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Questo manuale è il frutto di anni di esperienza maturati dagli istruttori dell’associazione, sia sul campo sia durante i molteplici corsi ed esercitazioni svolti sul territorio della provincia di Como e nella regione Sardegna. Il manuale cerca di raccogliere e riorganizzare tutto il materiale utile all’attività A.I.B. (Anti Incendio Boschivo), ma data la continua evoluzione sia dell’attrezzatura sia delle tecniche anche il manuale è in continuo cambiamento, per cui vi consigliamo di procurarvi la versione più aggiornata confrontando la vostra con quella che trovate indicata sulla copertina. A causa della complessità degli argomenti molto spesso la lettura non risulta facile ed immediata specialmente per i non addetti ai lavori quindi vi invitiamo a far riferimento ai vostri caposquadra per qualsiasi chiarimento. Il materiale presente nella dispensa non è tutto fondamentale per l’attività
A.I.B. ma riteniamo che una trattazione approfondita dei fenomeni sia da preferire perché una conoscenza precisa è il primo passo per combattere gli incendi e comunque non può essere separata dall’attività pratica su un incendio reale.
Prima di analizzare le cause dirette degli incendi boschivi, è opportuno fare cenno ad alcune situazioni predisponenti, sia naturali che antropiche, che rendono più facile l’accendersi e il successivo dilatarsi dei fuochi nei nostri boschi.
Citiamo per esempio:
L’entità dei danni causati dagli incendi nei boschi è non soltanto di carattere ―diretto‖, cioè economico, relativa alla perdita del materiale legnoso distrutto o danneggiato e dei capitali investiti nei rimboschimenti, ma soprattutto di carattere indiretto o ―ecologico‖ relativa al dissesto idrogeologico, al deterioramento del paesaggio, alla distruzione della flora della fauna, all’alterazione dell’ambiente etc.
Gli incendi provocati dai fulmini e dalla caduta di linee elettriche dovuta al vento sono in effetti difficilmente riscontrabili (tant’è vero che, negli U.S.A., si calcola che su mille incendi solo diciannove sono realmente imputabili a tali cause; in Italia la percentuale è inferiore).
Si può verificare nelle masse vegetali, vive ed ammassate (fieno fresco), dove il processo respiratorio in atto, in concomitanza con lo sviluppo di microrganismi termofili, capaci di produrre fermentazione fino a 60°-70° , predispongono l’autocombustione. Per determinare il fenomeno autocombustivo si devono quindi verificare condizioni tali che nel bosco non si verificano mai.
Quando all’accensione per rifrazione dei raggi solari, attraverso bottiglie e cocci di vetro abbandonati nei boschi segue lo sviluppo dell’incendio, si ha il fenomeno dell’autoaccensione; tuttavia la possibilità che si verifichi spontaneamente è molto scarsa.
Speculazione su terreni;
La causa che ha provocato più danni al patrimonio boschivo italiano negli anni ’50 e ’60 è la distruzione dei boschi con intenti speculativi in campo edilizio. Per prevenire tale crimine dal 1975 una legge pone sui terreni percorsi dal fuoco il vincolo di assoluta inedificabilità sino alla naturale ricostituzione del manto boscato, anche in presenza di varianti che modifichino la destinazione d’uso dei fondi colpiti. Ciò
dovrebbe far decadere ogni interesse per lo speculatore scoraggiandone gli intenti, ma purtroppo in gran parte del territorio italiano non esiste alcuna mappatura dei terreni percorsi dal fuoco ed è quindi assai difficile imporre i vincoli.
Nell’Italia meridionale ed insulare (specialmente in Sardegna) è ancora frequente l’uso di bruciare cespugliati e boschi per ottenere alle prime piogge autunnali, ma soprattutto in primavera, erba fresca per il pascolo; oltre che al rinverdimento dei pascoli, gli incendi sono anche finalizzati al loro allargamento.
Accade talora che cacciatori di pochi scrupoli diano fuoco ai boschi (specialmente nelle zone di riserva) per fare uscire la selvaggina su terreno di caccia libera. E’ una pratica criminale che distrugge flora e fauna.
Sfortunatamente gli appalti per i rimboschimenti da effettuarsi nelle zone danneggiate dagli incendi divengono uno dei motivi per provocare questi ultimi, sia per chi è interessato alla fornitura delle piante, sia per chi teme una riduzione del personale impiegato nel settore.
In molte località del centro-sud e nell’arco alpino esiste un numero notevole di disoccupati e sottoccupati cui interessa la creazione di un posto di lavoro, taglio, pulitura dei boschi bruciati, per esempio, oppure guardia fuoco: si brucia un bosco per dimostrare la necessità di assumere operai.
Gente che incendia per divertimento o per godersi lo spettacolo ce n’è, purtroppo, più di quanto si creda. Alcuni cercano forse una rivalsa e una liberazione da condizionamenti e frustrazioni a cui li costringe l’esasperante vita moderna, specialmente nelle città.
Sono queste cause molto frequenti, come indicano i numerosi incendi originati sul bordo delle strade o delle ferrovie. Un mozzicone di sigaretta acceso buttato da un’auto o da un treno in corsa è una piccola brace che, in presenza di sterpaglie e per lo spostamento dell’aria generato dal passaggio di altri mezzi oppure per moti ventosi (una leggera brezza è sufficiente) può benissimo accendere la prima fiamma. Bisogna dire che l’impiego di diserbanti chimici (in particolare modo i clorati) lascia l’ambiente infiammabile anche dopo mesi dall’applicazione.
L’abitudine dei contadini di bruciare le stoppie nei campi (poco dopo il tagli o del grano ad esempio) e di ardere grandi mucchi di sterpi (pratica attuata perfino tra gli oliveti o vicino ai vigneti) è decisamente condannabile.
Certi cantonieri hanno la cattiva abitudine di bruciare le stoppie nei canali di scarico a lato della strada per ripulirli. E’ vero che così rinasce un’erba verdissima, fin dalle prime piogge di fine estate, ma questo non giustifica la possibile distruzione degli arbusti e danneggia, in qualche caso irreparabilmente, gli alberi piantati lungo le strade e le ferrovie. In molti casi poi il fuoco , totalmente incustodito specie durante le ore notturne, si estende ai cespugli e ai boschi. per non parlare delle nuvole di fumo che, alzandosi improvvisamente dal ciglio della strada, possono causare incidenti automobilistici spesso mortali.
Fuochi dovuti a escursionisti, campeggiatori, cacciatori;
Non tutti i frequentatori del bosco hanno cura di lasciarlo così come l’hanno trovato: calpestio a parte, la gente stronca i rami, asporta arbusti, piantine, bacche e funghi, coglie fiori, getta rifiuti che possono poi essere facile esca per il fuoco. Anche se i campeggiatori più esperti a differenza dei gitanti domenicali, provocano difficilmente l’incendio, l’accensione di fuochi nel bosco è comunque un fatto molto grave e pericoloso, anche perché le braci non spente, o spente male, possono covare sotto la cenere e divampare poi improvvisamente. Un D.R. vieta qualunque accensione di fuochi che non coincidano con favorevoli fenomeni meteorologici.
Pur non essendo all’origine di molti incendi, bisogna registrare anche questo caso: ragazzi (ma anche adulti) che accendono falò per puro divertimento, senza preoccuparsi né dell’eventuale vicinanza di cespugliati e boschi, né di un accurato spegnimento delle braci.
Taluni comuni dislocano gli immondezzai nelle vicinanze o addirittura entro i boschi; sovente accade poi che a tali depositi di immondizie sia dato fuoco con possibilità di estensione successiva ai boschi.
Di questo gruppo fanno parte tutte quegli incendi le cui cause sono ignote, oppure sono dubbie. Molto più spesso di quanto si crede la causa dell’incendio non è precisamente individuabile e si fanno delle ipotesi che comunque sono verosimili.
Come tutti sanno la combustione è una reazione chimica, e precisamente un’ossidazione, mentre la fiamma non è altro che la parte visibile di una colonna di gas e di vapori in combustione; invece i fumi che vengono immessi nell’atmosfera , sono rappresentati da composti chimici diversi e si generano nella maggior parte delle combustioni. In questa sede la combustione del legno merita un cenno particolare.
La struttura del legno è anisotropa e la sua conduttività termica in direzione tangenziale è superiore fino al 10% rispetto a quella radiale. La sua composizione è rappresentata da cellulosa (50%, polimeri di circa 3-15000 unità del carboidrato glucosio beta in catene lineari), enocellulosa (25%) e lignina (25%).
Quando il legno viene riscaldato subisce il fenomeno della pirolisi che consta di diverse fasi. La prima è rappresentata da una perdita di acqua e durante questa disidratazione la temperatura si mantiene sotto i 70°C, fino a quando la maggior parte di liquido non viene eliminata; la rimanente parte di acqua evapora successivamente con l’aumento della temperatura a 100°C. A questo punto inizia la pirolisi vera e propria caratterizzata dall’eventuale eliminazione del liquido residuo, dallo sviluppo di anidride carbonica, ossido di carbonio e dall’aumento della temperatura a 200°C. Procedendo con le reazioni si ha la formazione di un composto, detto pirolegnoso (acidi grassi a basso peso molecolare, acidi grassi superiori a alcool metilico in soluzione acquosa), e si raggiungono i 280°C sempre con emissione di anidride carbonica e ossido di carbonio. Oltre questa fase la reazione assume un decorso fortemente esotermico, e con afflusso di aria sufficiente si ha la combustione viva con rapido incremento della velocità di reazione e notevole emissione di luce e calore. I composti emessi sono rappresentati da formaldeide, acido acetico, acido formico, metanolo, ecc. mentre la frazione gassosa è caratterizzata dalla presenza di gas combustibili, come metano e idrogeno, oltre al già citato ossido di carbonio.
Nella combustione viva l’accensione della massa gassosa liberata si ha quando questa, mescolata all’aria, raggiunge una certa concentrazione e in presenza di energia di innesco produce la fiamma che può superare i 1000°C. Contemporaneamente si ha l’ossidazione del residuo carbonioso.
Se la combustione non è completa, cioè le particelle non vengono consumate completamente nella fiamma si ha la produzione del fumo cioè l’insieme di più di 200 composti diversi originati nella combustione del legno.
La quantità di anidride carbonica e di vapore d’acqua liberati sono indice dell’efficienza della combustione e cioè tanto più sono abbondanti tanto più è stata completa la combustione.
PUNTO DI INFIAMMABILITÁ o TEMPERATURA DI INNESCO
È la temperatura alla quale occorre portare un combustibile affinché esso emetta vapori combustibili in quantità da incendiarsi in presenza di un innesco sia esso fiamma o scintilla.
PUNTO DI ACCENSIONE
È la temperatura alla quale un combustibile inizia spontaneamente a bruciare in presenza di ossigeno senza necessità di innesco con fiamma o scintilla.
I combustibili si suddividono secondo la tabella internazionale in classi:
CLASSE A: quelli di tipo solido (normalmente derivati da elementi contenenti cellulosa, ivi compresi la maggioranza di quelli da lettiera di tipo boschivo).
CLASSE B: quelli di tipo liquido, suddivisi in varie categorie:
CLASSE C: quelli sviluppati da gas (in special modo: metano che stratifica verso l’alto e il butano che stratifica verso il basso)
CLASSE D: quelli sviluppati da sostanze chimiche che legate all’acqua formano sostanze tossiche
CLASSE E: quelli sviluppati da apparecchi elettrici sotto tensione (pericoli di archi voltaici)
Parte più avanzata dell’incendio che si sposta in direzione del vento, dove la combustione è più rapida e intensa
Parte opposta alla testa dove le fiamme sono basse, se l’intensità del vento è notevole, l’incendio assumerà un andamento a ―fronte continuo‖ quindi questa parte tende a scomparire.
Parte laterale dove le fiamme tendono ad essere più basse e più facilmente attaccabili
Propaggine che si stacca da un fianco dell’incendio che talvolta può creare un altro fronte di avanzamento dell’incendio.
In presenza di vento molto forte e di incendi a chioma, dove si ha il trasporto a distanza di tizzoni e faville si possono creare focolai imprevisti che modificano l’andamento dell’incendio.
(Vedi anche i capitoli relativi)
Il comportamento del fuoco dipende sostanzialmente da tre fattori, che si influenzano reciprocamente: il combustibile anzitutto, ma anche le condizioni meteorologiche e la topografia.
