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I generi cinematografici
Le origini
Il primo tentativo di classificazione dei generi letterari fu avanzato da Platone ma fu però Aristotele a fornire le indicazioni per una classificazione che arrivò rigidamente sino al Rinascimento.
Nel Rinascimento vi fu il riconoscimento di alcuni generi (dramma pastorale, melodramma, poema cavalleresco) non contemplati da Aristotele.
Anche nel cinema vi fu la nascita dei generi cinematografici, esso nei suoi primi anni di vita si indirizzò verso un pubblico medio basso che cercava nel nuovo mezzo l’intrattenimento spensierato. All’inizio il cinema diede vita a brevissime pellicole (circa 2 minuti). L’opera degli artigiani incaricati dalle case produttrici cominciò a fornire i modelli, i meccanismi di ripetizione, le costanti iconografiche e le figure forti che caratterizzeranno la riconoscibilità della narrazione sullo schermo (es. “La grande rapina al treno” di Porter – 1903 - vero e proprio prototipo di uno dei generi come il western).
Il cinema delle origini comprese la volontà del pubblico di riconoscersi in meccanismi facilmente accessibili e abitabili e ne sfruttò le modalità inserendole in contesti narrativi differenti in modo da creare l’illusione della novità.
Il systems
Il cinema hollywoodiano non ha inventato il concetto di genere ma lo ha portato al suo più alto grado di perfezione. Per capire come prendano forma i generi classici americani bisogna considerare i meccanismi della fabbrica di sogni, l’organizzazione verticale bloccata dello studio system e la natura commerciale di quel cinema.
Il cinema è una macchina grossa e costosa con molti costi e poche garanzie. Il pubblico è l’entità intorno alla quale si costruisce la Hollywood stessa e per interpretarne i desideri si trasforma nella prima grande industria di massa universale. Dal 1915 al 1930 la produzione cinematografica diventa una fabbrica di sogni in serie. Nascono gli studio lot vere e proprie città di produzione dove il ruolo di regista e producer sono differenziati e la lavorazione va suddividendosi tra diversi specialisti. Da questo momento il cinema americano si riversa sui mercati europei, sudamericani e australiani.
Nell’industria hollywoodiana comincia a delinearsi una classificazione di generi: western, noir, gangster, commedia, commedia drammatica, dramma e melodramma e il cartone animato.
Il 1927 è l’anno ufficiale di introduzione del sonoro con il film “Il cantante di Jazz” di Alan Crossland. Con il sonoro scompare il genere muto burlesque e appare il musical.
Con il sonoro nasce l’età d’oro dell’industria hollywoodiana: lo studio system. E’ un sistema a struttura verticale. Dopo produzione e distribuzione, gli studios comprano e costruiscono sale cinematografiche. Nasce così una situazione di oligopolio nella quale industria e mercato sono dominati da otto grandi società: Paramount, Metro Goldwin Mayer, Fox, Warner Bros, RKO, Universal, Columbia e United Artist.
Nell’era classica Hollywood realizzava da 400 a 700 films e gli studios dipendevano sempre più da formule narrative e tecniche stabilite.
Negli anni ‘50-60, con la fine dello studio system, la concorrenza della TV, il boom degli indipendenti e dei drive-in, hanno costretto le società specializzate nella promozione dei film a trovare nuovi meccanismi per pubblicizzare il film stesso (es. la pratica della preview, proiezioni per un pubblico campione); in ogni caso il pubblico era ed è un’incognita.
Con lo studio system le produzioni si dividono in due categorie: hight (grande attrazione in prima visione) o lowbudget (film spalla o di serie B).
La serie B con la sua continuità tiene in vita il genere e lo codifica, ad esempio vari classici del noir e dell’horror si trovano sotto la B. Alla fine degli anni ’50 la produzione B sarà assorbita dal piccolo schermo che assicurerà quotidiane pillole di genere in telefilm che andranno dal comico al poliziesco, dal thriller al western…
La concorrenza ha accentuato l’importanza della riconoscibilità del prodotto e la naturale tendenza delle case di produzione a darsi una precisa identità, a delineare un marchio di fabbrica che rappresenti la garanzia di un certo cinema, di certi ingredienti, di un certo look.
Una delle chiavi per garantire questo studio-look sta nella continuità a stipulare contratti di lunga durata con creativi, tecnici e star system. Ad esempio la MGM vantava nelle proprie scuderie più stelle di quante non ce ne siano in cielo, produceva con budget molto alti e proponeva scenografie sfarzose. La politica della Warner era improntata verso produzioni a basso costo e sicure. La 20 Century Fox era specializzata sulle stelle del musical (es. Shirley Temple) e la RKO aveva gli incassi più sicuri dai musical con Fred Astaire e Ginger Rogers ma dagli anni ’40 reclutò dall’ambiente del teatro Orson Welles, producendo quello che rimarrà il titolo più celebre della storia dello studio: Quarto potere. Un film che con la sua struttura investigativa divenne un modello lanciando la tecnica narrativa soggettiva e a flashback. Comunque nessuno degli Studio eè specializzato in un unico genere ma tutti hanno come marchio un’immagine legata a determinati generi.
Il genere racchiude una pluralità di significati:
La nascita dello star system.
Prima del 1908 pochi attori lavoravano così regolarmente da poter essere riconosciuti ma negli anni successivi i produttori iniziarono a offrire loro contratti più lunghi e così gli spettatori cominciarono a vedere le stesse facce film dopo film.
