Il principio di indeterminazione di Heisenberg

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Il principio di indeterminazione di Heisenberg

FISICA
Viaggio nell’universo quantistico, partendo dal modello standard fino ad arrivare alle più recenti teorie delle stringhe.

La Meccanica Quantistica ha fatto delle scoperte notevoli sul comportamento delle particelle elementari al livello più basso, subatomico del Mondo. Sembrerebbe logico pensare che studiando questi blocchi fondamentali del nostro Universo potremmo ottenere alcune delle migliori intuizioni [1] sulla vera natura della Realtà.
Le predizioni della Meccanica Quantistica sono perlopiù guidate da risultati di esperimenti. In effetti, la Meccanica Quantistica non ha molto da dire sul “perché” succedano le cose, mentre puo’ essere usata per predire “come” esse si comporteranno. Ed il più famoso degli esperimenti in questo senso é sicuramente quello della Doppia Fenditura (o double-slit in originale).
Nel Settembre del 2002 l’Esperimento della Doppia Fenditura fu votato come “il più bel esperimento di sempre” dai lettori di Physics World (fonte). Fu Richard Feynman in persona a far notare che contiene tutto cio’ che serve di sapere sulla Meccanica Quantistica. Ma forse, la proprietà più utile dell’Esperimento é mostrare quanto bizzarra puo’ essere la realtà Quantistica!
Nell’esperimento, un Emettitore di Elettroni (a volte chiamato Cannone Elettronico) é puntato verso una parete con due fessure, e la posizione degli elettroni é misurata dopo il passaggio attraverso una delle due, esibendo dei piccoli puntini su uno schermo posizionato dietro la parete. Si é scoperto che sullo schermo si produce uno schema di interferenza uguale a quelli prodotti dalla diffrazione della luce o dal passaggio di acqua attraverso due aperture vicine. Ci sono fasce più brillanti (“interferenza costruttiva“) e fasce scure (“interferenza distruttiva“).

Questo é già abbastanza strano: gli elettroni interferiscono fra loro come se fossero onde. Eppure, le cose diventano ancora più bizzarre se emettiamo un solo elettrone alla volta, quindi aspettiamo finché non forma un punto sullo schermo prima di emettere il successivo, in modo che ci sia un solo elettrone all’interno del Sistema in ogni istante. Via via che i singoli elettroni colpiscono lo schermo, uno schema emerge lentamente, e quello che vediamo é addirittura incredibile: l’accumulazione di punti sullo schermo produce uno schema di bande chiare e scure – nonostante ci sia un solo elettrone alla volta nel sistema, appare nuovamente uno schema di interferenza! Pare che l’elettrone interferisca con sé stesso. Quindi, in qualche strana maniera,

sembra che l’elettrone passi attraverso entrambe le fessure allo stesso tempo!

Come puo’ essere possibile questo? Forse l’elettrone passa per metà da una fessura e per metà dall’altra? Eppure, se piazziamo un piccolo rilevatore dall’altra parte di una delle due rileviamo solo elettroni interi che a volte vi passano attraverso (mentre il restante delle volte passano attraverso l’altra fessura). E’ come se l’elettrone passi realmente attraverso le due fessure contemporaneamente ma, se cerchiamo di rilevarlo, decida improvvisamente di agire come una singola particella passante per una sola delle due!
E’ solamente negli ultimi dieci anni che la Meccanica Quantistica é stata capace di gettare un po’ di luce su quello che succede nell’Esperimento della Doppia Fessura (ce ne occuperemo in un prossimo articolo), ma prima di poter arrivare a quel livello c’é ancora un po’ di teoria da scoprire. Ed é meglio cominciare dall’inizio.
Si puo’ dire che la Meccanica Quantistica comincio’ nel 1900, quando Max Planck fece la scoperta che la luce, che si pensava si comportasse come un’onda pura, era in effetti composta da energia divisa in pacchetti discreti (chiamati “quanti“). Nella formula di Planck l’energia dei pacchetti, e, é proporzionale alla frequenza della luce, f, attraverso una costante di proporzionalità nota come la costante di Planck, h.

