Mantegna Andrea vita e opere

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Mantegna Andrea vita e opere

Andrea Mantegna (1431-1506) nacque nei pressi di Padova, attorno al 1431. Ricevette una profonda cultura classica nella bottega padovana di Francesco Squarcione , artista a quei tempi molto noto nell’Italia Nord-orientale e sfruttatore di giovani talenti. Nel 1460 si trasferì a Mantova invitatovi dal marchese Ludovico II Gonzaga. Nella città lombarda rimase fino al 1056, anno della sua morte. Se ne allontanò soltanto per compiere due viaggi, in Toscana e a Roma, dove lavorò tra il 1488 e il 1490.
Nel periodo in cui Mantegna visse, Padova era una delle più note e prestigiose sedi universitarie di Europa ed era anche fra i più importanti centri italiani della cultura antiquaria. Tale cultura divenne il terreno su cui il Mantegna costruì la propria attività artistica. A questa si sommano anche l’osservazione diretta di antichi monumenti, lo studio di disegni di altri importanti artisti e di reperti di cui era ricca la bottega di Squarcione, essendo lui un appassionato collezionista.
Il suo modo di disegnare tende ad un effetto scultoreo ed è influenzato anche dal segno duro, secco e spigoloso.
La natura che riproduce è arida e desolata, gli esseri umani sembrano statue. Considera il dipinto un vero e proprio prolungamento prospettico dello spazio in cui si colloca l’osservatore.
Avendo ricevuto durante il apprendistato una profonda cultura classica, nei suoi dipinti non mancavano elementi che ne richiamavano l’arte.

ORAZIONE NELL’ORTO
Fra le prime realizzazioni del Mantegna, tra il 1450 e il 1457 è certamente da ricordare l’Orazione nell’orto, ora alla National Gallery di Londra.
Nel dipinto è rappresentata la scena evangelica nella quale Cristo prega nell’Orto degli Ulivi nella notte in cui fu tradito. Mantegna pone i suoi personaggi in una natura pietrificata che sembra completamente modificata dall’azione dell’uomo.
Nella parte centrale dell’opera vi è Cristo inginocchiato che sta pregando. Ha un espressione impaurita per il destino che lo attende e per questo prega il Signore. Lo sguardo è rivolto verso gli angeli che gli mostrano gli strumenti della passione. Più Sotto sono raffigurati i tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, profondamente addormentati in riva al fiume. Questi, essendosi addormentati invece di vegliare, sono rimproverati da Gesù per la mancanza di fermezza. Nel dipinto sembrano anch’essi parti costitutive del paesaggio, infatti si presentano come blocchi lapidei perfettamente incastrati tra loro. In lontananza, a una curva della strada, Giuda guida i soldati romani verso Gesù.  
Riguardo la natura del dipinto è interessante l’albero sulla destra, su cui è appollaiato un uccello nero, che potrebbe essere portatore di un evento nefasto. L’albero in questione è inoltre fiorito: ciò ha il significato di futura redenzione. Il sentiero, che serve per dare profondità al dipinto, è interrotto da un tronco che  simboleggia la Crocifissione e allude al peccato.
I conigli che si trovano nel mezzo del sentiero, alludono all’anima che tende a Dio.
Gerusalemme, la città sullo sfondo, alle pendici del Monte Sion, è immaginata colma di monumenti presi in prestito da Venezia (il campanile di San Marco), da Verona (l’Arena) e da Roma (una colonna coclide istoriata, un monumento equestre che rinvia a Marco Aurelio, la Torre delle Milizie che funge da porta urbica). Le mura, chiaramente restaurate, sono, invece, un riferimento ai passi biblici che narrano delle numerose distruzioni e riparazioni. Questa attenzione  agli interventi di restauro, oltre che per i  monumenti dell’antichità colloca Andrea Mantegna in una posizione che è solo di attualità, ma anche e soprattutto, di avanguardia nei confronti della cultura del tempo.

SAN SEBASTIANO

Andrea Mantenga        Antonello da Messina
Il profondo interesse per il mondo classico e la venerazione delle antichità sono ancora alla base del San Sebastiano del Louvre, un’opera collocabile ai tempi del definitivo soggiorno mantovano dell’artista.
San Sebastiano era un soldato romano di Diocleziano che era stato ucciso poiché aveva aiutato i cristiani quando invece essendo un soldato romano doveva perseguitarli.
Una delle differenze più eclatanti con il dipinto di Da Messina è la presenza della cultura classica che conferisce al santo un aspetto più umano; in primo piano questo è infatti trafitto da numerose frecce e, con il volto sofferente, è legato ai resti di un edificio classico (colonna dell’età ionica). Proprio il fatto che io suo volto esprima sofferenza rimanda al naturalismo. Le frecce in realtà non deturpano il corpo del santo che è perfetto; è quindi evidente lo studio dell’anatomia da parte del Mantegna.
Nella parte alta del dipinto è presente una pianta, l’edera, che rappresenta la vita eterna dopo la morte. In basso a sinistra vi è invece una pianta di fico che rimanda, in questo caso, all’idea di salvezza. Ciò deriva da un passo della Bibbia nel quale si legge che un impacco di fichi su una ferita avrebbe salvato dalla morte. Gli uomini che si vedono in basso a destra sono quelli che hanno giustiziato il santo( ciò non è invece presente in quello di da Messina). I due giustizieri sono impassibili, sui loro volti non si intravede alcuna smorfia di dolore o compassione.
Sull’abaco del capitello della colonna contro cui è legato il santo resiste ancora una porzione di trabeazione, parti della quale, cadute a terra, costituiscono l’appoggio per San Sebastiano. Ai resti di architettura crollati somma anche la porzione di una statua: un piede in un sandalo e l’abbozzo di una tunica. Lo sfondo è costituito da una stratificazione urbana: in basso le antiche mura di edifici classici sono state adattate a un uso moderno; poco più sopra una fortezza domina l’abitato e , in alto, su uno sperone roccioso, sorge un’acropoli murata, dall’improbabile sicurezza geologica.

CRISTO MORTO
la drammaticità delle immagini deriva dallo scorcio del corpo che deforma brutalmente la figura,  soprattutto il torace è schiacciato.
La morte di Cristo è descritta in modo diretto, crudo, spettrale non è presente l’idealizzazione e lo spazio della scena è stretto, soffocato dalla presenza di altre due figure, Maria e Giovanni evangelista che esprimono il proprio dolore inconsolabile.
I fori nelle mani e nei piedi provocati dai chiodi sono simbolo di realismo. La resa prospettica è studiata in modo che la figura di Cristo sembri essere rivolta verso l’osservatore, in qualsiasi posizione in cui esso si trovi (caratteristica di chi ha chiara la percezione visiva).
Elemento tipicamente classico è il panneggio che accentua il corpo perfetto.

 

Fonte: http://cli08.altervista.org/110409_CONIGLIAROMantegna.doc

Sito web da visitare: http://cli08.altervista.org

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