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LA STRUTTURA. Il biCameralismo: problemi attuali e proposte di riforma
Il Parlamento Repubblicano si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Le ragioni che hanno spinto i costituenti ad adottare un modello di biCameralismo sono riconoscibili non solo al peso della tradizione prefascista e la diffidenza verso formule che richiamassero troppo da vicino le istituzioni corporative del regime, ma anche l'incertezza sui successivi sviluppi delle vicende politiche italiane e sugli equilibri che si sarebbero stabiliti tra le diverse forze destinate a confrontarsi nel nuovo Parlamento Repubblicano.
Le scelte della Costituzione hanno portato all’adozione di un bicameralismo uguale, paritario e indifferenziato, in virtù del quale i rami del parlamento esercitano gli stessi potei e gli atti parlamentari sono il frutto del necessario accordo delle due camere; in questo sistema, alla istituzione di una seconda camera è al più da riconoscersi una funzione di decantazione delle decisioni assunte dall’altro organo parlamentare. Le uniche differenze fra le due camere attengono al numero dei membri: 630 sono i deputati e 315 i Senatori, oltre ai Senatori a vita.
Nell’art.57 cost. si prevede un’elezione del Senato “a base regionale”. Durata 5 anni per la Camera dei Deputati, 6 anni per il Senato. Ma questa differenza è venuta meno con l’approvazione della legge Cost. 3/1963, la quale ha portato a 5 anni la durata in carica del Senato. Le più recenti proposte di riforma si sono mosse nella direzione della differenziazione del tipo di rappresentanza espressa dalle due Camere, nel senso di fare della Camera dei Deputati la sede di rappresentanza generale e del Senato la sede di rappresentanza delle autonomie regionali e locali, con conseguenti diversi poteri dell’una e dell’altra Camera.
I regolamenti parlamentari come fonti integrative – attuative del dettato costituzionale
Secondo quanto disposto dall'articolo 64 della costituzione, "ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta". I regolamenti parlamentari non hanno un contenuto meramente organizzatorio, ma toccano nel vivo il rapporto tra le forze politiche rappresentate in Parlamento. Le novità: L’accentuazione dei poteri di indirizzo e controllo delle due assemblee elettive, ma anche dei loro principali organi interni, le commissioni, cui viene riconosciuto il potere di votare risoluzioni che impegnano il Governo ad assumere determinati comportamenti; l’arricchimento dei poteri di informazione del parlamento; il riconoscimento di uno “Statuto”delle opposizioni particolarmente attento ad assicurarne il coinvolgimento in tutta una serie di decisioni fondamentali nella vita delle Camere. Tra le modifiche regolamentari più recenti, troviamo l'abolizione, salvo che in pochi casi, del voto segreto (allo scopo di evitare il fenomeno dei cosiddetti "franchi tiratori", di coloro cioè che, approfittando della segretezza, votano in senso difforme dalla linea decisa del gruppo parlamentare di appartenenza); l'arricchimento dei poteri del Governo in Parlamento.
La riconduzione del ruolo della opposizione a quello, più tradizionale, di soggetto politico chiamato a contrastare e a condizionare l’operato della maggioranza, ma non a contrattare con essa il contenuto delle decisioni da assumere. L'approvazione del programma (relativo ad un periodo da due a tre mesi) e del calendario (di durata trisettimanale) spetta sempre alla conferenza dei capigruppo, non più all'unanimità, bensì col consenso dei presidenti dei gruppi, la cui consistenza sia complessivamente pari ad almeno tre quarti dei componenti della Camera. In caso di mancato raggiungimento della maggioranza richiesta, il programma il calendario sono predisposti dal Presidente dell'assemblea, sempre nel rispetto delle riserve di tempo disposte a favore dei gruppi di opposizione. La riforma regolamentare si occupa di rilevanti profili della decisione legislativa attinenti al miglioramento della qualità della legge (di cui è chiamato ad occuparsi un apposito comitato per la legislazione, a composizione paritaria tra rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione). Nel febbraio 1999 anche il Senato ha proceduto a una riforma regolamentare che punta a risolvere in modo equilibrato il rapporto tra esigenze della maggioranza e esigenze delle opposizioni, cominciando a prefigurare uno statuto delle opposizioni.