Questo risultato suggeri’ che le onde (la luce) fossero in effetti composte di particelle. Un risultato complementare a questo venne quando nel 1923 Louis de Broglie suggeri’ che la materia (ovvero le particelle) si comportino come un’onda (come é evidente dall’esperimento della Doppia Fenditura) la cui lunghezza d’onda, , é inversamente proporzionale alla quantità di moto della particella, p. Questa la derivazione:

Sappiamo oggi che tutto nell’Universo conosciuto é composto di queste strane entità particelle / onde che obbediscono alle due formule del comportamente quantistico date prima.
Come possiamo comprendere questa strana dualità onda/particella? E’ possibile combinare questi due risultati in una singola equazione, rivelando cosi molti più intuizioni sulla vera natura della Realtà al livello Quantistico?
La risposta é affermativa, e nel 1926 Erwin Schrödinger ci riusci’

Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg
Ora, immaginiamo di voler misurare la posizione di una particolare particella. Per poterlo fare, abbiamo bisogno di “vederla”, quindi dovremo illuminarla con una certa quantità di luce di lunghezza d’onda . Questo significa che ci sarà un’inevitabile incertezza a proposito della posizione della particella (a causa della Potenza della luce utilizzata), incertezza che varrà:
Quando la particella di luce (fotone) colpisce la particella sotto osservazione, inevitabilmente altera la sua quantità di moto, in accordo col risultato di Louis de Broglie:

Combinando le due equazioni otteniamo che:
Che é il Principio di Indeterminazione di Heisenberg.
Questo Principio ci dice che, maggiore é il livello di precisione con cui determiniamo la posizione della particella, , minore sarà la precisione con cui potremo conoscere la sua quantità di moto, . Questo si puo’ vedere dall’animazione seguente (generata a partire dal Principio stesso):

L’animazione mostra i picchi rilevanti di indeterminazione per la posizione e la quantità di moto (per un’onda di luce, e per il corrispondente fotone). Dal risultato di De Broglie (considerato prima) sappiamo che se abbiamo un preciso valore per la quantità di moto della particella, p, allora abbiamo anche un preciso valore per la lunghezza d’onda, e quindi un preciso colore della nostra onda luminosa. Un preciso valore per la quantità di moto della particella corrisponde nell’animazione quando il valore della quantità di moto diventa un singolo punto verticale. Quando questo succede, si puo’ vedere che la corrispondente incertezza nella posizione della particella diverge ad infinito: ad esempio, quando abbiamo luce che si comporta come una normale onda luminosa (con un colore associato e visibile), non abbiamo idea di dove sia la corrispondente particella. Nel modello duale onda / particella questo é il caso della luce che si comporta come un’onda, non come una particella.
Al contrario, quando abbiamo una precisa posizione per la particella (ad esempio quando mandiamo l’onda luminosa su uno schermo e rileviamo il fotone), corrisponde nell’animazione al valore della posizione che diventa un singolo punto verticale, e, in corrispondenza, é la quantità di moto a divergere ad infinito (ad esempio quando non riusciamo più a determinare la lunghezza d’onda di un’onda luminosa). Nel modello della dualità onda / particella, questo corrisponde alla luce che agisce come una particella, ma non come un’onda.

MODELLO STANDARD

Il Modello standard (MS) è una teoria fisica che descrive tre delle quattro forze fondamentali note: le interazioni forte, elettromagnetica e debole (le ultime due unificate nell'interazione elettrodebole) e tutte le particelle elementari ad esse collegate.
Basato sulla teoria quantistica dei campi, matematicamente è una teoria di gauge non abeliana (teoria di Yang-Mills), rinormalizzabile e coerente con la relatività ristretta.
Le previsioni del Modello standard sono state in larga parte verificate sperimentalmente con un'ottima precisione, tuttavia esso, non comprendendo la forza gravitazionale, per la quale non esiste ad oggi una teoria quantistica coerente, non può essere considerato una teoria completa delle interazioni fondamentali.
Il modello standard non prevede inoltre l'esistenza della materia oscura, che costituisce gran parte della materia dell'universo.
Nel Modello standard le particelle elementari sono raggruppate in due tipologie principali, sulla base della statistica a cui obbediscono e di conseguenza dello spin:
• I Fermioni, ovvero i quark e i leptoni, aventi spin semintero.
Tutta la materia ordinaria che osserviamo nel mondo macroscopico è costituita da quark e leptoni: gli atomi sono composti da un nucleo ed uno o più elettroni, che sono i più leggeri tra i leptoni carichi. Il nucleo è costituito a sua volta da protoni e neutroni che sono composti ciascuno da tre quark.
I fermioni sono raggruppati in famiglie, tre per i leptoni e tre per i quark.
Le tre famiglie di leptoni comprendono ciascuna una particella carica (rispettivamente elettrone, muone e tau) ed un corrispondente neutrino. A differenza dei quark, essi non posseggono alcuna carica di colore e quindi su di loro la forza nucleare forte non ha effetto.
Le tre famiglie di quark prevedono ciascuna un quark di carica ed uno di carica . I quark più leggeri sono up (u) e down (d), che combinati secondo lo schema uud formano il protone (di carica ), mentre combinati secondo lo schema udd formano il neutrone (di carica ).
• I Bosoni, noti anche come bosoni vettoriali o bosoni di gauge in quanto la loro esistenza viene introdotta in base ad un principio di simmetria detta "di gauge", aventi spin intero.
I bosoni risultano essere le particelle mediatrici delle interazioni fondamentali: il fotone per l'interazione elettromagnetica, i due bosoni carichi W ed il bosone Z per l'interazione debole e i gluoni per l'interazione forte.
Nel Modello standard è anche prevista la presenza di almeno un bosone di Higgs,[11] la cui massa non viene quantificata dal modello e che è attualmente oggetto di ricerca (vedi più avanti l'apposito paragrafo).
I gravitoni, cioè i bosoni che si pensa possano mediare l'interazione gravitazionale in una sua possibile formulazione quantistica, non sono considerati nel Modello standard.

