratrice della loro arte, i cui modelli erano stati tramandati di generazione in generazione senza che vi si apportassero sostanziali innovazioni, appariva ormai inaridita. Il giovane Cimabue compie il suo apprendistato di pittore e mosaicista in questo ambiente. L'aneddoto del piccolo Cenni che si allontana dalla scuola per ammirare i Greci venuti a restaurare le decorazioni della cattedrale fiorentina testimonia assai bene, pur nei toni leggendari del racconto vasariano, l'atmosfera culturale della Firenze di quegli anni. Cimabue prende così a prestito dalla tradizione bizantina i diversi modelli iconografici: i grandi crocifissi, le ieratiche immagini della Vergine e i «dossali» d'altare. I crocifissi sono le opere più antiche; in quello conservato al museo dell'Opera di Santa Croce a Firenze, gravemente danneggiato dall'inondazione del 1966, la disposizione a «S» della grande figura dolorosa del Cristo sembra staccarsi dalla croce le cui estremità hanno la forma di piccole icone raffiguranti la Vergine e San Giovanni; l'impassibile solennità dei modelli orientali sembra ripiegarsi su se stessa assumendo, come il volto dell'evangelista, un atteggiamento pensoso. L'originalità di questa visione iconografica può forse essere messa in relazione col soggiorno romano dell'artista; in molti centri italiani infatti (la Siena di Duccio, la Pisa dei nuovi scultori, la Roma di Pietro Cavallini, attivo tra il 1270 e il 1330) fervevano intense ricerche artistiche. Ad Assisi, dove vari importanti pittori partecipano alla decorazione della basilica di San Francesco, Cimabue entra in contatto diretto con l'architettura (si tratta infatti di dipingere a fresco) inserendo in essa le immagini a lui più congeniali: un disegno più morbido determina forme più ampie ed espressive non senza una certa influenza dei ritmi gotici. La Vergine in trono con angeli e profeti, dipinta per Santa Trinità di Firenze e oggi agli Uffizi, risale probabilmente al 1285. In essa l'unità plastica non è ancora perfettamente realizzata ma il linguaggio formale, ormai delineato, preannunzia l'arrivo di un nuovo artista, Giotto, iniziatore di una lunga gloriosa stagione dell'arte italiana. Come nel Giudizio e nella Crocifissione, un abisso separa queste immagini dalle interpretazioni bizantineggianti dei pittori della stessa generazione. Del resto i contemporanei furono i primi a dare alla personalità del Cimabue lo spessore di un maestro, giustamente collocandolo in una posizione superiore rispetto a quelli che erano venuti prima di lui e insieme con lui. Con il mosaico di San Giovanni nell'abside della cattedrale di Pisa si chiude il ciclo delle opere attribuite a Cimabue lasciando tuttavia aperto un problema riguardante ancora una volta la città di Roma e l'inizio della carriera del pittore: la sua opera non si ispira in qualche punto all'arte dell'antichità? La lenta riscoperta dell'arte classica, verso cui la città di Firenze prima e in seguito tutta la civiltà rinascimentale avranno debiti notevoli, compie i suoi primi passi nell'arte del XIII secolo. |
Correggio
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Figlio di Pellegrino e di Bernardina Piazzoli detta Degli Aromani, di cultura modesta ma economicamente benestanti, tra l'altro proprietari della casa in cui vivono, sposa Girolama Merlini, che muore giovane, nel 1529, sette anni dopo la nascita del loro unico figlio, Pomponio. Studia arte dapprima nell'ambito familiare, presso uno zio e un cugino, quindi nella Mantova dominata dalla personalità del Mantegna. È comunque in contatto con le principali correnti della cultura figurativa del suo tempo. Il suo cammino artistico viene solitamente suddiviso dagli studiosi in tre periodi: quello dei dipinti giovanili su temi e forme tradizionali dell'Emilia e del Mantegna; quello delle opere cosiddette di ricerca personale tra il 1513 e il 1518, prima del viaggio a Parma; e, infine, quello dei cicli trionfali di Parma, compimento dello sviluppo della sua personalità con il passaggio alla decorazione monumentale (dopo il 1518). |
