Corso di chimica di base

Corso di chimica di base

 

 

 

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Corso di chimica di base

APPUNTI DI CHIMICA GENERALE

 

La spontaneità delle reazioni chimiche

Si chiamano reazioni spontanee quelle che, nelle condizioni date, formano i prodotti indicati dalla relativa equazione, senza aiuti provenienti dall’esterno.

Quando si immerge, per esempio, una lamina di zinco, di colore grigio, in una soluzione di solfato di rame, caratterizzata da una colorazione azzurra, si nota che il metallo si ricopre di un deposito bruno, mentre l’azzurro della fase liquida diviene sempre meno intenso.

 

Questo perché si verifica la reazione:

 

Zn(s)  + CuSO4(aq)                                   Cu(s)   + ZnSO4(aq)

 

Al contrario, l’equazione:

 

Cu(s)  + ZnSO4(aq)                                    Zn(s)   + CuSO4(aq)

 

è quella di una reazione che non avviene, se non in determinate condizioni operative, ossia con l’apporto esterno di energia. In altre parole esistono delle reazioni che non si verificano, pur potendone scrivere e bilanciare la relativa equazione: si tratta di reazioni non spontanee.

La valutazione della spontaneità o non spontaneità di un processo chimico è il fine che si propone la termodinamica, attraverso lo studio degli scambi di energia, sotto forma di calore e di lavoro, che accompagnano le trasformazioni chimiche, e dei fattori, come la temperatura, che le possono influenzare.

 

Entalpia: il contenuto termico delle sostanze

 

Ogni sostanza, a seconda dei legami chimici che uniscono i suoi atomi e del suo stato fisico, è caratterizzata da una certa quantità di energia. Nel corso di una reazione chimica, il tipo e il numero di legami presenti nel sistema cambiano, poiché si rompono quelli che costituiscono le specie reagenti e se ne formano di nuovi nelle specie prodotte. Inoltre può cambiare anche lo stato fisico delle sostanze presenti prima e dopo la reazione. Ogni reazione è pertanto accompagnata da una variazione di energia del sistema, ∆E, che si manifesta sotto forma di calore, Q, e/o di lavoro,L.

 

Queste tre variabili sono collegate dalla legge:

 

∆E = Q – L

 

che esprime il primo principio della termodinamica, noto anche come principio di conservazione dell’energia:

 

”in una trasformazione, la somma delle energie del sistema e dell’ambiente è uguale prima e dopo la trasformazione stessa”.

 

Esso indica che la variazione di energia ∆E di un sistema è uguale alla somma algebrica del   calore

Q e del lavoro prodotto – L.


In un sistema chimico il lavoro L diventa significativo soltanto quando si formano sostanze gassose, perché il gas che si sviluppa compie un lavoro di espansione causato dalla variazione di volume ∆V. Poiché a pressione costante P, il lavoro del gas è espresso dalla relazione L = P · ∆V, il primo principio della termodinamica si può scrivere nella forma:

∆E = Q – P · ∆V

 

Il calore scambiato a pressione costante (Qp) detto calore di reazione, è pertanto:

 

Qp = ∆E + P · ∆V

 

Per rappresentare E + P · V è stata introdotta una funzione termodinamica chiamata entalpia, che si indica con H, il cui valore dipende dall’energia del sistema, dalla pressione e dal volume:

 

H = E + P · V

 

Sebbene l’entalpia di una sostanza o di un sistema non possa essere valutata, si può invece misurare la variazione di entalpia che subisce un sistema in un processo o in una reazione. Nel caso di una reazione a pressione costante, la variazione di entalpia, ∆H, vale:

 

∆H = ∆E + P · ∆V

 

Dalle formule scritte si vede che ∆H = Qp ossia:

 

la variazione di energia di un sistema, ∆H, in una reazione che avviene a pressione costante, corrisponde al calore di reazione , Qp, assorbito o sviluppato dal sistema;   convenzionalmente

∆H > 0 se il calore è assorbito e ∆H < 0 se il calore è ceduto.

 

Poiché normalmente le reazioni chimiche avvengono a pressione atmosferica e quindi costante, il calore Qp che il sistema scambia con l’esterno può essere misurato, consentendo così di calcolare la variazione di entalpia del sistema. Per rispettare la convenzione adottata per i segni, la relazione tra calore scambiato dall’ambiente esterno nel corso di una reazione (Qamb) e la variazione di entalpia del sistema (∆H) è:

 

Qamb = - ∆H

 

dove:

 

∆H = Σ Hprodotti – Σ Hreagenti

 

Calori di reazione importanti sono il calore o entalpia di formazione di un composto.

