Risonanza delocalizzazione elettroni

Risonanza delocalizzazione elettroni

 

 

 

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Risonanza delocalizzazione elettroni

 Ibridazione e risonanza.

La necessità di introdurre il concetto di orbitale ibrido è legata all’osservazione che alcune molecole presentano una simmetria difficilmente spiegabile altrimenti. Gli esempi più eclatanti sono quelli dei composti del carbonio ( C ) : il carbonio, in determinati stati, presenta sempre composti a simmetria tetraedrica ( per esempio la semplice molecola di CH4) in cui la lunghezza e la mutua distanza dei legami è sempre la stessa; ciò è in contrasto con l’osservazione degli orbitali atomici del carbonio di partenza. Infatti la configurazione elettronica esterna del carbonio dovrebbe essere la seguente: 2s2 2p2 che abbiamo visto può essere anche scritta come 2s1 2p3 , ciò comunque comporterebbe la formazione di una struttura con caratteristiche non simmetriche in quanto la forma e la dimensione e l’orientamento degli orbitali s e p sono decisamente diversi. Ricordando che la forza e quindi la relativa stabilità di un legame possono essere interpretate come entità di sovrapposizione degli orbitali atomici, dovrebbe risultare chiaro che l’allineamento degli orbitali nella formazione di un legame è importante portando ad un forte allineamento degli orbitali p del carbonio e gli orbitali dell’altro elemento interessato al legame (nell’esempio su riportato sarebbero gli orbitali s dell’idrogeno). Da questo fatto la molecola del CH4 dovrebbe risultare con angoli di legame di 90° per quanto riguarda i tre orbitali p e un angolo diverso (compreso probabilmente fra i 100° e 150°) per quanto riguarda l’orbitale s. Come detto sopra, però, l’osservazione garantisce la perfetta equivalenza dei quattro legami motivo che ha portato al concetto di mescolamento degli orbitali atomici che ha assunto il nome di ibridazione. Si tratta, in sostanza, della formazione, dagli orbitali origine o genitori (gli s e i p, per la nostra descrizione introduttiva), di orbitali con caratteristiche miste, i cosiddetti figli o ibridi. Nel caso del carbonio prima ricordato gli orbitali ibridi che si indicheranno con la dicitura sp3, rappresentando appunto il mescolamento di un orbitale s e di tre orbitali p, avranno caratteristiche che ricorderanno un po’ gli orbitali p e un po’ (meno essendo solo uno l’orbitale) s. Essendo tali orbitali allo stesso livello di energia saranno equivalentemente diretti formando quindi la base per una simmetria tetraedrica. Ma, come si può immaginare, la formazione di orbitali ibridi non è limitata al carbonio o all’utilizzo di un s e tre p, anzi può essere estesa a tutti quei casi in cui la simmetria degli orbitali di partenza poco possa giustificare la simmetria delle molecole esistenti. Vediamo il caso degli alogenuri di berillio (Be) come BeCl2 o BeBr2. Il berillio ha una configurazione esterna tipo 2s2 ma tale situazione elettronica non giustifica la formazione di legami come nei composti appena menzionati, per cui possiamo immaginare una configurazione tipo 2s1 2p1, ancora, però, ciò porterebbe alla formazione di una molecola non simmetrica, data la ovvia differenza fra gli orbitali p ed s, cosa che, invece, non è affatto osservata essendo tali esempi molecole lineari con distanza di legame uguale. Allora possiamo immaginare la formazione di due orbitali ibridi di tipo sp che saranno i responsabili della formazione dei legami di cui sopra. Nel caso degli elementi del terzo gruppo, l’estensione è semplice, si avrà la formazione di orbitali ibridi di tipo sp2 (si parte da una configurazione esterna tipo s2 p1 ovvero s1 p2) che divideranno lo spazio intorno alla molecola in modo regolare formando perciò angoli di 120°. È da notare che anche il carbonio può possedere ibridazione sp2 o sp lasciando rispettivamente uno o due orbitali atomici non ibridizzati che vengono utilizzati per la formazione di tripli o doppi legami come nel caso dei composti C2H2 e C2H4. L’ibridazione degli orbitali atomici può interessare anche orbitali di tipo d come per esempio nei composti ottaedrici dove se ne ha una di tipo d2sp3 o bipiramidalitrigonali con una di tipo dsp3. Ciò mette in evidenza come la geometria delle molecole può essere spiegata con la repulsione dei doppietti di legame (e non legame purché esterni) come si è visto nel precedente paragrafo o con la formazione di orbitali ibridi come si è cercato di mettere in evidenza ora.