I combustibili si distinguono in:
Sono importanti la continuità e la compattezza e i materiali vegetali e ancora di più il contenuto d’acqua. A prescindere dallo stato fisiologico della vegetazione, il contenuto d’acqua dipende dalle condizioni meteorologiche: le precipitazioni, il vento. la temperatura e l’umidità atmosferica.
Per le precipitazioni non interessa tanto la quantità quanto la distribuzione nel tempo. Sono i periodi prolungati di siccità che creano i maggiori pericoli.
Il vento ha un’influenza determinante: Apporta grandi quantità di ossigeno alla combustione, essicca i materiali vegetali esaltando l’evaporazione e la convezione, trasporta a grandi distanze i tizzoni e soprattutto impone la direzione dell’incendio.
In assenza di vento e in terreno pianeggiante il fuoco tende ad espandersi in tutte le direzioni, in forma circolare. Col vento si ha una direzione preferenziale e l’incendio acquista una caratteristica forma allungata ellittico-ovale. La temperatura riscalda il combustibile e lo essicca, portandolo più vicino alla temperatura di accensione.
L’umidità atmosferica influenza direttamente il contenuto d’acqua del combustibile, soprattutto di quello morto. La topografia influisce con l’esposizione e la pendenza. La prima determina l’irraggiamento solare e quindi la temperatura e l’umidità (l’esposizione a sud-ovest è la più calda, asciutta e pericolosa). La seconda facilità l’avanzamento del fuoco verso le zone più alte, preriscaldando con la convezione dell’aria calda combustibili sovrastanti non ancora interessati dalle fiamme. Raggiunto il crinale, il fuoco assume un andamento quasi
verticale e richiama aria in senso opposto dall’altro versante, spesso impedendo che le fiamme lo percorrano in discesa.
Un’altra conseguenza della pendenza è tuttavia anche il precipitare a valle di materiali infiammati che possono accendere nuovi focolai.
Quando poi lungo le pendici vi sono burroni, crepacci o strettoie, il fuoco avanza con la massima rapidità- Il tiraggio dell’aria calda diventa allora paragonabile a quello di un camino.
In generale si distinguono i seguenti tipi di incendio:
Bruciano le sostanza vegetali sotto il livello del suolo, il muschio, la torba, l’humus indecomposto. La combustione è lenta ma si spegne con difficoltà. La stessa acqua serve a poco a meno che non contenga additivi per ridurre la sua tensione superficiale. Questi incendi, frequenti nelle pianure dell’Europa e dell’America settentrionali, creano grossi problemi. non è raro il caso che durino per intere settimane, perfino sotto la neve. Nei paesi mediterranei, nei periodi di forte siccità e purché il terreno consenta una certa aerazione, possono bruciare le ceppaie, con notevoli pericoli per la ripresa e la diffusione del fuoco.
E’ il tipo più comune. Quasi tutti gli incendi cominciano in questo modo. Bruciano la lettiera, l’erba, le foglie, e i rami morti, insomma la vegetazione al livello del suolo. Il fuoco è generalmente rapido ma non raggiunge una forte intensità. Spesso non provoca danni di rilievo agli alberi. L’opera di spegnimento è relativamente facile, anche con semplici mezzi manuali.
Questo è il tipo di incendio più preoccupante. Le fiamme si estendono rapidamente alle chiome degli alberi, con grande sviluppo di calore; quando c’è vento i tizzoni diffondono il fuoco anche a grandi distanze. Sono incendi frequenti e di intensa pericolosità soprattutto nelle monocolture di conifere a elevata densità. Di solito l’unico mezzo per averne ragione, è la soppressione del combustibile, con una barriera naturale o artificiale o con l’abbruciamento preventivo (controfuoco).
Questa suddivisione non è rigorosa. Lo stesso incendio può assumere diversi aspetti nel tempo e nello spazio. Nei casi peggiori va a fuoco senza alcuna distinzione tutta insieme la vegetazione presente sulla superficie, gli alberi, gli arbusti, l’erba e la lettiera.
Si può rappresentare il fuoco con un triangolo i cui tre lati sono costituiti da combustibile, comburente (ossigeno), calore; mancando uno di tali elementi non può esistere il fuoco.
I sistemi di spegnimento degli incendi sono basati su azioni tendenti:
Vogliamo tuttavia premettere che nella complessa dinamica di un incendio boschivo non si potrà mai procedere usando un solo ―metodo‖ ma alternando e frammischiando le varie tecniche fino al raggiungimento dell’obbiettivo finale.
(Per maggiori informazioni sulla combustione del legno vedere capitolo ―La Combustione‖)
Qualsiasi fuoco si estingue quando viene isolato dall’aria mediante un diaframma che si frapponga tra la fiamma e l’ambiente che lo circonda.
Nel fuoco basso, radente l’azione di isolamento viene fatta sia battendo le fiamme con qualcosa che ne provochi il sia pur momentaneo isolamento dall’aria sia ricoprendo le fiamme con qualche sostanza inerte incombustibile.
L’azione battente viene fatta con frasche o rami con fogliame verde, fruste o flabelli metallici, di cuoio o altra sostanza, badili o altri attrezzi.
E’ un’operazione che va fatta con rapidità e decisione per avere ragione di fiamme che abbiano attaccato la vegetazione erbacea e talora anche arbustiva.
Preferire specie a foglia consistente carnosa, evitare assolutamente le specie resinose perché di facile accensione. Quando la frasca ha perso le foglie. a meno che non abbia una ramificazione molto sviluppata (erica, tamerice, faggio, ecc.) deve essere gettata e sostituita.
Quando non è possibile procurarsi una buona frasca, si ricorre agli attrezzi che abbiamo già citato o a qualsiasi altro oggetto con cui possa essere percossa, in rapida successione, la vegetazione in fiamme; se si devono usare sacchi, teli, oggetti di facile accensione, sarebbe bene poterli inzuppare d’acqua per ritardarne l’abbruciamento.
Bisogna che l’azione battente sia ripetuta diverse volte sullo stesso punto anche dopo che si è spenta la fiamma perché il forte calore prodotto dalla brace rimasta sul terreno non faccia riprendere il fuoco.
E’ opportuno altresì che subito dopo la battitura, possibilmente con altra persona munita di rastrello o rastro A.I.B., la brace venga dispersa, stando attenti a non portarla a contatto con vegetazione non combusta di facile accensione.
Durante l’opera di battitura, quando la fiamma è superiore ai 50-60 cm. di altezza, bruciando cioè erba molto sviluppata, felci, cespugli, è molto difficile per un operatore affrontare il fuoco controvento perché il calore ed il fumo rendono l’aria irrespirabile anche a distanza di parecchi metri, quindi è opportuno che le fiamme siano affrontate preferibilmente di lato e sottovento.
Per bloccare il fuoco in un punto il personale A.I.B. dovrà disporsi a poca distanza l’uno dall’altro, nel caso che i volontari a disposizione siano insufficienti ad una azione contemporanea su tutto il fronte, si dovranno disporre ad una distanza tale che la loro azione sia la più efficace per non fare avanzare le fiamme.
Il soffocamento avviene anche gettando della terra sulle fiamme con badili o zappe: è un sistema molto efficace su terreni sabbiosi e ovunque è facile rimuovere la terra per poi spostarla.
Un attrezzo molto utile che viene utilizzato in accoppiamento con il badile è il malimpeggio o zappa-accetta, che per la sua conformazione permette sia la lavorazione del terreno sia il taglio della vegetazione.
L’azione di soffocamento viene praticata soprattutto in fase di bonifica (come vedremo più avanti) per ricoprire ceppaie che ardono, tronchi in parte bruciati con brace accesa, monconi che possono ruzzolare sul pendio.
Comunque, in tutti i casi ove è possibile, il getto di terra sulle fiamme è molto efficace anche perché si effettua una notevole azione di raffreddamento che contribuisce alla definitiva estinzione di ogni fuoco. Bisogna però stare attenti che sotto la terra il fuoco non covi (come nelle carbonaie) per poi riaffiorare in caso di vento che rimuove la terra e facilita la ripresa della combustione solo sopita.
E’ il sistema più usato sul nostro territorio per ―arginare‖ un incendio boschivo e successivamente spegnerlo. Durante un intervento A.I.B. non ci si deve preoccupare tanto di salvare la vegetazione già attaccata dal fuoco, quanto di ―isolare‖ il più presto possibile la zona in fiamme per impedire una ulteriore estensione del sinistro.
Quando il fuoco raggiunge una certa altezza e si riscontra che, con i mezzi a disposizione, non è possibile estinguerlo si ricorre al taglio ed all’asportazione della vegetazione davanti e lateralmente al fronte di avanzamento affinché avvenga che le fiamme si estinguano perché non trovano più materiale di cui alimentarsi. Qualora la velocità di avanzamento del fuoco sia modesta, cosa che avviene soprattutto sui fianchi di un incendio, l’eliminazione della vegetazione può essere affrontata anche a breve distanza dalle fiamme per salvare la maggior superficie possibile di bosco, sempre però con la certezza di non farsi superare da fuoco.
La vegetazione tagliata si disidrata facilmente nelle vicinanze del fuoco, per cui è buona regola allontanarla molto dalla linea che raggiungerà il fuoco, oppure gettarla (non ammucchiata ma sparsa) all’interno della linea stessa affinché sia bruciata e non desti più preoccupazione.
Più impegnativa è l’eliminazione dalla vegetazione davanti al fronte dell’incendio: la velocità del fuoco è varia e bisogna calcolare bene la lunghezza del fronte in modo da avere la certezza che il fuoco non arrivi alla striscia di isolamento o linea tagliafuoco prima che questa sia ultimata: in tale caso il fuoco dilagherebbe nuovamente con gravissimo pericolo per gli uomini intenti all’apertura della fascia che potrebbero rimanere stretti tra due fronti.
La velocità media di avanzamento del fuoco non è facilmente prevedibile ―a priori‖, in quanto influiscono troppi fattori, anche momentanei, quali lo stato di idratazione del terreno e della vegetazione, l’andamento topografico, il vento, la temperatura ambientale.
A seconda del tipo di vegetazione va scelto l’attrezzo adatto per il taglio e l’allontanamento del materiale. Quando vi è solo vegetazione erbacea, il taglio può essere eseguito con falci, falcetti, rastrelli A.I.B. a lama, zappe, zappe-accette.
In presenza invece di vegetazione arbustiva, in bosco di giovane età o rimboschimento di pochi anni, quando cioè il diametro delle piante non supera i 3- 4 cm., si può agire efficacemente con roncola, zappa-accetta, motodecespugliatore.
E’ sempre bene che dietro ai tagliatori vi sia personale addetto alla rimozione del materiale dal letto di caduta ed al trasporto dove opportuno
Se vi è molto materiale minuto, come avviene per esempio nella bassa macchia mediterranea, nei rimboschimenti privi da anni di ripuliture, nei ginestreti, ericheti, brughiere, bisogna evitare di ammucchiare il materiale tagliato vicino alla striscia parafuoco perché si avrebbero fiamme troppo alte che facilmente potrebbero sorpassare la zona ripulita.
Raramente, per esempio, si praticherà il taglio di faggi, castagni, robinie, ontani, querce il cui diametro a petto d’uomo superi i 30 cm. Naturalmente dovrà essere fatta un’accurata pulizia di tutta la flora erbacea ed arbustiva che costituisce il sottobosco in modo che il fuoco non trovi materiale facilmente infiammabile.
Nel caso che l’incendio sia di tipo basso, radente, ciò sarà sufficiente. Quando invece il fuoco procede alto, per chiome, o addirittura a barriera coinvolgendo tutta la vegetazione che incontra, sarà allora quasi sempre indispensabile procedere all’eliminazione di tutta la vegetazione abbattendo gli alberi, sramando, depezzando ed allontanando il materiale legnoso dalla linea tagliafuoco. Questo soprattutto quando il bosco è di conifere o misto di latifoglie e conifere.
Talora anche in boschi di resinose può essere sufficiente eliminare i rami bassi fino a circa due metri da terra e diradare il soprassuolo, eliminando le piante più filate, di minor diametro che sono sempre le più facili ad accendersi e naturalmente, ogni vegetazione secca o seccaginosa.