 

L’entalpia di formazione di un composto, ∆Hf, è misurata dal calore scambiato (sviluppato o assorbito) quando si forma una mole di composto a partire dai suoi elementi.

 

Dal momento che il valore del ∆H dipende dalla temperatura e dalla pressione alla quale si verifica una reazione, sia essa di formazione o qualsiasi altra, per rendere confrontabili fra loro i valori dei

∆Hf sono state stabilite certe condizioni sperimentali standard (c.s.) per la loro determinazione.

Si definisce come stato standard di un elemento o di un composto la sua forma molecolare, o di aggregato, più stabile e più diffusa in natura, alla temperatura T di 298 K (25 °C) e alla pressione P di 1 atmosfera.


Le entalpie determinate in condizioni standard vengono indicate come ∆Hf° nel caso delle entalpie di formazione di un composto dagli elementi, e come ∆H° se entalpie di reazione. Le entalpie  molari standard degli elementi sono convenzionalmente nulle.

 


Esempi:


reazione                                                   ∆Hf° (kJ · mol-1)


 

1)   1/2 H2(g)    +  1/2 Cl2(g)                           HCl(g)                                                -92,3

 

2)   H2(g)   + 1/2 O2(g)                                      H2O(g)                                               -242

 

3)   H2(g)   + 1/2 O2(g)                                      H2O(l)                                                -286

 

4)   1/2 N2(g)   + 1/2 O2(g)                              NO(g)                                                  90,4

 

5)   1/2 N2(g)  +  O2(g)                                     NO2(g)                                                 33,1

 

Le equazioni debbono sempre riportare lo stato delle sostanze in gioco. Come si vede dalle equazioni 2 e 3 il ∆Hf° è diverso a seconda che venga prodotta acqua liquida o vapore acqueo. Nelle equazioni, inoltre, si utilizzano coefficienti frazionari poiché ci si riferisce sempre alla formazione  di un’unica mole di composto.

 

Reazioni esotermiche ed endotermiche: gli scambi di calore

 

Quando in una reazione si passa da reagenti caratterizzati da un alto contenuto di energia a prodotti con un più basso contenuto, la differenza tra l’energia dello stato iniziale del sistema, quello dei reagenti, e l’energia dello stato finale rappresentato dai prodotti viene liberata sotto forma di calore ceduto all’ambiente. Poiché nelle normali condizioni di pressione e temperatura a cui avvengono le reazioni chimiche, la variazione di energia di un sistema è rappresentata dalla variazione della sua entalpia (∆H), si può dire che: le reazioni esotermiche, che avvengono cioè con liberazione di calore nell’ambiente, hanno  ∆H < 0.

 

Esempi:

 

reazione                                                               Qamb                       ∆H° (kJ)

 

1)  C3H8(g)   + 5 O2(g)                                3 CO2(g)   + 4 H2O(l)                             2506                    -2506

 

2)  Mg(s)   + 1/2 O2(g)                                MgO(s)                                                         602                     -602

 

3)  H2(g)   +  1/2 O2(g)                                H2O(l)                                                           286                     -286

 

4)  CH4(g)   + 2 O2(g)                                  CO2(g)   +  2 H2O(l)                               890                     -890

 

Per una particolare reazione il ∆H° è riferito alle moli di reagenti e di prodotti indicate dai coefficienti nell’equazione bilanciata.

Anche in questo caso nelle equazioni deve essere sempre specificato lo stato fisico delle sostanze in gioco.


La situazione contraria a quella appena considerata si realizza quando in una reazione reagenti a basso contenuto energetico formano prodotti ad alta energia: in tal caso è necessario un assorbimento di calore dall’ambiente.

Pertanto: le reazioni endotermiche, che avvengono cioè con assorbimento di calore nell’ambiente, hanno ∆H > 0.