Inevitabilmente dimostrarono un grande interesse per i loro preferiti chiedendo i loro nomi e le loro fotografie. Le star contribuiscono all’identità di genere, alla delineazione dei protagonisti tipo e a quegli orizzonti d’attesa che sono centrali per il nostro discorso. Il divismo rafforzò l’impostazione della fiction intorno a un personaggio centrale o a una coppia. Lo spettatore riconosce subito la star come protagonista e si affida alla sua guida sapendo che lo condurrà sino alla fine del film. Allora come oggi storie e sceneggiature sono state pensate in funzione di una specifica star, “tagliando” i personaggi su misura.
Negli USA nel 1934 fu emanato il codice HAYS di autocensura che il film non doveva insegnare metodi criminali ne ispirare l’emulazione di potenziali criminali, ne far apparire i criminali come eroi.
Il divo rappresenta il legame empatico tra lo spettatore e il protagonista. Per gli spettatori il piacere offerto dal film di genere deriva dalla riconferma: essi vanno a vederli per rinnovare il contatto con vecchi amici e assistere alle loro storie in qualche modo famigliari.
Crisi dello studio system.
Sino al 1946 Hollywood registrò gli incassi più alti della storia del cinema americano. Da questo momento però assistiamo anche al rapido declino in quanto la sentenza antitrust del ’48 imponeva alle case di produzione di rinunciare all’esclusività delle sale cinematografiche. La nuova produzione favorì gli indipendenti. Il pubblico si era allontanato da Hollywood per la conseguenza di profondi mutamenti sociali e culturali sopravvenuti dopo la guerra ma soprattutto per la nascita della televisione nel 1954.
Ci si orientò, quindi, verso un’inedita fascia di pubblico dal grosso potenziale: i teen agers. Nacque la Disney con le trasposizioni cinematografiche dei romanzi di avventura e, a metà degli anni ’50, esposero i musicali rock, la fantascienza e l’ orrore che attiravano sempre più giovani. Dagli anni ’60 questo mercato divenne il target principale per la maggior parte dei film di Hollywood.
Nel 1954 le piccole case rimpiazzarono gli Studios nel prodotto di serie B in quanto gli esercenti scoprirono che rendevano di più i film da due soldi piuttosto che i colossal; anche perché uscirono generi per tutti i gusti.
Gli Studios iniziarono a produrre per la TV. Gli anni ’50 vedono, con il Technicolor, una quantità di formati larghi come il Cinerama, il Cinemascope, il Superscope, il Techirama e il Ultra Panavision.
I meccanismi
Attesa e riconoscibilità spettatoriale.
Il genere si riproduce tramite l’interazione costante di tre fattori fondamentali: il Plot (intreccio), il Setting (ambientazione) e il Characters (personaggi) i quali entrano in combinazione tra loro formando delle costanti per creare il fondamento di forte riconoscibilità di una stessa tipologia di pellicole da parte del pubblico. I tre elementi incidono nella definizione di genere stimolando di continuo lo svolgimento narrativo attraverso elementi visivi individuabili, grazie all’interazione e alla conflittualità dei personaggi inseriti in ambienti precisi nei quali si svolgono gli eventi. Ogni genere avrà i suoi ben definiti ambienti e personaggi e i relativi eventi (sviluppo del plot), la cui combinazione fornisce lo specifico di cui il pubblico ha bisogno per riconoscersi nella storia narrata sullo schermo.
I tre fattori fondamentali possono essere divisi in due ulteriori categorie: una formata dall’ambientazione dei personaggi che noi chiamiamo iconografia e l’altra più propriamente narrativa composta dall’intreccio e ancora dai personaggi.
L’iconografia investe il dato informativo e visivo del film e fornisce le indicazioni di base per la comprensione e la successiva identificabilità del genere.
Il cinema western è il genere in cui l’iconografia è maggiormente connotata in quanto da allo spettatore un universo altro riconoscibile. Anche il noir offre un’iconografia perfettamente identificabile, è anche vero però che esiste una precisa iconografia anche per il melodramma (es. interni riccamente arredati, colori pastosi, spazi ariosi in contrasto con la sofferenza dei personaggi).
Nel film di genere lo sviluppo fisso del plot passa attraverso una serie di fasi che mostrano all’inizio la rottura di un equilibrio e successivamente lo sviluppo e l’intensificazione dei conflitti tra i vari personaggi. Infine abbiamo la soluzione di questi conflitti. Questo sviluppo della narrazione nel film di genere offre un’importante funzione collettiva dove l’eroe media tra le contraddizioni sociali e culturali presenti nel suo ambiente.
La restaurazione dell’ordine sociale può avvenire in due modi:
1) rito di ordine (quando vi è l’esclusione dell’eroe dalla società);
2) rito di integrazione (quando una contraddizione interna all’individuo permette un ritorno all’equilibrio sociale).
La verosimiglianza.
La verosimiglianza è un aspetto fondamentale del genere perché investe le attese degli spettatori relative non solo a quel film ma all’intero genere; si adegua al verosimile per instaurare un rapporto di complicità con il suo pubblico che riconosce sia i tratti necessari che gli elementi che il film di genere non deve comprendere. E’ attraverso la ripetizione di scene tipiche che si consolida, film dopo film, il concetto di verosimiglianza (effetto genere).
Sviluppi
New Hollywood.
Fra il 1960 e il 1970 sembra che il cinema hollywoodiano si trasformi e si rinnovi e che le sue forme classiche e in particolare il sistema dei generi siano entrati in crisi. L’Europa offre a Hollywood il contro modello del cinema d’autore ispirati dall’esempio della Nouvelle Vague e da registi come Fellini e Bergman.
La crisi dello studio system porta a modalità realizzative e concettuali legate a bassi costi.
Nei nuovi generi road movie vi è un mutamento della canonica figura dell’eroe che da mito della cultura americana diventa personaggio perdente sconfitto dall’esistenza per cui in alcuni film vi è l’abolizione del lieto fine scontato.
