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MODULO 1: REDAZIONE DEL BILANCIO
1.1 REDAZIONE DI UNO STATO PATRIMONIALE
Bilancio d’esercizio
Il Bilancio d’esercizio è un documento redatto dagli organi amministrativi al termine del periodo amministrativo, con cui si rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda e il risultato economico d’esercizio.
Esso assolve a due importanti funzioni:
Attraverso il bilancio è possibile misurare il reddito e il patrimonio di funzionamento, ottenere una sintesi delle operazioni compiute dal sistema azienda e stabilire, sia pure parzialmente e con margini di incertezza, l’orientamento gestionale perseguito.
Il bilancio d’esercizio, composto secondo gli artt. 2423-2424-2425-2426-2427 del Codice Civile, si compone di:
Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota Integrativa
1.1.1 Funzione dello Stato Patrimoniale
1.1.2 Saper redigere uno Stato Patrimoniale secondo la normativa civilistica
È la parte del bilancio che espone il patrimonio di funzionamento al termine del periodo amministrativo. Attraverso lo S.P è possibile apprezzare lo stato di salute dell’azienda.
Si compone di due sezioni:attività e passività.
SCHEMA DELLO STATO PATRIMONIALE
Attivo |
Passivo |
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1.1.3 Saper motivare l’uguaglianza tra investimenti e Fonti di finanziamento
Tutte le attività ovvero gli investimenti dell’azienda sono di valore pari alle passività, ovvero le fonti di finanziamento in quanto tutto ciò che possiede l’azienda deriva da oneri che essa ha nei confronti di terzi o dei soci.
1.2 ATTIVITA’
1.2.1 Conoscere il concetto di Investimenti/attività
Gli investimenti (attività) rappresenta il totale del fabbisogno dell’azienda per svolgere la propria attività.
1.2.2 Immobilizzazioni o (attivo fisso netto): che rappresentano investimenti di durata pluriennale in immobilizzazioni tecniche, materiali e immateriali, e immobilizzazioni finanziarie, che si prevede restano vincolati all’azienda per lungo tempo, generando flussi monetari in entrata in un periodo di tempo superiore all’anno.
Le immobilizzazioni tecniche riguardano impieghi in fattori produttivi che costituiscono la struttura operativa dell’impresa. Si distinguono in materiali ed immateriali in relazione alla presenza o meno del requisito della materialità. Sono immobilizzazioni materiali macchine, terreni, fabbricati; sono immateriali marchi, brevetti, avviamento, licenze ecc.
Le immobilizzazioni finanziarie riguardano impieghi durevoli a carattrere finanziario. Esempi sono le partecipazioni in altre società, crediti pluriennali nei confronti di altre aziende ecc
Nell’attivo circolante distinguiamo:
1.3 PASSIVITA’
1.3.1 Conoscere il concetto di Fonti di finanziamento
Rappresentano le diverse fonti di finanziamento a cui l’azienda ricorre per coprire i suoi investimenti.
1.3.2 Conoscere il concetto di Passività in senso stretto (distinguendo tra passività correnti e passività consolidate)
Le passività indicano da chi (proprietario o terzi) e in che misura è stato fornito il capitale necessario per finanziare le attività.
Il totale delle passività corrisponde ai debiti contratti dall’azienda con i terzi e dunque rappresentano i diritti che questi ultimi vantano nei confronti dell’azienda.
Come le attività, anche le passività sono distinte in base alla loro scadenza (esigibilità) in passività a breve termine (passività correnti) e passività a medio lungo termine (passività consolidate).
In più nelle passività troviamo il capitale netto che rappresenta l’obbligo dell’azienda nei confronti dei soci.
Tra le passività distinguiamo:
a)Passivo corrente: rappresentano gli impegni che l’azienda ottiene per finanziare gli investimenti dell’attivo circolante da soddisfare in un periodo inferiore ad un anno. Esempi sono: debiti v/banche e fornitori, imposte a breve termine, cambiali passive
b)Passivo consolidato: soddisfano il fabbisogno collegato agli investimenti in immobilizzazioni ed implicano un impegno al rimborso in un periodo superiore all’anno. Esempi sono i prestiti obbligazionari, mutui passivi, fondi per imposte a lungo termine, TFR.
1.4.1 Conoscere la funzione di un inventario
E’ un documento redatto alla fine di ogni periodo amministrativo per determinare il patrimonio dell’impresa in funzionamento in vista dell’accertamento del risultato economico da attribuire all’esercizio. La formazione dell’inventario è un processo piuttosto complesso che si snoda attraverso la successione delle seguenti operazioni, le quali costituiscono le cosiddette fasi dell’inventario:
L’obbligo di redigere l’inventario è stabilito dall’art. 2217 del Codice Civile e deve essere redatto:
Una volta redatto, l’inventario va poi trascritto sul libro degli inventari, un apposito registro previsto dall’art. 2214 del Codice Civile.
L’inventario deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e della passività relative all’impresa. In particolare, l’inventario d’esercizio comprende i seguenti documenti:
L’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore e deve essere conservato per 10 anni dall’ultima registrazione.
1.5.1 Conoscere la funzione del conto economico
E’ il documento del bilancio che mette in evidenza la formazione del risultato economico d’esercizio, cioè il flusso dei valori provocati dalla gestione della produzione, dalla gestione finanziaria e dalla gestione straordinaria.
Tale prospetto è redatto in forma progressiva, con i costi e i ricavi classificati per natura, così da determinare sia i risultati economici intermedi per area di gestione, sia il risultato economico finale.
Si ottengono infatti:
il risultato della gestione della produzione (gestione caratteristica)
il risultato della gestione finanziaria
il risultato della gestione straordinaria
il risultato economico dell’esercizio
Il risultato della gestione caratteristica si ottiene sottraendo dal valore della produzione (ricavi di vendita più altri ricavi e proventi) i costi della produzione effettuata. I ricavi di vendita e i costi di acquisto si iscrivono al netto di resi, ribassi e abbuoni.
Il risultato della gestione finanziaria scaturisce dalla differenza tra proventi e oneri finanziari.
Il risultato della gestione straordinaria scaturisce dalla differenza tra proventi e oneri straordinari.
Il risultato economico d’esercizio al lordo delle imposte scaturisce dalla somma algebrica dei risultati economici conseguiti nelle diverse aree gestionali; da esso, sottraendo le imposte di competenza dell’esercizio, si ottiene l’utile o la perdita d’esercizio che costituisce la voce di collegamento tra le due parti del bilancio in quanto appare sia nel Conto economico sia nello Stato patrimoniale.
1.5.2 Saper redigere lo schema di Conto economico seconda la normativa civilistica
TOTALE (A) valore della produzione
TOTALE (B) Costi della produzione
TOTALE (C) Proventi e oneri finanziari
TOTALE (D) Rettifiche di valore di attività finanziarie
TOTALE (E) Partite Straordinarie
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1.6.1 Saper commentare i fatti gestionali relativi a tutti quei movimenti che hanno una diretta derivazione finanziaria
La gestione di un’azienda si presta ad essere esaminata secondo i seguenti aspetti:
Esaminare l’aspetto finanziario della gestione significa considerare congiuntamente l’aspetto monetario e l’aspetto creditizio.
Le disponibilità liquidi e i crediti di ogni tipo sono valori finanziari attivi; correlativamente, i debiti di ogni tipo sono valori finanziari passivi.
1 Sono variazioni finanziarie attive:
2 Sono variazioni finanziarie passive:
1.6.2 Conoscere il concetto di Debiti verso fornitori
L’azienda per procurarsi i fattori produttivi a breve e a lungo ciclo di utilizzo necessari per lo svolgimento della propria attività si rivolge a fornitori da cui ottiene ciò di cui ha bisogno sostenendo dei costi. In caso di regolamento immediato, al costo si associa subito un’uscita di denaro. In caso di regolamento differito, invece, al costo si associa in via provvisoria un debito di regolamento verso i fornitori che si storna nel momento in cui il debito viene saldato con l’uscita monetaria.
Con l’impiego dei fattori produttivi, l’azienda produce beni e servizi che vengono destinati alla vendita verso i propri clienti. Con la vendita si conseguono dei ricavi che se regolati immediatamente danno ad entrate monetarie, mentra in caso di regolamento differito fanno sorgere provvisoriamente crediti di regolamento verso i clienti che si stornano all’atto della riscossione dando luogo all’entrata monetaria.
1.7.1 Conoscere il principio di competenza economica
In vari casi si verifica una sfasatura temporale tra la manifestazione finanziaria di certi costi e di certi ricavi e il periodo amministrativo nel quale ricade la loro competenza economica ossia la loro partecipazione alla formazione del reddito.
Per tale motivo, al termine di ogni periodo amministrativo accanto a operazioni che hanno avuto ilcompleto svolgimento, vi possono esserenumeroseoperazioni in corsoalle quali si ricollegano costi o ricavi di cui si dovrò stabilire la parte di competenza dell’esercizio e la parte di competenza della gestione futura.
In particolare, al termine di un certo periodo amministrativo si possono verificare le seguenti situazioni:
Si comprende, allora, che la determinazione del reddito di esercizio non può avvenire in base ai costi e ai ricavi che nel periodo amministrativo hanno avuto la loro manifestazione finanziaria (nel senso che in esso sono stati misurati da variazioni monetarie o creditizie), ma esige una chiara individuazione della competenza economica.
I costi e i ricavi che – in linea generale – potrebbero essere interamente di competenza del periodo in cui si manifestano e, quindi, partecipare per intero alla formazione del reddito, si dicono costi e ricavi d’esercizio.
I costi e i ricavi che non sono interamente di competenza vanno:
1.7.2 Conoscere le principali scritture di assestamento (scritture di integrazione e di rettifica)
1.7.3 Saper commentare gli assestamenti divisi per integrazioni e rettifiche
Le scritture di assestamento sono relative a quei costi che devono essere rettificati o integrati.
SCRITTURE DI RETTIFICA:
Riguardano quelle operazioni i cui costi e ricavi si manifestano finanziariamente in via anticipata.
Ciò avviene per esempio quando fattori produttivi a breve ciclo di utilizzo, che al termine del periodo in cui sono stati acquisti non sono stati ancora utilizzati o non hanno avuto ancora il relativo ricavo, danno luogo a costi che anche se già sostenuti “finanziariamente”, sono in parte di competenza futura e che, per tale parte, sono da rinviare all’esercizio successivo come costi sospesi.