La striscia d’isolamento perfetta dovrebbe essere scoticata e con lo strato di terreno vegetale rimosso fino ad evitare ogni pericolo che il fuoco si propaghi per via ipogea, attraverso lo strame, le radici, le fessure del terreno. La sottrazione di combustibile davanti alle fiamme equivale, in definitiva alla creazione di una fascia, striscia o linea di isolamento incombustibile e di larghezza tale che le fiamme anche alte non possano valicarla.
In presenza di bosco con alberi di una certa altezza vi è il pericolo che questi, cadendo in fiamme possano oltrepassare la linea di isolamento e quindi propagare il fuoco all’esterno.
Si cerca di ovviare questo inconveniente sia abbattendo le piante alte che possono divenire preda del fuoco nelle vicinanze della fascia, sia tenendo sempre del personale pronto con frasche, roncole, pale e picconi, che stia attento a dove possono cadere dette piante per spegnerle ed isolarle al più presto.
Ricordarsi sempre che le piante di medie e grandi dimensioni bruciano a lungo anche se atterrate a meno che non si riesca a ricoprirle di terra.
Quello che sempre si deve tenere presente , lo ripetiamo ancora perché è cosa fondamentale, è che la fascia d’isolamento deve essere creata e vigilata in modo tale che non possa essere assolutamente superata da fuoco.
Anche la pratica del controfuoco mira allo stesso principio di far trovare, all’incendio che cerca di estendersi, una zona già combusta, dove quindi le fiamme devono estinguersi per ―mancanza‖ di combustibile.
Tale tecnica è molto delicata e pericolosa quindi deve essere eseguita solo da personale molto esperto.
E’ difficile descrivere le modalità e i casi in cui la tecnica del ―controfuoco‖ si efficace; tutte le valutazioni necessarie devono essere ponderate dal direttore delle operazioni che dopo aver analizzato la situazione deve decidere sulla tecnica più adatta ad affrontare l’incendio.
In qualunque caso bisogna fare attenzione ai ―colpi di vento‖ che possono far cambiare repentinamente la direzione di avanzamento dell’incendio.
Il principale elemento attraverso il quale avviene il raffreddamento del combustibile è l’acqua sia per la sua facilità di reperimento sia per il suo basso costo.
Il fuoco in foresta è in un fuoco di sostanza solida (legno) quindi un fuoco di CLASSE A (Secondo la definizione del Comitato Europeo Normalizzazione) che forma brace ma che sviluppa un calore relativamente modesto per unità di massa.
Utilizzando l’acqua sul fuoco di legno otteniamo soprattutto una fortissima sottrazione di calore per le proprietà specifiche del liquido di assorbire molto calore per giungere alla temperatura di ebollizione e quindi di evaporazione.
Quando ad un combustibile come il legno in fiamme si sottrae una forte quantità di calore può avvenire che si riesca a giungere al di sotto della temperatura di accensione o ignizione e pertanto la combustione cessa.
Si ha una certa azione di soffocamento e cioè di isolamento della fiamma dall’aria che però termina quando l’acqua si trasforma in vapore.
L’acqua deve essere irrorata sul combustibile in modo da raffreddare il più possibile la superficie. A tal scopo quindi è preferibile usare acqua frazionata anziché acqua a getto pieno in modo tale da ripartire l’acqua a disposizione su una superficie assai maggiore con l’effetto di raffreddare e soffocare una porzione di spazio interessata dal fuoco che sia la più grande possibile.
All’acqua si possono aggiungere sostanze chimiche che ne aumentino il potere anti-fiamma, o prodotti estinguenti e ritardanti, dalla varia efficacia secondo i vari tipi di fuochi.
L’utilizzazione dell’acqua purtroppo è subordinata alla presenza e alla consistenza della risorsa idrica disponibile nel punto più vicino alle fiamme da estinguere.
L’acqua è di per sé uno strumento molto efficace per arrestare o comunque ritardare la combustione. Bisogna però averla in quantità sufficiente. la sua azione è limitata nel tempo; scompare del tutto con l’evaporazione: In ogni caso l’approvvigionamento e l’adduzione richiedono fatiche e spese. Da molto tempo sono note e sono state sperimentate numerose sostanze che, da sole o aggiunte all’acqua, permettono di ridurre alcuni inconvenienti, di economizzarla e di ottenere uno spegnimento più rapido e sicuro. Queste sostanze si chiamano ―ritardanti‖, perché con azione chimica o fisica riducono l’infiammabilità dei combustibili e ―ritardano‖ la propagazione dell’incendio. Sono ―estinguenti‖ invece quelle che bloccano la combustione. Ma non di rado la stessa sostanza esercita insieme l’una e l’altra azione.
I ritardanti sono in genere liquidi o polveri con cui preparare soluzioni acquose in percentuali variabili secondo la sostanza e il tipo di uso che ci si appresta a farne (tipo di substrato, bonifica, spegnimento). Abbiamo due categorie di ritardanti: a Breve e a lungo termine. Mentre i ritardanti a breve termine si limitano a modificare le caratteristiche chimiche dell’acqua e perdono efficacia quando questa è evaporata, i secondi esercitano azioni chimiche sulla combustione.
Modificano le caratteristiche dell’acqua, in particolare variano la sua tensione superficiale, la forza che consente la formazione delle gocce. Ricordiamo che una goccia ha un rapporto superficie/volume tanto maggiore quanto più piccola è la goccia stessa: a noi ciò che interessa è proprio la superficie di scambio termico, che deve essere la maggiore possibile. Tanto più grossa è la goccia tanto minore è la superficie che la goccia riesce a bagnare; in presenza di erbe, cespugli densi e lettiere spesse è difficile che l’acqua riesca a bagnare in profondità tutto il combustibile, d’altra parte però accade che scorra ed evapori troppo in fretta, che non aderisca alle foglie. In base all’azione, opposta, che svolgono i ritardanti a breve termine si possono classificare in due famiglie: Bagnanti ed Ispessenti.
BAGNANTI: riducono la tensione superficiale e provocano la formazione di gocce più piccole, consentendo una penetrazione e una diffusione più agevole (fino ad 8 volte) e più profonda nell’humus e nella lettiera. Questi prodotti sono dei tensioattivi che, favorendo la diffusione dell’acqua, ne consentono notevoli risparmi; a volte poi, tramite la formazione di schiume impediscono il passaggio dell’ossigeno.
ISPESSENTI: sono gli addensanti che svolgono un’azione opposta rendendo viscosa l’acqua formando soluzioni colloidali che, ricoprendo la lettiera di uno strato liquido maggiore, riducono la dispersione e l’evaporazione dell’acqua e soffocano meglio la combustione. Fra questi prodotti ci sono polisaccaridi, alginati, polimeri sintetici, ma anche argille come la bentonite. Le argille hanno anche il vantaggio di lasciare una pellicola pulvirulenta. Studi vari hanno dimostrato che l’acqua viscosa ha una durata di trenta minuti circa. I ritardanti vengono impiegati in soluzioni molto diluite con percentuali che vanno da 0.2% a 1% per i composti sintetici, dal 3% al 10% per le argille.
Si tratta di sostanze sintetiche che hanno la ragione di utilizzo nel separare l’ossigeno dal combustibile e raffreddarlo. Sono nati per essere impiegati su fluidi (classe B) ma nel tempo si sono sviluppati prodotti adatti anche all’uso sui vegetali. Grande vantaggio nel loro uso sta nel risparmio di acqua in quanto, espandendosi, occupano volumi e superfici maggiori rispetto all’acqua; l’uso è limitato dalla presenza di vento che disperderebbe la schiuma. Trovano impegno soprattutto combinati con l’acqua (0.3-0.6%) infatti consentono all’acqua di essere meglio assorbita dai vegetali, rallentano la sua vaporizzazione, riducono la temperatura
esterna. È utile diversificare la concentrazione di soluzione: Più alta nelle condizioni ideali per garantire un migliore spessore.
Per il gel il principio di funzionamento è circa lo stesso; invece di una schiuma abbiamo una gelatina che consente di mantenere un alto tenore di acqua a contatto delle superfici combustibili e, nel contempo, raffreddarle. In entrambi i casi l’applicazione del prodotto deve precedere il sopraggiungere delle fiamme per concedere al prodotto di espandersi ed aderire.
Parliamo di sostanze che modificano le caratteristiche chimiche della combustione. L’azione da essi svolta può essere così spiegata: in generale la pirolisi (decomposizione termica della cellulosa) e la combustione si sviluppano in due forme concorrenti: la pirolisi si sviluppa a temperatura più bassa (270°C) e produce carbone insieme ad acqua e anidride carbonica; la combustione a temperatura più elevata (340°) producendo sostanze volatili infiammabili. I sali di ammonio intervengono spostando la reazione verso la pirolisi e quindi creando più vapore aiuta a sottrarre calore al combustibile. Ai sali occorre però aggiungere degli additivi: ispessente, anticorrosivo, facoltativo colorante.
Ci sono ritardanti più viscosi che riducano l’evaporazione e altri più fluidi che penetrano meglio. Possono essere entrambi impiegati nell’attacco diretto e indiretto con rendimenti migliori del 70% rispetto alla sola acqua. Il maggiore impiego rimane comunque la creazione di fasce di difesa dove si va ad arrestare la combustione. Conservano la loro efficacia per parecchie ore anche dopo la completa evaporazione dell’acqua. Sono venduti in forma di polveri o miscele acquose al 10-20%.
Ma queste sostanze inquinano? Sostanzialmente no; Cosa inquina? la sostanza sbagliata nella concentrazione sbagliata nel posto sbagliato; il discorso sta tutto nelle basse concentrazioni di impiego e nella dispersione sul terreno che si fa del prodotto. Stiamo parlando di composti di sintesi organici (RBT) o inorganici (sali di ammonio) ma comunque facilmente biodegradabili (oltre il 90%) e che spesso vanno incontro a degradazione chimico-fisica per effetto dell’esposizione ai raggi solari. E il 10% rimasto? Con le prime piogge viene dilavato, finisce nella rete idrografica ma con diluizioni tali da renderlo irrilevante.
ESEMPI: Sabowet e Sabogel.
Si ritengono utilissime come dotazione individuale di base per ogni persona che interviene in operazioni A.I.B.. Per praticità vengono portate dall’individuo in apposita guaina sostenuta da cintura o cinturone.
Attrezzo di rapido uso, se ben curato ed affilato, in mano a personale anche con modesta esperienza; serve per il taglio di vegetazione di modeste dimensioni, per l’apertura di viali parafuoco, per lo sfoltimento o la spalcatura di tratti di bosco troppo fitto, per aprire o ripulire i sentieri di servizio per il transito del personale, per procurarsi rapidamente frasche fresche per l’operazione di battitura di fiamme basse, per la depezzatura di ceppaie marcescenti in parte bruciate.
Di uso agevole, specie per il trasporto, sono le roncole a manico corto, da usare con una sola mano.
Le roncole a manico lungo, con innesto a codolo sono particolarmente indicate per il taglio di vegetazione spinosa, di cespugliame molto intricato ed in tutti i casi in cui l’operatore sia distante dal punto di taglio. Sono un po’ pericolose per il trasporto, data la lama tagliente e la punta aguzza per cui, come quelle corte, è opportuno che la lama sia protetta da un cappuccio o guaina.
La roncola corta, data come dotazione individuale, è anche molto utile in caso di pericolo per districarsi in un bosco particolarmente fitto.
Una buona roncola deve essere fatta di ferro acciaioso, forgiato e non stampato; la resa dell’attrezzo dipende essenzialmente dalla bontà del materiale, dalla sua tempera (né troppo dolce perché non reggerebbe l’affilatura, né troppo dura perché sarebbe troppo fragile e si spezzerebbe a contatto con qualche corpo più duro del legno, cosa non rara) e dalla manutenzione ed affilatura.
Detta anche ―malimpeggio‖. E’ un attrezzo di ferro con manico in legno a duplice funzione essendo costituito da un’accetta e una zappa, uniti a mezzo di un occhio sul quale viene innestato il manico.
Di varie dimensioni, dal tipo piccolo che può essere adoperato con una sola mano al tipo pesante con manico lungo 70 cm. circa, la zappa-accetta è un attrezzo che permette varie operazioni quali il taglio di vegetazione
rasente terra anche in presenza di roccia affiorante o forte ciotolame, lo scorticamento, l’eliminazione di qualsiasi residuo vegetale nelle tracce parafuoco, il depezzamento di ceppaie o di tronchi atterrati, l’eliminazione della brace da ceppaie o tronchi parzialmente bruciati e tutte quelle operazioni in cui è necessario tagliare piante e rimuovere il terreno alternativamente.