 

Esempi:

 

reazione                                                                                                 Qamb                       ∆H° (kJ)

1)  C(s)  + H2O(g)                                    CO(g)  + H2(g)                                                -131                     131

2) CaCO3(s)                              CaO(s)  + CO2(g)                                                         -176                      176

3) H2O(l)                                   H2(g)   +  1/2 O2(g)                                                        -286                      286

 

4)  Cu(s)  + H2O(g)                                 CuO(s)  + H2(g)                                             -86,6                     86,6

 

Come si può notare, la reazione di dissociazione dell’acqua liquida in idrogeno e ossigeno gassosi richiede la stessa quantità di calore liberata nella sintesi di acqua liquida a partire dagli elementi. Infatti: la variazione di entalpia di una reazione ha lo stesso valore, con segno cambiato, di quella della reazione che avviene in senso opposto.

 

Reazione esotermica ∆H < 0                                          Reazione endotermica ∆H > 0

 

 

 

  • La legge di Hess: calcolo teorico del ∆H di una reazione

 

Quando non è possibile determinare il calore di reazione (∆H) per via sperimentale, si ricorre al  fatto che l’entalpia è una funzione di stato, cioè che le sue variazioni dipendono solo dallo stato del sistema. Quindi la variazione di entalpia, associata a una data reazione, può essere calcolata considerando solo lo stato iniziale e quello finale del sistema, indipendentemente dagli stati intermedi attraverso cui esso passa. Da tale proprietà discende la legge di Hess, secondo la quale:

 

il ∆H di una reazione, che può essere espressa come somma algebrica di più reazioni, è dato dalla somma algebrica dei ∆H di queste reazioni.


In pratica, quando il ∆H di una reazione non è misurabile, si deve ricercare un gruppo di altre reazioni di cui sia noto o sia misurabile il ∆H, le quali, opportunamente combinate, diano un’equazione che parte dagli stessi reagenti e arriva agli stessi prodotti della reazione voluta.

Se si vuole per esempio calcolare il ∆H della reazione: C(s)   + 1/2 O2(g)                                                   CO(g)

e sono noti i valori dei ∆H° delle seguenti reazioni:

 

1)   C(s)  + O2(g)                             CO2(g)                                  ∆H°1 = -393,5  kJ · mol-1

2)   CO(g)   + 1/2 O2(g)                                 CO2(g)                  ∆H°2 = -283,0  kJ · mol-1

Sottraendo membro a membro le due equazioni si ricava:

 

C(s)   +  O2(g) -  CO(g)   -  1/2 O2(g)                                 CO2(g)   - CO2(g)

 

che, semplificata, dà

 

C(s)   + 1/2 O2(g)                             CO(g)

 

Ossia la reazione di cui si vuole calcolare il ∆H.

Pertanto, combinando nello stesso modo i relativi ∆H°, quello della reazione in questione è dato da:

 

∆H = ∆H°- ∆H°2

 

Ovvero in termini numerici:

∆H = -393,5 kJ · mol-1 – (-283,0 kJ · mol-1) = -110,5 kJ · mol-1 Che rappresenta il  ∆H°dell’ossido di carbonio CO.

Più generalmente, la legge di Hess afferma che:

 

il ∆H di una reazione si ottiene sommando al ∆H°f dei prodotti il ∆H°f dei reagenti, ciascuno moltiplicato per il proprio coefficiente stechiometrico:

 

∆H = Σ ∆H°f prodotti – Σ ∆H°f  reagenti

 

Proviamo a calcolare, utilizzando la legge di Hess, il ∆H della reazione: Cl2(g)   + 2 HBr(g)                                        2 HCl(g)   + Br2(l)

Sapendo che i ∆H°f di HCl e di HBr sono rispettivamente –92,0  kJ · mol-1 e –36,4  kJ · mol-1.

Ricordando che i ∆H°f degli elementi presenti nella reazione sono nulli, poiché si fa riferimento al cloro gassoso e al bromo liquido, cioè al loro stato nelle condizioni standard, si può scrivere:

 

∆H = 2 · (-92,0) + 0 - [0 + 2 · (-36,4)] = -111,2  kJ


Entalpia e spontaneità

 

L’esperienza quotidiana suggerisce che qualsiasi sistema tende spontaneamente ad andare da situazioni con elevato contenuto di energia potenziale (capacità di compiere lavoro associata alla posizione di un corpo) a situazioni più stabili, cioè con minore energia potenziale.

Poiché l’energia potenziale di un composto chimico può essere identificata con il suo contenuto di entalpia, si potrebbe pensare che solo le reazioni esotermiche siano spontanee, dato che procedono da reagenti ad alto contenuto energetico verso prodotti con basso contenuto, come testimonia il calore liberato. In realtà si riscontrano molte eccezioni.