In pratica si verifica che:
In modo analogo, se a fine periodo si verificasse che taluni ricavi già conseguiti in via anticipata sono in parte ancora da maturare avremo dei ricavi d’esercizio che sono in parte di competenza futura e che, per tale parte, sono da rinviare al futuro come ricavi sospesi.
In pratica si verifica che:
Costi sospesi:
Le rimanenze di magazzino (merci, imballaggi, materie prime, prodotti finiti e semilavorati) sono la principale espressione dei costi sospesi. Esse con il loro valore rettificano il complesso dei costi relativi alle merci acquistate e – al tempo stesso – sono un’attività del patrimonio di funzionamento. Nel nuovo esercizio, poi, le esistenze iniziali saranno un componente negativo di reddito, in quanto rappresentano un costo proveniente dall’esercizio precedente e – in quanto tale – da imputare all’esercizio che si apre.
Oltre alle rimanenze di magazzino, i costi sospesi possono riguardare anche alcuni fattori produttivi, rappresentati da servizi e utilità:
Alcuni esempi di costi legati al tempo sono i canoni di locazione, i premi di assicurazione, gli interessi passivi ecc.
Ora se tali costi hanno manifestazione finanziaria anticipata, a fine periodo occorrerà frazionarli in due quote proporzionali al tempo:
Esempio: in data 1/10 pagato premio semestrale di assicurazione per euro 1000. Siccome il premio va a coprire 6 mesi di cui tre nel periodo in corso e tre nel periodo successivo, esso va imputato per metà nel periodo in corso come costo di competenza dell’esercizio, mentre l’altra metà va rinviata all’esercizio successivo come risconto attivo.
Ricavi sospesi
Analogamente ai costi, anche per i ricavi di alcuni servizi o utilità che l’azienda ha ceduto a terzi, può accadere che la manifestazione finanziaria si sia verificata in via anticipata rispetto alla loro competenza economica. In questo caso, a fine anno il ricavo già interamente conseguito va suddiviso in due quote:
La quota di ricavo “sospeso” indica l’impegno dell’azienda di fornire il servizio o di consentire l’utilizzo di un bene per un certo periodo di tempo nell’esercizio o negli esercizi futuri e ciò rappresenta una passività che grava sul patrimonio di funzionamento. Tale passività prende il nome di risconto passivo.
Esempio: riscosso il 1/10 fitto annuale per euro 6000; l’azienda riscuote totalmente il fitto nell’anno in corso ma esso rimane di competenza del periodo in corso solo per 2 mesi su 12 mentre i restanti 10 mesi sono di competenza dell’esercizio successivo. Quindi rapportando l’ammontare del fitto ai 12 mesi avremo che euro 1000 sono ricavi di competenza dell’esercizio in corso mentre euro 5000 sono di competenza dell’esercizio futuro e quindi ad esso rinviati come risconto passivo.
SCRITTURE DI INTEGRAZIONE
Sono l’ooposto delle scritture di rettifica. Si tratta di costi e ricavi che si manifesteranno finanziariamente in via posticipata, ma la cui competenza economica riguardano in tutto o in parte l’esercizio in corso.
Le quote di questi costi e di questi ricavi che alla fine di un dato periodo amministrativo risultano “maturate” vanno a integrare valori di competenza dell’esercizio, sommandosi ai corrispondenti costi e ai corrispondenti ricavi.
Non essendosi ancora manifestata la relativa variazione finanziaria (uscita o entrata monetaria o sorgere di un debito o di un credito), questi componenti di reddito possono essere inseriti nel sistema dei valori dell’azienda soltanto mediante i cosiddetti valori finanziari presunti, i quali hanno la funzione di misurare costi e ricavi futuri di competenza dell’esercizio. <infatti:
Esempio: fitto attivo di euro 3000 periodo 1/10/ -31/03 che è pagato in via posticipata quindi al 31/3. in tal caso la quota di ricavo relativa al periodo 1/10/ - 31/12 (euro 1500) è di competenza dell’esercizio in corso per cui va sommata nel conto economico ai corrispondenti ricavi relativi ai fitti liquidati nell’anno in corso; la parte restante che è invece di competenza dell’esercizio successivo rappresenta un valore finanziario presunto attivo che prende il nome di rateo attivo.
Allo stesso modo se il fitto è passivo la quota di competenza dell’esercizio successivo rappresenta un valore finanziario presunto passivo che prende il nome di rateo passivo.
1.8.1 Conoscere il concetto di costi pluriennali
I fattori a lungo ciclo di utilizzo, quali i fabbricati, gli impianti e i macchinari, le attrezzature, gli automezzi, i brevetti ecc. forniscono la loro utilità per più esercizi. Per tale motivi i loro costi di acquisizione sono ripartiti in tutti gli esercizi nei quali essi forniscono la loro utilità.
In definitiva, mentre la manifestazione finanziaria dei costi di tali beni si colloca nel momento dell’uscita monetaria o del sorgere del debito di regolamento, la competenza economica ricade nei periodi amministrativi nei quali essi sono impiegati nell’impresa.
Per questo si parla di costi pluriennali, ossia di costi che devono essere “ripartiti”, suddividendoli tra i vari esercizi nei quali i relativi fattori sono utilizzati.
1.8.2 Conoscere il concetto di ammortamento
La quota di costo pluriennale che ricade su ciascun esercizio prende il nome di quota di ammortamento. Per cui volendo distinguere concetti e terminologia abbiamo:
La quota di ammortamento essendo un costo di competenza dell’esercizio, va iscritta tra i componenti negativi del Conto economico;
Il valore residuo da ammortizzare del costo pluriennale invece è iscritto tra le attività dello Stato Patrimoniale. Infatti dal costo storico di acquisto vengono sottratte ogni anno le quote di ammortamento che vanno a confluire nel Fondo ammortamento.
Esempio: acquistato un macchinario al prezzo di euro 50.000 per il quale si ritiene dia la sua utilità per 5 anni. Tramite l’ammortamento costante ogni anno si va ad imputare come costo di competenza di esercizio 1/5 del costo di acquisto ovvero il 20% per cui avremo:
Piano di ammortamento del macchinario |
Anni Costo storico Quota di Fondo Valore residuo |
1 50.000 10.000 10.000 40.000 |
2 50.000 10.000 20.000 30.000 |
3 50.000 10.000 30.000 20.000 |
4 50.000 10.000 40.000 10.000 |
5 50.000 10.000 50.000 - |
1.9.1 Conoscere il concetto di accantonamento
1.9.2 Conoscere le ragioni della costituzione degli accantonamenti
Gli accantonamenti sono quote che ogni anno vengono fatte confluire in un fondo rischi ed oneri al fine di arginare i rischi generali d’impresa e i rischi specifici a cui è sottoposta l’attività imprenditoriale.
In previsione di costi o di alcune perdite che si potrebbero manifestare ma che sono di competenza dell’esercizio in chiusura l’azienda fa confluire delle somme nel fondo rischi e oneri che può prevedere fondi per perdite o svalutazioni crediti.
In merito invece a rischi collegati a eventi futuri e incerti e a operazioni in corso che possono danneggiare alcuni elementi del patrimonio o che comunque comportano perdite (incendi, furti, deterioramento di merci l’azienda può coprirsi da questi rischi stipulando delle polizze assicurative e/o costituendo appositi fondi rischi di cui esempi possono essere:
1.10.1 Saper descrivere e illustrare come si determina il risultato economico d’esercizio tramite il Conto Economico
Dopo aver registrato le scritture di assestamento è possibile determinare il reddito d’esercizio. Per ottenere il reddito occorre riepilogare trasferendone i saldi in un conto di “risultato” che prende il nome di CONTO ECONOMICO GENERALE, tutti i costi e tutti i ricavi d’esercizio.
I riepiloghi al Conto economico generale consistono nel trasferire al suddetto conto i saldi dei conto accesi ai componenti positivi e negativi del risultato economico d’esercizio.
Quindi:
Eseguiti i riepiloghi dei componenti positivi e negativi di reddito, è possibile determinare il risultato economico del periodo amministrativo (utile o perdita d’esercizio), che è espresso dal saldo che il Conto economico generale presenta in quel momento. Più precisamente:
1. se il totale Avere del conto economico generale è maggiore del totale Dare, si ha un’eccedenza dei componenti positivi di reddito rispetto a quelli negativi e allora il saldo rappresenterà l’utile dell’esercizio.
L’utile d’esercizio rappresenta per definizione l’incremento che il patrimonio netto ha subito per effetto della gestione in un determinato periodo amministrativo.
Allo stesso modo la perdita d’esercizio rappresenta il decremento subito dal patrimonio netto per lo sfavorevole andamento della gestione nel periodo amministrativo considerato.
1.11 RISERVE
1.11.1 Saper definire e commentare le varie riserve esistenti in bilancio e i motivi per cui vengono utilizzate
L’art 2430 del Codice Civile stabilisce l’obbligatorietà, da parte delle aziende, della costituzione della riserva legale in cui deve essere accantonato almeno la ventesima parte degli utili netti annuali, sino a quando l’importo della stessa riserva non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale. Fino a tale limite, la riserva legale costituisce una riserva indisponibile. Essa può essere utilizzata (indipendentemente dall’entità raggiunta) solo per la copertura di perdite. In tal caso dovranno essere preventivamente utilizzate tutte le altre riserve disponibili ed indisponibili.
Nel caso in cui, per qualsiasi ragione, l’importo della riserva legale scenda al di sotto del limite del quinto del capitale sociale occorre provvedere al suo reintegro col progressivo accantonamento di almeno il ventesimo degli utili. Se è stato emesso un prestito obbligazionario ed il capitale è stato ridotto in conseguenza di perdite, la riserva legale deve continuare ad essere calcolata sull’ammontare del capitale sociale esistente al momento dell’emissione del prestito, finché la misura del capitale e della riserva legale non sia pari a quella delle obbligazioni in circolazione.
Altri tipi di riserve possono essere:
Riserve statutarie: trovano il loro fondamento nelle disposizioni contenute nello statuto della società. Al pari della riserva legale, esse rientrano pertanto tra le riserve obbligatorie. Le condizioni, i vincoli e le modalità di formazione e movimentazione delle riserve in esame sono disciplinate dallo statuto.