I regolamenti parlamentari sono stati tradizionalmente ritenuti sottratti ogni forma di controllo esterno. La natura della "riserva di regolamento" disposta dall'articolo 64 della costituzione è da intendersi come esclusiva, non solo nel senso di escludere ogni altra fonte normativa dalla disciplina della materia, ma anche nel senso di escludere ogni altra forma di controllo diverso da quello che le stesse camere possono esercitare sui propri regolamenti.
L’organizzazione interna delle Camere: Presidente e Ufficio di presidenza
I primi compiti a cui sono chiamate le due camere sono l'elezione tra i propri membri del Presidente e dei componenti dell'ufficio di presidenza. L'elezione del Presidente avviene a voto segreto ed è richiesta, nei primi due scrutini, una maggioranza qualificata (due terzi dei componenti per la Camera e la maggioranza assoluta al Senato, passando poi per la maggioranza assoluta la Camera e la maggioranza semplice al Senato). Le principali funzioni del Presidente sono la programmazione dei lavori parlamentari e la definizione del relativo calendario, dirigere la discussione e garantire il rispetto del regolamento, assicurare il mantenimento dell'ordine all'interno della Camera, applicare le sanzioni previste dalle norme regolamentari nei confronti dei parlamentari che abbiano commesso infrazioni disciplinari. Il Presidente è coadiuvato dall'ufficio di presidenza, anch'esso eletto dall'assemblea tra i suoi membri, secondo regole che garantiscono la rappresentanza delle minoranze, e composto dai vicepresidenti, dai questori e dai segretari.
I gruppi parlamentari
I gruppi parlamentari rappresentano la proiezione dei partiti o movimenti politici all'interno delle camere. La soglia minima di rappresentanza affinché si possa dar vita un gruppo è 20 deputati e 10 Senatori. Tuttavia l'ufficio di presidenza può autorizzare la costituzione di gruppi più ristretti. L'adesione a un gruppo è obbligatoria e non facoltativa, tant'è che coloro che non manifestano nessuna scelta entrano a far parte di un unico gruppo misto. All'interno del gruppo vengono definite le linee di condotta da tenere nel corso delle discussioni che si tengono in Parlamento. Ha assunto negli ultimi tempi una consistenza particolarmente rilevante il fenomeno del passaggio di parlamentari da un gruppo a un altro. In certi casi si è trattato della conseguenza della nascita di nuovi gruppi, in altri si è trattato di scelte individuali di singoli parlamentari.
Le giunte
Le camere si articolano, al loro interno, in alcune strutture permanenti più ristrette, composte in proporzione alla consistenza dei diversi gruppi parlamentari: le giunte e le commissioni. Le giunte prendono nome in base alle funzioni che sono state loro deferite: la giunta per il regolamento (per proporre modifiche regolamentari), la giunta delle elezioni (controlla la regolarità delle operazioni elettorali) e l’inesistenza di cause di incompatibilità o di ineleggibilità a carico dei membri del Parlamento neo-eletti, la giunta per le autorizzazioni a procedere (esamina le richieste di sottoposizione a misura limitativa delle libertà personali dei membri del Parlamento) alla Camera; per il Senato troviamo la giunta per il regolamento, la giunta delle elezioni, delle immunità parlamentari.
Le commissioni parlamentari
Le commissioni parlamentari sono articolazioni interne stabili delle due camere. Oltre le commissioni permanenti, esistono commissioni temporanee, che vengono costituite per lo svolgimento di compiti specifici e durano in carica solo per il tempo necessario tra l'adempimento. Le commissioni permanenti hanno invece la stessa durata della Camera. Esistono le commissioni monoCamerali e le commissioni biCamerali, composta da un ugual numero di deputati e Senatori, che svolgono funzioni di vigilanza di indirizzo, di vigilanza e controllo e consultive. Il frequente ricorso alla istituzione di commissioni miste ha rappresentato uno dei tentativi volti ad ovviare alle disfunzioni insite nel nostro modello biCamerale. Anche per questo tipo di commissione vale la regola della proporzionalità: essa si applica calcolando globalmente il numero dei membri spettanti a ciascun gruppo parlamentare e poi suddividendo tale numero, in parti uguali, tra deputati e senatori dello stesso gruppo. Nella composizione delle commissioni biCamerali si prevede, a volte, la presenza di membri esterni al Parlamento; in questo caso esse non operano presso le Camere, ma presso il Governo.