 

La reazione:

 

Hg(l)   + 1/2 O2(g)                                HgO(s)                                                  ∆H = -90,8 kJ/mol

 

Pur essendo esotermica, avviene spontaneamente solo a temperature elevate, mentre a temperatura ambiente non procede.

Al contrario, alcune reazioni o processi endotermici avvengono spontaneamente. L’assorbimento di calore che si verifica quando alcune sostanze passano in soluzione è sfruttato per la preparazione di impacchi freddi istantanei (confezioni che contengono acqua e, separatamente, NH4NO3 solido).

L’esistenza di reazioni endotermiche spontanee e di reazioni esotermiche che non procedono spontaneamente indica che lo sviluppo di calore non è una condizione sufficiente a determinare la spontaneità di una reazione. È necessario tener conto anche di un’altra grandezza: l’entropia.

 

L’entropia: la misura del disordine

 

Quando si mescola un mazzo di carte è altamente improbabile che esse si dispongano secondo una sequenza prestabilita. È normale invece trovarle distribuite nel mazzo in modo del tutto casuale.

Analogamente, è altamente probabile che un sistema formato da oggetti diversi si presenti in forma disordinata; inoltre tale probabilità aumenta con l’aumentare del numero di oggetti presenti.

Gli stati di aggregazione della materia sono contraddistinti dall’ordine-disordine delle particelle. Si passa dallo stato altamente ordinato, tipico dei solidi, allo stato totalmente disordinato degli aeriformi.

 

 


La solubilizzazione di un composto comporta anch’essa un aumento del disordine del sistema (solvente + soluto) dato che le particelle del soluto, molecole o ioni che siano, passano dallo stato di ordine e immobilità rappresentato dal reticolo, al movimento e alla loro dispersione tra le molecole del solvente.

La funzione termodinamica che misura il grado di disordine di un sistema, e quindi la probabilità della sua esistenza, è chiamata entropia, ed è indicata con S.

L’entropia, che si esprime in J · K-1, venne introdotta da R. Clausius (1850) secondo un approccio diverso da quello probabilistico proposto successivamente da L. Boltzmann.

La variazione di entropia di una reazione chimica dipende dalle trasformazioni che le molecole subiscono, oltre che dal grado di disordine relativo allo stato di aggregazione dei prodotti e dei reagenti. In una reazione chimica un aumento di entropia si verifica quando:

 

reagenti solidi o liquidi formano prodotti gassosi;

  • il numero delle molecole dei prodotti è maggiore di quello dei reagenti. S

 


La variazione di entropia di un sistema in una reazione è indicata con ∆S ed è  uguale  alla differenza tra la somma delle entropie dei prodotti e quella delle entropie dei reagenti:

 

∆S =  Σ Sprodotti - Σ Sreagenti

 

In base a tale definizione si può dire che: nelle reazioni o nei processi in cui l’entropia dei prodotti è maggiore di quella dei reagenti, si verifica un aumento di disordine del sistema e ∆S > 0, mentre quando l’entropia dei prodotti è minore di quella dei reagenti lo stato finale del sistema è meno disordinato di quello iniziale: ∆S < 0.

Esempi:

reazione                                                              ∆S (J · K-1)

 

1)  2 SO2(g)  + O2(g)                                    2 SO3(g)                                                         -189,6

 

2)  2 H2(g)  + O2(g)                                      2 H2O(g)                                                         -377,4

 

3) CaCO3(s)                                      CaO(s)  + CO2(g)                                                     160,8

 

4) 2 NaHCO3(s)                                   Na2CO3(s)   +  H2O(g)  + CO2(g)                  334;1


Come si può vedere dai dati riportati, le prime due reazioni presentano ∆S < 0 e quindi una diminuzione del disordine. Infatti in entrambi i casi si produce una situazione più ordinata perché dalle tre molecole di reagenti di specie diversa si passa a due molecole uguali di prodotto. Le ultime due reazioni sono invece caratterizzate da ∆S > 0 perché avvengono con un aumento del disordine. Infatti da reagenti allo stato solido si passa a più prodotti, alcuni dei quali gassosi. Queste due reazioni, pertanto, dal punto di vista entropico, dovrebbero essere spontanee. In realtà a temperatura ambiente non sono spontanee, mentre lo divengono a temperature elevate. Dunque, né il solo fattore entalpico, né il solo fattore entropico consentono di prevedere se una reazione è spontanea.