La revisione degli schemi narrativi produce una deriva dei generi mischiando le carte e determinando una sorta di mix di codificazioni iconografiche e contenutistiche (es. La notte brava del soldato Jonathan).
Questo cambiamento provoca una frantumazione dell’archetipo narrativo con una ricerca del cinema d’autore influenzato dall’Europa come anche la perdita del radicamento popolare che la politica dei generi aveva sempre avuto nell’immaginario collettivo: il cinema americano non più chiuso nel suo guscio dorato ma aperto a suggestioni esterne (es. “Il piccolo grande uomo” utilizza lo scenario del west per dissolvere grottescamente i miti dell’americanismo).
In quel periodo la parodia acquista un’importanza fondamentale perché nei confronti del pubblico acquista credibilità come nuovo tipo di genere (es. in “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” la parodia si rapporta criticamente, spassosamente e iconograficamente con ciò che l’ha preceduta).
La parodia rivela la presenza di un doppio narratore: quello che adotta le modalità narrative tradizionali, quello che le stravolge mettendole in burla.
Western
Cinema americano per eccellenza che viene codificato solo negli 20. La grande rapina al treno del 1903 è considerato da molti storici l’archetipo del western. Ciò che caratterizza questo genere è l’iconografia di riferimento immediatamente riconoscibile ed è ambientato in un epoca storica che corrisponde alla creazione dello stato americano, “la conquista del West” e va dal 1860 al 1890.
Le caratteristiche del western sono: Vastità degli scenari, maestosità del paesaggio, esclusiva riconoscibilità dell’abbigliamento e degli oggetti, John Ford, considerato storicamente il massimo rappresentante del genere, sosteneva che il protagonista principale del western fosse il paesaggio anche perché quest’ultimo con la sua immensità e spazialità instaura una relazione quasi divina con il cow-boy a cavallo che si allontana solitario nella pianura sconfinata.
Ma ovviamente non tutti i western hanno il loro scenario nella maestosità dello spazio incontaminato del lontano Ovest: alcuni di essi privilegiano la piccola città tipica dell’Ovest selvaggio con la banca, il saloon, il general store, l’ufficio dello sceriffo con la prigione, il barbiere, l’albergo foriero e fuori città, la stazione, che garantisce i collegamenti con l’esterno.
Altro spazio fondamentale la polverosa strada del paese, luogo dove solitamente avviene la resa dei conti finale. Anche il tipico abbigliamento dei personaggi, stivali, cappello , fazzoletto al collo, armi da fuoco ecc contribuiscono alla riconoscibilità del genere.
L’epopea del West trova sempre la sua giustificazione nella morale che legittima le azioni degli individui e li conduce all’impresa. Nel western classico il bene e il male sono 2 universi distinti e contrastanti: da una parte la Virtù ( la legge, la giustizia e l’ordine) dall’altra il Vizio ( la corruzione, l’arbitrio e il disordine). Gli ostacoli che l’eroe incontra sulla sua strada rappresentano le peripezia che l’uomo giusto deve compiere per arrivare al suo fine ( il bene prevarrà sul male).
Come il cavaliere del medioevo l’eroe del western compie il suo cammino verso la sua ricerca in solitudine e con il suo cavallo, mezzo di trasporto ma anche amico.
Il tratto fondamentale del nostro personaggio è l’integrità morale che persegue lo sviluppo sociale di quel paese selvaggio partendo da zero e tentando di arrivare ad una società più giusta e instaurando un ordine assente che deve essere riconquistato.
Prima del 1950 l’indiano non è quasi mai presentato nella sua dignità di guerriero e si dovrà aspettare la fine degli anni 60 per fare dell’indiano un personaggio da rispettare (es. Piccolo grande uomo).
Caratteri linguistici:
Avventura e azione
L’avventura è una macrocategoria che identifica un ampio spettro di conflitti e azioni (film di cappa e spada, pirati, guerra, caccia, esplorazione, disaster e sopravvivenza).
Il viaggio dell’eroe: un modello
L’obiettivo del protagonista può essere: conquistare il tesoro o l’innamorata, vendicarsi o riparare a un torto, realizzare un sogno, affrontare una sfida o cambiare una vita. Per fare ciò il protagonista deve abbandonare il proprio “mondo ordinario” per addentrarsi in un “mondo straordinario”.
Una nuova realtà che imparerà a conoscere grazie all’incontro con Mentori e Alleati (vecchio saggio), ma soprattutto all’esperienza in prima persona, a prove di difficoltà crescente, a riti iniziatici e “passaggi attraverso la morte” che avvicinano l’eroe alla meta portandolo al contempo a una qualche maturazione.
Il viaggio dell’eroe può essere effettivo o simbolico, oggettivo e orizzontale (fuori del personaggio) o soggettivo e verticale ( nel personaggio). Le valenze archetipiche delle tappe che percorre l’eroe sono modelli precisi del funzionamento della mente umana .Lo schema del modello ripropone infatti il rapporto dell’uomo con l’inconscio, l’irrazionale, il mistero garantendo una risonanza nello spettatore. Esempio tipico film archetipico d’avventura :”Indiana Jones” dove il protagonista supera le prove supreme e rinasce in continuazione.
Ostacoli e conflitto su cui si basano caratteri tipici come scazzottate, combattimenti, battaglie, fughe, salvataggi, inseguimenti, duelli ecc avvengono a prescindere dall’epoca, dalla storia, dai costumi e dal livello tecnologico. Il sonoro ha contribuito ad amplificare l’effetto azione e avventura marcando maggiormente la risonanza nel pubblico.