I lavori delle commissioni biCamerali sono disciplinate dalle norme del regolamento della Camera presso la quale la commissione ha sede.
Gli apparati burocratici delle Camere
Alla burocrazia parlamentare sono stati attribuiti compiti sempre più rilevanti; la natura di questi compiti richiede non solo una notevole preparazione culturale, ma anche doti indispensabili di equilibrio e imparzialità. Organo di raccordo tra la componente politica e la componente burocratica della Camera è il segretario generale, il quale viene nominato dall'ufficio di presidenza, su proposta del Presidente, e dura in carica, di norma, fino al raggiungimento dell'età pensionabile. Camera e Senato si avvalgono di due apparati burocratici, completamente distinti l'uno dall'altro.
L’autonomia finanziaria e contabile delle Camere; l’immunità della sede; la giustizia domestica
Le due camere del Parlamento godono di un'autonomia finanziaria e contabile, nel senso che decidono autonomamente l'ammontare delle risorse necessarie allo svolgimento delle loro funzioni. Alla tradizione statutaria si ricollega anche la cosiddetta immunità della sede, che consiste nella riserva alle camere del potere di decidere chi ammettere e chi non ammettere all'interno degli edifici in cui si svolgono le attività parlamentari, il mantenimento dell’ordine all’interno di ciascuna camera è compito affidato ai rispettivi presidenti, i quali si avvalgono del personale delle Camere e anche di un reparto militare posto alle loro direttive dipendenze. Le controversie relative allo stato giuridico ed economico dei dipendenti delle camere sono sottratte al giudice comune e sono invece riservate a organi interni alle stesse. Si tratta della cosiddetta giustizia domestica (o autodichia).
Lo “status” di membro del Parlamento
Le garanzie che secondo l'articolo 68 della costituzione devono essere attribuite ai parlamentari sono il principio dell'insindacabilità dei voti dati e delle opinioni espresse dai parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni, che tuttavia non copre la responsabilità politica del parlamentare nei confronti del proprio gruppo; nel nuovo testo dell'articolo 68 scompare il principio dell'improcedibilità contro il parlamentare, senza la previa autorizzazione a procedere.
L’art.68, nel testo originario, prevedeva, in secondo luogo, le guarentigie dell’improcedibilità e dell’inviolabilità dei membri del Parlamento,ossia la loro non sottoponibilità a procedimento penale, né all’arresto, né ad alcuna misura restrittiva della libertà personale, da parte della autorità giudiziaria, senza una previa autorizzazione a procedere della Camera di appartenenza. L’unica eccezione era rappresentata dall’ipotesi in cui il Parlamento fosse colto in fragranza di reato, nell’atto stesso cioè di compromettere un fatto criminoso di particolare gravità per il quale la legge preveda come obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura.
Nel nuovo testo dell’art. 68 rimane l’istituto dell’insindacabilità dei voti e delle opzioni espresse, ma scompare quello dell’improcedibilità contro il parlamentare, senza la previa autorizzazione a procedere. Quest’ultima resta obbligatoria solo per sottoporre il parlamentare ad una misura limitativa della libertà personale o domiciliare, nonché per la sottoposizione del parlamentare a limitazioni della libertà a segretezza di corrispondenza e comunicazione.