È necessario tener conto di entrambi, oltre che della temperatura a cui avviene la reazione.

 

Energia libera

 

La spontaneità di una reazione o di un processo è misurata dalla variazione di una funzione termodinamica G, introdotta verso il 1880 da J. W. Gibbs, chiamata, in suo onore, energia libera di Gibbs. Il ∆G tiene conto contemporaneamente delle tre variabili ∆H, ∆S e T (espressa in K)  secondo la relazione:

∆G = ∆H – T · ∆S

Nei processi spontanei ∆G < 0, nei processi non spontanei ∆G > 0. Una situazione particolare si verifica quando ∆G = 0.

Il sistema si trova in queste condizioni in uno stato di equilibrio in cui minime variazioni delle

grandezze chimiche o fisiche possono rendere spontanee la formazione dei prodotti oppure la ricostituzione dei reagenti.

Vediamo ora come influiscono sul segno e sul valore del ∆G i contributi del ∆H e del ∆S di una reazione, e della T alla quale si opera.

 

Reazione esotermica con aumento di disordine:  ∆H < 0 e ∆S > 0

 

Poiché le temperature assolute sono sempre positive, i segni di ∆H e ∆S assicurano che ∆G < 0 a qualsiasi temperatura e che quindi la reazione è sempre spontanea. Consideriamo la combustione  del propano:

C3H8(g)   + 5 O2(g)                                 3 CO2(g)   +  4 H2O(g)

La reazione è caratterizzata da: ∆H = -2251 kJ · mol-1;  ∆S = 98,2 J · K-1 · mol-1.

 

Nella reazione si libera calore (∆H < 0) ed essa comporta un aumento del disordine (∆S > 0), dato che il numero di molecole dei prodotti è maggiore di quello dei reattivi. Entrambi i fattori favoriscono la reazione, per cui a qualsiasi temperatura si avrà ∆G < 0: la reazione sarà sempre spontanea.

 

Reazione endotermica con diminuzione del disordine: ∆H > 0 e ∆S < 0

 

È il caso esattamente opposto a quello precedentemente descritto. Una reazione che assorba calore (∆H > 0) e proceda verso uno stato più ordinato di quello iniziale (∆S < 0) presenterà ∆G > 0 a qualsiasi temperatura: la reazione non avviene mai spontaneamente.

Consideriamo la reazione opposta a quella di combustione del metano, cioè la produzione di metano e ossigeno a partire da acqua e anidride carbonica:

 

CO2(g) + 2 H2O(g)                             CH4(g) + 2 O2(g)


Per essa si può calcolare: ∆H = 890 kJ · mol-1;  ∆S = -243 J · K-1 · mol-1.

 

Nella reazione si ha assorbimento di calore (∆H > 0) ed essa comporta una diminuzione del disordine (∆S < 0). Tutti e due i fattori non sono favorevoli alla spontaneità, per cui a qualsiasi temperatura si avrà ∆G > 0. La reazione non è mai spontanea. Infatti se ciò accadesse, cioè se si potesse produrre spontaneamente metano partendo da anidride carbonica e acqua, avremmo risolto  il problema delle risorse energetiche!

 

 

Reazione esotermica con diminuzione del disordine: ∆H < 0 e ∆S < 0

 

È una possibilità che si verifica frequentemente nelle reazioni chimiche. Poiché il fattore entalpico (∆H < 0) è favorevole al procedere spontaneo della reazione e quello entropico (∆S < 0) vi si oppone, acquista importanza il valore della temperatura. Essa moltiplica il fattore entropico sfavorevole, pertanto alle basse temperature la reazione è spontanea e non lo è alle alte temperature. Ovviamente il significato di temperatura alta o bassa è relativo a ogni specifico processo in quanto è collegato ai valori del ∆H e del ∆S. C’è infatti un valore di temperatura: T = ∆H / ∆S al quale il senso della spontaneità del processo si inverte in funzione del valore dei contributi entalpici ed entropici. Se si considera, per esempio, la reazione di formazione del triossido di zolfo:

 

SO2(g)   + 1/2 O2(g)                             SO3(g)

Essa presenta: ∆H = -98,3 kJ · mol-1;  ∆S = -9,48 · 10-2 kJ · K-1 · mol-1.