Il tipico personaggio che è il cavaliere solitario la si trova nel passato riadattando titoli delle letteratura avventurosa, cavalleresca e del romanzo storico o riprendendo figure leggendarie.
Il protagonista adventure non può essere passivo anzi deve essere prestante fisicamente che sia dotato di un bagaglio di competenze, energie e volontà fuori dal normale che gli serviranno per superare le prove.
Il protagonista ha una funzione narrativa ed è motore della storia grazie al suo agire
Una storia è sempre la rappresentazione di un confronto di valori che entrano in gioco (amicizia, lealtà, onore, coraggio, ecc.) e i conflitti da cui emergono sono elementari (la vita contro la morte, la libertà contro l’oppressone, la giustizia contro l’ingiustizia… es. Re Artù, Robin Hood, Zorro).
Questi eroi hanno sempre il compito di ristabilire l’ordine portando a termine anche la loro sete di vendetta (es. Il gladiatore di R. Scott dove il generale diventò uno schiavo, lo schiavo divenne un gladiatore e il gladiatore sconfisse l’Imperatore).
Il mondo straordinario: setting
Ostacoli e complicazioni possono essere rappresentati dalla volontà di un antagonista o semplicemente da cose che accadono. Oltre a ostacoli umani e naturali, a complicare la partita, può anche metterci lo zampino il fantastico e dare anche un surplus drammatico dato dalla sproporzione tra le forze del protagonista e quelle che gli si oppongono (es. Indiana Jones, Lo squalo, Jurassic Park, La tempesta perfetta).
Il setting ha un ruolo centrale nell’avventura: complica la partita, affascina il pubblico, crea una sospensione meravigliosa, è dunque uno dei protagonisti dell’avventura e un mondo sconosciuto. I siti preferiti come set per questo genere di film sono luoghi esotici e misteriosi come l’Asia e l’Africa.
Il melodramma
Il melodramma attraversa i generi identificandosi con l’intero cinema (esempio classico il film Titanic). Il termine melodramma nasce in Italia nel XVIII secolo per indicare un dramma interamente cantato con accompagnamento musicale (successivamente si chiamerà Opera). Nel secolo successivo passa a significare ciò che ostenta sentimenti esagerati e intensamente passionali quasi sempre in senso spregiativo. Soltanto negli anni ’70 il mélo comincia ad avere una propria dignità di analisi. Generalmente il melodramma ruota attorno al tema dell’amore contrastato, il sentimento di non facile attuazione a causa di una serie infinita di motivi. L’impedimento amoroso può dipendere da: differenza sociale, problemi razziali, divieti educativi o impegni matrimoniali precedenti. Il tema della morte è indispensabile nello svolgimento della storia e, mentre da una parte funge da snodo narrativo che ben identifica i personaggi, dall’altra la morte giunge come soluzione ultima dell’intreccio e diventa responsabile della tragedia finale. Nel melodramma si muore essenzialmente per chi resta vivo all’interno della storia raccontata, affinché attraverso la reazione delle figure si possa arrivare alla piena emotività dello spettatore. In questo contesto il tema del sacrificio riveste un’importanza fondamentale come estrema rinuncia e come atto di altruismo per il futuro bene altrui. Il melodramma utilizza la donna come strumento privilegiato per catalizzare l’attenzione del pubblico.
Il melodramma trova la sua ambientazione all’interno di luoghi chiusi e soffocanti rappresentando una specie di ordine che sembra pronto a disgregarsi da un momento all’altro claustrofobia in relazione alle crisi provate dai personaggi. Le figure si trovano imprigionate all’interno della scenografia (tende, finestre, scalinate, specchi…) che è pesante e soffocante ed è legata all’amaro destino dei personaggi inseriti al suo interno. I colori pastosi e la musica d’accompagnamento invasiva sono significativi delle scene che puntano a un crescendo di pathos.
Le due caratteristiche fondamentali del genere sono: prima di tutto non esiste la possibilità di cambiare il destino dei personaggi e in secondo luogo c’è la consapevolezza che qualcosa di tragico è già accaduto e deve essere solo narrato nei suoi caratteri essenziali (es. Love story dove si sa che lei deve morire ed è uno strumento per creare un sicuro effetto di commozione). Lo spettatore sa già quello che deve succedere mentre la vittima del tragico destino ancora non lo sa.
Lacrime perpetue: evoluzione del genere
Anche il melodramma ha subito un’evoluzione contenutistica. Nella prima fase ricalca schemi patetici derivanti dalla tradizione teatrale, poi segue il periodo degli anni trenta in cui alla donna vittima si sostituisce la donna forte e aggressiva. Questo mutamento della figura femminile dipende dal nuovo ruolo sociale assunto dalla donna nella società americana. Nel secondo dopoguerra emerge il nucleo famigliare borghese che osserva le contraddizioni interne nella struttura patriarcale e poi negli anni ’70, insieme al tema dell’amore, si affianca quello dell’esclusione dalla collettività per motivi sociali. La tendenza degli ultimi vent’anni si divide tra il melodramma tradizionale (es. La scelta di Sophie e Voglia di tenerezza) e l’ipermelodramma dove l’esasperazione delle caratteristiche formali è evidente (es. Tutto su mia madre).
Commedia Romantica
Convenzionalmente si fa coincidere la nascita della Screwball Comedy (la commedia svitata caratterizzata da una singolare storia d’amore basata su una stravagante battaglia tra i sessi ) nel 1934 con il film Accadde una notte di Frank Capra.
Questo genere è contraddistinto da eroine indipendenti, forti ed emancipate ed è alimentata da frenetici dialoghi conditi da battute secche spiazzanti.
Con l’indispensabile introduzione del sonoro che la commedia spicca il volo e Hollywood decide di sfruttare i maggiori successi teatrali di Broadway e di trasferirli sullo schermo.