IL PRINCIPIO DI SIMMETRIA

Alla base della formulazione del Modello standard viene posto un principio di simmetria fondato sulla teoria di Yang-Mills. Questo consiste nell'invarianza della teoria sotto opportune trasformazioni, dette trasformazioni di gauge. L'invarianza di gauge garantisce la coerenza matematica e la predittività della teoria, ossia quella che tecnicamente viene definita rinormalizzabilità.
Le interazioni fondamentali vengono rappresentate nel gruppo unitario SU(2)×U(1)×SU(3), costituito dal prodotto di SU(2)×U(1) che descrive le interazioni elettromagnetiche e deboli (unificate nell'interazione elettrodebole), con SU(3) che descrive le interazioni forti. La descrizione delle interazioni elettromagnetiche attraverso il gruppo U(1) prende il nome di elettrodinamica quantistica, o QED, mentre la descrizione delle interazioni forti attraverso il gruppo SU(3) prende il nome di cromodinamica quantistica, o QCD.
Ad ogni gruppo considerato corrispondono i bosoni vettori, che, come già detto, sono i mediatori delle forze osservate in natura e il cui numero dipende da quello dei generatori, che è una proprietà matematica del gruppo stesso. Al sottogruppo SU(2)×U(1) corrispondono il fotone, mediatore dell'interazione elettromagnetica, ed i bosoni W (carichi) e Z (neutro), mediatori dell'interazione debole, mentre al sottogruppo SU(3) corrispondono otto gluoni, dotati di carica di colore.
I gluoni, a differenza dei fotoni, che hanno carica elettrica nulla, hanno la proprietà di avere carica di colore, e per questo sono a loro volta soggetti alla forza forte (questa proprietà può essere messa in relazione al fatto che SU(3) è un gruppo non abeliano). Similmente avviene per i bosoni W e Z che possono interagire tra loro. Questa proprietà è stata verificata sperimentalmente, in particolare all'acceleratore LEP del CERN