Riserva ammortamento anticipato: è costituita, qualora l’assemblea ordinaria recepisca la proposta degli amministratori di avvalersi dell’ammortamento anticipato dei cespiti.
Riserva per acquisto azioni proprie: può essere costituita, nei casi nei quali l’assemblea deliberi il futuro acquisto di azioni proprie, in misura corrispondente al corrispettivo massimo autorizzato per l’acquisto.
Riserva contributi in conto capitale: è una riserva di capitale costituibile solo nel caso in cui il contributo in c/capitale sia effettivamente destinato ad integrare il patrimonio netto e non concorra né direttamente né indirettamente alla formazione del reddito d’esercizio.
1.12 RIELABORAZIONE DEL CONTO ECONOMICO
1.12.1 Saper redigere, commentare e analizzare la rielaborazione del Conto Economico secondo la configurazione a valore aggiunto.
La configurazione del conto economico a valore aggiunto pone in evidenza, appunto, il valore aggiunto, vale a dire la ricchezza creata con l’attività aziendale. In senso economico il valore aggiunto è l’incremento di valore che un’azienda aggrega al valore dei beni e dei servizi che acquista da altre aziende. Esso classifica i componenti di redditoper natura e perviene a risultati economici intermedi di fondamentale rilievo informativo, tra cui:
1 Valore della produzione ottenuta è un aggregato che consente di valutare il peso delle singole classi di valori che concorrono a determinarlo. Esso ha la seguente espressione:
Ricavi netti di vendita
+ Costi patrimonializzati per lavori interni
+ Variazioni del magazzino prodotti (Rimanenze finali – Esistenze iniziali)
+ Variazioni dei semilavorati e dei prodotti in lavorazione
= VALORE DELLA PRODUZIONE OTTENUTA
2 Il valore aggiunto caratteristico si ottiene dalla differenza tra il valore della produzione e il costo dei beni e dei servizi acquistati presso terzi (fattori esterni) e consumati nella produzione.
Qui troviamo
Valore della produzione ottenuta
- Costi per l’acquisto di materie prime, sussidiarie e merci
+ Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci.
- Costi per servizi e per godimento beni di terzi
= VALORE AGGIUNTO
Nell’ambito della gestione caratteristica, vanno poi considerati i costi dei fattori interni: i costi del fattore lavoro, delle immobilizzazioni (ammortamenti) e degli accantonamenti operativi. Ciò permette di calcolare altri due risultati intermedi:
Successivamente:
1.12.2 Saper descrivere e illustrare quali vantaggi offre il Conto Economico rielaborato utilizzando il metodo del valore aggiunto rispetto al Conto economico elaborato secondo la normativa civilistica
L’obiettivo della rielaborazione del Conto economico è quello di fargli assumere una struttura e una forma che mettano in evidenza aggregazioni, margini e risultati intermedi idonei a far comprendere il progressivo formarsi del reddito netto dell’esercizio.
La forma adatta alle analisi di bilancio è quella scalare, in quanto consente:
Non è irrilevante, ad esempio, che l’utile d’esercizio scaturisca essenzialmente dall’attività caratteristica piuttosto che essere il frutto di cospicui proventi di carattere straordinario o di proventi derivanti da immobili non strumentali.
Il conto economico rielaborato scompone la gestione in 5 aree ricavando il contributo che ognuno di esse ha dato per la formazione del reddito d’esercizio. Le cinque aree di gestione sono:
1 Gestione caratteristica: ovvero la gestione tipica e prevalente dell’azienda.
2 Gestione finanziaria: è la gestione che ha per oggetto il reperimento sui mercati finanziari di risorse finanziarie a titolo di debito.
3 Gestione patrimoniale: che è l’utilizzo del capitale dell’impresa per produrre ricchezza accessoria (acquisti di titoli di stato)
4 Gestione straordinaria: ovvero il verificarsi di eventi imprevisti (furti, incendi, minusvalenze, plusvalenze, sopravvenienze, svalutazioni, rivalutazioni ecc)
5 Gestione fiscale:che ha il compito dati i vincoli di legge e nel rispetto di tutti gli interlocutori, di pagare la minor imposta possibile.
Osservazioni differenza tra conto economico civilistico e rielaborato:
1) Nel CE civilistico la differenza tra valore e costi della produzione non esprime il reddito operativo, che propriamente è il risultato della sola gestione caratteristica. Infatti nel valore della produzione confluiscono non solo i ricavi connessi alla gestione caratteristica ma anche quelli di pertinenza della gestione patrimoniale, così come nei costi della produzione vanno a confluire anche anche eventuali oneri atipici;
2) le svalutazioni e le rivalutazioni, nel CE civilistico sono raggruppati nei costi di produzione mentre la loro pertinenza ideale è quella della gestione straordinaria;
3) infine nei proventi e oneri finanziari troviamo anche dividendi da partecipazioni e altri analoghi ricavi che, più correttamente, sarebbero da allocare nell’area patrimoniale.
1.12.3 Conoscere e saper calcolare il reddito operativo
1.12.4 Conoscere e saper calcolare il Risultato della gestione caratteristica
1.12.5 Conoscere e saper calcolare il Risultato della gestione finanziaria
1.12.6 Consocere e saper calcolare il risultato della gestione straordinaria
1.12.7 Conoscere e saper calcolare l’Utile d’Esercizio
Vedi 1.12.1
MODULO 2: ANALISI DI BILANCIO
Le analisi di Bilancio sono particolari tecniche che, mediante confronti tra valori patrimoniali ed economici, facilitano l’interpretazione dei dati contenuti nel bilancio stesso e dei fenomeni aziendali che li hanno generati.
Le analisi di bilancio possono essere attuate con due metodologie complementari:
L’analisi di bilancio per indici si applica attraverso la costruzione di relazioni numeriche tra valori o classi di valori di bilancio e si avvale di indici quozienti e di indici-differenze.
Gli indici di bilancio sono numeri derivanti dal rapporto o dalla differenza tra valori contenuti nel bilancio oggetto di analisi e legati tra loro da relazioni logiche che consentono di cogliere e di valutare in maniera sintetica importanti aspetti dei fenomeni d’impresa.
Tuttavia essi non hanno un valore segnaletico assoluto, ma forniscono unicamente sintomi e indizi sullo svolgimento della gestione, con riguardo alla reddività, alla liquidità, alla solvibilità, e alla solidità aziendale, e quindi consentono soltanto giudizi di prima approssimazione.
Inoltre gli indici di bilancio non hanno significato autonomo e non offrono risposte univoche, ma segnalano soltanto l’esistenza di eventuali squilibri, le cui cause andranno approfondite con opportune indagini qualitative, sia d’azienda sia di mercato.
Le fasi del processo di costruzione degli indici riguarda le seguenti analisi:
2.1 REDDIVITA’ DEL CAPITALE PROPRIO/RETURN ON EQUITY (ROE)
2.1.1 Conoscere il concetto di reddività del capitale proprio (Roe) 1° indicatore di reddività
Siamo nel campo dell’analisi della situazione economica.
Per situazione economica di un’impresa si intende la sua capacità o attitudine a remunerare in misura congrua il capitale proprio impiegato nei processi produttivi, ossia il capitale ad essa vincolato a titolo di pieno rischio.
Il ROE (Return on equità, dove equity sta ad indicare il capitale impiegato dai soci) è un indicatore di reddività che mette in evidenza quanto ritorna dalla gestione sotto forma di reddito per ogni 100 euro impiegati a titolo di capitale di proprietà.
2.1.2 Saper calcolare la reddività del capitale proprio e commentare l’indice
Il ROE si ottiene dal rapporto tra i reddito netto dell’esercizio e il capitale proprio o capitale netto.
ROE = Reddito netto d’esercizio = Rn
Capitale proprio (Cap netto) Cp
Ad esempio un ROEdel 15% sta a significare che 100 euro di capitale proprio “fruttano” 15 euro di reddito. E’ dunque l’indice che più interessa i finanziatori-soci, perché esprime il potenziale grado di remunerazione dei loro investimenti. Confrontando i tassi di remunerazione di investimenti alternativi senza rischio (BOT;CCT) consente di apprezzare la convenienza dell’impiego dei mezzi propri nell’attività d’impresa.
2.2 REDDIVITA’ DEL CAPITALE INVESTITO/RETURN ON INVESTIMENT (ROI)
2.2.1 Conoscere il concetto di Return on Investiment (ROI) 2° indicatore di reddività
Il ROI (Return on investiment, dove investiment sta ad indicare il totale attività) è un indicatore di reddività che permette di valutare in quale misura la gestione operativa è in grado di remunerare l’intero capitale investito nella gestione d’impresa. in evidenza quanto ritorna dalla gestione sotto forma di reddito per ogni 100 euro impiegati a titolo di capitale di proprietà.
2.2.2 Saper calcolare la reddività del capitale proprio e commentare l’indice
Il ROI è dato dal rapporto tra il reddito operativo e il capitale investito.
ROI = Reddito operativo = Ro
Capitale investito Cp
Ad es. un ROI del 13% indica che 100 euro di capitale investiti nell’azienda producono, al lordo dei estranei alla gestione caratteristica, un reddito di 13 euro.
Il ROI dunque, oltre a rappresentare un indicatore globale della reddività aziendale, fornisce la misura dell’efficienza economica della gestione caratteristica.
2.3 LIQUIDITA’
2.3.1 Conoscere il concetto di liquidità
2.3.2; 2.3.3; 2.3.4;
L’analisi della situazione di liquidità mira ad accertare la capacità dell’impresa di far fronte agli impegni assunti nei confronti di terzi
Gli indicatori di liquidità impiegati sono
1) il quoziente di liquidità: che misura il rapporto tra l’insieme delle liquidità aziendali a disposizione dell’azienda in un determinato esercizio – ovvero la somma delle liquidità immediate come cassa, depositi bancari, e di quelle differite, tra cui i crediti esigibili entro 12 mesi e titoli – e l’insieme delle passività a breve termine
QL = Liquidità imm + liquidità diff.