La risonanza è un altro concetto che cerca di spiegare le differenze fra le strutture previste dalle semplici regole di combinazione degli orbitali atomici viste e la reale struttura e stabilità delle molecole conosciute. Essa si basa sul fatto che la struttura elettronica di una molecola può essere interpretata come la risultante di un mescolamento di una serie di strutture limite (quindi in realtà non esistenti) fra le quali si ha continua oscillazione degli elettroni dette appunto di risonanza. L’esempio più semplice può essere il seguente: H—H  ;   H+H-  ;    H-H+ . Il peso delle tre strutture può essere ritenuto uguale e facendo così viene attribuito un carattere ionico alla molecola di H2 che comunque non la rende polare per la chiara simmetria mostrata dalle formule. Un altro caso più interessante dà giustificazione della simmetria e della stabilità dello ione NO2- si veda il disegno.

(tutti i disegni sono riportati in allegato cartaceo per semplicità)

 

Né l’una né l’altra delle formule scritte rappresenta realmente lo ione ma la loro mescolanza che renderà conto della delocalizzazione della carica elettrica negativa su due atomi di ossigeno e non su uno soltanto e quindi della relativa stabilità e della identica distanza di legame che risulta dai dati sperimentali. Qui di seguito altri significativi esempi.

(vedi parentesi sopra)

 

 

 

È opportuno sottolineare di nuovo che un altro approccio alla struttura delle molecole non richiede l’introduzione di tale concetto ed è quello che abbiamo già citato col nome di metodo degli orbitali molecolari (MO).

 

Breve nota di approfondimento metodologico.

Gli orbitali atomici, come detto più sopra, rappresentano uno spazio geometrico in cui esiste una certa probabilità di trovare elettroni con determinata energia. Tale concetto, come si vedrà meglio nella parte dedicata allo sviluppo storico, ha avuto una origine contrastata e contorta che ha avuto successo eminentemente per motivi di praticità. Lo strumento così introdotto, sicuramente potente da più punti di vista, è stato utilizzato per arrivare alla descrizione di strutture sempre più complesse e molto distanti da quelle originali che erano limitate sostanzialmente alla molecola di idrogeno dimenticando però l’elevato contenuto formale della teoria. È bene sottolineare, quindi, che le strutture e i concetti esposti hanno origine in calcoli matematici che utilizzano come base uno strumento che è la funzione d’onda che ha un contenuto estremamente astratto e che viene piegato, data la sua positiva duttilità, a tutte le esigenze sperimentali ottenendo successi e parziali difficoltà. Allo stato attuale questa descrizione e questa trattazione rappresenta quanto c’è di meglio, per quanto mi è noto, anche relativamente a sviluppi importanti e impegnativi a livello di ricerca. Tutto ciò aiuta a visualizzare la situazione ma deve essere tenuto presente che rappresenta sempre e solo la attuale migliore approssimazione disponibile. In altre parole non è e non può essere la realtà, ma solo la sua utile idealizzazione. Molti aspetti del comportamento chimico delle molecole, e si vedranno alcuni esempi, non sono ancora ben compresi utilizzando questi strumenti.

 

 

 

Il legame metallico

 