L’universo Quantistico

Avendo quindi introdotto il concetto di meccanica quantistica e quindi del modello Standard, dobbiamo fare un passo avanti nella comprensione dell’universo quantistico.
Fino a poco tempo fa la scienza si limitava a descrivere che cosa era successo dopo il Big Bang, l’immane esplosione che 15 miliardi di anni fa diede origine all’intero universo. Oggi le cose sono cambiate. La scienza sta invadendo un campo fino ad ora riservato alla religione: sta cercando di capire che cosa ci fosse prima di quella esplosione, prima cioè della nascita stessa dell’universo. Le ipotesi in discussione sono molte, ma tutte lasciano intravedere la possibilità che prima del nostro ci siano stati molti altri Big Bang. E molti altri universi, ognuno con una realtà fisica diversa: c’è quello dove esiste la materia ma non si può sviluppare la vita, oppure quello dove neanche la materia esiste e tutto è radiazione. E non è finita qui. Secondo alcuni studiosi di meccanica quantistica, la nostra stessa realtà si sdoppia ogniqualvolta una particella ha la possibilità di comportarsi in modi diversi, dando vita a due universi paralleli: in uno la particella si comporta in un modo, nell’altro nel modo opposto. Di sdoppiamento in sdoppiamento si creano tutte le possibili varianti. Sembra insomma che dopo esserci abituati all’idea che né la Terra né la nostra galassia sono al centro del creato, dovremmo presto accettare anche quella di non appartenere all’unico universo esistente.Agli scienziati il dubbio era sorto dalla constatazione che le costanti naturali fissate all’epoca del Big Bang, come la carica dell’elettrone o la velocità della luce, sembrano straordinariamente calibrate per favorire la nascita dell’universo in cui si possa sviluppare l’attuale società. Se la gravità fosse stata leggermente più forte, le stelle avrebbero bruciato il loro combustibile nucleare in meno di un anno. Se invece la forza che tiene uniti gli atomi fosse stata più debole, gli astri non sarebbero neanche esistiti. Insomma la vita sulla Terra è il risultato di circostanze così specifiche e di condizione così restrittive da essere considerato un evento di per se altamente improbabile.C’è però un modo per spiegare una serie tanto impressionante di coincidenze: ammettere che si formino di continuo interi universi, ognuno con caratteristiche del tutto casuali. Ciò aumenterebbe la probabilità statistica che, tra i tanti, possa nascere un universo con le condizioni giuste per generare l’uomo così come è. Questa è l’idea del MULTIVERSO, che tanto successo sta riscuotendo tra i cosmologi.Lee Smolin, docente di fisica all’università di Pennsylvania addirittura ha azzardato una teoria sull’origine e l’evoluzione degli universi in termini di selezione naturale. Secondo la sua teoria, ogniqualvolta che da un universo ne nasce un altro le leggi fisiche si modificano un po’, come avviene per gli esseri viventi. Così ci sono universi che nascono con leggi ostili e finiscono per estinguersi.
Questa idea originale è basata su una constatazione della meccanica quantistica che ci sono fenomeni microscopici in cui una particella si comporta come se interferisse con una ‘controparte’, invisibile ma reale. Se queste piccole particelle hanno tutte una controparte, ne deriva che anche oggetti più grossi hanno a loro volta una ‘controparte’. E per i sostenitori di questa teoria queste due realtà non sono alternative, ma si verificano entrambe. Essi affermano infatti che anche il minimo cambiamento nello stato di una particella subatomica crei una biforcazione nella storia dell’universo, generando una rete pressoché infinita di mondi, tutti dotati di una propria concretezza.Un fisico teorico dell’università di Oxford, è convinto che l’interpretazione a molti universi della meccanica quantistica sarà verificata sperimentalmente, nonostante l’inosservabilità degli altri universi.Può darsi che esistano infiniti altri universi, e che fra gli altri mondi ed il nostro avvengano scambi, separazioni ed intersezioni che forse un giorno riusciremo a rivelare. Ma per ora è solo una suggestiva ipotesi.