E’ utile averne al seguito qualcuna nel caso fosse necessario provvedere all’abbattimento o alla depezzatura di piante di notevoli dimensioni, qualora non si voglia o non si possa usare una motosega e sia insufficiente il malimpeggio.
In linea generale le accette hanno tempera troppo dura per essere usate nella pratica A.I.B. ove è facile battere su qualche pietra con conseguente rottura o scheggiatura della lama.
Alcune persone preferiscono usare piccoli accettini dal manico corto, con lama molto affilata da usare quasi come fossero roncole per tagliare materiale di piccole dimensioni e servirsene, all’occorrenza, anche per materiale di dimensioni maggiori: l’uso di certi attrezzi dipende sempre da consuetudini locali.
Sono attrezzi tradizionali e generici che possono trovare utile impiego nella lotta antincendio, specie se il suolo non è eccessivamente roccioso e duro, per battere la vegetazione bassa in fiamme, per rimuovere la terra (soprattutto se il terreno è sciolto, sabbioso) e gettarla sulle fiamme, sulla brace viva, sulle ceppaie attaccate dal fuoco.
E’ opportuno che i badili impegnati nella lotta A.I.B. siano di tipo particolarmente robusto, con bordi taglienti, punta accentuata e codolo di innesto per il manico rinforzato per evitare che nell’azione di battitura si pieghi e si rompa.
Il manico non deve essere troppo lungo, perché altrimenti l’uso è difficoltoso in terreni in pendio.
Possono supplire il badile alcuni attrezzi leggeri come la cosiddetta ―vanghetta da zappatore‖ in dotazione alle FF.AA. di cui esistono diverse versioni; sono attrezzi che possono servire per una azione d’emergenza e saltuaria ma piuttosto delicati per uso prolungato, inoltre si tenga nella dovuta considerazione che l’uso di un attrezzo con manico corto impone all’operatore di stare quasi sempre ricurvo per cui la fatica sarà maggiore.
E’ un attrezzo che da una decina di anni circa viene proposto quale sostitutivo della tradizionale frasca per la battitura delle fiamme basse.
E’ costituito da una serie di lamelle di acciaio fissate su una piastra metallica a forma di settore circolare, a ventaglio con parziale sovrapposizione l’una all’altra. La piastra ha un codolo su cui si innesta un manico lungo 1,50-1,70 m.
Esiste anche una versione in cui le lamelle sono sostituite da strisce di stoffa ignifuga e molto resistente le quali hanno il vantaggio di essere molto leggere per il trasporto e manovrabili.
Le fruste antincendio sono molto utili soprattutto su terreni rocciosi e accidentati in quanto si adattano perfettamente alle sconnessioni del terreno.
Bisogna prestare attenzione durante l’opera di battitura a non spargere tizzoni sul materiale non ancora combusto che si trova nelle vicinanze.
Sono chiamate anche pompe a serbatoio in quanto constano di un contenitore di liquido (acqua eventualmente addittivata) portato a zaino da un operatore che azionando una pompa a mano di vario tipo irrora con getto regolabile, fino a diversi metri di distanza, la vegetazione già in fiamme o che sta per esserne lambita.
Le pompe serbatoio sono molto utili quando si può disporre di una notevole quantità d’acqua , oppure quando è facile il rifornimento di liquido dopo ogni irrorazione.
Servono per spegnere piccoli fuochi e nelle operazioni di bonifica; un campo dove la loro utilizzazione può essere molto vasta è quello dello spargimento di miscele ritardanti in zone di particolare difficoltà di accesso, dove non è possibile giungere ad operare con altri attrezzi.
Gli attrezzi meccanici sono portati e manovrati dagli uomini ma il loro funzionamento è assicurato da un motore. dispongono di potenze maggiori e soprattutto riducono lo sforzo fisico degli operatori con vantaggio per la
sicurezza personale. In compenso esigono costi di acquisto e di gestione maggiori e soprattutto un certo grado di addestramento e specializzazione del personale.
È disponibile sul mercato una varietà di motoseghe con caratteristiche, peso e prestazioni molto diverse. Per la lotta agli incendi le motoseghe devono essere robuste, maneggevoli e soprattutto veloci. Non serve una grande accuratezza nel taglio. Di regola non si impegnano per tagliare alberi di grosso diametro ma soprattutto per eliminare gli arbusti del sottobosco nella formazione delle linee di difesa. È raccomandabile che gli uomini lavorino in coppia, uno a tagliare e l’altro a rimuovere il materiale tagliato. Vanno seguite precise norme di sicurezza per prevenire gli infortuni.
Per l’eliminazione delle erbe, dei cespugli e degli arbusti e anche di piccoli alberi (fino ad un diametro di circa 5 cm.) si utilizzano motodecespugliatori.
Il loro organo di taglio è costituito di regola da una lama rotante foggiata a disco con denti periferici, montata all’estremità di un braccio di comando. Il motore a scoppio è posizionato all’estremità opposta del braccio, oppure più frequentemente è portato a zaino dall’operatore.
Queste macchine effettuano la nebulizzazione e l’aspersione di liquidi mediante getti d’aria che ottengono la finissima suddivisione delle goccioline. Sono state concepite per i trattamenti antiparassitari in agricoltura, ma il loro impiego si è rivelato utile nella lotta agli incendi boschivi. Sono portati a zaino e hanno un piccolo motore a scoppio che aziona la pompa per il movimento del liquido e il compressore dell’aria. Il serbatoio del liquido è in plastica e ha la capacità di 12-14 litri. Il peso complessivo della macchina con serbatoio pieno è dell’ordine di grandezza di 25-30 kg. Servono per il lancio di acqua o di miscela di ritardanti, sostituendo validamente la pompa ad azione manuale. Il maggior peso e la minore capacità di liquido sono infatti compensati dalla presenza del motore e dalla nebulizzazione che rende molto più efficace l’azione di spegnimento. La durata di impiego è dell’ordine di grandezza di 12-15 minuti. Come la pompa ad azione manuale gli atomizzatori vengono impiegati essenzialmente nell’attacco iniziale contro piccoli incendi e nella bonifica dei focolai.
La stessa macchina si è rivelata molto utile non solo per l’aspersione di liquidi ma anche per il getto d’aria in pressione. Basta asportare il serbatoio del liquido. Così si riduce il peso e si acquista maggiore autonomia. Il getto d’aria in pressione è efficace negli incendi poco intensi di erbe e cespugli respinge le fiamme e le soffoca; svolgendo un’azione paragonabile a quella dei flabelli e delle frasche.
Tale apparecchiatura merita una trattazione a parte ed una collocazione tra le attrezzature di reparto, di squadra, ed anche individuale.
Il collegamento radio, per chi dirige operazioni antincendio boschivo, è senza dubbio indispensabile e di fondamentale importanza.
Ogni squadra, anche se numericamente esigua nell’organico, deve essere collegata costantemente con il responsabile del reparto operante. Tale collegamento deve essere possibile sia quando la squadra è nella fase di avvicinamento su veicoli sia quando si trova impegnata sul terreno vero e proprio. È ovvio che il comandante o il responsabile deve potersi collegare con il centro operativo o base operativa, per comunicare o ricevere tutte quelle notizie utili, direttamente o indirettamente, all’efficacia dell’intervento in atto.
Lo schema base per la realizzazione di un impianto, in ponte radio, per radio collegamenti di un nucleo antincendio, può così sintetizzarsi:
Complesso ricetrasmittente per stazione fissa (presso la sede del comando o direzione del nucleo) Complesso ricetrasmittente per stazione ripetitrice.
Complesso ricetrasmittente per stazione veicolare Complesso ricetrasmittente per stazione portatile
La trasmissione deve essere concisa e in tono di normale conversazione.
Ogni trasmissione deve avere la più alta intelligibilità possibile ed avere le seguenti caratteristiche:
Parole e frasi standard da usare nelle comunicazioni radiotelefoniche:
DARE RICEVUTO fatemi sapere se avete ricevuto e compreso questo messaggio AFFERMATIVO ―si‖ o ―permesso accordato‖
BREAK (interrompere) deve essere usato quando non c’è distinzione chiara tra testo e le altre
parti del messaggio.
CORREZIONE è stato fatto un errore nella trasmissione o nel messaggio, la versione
corretta è ...
AVANTI procedere con il messaggio COME SI SENTE
RIPETO ripetizione del messaggio o parte di esso
NEGATIVO ―no‖ o ―permesso non accordato‖
PASSO - OVER - CAMBIO ―la mia trasmissione è terminata ed aspetto una risposta da parte tua‖ CHIUDO - OUT ―questa conversazione è terminata e non si attende risposta‖ RICEVUTO - ROGER ―ho ricevuto tutta la tua ultima trasmissione‖
RIPETI ―ripeti tutto o la seguente parte della tua ultima trasmissione‖
PARLA PIANO ―parlare con velocità più lenta‖
STAND BY (attendere) rimanere in ascolto CORRETTO
RIPETERE DUE VOLTE ―la comunicazione è difettosa. per favore trasmetti ogni parola due
volte‖
b- TESTO
Per ogni messaggio la chiamata serve ad indicare la stazione di origine e il destinatario. ES. CHIAMATA: ―India Quebec Chalie da Charlie Foxtrot sierra due‖
TESTO ―Lancio deve essere effettuato sulla direttrice tra i due crinali‖ CHIAMATA ―Charlie Foxtrot sierra due da India Quebec Chalie‖
TESTO ―Roger (o ricevuto)‖
Tutti i numeri devono essere trasmessi pronunciando ogni cifra separatamente. Es. 10 si trasmette Uno Zero
75 si trasmette Sette Cinque
100 si trasmette Uno Zero Zero
I numeri che contengono decimali debbono essere trasmessi pronunciando ogni cifra separatamente precedendo i numeri decimali nella appropriata sequenza, con la parola DECIMALE.
Es. 141.1 si trasmette Uno Quattro Uno decimale Uno
Quando nella trasmissione la comprensibilità delle parole e dubbia, è necessario effettuare lo spelling usando l’alfabeto ICAO di seguito.
LETTERA |
PAROLA |
PRONUNCIA |
LETTERA |
PAROLA |
PRONUNCIA |
A |
Alpha |
AL FAH |
N |
November |
NO VEM BER |
B |
Bravo |
BRAH VOH |
O |
Oscar |
OSS CAH |
C |
Charlie |
CHAR LEE |
P |
Papa |
PAH PAH |
D |
Delta |
DELL TAH |
Q |
Quebec |
KEH BECK |
E |
Echo |
ECK OH |
R |
Romeo |
ROW ME OR |
F |
Foxtrot |
FOKS TROT |
S |
Sierra |
SEE AIRRAH |
G |
Golf |
GOLF |
T |
Tango |
TANG GO |
H |
Hotel |
HOH TELL |
U |
Uniform |
YOU NEE FORM |
I |
India |
IN DEE AH |
V |
Victor |
VIK TAH |
J |
Juliett |
JEW LEE ETT |
W |
Whiskey |
WISS KEY |
K |
Kilo |
KEY LOH |
X |
X-ray |
ECKS RAY |
L |
Lima |
LEE MAH |
Y |
Yankèe |
YANG KEY |
M |
Mike |
MIKE |
Z |
Zulu |
ZOO LOO |
Il nominativo radio degli aeromobili impiegati nel servizio antincendio è composto da 5 lettere così strutturate: I S S Q _ (il segno ―_‖ può essere occupato da qualsiasi lettera A,B,C etc.)
La prima lettera indica la nazionalità; la seconda e la terza lettera indicano che aeromobile è impegnato in una missione di soccorso generico; la quarta lettera indica l’Ente che coordina la missione (in questo caso l’RCS di Roma); la quinta lettera indica la successione dei veivoli impiegati dall’ RSC di Roma nell’arco delle 24 ore.
Quando è stato stabilito con chiarezza il primo contatto di controllo tra le squadre a terra ed i veivoli in zona, nelle chiamate si può usare il nominativo abbreviato.