Passivo Corrente
In base al valore del rapporto verrà espresso un giudizio sulla capacità dell’azienda di far fronte agli impegni di pagamento contando esclusivamente sulle sue risorse liquide. In linea generale se il valore del rapporto, per interpretare questo indice, si fa riferimento ai seguenti valori soglia:
> 1 = soddisfacente
0,50-1= accettabile
0.33 – 0.50= squilibrio non grave
< 0.33= squilibrio grave
2) il quoziente di disponibilità (detto anche indice di liquidità corrente): che, rispetto al primo indice, mostra la capacità dell’azienda di coprire gli impegni di pagamento a breve contando su tutto l’attivo corrente, ossia comprendendo anche le disponibilità, ovvero il magazzino che è un valore meno certo che non corrisponde a una liquidità sicura. Per le valutazioni del rapporto, valgono le considerazioni fatte per il quoziente di disponibilità.
QD = Attivo corrente.
Passivo Corrente
3) Margine di tesoreria che riprende i valori del quoziente di liquidità ma in funzione della loro differenza.
Margine di tesoreria = Liquidità imm. + liquidità diff – Passivo Corrente
In questo caso, la valutazione dell’indicatore sarà positiva se la differenza è maggiore di 1 e negativa in caso contrario.
4) Capitale Circolante netto, (detto anche margine di disponibilità) che riprende i valori del quoziente di disponibilità ma in funzione della loro differenza.
CCN = Attivo corrente - Passivo Corrente
Come per il Margine di tesoreria anche in questo frangente il giudizio sulla liquidità sarà buono se la differenza è positiva e il contrario in caso di risultato negativo.
2.4 LA SITUAZIONE PATRIMONIALE-FINANZIARIA
L’analisi della situazione patrimoniale-finanziaria fa riferimento allo schema sintetico dello Stato Patrimoniale riclassificato e ha lo scopo di segnalare se l’azienda ha conseguito una posizione di equilibrio strutturale, che è la condizione perché essa possa sopravvivere nel tempo.
2.4.1 Saper calcolare e commentare l’indice di autonomia finanziaria
L’indice di autonomia finanziaria mostra il contributo del capitale proprio al finanziamento degli investimenti aziendali; il grado di autonomia è tanto maggiore quanto più il valore dell’indice è prossimo a 1 oppure a 100, se il rapporto è “percentuale”.
Indice di autonomia finanziaria = Capitale proprio = Cp
Totale finanziamenti Ct +Cp
Spesso, il grado di autonomia finanziaria si valuta mediante i seguenti parametri soglia:
< 0,33 Struttura finanziaria piuttosto pesante
0,33 – 0.55 Struttura finanziaria da tenere controllata
0.55 – 0.66 Struttura finanziaria equilibrata
>0,66 Notevoli possibilità di sviluppo
2.4.2 Conoscere il concetto di indebitamento
L’azienda per poter esercitare la propria attività deve procurarsi i fattori di breve e di medio ciclo di utilizzo che rappresentano il totale degli impeghi. Per l’acquisizione di questi fattori, l’azienda fa fronte sia a capitale proprio sia a capitale di terzi. Il ricorso a capitale di terzi pone in una condizione di indebitamento dell’azienda che è peraltro necessaria per avere margini di sviluppo superiori a quelli che potrebbero essere garantiti dal capitale proprio apportato dai soci.
2.4.3 Conoscere e saper commentare l’indice di indebitamento (Leverage)
L’indice di indebitamento (o leverage), è dato dal rapporto tra il capitale investito e il capitale proprio. Esso esprime l’entità degli investimenti realizzati a fronte di ogni euro di capitale conferito a titolo di proprietà. Quindi abbiamo
Indice di indebitamento (leverage) = Capitale investito = Ci
Capitale proprio Cp
Ad esempio un indice pari a 3 segnala che per ogni euro di mezzi propri l’azienda ha fatto investimenti per 3 euro: ciò significa, quindi, che i restanti 2 euro sono stati presi a prestito.
2.4.4 Saper calcolare e commentare l’indice di dipendenza finanziaria
L’indice di dipendenza finanziaria mette in evidenza l’incidenza dell’indebitamento rispetto al complesso dei finanziamenti aziendali.
Indice di dipendenza finanziaria = Capitale di terzi = Ct
Totale Finanziamenti Ct + Cp
2.5 CASH FLOW
2.5.1 Conoscere il concetto di cash flow
Il cash flow o flusso di cassa è dato dalla differenza tra le entrate e le uscite monetarie manifestatesi nel corso dell’esercizio. Esso esprime l’incremento (cash inflow) o il decremento (cash outflow) subito dalle disponibilità di cassa e banche in un dato periodo amministrativo.
2.5.2 Saper calcolare il Cash flow
Per il calcolo del cah flow bisogna considerare tutte quelle operazioni che danno luogo a variazioni di cassa o banche escludendo le operazioni che non danno luogo a variazioni finanziarie.
Ad esempio se si acquistano materie prime o macchinari con regolamento differito, all’atto dell’acquisto non si verifica alcuna fuoriuscita di cassa o di banca e quindi non viene movimentato il flusso di cassa fino all’effettivo pagamento.
2.6 INDICE DI REDDIVITA’ DELLE VENDITE
2.6.1 Conoscere l’indice di reddività delle vendite ROS (Return on sales)
L’indice di reddività delle vendite consente di esprimere giudizi sulla capacità dell’impresa di produrre ricchezza.
2.6.2 Saper calcolare e commentare l’indice di reddività delle vendite
Questo indice è dato dal rapporto tra il reddito operativo e l’ammontare dei ricavi netti della produzione venduta.
ROS = Reddito operativo = Ro
Ricavi netti di vendita V
Ad esempio, un ROS pari al 15% indica che su 100 euro di ricavi si è avuto un utile operativo di 15 euro, in quanto i restanti 85 euro sono stati assorbiti dal complesso dei costi della gestione caratteristica.
2.7 PRODUTTIVITA’
2.7.1 Conoscere il concetto di produttività
La produttività mira a definire l’efficienza di determinati fattori produttivi, in particolare quella del fattore lavoro.
2.7.2 Conoscere il concetto di produttività
Gli indici per analizzare la produttività sono i seguenti:
1) il fatturato per dipendenti, che si ottiene dividendo i ricavi netti di vendita per il numero dei dipendenti occupati nell’impresa.
Fatturato per dipendente = Ricavi netti di vendita
Numero dei dipendenti
2) il valore aggiunto per dipendente, che si calcola rapportando il valore aggiunto al numero dei dipendenti occupati nell’azienda. Il rapporto quantifica la nuova ricchezza prodotta mediamente da ciascun lavoratore occupato presso l’impresa.
Valore aggiunto per dipendente = Valore aggiunto
Numero dei dipendenti
3) l’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto, che evidenzia la quota di valore aggiunto destinata al lavoro dipendente. Ad esempio, un indice pari al 40% segnala che su 100 euro di nuova ricchezza prodotta nell’ambito dell’azienda, 40 euro sono destinati a remunerare i dipendenti.
Incidenza del costo del lavoro = Costo del lavoro
sul valore aggiunto valore aggiunto
2.7.3 Conoscere il concetto di benchmarking
Con il termine Benchmarking si definisce una fase dell'analisi della concorrenza relativa allo studio approfondito dei prodotti e/o servizi presenti sul mercato, al fine di migliorare la propria strategia. Essendo basato sul confronto il Benchmarking è uno strumento per un miglioramento organizzativo.
MODULO 3: ANALISI E CONTABILITA’ DEI COSTI
3.1 FUNZIONI DELL’ANALISI DEI COSTI
3.1.1 Saper definire ed esporre gli obiettivi dell’analisi dei costi
Affinché l’azienda possa perdurare e svilupparsi, in un ambiente esterno fortemente dinamico, è necessario che essa operi rispettando il principio della economicità della gestione: le combinazioni produttive aziendali devono cioè generare nel loro complesso ricavi adeguatamente superiori ai costi.
Il conseguimento e il mantenimento dell’equilibrio economico nelle condizioni di complessità e di incertezza in cui l’azienda opera – perciò – richiedono che le decisioni nelle quali si concretizza l’attività direzionale non siano lasciate all’improvvisazione, ma siano il frutto di un consapevole e sistematico processo di programmazione e controllo della gestione, che si sviluppa attraverso:
Il fine ultimo di questa attività è quello di garantire una soddisfacente redditività aziendale, attraverso la massimizzazione del divario tra i ricavi e i costi generati dalla gestione.
Evidentemente, quando non si possa agire sui prezzi di venditaper l’elasticità della domanda, per la vivacità della concorrenza o per le particolari configurazioni del mercato, gli sforzi del management devono essere diretti al contenimento dei costi, sia ricercando le più convenienti condizioni di acquisizione dei fattori produttivi, sia migliorando le condizioni di utilizzazione dei fattori impiegati, attraverso un incremento della loro produttività intesa come rendimento fisico-tecnico.
3.1.2 Conoscere la differenza tra contabilità generale e contabilità analitica
La contabilità generale è quella parte del sistema informativo contabile che ha per oggetto i fatti esterni di gestione, rilevati nel loro aspetto finanziario ed economico, allo scopo di determinare il risultato economico d’esercizio e il collegato patrimonio di funzionamento.
Il suo scopo fondamentale è la formazione del bilancio d’esercizio, un documento con rilevanza interna ed esterna, avente una funzione di informazione e di comunicazione verso una pluralità di soggetti interessati alle vicende aziendali (soci, banche e altri finanziatori, amministrazione fiscale, personale dipendente, fornitori ecc).
La contabilità analitica (o industriale o di gestione) è quella parte del sistema informativo contabile che ha per oggetto i fatti interni di gestione che consente di attuare il controllo della gestione nell’aspetto economico, attraverso la misurazione, la rilevazione, la destinazione, l’analisi dei costi e dei ricavi. In altre parole essa si occupa delle vaie fasi con cui si attua il processo produttivo all’interno dell’impresa.
3.2 CONCETTI SINTETICI DELL’ANALISI DEI COSTI
3.2.1Conoscere la classificazione dei costi
In funzione degli obiettivi di conoscenza perseguiti e dei problemi di gestione da risolvere, la contabilità analitica effettua varie determinazioni di costi
A seconda dei dati in base ai quali si calcolano, i costi si distinguono in:
A seconda dell’oggetto per il quale sono stati impiegati i fattori produttivi consumati, abbiamo
A seconda del modo con cui i costi dei fattori impiegati sono riferiti all’oggetto del calcolo, i costi si distinguono in:
La distinzione tra costi diretti e indiretti dipende dall’oggetto di calcolo (più è ampio, più numerosi sono i costi attribuibili direttamente), dal tipo di costo (i costi specifici possono essere imputati direttamente o indirettamente, i costi comuni e generali solo indirettamente), dall’organizzazione aziendale e dagli oneri che l’impresa è disposta a sostenere per rendere possibili le misurazioni che possono trasformare un costo indiretto in costo diretto. (es.: se il consumo di materie sussidiarie è misurato per ciascuna lavorazione, l’imputazione è diretta; se è misurato una volta al mese e poi ripartito fra le produzione del mese, è un costo indiretto).