Si sono visti in precedenza i legami tra vari elementi e tra alcuni elementi fra di loro. Le tipologie proposte rispondevano ad una certa regolarità: i legami fra metalli (elementi che stanno nella parte sinistra della tavola periodica e possiedono, generalmente bassa elettronegatività) e non metalli (elementi che occupano la parte destra della tavola periodica a elevata elettronegatività un tempo chiamati metalloidi) sono stati chiamati ionici (dovuti in sostanza alla attrazione elettrostatica fra gli ioni che si formano per trasferimento di elettroni) mentre i legami fra elementi che appartengono al gruppo dei non metalli sono stati identificati come covalenti (di natura sostanzialmente elettrostatica ma creata dalla compartecipazione di un doppietto elettronico e generata dall’attrazione di un nucleo rispetto all’elettrone dell’altro atomo, tale situazione può generare più di qualche sospetto ma in effetti la reale natura di questi legami è ancora tutta da scoprire). Il legame che tiene avvinti gli elementi della parte sinistra della tavola periodica, i metalli appunto,  possiede caratteristiche ancora più particolari tanto che è stato chiamato con un nome specifico ( ma privo di qualsiasi fantasia) cioè legame metallico. Nei libri di testo proposti per lo studio nelle scuole superiori tale legame in genere è così descritto: un “mare di elettroni” che permea e circonda completamente gli ioni positivi che creano la struttura cristallina. Il perché si formi questo mare di elettroni molti testi lo omettono altri, pochi, spiegano che ciò è dovuto alla sovrapposizione consecutiva  di un grande numero di orbitali atomici che vanno a costruire infine delle bande che, dato il limitato numero di elettroni negli orbitali esterni tipico dei metalli, sono parzialmente vuote così da permettere il facile spostamento degli elettroni su tutto l’edificio cristallino giustificando quindi le principali caratteristiche macroscopiche dei metalli: conducibilità termica, elettrica, lucentezza, malleabilità e in genere lavorabilità. L’analisi dettagliata del comportamento dei metalli e delle loro leghe però dimostra una situazione molto più articolata. Fermo restando che essendo universalmente, o quasi, accettata tale definizione del legame che unisce i metalli fra di loro così dovrà essere acquisita, è necessario che si sappia di tante incongruenze che essa crea. Fra le altre: i metalli allo stato liquido conducono la corrente elettrica; non c’è regolarità nelle caratteristiche macroscopiche dei metalli ( si veda per esempio il cesio e il mercurio che sono liquidi a temperatura ambiente); l’enorme differenza della durezza e della conducibilità elettrica fra metalli; lo stesso per le temperature di fusione; la scarsa correlazione fra conducibilità elettrica e termica soprattutto fra le leghe. Per affrontare con cognizione, anche intuitiva, il legame metallico bisogna essere pronti a rispondere ad alcune domande: perché i metalli sono quasi tutti solidi? Perché il piombo è un metallo e il carbonio no? Perché i metalli hanno temperature di fusione così differenti?

Entrano in gioco, per capire tali differenze, grandezze e considerazioni che a livello elementare vengono spesso omesse. La considerazione più importante, di cui si fa solo un accenno, è legata all’esistenza di una relazione, un accoppiamento fra il campo elettromagnetico e le micro antenne che sono le configurazioni elettroniche di ogni elemento; tale accoppiamento può far sì che a temperatura ambiente si costituisca una fase fra le oscillazioni possibili così da dare una ferma giustificazione di regolarità e anomalie di cui si è accennato. Questa costruzione di una fase coerente mostra chiaramente la possibilità di creare legami a lungo raggio senza tirare in ballo le strane sovrapposizioni di orbitali atomici che verrebbero a formare le famose bande di conduzione di cui si è detto. Nel file allegato, per avere qualche parametro di valutazione, si riportano le caratteristiche salienti dei metalli ordinati come nella tavola periodica così da identificarne anche la relativa configurazione elettronica. È  da ricordare, però, che gli elementi metallici raramente esistono puri in natura ritrovandosi generalmente legati ai non metalli per formare la grande categoria dei sali. Ciò implica che il legame metallico di cui si sta parlando non è, generalmente, stabile.

 

 