ES. Nominativo intero: I S S Q A Nominativo abbreviato: I Q A
Per stabilire le comunicazioni bilaterali deve essere usato sempre il nominativo intero. Le procedure di chiamata per stabilire il collegamento con un aeromobile devono essere fatte secondo lo schema con le modalità di seguito riportate:
CHIAMATA:
Designazione della stazione di chiamata |
India Sierra Sierra Quebec Alpha |
Parole QUI È o DA |
QUI È o DA |
Designazione della stazione di chiamata |
Charlie Foxtrot Sierra Due |
Invito alla risposta |
Over - Passo |
RISPOSTA
Designazione della stazione di chiamata |
Charlie Foxtrot Sierra Due |
Parole QUI È o DA |
QUI È o DA |
Designazione della stazione di chiamata |
India Sierra Sierra Quebec Alpha |
Invito a procedere con la trasmissione |
AVANTI |
IMPORTANTE:
Tutte le comunicazioni radio con aeromobili devono essere effettuate tenendo presente che: la destra e la sinistra devono essere riferite al punto di vista del pilota; normalmente il pilota non vede chi parla alla radio e quindi i riferimenti vanno dati rispetto a elementi visibili (case, cime di colline, strade ecc.); non confondere l’alto-basso con ―a monte‖ e ―a valle‖.
Troppo lungo sarebbe una completa elencazione di tutti i materiali che possono essere utilizzati dagli uomini impegnati nella lotta A.I.B., anche perché molto dipende dalle caratteristiche ambientali e dal sistema di lotta che vuole essere attuato.
Tratteremo quindi l’argomento piuttosto in generale anche se siamo nella convinzione che gran parte della resa delle squadre impegnate nella prevenzione, circoscrizione ed estinzione degli incendi boschivi dipende dal loro equipaggiamento ed attrezzatura logistica.
Il D.L. n 626 del 1994 che disciplina in modo generale il settore antifortunistico con particolare riferimento al miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori subordinati (e gli operatori A.I.B. sono da considerarsi in questa categoria secondo la Legge n°47/75) sul luogo di lavoro, recita testualmente ―Nei riguardi delle Forze Armate e di Polizia e dei Servizi di Protezione Civile, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato e delle attribuzioni loro proprie, individuate con decreto del Ministro competente..‖, il che significa che le categorie di lavoratori (e per estensione anche i volontari) impegnati nella lotta agli incendi boschivi devono essere equipaggiati con gli idonei e migliori presidi di protezione individuale (DLG 475/92 terza categoria DPI, quindi dotati di attestato di certificazione e di una dichiarazione di conformità) disponibili sul mercato.
Nell’adozione di un equipaggiamento tipo per uomini normalmente impegnati nella lotta A.I.B. oltre a tener presente il giusto criterio antinfortunistico bisogna valutare anche la tipologia di lavoro che si intraprende e vale la pena ricordare che l’opera di circoscrizione di un incendio puo’ protrarsi per diverse ore se non addirittura per giornate intere per cui ogni uomo deve portare con se tutto quello che gli occorre per questo lasso di tempo, considerando che sarà esposto a notevoli sforzi fisici, a calore intenso, a forti sudorazioni, ad improvvisi raffreddamenti (ore notturne) e che deve agire in un ambiente tutt’altro che comodo.
Si ritiene che l’adozione di una tuta di tessuto di cotone pesante sottoposto ad un buon trattamento ignifugante (o in materiale ignifugo come il Nomex IIIä o il Kratosä) sia il corredo di base cui devono fare completamento un paio di calzature antinfortunistiche alte fino sotto il polpaccio, con suola pesante che assicuri la ―presa‖ su terreni difficili, idonee ad evitare le distorsioni, le ferite per morso di vipera e spine, l’entrata di tizzoni e cenere alta a contatto con le estremità.
Si reputa ormai obbligatorio un casco in materiale plastico termoresistente (o meglio in fibra di vetro e resina ignifuga), leggero ma robusto, con visiera (possibilmente in policarbonato antigraffio) che protegga il capo da caduta rami, sassi, tizzoni, e schegge di legno durante l’attività degli attrezzi meccanici. Il casco può essere completato da un telo dello stesso tessuto della tuta, che protegga la nuca, il collo ed eventualmente anche la bocca dalla polvere e dai tizzoni.
Sarebbe opportuno che gli uomini fossero dotati di occhiali protettivi di tipo semplice e antiappannamento, e di una semimaschera antifumo di emergenza con filtro contro particelle sospese (almeno tipo P3).
A completamento dell’attrezzatura personale sono indispensabili guanti da lavoro di crosta di cuoio (o meglio di fibra antifiamma con palmo in pelle fiore), i quali, pur rendendo un po’ difficoltoso l’uso degli attrezzi meccanici, preservano le mani da ferite che possono facilmente divenire infette.
Sotto la tuta è consigliata una maglietta giro collo in cotone (se si opera d’estate) oppure un maglione di lana se si opera d’inverno o in zone fredde (meglio sarebbe un sottotuta in tessuto ignifugo). A completamento dell’attrezzatura personale è indispensabile una lampada (che sia tascabile, che lasci le mani libere e che abbia un’autonomia di almeno 8 ore).
Al seguito è sempre opportuno portarsi uno zainetto dove si metterà una giacca a vento, un po’ di viveri e bevande, magari una maglia di ricambio per sostituire quella intrisa di sudore e sporca dopo un certo periodo di lavoro.
Intendiamo con questo termine un po’ generico tutto quel materiale che può essere utile o addirittura indispensabile durante l’emergenza, per il rifornimento ed il funzionamento, essenzialmente dinamico ed improntato ad una estrema tempestività, del personale e dei mezzi impegnati nell’azione A.I.B.
Abbiamo già fatto cenno, parlando degli attrezzi e dei mezzi di opera dei materiali che occorrono per il loro funzionamento, essenzialmente carburanti, lubrificanti, parti di ricambio, additivi, combustibili, liquidi estinguenti, acqua.
Per quanto riguarda i viveri sarebbe bene standardizzare la razione, ma anche se si deve improvvisare bisogna considerare che gli uomini devono avere un vitto molto sostanzioso, energetico, che non faccia aumentare la sete, integrato da molte bevande idonee. Quindi pane molto fresco oppure cracker, gallette friabili, carne cotta al
sangue (roast-beef), cioccolato, frutta fresca abbondante o frutta secca non sciroppata (fichi, prugne), succhi di frutta non troppo dolci, cola, analcolici. Le bevande contenenti alcool è bene che siano evitate o date in misura molto moderata. Come correttivo dell’acqua può essere usato anice o limone. Oltre alla frutta è bene distribuire verdura per quanto è possibile: pomodori freschi, insalata, verdura cotta, limoni e tutto quanto può contribuire a calmare l’arsura della sete. Evitare, nel modo più assoluto, cibi inscatolati sott’olio (alici, sardine, carciofi, funghi, tonno, ecc.) insaccati molto salati, generi confezionati con sughi piuttosto concentrati. Una delle bevande più idonee, anche fuori dai pasti, è il tè freddo con molto zucchero attenuato come sapore da molto succo di limone. Se è inevitabile distribuire vino, in mancanza di altre bevande, preferire il vino bianco ed a bassa gradazione alcolica, oppure annacquato; troppo alcool potrebbe facilitare i cosiddetti ―colpi di calore‖.
Dopo aver analizzato le attrezzature e il loro utilizzo vediamo come viene organizzato lo spegnimento di un incendio boschivo.
Gli uomini che intervengono su un incendio sono suddivisi in squadre con UN SOLO REFERENTE per ogni squadra, che dovrà conoscere le caratteristiche e le capacità del personale e dell’attrezzatura che ha a disposizione, delle tecniche di spegnimento e delle misure di sicurezza da adottare. Il caposquadra sarà l’unica persona che manterrà in presenza di più squadre i contati con il COORDINATORE delle operazioni (normalmente un responsabile del C.F.S.). La composizione della squadra è molto varia ed è diversa a seconda delle attrezzature a disposizione, del tipo di incendio, e dall’esperienza maturata dai singoli gruppi.
L’avvistamento e la segnalazione consistono nell’individuare e riferire la presenza di incendi.
Deve essere capace di individuare accuratamente sulla carta e descrivere con il nome locale ogni punto caratteristico dell’area; di conseguenza deve anche fare attenzione a tutti gli eventuali ―falsi fumi‖ che possano costituire una fonte di inganno, quali rocce grigie e polvere di strada. Altri fumi non costituiranno ragione di allarme e cioè fumi permanenti o periodici provocati da impianti industriali, depositi di immondizie, case, campeggi, ferrovie, od altre attività. Quando una vedetta vede quello che sembra essere un incendio deve decidere, in base a quanto sopra detto, se è realmente un principio di incendio boschivo. Nel caso sia vero, deve decidere se può costituire ragione di allarme; questa decisione deve essere presa rapidamente e le conclusioni altrettanto rapidamente trasmesse; in caso di dubbio è preferibile fare la segnalazione piuttosto che lasciare ingrandire un incendio sulla cui consistenza iniziale si avevano dei dubbi. Le cose da segnalare sono:
Ricordarsi che potrebbero essere richiesti dall’operatore a cui viene segnalato altri dati come ad esempio:
Quando si disponga di telefono o radio per trasmettere la segnalazione dell’incendio, e questi apparecchi non funzionino, e' preferibile cercare di mettersi direttamente in contatto con altra persona la quale con i suoi mezzi possa segnalare l’incendio, piuttosto che perdere tempo nel cercare di riparare il guasto all’attrezzatura.
Di seguito verranno illustrati altri metodi di avvistamento senza entrare nei particolari poiché tali metodi necessiterebbero di una trattazione a parte.
Dopo che è stato avvistato e segnalato un incendio l’Ente competente (nel nostro caso il C.F.S.) attiva le proprie pattuglie e le squadre A.I.B. disponibili e più prossime all’evento, in numero stimato sufficiente a contenere l’incendio. IN NESSUN CASO altre squadre non attivate dal coordinatore dell’intervento (o chi per esso) devono intervenire sull’evento potendo causare un’inutile presenza di personale e magari lasciando scoperte aree a rischio. Molto spesso i tempi di uscita delle squadre sono abbastanza lunghi e questo rende necessario il successivo allertamento di altre squadre prima che siano effettivamente necessarie, quindi queste devono prepararsi all’uscita, ma aspettare la conferma da parte del coordinatore per intervenire.
Spesso può accadere che una squadra in perlustrazione o dei volontari avvistino un incendio,in questo caso appena si hanno dati sufficientemente precisi (vedi avvistamento) BISOGNA DARE COMUNICAZIONE ALL’ENTE COMPETENTE che provvederà, se lo riterrà necessario, a mandare una pattuglia sul posto e ad allertare altro personale. In qualsiasi caso PRIMA DI INTERVENIRE su un incendio è indispensabile comunicare la situazione all’Ente competente.
Le dimensioni di un incendio sono da imputare a diversi fattori (orografia, condizioni meteorologiche…), uno di questi è la velocità con cui si interviene per domare le fiamme.E’ bene ricordare che solo la celerità di intervento fa si che si possa fare distinzione tra grandi e piccoli incendi, considerando che i primi sono una derivazione dei secondi, quindi è indispensabile ridurre al minimo tutti i tempi morti. Un elemento molto importante per diminuire i tempi è il periodo che trascorre dall’allertamento della squadra all’uscita di quest’ultima. A questo scopo è utile ad esempio che, durante il periodo di massimo allarme per gli incendi boschivi (Legge Reg. Lombardia n°52/1972), le squadre A.I.B. tengano tutta l’attrezzatura e i mezzi perfettamente in ordine e operativi. Un'altro tempo da razionalizzare molto importante è il trasferimento dalla base al luogo dell’evento. E’ molto utile conoscere ed informarsi circa la viabilità, eventuali cantieri stradali o attraversamenti di centri abitati che rallenterebbero la marcia. Ricordiamo a questo proposito che la guida deve essere decisa ma in NESSUN CASO DEVE METTERE IN PERICOLO il personale trasportato o altri utenti e che in nessun caso si è autorizzati a violare il Codice Della Strada.
????
La prima squadra incaricata della prima squadra che raggiunge 1’incendio ha numerosi problemi. Si trova davanti al problema di decidere qual’e' il lavoro piu' importante da farsi per primo. Dopo aver valutato velocemente le condizioni all’interno dell’incendio, intorno ad esso e nell’area circostante verso cui 1’incendio
sta divampando, da' una valutazione dell’incendio e sceglie il punto per il primo attacco. Deve girare intorno all’incendio o trovare un punto favorevole da dove poterne ispezionare 1’intero perimetro. Prende nota di:
materiali sul percorso di propagazione dell’incendio ; barriere naturali quali strade, corsi d’acqua, o terreno nudo; pendii.