La stessa legge 140 conteneva alcune disposizioni volti ad introdurre per le cinque più alte cariche dello Stato una particolare guarentigia. Tali disposizioni sono state sottoposte al giudizio della Corte Costituzionale, perché ritenute lesive del principio di uguaglianza, introducendo una guarentigia che non trova alcun espresso fondamento nelle norme costituzionali che disciplinano lo Status delle suddette alte cariche dello stato. La Corte ha dichiarato incostituzionali le disposizioni.
Il procedimento di concessione o diniego dell’autorizzazione a sottoporre un parlamentare a procedimento penale, ovvero a provvedimenti coercitivi della libertà personale o domiciliare, prevede l’esame della questione da parte dell’apposita giunta e quindi una decisione dell’assemblea. L'articolo 69 garantisce ai parlamentari un'indennità, il cui importo è stabilito da apposita legge; è assicurato un trattamento previdenziale, secondo le norme dettate da uno specifico regolamento interno.
I parlamentari sono tenuti a fornire all'ufficio di presidenza della Camera di appartenenza ogni informazione relativa alla loro situazione patrimoniale, compresa la denuncia dei redditi, nonché una dichiarazione circa le spese sostenute per la propria campagna elettorale. La perdita dello "status" di membro del Parlamento può avvenire o per decisione dell'assemblea o per dimissioni, che vengono inizialmente respinte dall'assemblea e successivamente accolte se riproposte.
I principi che guidano il funzionamento delle Camere
La durata in carica delle camere è oggi per entrambi i rami del Parlamento di cinque anni. Nel periodo di tempo necessario all'insediamento delle nuove camere, a quelle scadute vengono prorogati i propri poteri, ma non possono tuttavia eleggere il Presidente della Repubblica a partire dai tre mesi che precedono il loro scioglimento. L’unico limite esplicito o contenuto in Cost. ai poteri delle camere “prorogatio” è quello previsto dall’art. 85.3 Cost.,relativo al divieto di procedere all’elezione del Presidente della Repubblica, a partire dai 3 mesi che precedono il loro scioglimento. I poteri delle Camere “in prorogatio” non possono eccedere la ordinaria amministrazione. La difficoltà di definire con precisione l’area degli atti parlamentari rientranti nella nozione di “ ordinaria amministrazione” e l’esistenza di atti che difficilmente potrebbero ritenersi preclusi alla Camere in “prorogatio”. Anche le commissioni parlamentari permanenti rimangono attive per l'esercizio delle funzioni referenti consultive, ma non decisionali. La fine della legislatura provoca la decadenza di tutti i disegni di legge all'esame del Parlamento.
La “prorogatio” dei poteri delle vecchie camere non significa proroga della loro durata in carica, la quale è invece espressamente esclusa, salvo il caso di stato di guerra, ma sta a significare che al fine di assicurare la continuità dell’organo parlamentare, si potrà avere solo una proroga dei suoi poteri e solo per il periodo di tempo intercorrente tra l’ultima riunione delle vecchie Camere e la prima riunione della Camere neo-elette. Un periodo che non può essere superiore ai 60 giorni cui si aggiungono i 20 giorni (al massimo) che possono intercorrere tra le elezioni e la prima riunione delle nuove Camere.
L'avvio della legislatura si ha con lo svolgimento della prima riunione del Parlamento fissata dal Presidente della Repubblica entro venti giorni dall'elezione. Per la validità delle sedute, l'articolo 64.3 della costituzione fissa il numero legale nella metà più uno degli appartenenti all'organo, che si presume esistente salvo verifica. Per ciò che attiene al quorum per le deliberazioni Camera e Senato procedono al computo degli astenuti secondo criteri diversi; posto che se gli astenuti non vengono considerati votanti, si determina un abbassamento del quorum di maggioranza richiesto, il quale viceversa risulta più elevato nel caso opposto. La prima soluzione è quella accolta dal regolamento della Camera, mentre l’altra dal regolamento del Senato. La prima soluzione, che favorisce ovviamente la maggioranza, finisce per considerare no “presenti” gli astenuti, come se non partecipassero al voto. Le modalità attraverso le quali il voto si esprime possono essere diretti a tutelare l'anonimato del votante (voto segreto) ovvero a evidenziare di fronte agli elettori il collegamento tra votante e voto espresso (voto palese). L'unica ipotesi di obbligo di voto segreto è per la votazione su persone. Le sedute dell'assemblea devono essere di regola pubbliche.