Vediamo di entrare un po’ più nel dettaglio del legame metallico. La formazione delle bande (zone all’interno delle quali è permessa l’esistenza degli elettroni che obbediscono alla statistica quantistica) può essere seguita in vari modi. Ne riporto due  che mi sembrano esemplificativi dei metodi di approccio a questo tipo di problemi: il metodo che in inglese è chiamato tight-binding approximation (approssimazione della stretta sovrapposizione) che in sostanza  utilizza gli strumenti degli orbitali molecolari e il metodo degli elettroni quasi liberi che praticamente usa l’approccio di Fermi al gas di elettroni. Vediamo il primo: per motivi di simmetria delle funzioni che descrivono gli orbitali atomici legati al fatto che devono obbedire alla legge della conservazione dell’energia quando si ha la sovrapposizione di due orbitali atomici si ha la formazione di due orbitali molecolari: uno di legame e uno di antilegame, quest’ultimo generalmente sottaciuto quando si tratta del legame covalente in quanto non occupato. Se si immagina che un altro orbitale atomico si sovrapponga si avrà la formazione di un terzo orbitale atomico. Ovviamente proseguendo in tal senso si avrà la formazione di un numero di orbitali molecolari pari al numero di orbitali atomici che hanno dato sovrapposizione. Se essi saranno in numero grandissimo, come in un cristallo ideale, si avrà la formazione di una banda che unisce questo enorme numero di orbitali molecolari che saranno più o meno piena a seconda del numero di elettroni contenuti nell’orbitale atomico d’origine. Si avranno le bande s (sovrapposizione degli orbitali s atomici) , le bande p ( sovrapposizione degli orbitali atomici di tipo p) e le bande d. Se le bande sono semivuote si hanno conduttori essendo gli elettroni in grado di muoversi quando sottoposti a un campo elettrico; se sono piene e la distanza con la banda successiva vuota è grande si hanno gli isolanti; se invece la distanza è relativamente piccola, permettendo il passaggio degli elettroni eccitati termicamente, si hanno i semiconduttori. (Esistono i semimetalli che hanno una situazione di due bande sovrapposte parzialmente tale che una è quasi piena e l’altra quasi vuota; in questi casi si può avere conduzione sia elettronica, classica, che delle lacune positive). La soluzione rigorosa, però, di tali combinazioni lineari di orbitali atomici non può essere perseguita con gli attuali strumenti per cui si applicano varie approssimazioni.

Quando si applica una statistica in fisica si ha come obbiettivo quello della descrizione di uno stato macroscopico attraverso l’interpretazione di numerosissimi stati microscopici. L’applicazione storicamente più famosa di questo semplice principio è stata quella relativa ai gas: ipotizzando che un qualsiasi gas (in realtà questa descrizione si applica ai così detti gas ideali che hanno come caratteristiche quelle di essere formati da un gran numero di particelle puntiformi, quindi a volume nullo, di non essere soggetti a forza di attrazione reciproca e di subire urti elastici, ovvero duranti i quali si ha la conservazione della quantità di moto delle particelle) sia formato da un gran numero di particelle che si comportano come semplici biglie e applicando ad esse le regole della meccanica classica si possono trovare relazioni fra temperatura del gas e la velocità media di tali particelle fra la pressione e l’impulso delle stesse. Gli elettroni liberi in un cristallo di un metallo potrebbero essere trattati nello stesso modo osservando però alcune regole restrittive dovute al fatto che si applica la meccanica quantistica e che gli elettroni sono particelle dotate di spin semintero in unità di h/2π (il fatto che gli elettroni abbiano spin semintero fa che un solo elettrone possa occupare uno stato del sistema come si è visto quando si è analizzata la configurazione elettronica degli atomi) . Fermi  lavorò in questa direzione ottenendo come risultato la formazione delle bande come si è visto nell’esempio di calcolo descritto sopra, con il contributo di Dirac ecco cosa si può ottenere. Gli elettroni si muovono quasi liberamente perché essendo la loro energia descritta da una funzione d’onda essi interferiranno col reticolo cristallino quando la lunghezza d’onda sarà delle dimensioni della distanza degli ioni fra di loro, in questo caso si formeranno delle onde stazionarie dovute all’interferenza relativa alla riflessione che individueranno delle zone, dette zone di Brillouin, all’interno delle quali è permessa l’esistenza degli elettroni (le zone di Brillouin successive saranno determinate da multipli delle lunghezze della cella elementare cristallina). Il massimo livello di energia viene chiamato energia di Fermi. La conduzione o meno del metallo è legata alla disponibilità di movimento all’interno di queste bande; se sono semi-piene si hanno i conduttori, ecc.

Come si vede da questa breve descrizione tali approcci descrivono qualsiasi solido e situazioni particolari descrivono un metallo ma ognuna di esse vede maggior successo in ambiti diversi: il primo metodo descritto risolve piuttosto bene le strutture dei semiconduttori, dei metalli di transizione e dei polimeri (molecole di grandi dimensioni  generalmente con scheletro sigma di atomi di carbonio); il secondo si applica ai metalli con pochi elettroni esterni.

Vediamo ora, per sommi capi, alcune recenti acquisizioni nell’ambito della fisica quantistica.

Il plasma è spesso considerato come il quarto stato della materia dopo quelli solido, liquido e gassoso; in esso la materia compare allo stato ionizzato, ovvero sono presenti cariche elettriche, che globalmente è neutro. Tale definizione deve essere ampliata per escludere che la normale materia, come gli atomi che contengono cariche elettriche separate, rientri in questa categoria, bisogna aggiungere, infatti, che le cariche elettriche presenti compiono oscillazioni indipendenti. Tale situazione esclude immediatamente che all’interno della definizione di plasma rientrino gli atomi.