 

Pertanto la temperatura alla quale si verifica l’inversione del senso spontaneo della reazione è: T = -98,3 kJ · mol-1 / -9,48 · 10-2 kJ · K-1 · mol-1 = 1037 K

Al di sotto di questa temperatura ∆G < 0, pertanto la reazione indicata avviene spontaneamente, mentre al di sopra è spontanea la reazione opposta.

 

Reazione endotermica con aumento di disordine: ∆H > 0 e ∆S > 0

 

Anche questo è un caso di reazione chimica che si presenta molto spesso. Poiché il fattore entalpico (∆H > 0) è sfavorevole alla spontaneità della reazione e quello entropico (∆S > 0) la favorisce, ancora una volta la temperatura è determinante: alle alte temperature la reazione è spontanea,  mentre alle basse temperature non avviene. Anche in questo caso si può determinare la temperatura alla quale si ha l’inversione del comportamento del sistema con la formula: T = ∆H / ∆S.

Si consideri la reazione:

CaCO3(s)                             CaO(s)   + CO2(g)

che presenta: ∆H = 179,3 kJ · mol-1; ∆S = 1,608 · 10-1 kJ · K-1 · mol-1. La temperatura che indica inversione del comportamento è:

T = 179,3 kJ · mol-1 / 1,608 · 10-1 kJ · K-1 · mol-1 = 1115 K

 

Pertanto solo al di sopra dei 1115 K, ∆G < 0 e la decomposizione del carbonato di calcio è spontanea, mentre al di sotto di tale temperatura è spontanea la sua formazione a partire da CaO e CO2.

 


Dissoluzione in acqua

 

Dissociazione ionica

 

La dissociazione è il meccanismo di dissoluzione che riguarda i composti ionici (solidi ionici con reticoli cristallini). Le molecole fortemente polari di H2O disgregano il reticolo, vincendo le forze di attrazione elettrostatica tra gli ioni di segno opposto che lo formano. Si producono ioni idratati (solvatazione) che conservano la carica del rispettivo ione.

 


 


 

Ionizzazione

 

Coinvolge composti formati da molecole polari, l’H2O rompe i legami covalenti polari posti all’interno di ogni molecola, generando ioni che non esistevano come tali.

 

Solubilizzazione

 

Coinvolge i composti molecolari, l’H2O rompe i deboli legami che esistono fra le molecole (legami intermolecolari), liberando molecole intere, elettricamente neutre, che si disperdono in seno all’acqua.

 

 

Elettroliti

 

Sono elettroliti tutte le sostanze che, disciolte in acqua, producono ioni positivi e ioni negativi, sia mediante ionizzazione, sia mediante dissociazione.

Tutte le soluzioni elettrolitiche sono in grado di condurre la corrente elettrica.

 

molecole dissociate

Grado di dissociazione (a) =                                        , pertanto sono: molecole totali

 

  • elettroliti forti le sostanze completamente dissociate (a = 1)
  • elettroliti deboli le sostanze poco dissociate (a < 1) Sono elettroliti gli acidi, le basi e i sali.

I sali, in presenza di acqua, producono ioni  positivi (cationi) e ioni negativi (anioni).

 


Teoria di Arrhenius (1887)

 

Il chimico danese studiando la dissociazione ionica di sostanze diverse disciolte in acqua e confrontando la conducibilità elettrica delle soluzioni così ottenute, concluse che:

 

sono acidi le sostanze che, sciolte in acqua liberano ioni H+ (protoni)

niaca (NH3).

 

Teoria di Brönsted-Lowry (1923)

 

Indipendentemente l’uno (danese) dall’altro (inglese), diedero una definizione più ampia di acido e di base:

 

  • è un acido una sostanza capace di cedere protoni (H+);
  • è una base una sostanza capace di acquistare protoni (H+).

 

Pertanto con questa teoria il termine base non indica più soltanto le sostanze che contengono nella propria formula lo ione idrossido OH-.

 

coppia coniugata

Es:  NH3  + H2O                          NH4+   + OH-

base     acido                          acido     base coppia coniugata

 

coppia coniugata

HCl + H2O                             Cl-   + H3O+

acido     base                            base     acido coppia coniugata

Non è possibile definire in assoluto una sostanza come acido o come base, ma questa deve essere definita solo relativamente ad un’altra sostanza, con la quale reagisce (vedi l’acqua nelle reazioni sopra rappresentate).