Si delineano così alcune delle figure peculiari del genere: le ereditiere stufe della loro vita, i ricchi strampalati e la triangolarità dei rapporti.
La commedia romantica possiede una struttura rigida fondata su una tripartizione precisa: la Prima fase è quella dell’incontro uomo/donna (atto che innesca la vicenda e che mette di fronte i protagonisti della storia in un’incontro significativo, casuale e memorabile), segue la fase della separazione forzata o dell’allontanamento perché regna una sorta di incomprensione tra i protagonisti ( presenza dell’antagonista) e l’ultima fase, quella risolutiva, è quella della logica saturazione dell’intreccio ( la coppia comprende l’inutilità delle schermaglie e si congiunge per il più classico degli happy ends). Esempi: Sabrina, Pretty Woman
I personaggi della commedia romantica appaiono come figure dotate di un certo dinamismo che li porta a mutare le caratteristiche di partenza e ad evolvere nel corso della storia per eliminare i personali impedimenti all’unione. La commedia lascia campo libero alla recitazione degli attori e al ritmo imposto dalla sceneggiatura, limitando ai minimi termini l’intervento della macchina da presa e del montaggio, puntando ad una sorta di invisibilità da parte del regista in cui la regia non si sente e non si deve sentire.
Nella commedia sono importanti un ritmo vorticoso, pause adeguate, capacità di determinare il tempo giusto degli ingressi in scena e delle frasi pronunciate, posizioni dei personaggi, distanze tra gli attori e svelamenti di porzioni nascoste di spazio scenico che cambiano radicalmente la situazione in gioco.
Guerra
La grande parata 1925 di King Vidor, è il film icona di questo genere per il forte eco dell’orrore provato dai reduci e lo spaventoso impatto psicologico su milioni di coscienze. La comparsa del sonoro amplia le possibilità espressive del cinema di guerra. La produzione americana dei film bellici nel triennio che va dal 1942 al 1944 si rende protagonista di una brusca impennata: nel 1943 il 30% dei film realizzati ha come tema il conflitto mondiale
Su esplicita richiesta di Roosevelt viene istituita un’agenzia chiamata OWI (office of war information) con il compito di controllare e veicolare costantemente le produzioni hollywoodiane in chiave ideologica e propagandistica, in modo da proporre una visione giusta, incoraggiante e ottimisticamente univoca della guerra. Quindi senza indugiare sulle scene di orrore e morte per non influenzare negativamente il pubblico.
Con la guerra di Corea si insinua la dimensione del dubbio: i soldati possono avere paura e la guerra viene presentata come evento illogico.
Verso la fine degli anni 70 con il Vietnam l’uomo si confronta con la sue più intime contraddizioni e le sue psicosi. Verrà mostrato l’orrore della guerra nella sua materialità di sangue sgorgante e carne a brandelli.
Il war film è caratterizzato da una struttura basata su antitesi e su opposizioni marcate che mettono di fronte le forze del bene contro quelle del male, le quali hanno l’intenzione di distruggere tutto il limpido sistema di valori sul quale è edificata la società americana.
Le caratteristiche dello scontro bellico sono mostrate negli anni 50 con delle carrellate lunghe che raffigurano il campo di battaglia tramite piani allargati e inquadrature ampie e distese mentre negli anni 70/80 ci si concentra sui piani ravvicinati dei soldati alle prese con il pericolo facendo convergere l’attenzione sulle emozioni e sulle conseguenti reazioni.
Noir
Nel film noir non esiste un vero e proprio territorio, sono luoghi di transito e ambigui che si inseriscono nel racconto quasi per controsenso: ad esempio garage, depositi, strade deserte e piovose. Questi luoghi sono importanti per il fatto di essere trappole per il personaggio, luoghi senza orizzonte. i personaggi del noir sono: il detective, il criminale, l’uomo comune e l’innocente, il singolo, la coppia, il gruppo in cui la costante è data dal fatto che i personaggi maschili sono dei perdenti e quelli femminili donne pericolose che conducono verso l’abisso (generalmente bionde). Il film noir contrappone anche spesso un modello opposto: la ragazza della porta accanto, preferibilmente bruna.
Le strutture narrative possono essere:
il film è un lungo flashback in cui vi è un inizio che è lo stesso della fine;
una progressione lineare tutta in discesa, seguendo un peggioramento a cascata dalla padella alla brace;
struttura a puzzle (es. Quarto Potere).
Nei personaggi troviamo disincanto, pessimismo, cinismo e durezza.
Il mondo del noir nega i temi del riscatto e della giustizia, sono storie senza orizzonte e sbocco estranee all’happy and. E’ un cinema in cui i delitti e i crimini sono sempre imperfetti. L’immaginario è fatto di oscurità e intrappolamento, è una visione cupa che ritroviamo centrale nella messa in scena. Nella fotografia dominano le ombre per creare l’effetto gabbia e l’intrappolamento del personaggio; l’illuminazione dal basso per creare mistero; il controluce per ritagliare silhouette, luci che tagliano, torce elettriche che evidenziano.
Vi è una predilezione per le forme geometriche, per gli effetti di inquadratura nell’inquadratura, effetti di profondità di campo, punti di ripresa insoliti, obliqui che schiacciano.
Questo per una messa in scena finalizzata a far vivere allo spettatore lo stesso smarrimento del protagonista (influenza espressionismo tedesco anni ’30 e ’40).
La figura chiave è il direttore della fotografia, complementare al regista.
Film noir è un termine francese per un genere americano che segna l’incontro di gangster movie, horror e melodramma. In letteratura il noir è la ramificazione più morbosa del mistery che parte dal Gotico e ha la stessa origine di horror e fantascienza. Il noir è una questione di stato d’animo e di stile: il principio è che “il come è più importante del cosa”.