LE FUNZIONI. La funzione legislativa: in generale
Con la Costituzione repubblicana, il Parlamento ha perso il monopolio del potere legislativo. Un sistema policentrico nel quale il potere legislativo viene ripartito tra diversi livelli di Governo secondo principi dettati dalla Costituzione.
In regime di Costituzione flessibile, la legge si poneva al vertice della scala gerarchica, senza incontrare limiti di sorta-ora, la legge è un elemento fondamentale del sistema normativo, ma incontra limiti sia di ordine procedimentale, che di ordine contenutistico. I primi impongono alla legge di rispettare le disposizioni costituzionali, mentre i secondi presentano un profilo negativo che esclude che la legge ordinaria possa derogare alle norme costituzionali, e uno positivo che obbliga la legge ordinaria a disciplinare certe materie secondo precise indicazioni contenute nella costituzione. La costituzione impone che le leggi che disciplinano particolari settori possono essere adottate solo mediante procedimenti aggravati, come le leggi rinforzate.
Qualora il Parlamento intenda procedere ad una amnistia (provvedimento legislativo di carattere generale con cui lo stato rinuncia all'applicazione della pena) o ad un indulto (provvedimento generale di clemenza con il quale lo stato condona la pena principale a persone già condannate) si richiede un l'altissimo consenso parlamentare (pari ai due terzi dei voti dei deputati e dei Senatori). Per le norme internazionali, la costituzione opera una distinzione tra quelle di tipo consuetudinario (per cui la costituzione stabilisce un meccanismo di adattamento automatico del diritto interno), cui alcuni assimilano i principi uniformemente seguiti dagli stati, e quelle, assai più numerose, pattizie (che per entrare in vigore necessitano di un apposito intervento del legislatore nazionale), nascenti cioè da un apposito accordo internazionale tra due o più stati.
Il procedimento legislativo
Le fasi attraverso le quali si svolge il procedimento che porta all'entrata in vigore di una legge sono:
L'iniziativa legislativa dei comuni; art. 21.3 T.U. “l’iniziativa dei Comuni deve conseguire l’adesione della maggioranza dei Comuni dell’area interessata, che rappresentano, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell’area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati.
I tempi che scandiscono la procedura normale possono essere abbreviati (si parla di procedura normale abbreviata), quando, su richiesta del proponente, del Governo o del Presidente di commissione, venga dichiarata l’urgenza della proposta de legge in esame. In questo caso i tempi si riducono a metà. Oppure una procedura speciale (che affida alla commissione competente il vero e proprio potere di approvazione, passando dall'assemblea solo per il voto sui singoli articoli). Quando la proposta di legge ha superato tutte le fasi presso una Camera, viene trasmessa all'altra, la quale procede al suo esame, discussione e approvazione secondo le procedure che essa stessa intenderà adottare. Se la seconda Camera approva la legge nello stesso testo approvato dalla prima, la legge è trasmessa al Presidente della Repubblica per la promulgazione. Se viceversa la seconda Camera apporta delle modifiche al testo, la proposta torna la prima Camera e questo passaggio (la cosiddetta navette) continua fino a quando entrambe le camere non approvano lo stesso testo;
La legge come atto di indirizzo – controllo
La legge può rappresentare uno strumento di indirizzo-controllo del Parlamento nei confronti del Governo. Una prima ipotesi di questo tipo si verifica con la legge di approvazione del bilancio preventivo, un documento contabile nel quale vengono rappresentate le entrate e le uscite che, nell'anno finanziario successivo, lo Stato prevede rispettivamente di incassare e di spendere, sulla base della legislazione vigente. Viene predisposto dal ministro del Tesoro e approvato dal Consiglio dei Ministri e presentato alle camere per l'approvazione, che deve avvenire, con legge, entro il 31 dicembre di ogni anno. Questa materia è stato oggetto di importanti riforme, il cui scopo è stato quello di dare al bilancio dello Stato una maggiore flessibilità: gli atti essenziali attraverso i quali