Teoria di G. N. Lewis (1926)

 

Alcune sostanze, come BF3, sciolte in benzene o in tetracloruro di carbonio, fanno cambiare il colore del tornasole e danno delle reazioni caratteristiche degli acidi ma, non contenendo atomi di idrogeno, non possono, in base a nessuna delle precedenti teorie, essere considerate come acidi.

La definizione più generale e più recente di acido e di base è stata formulata nel 1926 dallo statunitense Lewis considerando i legami che queste sostanze potevano formare quando reagivano. Secondo Lewis, le proprietà acide di una sostanza sono dovute alla sua disponibilità ad accettare una coppia di elettroni, formando un altro legame, mentre le specie che possiedono una o più coppie elettroniche non condivise presentano proprietà basiche.

 

Pertanto:

 

  • un acido è una specie in grado di accettare una coppia di elettroni;

 

  • una base è una specie in grado di cedere una coppia di elettroni.

 

La definizione di base secondo Lewis ripropone, sotto un altro aspetto, quanto era già stato affermato da Brönsted e Lowry. Infatti le sostanze che accettano protoni hanno una coppia elettronica disponibile, come l’acqua e l’ammoniaca.

. .                               . .

H2O : + H+                 H3O+

. .

NH3 + H+                 NH4+

 

In queste reazioni, acqua e ammoniaca si comportano come basi, sia secondo la definizione di Lewis, sia secondo quella di Brönsted e Lowry. La definizione di acido dato da Lewis consente di classificare come acidi, oltre allo ione H+, anche cationi, detti acidi di Lewis, in grado di formare legami dativi di coordinazione:

. .

Ag+   + 2 NH3                            Ag(NH3)2+

o elementi con ottetti incompleti o espandibili:

. .                             –         +

BF3   + NH3                             F3B – NH3

 

Delle teorie riportate, quella che si presenta più completa, perché è in grado di descrivere il comportamento di un grande numero di sostanze in ambienti molto diversi, è indubbiamente quella di Lewis. D’altra parte ciò è comprensibile perché essa punta l’attenzione sul meccanismo di formazione dei legami, situazione che si verifica in ogni reazione. Se però si limita il campo di studio al solvente di più largo impiego in grado di scambiare protoni, cioè l’acqua, la teoria di Brönsted e Lowry è adeguata a spiegare il comportamento di una vastissima gamma di composti.


Costante di equilibrio

 

Quando l’intera massa dei reagenti si è trasformata nei prodotti, la reazione è completa (es: tutte le combustioni). Tali reazioni si dicono anche irreversibili. La maggior parte delle  reazioni invece non vanno a compimento, sono incomplete, in uno stato di apparente equilibrio (accanto ai prodotti si trovano reagenti residui), sono reversibili.

Una reazione reversibile può avvenire in entrambe le direzioni:

 

 

sintesi = reazione diretta;       decomposizione = reazione inversa V = velocità di reazione              T = tempo

 

Lo stato di equilibrio del sistema è di tipo dinamico perché a livello microscopico le reazioni continuano alla stessa velocità.

 

Legge dell’equilibrio chimico o dell’azione di massa (Guldberg e Waage, Norvegia 1865)

 

A una data temperatura costante, il rapporto tra il prodotto delle concentrazioni molari (moli/litro) dei prodotti della reazione, elevate ciascuna al proprio coefficiente stechiometrico, e il prodotto delle concentrazioni molari dei reagenti, elevate anch’esse al proprio coefficiente stechiometrico, è costante.

 

 

  • Una costante di equilibrio piccola (Keq < 1) significa che la reazione è spostata a sinistra.
  • Una costante di equilibrio grande (Keq > 1) significa che la reazione è spostata a destra.

Principio di Le Chatelier

 

Se un sistema all’equilibrio viene perturbato, esso reagisce in un modo da controbilanciare la causa della perturbazione.

 

  • Effetto della variazione di concentrazione di una delle specie chimiche del sistema reattivo, senza variare la temperatura (reazione1):

 

 

  • sottraendo HI l’equilibrio si sposta a destra
  • aggiungendo H2 oppure I2 l’equilibrio si sposta a destra               non cambia la Keq
  • aggiungendo HI l’equilibrio si sposta a sinistra

 

 

  • Effetto della variazione di pressione o di volume nell’ambiente di reazione.