3.2.2Conoscere il concetto di centro di costo
Un centro di costo è un’unità organizzativa aziendale (reparto, ufficio) che svolge una precisa attività di carattere tecnico, commerciale o amministrativo, con riferimento alla quale si eseguono la rilevazione e il controllo dei costi.
Dopo la raccolta e la classificazione dei costi effettuati dalla contabilità generale, con la contabilità analitica, vengono ripresi i valori per l’attuazione delle fasi successive.
Con la localizzazione vengono attribuiti i costi ai centri di costo o alle unità organizzative che hanno causato il sostenimento dei costi stessi.
Esempio: osservazione dell’utilità della localizzazione dei costi
In un’impresa industriale, i prodotti Alfa e Beta sono prodotti nei reparti X,Y,Z, nei quali sono stati localizzati i seguenti costi indiretti:
Reparto X Reparto Y Reparto Z
60.000 25.000 45.000
Vediamo l’utilità di tale localizzazione tenendo presente che il prodotto Alfa viene lavorato nei reparti X e Y, mentre il prodotto Beta passa nei reparti Y e Z.
Quindi mentre i costi del reparto X riguardano esclusivamente il prodotto Alfa e quelli del reparto Z riguardano soltanto il prodotto Beta, i costi del reparto Y andranno ripartiti in base a un opportuno criterio, tra entrambi i prodotti, Alfa e Beta.
Qualora non si fosse operata la localizzazione, si sarebbe ripartito tra i due prodotti il totale dei costi indiretti (che ammonta a € 130.000), commettendo l’errore di addossare una parte dei costi relativi al reparto X anche al prodotto Beta e una parte dei costi del reparto Z anche al prodotto Alfa.
La localizzazione dei costi ha quindi lo scopo di consentire una più corretta determinazione dei costi di prodotto mediante una più razionale imputazione dei costi elementari. Inoltre essa permette di controllare l’efficienza dei singoli centri operativi.
3.2.3 Conoscere i costi Diretti e i costi Indiretti
Vedi Paragrafo 3.2.1
3.2.4 Conoscere i costi Fissi e i costi Variabili
I costi fissi sono quei costi che l’impresa sostiene anche in assenza di produzione o di svolgimento di attività. (Esempi: assicurazioni, affitti, spese telefoniche, energia elettrica ecc.
I costi variabili invece variano proporzionalmente al variare delle quantità prodotte
3.2.5 Conoscere il concetto di economie di scala
Poiché al crescere della produzione i costi fissi vengono spalmati su una maggiore quantità di prodotti, incrementando i volumi di produzione si realizzano le cosiddette economie di scala.
Pertanto, se ai responsabili di produzione viene chiesto di ridurre i costi, essi dovranno cercare di sfruttare al massimo la capacità produttiva dei singoli reparti.
3.2.6 Conoscere la differenza tra contabilità a Costi Pieni (Full Costing) e la contabilità a Costi Variabili (Direct Costing)
Con il Direct Costing si imputano all’oggetto di calcolo i costi variabili e i costi fissi specifici, mentre i costi fissi legati alla struttura produttiva o organizzativa dell’impresa sono attribuiti in modo indistinto all’insieme delle produzioni attuate nel periodo considerato.
I costi variabili (costi per materie prime, parti componenti, manodopera diretta, materiali sussidiari) variano al variare della produzione.
I costi fissi specifici sono i costi sostenuti per una data linea di prodotti (costi per ammortamenti e manutenzione dei macchinari utilizzati).
Sia i costi variabili sia i costi fissi specifici sono riferiti ai prodotti ottenuti; si considerano perciò costi di prodotto.
I costi fissi legati alla struttura produttiva o organizzazione dell’impresa si considerano invece costi di periodo.
Nella contabilità a direct costing vengono calcolati due margini di contribuzione:
1) margine lordo di contribuzione (o margine di contribuzione di primo livello):
che è dato dalla differenza fra il prezzo di vendita di una determinata produzione e il suo costo variabile e indica la capacità di assorbire costi fissi propria di quella produzione, cioè il suo contributo alla copertura dei costi fissi e alla formazione del risultato economico.
Più propriamente, per determinare il margine lordo di contribuzione, occorre sottrarre dall’ammontare dei ricavi di vendita quello del costo variabile del venduto, che è dato dalla seguente espressione:
Costi variabili del periodo
+ Esistenze iniziali di prodotti finiti e in lavorazione
- Rimanenze finali di prodotti finiti e in lavorazione
2) margine netto di contribuzione (o margine di contribuzione di secondo livello)
che si ottiene sottraendo dal margine lordo di contribuzione i costi specifici di quella produzione.
DETERMINAZIONE DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE |
||||
DESCRIZIONE |
PRODUZIONE |
PRODUZIONE |
PRODUZIONE |
TOTALI |
Ricavi di vendita (a) |
1.300 |
1920 |
1560 |
4780 |
Costi variabili del periodo Costo variabile del venduto (b) |
1000 |
1420 |
1100 |
3520 |
Margine lordo di contribuz. (a-b) Costi fissi comuni |
220 |
540 |
530 |
1290 750 240 |
La conoscenza dei margini lordi di contribuzione consente di identificare i prodotti più redditizi e quindi indurre il management aziendale a spingere sul mercato certe produzioni piuttosto che altre.
La reddività di ogni singola produzione si ottiene dal rapporto
Indice di redditività = Margine Lordo di contribuzione x 100
Ricavi di vendita
Esempio: per le tre produzione considerate nella tabella precedente, si ottengono i seguenti risultati, che esprimono – con riferimento a 100 euro di prezzo di vendita – quanti euro ciascun prodotto lascia disponibili per l’assorbimento dei costi fissi e per il margine di utile:
A= 220 x 100= 16,92% B= 540 x 100= 28,125% C= 530 x 100= 33.97%
1300 1920 1560
Quindi la produzione più redditizia in termini di capacità di copertura dei costi fissi è la produzione C (che non è quella con il margine lordo più elevato), seguita dalla B e poi dalla A, sicchè – se le condizioni interne e di mercato lo consentissero – l’azienda avrebbe convenienza a potenziare la produzione C e a ridurre la produzione A.
La contabilità Costi Pieni (full costing) invece attribuisce all’oggetto di calcolo sia i costi variabili sia i costi fissi.
Essa si basa sulla distinzione tra costi diretti e costi indiretti.
I costi sostenuti possono infatti essere riferiti all’oggetto del calcolo mediante:
a) imputazione diretta, se si tratta di costi sostenuti specificatamente per l’oggetto di cui si vuole determinare il costo; detti costi sono riferiti all’oggetto di calcolo con misurazioni oggettive.
b) imputazione indiretta, se si tratta di costi comuni e generali, o anche di costi specifici che non si ritiene opportuno imputare direttamente; i costi indiretti sono ripartiti tra più oggetti di calcolo con criteri soggettivi che possono basarsi sui volumi (quantità prodotte, quantità di materie prime consumate, ore di lavoro impiegate ecc.) o su indicatori delle attività necessarie alla produzione (numero prelievi da magazzino, numero attrezzagli, numero controlli di qualità ecc)
3.3 ANALISI DEI COSTI
3.3.1 Conoscere la break even analysis e saper calcolare il punto di equilibrio
Quando risulta possibile distinguere i costi fissi da quelli variabili, l’impresa può ottenere valide informazioni a supporto delle decisioni correnti ricorrendo alla break even analysis (o analisi costi-volumi-risultati), una tecnica che tende a determinare il punto di equilibrio (detto anche break even point o BEP) tra i costi totali e i ricavi totali e che consente di prevedere i risultati economici in corrispondenza dei vari volumi di produzione attuabili con una data capacità produttiva.
E’ possibile ricercare il punto di equilibrio attraverso due procedimenti:
un procedimento matematico e un procedimento grafico attraverso il diagramma di reddività (o break even chart)
PROCEDIMENTO MATEMATICO:
Consideriamo i seguenti simboli:
CF = Costi fissi
CV = Costi variabili
CT = Costi totali
RT = Ricavi totali che è = p (prezzo unitario di vendita) x (per) q (quantità prodotta e venduta)
Il punto di equilibrio si ottiene quando si verifica l’uguaglianza RT=CT e si calcola risolvendo la seguente equazione: RT=CT da cui
PxQ=CF+CVxQ da cui Q= CF
P-CV
PROCEDIMENTO GRAFICO
Il punto di equilibrio P si trova in corrispondenza della quantita Qe per la quale i costi totali eguagliano i ricavi totali. Per produzioni maggiori si ottengono risultati positivi (area di utile), mentre per quantità minori la curva dei costi sta sopra quella dei ricavi e pertanto si hanno dei risultati netti negativi (area di perdita)
ESEMPIO:
CF= 1012500; CV=35 euro per unità di prodotto quindi 35xQ
CT=CF+CV=1012500+35Xq
P= Prezzo di vendita 60 per unità
RT=PxQ=60Xq
Quindi considerando la formula per ottenere la quantità di equilibrio Q= CF
Abbiamo 1012500 P-CV
60-35=25
Q= 40500
La differenza tra prezzo di vendita e costi unitari variabili (P-CV) costituisce il margine unitario di contribuzione con il quale ogni unità di prodotto partecipa alla copertura dei costi fissi. Quanto maggiore è il margine di contribuzione tanto minore sarà il livello di produzione che consente l’equilibrio costi-ricavi.
Il break even point è raggiunto in corrispondenza di uno sfruttamento della capacità produttiva del 33,75% così calcolato:
volume di equilibrio x100
capacità produttiva (considerata nell’esempio per 120000 unità) quindi
.