il Governo formula la manovra di bilancio e che sono sottoposte all'approvazione parlamentare sono il bilancio annuale (presentato entro il 30 giugno con la programmazione economico-finanziaria annuale), la redazione del bilancio preventivo annuale sia in termini di competenza che di cassa, con l’indicazione cioè dei flussi in entrata e in uscita che si ritiene si verifichino effettivamente e non solo di quelli rispetto ai quali sorgerà un titolo giuridico: per le entrate una parte le somme derivati da crediti che muteranno a favore dello Stato nel periodo considerato. Dall’altra le somme che verranno effettivamente incassate, nello stesso periodo, anche se il relativo titolo di credito è maturo in un periodo precedente. Per le uscite, verranno indicati non solo gli impieghi di spesa che si ritiene di assumere (competenza), ma anche le spese che si prevede di sostenere effettivamente, sulla base di impegni assunti anche in periodi precedenti a quello in cui il bilancio si riferisce (cassa). Il bilancio pluriennale (di durata non inferiore ai tre anni, nel quale si operano le previsioni, sia di entrate che di uscite, su un periodo più lungo) e la legge finanziaria (che consente di apportare alla legislazione di entrate e di spesa vigente quelle correzioni ritenute necessarie al perseguimento degli obiettivi di politica economica del Governo, che fissa inoltre il limite massimo dell'indebitamento pubblico), dato dall’ammontare dei debiti che lo Stato può assumere, indebitamento che è possibile data l’inesistenza per il bilancio dello Stato di un obbligo di pareggio. Infine, spetta alla legge finanziaria indicare i fondi speciali destinati alla copertura dei progetti di legge correlati al proseguimento degli obblighi contenuti nel documento di programmazione finanziaria.
Il ruolo del Parlamento investe anche il bilancio consuntivo che ogni anno il Governo è tenuto a presentare alle camere, anch'esso approvato con legge. È stata istituita un’apposita sessione di bilancio durante la quale le Camere non possono delibera e su altri disegni di legge, salvo quelli di conversione dei decreti legge, quelli legati alla manovra finanziaria del Governo e quelli urgenti legati all’indebitamento di obblighi internazionali o comunitari. Il Parlamento può esercitare il suo potere di emendamento. I presidenti delle commissioni competenti per materia e il presidente della commissione bilancio hanno il potere di dichiarare inammissibili gli emendamenti che attengono materie estranee all’oggetto proprio della legge finanziaria o bilancio,ovvero siano in contrasto con i criteri previsti dalla legislazione vigente per l’introduzione di nuove entrate o nuove spese. Tali emendamenti possono essere ripresentati in assemblea. La stessa natura di atto di indirizzo-controllo nei confronti del Governo si riscontra nella legge di autorizzazione alla ratifica (atto ufficiale che convalida a tutti gli effetti un trattato internazionale) dei trattati internazionali. L'ordine di esecuzione è un atto che ha un preciso contenuto normativo: esso consente che si verifichino sul piano dell'ordinamento giuridico interno tutte le modificazioni conseguenti al dispiegarsi degli effetti delle disposizioni contenute nel trattato. L’esigenza dell’approvazione di un apposito ordine di esecuzione si spiega con l’introduzione di tipo dualista diritto interno, diritto internazionale patrizio. Le due sfere giuridiche, concepite tra loro separate, possono entrare in contrasto e determinare l’una conseguenze giuridiche nei confronti dell’altra solo per il tramite di una apposita norma interna che consenta ciò.
Tale effetto può prodursi solo quando la norma internazionale sia redatta in modo sufficientemente puntuale e preciso da poter essere direttamente applicata dal giudice nazionale (quando cioè essa sia “self-executing”).
Procedimento di adattamento ordinario risulta obbligatorio quando il contenuto del trattato deve essere necessariamente articolato in più specifiche e puntuali prescrizioni normative. Come per l’ordine di esecuzione, anche le norme di adattamento ordinario assumeranno la forma richiesta dal tipo di modificazione o integrazione dell’ordinamento giuridico interno che con esse si intendono produrre.