 



 

la reazione avviene spontaneamente con diminuzione di volume:

 


  • comprimendo l’equilibrio si sposta verso destra

 

  • decomprimendo l’equilibrio si sposta verso sinistra

non cambia la Keq


 

 

 


  • l’aumento della temperatura sposta l’equilibrio a destra
  • la diminuzione della temperatura sposta l’equilibrio a sinistra

 

  • reazione esotermica
  • l’aumento della temperatura sposta l’equilibrio a sinistra
  • la diminuzione della temperatura sposta l’equilibrio a destra

 

 

cambia la Keq


Prodotto di solubilità (Kps)

 

L’equilibrio a cui si giunge quando si pone in un solvente una quantità di sostanza maggiore di quella che vi si può disciogliere è detto equilibrio di solubilità.

 

Prodotto ionico dell’acqua (Kw)

 

Se si misura la conducibilità elettrica dell’acqua pura con strumenti molto sensibili, si osserva che essa conduce la corrente elettrica, anche se in minima quantità. In effetti, secondo la teoria di Brönsted-Lowry, esiste un equilibrio tra le molecole:

 

H2O + H2O                        H3O+  + OH-         che a 25 °C presenta il seguente valore, base             acido                       acido       base

 

[H3O+] · [OH-]

Keq =                                   =  3,25 · 10-18

[H2O]2

La reazione è fortemente spostata a sinistra tanto da poter considerare la concentrazione dell’acqua costante. Essendo 18 la massa molare dell’acqua, la sua concentrazione molare è:

 

1000g/L

               = 55,5 mol/L       pertanto, 18g/mol

 

Keq ·  [H2O]2 = [H3O+] · [OH-]   da cui

Kw = Keq · [H2O]2 = 3,25 · 10-18 · (55,5)2 = 1,0 · 10-14  quindi,  Kw = [H3O+] · [OH-] = 1,0 · 10-14   oppure,

Kw = [H+] · [OH-] = 1,0 · 10-14 = prodotto ionico dell’acqua

 

pertanto, nell’acqua pura:

 

[H+] = [OH-] =    1,0 · 10-14  = 1,0 · 10-7 mol/L

 

Il valore del prodotto ionico dell’acqua è costante a temperatura costante e resta tale in tutte le soluzioni acquose.

 

Es: se la [H+] è 1,0 · 10-2 mol/L, quale sarà la concentrazione degli ioni OH-? [1.0 · 10-2] · [OH-] = 1,0 · 10-14

1,0 · 10-14

[OH-] =                            =   1,0 · 10-12 mol/L 1,0 · 10-2

Le costanti di acidità e basicità

 

L’acido acetico in acqua ionizza in questo modo: CH3COOH + H2O                                           CH3COO- + H3O+     per cui,

[CH3COO-] · [H3O+]

Keq =

[CH3COOH] · [H2O]

 

La concentrazione dell’acqua è costante, anche in questo caso può essere incorporata nella costante di equilibrio:

Keq · [H2O] =  Ka  costante di dissociazione acida     ..........a 25 °C, [CH3COO-] · [H3O+]

Ka =                                              =  1,8 · 10-5        l’acido acetico è poco dissociato, la reazione è

[CH3COOH]                                       spostata a sinistra.

 

L’acido cloridrico in acqua ionizza in questo modo: HCl + H2O                             H3O+   +  Cl-   per cui a 25 °C,

[H3O+] · [Cl-]

Ka =                                      =  1,0 · 107              l’acido cloridrico è molto dissociato, la reazione è [HCl]                                                     spostata nettamente a destra.

 

 

L’ammoniaca in acqua ionizza in questo modo: NH3   + H2O                              NH4+   +  OH-    per cui,

[NH4+] · [OH-]

Keq =

[NH3] · [H2O]

 

La concentrazione dell’acqua è costante, anche in questo caso può essere incorporata nella costante di equilibrio:

Keq · [H2O] =  Kb  costante di dissociazione basica     ........a 25 °C, [NH4+] · [OH-]

Kb =                                      =  1,8 · 10-5        la base è poco dissociata, la reazione è spostata

[NH3]                                     a sinistra.

Fonte: http://www.liceoariostospallanzani-re.gov.it/index.php/materiale/scienze/171-appunti-di-chimica-generale-e-di-chimica-organica-2013-doc/file

Sito web da visitare: http://www.liceoariostospallanzani-re.gov.it

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