40500 x100 = 33,75%
120000
3.3.2 Conoscere, saper calcolare e commentare il concetto di Margine Lordo di Contribuzione
Vedi paragrafo 3.2.6
MODULO 4 : ELEMENTI DI DIRITTO COMMERCIALE
4.1 FONDAMENTI
4.1.1. Conoscere il registro delle imprese
Tutte le imprese italiane sono tenute all’iscrizione al Registro delle Imprese, che costituisce la fonte primaria di certificazione dei loro dati costitutivi, così come le anagrafi comunali lo sono per i dati dei cittadini: chi svolge in Italia un’attività economica sotto forma di impresa deve iscriversi al Registro delle Imprese tenuto dalle Camere di Commercio italiane (una per ogni provincia), interconnesse tramite la loro società di informatica, InfoCamere S. c. p. A. .
4.1.2. Conoscere le diverse forme giuridiche aziendali
il nostro ordinamento legislativo prevede tre gruppi di società commerciali
4.1.3. Conoscere la differenza fondamentale tra le società di persone e le società di capitali
La fondamentale differenza è data dal fatto che mentre nelle società di persone, i soci rispondono anche con il proprio patrimonio personale di eventuali obblighi della società, nelle società di capitale, i soci rispondono unicamente per la quota conferita, in quanto gli eventuali obblighi vanno a ricadere sul patrimonio della società.
Le società di persone sono quindi prive di personalità giuridica: il soggetto giuridico è costituito dagli stessi soci che rispondono in via sussidiaria dei debito contratti dalla società anche con il patrimonio personale; essi governano l’impresa di cui sono il soggetto economico, assumendosene i rischi. Pur essendo prive di personalità giuridica, le società di persone hanno un patrimonio autonomo, distinto da quello personale dei soci: tale autonomia è però imperfetta poiche, qualora il patrimonio sociale sia insufficiente a estinguere i debiti contratti dalla società, i creditori possono rivalersi sul patrimonio personale dei singoli soci.
Il nome sotto il quale agiscono le società di persone è detto ragione sociale e deve contenere il nome di uno o più soci.
Le società di capitali invece sono dotate di personalità giuridica: delle obbligazioni sociali risponde la società stessa con il proprio patrimonio. Esse godono pertanto di autonomia patrimoniale perfetta perché il patrimonio sociale è separato da quello personale dei soci che sono responsabili solo per quote conferite.
Il nome sotto il quale esse agiscono è detto denominazione sociale; il capitale sociale deve avere un importo minimo, diverso a seconda del tipo di società. (10.000 euro per le srl; 120.000 euro per spa)
4.2 DITTA INDIVIDUALE
4.2.1 Conoscere le caratteristiche principali, i vantaggi e gli svantaggi di una ditta individuale
Nella ditta individuale, l’imprenditore è l’unico proprietario e assume i diritti e gli obblighi derivanti dalle operazioni compiute.
L’impresa individuale è priva di autonomia giuridica: è l’imprenditore, in quanto persona fisica, che assume illimitatamente i rischi derivanti dalle operazioni di gestione.
L’impresa individuale viene dotata di capitale proprio attraverso gli apporti in denaro o in beni, effettuati dal proprietario sia in sede di costituzione sia durante la normale attività di gestione.
Se i mezzi finanziari non sono sufficienti ad alimentare i processi produttivi, l’impresa deve rivolgersi all’esterno, indebitandosi preso le banche (o altri intermediari finanziari) oppure verso i suoi fornitori.
Il ricorso al capitale di debito comporta però il pagamento di interessi passivi che, in presenza di particolari condizioni di mercato (come avviene in caso di rialzo del costo del denaro), può pregiudicare l’equilibrato svolgimento economico della gestione. Inoltre il ricorso al capitale di debito è condizionato dalla possibilità di fornire idonee garanzie reali e personali, normalmente richieste dai finanziatori esterni, e dalla rigidità dei tempi richiesti per il rimborso.
L’espansione dimensionale dell’impresa individuale è quindi limitata dal volume dei mezzi finanziari che l’imprenditore è disposto a investire e dalla possibilità di reperire credito all’esterno.
Per questi motivi, normalmente, l’impresa individuale si adatta solo alle attività di piccole dimensioni e a quelle artigianali che non richiedono ingenti investimenti e che sono basate prevalentemente sul lavoro del titolare.
VANTAGGI
SVANTAGGI
4.3 SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO (SNC)
4.31 Conoscere le caratteristiche principali, i vantaggi e gli svantaggi di una SNC
Sono formate da una pluralità di soci che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Questo significa che, dopo l’esaurimento dei mezzi propri della società, i soci devono far fronte agli eventuali residui debiti sociali con il patrimonio personale; inoltre ogni socio risponde per intero dei debiti sociali (responsabilità solidale), deve cioè pagare anche per conto degli altri soci su cui potrà successivamente rivalersi.
● nessun capitale iniziale richiesto
● costituzione semplice
● organizzazione semplice (a seconda del numero dei soci)
● responsabilità: i soci rispondono in maniera illimitata e solidale.
● dipendenza reciproca tra i soci
● poco flessibilità per i soci (ad es. divieto di concorrenza)
4.4 SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE (SAS)
4.31 Conoscere le caratteristiche principali, i vantaggi e gli svantaggi di una SAS
Sono caratterizzate dalla presenza di due categorie di soci:
La legge tutela il diverso grado di responsabilità assunto dai soci stabilendo che l’amministrazione e la rappresentanza della società è riservata ai soli soci accomandatari, mentre gli accomandanti sono esclusi dalla gestione dell’impresa, pena la perdita del beneficio della responsabilità limitata.
Sul piano pratico le sas rappresentano una forma intermedia tra le società di persone e le società di capitali in quanto realizzano un’unione tra soggetti disposti ad assumere in pieno i rischi imprenditoriali e persone che invece sono disposte solo a fornire i capitali necessari all’impresa ma che non intendono partecipare attivamente alla sua amministrazione.
VANTAGGIPossibilità di differenziare nettamente i ruoli e le responsabilità: chi apporta il capitale (socio accomandante), come finanziatore, risponde solo del capitale apportato, mentre il socio accomandatario risponde illimitatamente e solidalmente con i propri beni.
La costituzione e la tenuta della contabilità sono relativamente semplici e poco costose.
SVANTAGGIIl fallimento della società comporta il fallimento dei singoli soci accomandatari, che rispondono solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni assunte della società.
4.5 SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA (SRL)
4.5.1 Conoscere le caratteristiche principali, i vantaggi e gli svantaggi di una SRL
Fanno parte delle società di capitali per cui i soci rispondono per le obbligazioni assunte dalla società nei limiti delle quote conferite; in caso di insolvenza della società, i creditori non possono rivalersi sul patrimonio personale dei singoli soci.
Costituiscono un modello societario a ristretta compagine sociale, tendenzialmente destinato a restare chiuso. Tale forma societaria è pertanto privilegiata dagli imprenditori che, pur volendo disporre della libertà organizzativa propria delle società di persone, intendono beneficiare della limitazione della responsabilità.
VANTAGGI
4.6 SOCIETA’ PER AZIONI (SPA)
4.6.1 Conoscere le caratteristiche principali, i vantaggi e gli svantaggi di una SPA
La Società per azioni (S.p.A.) è una società di capitali, in cui il capitale sociale è rappresentato da azioni.In quanto società di capitali, le S.p.A. sono caratterizzate anche dall'autonomia patrimoniale perfetta, ossia dal massimo grado di autonomia patrimoniale. Il patrimonio della società, in altre parole, risulta essere completamente distinto da quello dei soci che, quindi, non sono chiamati a rispondere delle obbligazioni sociali. La responsabilità dei soci è limitata, in via di principio, alla sola quota di partecipazione.
La spa è la forma giuridica solitamente assunta dalle grandi imprese industriali, commerciali, bancarie, assicurative, di trasporto ecc., le quali, per il tipo e per le dimensioni dell’attività che svolgono, hanno un fabbisogno finanziario assai rilevante. Per le sue caratteristiche, infatti la spa, può mobilitare grandi masse di capitali non solo ricorrendo a particolari forme di finanziamento che la legge espressamente le consente (prestiti obbligazionari e altri strumenti finanziari), ma soprattutto facendo partecipare alla propria compagine un grande numero di soci, ciascuno dei quali può anche investire importi molto ridotti.
Le spa si distinguono in:
le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio sono in genere di medio-grandi dimensioni e si caratterizzano per la presenza di un elevato numero di soci che possono comprendere anche piccoli risparmiatori che hanno preferito investire i propri risparmi in titoli emessi dalla società piuttosto che nei tradizionali depositi bancari postali o in titoli emessi dallo Stato (BOT, CCT ecc.) o da altre Amministrazioni pubbliche.
4.6.2 Conoscere gli organi di una spa e le loro funzioni
Gli organi sociali nella Spa modello "tradizionale" sono:
Assemblea degli azionisti
L'assemblea è l'organo che riunisce tutti i soggetti titolari di azioni con diritto di voto i quali sono chiamati a prendere alcune importanti decisioni per la vita della società, come l'elezione e la revoca dell'organo amministrativo, l'elezione dei sindaci, l'approvazione del bilancio e la promozione dell'azione di responsabilità. Rientra nella competenza dell'assemblea anche la modifica dell'atto costitutivo. La convocazione dell'assemblea deve seguire alcune formalità, elencate all'art. 2366 c.c. L'assemblea può essere di due tipi: ordinaria o straordinaria.
Organo amministrativo
All'organo amministrativo spetta in via esclusiva la gestione dell'impresa e l'attuazione dell'oggetto sociale. Nel modello tradizionale l'organo amministrativo viene eletto dall'assemblea ordinaria e dura in carica al massimo tre esercizi; di esso possono far parte anche soggetti non soci. Esso può essere formato da un amministratore unico ovvero da una pluralità di amministratori, nel qual caso si formerà il cda. consiglio di amministrazione. In tale ultimo caso, qualora lo statuto o l'assemblea lo consentano, il CDA può delegare le proprie funzioni (salvo alcune rilevanti eccezioni ai sensi del 2381 c.4 cod.civ.) ad un comitato esecutivo e/o ad uno o più amministratori delegati.