Altri fattori da considerare:
condizioni atmosferiche ( vento, temperatura, umidita' relativa) ; ora del giorno.
Deve stabilire:
i luoghi pericolosi dove il fuoco puo' divampare; il punto migliore per l’attacco;
la possibilita' per gli uomini di lavorare senza pericolo;
la causa dell’incendio (se causato dall’uomo, trovarne la testimonianza e conservarla). Norme utili per il primo attacco:
d ) come prima operazione isolare il fuoco dal materiale piu' pericoloso ed impedire che esso attacchi combustibili rapidi (boschi giovani, cespugli, etc. o zone coperte da ramaglia) ;
i ) sfruttare quanto piu' possibile le barriere disponibili ;
1) se non e' possibile controllare tutto l’incendio, avvertire il mittente e fare qualche operazione efficace su almeno una parte dell’incendio;
m) in casi particolari si ricorre al controfuoco. Questo e' un fuoco acceso intenzionalmente in un punto della linea o lungo i fianchi di un incendio che si propaga rapidamente. Si accende quando non si puo' praticare l’attacco diretto. Per fare questa operazione bisogna conoscere bene il comportamento del fuoco specialmente in presenza di vento. In giornate caratterizzate da contrasti di venti la adozione di tale tecnica e' da escludersi. Il punto d’attacco va studiato con particolare attenzione. Le forze d’attacco consistono di un solo uomo o di una piccola squadra. Si hanno a disposizione utensili adatti e pompe a zaino: non autopompe o bulldozers. Il pericolo dell’incendio varia da medio a forte: tronchi, piante secche ed altri combustibili sono facilmente infiammabili, il fuoco puo' avanzare abbastanza rapidamente e creare nuovi focolai. Nei casi discussi qui di seguito si parte (salvo diversa indicazione) dal presupposto che si verifichino le seguenti condizioni:
L’uso degli aeromobili nell’attività Antincendio Boschivo è aumentata enormemente negli ultimi 10 anni, sia per quanto riguarda i mezzi ad ala fissa (Canadair CL 215T e CL 415, Aeritalia G222 ed Hercules C130) sia quelli ad ala rotante (AB212/412 e Chinook CH47) gestiti dal C.O.A.U. (Centro Operativo Aereo Unificato) istituito presso il dipartimento della Protezione Civile a Roma . Nell’area della provincia di Como vengono utilizzati soprattutto elicotteri dipendenti dalla Regione e gestiti dal Corpo Forestale dello Stato (Gruppo Meccanizzato di Curno); anche nell’area della Provincia di Nuoro vengono utilizzati veivoli sovvenzionati dalla Regione e gestiti da C.F.S. (Base elicotteri di S.Cosimo). In entrambi i casi vengono utilizzati elicotteri tipo Lama SA 315 B.
L’impegno di macchine e attrezzature sempre più sicure e sofisticate, unite a tecniche d’uso ormai più che collaudate offrono risultati efficaci sia per l’operatività che per l’economicità globale di esercizio.
La redditività del mezzo ad ala rotante nei servizi A.I.B., è però vincolata ad un’efficace opera dei servizi a terra, sia per l’organizzazione prima dell’intervento aereo che durante l’esecuzione dell’attività, soprattutto durante le fasi di spegnimento e bonifica.
L’elicottero viene sempre più spesso utilizzato anche per il trasporto di personale e materiale sul fronte del fuoco, garantendo la rapidità di spostamento anche in luoghi inaccessibili con altri mezzi.
Vale la pena ricordare che, durante un intervento A.I.B., l’unica persona a terra referente del mezzo aereo è il Comandante delle operazioni che è un rappresentante del C.F.S. che prima dell’arrivo del mezzo deve comunicare precisi dati per la sicurezza del volo, e quindi qualsiasi richiesta va inoltrata a lui. Per la sicurezza del volo vanno segnalati tempestivamente eventuali linee elettriche e fili a sbalzo che sono difficilmente individuabili dal mezzo aereo.
L’operazione di spegnimento vera e propria è condotta efficacemente a termine solo con una reale collaborazione tra mezzo aereo e l’assistenza da terra. Preso atto della direzione del vento, della consistenza del fuoco, degli ostacoli sottostanti e delle necessità degli operatori a terra, il pilota coordinerà col direttore dei lanci il programma degli interventi in modo da raggiungere la migliore efficacia d’intervento. È assolutamente importante ai fini di una buona riuscita del lavoro che le operazioni di lancio dall'elicottero non vengano frammentate, ma seguano una progressione continua lungo la linea del fuoco mentre le squadre a terra seguono i lanci con l’opera di bonifica. Fate molta attenzione alle comunicazioni radio (vedi Capitolo ―Nozioni base per l’operatore A.I.B.‖, paragrafo ―apparecchiatura radio‖)
I dispositivi per il trasporto del liquido estinguente si sono evoluti seguendo l’ordine cronologico riportato.
La benna è sospesa, per tutta la durata del volo, al gancio baricentrico e l’apertura è comandata dal pilota attraverso un apposito sistema elettrico o pneumatico regolarmente omologato RAI (Registro Aeronautico Italiano).
La benna è tenuta costantemente sotto controllo dal pilota attraverso lo specchio posto esternamente alla cabina dell’elicottero. Il lancio dell’acqua sul fronte del fuoco può avvenire in maniera più o meno concentrata in funzione della velocità che il pilota impone al mezzo e al livello di apertura determinato alla benna. Per le operazioni di riempimento è necessario un bacino naturale o una vasca artificiale di profondità minima uguale all altezza della benna (circa 1,50 mt.)
Il vantaggio di questa benna, che per funzioni e modalità di impiego è del tutto simile alla benna rigida, è quello di poter essere facilmente trasportata a bordo dell’elicottero. In termini di rapidità di trasferimento sul luogo dell’intervento, specie per tratte considerevoli, il vantaggio può assumere valori determinanti grazie all’assenza di elementi esterni che possono frenare la velocità di avanzamento dell’elicottero. La particolare apertura della benna infine, istantanea e totale, determina un effetto più deciso sul fronte del fuoco.
È l’ultimo anello evolutivo dei sistemi di attacco sulla linea del fuoco. È costituito da un serbatoio applicato in maniera solidale alla parte ventrale della fusoliera in modo da divenire corpo unico. Il caricamento dell’acqua avviene tramite una pompa posta all’estremità di una ―proboscide‖ di 4-5 mt. E lo scaricamento è determinato
dall’apertura degli sportelli inferiori. Il primo evidente vantaggio è che l’elicottero, in tutte le fasi del volo, non è condizionato dalla presenza di carichi appesi al gancio, con risparmi di tempi nei trasferimenti e maggior manovrabilità e sicurezza in operazione, soprattutto in presenza di vento. Da un punto di vista logistico inoltre la proboscide consente l’approvvigionamento idrico da qualunque specchi d’acqua , ruscello o pozza di profondità esigua. Infine, la presenza all’interno del serbatoio di un dispenser per liquido schiumogeno o ritardante iniettabile con sistema automatico nel volume d’acqua aspirata, consente a questo equipaggiamento di garantire maggior efficacia nelle operazioni di lancio. Nella fase operativa, il sistema, vuoi per la capacità di approvvigionamenti da punti di attingimento più vicini anche se di scarso fondo, che per la maggior velocità determinata all’elicottero, permette un incremento sensibile del numero di lanci, con conseguente risparmio economico.
Per le operazioni di riempimento l’elicottero può non aver bisogno di alcun supporto a terra facendo riferimento a bacini idrici naturali o artificiali prossimi al fronte del fuoco (laghi, fiumi, dighe, ecc). A volte però, in funzione dell’orografia e disponibilità idrica locale, può essere necessario approntare vasche mobili di riempimento a terra poste in luoghi facilmente accessibili agli elicotteri.
Il luogo prescelto per il posizionamento della vasca deve essere un punto piano, possibilmente con un fondo pulito (senza sassi acuminati, ramaglie e comunque oggetti che possano danneggiare la vasca o sollevarsi con il vento prodotto dalle pale dell’elicottero), deve permettere all’elicottero un avvicinamento e un decollo almeno in due sensi senza ostacoli particolari (linee elettriche, telefoniche, alberi) e possibilmente fuori dai centri abitati o da strade molto trafficate. Per gli elicotteri di tipo LAMA è bene considerare dimensioni minime di metri 30x30 mentre i corridoi di avvicinamento e allontanamento devono presentare libertà da ostacoli almeno per 15 metri dalla vasca.
Il posizionamento dovrà avvenire in un punto a una distanza dal fronte tale da garantire nel tempo il maggior numero di lanci, ma anche facilità di riempimento a mezzo autobotti o direttamente da idranti, e comunque ad una distanza di almeno 300 metri dal fronte, in un’area che non venga interessata dal fumo.
È necessario che il personale a terra presso la vasca curi che nessuno si avvicini alla piazzola se non per le operazioni di rifornimento idrico e che non sia presente presso la vasca alcun oggetto che col vento possa sollevarsi costituendo un serio pericolo per l’elicottero. È consigliabile che presso il punto di approvvigionamento sia presente almeno un componente dotato di apparato radio che possa comunicare con il responsabile delle operazioni.
Per il riempimento da autobotte è preferibile che questa sosti ad una distanza non inferiore a 25 metri dalla vasca, posizionata lungo la direzione del vento, fronte al vascone. È buona norma sistemare sul tettuccio dell’autobotte un nastro onde indicare la direzione del vento. Durante le fasi di pescaggio dell’elicottero tutto il personale impegnato dovrà spostarsi verso l’autobotte provvedendo a fissare la manichetta sul vascone onde evitarne la fuoriuscita a causa del flusso d’aria del rotore.
Occorre ricordare che il pilota durante il volo è gerarchicamente il Comandante di Bordo, pertanto in nessun modo si dovrà interferire sulla pianificazione del volo in precedenza fatto, e occorrerà non disturbare il pilota durante le fasi di decollo e atterraggio e limitare al massimo le comunicazioni durante il volo. È il comandante il responsabile della sicurezza del velivolo dei passeggeri e delle persone che si trovano nelle sue vicinanze, quindi non si deve in nessun caso interferire con le sue decisioni.
Durante tutto il volo è obbligatorio spegnere apparecchi radio e telefoni cellulari.
È fondamentale che tutte le persone rimangano in vista del pilota (quindi nella parte anteriore del veivolo) e che
non si avvicinino alle parti in movimento dell’elicottero principalmente al rotore di coda.
Le norme di sicurezza nell’attività di trasporto passeggeri con partenze e arrivi presso aviosuperfici sono stabilite con precisione da normative emanate dal Ministero dei Trasporti e demandate al personale della Società titolare della licenza di Trasporto Aereo per Trasporto Pubblico Passeggeri.
Per particolari esigenze operative dei servizi A.I.B. le operazioni di imbarco e sbarco potranno avvenire anche se il rotore rimane in moto. In tal caso è assolutamente necessaria la presenza di un assistente le cui funzioni saranno diverse a seconda che l’attività venga svolta presso aviosuperfici o meno.
In Aviosuperfici con assistenza a terra i passeggeri rimarranno nella zona di movimento (o a bordo) fin quando l’elicottero sarà poggiato al suolo e lo specialista a terra avrà aperto la portiera. Porre particolare attenzione a non dirigersi verso il rotore di coda e salire su rilievi che possano far avvicinare alle pale del rotore principale.
In Aviosuperfici senza assistenza a terra lo specialista prenderà posto a bordo e a lui sarà riservato il sedile posteriore sinistro. Lo specialista che sarà l’ultimo a salire ed il primo a scendere seguirà i passeggeri nelle fasi di avvicinamento e di allontanamento.
L’imbarco del personale deve avvenire di norma sul lato sinistro del veivolo.