In America questo genere era chiamato Thriller.
I francesi hanno inventato il termine noir e ciò è accaduto perché la Francia postbellica aveva una cultura filmica dove i film erano trattati come arte più che come intrattenimento commerciale.
La serie noir nasce, matura e scompare nell’arco di tempo che va dal 1941 al 1953 (prima fase dal 41 al 45, nel periodo bellico, con Bogart e Bacall; seconda fase dal 46 al 49, periodo post bellico, è segnata da un grande realismo dove i film tendono a dedicarsi al problema della delinquenza nelle strade, alla corruzione politica e alla attività della Polizia; terza fase dal 49 al 53, offre il meglio del noir con incisività estetica e sociale mai raggiunta.
Da ricordare: l’ingrediente più ricorrente del noir è il crimine.
Horror e Fantascienza
Il fantastico si colloca su una linea incerta tra ordinario e straordinario, normale e anormale, possibile e impossibile; racchiude al suo interno tutte le possibilità della fantascienza e dell’horror.
Esplorando l’ignoto che è dentro o fuori dall’uomo si attraversa il futuro, lo spazio della vita e gli abissi della mente. Gli archetipi dell’horror sono Frankenstein e Dracula. L’horror si definisce da una reazione del pubblico alla storia raccontata che presenta brividi, panico e terrore in un contesto controllato, dove la consapevolezza di non correre un reale pericolo è la premessa per il pubblico per scaricare le sue tensioni.
Il clima Gotico è riconoscibile per elementi iconografici e scenografici: cripte, castelli, notti nere, atmosfere decadenti. Queste sono le costanti dell’orrore e del senso d’angoscia che si riscontrano nella successione delle sequenze. Questo filone nasce a seguito della scuola espressionista anni ’30 (es. film Il gabinetto del Dott. Caligari).
Un altro filone dell’Horror è quello che mette in scena inquietudini che derivano da malattie o distorsioni psicologiche (es. serial killer); è l’espressione dei travagli della vita che prendono forma.
A questo proposito emergono il tema del doppio (un estraneo che ci fa dubitare del nostro stesso io), il tema del controllo sulla mente (es. Caligari) e il tema della morte (paura dell’ignoto).
Il padre della Fantascienza è Gorge Melies, legato alla dimensione spettacolare ad effetto speciale.
I maggiori successi della fantascienza propongono rigorose strutture mitiche in forma di fiaba e i grandi maestri sono Spielberg (E.T.) e Lucas (Guerre stellari).
Oggi la fantascienza viaggia in parallelo ai progressi della tecnica nel campo dell’immagine e del suono e costruendosi intorno ad un altrove misterioso, sconosciuto, offre gli ingredienti base della più classica delle grandi avventure: il viaggio dell’eroe (es. Guerre stellari).
La fantascienza agisce per scatti graduali e sempre più crescenti; si muove in una soglia dell’ambiguità in cui è possibile rintracciare la distinzione sempre più vacua e insignificante tra ordinario e straordinario, tra realtà e irrealtà, tra invenzione e possibilità.
Un esempio di fantascienza non canonico è il film The Truman Show in cui il viaggio dell’eroe ha le coordinate capovolte: il mondo straordinario è quello in cui già si trova(fino a quando Truman non lo riconosce come tale, il viaggio verso l’esterno viene bloccato).
Fonte: http://www.scicom.altervista.org/semiologia%20del%20cinema/i%20generi%20cinematografici.doc
Sito web da visitare: http://www.scicom.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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I generi cinematografici
L’età d’oro di Hollywood 1
• Il motore di quella che possiamo definire l’età d’oro di Hollywood un’età che dura circa vent’anni viene inaugurata dall’avvento del sonoro nel 1927 con “Il cantante di jazz” e uccisa dall’arrivo della televisione nel 1954 si deve a quello che viene definito lo stile classico hollywoodiano. Uno stile che si basa sul sistema dei generi.
Il sistema dei generi 1
• Il sistema dei generi a Hollywood nasce all’interno dello studio system basato su una stretta divisione del lavoro e sul sistema della cosiddetta “sceneggiatura di ferro” attraverso cui si limitava il potere del regista e gli si impediva di abbandonarsi a improvvisi estri creativi che forse avrebbero prodotto dei capolavori ma sarebbero stati disastrosi per la produzione.
La sceneggiatura di ferro
• Nella sceneggiatura di ferro era indicato tutto: i dialoghi, l’azione e spesso le singole inquadrature per esempio primo piano, campo totale di una stanza, campo- controcampo. Gli sceneggiatori lavoravano soli o insieme alla ricerca di idee gag o trovate narrative. La sceneggiatura è dunque spesso il frutto di un vero e proprio lavoro di bottega, un lavoro collettivo. Una volta scritta la sceneggiatura viene poi affidata al regista che deve metterla in scena così com’è senza avere quasi margine di variazione.
L’età d’oro di Hollywood 2
• Quella che viene chiamata l’età d’oro di Hollywood non è dunque tutta d’oro perché in essa le limitazioni all’autonomia e alla libertà ebbero un peso notevole basti pensare all’adozione del cosiddetto Codice Hays cioè il codice di autocensura entrato in vigore nel 1934 e che stabiliva ciò che si poteva mostrare ma anche semplicemente narrare a Hollywood.
• La classificazione dei film in base al genere di appartenenza è un aspetto fondamentale dell’istituzione cinematografica e nel caso dei film hollywoodiani questa semplice etichetta orienta subito lo spettatore rispetto a ciò che potrà aspettarsi in quanto ambientazione, stile e, entro certi limiti, anche ideologia.