Collegio sindacale
Il collegio sindacale è l'organo di controllo della Spa nel modello tradizionale; esso è eletto dall'assemblea ordinaria e resta in carica tre esercizi, restando comunque rieleggibile anche successivamente. I doveri sono la vigilanza sul rispetto della legge e dello statuto, sui "principi di corretta amministrazione" e sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società. I membri del consiglio (3 o 5) sono eletti dall'Assemblea, non sono revocabili se non per giusta causa e con decreto del Tribunale, e devono soddisfare importanti requisiti di onorabilità. Nelle società che non fanno ricorso al mercato di rischio e che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, qualora lo statuto lo preveda, il collegio sindacale può essere altresì investito del controllo contabile. In tal caso tutti i sindaci debbono essere iscritti nel registro dei revisori contabili.
4.6.3 Conoscere il concetto di Valore Nominale di un’azione
Il termine azione indica sia le quote ideali in cui è suddiviso il capitale sociale della spa, sia i titoli nominativi che le rappresentano e che conferiscono al legittimo possessore la titolarità di una quota di comproprietà del patrimonio sociale.
Il valore nominale di un’azione corrisponde a una frazione del capitale sociale e può essere indicato o meno nello statuto della società.
Se indicato varrà la relazione:
Capitale sociale = valore nominale unitario X N° delle azioni in circolazione
Se lo statuto non determina il valore nominale, per cui le azioni sono prive di valore nominale, la partecipazione del socio al capitale sociale è espressa dal rapporto percentuale tra il numero delle azioni da lui possedute e il totale delle azioni emesse dalla società.
4.6.4 Conoscere il concetto di Azioni Quotate in Borsa
Le azioni che la società destina al mercato borsistico, oggi giorno subiscono variazioni nel loro valore a seguito delle trattative che si verificano a Piazza Affari. Il prezzo che si forma giornalmente sul mercato in seguito alle operazioni di compravendita che vi vengono stipulate prende il nome di valore corrente.
Tale valore, pur risentendo della situazione patrimoniale ed economica della società, è influenzato in modo determinante dall’andamento della domanda e dell’offerta relative al titolo considerato.
4.6.5 Conoscere il concetto di Dividendo
Ogni azione attribuisce il diritto a una parte proporzionale degli utili. Tale parte dell’utile spettante a ogni azione prende il nome di dividendo.
4.7 SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI (SAPA)
4.7.1 Conoscere le caratteristiche principali, i vantaggi e gli svantaggi di una SAPA
È una società di capitali dotata di personalità giuridica; S.p.a. e s.a.p.a. sono accomunate dalla suddivisione del capitale in azioni, ma diversificate dalla dall’esistenza di due categorie di soci:
gli accomandatari, amministratori di diritto, rispondono solidalmente ed illimitatamente (in via sussidiaria: i creditori sociali possono agire nei confronti degli accomandatari solo dopo l'escussione infruttuosa del capitale sociale) delle obbligazioni sociali. In caso di violazione dei loro obblighi devono risarcire i danni alla società, creditori sociali e ai soci eventualmente danneggiati;
gli accomandanti, i quali rispondono nei limiti del conferimento e non possono amministrare la società.
Nella s.a.p.a la qualità di socio accomandatario e di amministratore non sono separabili mentre nella s.a.s. il socio accomandatario non è necessariamente amministratore; nella s.a.s. risponde solidalmente ed illimitatamente con gli accomandatari per le obbligazioni sociali, ma non è di diritto amministratore (le posizioni sono separabili). Nettamente diversa la responsabilità del socio accomandatario della s.a.p.a. che risponde per il periodo in cui mantiene l’ufficio di amministratore.
Alla s.a.p.a. si applicano le norme relative alla s.p.a. (costituzione, conferimento ecc.), ma in più:
La connessione tra la qualità di socio accomandatario e quella di amministratore rappresenta il pregio ed il limite di questa società:
4.8 SOCIETA’ COOPERATIVA
4.8.1 Conoscere le caratteristiche principali, i vantaggi e gli svantaggi di una società cooperativa
Le cooperative sono società a capitale variabile (in quanto il loro capitalenon è determinato in un importo stabilito, ma può aumentare o diminuire per l’ingresso o il recesso di soci senza che ciò rappresenti una modificazione dell’atto costitutivo) aventi uno scopo mutualistico, che consiste nell’offrire ai soci la possibilità di acquisire beni o servizi oppure occasioni di lavoro a condizioni più favorevoli di quelle che essi otterrebbero dal mercato.
Infatti queste società non si ripropongono uno scopo di lucro, come invece accade nelle società lucrative fin qui prese in considerazione, ma puntano a realizzare obiettivi concernenti il consumo di beni o di servizi, oppure lo svolgimento di attività produttive, nell’interesse dei soci, i quali con l’attività svolta in comune conseguono a seconda dei casi:
Accanto alle cooperative che instaurano rapporti di vendita, di lavoro, ecc solo con i soci, esistono anche cooperative che operano sia con i soci sia sul mercato. In questo caso, la cooperativa può far pagare anche ai suoi soci il prezzo pieno di mercato, salvo restituire periodicamente la differenza tra il prezzo da essi pagato e il prezzo di costo.
Le società cooperative sono soggette alla vigilanza governativa prevista dal Codice Civile e dalle norme speciali in materia di cooperazione.
Le società cooperative si distinguono in:
Solo le prime godono di particolari agevolazioni fiscali;
Caratteristica propria della cooperativa è pure il principio di parità tra i soci (democrazia economica).
Ulteriori caratteristiche fondamentali sono:
- il principio cosiddetto della porta aperta (non è necessario modificare l'atto costitutivo a seguito dell'ammissione di nuovi soci: art. 2524);
- il capitale variabile della società cooperativa (art. 2511).
La partecipazione dei soci cooperatori al capitale sociale può essere rappresentata da quote (se si adotta la struttura di s.r.l.) o azioni (se viene adottata la struttura di società per azioni).
Il Codice Civile riconoscendo la variabilità del capitale come un elemento peculiare delle società cooperative, non stabilisce un valore minimo da sottoscrivere, ma stabilisce quale debba essere il valore minimo della quota pro capite € 25,00. Nelle società per azioni, il valore dell'azione non può essere superiore a € 500.
Le cooperative sono regolate dalle norme specifiche presenti nel Codice civile, dall'articolo 2511 all'art. 2548, e, in quanto compatibili, dalle disposizioni sulla società per azioni (art. 2519 primo comma).
Per le cooperative costituite da meno di 9 soci è obbligatoria (art. 2522, secondo comma) l'applicazione delle norme sulle s.r.l. (e possono essere costituite esclusivamente da persone fisiche, non da persone giuridiche).
Le norme sulla società a responsabilità limitata possono essere applicate anche nel caso in cui si verifichi una delle seguenti condizioni (e l'atto costitutivo preveda espressamente l'applicazione di tali norme):
- numero dei soci inferiore a venti,
- attivo patrimoniale inferiore a un milione di euro.
Le società cooperative godono di autonomia patrimoniale perfetta. L'art. 2518 dispone infatti che nelle società cooperative per le obbligazioni risponde soltanto la società con il suo patrimonio.
Tipologie di cooperative
A seconda della natura dei soci e delle finalità che gli stessi intendono perseguire possiamo avere:
una Cooperativa di consumo: l'obiettivo è di acquistare e rivendere beni di qualità a prezzi vantaggiosi ai propri soci-consumatori;
una Cooperativa di produzione e lavoro: lo scopo consiste nel procurare lavoro alle migliori condizioni possibili per i propri soci-lavoratori;
una Cooperativa sociale: si tratta di cooperative di lavoro per la gestione di servizi socio sanitari ed educativi o finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate;
una Cooperativa di abitanti o Cooperativa edilizia: finalizzata alla costruzione di alloggi per i propri soci in un rapporto corretto tra qualità e prezzo;
una Cooperativa agricola o della pesca: si tratta di cooperative per coltivazione, trasformazione, conservazione, distribuzione di prodotti agricoli o zootecnici oppure finalizzate all'esercizio in comune della pesca o di attività ad essa inerenti.
4.9 JOINT VENTURE
4.9.1 Conoscere la joint venture
Una joint venture è un accordo di collaborazione con cui due o più imprese (mantenendo la propria indipendenza giuridica) decidono di collaborare per la realizzazione di un progetto di natura industriale o commerciale e che vede l'utilizzo sinergico delle risorse portate dalle singole imprese partecipanti ma anche un’equa suddivisione dei rischi legati all’investimento.
In una joint venture possono esserci due tipi di accordi: contrattuale e societario.
4.10 RAPPORTI DELLA SOCIETA’ CON I TERZI
4.10.1 Conoscere i criteri fondamentali del contratto di compravendita
E’ il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una merce o di un diritto verso il corrispettivo di un prezzo.
Esso si svolge attraverso tre fasi:
La fase della trattativa è quella in cui le parti interessate entrano in contatto formulando entrambi la propria proposta.
Tale proposta può essere formulata sia dal venditore che spesso per far conoscere i propri prodotti si avvale di pubblicità o invia cataloghi, listino prezzi, condizioni di vendita ecc., oppure può essere formulata dal compratore e può essere sia scritta che verbale. Una volta che un contraente ha formulato la proposta e l’altra parte accetta, il contratto si ritiene concluso e quindi si può passare alla stipulazione di esso; oppure si può arrivare all’accordo anche avanzando una controproposta ad una proposta iniziale ricevuta:
La stipulazione del contratto quindi si ha nel momento in cui chi ha fatto la proposta o la controproposta ha ricevuto l’accettazione dell’altra parte.
La stipulazione del contratto può avvenire sia in forma scritta che verbale.
Infine si ha l’esecuzione del contratto, che è la fase in cui il compratore e il venditore devono onorare gli impegni assunti con la stipulazione del contratto.
Dal punto di vista giuridico la compravendita è un contratto:
Gli obblighi del venditore
Con la stipulazione del contratto, il venditore si assume i seguenti obblighi:
Gli obblighi del compratore
Gli obblighi del compratore sono invece:
Quando una delle parti non assolve in tutto o in parte agli obblighi assunti si verifica il mancato o irregolare adempimento del contratto.
Il mancato adempimento del contratto si verifica quando il venditore non consegna la merce nel luogo e nei tempi stabiliti o quando il compratore non ritira la merce o non provvede al pagamento del prezzo. In tali casi la parte adempiente può chiedere:
L’adempimento irregolare si verifica invece quando una delle parti o entrambe non rispettano totalmente alcune condizioni di importanza non essenziale ai fini della regolarità del contratto. In tal caso la parte danneggiata può chiedere il risarcimento dei danni subiti.