La funzione di revisione costituzionale
La costituzione attribuisce Parlamento la funzione di revisione costituzionale, un procedimento la cui specialità attiene non solo il tipo di legge che ne rappresenta il risultato finale, ma anche le regole che ne scandiscono le varie fasi, le quali risultano molto diverse da quelle su cui si basa il procedimento che porta all'approvazione di una legge ordinaria. Il procedimento si compone di due fasi: una necessaria, che si svolge in sede parlamentare, e una eventuale, che vede il coinvolgimento del corpo elettorale.
Nel corso della prima fase, l'articolo 138 impone una doppia deliberazione da parte di ciascuna Camera a distanza non minore di tre mesi l'una dall'altra. Nella seconda deliberazione è richiesta la maggioranza assoluta. Qualora la maggioranza sia più elevata, il procedimento si arresta a questa prima fase e la legge costituzionale o di revisione costituzionale viene trasmessa al Presidente della Repubblica perché provveda alla sua promulgazione. Nell'ipotesi in cui, anche in un solo ramo del Parlamento, non venga raggiunta la maggioranza dei due terzi (ma solo quel assoluta), il testo legislativo può essere sottoposto a referendum. Alle specifiche regole direttamente previste dalla Cost., vanno aggiunte quelle contenute nei regolamenti parlamentari, le quali prevedono un esame incrociato della legge da parte delle due Camere e stabiliscono che le Camere procedano alla sola votazione finale, dopo la discussione delle linee generali della legge, senza quindi la possibilità di introdurre emendamenti. L'articolo 139 stabilisce che non può essere modificata, in alcuna maniera, la forma Repubblicana dello Stato, insieme ai cosiddetti "principi inviolabili".
La funzione di indirizzo e controllo sul Governo e sulla Pubblica Amministrazione
La funzione di indirizzo-controllo nei confronti dell'attività del Governo e, più in generale, della pubblica amministrazione che le camere hanno a disposizione ha il suo fondamento nell'elemento cardine della forma di Governo parlamentare e cioè nel rapporto di fiducia che lega Governo e Parlamento.
Il Parlamento in seduta comune
Per l'esercizio di determinate funzioni, la costituzione prevede che le camere si riuniscano in seduta congiunta, dando così vita al cosiddetto "Parlamento in seduta comune" esse presieduto dal Presidente della Camera dei deputati e si riunisce perso la sede della Camera. Le funzioni che esercita sono: 1. l'elezione del Presidente della Repubblica, 2. l'elezione di cinque giudici della corte costituzionale, 3. l'elezione di 8 membri del consiglio superiore della magistratura, 4. la nomina dei giudici aggregati alla corte costituzionale in sede penale, 5. la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica.
La votazione avviene a scrutinio segreto; la maggioranza richiesta è quella dei 2/3 dei componenti dell’organo, nei primi 3 scrutini, quella assoluta negli scrutini successivi. Appena eletto, il presidente giura fedeltà alla Repubblica dinanzi al Parlamento in seduta comune.
I RAPPORTI CON LE ALTRE ISTITUZIONI. I rapporti tra Parlamento e istituzioni comunitarie
Le norme comunitarie devono intendersi come "direttamente applicabili" e gli ordinamenti degli stati membri, nel senso che esse non necessitano di alcun intervento "attuativo" dei legislatori nazionali. L'intervento "attuativo" del Parlamento rimane necessario con riferimento a norme comunitarie che non siano direttamente applicabili (come in genere avviene nel caso delle direttive, ma, a volte, anche dei regolamenti): in questo caso si tratta di un intervento obbligato e non discrezionale. La legge comunitaria è una legge a cadenza annuale, con la quale il Parlamento provvede non solo alle modifiche dell'ordinamento interno imposta dalla normativa comunitaria e che richiedono il ricorso allo strumento legislativo, ma anche a fissare il quadro normativo di riferimento per tutti i soggetti coinvolti nel processo di attuazione delle norme comunitarie, come il Governo e le regioni.