Gli elettroni che sono confinati in una strutture cristallina subiscono delle oscillazioni intorno ad una posizione di equilibrio determinata dalla soluzione delle equazioni della meccanica, tali oscillazioni possono essere sincronizzate dalla presenza di un campo elettromagnetico emergente così da essere tutte in fase. Risulta facile comprendere che tale stato coerente non è altro che ciò che viene chiamata comunemente banda di conduzione; gli elettroni, infatti, possono essere comunemente trattati come onde di materia. I conduttori manifesteranno le loro caratteristiche quando  il campo elettrico imposto dall’esterno interferirà con l’accoppiamento coerente così che gli elettroni presenteranno la stessa fase in uscita rispetto a quella in entrata. Tale immagine è generalmente quella utilizzata dagli elettrotecnici  nel loro studio relativo alla conduzione e al trasferimento di dati o energia attraverso la propagazione di campi elettromagnetici. Per completare tale approccio si può vedere che la stessa struttura cristallina non è altro che il nascere dal caos dello stato gassoso di un sistema coerente che, in ambiti completamente diversi, accoppia il campo elettromagnetico emergente con l’oscillazione degli atomi o ioni componenti il solido. Anche l’apparato matematico che costituisce questa immagine delle strutture solide è soggetto ad alcune approssimazioni ma presenta una eleganza e una completezza di sicuro fascino.

 

 

I legami così detti deboli

All’interno di questa grande categoria di legami esistono situazioni estremamente diverse che, però, vedremo poter essere condotte alla stessa trattazione che è appena stata affrontata. Un breve sguardo riassuntivo in ordine di energia decrescente:

  • legame a ponte idrogeno (attrazione fra l’idrogeno e un atomo molto elettronegativo di un'altra molecola o di un punto distante della molecola stessa)
  • legame dipolo- dipolo come sopra ma senza l’idrogeno (ovvero attrazione elettrostatica fra atomi appartenenti a molecole diverse; il nome deriva dal fatto che le molecole per formare tale legame devono essere dei dipoli avere cioè una separazione delle cariche)
  • legame ione-dipolo (dovrebbe essere abbastanza chiaro che riguarda l’attrazione fra uno ione e un dipolo, non è detto che sia sempre più debole di quello visto sopra, anzi)
  • legame dipolo- dipolo indotto ( un dipolo induce, cioè crea, un dipolo in una molecola che normalmente non lo possiede, non si capisce perché uno ione non sia in grado di fare ciò)
  • dipolo indotto- dipolo indotto (temporanei sbandamenti della nuvola elettronica creerebbero dei momentanei dipoli che indurrebbero le molecole vicine a seguire tale sbandamento, sinceramente tale ipotesi poco o nulla giustifica le differenze anche notevoli fra caratteristiche fisiche di molecole che possiederebbero tale tipo di attrazione)
  • forze di Van der Waals quando l’attrazione è proprio debole ( queste sono chiamate anche forze di London per questo motivo: Van der Waals le intuì e inserì all’interno della trattazione del modello dei gas un parametro a loro riferentesi ( si ricordi il fatto che le particelle dei gas ideali non avrebbero dovuto attrarsi reciprocamente ma nella realtà tale fenomeno, alle basse temperature o alle alte pressioni, non è affatto trascurabile, per cui Van der Waals lo ha inserito) London invece ne giustificò l’esistenza da calcoli di meccanica ondulatoria ( spesso, si sarà notato, ho usato il termina meccanica quantistica e ora quello di meccanica ondulatoria, il fatto è che spesso tali termini sono ritenuti equivalenti anche se… ma si vedrà nella parte storica)) (In molti testi si afferma che le forze di London sono le forze di aggregazione debolissime basate probabilmente su i momentanei sbandamenti delle nuvole elettroniche di cui si è detto prima mentre le forze di Van del Waals sono tutte quelle responsabili dei succitati legami deboli, in altri testi non si cita London e Van der Waals prende il suo posto, insomma a leggere i testi relativi alla chimica dei legami deboli c’è da divertirsi).