Durante le operazioni A.I.B. può capitare che la zona di atterraggio non sia perfettamente piana o sia molto accidentata ed il pilota decida di sbarcare il personale senza appoggiare l’elicottero al terreno o appoggiando un solo pattino. In questo caso i volontari devono sbarcare e imbarcarsi uno alla volta attendendo che il pilota stabilizzi il veivolo e che lo specialista dia l’autorizzazione. Si dovrà fare attenzione a non fare movimenti bruschi e spostare un piede alla volta soprattutto quando si passa dal pattino al terreno e viceversa (mai saltare a piedi uniti). Nel caso che il terreno non sia piano è imperativo che la squadra rimanga ferma e inginocchiata nel punto in cui si è toccato il suolo fino a quando l’elicottero non si sarà allontanato o ci si sia imbarcati.
La squadra elitrasportata avrà dell’attrezzatura particolare da caricare sul veivolo. Tutta l’attrezzatura dovrà essere posizionata nel luogo dove la squadra attende l’atterraggio curando che il materiale più leggero non si sollevi e che il materiale lungo (tipo badili, flabelli, tubo di soffiatori …) rimanga in posizione orizzontale durante tutte le fasi di imbarco. Una volta che l’elicottero si sarà posizionato a terra si consegnerà l’attrezzatura allo specialista che provvederà ad imbarcarla secondo le necessità o nel cesto a lato del veivolo o in cabina consegnandola ai volontari. Durante lo sbarco lo specialista provvederà a scaricare tutta l’attrezzatura riconsegnadola ai volontari che dovranno controllare che il materiale leggero non si sollevi e il materiale lungo rimanga orizzontale fino al decollo dell’elicottero.
Nel contesto dell’attività A.I.B. ove è assolutamente improgrammabile l’evolversi della situazione e spesso ci si trova ad operare in ambienti poco conosciuti e difficilmente praticabili, non è da escludere la richiesta di intervento dell’elicottero per necessità di soccorso ad infortunati. Nell’evenienza che tale infausta necessità si concretizzasse, la richiesta di intervento deve essere immediata e la comunicazione radio deve dare la possibilità di raccogliere tutti gli elementi utili ai fini della riuscita dell’intervento. In particolare si deve dare un chiara comunicazione rispetto a:
L’elicottero che interverrà per il soccorso sarà equipaggiato in funzione della natura dell’intervento per permettere il recupero, l’imbarco e il trasporto dell’infortunato in condizioni di sicurezza.
Tutte le operazioni attinenti saranno svolte in conformità a quanto previsto dalle normative in materia di elisoccorso per procedure ed equipaggi impegnati.
In particolare, nel teatro operativo dell’attività A.I.B. l’equipaggio di volo sarà necessariamente integrato con elementi del Corpo Nazionale Soccorso Alpino cui è demandato in maniera esclusiva ogni intervento di soccorso montano.
Troverete le segnalazioni che il personale a terra fa al pilota dell’elicottero. Durante le fasi di atterraggio è molto utile che il personale a terra individui un punto piano e senza asperità.
Il Vento è una corrente orizzontale o quasi, determinata dallo spostamento di una massa d’aria rispetto alla superficie terrestre.
Questo spostamento si verifica allorquando tre due punti si stabilisce una differenza di pressione atmosferica per cui l’aria tende a spostarsi dal punto di pressione maggiore al punto di pressione minore. Basta una differenza di temperatura a provocare una differenza di pressione e quindi uno spostamento di masse d’aria.
NORD |
TRAMONTANA |
N |
vento da 360° |
NORD-EST |
GRECO o GRECALE NE |
vento da |
45° |
EST |
LEVANTE |
E |
vento da 90° |
SUD-EST |
SCIROCCO |
SE |
vento da 135° |
SUD |
MERIDIONE |
S |
vento da 180° |
SUD-OVEST |
LIBECCIO |
SW |
vento da 225° |
OVEST |
PONENTE W |
vento da |
270° |
NORD-OVEST |
MAESTRO o MAESTRALE |
W |
vento da 315° |
Velocità
La velocità del vento aumenta con la quota. L’aumento della velocità media del vento, a partire dal suolo fino ad una certa quota, è generalmente abbastanza regolare, tanto da poter essere espresso mediante formule, sia pure approssimate.
Ricerche anemometriche pongono in evidenza quattro zone caratteristiche per il regime del vento:
Nella zona temperata le masse d’aria nei bassi strati si muovono verso i poli, ma per il solito effetto della rotazione della terra piegano, nel nostro emisfero, verso destra dando luogo a venti sud-occidentali.
In conseguenza dello schema della circolazione cui abbiamo accennato, alle alte latitudini temperate si hanno le correnti fredde di origine polare e le correnti calde di origine tropicale che tendono a incontrarsi. Questo incontro di correnti che trasportano tipi di aria dalle diverse caratteristiche determinano le grandi perturbazioni atmosferiche.
Riassumendo, la circolazione generale dall’atmosfera al suolo nell’emisfero boreale si può sintetizzare in:
Cosa si intende per discontinuità termica tra terra e mare ?
Il mare e la terra , esposti alla stessa radiazione solare, non si comportano in modo analogo; il mare è più lento ad assorbire il calore ceduto dal sole ed è altrettanto lento a cederlo. La terra invece si riscalda e si raffredda più rapidamente.
Tecnicamente si dice che il mare ha capacità termica maggiore della terra. Per tale ragione durante le ore in cui il sole è alto sull’orizzonte la temperatura della terra è più alta di quella del mare. L’aria stazionante sulla terra ferma si dilata per il forte riscaldamento e si solleva richiamando dal mare aria relativamente più fredda. Durante la notte avviene il fenomeno inverso, dalla terra, a temperatura più bassa di quella del mare spira il vento, chiamato brezza di terra a differenza della brezza di mare che spira durante la giornata. Questi venti hanno una grande importanza sulle caratteristiche climatiche delle coste perché mitigano sensibilmente gli eccessi di temperatura attenuando i valori della escursione termica diurna.
Effetti locali della temperatura in relazione alla configurazione orografica si rilevano sotto forma di brezze di valle o di monte.
In una zona più o meno pianeggiante, fiancheggiata da un sistema montuoso si ha un forte riscaldamento d’estate per l’intensa radiazione solare.
Le brezze di monte sono venti che spirano nelle notti calme e serene lungo i fianchi delle montagne verso la valle. Infatti, di notte i fianchi delle montagne si raffreddano sensibilmente e l’aria a contatto raffreddandosi a sua volta e diventando più densa scende verso la valle.
Tale movimento discendente di aria costituisce un vento catabatico.
Le brezze di valle sono venti che spirano di giorno dalle valli lungo il fianco di una montagna (tali venti ascendenti vengono chiamati anabatici). Durante il giorno, l’aria stazionante nella valle e lungo i pendii della montagna si riscalda e inizia così il suo movimento di salita lungo il pendio montuoso.
Per raffica deve intendersi una variazione positiva della velocità del vento, non inferiore a 10 nodi rispetto al valore medio della velocità, di durata compresa tra 1 sec. e 20 sec. riferito ad un periodo di 10 primi.
Ma se questo rinforzo ha una durata superiore a 20 sec. è necessario considerare tale rinforzo come nuovo valore della velocità del vento. I groppi sono, come le raffiche, rinforzi di vento, ma di dimensioni più cospicue, ad intermittenza molto maggiore accompagnata da un afflusso di masse d’aria fredda in fase di rapida discesa da rilievi orografici.
In mancanza di strumenti, si può misurare empiricamente la velocità del vento in base ad alcuni effetti evidenti ricorrendo a scale convenzionali. Una di tali scale convenzionali potrebbe essere la seguente:
Per indicare le altitudini invece dell’uso dei colori, tipico delle carte a piccola scala, nelle carte topografiche viene usato un sistema più efficace, quello delle isoipse.
Consideriamo un rilievo del terreno e immaginiamo di intersecarlo con dei piani, paralleli alla superficie del mare e distanti fra loro di una quota fissa; l’insieme dei punti dove i piani incontrano il rilievo sono rappresentati da linee continue più o meno sinuose aventi la stessa quota, la cui proiezione in piano è la isoipsa.
Esse sono tra loro equidistanti per il valore altitudine. Nelle carte italiane nell’ambito delle isoipse, o curve di livello, si distinguono: le curve direttrici, rappresentate nel disegno con una linea più marcata e che nella scala 1.25000 hanno di solito una distanza uguale a 100 mt.; le intermedie, linee continue di tratto più fine delle precedenti, e le ausiliarie, tratteggiate; queste ultime sono poste tra le isoipse normali e mettono in evidenza aspetti particolari del rilievo.
Per ottenere la distanza tra due punti sulla carta non basta misurare le distanze tra le relative isoipse alla scala della carta, perché, in tal modo, non otteniamo la distanza reale ma la distanza in linea d’aria. Per ottenere la distanza reale bisogna applicare il teorema di Pitagora ad un triangolo rettangolo, che ha come cateti il valore della differenza altimetrica dei due punti e il valore della distanza della loro proiezione sul piano. L’ipotenusa rappresenta il valore della distanza, sia pure approssimato.
La disposizione delle isoipse evidenzia le caratteristiche plastiche del terreno: se esse sono molto vicine l’una alle altre rappresentano un terreno in forte pendenza; se molto distanziate il terreno ha debole pendenza. Se in un fascio concentrico di isoipse le quote diminuiscono dall’esterno all’interno esse rappresentano una cavità che può essere un lago, una conca, una vallata. Se il fascio è sempre concentrico, ma le quote aumentano dall’esterno all’interno rappresentano un rilievo.
Per rendere più intelligibile la carta si può ricorrere al simbolismo cromatico; questo è soprattutto usato per le carte a piccola scala, ma è entrato in uso anche per le carte topografiche. Il simbolismo, che è una delle caratteristiche fondamentali della carta, varia a mano a mano che si passa dalle carte geografiche alle topografiche. In queste ultime la rappresentazione di parecchi simboli perde sempre più la caratteristica simbolica per divenire reale rappresentazione geometrica del fatto geografico. Nella scala 1:25.000 il quadrato che rappresenta la casa si avvicina già molto alla superficie reale occupata dalla costruzione. In una scala 1:10.000 il fiume e la strada sono rappresentati da una configurazione geometrica in un piano più convenzionale.
Pertanto la conoscenza del simbolismo planimetrico delle carte topografiche ha una notevole importanza per lo studio dei fenomeni geografici. Si distinguono simboli rappresentanti gli oggetti geografici e quindi la loro distribuzione e simboli che raffigurano le forme del suolo.
Quelli della prima categoria si dividono in cinque classi:
Come si è detto, la carta è una rappresentazione ridotta di una parte della superficie terrestre. Tale riduzione non è effettuata a caso ma secondo determinati valori. Il valore della riduzione viene espresso dalla scala della carta. La scala è il rapporto di valore delle distanze misurate sulla carta e quelle misurate sul terreno. È data da una frazione che ha per numeratore l’unità e per denominatore un numero che esprime veramente il valore della riduzione, ovvero per quante volte deve esse moltiplicato il valore di una distanza sulla carta per ottenere la distanza reale. Poiché la scala esprime un rapporto nel quale il numeratore è uno, ne consegue che maggiore è il denominatore, più grande è la riduzione e meno precisa la rappresentazione. È da tenere presente che la scala si riferisce esclusivamente alle lunghezze e non alle aree.
La scala che abbiamo considerato è una scala numerica; oltre a tale scala esiste anche una scala grafica, la quale non è altro che un segmento diviso in parti, ognuna delle quali esprime un valore lineare che corrisponde a un determinato valore reale della superficie terrestre.
Poiché al variare della scala variano le caratteristiche e la simbologia della rappresentazione, le carte si classificano in base al loro valore.
piante o mappe, con le quali si rappresenta la planimetria di centri abitati o si figurano i centri rurali. Hanno scala fino a 1:10.000.