4.10.3.4.5 Conoscere il concetto di Rappresentanza, di mandato, di Procura
Il mandato è il contratto col quale una parte (mandatario)si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra (mandante).
Il mandato può essere con rappresentanza: quando il mandante conferisce al mandatario una procura.
La procura è un negozio giuridico unilaterale, diretto ai terzi, con il quale un soggetto conferisce a un altro il potere di rappresentanza.
In questo caso il mandatario agisce non solo per conto – cioè nell’interesse – ma anche a nome del mandante, ossia dichiara che non compie l’atto per sé ma per costui, con la conseguenza che gli effetti giuridici della sua attività ricadono entro la sfera giuridica del mandante medesimo: questi soltanto acquista i diritti e assume le obbligazioni nascenti dagli atti compiuti dal mandatario.
Per esempio, nella conclusione di affari gli effetti dei contratti conclusi dal rappresentante ricadono non su colui che ha firmato gli accordi negoziali ma sul mandante, cioè il rappresentato.
Si ha invece il mandato senza rappresentanza, quando al mandatario non viene conferita procura; in questo caso il mandatario agisce per conto del mandante, ma in nome proprio e, per conseguenza, è lui che acquista i diritti e assume le obbligazioni nascenti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato.
Il mandatario è poi obbligato, in forza del mandato, a trasmettere al mandante, con successivo negozio, i diritti acquistati in nome proprio ma per conto di lui.
Per esempio, nel caso di acquisto di beni immobili (terreni, fabbricati) o di beni mobili registrati (automobili), il mandatario li acquista in nome proprio e ne diventa proprietario; successivamente egli ha l’obbligo di ritrasferirli al mandante.
La procura, come il mandato (con o senza rappresentanza) può essere:
generale, quando si estende a tutti gli affari del mandante; in questo caso non comprende gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, se non sono indicati espressamente;
speciale, quando riguarda soltanto un affare o una determinata specie di affari.
4.11 GRUPPI DI IMPRESE
4.11.1 Conoscere il concetto di gruppi di imprese
La crescita delle dimensioni aziendali, che caratterizza i moderni complessi industriali e commerciali chiamati ad affrontare una competizione sempre più accesa, sia a livello nazionale sia in campo internazionale, sia attua principalmente con la costituzione di gruppi aziendali, cioè di aggregazioni di imprese realizzate con l’instaurazione di rapporti di partecipazione fra società operanti in uno stesso settore o in settori diversi.
Un gruppo aziendale si forma quando una società ne controlla una o più altre mediante il possesso duraturo di una quota significativa di capitale di queste ultime.
Ad esempio, se la società Alfa detiene il 100% del capitale della società Beta, il 60% del capitale della società Gamma e il 35% del capitale della società Delta, si viene a configurare un gruppo aziendale controllato dalla società Alfa.
La società controllante, nel nostro caso, la società Alfa, si dice capogruppo o holding: essa si colloca al vertice del gruppo e il suo soggetto economico ha, di fatto, il potere decisionale e di controllo su tutte le società partecipate le quali, però, mantengono la loro autonomia giuridica
Quindi
Un gruppo aziendale è costituito dall’aggregazione di più società le quali – pur conservando la loro individualità giuridica – sono gestite secondo una logica superaziendale da un unico soggetto economico.
Nell’ambito del gruppo, oltre alla holding, si distinguono:
le società controllate, sulle quali si esercita l’influenza dominante della capogruppo, che possiede la totalità o la maggioranza delle azioni della controllata;
le società collegate, sulle quali la capogruppo esercita una notevole influenza;
le subholding o sottocapogruppo, le quali sono aziende che, controllate direttamente da una holding, controllano a loro volta altre imprese.
I legami partecipativi che si instaurano tra le società di un gruppo aziendale, si caratterizzano per:
l’entità delle azioni o quote possedute dalla controllante;
le modalità secondo le quali si strutturano le relazioni fra le società del gruppo.
Con riferimento all’entità delle azioni o delle quote possedute dalla controllante, la partecipazione in un’altra società può essere:
totalitaria, quando ha per oggetto l’intero capitale sociale della controllata;
maggioritaria, quando riguarda una quota superiore al 50% del capitale sociale della controllata;
minoritaria, quando rappresenta meno del 50% del capitale sociale della partecipata.
In riferimento alle modalità secondo secondo cui si dispongono i rapporti tra le società del gruppo, le partecipazioni possono essere:
dirette, quando la holding detiene in proprio le azioni o le quote delle società partecipate, che sono normalmente iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie del suo bilancio nelle voci Partecipazioni in imprese controllate e Partecipazioni in imprese collegate;
indirette o a cascate, quando la capogruppo controlla direttamente una società, la quale – a sua volta – ne controlla una o più altre; in tal caso se la holding controlla A che a sua volta controlla B, la holding indirettamente controlla anche B;
reciproche o incrociate, quando una società controllata possiede una partecipazione nel capitale della controllante
4.11.2 Conoscere il concetto di Cartello
E’ un accordo tra più produttori indipendenti di un bene o un servizio per porre in esse delle misure che tendono a limitare la concorrenza sul proprio mercato, impegnandosi a fissarne alcuni parametri quali le condizioni di vendita, il livello dei prezzi, l'entità della produzione, le zone di distribuzione, ecc. Si tratta generalmente di accordi temporanei, in quanto la convenienza economica di ciascuno dei partecipanti, che restano entità giuridicamente indipendenti, è continuamente soggetta a revisione, e persiste un forte incentivo alla 'rottura' del cartello soprattutto da parte delle aziende più efficienti sul mercato.
D'altra parte, la teoria microeconomica mostra l'interesse a colludere e che le imprese che si accordano sul prezzo ottengono tutte un profitto maggiore di quello che avrebbero facendosi concorrenza.
4.12 TRASFORMAZIONE, FUSIONE E SCISSIONE DELLE SOCIETA’
4.12.1 Conoscere il concetto di trasformazione
Si parla di trasformazione di società quando una società di un determinato tipo assume – senza che ne abbia luogo lo scioglimento – la forma di una società di altro tipo.
Esempio: una srl si trasforma in una spa oppure una snc si trasforma in una srl ecc.
Con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione.
Pur essendo possibili trasformazioni di società in qualsiasi senso, è opportuno precisare che, se è ammissibile in linea di massima la trasformazione di una società lucrativa in una mutualistica, non è vero il contrario, per effetto dell’art.14, legge 17 febbraio 1971 n. 127, che vieta la trasformazione delle società cooperative in società ordinarie
4.12.2 Conoscere il concetto di fusione
Si ha la fusione di società quando più società si riuniscono in una sola. Scopo pratico della fusione è la formazione di un nuovo organismo economico, che risulterà naturalmente di dimensioni maggiori di quelli che in esso si fondono
Si hanno due forme di fusione:
4.12.3 Conoscere il concetto di scissione
Si ha la scissione quando una società si divide in più società. Rappresenta un mutamento di organizzazione societaria inverso alla fusione, che può attuarsi in varie forme:
Da quanto detto, risulta che sia nel caso della scissione totale sia in quello della scissione parziale sono previste due ipotesi, che danno luogo a un’altra distinzione, cioè
4.13 L’INSOLVENZA
4.13.1 Conoscere il concetto di insolvenza
Consiste in uno stato di squilibrio economico (gravi e ripetute perdite nell’esercizio dell’impresa) per effetto del quale il debitore non è più in gradi di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, ossia di effettuare i pagamenti alle scadenze e con i mezzi normali tratti dall’esercizio ordinario dell’impresa. Si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, quali la fuga o la latitanza dell’imprenditore, la chiusura dei locali dell’impresa, il trafugamento dell’attivo ecc.
4.13.2 Conoscere il concetto di fallimento
E’ una procedura concorsuale di esecuzione forzata sul patrimonio dell’imprenditore commerciale in stato di insolvenza, mediante la quale si provvede, sotto la direzione dell’autorità giudiziaria, a liquidare tutte le attività e a distribuire il ricavato ai creditori.
4.14 L’IMPOSTA SUL REDDITO D’IMPRESA
4.14.1 Conoscere i fondamenti della riforma; dall’Irpeg all’Ires
L'IRES, acronimo di Imposta sul reddito delle società è una imposta proporzionale con aliquota del 33% (27,5% per i periodi d'imposta che iniziano dall'1/1/2008 - Art. 1, comma 33, lettera e) della Legge 24 dicembre 2007, n° 244), avente come oggetto il reddito percepito da:
È stata istituita con il d.lgs 344/2003, con la contestuale soppressione dell'IRPEG. Il legislatore ha voluto modernizzare il regime fiscale dei capitali e delle imprese facendo riferimento al modello prevalente nei paesi dell'Unione Europea.
4.14.2 Conoscere il concetto di imposta sul reddito
E’ un’imposta che grava sui redditi delle persone fisiche (Irpef) e delle società (Ires)
4.14.3 Conoscere il presupposto di imposta ed i soggetti passivi
Presupposto dell’Irpef è il possesso di redditi, in denaro o in natura, da parte di una persona fisica. Il criterio per l’applicabilità dell’imposta non è dunque la natura o la fonte del reddito, ma la sua imputabilità a una persona fisica.
Soggetti passivi dell’Irpef sono: le persone fisiche che hanno capacità contributiva. L’Irpef è un’imposta:
personale: perché nel colpire il reddito delle persone fisiche si adegua alla loro capacità contributiva prendendo in considerazione altresì la loro situazione personale e familiare;
generale: perché si applica a tutte le persone che hanno capacità contributiva con riguardo a tutti i tipi di reddito posseduti;
progressiva: perché opera una discriminazione quantitativa dei redditi assoggettandoli ad aliquote più elevate se maggiore è il loro ammontare: attua in tal modo una redistribuzione personale e sociale della ricchezza.
L’Ires è un’imposta proporzionale che grava sul reddito complessivo netto delle società, degli enti e delle associazioni e organizzazioni non soggette ad Irpef. Costituisce il parallelo dell’Irpef, poiché anch’essa colpisce unitariamente tutti i redditi del soggetto passivo, indipendentemente dalla loro natura e fonte.
Come per l’Irpef, il suo presupposto è il possesso di redditi in denaro o in natura.
I soggetti passivi dell’Ires sono:
Fonte: http://www.istitutolabor.eu/dispensa%20ebcl.doc
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