Le caratteristiche macroscopiche dei solidi o liquidi, come le temperature di transizione di fase, sono spesso prese come indicatore delle forze che tengono insieme le molecole allo stato condensato. Questo perché l’agitazione termica fornisce alle molecole una energia che può essere sufficiente per rompere i legami che le tengono unite vicendevolmente in quanto l’energia termica si calcola facilmente moltiplicando la temperatura per una costante (k detta di Boltzmann). Quindi se un composto passa dallo stato liquido allo stato gassoso (bolle) ad alta temperatura significa che la forza che tiene insieme le molecole allo stato liquido è elevata (allora si va in cerca di una giustificazione) viceversa se un composto bolle a bassa temperatura le forze che lo tengono insieme saranno deboli. Attenzione che ciò ha delle notevoli eccezioni come ad esempio i composti apolari ad alto peso molecolare del carbonio. In molti testi è riportata la considerazione, che non si dimostra, che la massa molecolare del composto influenzi la temperatura di cambio di stato, sinceramente non solo non capisco perché mai, ma ci sono notevoli eccezioni che si possono vedere nella tabella sovrastante.

Si discuterà in dettaglio solo

 

Il legame idrogeno

Vediamo alcune considerazioni normalmente riportate come sostegno alla peculiarità del legame idrogeno: le temperature di ebollizione dei composti leggeri degli elementi del V, VI e VII gruppo con l’idrogeno, NH3 , H2O , HF , sono anormalmente alte, le costanti dielettriche dei liquidi lo stesso, i calori specifici anche per cui tali particolari caratteristiche sono state attribuite a questo legame idrogeno. Che cosa esso sia in realtà non è scritto da nessuna parte, esistono solo alcune ipotesi che vengono brevemente commentate. A) spiegazione elettrostatica: si tratterebbe di un normale legame dipolo-dipolo solo che essendo l’idrogeno non schermato può avvicinarsi notevolmente all’atomo elettronegativo dell’altra molecola; si dice fra l’altro che il legame risulta più forte se è orientato, si parla del caso dell’acqua senz’altro più eclatante (ma si veda più sotto), lungo il legame O-H , ma si sa che il dipolo dell’acqua cade nel baricentro delle cariche positive e inoltre il dipolo dell’acqua è inferiore a quello dell’acido fluoridrico (HF), infatti le temperature di ebollizione sono rispettivamente per l’acqua (H2O) 100°C , per l’acido fluoridrico (HF) 19°C e per l’ammoniaca (NH3) -33°C . Si può anche notare che esistono composti che possiedono dei momenti dipolari molto maggiori di quello dell’acqua e hanno temperature di ebollizione di centinaia di gradi inferiori (per es. SO2). Insomma la spiegazione elettrostatica è stiracchiata ed è stata contestata da molti (fra gli altri il Coulson, grande autorità nel settore). B) trattazione del legame di valenza che propone in sostanza una serie di formule limite di risonanza fra le quali: A---H    B  ;   A-   H+ … B  ; A-    H---B+  alle quali alcuni hanno aggiunto anche A+  H-  …B  i calcoli delle quali contengono tante e tali assunzioni da risultare quanto meno approssimati; facile obiezione: la lunghezza dei legami dovrebbe essere uguale ma da prove spettroscopiche inequivocabili risulta, invece, che le lunghezze di legame sono differenti essendo il legame fra idrogeno e atomo elettronegativo dell’altra molecola di lunghezza maggiore. C) trattazione del orbitale molecolare: che io sappia è stata sviluppata solo per il composto HF- che quanto meno è un caso piuttosto particolare; anche in questo caso sono state utilizzate le approssimazioni consuete. D) trattazione della elettrodinamica quantistica coerente: domini di circa un centinaio di Angstrom di molecole d’acqua entrano in risonanza coerente con il campo elettromagnetico emergente deformandosi e assumendo la conformazione che è stata individuata caratteristica del sorgere del legame idrogeno.

Per la trattazione quantistica classica (non QED coerente, per intenderci) il legame idrogeno si rompe due volte, a 0°C e e a 100°C , prima con la fusione poi con l’ebollizione. Cosa, direi, strana. La QED coerente invece mette in luce chiaramente la coerenza elettronica nel liquido e la coerenza nucleare nel solido risolvendo, a mio avviso, tutta una serie di serie contraddizioni.

 

 

Fonte: http://www.remondini.net/newsite/?q=system/files/il_legame_metallico.doc

Sito web da visitare: http://www.remondini.net

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