La legge 11/2005 valorizza il ruolo del Parlamento sul piano della partecipazione alla formazione del diritto comunitario e quello della sua attuazione interna. La legge si preoccupa di rafforzare ed estendere gli obblighi di informazione gravanti sul Governo. La legge rende assai più consistenti i poteri di indirizzo del Parlamento, prevedendo la possibilità di formulare osservazioni e indirizzi, nonché di chiedere al Governo di predisporre una nota tecnica che dia conto dei negozianti in corso in sede europea sulle varie questioni. Si prevede che, durante l’esame parlamentare degli atti comunitari, il Governo non possa procedere nella sua azione in sede di formazione di tali atti fino alla conclusione di tale esame. In casi di particolare rilievo politico, il Governo può porre, in sede di consiglio dei ministri dell’Unione, una riserva di esame parlamentare: se dopo 20 giorni il Parlamento non ha assunto alcuna deliberazione al riguardo, il Governo è libero di procedere. Analoga valorizzazione la legge prevede anche per il ruolo delle regioni.
L'esigenza di una più avvertita partecipazione dei parlamenti nazionali alla definizione delle politiche comunitarie ha prodotto lo sviluppo di una serie di contatti tra le assemblee elettive dei vari stati membri. Tra questi, di particolare rilievo quelli che si sono formalizzati nelle Assise dei Parlamenti europei (cui partecipano delegazioni dei vari organi parlamentari). Sempre a questo riguardo e poi da segnalare la nascita della COSAC (conferenza degli organi parlamentari specializzati in affari comunitari), quale organo di raccordo tra i parlamenti degli stati membri dell'Unione Europea e il Parlamento europeo.
Trattato costituzionale europeo assicura ai parlamentari un ruolo più significativo: il protocollo sull’applicazione di sussidiarità e proporzionalità e il protocollo sul ruolo dei parlamentari nazionali. Tali modifiche prevedono l’ingresso dei parlamentari nel circuito decisionale dell’Unione Europea, senza più la necessaria intermediazione dei Governi nazionali. Essi diventano destinatari diretti di una serie di atti e informazioni riguardanti decisioni da assumere a livello europeo, ma soprattutto si vedono riconosciuta la possibilità di far sentire la loro voce in merito alle proposte di intervento dell’Unione.
Si prevede l’introduzione di una procedura di allarme preventivo, che consente ai parlamentari di esprimere un parere motivato su tali proposte, con l’obbligo per la commissione europea di riesaminare le medesime.
I rapporti tra Parlamento e Corte costituzionale
La corte costituzionale ha il potere di dichiarare l'incostituzionalità di una legge, con la conseguenza di produrre così una lacuna nell'ordinamento. Colmare queste lacune è compito del Parlamento. L'articolo 136 della costituzione prevede che le pronuncia di incostituzionalità della corte vengano comunicate alle camere perché provvedano alle eventuali iniziative legislative. Le sentenze della corte vengono trasmesse all'esame della commissione competente per materia; una volta effettuato tale esame, la commissione esprime un parere in merito all'esigenza di procedere a determinate iniziative legislative e indica le linee che devono essere tenute presenti nell'impostazione di tali iniziative.
I rapporti tra Parlamento e Regioni
In relazione ai rapporti tra le regioni ed il Parlamento, l'unico istituto specifico previsto dalla costituzione per costruire tale rapporto è costituito dalla commissione biCamerale per le questioni regionali, che ha il compito di esprimere un parere in ordine allo scioglimento dei consigli regionali da parte degli organi statali. I cosiddetti voti delle regioni, diretti a richiedere determinati provvedimenti o sollevare specifiche esigenze, sono previsti da molti statuti regionali e trovano il loro fondamento dell'articolo 50 della costituzione.
Fonte: http://economiaunipa.altervista.org/wp-content/uploads/2013/05/Riassunto-Istituzioni-di-Diritto-Pubblico-Caretti-De-Siervo-11.doc
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