Carte topografiche: con esse si rappresentano piccoli tratti della superficie terrestre. In esse sono ben evidenziati gli elementi fisici ed antropici. Hanno una scala compresa fra 1:10.000 e 1:100.000
Carte corografiche. Hanno scala compresa tra 1:100.000 e 1:1.000.000
Carta generale: rappresenta un parte estesa del globo e varia tra 1:1.000.000 e 1:30.000.000 Planisferi: fino a 100.000.000
Carta topografica d’Italia
L’istituto geografico militare per la redazione della carta topografica d’Italia ha assunto come scala fondamentale 1:100.000 ma il rilevamento sul terreno viene eseguito alle scale 1:50.000 e 1:25.000. Le carte topografiche con un’ampiezza di 30’ di longitudine e 20’ di latitudine si chiamano FOGLI; sono 227 e sono indicati con numeri arabi, accompagnati dal nome della località più importante della zona rappresentata. Ogni foglio contiene quattro QUADRANTI alla scala 1:50.000 che rappresentano un territorio di 15’ longitudine per 10’ di latitudine. I quadranti sono indicati con il numero del foglio seguiti da un numero romano I, II, III, IV (che si susseguono dal primo quadrante in alto a destra con senso orario). Ogni quadrante comprende quattro tavolette ognuna delle quali rappresenta un territorio di ampiezza 7’30’’ di long. per 5’ di lat. Ciascuna tavoletta è indicata con il numero del foglio e del quadrante di cui fa parte e dalla direzione della rosa dei venti (nord-est, sud-est, nord- ovest, sud-ovest) a seconda della posizione che ha nel quadrante stesso. Pertanto il foglio comprende 16 tavolette. In alcuni casi le tavolette si suddividono in sezioni alla scala 1:10.000 e si indicano con le lettere A, B, C, seguendo per la disposizione, lo stesso criterio usato per i quadranti.
Le affezioni che possono verficarsi durante lo spegnimento di un incendio boschivo possono essere molteplici; pertanto ci limiteremo a descrivere le situazioni che si verificano con maggiore frequenza, descrivendo quali sono le operazioni che il soccorritore deve compiere. Naturalmente volgiamo dapprima ricordare alcune generiche precauzioni da adottare durante gli interventi:
L’individuo colto da malore deve essere mantenuto in posizione orizzontale, a meno che non sia congestionato e che perda sangue dalla testa, nei cui casi si solleva leggermente la testa appoggiandola a ciò che può assomigliare ad un cuscino. Ogni movimento deve essere fatto con circospezione, per non aggravare la situazione in caso di traumi interni.
Se l’infortunato vomita, è necessario rivolgerlo su un fianco in posizione di sicurezza.
L’infortunato non deve essere mosso se si sospetta un trauma o una frattura per non aggravare la situazione. In caso si debba procedere, per motivi di sicurezza, al trasporto dell’infortunato deve avvenire possibilmente con una barella, in modo che il corpo rimanga il più possibile in posizione orizzontale.
Tipi: le ustioni posso essere di due tipi: superficiali o profonde Ustioni supewrficiali: è lesa solo la cute. Si distinguono in:
1° grado: si nota solo un’arrossamento o eritema. L’ustione è èoco dolorosa e dopo pochi giorni guarisca da sola
2° grado superficilae : le terminazioni nervose e cutane sono irritate; l’ustione è dolorosa. Compaiono i flitene , ovvero le bolle piene di liquido.
2° grado profondo: evoluzione del caso precedente con la perdita di liquido dovuta alla lacerazione dei flittene, sono da temersi coplicanze settiche.
Ustioni profonde:
3° gradfo: tutto lo spessore della pella è interessato e distrutto. Il danno può essere estesoa muscoli ed ossa. Queste ustioni sono generalmente indolori perché vengono distrutte le terminazioni nervose.
Fattori di gravità: dipendopno in primo luogo dal’estensione della superficie ustinata quindi dal grado dell’ustione.
Complicanze: le principali complicanze di un’ustione sono:
FERITE
Condotta da seguire
Igiene del soccorritore: rimboccarsi le maniche, lavarsi le mani con acqua e sapone, spazzolando, asciugarle con alcool denaturato.
Materiale necessario: compresse di garza sterile, cotone idrofilo, bende. cerotti, acqua ossigenata, alcool
denaturato,
Trattamento della ferita: lavare con acqua e sapone con una compressa di garza e mai con cotone idrofilo che lascia filamenti nella ferita, dal bordo della ferita verso la periferia, rasare i peli circostanti la ferita, disinfettare i bordi della ferita e la cute sana circostante con soluzioni antisettiche, coprire la ferita con compresse di garza sterile che oltrepassino in ampiezza abbondantemente i bordi della ferita, coprire con falda di cotone idrofilo (per assorbire la secrezione), fissare la medicazione con benda, cerotto o qualsiasi mezzo adatto allo scopo (fazzoletto, gambe di calza. cravatta ..). senza stringere la medicazione.
Emorragia
L’emorragia è una perdita di sangue con copiosa fuoriuscita.
Un’emorragia, anche solo di modeste proporzioni. può spaventare l’infortunato. Bisogna adoperarsi per mantenerlo calmo con un atteggiamento sicuro ed un’azi0ne decisa.
Nel sistema vasale di un adulto circolano circa 5~7 litri di sangue: la perdita di circa un litro può determinare l’insorgere dei primi sintomi di shock. Quindi appena arrestata l’emorragia, prendersi cura dello shock.
Importante
Il laccio emostatico, nelle emorragie agli arti, può essere usato solo nei casi di estrema gravità e dopo aver provato, senza successo, ogni altra tecnica. Il laccio va applicato tra il tronco e l’arto ferito. Al fine di evitare seri e irrimediabili danni ai tessuti il laccio deve sempre consentire una certa circolazione del sangue.
In mancanza di un laccio emostatico, usare una fa scia larga, in qualsiasi modo ricavata. E’ assolutamente vietato l’uso di cordicelle, fili metallici o simili
Distorsione
gravità: caratterizzata da lesioni dei legamenti, rottura strappamento sintomi: gonfiore, dolore, ecchimosi, impotenza funzionale parziale trattamento: calmare il dolore con compresse di acqua fredda o una borsa di ghiaccio, jmmobilizzare l’articolazione.
Lussazione–
spostamento permanente di uno dei capi costituenti l’articolazione rispetto all’altro. gravità: rottura della capsula articolare, rischio di frattura
sintomi: grossolana deformazione della regione colpita, impotenza funzionale totale, vivo dolore La lussazione della spalla e dell’anca sono fra le più frequenti.
Trattamento:
Fratture :
la frattura è la rottura di un osso
Cause:
Sintomi:
-- impotenza funzionale
-. deformazione
Trattamento:
immobilizzare il fratturato nel posto stesso ove egli si trova, prima di procedere al suo trasporto in Ospedale. Solo in casi di forza maggiore (pericolo di incendio .) può essere giustificato lo spostamento immediato di un fratturato; cercando però di EVITARE movimenti brutali o incontrollati, per non aggravare la lesione
prevenire lo stato di shock
non cercare di far rientrare le ossa nella ferita proteggere la ferita e l’osso fratturato con medicazione sterile prevedere la possibilità di emorragia; immobilizzare come per una frattura chiusa
Dita: Fissate delle stecche con cerotto o nastro adesivo, avendo cura di non stringere troppo.
Avambraccio :Ogni materiale rigido vi servirà a formare una stecca di fortuna; si puo realizzare un’imbottitura fatta di stracci e giornali.
Ad immobilizzazione avvenuta, se le dita si fanno bluastre, allentate i lacci che fissano la stecca.
Piede : Imbottite il piede in tutta la sua estensione; quindi, con l’ausilio di una assicella immobilizzate l’arto; fermate il tutto con triangoli a cravatta,
Il soccorritore deve premunirsi di non rimanere egli stesso del medesimo agente tossico/asfissiante quindi allontanare il ferito in un area ben aerata. Controllare il polso e la respirazione.
Quando necessario applicare la respirazione bocca-bocca
Importante: verificare sempre prima di rimuovere l’infortunato che non vi siano altri traumi o patologie di maggiore gravità che possono essere aggravate dallo spostamento.
Sintomi:
Condotta da tenere
PUNTURE E MORSI PERDITA DI COSCIENZA:
le cause di uno stato di incoscienza possono essere molteplici. può trattarsi di un semplice sveninwnto: in questo
caso la vittima si riprenderà in pochi minuti. In caso contrario ciò può essere dovuta a shock, trauma cranico, asfissia, corna
Si deve fare
Non si deve fare:
somministrare acqua, bevande alcooliche o altro tentare di far stare in piedi o seduta la vittima
RIANIMAZIONE
INEFFICIENZE ACUTE DELLA RESPIRAZIONE
Ve ne sono di numerosi tipi., con i più svariati sintomi. In materia di rianimazione elementare si considerano solo alcune grossolane alterazioni deficitarie. le cui cause sono le seguenti:
è necessario osservare se il paziente compie movimenti respiratori, in taluni casi il movimento respiratorio non si osserva che a livello addominale, ove si può vedere un ritmico innalzamento della parete addominale. Ciò significa che l’infortunato non respira che col diaframma, fenomeno di corrente osservazione quando la respirazione è depressa.
Avvicinando l’orecchio al naso ed alla bocca del paziente o mettendo la mano davanti al suo naso ed alla bocca si può percepire il passaggio dell’aria.
E’ il colorito della pelle che fornisce le più utili indicazioni. In tutte le gravi insufficienze respiratorie presente, più o meno marcata, la cianosi, cioè un colorito bluastro delle labbra., delle unghie e della pelle, dovuto al passaggio nei tegumenti di sangue poco ossigenato.
Tecnica della rianimazione respiratoria
Si articola su una serie di provvedimenti tecnici, i principali dei quali sono:
2) respirazione artificiale ed eventuale ossigenoterapia
Rovesciate all’indietro la testa dell’infortunato. premendo con la mano destra sulla fronte e sostenendo con la mano sinistra la parte posteriore del collo; è questo l’unico modo veramente efficace per rendere libere le vie aeree dalla occlusione della lingua.
Fatto ciò, se l’infortunato non riprende spontaneamente a respirare, praticategli immediatamente la respirazione artificiale.
Se si tratta di politrauniatizzato, la brusca deflessione della testa può essere pericolosa. In tal caso è meglio agire solamente sulla mandibola stirando la testa sul suo asse. Quindi si procede a un controllo del conte- nuto della bocca e della gola, estraendone gli eventuali corpi estranei. La pulizia può essere completata eseguendo brusche compressioni sul torace in modo da espellere liquidi eventualmente ristagnanti nella trachea e nei bronchi.
L’unica tecnica possibile ed efficace e universalmente adottata è la respirazione artificiale bocca-bocca, con aria espirata. In questo metodo il ricambio d’aria necessario è ottenuto insufflando nelle vie aeree dell’ìnfortunato la propria aria espirata. L’aria espirata contiene ancora il I 50/o di ossigeno e questa percentuale è sufficiente ad assicurare un buon rifornimento di ossigeno all’infortunato.
Nella esecuzione della respirazione bocca-bocca, sono da tenere presenti alcuni punti fondamentali: pulire le vie aeree
aprire le vie aeree
insufflare per un tempo, staccarsi per due tempi, per consentire l’espirazione al paziente
FASI DELLA RESPIRAZIONE BOCCA-BOCCA
1- Rovesciate all’indietro la testa tenendo una mano sulla fronte e l’altra sotto il collo. 2- Chiudete le narici; eviterete cosi la fuoriuscita dell’aria.
RIANIMAZIONE CARDIO-CIRCOLATORIA
I) protezione del cervello, che si ottiene assicurando un sufficiente afflusso di sangue ossigenato in quell’organo
2) ripristino dell’attività cardiaca spontanea
1)Manovre rianimative per la protezione del cervello
In caso di emergenza e quando vi sono segni di sofferenza cerebrale da mancato od insufficiente arrivo di sangue, un sufficiente afflusso di sangue ossigenato può essere assicurato con alcune manovre ben definite che sono:
―La prevenzione degli incendi boschivi‖ Giancarlo Calabri , Ed. Edagricoli, Bo 1991
―La foresta e il fuoco‖ Luciano Berti .
―Manuale di prevenzione incendi nell’edilizia e nell’industria‖ Leonardo Corbo.
―Gli incendi boschivi nell’anno 1993‖ Ministero Delle risorse agricole alimentari e forestali, C.F.S. 1994
―Manuale dell’elitrasportato‖ Elilario S.p.A., Regione Lombardia servizio foreste.
―Manuale contro gli incendi Boschivi‖ Oikos, Roma
Fonte: http://www.provincia.como.it/temi/attivita-sociali/protezione-civile/attivita-formative-divulgative/Corso_specializzazione_Primo_Livello_AIB_novembre-dicembre_2014_materiali/allegati/dispensa_AIB_GESC.pdf
Sito web da visitare: www.gesc.org e http://www.provincia.como.it
Autore del testo: G.E. S. C. Onlus Gruppo Ecologico Studenti Comas
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