• Ogni film di genere sia esso un noir, un western, un musical o altro, è il risultato della messa a punto di universi figurativi e congegni narrativi che esprimono non solo una forma di intrattenimento ma anche una visione del mondo, una filosofia della vita, un’estetica, una ideologia.
• E’ con l’avvento del sonoro, lo abbiamo detto, che i generi diventano il principio dominante da cui parte la realizzazione di un film: commedia, poliziesco, western, guerra, fantascienza, noir, musical, film storico, mélo,horror sono sistemi regolatori per la produzione e per lo spettatore quando sceglie lo spettacolo da vedere.
• L’interazione tra generi e divismo è fondamentale infatti, il divo come il genere è un personaggio che di film in film ricorre sempre uguale per esempio i finti deboli di Clark Gable e Gery Cooper che si specializzarono il primo nell’uomo forte e malinconico poi ripreso anche da Humpry Bogart, il secondo nel personaggio del malinconico timido, bisognoso di protezione femminile. Nel western invece John Wayne incarna l’eroe americano salvatore.
La diva nel sistema dei generi
Dopo l’introduzione del Codice Hays sparisce la figura di donna provocante per esempio Marlene Dietrich o Greta Garbo e a dominare è una immagine femminile più conformista ma anche spigliata, vivace polemica e brillante per esempio Katharine Hepburn o Claudette Colbert.
L’angelo azzurro Marelene
Dietrich e von Sternberg 1929
Accadde una notte Claudette
Colbert e Frank Capra 1934
Susanna Katharine Hepburn e
Howard Hawks 1938
George Fitzmaurice e Greta
Garbo Mata Hari 1931
L’eroe forte e malinconico
Clark Gable
L’eroe forte malinconico e con
eterna sigaretta di Humpry Bogart
Gery Cooper personaggio
malinconico, timido bisognoso di protezione femminile
John Wayne l’eroe americano
salvatore
I generi cinematografici 5
Non è sufficiente che alcuni film trattino lo stesso soggetto per essere considerati dello stesso genere infatti, per essere considerati dello stesso genere, i film devono trattare lo stesso soggetto con lo stesso tipo di messa in scena.
Il film di guerra
• E’ un film in cui genericamente si combatte in nome di valori da difendere, i valori della cultura occidentale (libertà, uguaglianza eccetera), contro un nemico che li calpesta.
• E’ un film che presuppone luoghi scenici definiti: la caserma, la nave, l’aereo, il campo di battaglia.
• L’etichetta noir comprende vari sottogeneri ovvero: il poliziesco, il gangster film, la detective story, il thriller.
• Tratto comune è la messa in scena da vari punti di vista di eventi criminosi creando attorno a essi un clima di suspence circa l’esito dell’impresa criminosa, la scoperta del colpevole, le motivazioni del delitto.
• E’ un film in cui c’è un’inchiesta (indizi, sospetti, interpretazioni che conducono a un criminale) ma anche sempre a un determinato ambiente ovvero la città soprattutto la città di notte. Le strade, i locali scarsamente illuminati, gli appartamenti miserabili, gli ippodromi, le case da gioco clandestine.
• Di regola poi la città viene ripresa con forti contrasti di luce in bianco e nero che servono a rappresentare il conflitto simbolico tra il bene e il male.
• Presuppone storie che accadono in una determinata regione e una determinata epoca, quella dei pionieri.
• Presuppone come protagonisti coloni, indiani, cowboys, banditi, pistoleri.
• Presuppone come paesaggio grandi pianure, fiumi, montagne.
• Presuppone come inquadratura campi lunghissimi e spazi aperti.
• Solitamente ambientato nell’antico Egitto o nell’antica Roma, prevede ricostruzioni di città in cartapesta, un grande dispendio di mezzi scenici e un altissimo numero di comparse. Per questo il film storico spesso è un kolossal di grande costo.
• E’ forse il genere principe del cinema hollywoodiano.
• Predilige dialoghi molto più brillanti che in qualunque altro genere.
• Tratta conflitti molto forti.
• Vuole colori violenti con una fotografia molto brillante e falsa.
• Trova la sua espressione più significativa nei casi in cui non si presenta allo stato puro ma contaminato con altri generi per esempio quello epico-storico “Via col vento” di Victor Fleming del 1939 o con il film noir Gilda di Charles Vidor del 1946.
• Usa scenografie teatrali ed è l’unico che pratica una continua rottura della narrazione con interi numeri di danza e lunghissimi movimenti della cinepresa (soprattutto carrelli) che negli altri generi sono molto rari.
• Presuppone effetti speciali e insieme con la fantascienza e con il melodramma è l’unico genere hollywoodiano che si avvicini al cinema delle attrazioni e ai trucchi delle origini poiché la spettacolarità delle immagini è molto forte.
• E’ la sede principesca delle trasgressioni sia nel contenuto sia nel linguaggio.
• Tutti gli scherzi e le attrazioni che normalmente vengono evitati nei generi tradizionali si riuniscono qui come in una zona franca: sguardi in macchina, prospettive rovesciate, spazi assurdi.
hollywoodiano 1
• Possiamo collocarlo tra due esigenze
fondamentali: il bisogno di regole come i generi che assicurino la giusta trasmissione del messaggio e il bisogno di novità di sorpresa di cambiamento. Il regista a hollywood deve trovare il suo equilibrio tra queste due sponde opposte.
hollywoodiano 2
• Se i generi rappresentano la tradizione,
la novità è costituita dalla loro evoluzione e trasformazione con l’introduzione di spazi nuovi e diversi e anche con marche stilistiche d’autore.
hollywoodiano 3
• L’autore deve accettare le regole ma anche
riuscire a modificarle dall’interno e se Hollywood come abbiamo visto rifiuta gli autori, ne ha anche bisogno.