DAL MODELLO STANDARD ALLA TEORIA DELLE STRINGHE
In fisica teorica, la teoria delle stringhe (letteralmente in inglese string, "corda") è una teoria, ancora in fase di sviluppo, che tenta di conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale[1], e che si spera pertanto possa costituire una teoria del tutto.
Si fonda sul principio secondo cui la materia, la radiazione e, sotto certe ipotesi, lo spazio e il tempo siano in realtà la manifestazione di entità fisiche fondamentali che, a seconda del numero di dimensioni in cui si sviluppano, vengono chiamate stringhe oppure p-brane
La teoria delle stringhe è un modello fisico i cui costituenti fondamentali sono oggetti ad una dimensione (le stringhe), invece che di dimensione nulla (i punti) come nelle teorie precedenti. Per questa ragione è in grado di evitare i problemi connessi alla presenza di particelle puntiformi.
Uno studio più approfondito della teoria delle stringhe ha rivelato che descrive oggetti che possono avere dimensioni nulle (e quindi essere punti), una dimensione (stringhe), due dimensioni (membrane) o possedere un numero D di dimensioni maggiore di due (D-brane).
Il termine "teoria delle stringhe" si riferisce propriamente sia alla teoria bosonica a 26 dimensioni che alla teoria supersimmetrica a 10 dimensioni (teoria delle superstringhe). Tuttavia nell'uso comune fa riferimento alla variante supersimmetrica, mentre l'altra teoria prende il nome di teoria di stringa bosonica.
L'interesse verso la teoria risiede nel fatto che si spera possa essere una teoria del tutto, ossia che descriva tutte le forze fondamentali. Potrebbe cioè fornire un modello per la gravità quantistica, insieme alle altre interazioni fondamentali già contemplate dal Modello standard. Sebbene includa nella versione supersimmetrica anche i fermioni, i "mattoni" costituenti la materia, non è ancora chiaro se possa descrivere un universo con le caratteristiche di forze e materia come quello osservato.
A un livello più concreto la teoria delle stringhe ha originato progressi nella matematica dei nodi, negli spazi di Calabi-Yau e in molti altri campi. La teoria delle stringhe ha anche gettato maggior luce sulle teorie di gauge supersimmetriche, un argomento che include possibili estensioni del Modello standard.
Dimensioni Extra
Una caratteristica interessante della teoria delle stringhe è che essa predice il numero di dimensioni che l'Universo dovrebbe avere. Né la teoria dell'elettromagnetismo di Maxwell né la teoria della relatività di Einstein dicono nulla sull'argomento: entrambe le teorie richiedono che i fisici inseriscano "a mano" il numero delle dimensioni.
Invece, la teoria delle stringhe consente di calcolare il numero di dimensioni dello spazio-tempo dai suoi principi base.[4] Tecnicamente, questo accade perché il principio di invarianza di Lorentz può essere soddisfatto solo in un certo numero di dimensioni. Più o meno questo equivale a dire che se misuriamo la distanza fra due punti e poi ruotiamo il nostro osservatore di un certo angolo e misuriamo di nuovo, la distanza osservata rimane la stessa solo se l'universo ha un ben preciso numero di dimensioni.
Il solo problema è che quando si esegue questo calcolo, il numero di dimensioni dell'universo non è quattro, come ci si potrebbe attendere (tre assi spaziali e uno temporale), bensì ventisei. Più precisamente, le teorie bosoniche implicano 26 dimensioni, mentre le superstringhe la M-teoria risulta richiedere 10 o 11 dimensioni.[5] Nelle teorie di stringa bosonica, le 26 dimensioni risultano dall'equazione di Polyakov
Comunque, questi modelli sembrano in contraddizione con i fenomeni osservati. I fisici di solito risolvono questo problema in uno di due diversi modi. Il primo consiste nel compattare le dimensioni extra; cioè, si suppone che le 6 o 7 dimensioni extra producano effetti fisici su un raggio così piccolo da non poter essere rilevate nelle nostre osservazioni sperimentali. Senza aggiungere i flussi, riusciamo ad ottenere la risoluzione del modello a 6 dimensioni con gli spazi di Calabi-Yau. In 7 dimensioni, essi sono chiamati varietà G2 e in 8 varietà Spin(7). In sostanza, queste dimensioni extra vengono matematicamente compattate con successo facendole ripiegare su sé stesse.
Una analogia molto usata per questo è di considerare lo spazio multidimensionale come un tubo di gomma per il giardino. Se guardiamo il tubo da una certa distanza, esso sembra avere una sola dimensione, la sua lunghezza. Questo corrisponde alle quattro dimensioni macroscopiche cui siamo abituati normalmente. Se però ci avviciniamo al tubo, scopriamo che esso ha anche una seconda dimensione, la sua circonferenza. Questa dimensione extra è visibile solo se siamo vicini al tubo, proprio come le dimensioni extra degli spazi di Calabi-Yau sono visibili solo su lunghezze estremamente piccole, e quindi non sono facilmente osservabili.
(Ovviamente, un normale tubo per il giardino esiste nelle tre dimensioni spaziali, ma per consentire l'analogia si trascura il suo spessore e si considera solo il moto sulla superficie del tubo. Un punto sulla superficie del tubo può essere individuato con due numeri, la distanza da una delle estremità e una distanza sulla circonferenza, proprio come un punto sulla superficie terrestre può essere individuato univocamente dalla latitudine e dalla longitudine. In entrambi i casi, diciamo che l'oggetto ha due dimensioni spaziali. Come la Terra, i tubi da giardino hanno un interno, una regione che richiede una dimensione extra; però, a differenza della Terra, uno spazio di Calabi-Yau non ha un interno).
Un'altra possibilità è che noi siamo bloccati in un sottospazio a "3+1" dimensioni dell'intero universo, ove il 3+1 ci ricorda che il tempo è una dimensione di tipo diverso dallo spazio. Siccome questa idea implica oggetti matematici chiamati D-brane, essa è nota come mondo-brana (cfr. anche universo ecpirotico).
In entrambi i casi la gravità, agendo nelle dimensioni nascoste, produce altre forze non gravitazionali, come l'elettromagnetismo. In linea di principio, quindi, è possibile dedurre la natura di queste dimensioni extra imponendo la congruenza con il modello standard, ma questa non è ancora una possibilità pratica.

 

Fonte: http://universe2.altervista.org/wp-content/uploads/2015/05/FISICA.docx

Sito web da visitare: http://universe2.altervista.org

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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