Filippo Lippi
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Pronuncia i voti nel 1421 nel convento di Santa Maria del Carmine a Firenze, e vi rimane dieci anni. Il suo esordio come pittore risale probabilmente al 1432, anno in cui realizza l'affresco Conferma della regola dei Carmelitani, in cui l'artista mostra di seguire gli insegnamenti di Masaccio e di Masolino da Panicale; l'influenza di quest'ultimo è ancor più evidente nella Madonna Trivulzio, anch'essa del 1432, conservata al museo del Castello Sforzesco a Milano, nel quale l'uso vigoroso del colore sostiene il plasticismo delle figure. Nel 1434 è attivo a Padova, per attendere a un nuovo lavoro andato perduto, nella Basilica del Santo. La Madonna di Corneto Tarquinia (1437, Museo di palazzo Barberini, Roma) e la Pala Barbadori (1437-38, Louvre), al contrario dell'affresco della Consegna, hanno uno sfondo cupo, che ricorda le opere degli artisti fiamminghi, e il cui stile è ancora vicino a quello delle opere veneziane tardogotiche. Ma l'interpretazione dei volumi attraverso il filtro cangiante dei colori e delle linee dinamiche, segna, rispetto a Masaccio, l'evoluzione che farà di Lippi uno dei più grandi artisti del suo tempo. Tale sviluppo si coglie decisamente nell'Incoronazione della Vergine (1441-47, Uffizi, Firenze), in cui il ritmo decorativo si impone sui volumi. Nel 1447, in seguito a una commissione della signoria fiorentina, Lippi realizza l' Apparizione della Vergine (National Gallery, Londra), dai colori vivaci che traducono un naturalismo ancora vicino a quello del Beato Angelico. Nel 1452 Lippi viene nominato cappellano nel convento di San Niccolò di Frieri a Firenze: vi dipinge il tondo con la Madonna col Bambino e storie di sant'Anna (Palazzo Pitti, Firenze). Entra così nel periodo più fecondo della propria vita artistica: sostituendo il Beato Angelico, esegue la decorazione della cappella maggiore del duomo di Prato con gli affreschi delle Storie di santo Stefano e di san Giovanni Battista (1452-64), coadiuvato da fra' Diamante (1430-98). Questo lavoro, interrotto più volte, impegnerà Filippo Lippi sino al 1464. Qui l'artista si dimostra maestro nell'uso del linguaggio plastico, conferendo alla Morte di santo Stefano un coerente equilibrio spaziale. L'abilità nella narrazione drammatica che traspare nella Pietà (Museo Poldi Pezzoli, Milano), permette di datare a questo stesso periodo di grande attività e successo tale opera. Alla piena maturità appartengono le due Adorazioni del Bambino conservate agli Uffizi e la Madonna del Museo Mediceo di Firenze. Nel 1458, Lippi completa il lavoro incompiuto di Francesco Pesellino (1422-57) della predella della Trinità di Pistoia (National Gallery, Londra). La ricerca della bellezza pura e di una lirica spirituale segnano gli ultimi lavori di Filippo Lippi, come testimonia la Madonna col Bambino e due angeli degli Uffizi, ove la Vergine, davanti a una finestra aperta, si staglia sullo sfondo di un paesaggio minuziosamente descritto. La sua attività artistica si chiude con gli affreschi delle Storie della Vergine nell'abside del duomo di Spoleto, iniziati nel 1467 e nei quali si preannuncia la lirica di Botticelli e del figlio, Filippino. |
Giotto
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Vincent Van Gogh
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Leonardo
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Fonte: http://www.scicom.altervista.org/storia%20sociale%20arte/GRANDI%20MAESTRI%20ARTE%20(appunti%20Stefania).doc
Sito web da visitare: http://www.scicom.altervista.org
Autore del testo: Stefania
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