• E’ pur vero però anche l’inverso perché l’autore per affermare la propria individualità ha sempre bisogno di una tradizione in cui inserirsi per modificarla. Spesso poi le modifiche più riuscite diventano regole nuove che altri autori coraggiosi potranno a loro volta modificare e trasgredire.
hollywoodiano 4
• Faremo tre esempi di autori nati all’interno del
sistema dei generi del cinema classico hollywoodiano:
• John Ford e il suo “Ombre rosse” del 1939 inseribile nel genere western.
• Orson Welles e il suo primo film “Quarto potere” del 1941 un capolavoro che rifiuta qualsiasi classificazione di genere.
• Alfred Hitchcock e il suo “La finestra sul cortile” del 1954 inseribile nel genere noir.
• Ford basava tutta la sua poetica sul western è vero ma il western era per lui il momento di conferma dell’identità nazionale e individuale.
• Il western era dunque uno dei momenti di maggiore unificazione culturale del paese e dunque ciò che dà unità poetica all’opera di Ford non è solo l’epopea dell’America ma anche il cammino faticoso della giustizia la dura lotta che spesso questo comporta.
• Tutte le figure di Ford sono eroi del sacrificio e il regista può permettersi tutte le trasgressioni che vuole perché la sua opera era comunque sul piano culturale per l’America troppo importante per essere censurata.
John Ford Ombre rosse (1939) 4
• E’ una poetica quella di Ford che però non sempre esalta la cultura americana verso cui anzi spesso avanza dubbi e critiche chiedendosi in maniera mai trionfale né banale, se in realtà la civilizzazione lungi dall’essere un progresso non sia occasione per dare spazio a ladri, speculatori e approfittatori.
• Anche gli indiani non sono per Ford i nemici della civiltà ma anzi, meno pericolosi dei bianchi, sono i vecchi nobili abitanti dell’America, eroi che pur perdendo la battaglia contro gli invasori, sono da onorare.
John Ford Ombre rosse
(1939) 5
• Anche sul piano formale il regista mostra uno stile personalissimo e, pur rispettando il primato dell’azione si difende dal montaggio stereotipato hollywoodiano perché le sue scene invece di essere frammentate in primi piani o piani ravvicinati sono girate tutte in profondità di campo cosa che allora risultava abbastanza fastidiosa perché si riteneva ostacolasse la leggibilità del film.
• Orson Welles verrà decisamente sbattuto fuori da Hollywood perché nel suo cinema pulsa il primo grande caso di rottura dell’illusione di realtà che era tipica del sistema dei generi.
• Welles comparso nel cinema con “Quarto potere” come ragazzo prodigio, viene trasformato immediatamente in autore maledetto e il suo nome prima osannato diventa sinonimo di spreco e rovina.
• In “Quarto potere” una profonda riflessione sull’identità dell’uomo moderno basata su potere e ricchezza si unisce a una grande esaltazione del cinema come strumento sovversivo.
• La fotografia di Gregg Toland recupera lo stile di Ford di cui Welles amava considerarsi un discepolo e così usa il contrasto tra primissimo piano e sfondo per dare allo spazio una straordinaria violenza.
• Gli obiettivi usati distorcono lo spazio facendo apparire enormi o piccolissime le figure a seconda che siano vicine o lontane mentre la durata delle inquadrature permette a ognuna di acquistare un forte valore simbolico.
di campo
• Orson Welles sperimenta per primo il metodo "panfocus", un procedimento di fotografia che permette di mettere a fuoco sia i personaggi in primo piano che quelli sullo sfondo.
• In tal modo nella stessa immagine possono entrare due o più personaggi presenti nella scena.
• Grazie a questa novità, Welles elimina in un solo colpo la necessità del campo-controcampo e invece di frammentare la scena in diverse inquadrature, opta per una lunga ripresa continua in profondità di campo, realizzando un piano sequenza.
sul cortile (1954) 1
Alfred Hitchcock La finestra
sul cortile (1954) 2
• Se Ford aveva una maniera tutta sua di stare dentro lo studio system e Welles si era fatto cacciare, Hitchcock ha dimostrato non solo come si possa stare a proprio agio dentro a una macchina industriale ma addirittura dentro a un genere solo ovvero il giallo.
Alfred Hitchcock La finestra
sul cortile (1954) 3
• “La finestra sul cortile” diventa allora un esempio di come un film di Hitchcock possa essere allo stesso tempo un giallo e anche un’opera di alto valore stilistico che regge al vaglio delle più sottili analisi accademiche.
• Hitchcock che considerava se stesso uno dei tanti artigiani hollywoodiani fu sdoganato dalla critica francese e in particolare da François Truffaut.
Alfred Hitchcock La finestra
sul cortile (1954) 4
• Seguendo Truffaut “La finestra sul cortile” è un film sul cinema in cui il cortile è il mondo, il foto-reporter il cineasta mentre il binocolo prima e la macchina fotografica poi, rappresentano la cinepresa con i suoi obiettivi.
Bibliografia
• S. Bernardi, L’avventura del cinematografo, Marsilio, Venezia 2007, pp. 162- 165 e pp. 170 188.
• A Costa, Saper vedere il cinema, Milano, Bompiani 2011, pp. 121-147.
• F. Truffaut, I film della mia vita, Marsilio, Venezia 1992, pp. 92- 96.
Fonte: http://www.iuav.it/Ateneo1/docenti/design-e-a/docenti-a-/Marina-Pel/materiali-/claves-201/claVES-12-13---I-generi-cinematografici.pdf
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