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IL GOVERNO
La costituzione, agli articoli  92 e seguenti, tratta del Governo, organo Costituzionale collegiale, cui spetta il potere esecutivo, oltre che la direzione politica dello Stato. Il Governo, che ha sede a Palazzo Chigi, è un organo assai complesso, perché è formato da una pluralità di organi, ciascuno con competenze specifiche: Presidente del Consiglio dei Ministri; Ministri; Consiglio dei Ministri. Questi sono gli organi previsti dalla Costituzione, ma fanno parte del Governo anche il Vice Presidente/i del Consiglio, i sottosegretari di stato, i comitati interministeriali, il Consiglio di gabinetto, i commissari straordinari.
I ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio e sono preposti alla direzione dei singoli Ministeri, cui spetta l’attuazione dei fini dello Stato (Ordine pubblico, giustizia, sanità , etc..).  I ministri sono organi burocratici che dirigono un particolare settore della pubblica amministrazione: Interni, Esteri, Economia, Giustizia, Difesa, Istruzione, etc..). fanno parte del Consiglio dei Ministri anche i ministri senza portafoglio, così denominati perché, a differenza degli altri,  non hanno alle loro dipendenze un dicastero, e cioè un insieme di uffici organizzati in forma gerarchica. Il loro incarico si limita a materie specifiche, quali le politiche comunitarie, gli affari sociali, i rapporti con il Parlamento.
Il Presidente della Repubblica (dopo aver consultati i partiti politici rappresentati in Parlamento) conferisce l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio incaricato. Quest’ultimo normalmente accetta “con riserva” l’incarico e prende a sua volta contatto con i partiti che intende riunire nella coalizione al fine di concordare il programma del nuovo Governo e la lista dei Ministri. Se il suo tentativo di mettere insieme una maggioranza riesce, il Presidente incaricato si reca dal P.d.R per “sciogliere la riserva”, cioè accettare la nomina e proporre la lista dei Ministri del nuovo Governo. Qualora invece il suo tentativo fallisca, rimette il mandato rinunciando all’incarico, che il Pd.R affiderà ad altri o, in ultima analisi, scioglierà il Parlamento e indirà le nuove elezioni. Se il Presidente del Consiglio accetta di formare un nuovo Governo, il Pd.R procederà alla nomina del nuovo Presidente del Consiglio e dei Ministri ed a ricevere da questi il giuramento di fedeltà alla repubblica, l’osservanza della Costituzione e delle leggi dello Stato, di svolgere le loro funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione. E’ in questo momento che il nuovo Governo entra ufficialmente in carica. L’art. 94 stabilisce che il Governo, entro 10 giorni dal giuramento, deve avere la fiducia del Parlamento. Il nostro Governo è appunto detto Governo Parlamentare, anche se non è nominato dal Parlamento, poiché non può rimanere in carica senza la fiducia del Parlamento, Ciascuna camera, infatti, accorda o revoca la fiducia mediante una mozione motivata, anche successivamente al primo voto di fiducia, durante l’intero arco della legislatura. L’atto con cui il Parlamento conferisce la fiducia (o la toglie) è detta mozione. Con l’ottenimento della fiducia da parte dei due rami del Parlamento il Governo assume “pieni poteri” che fino a quel momento si limitano alla ordinaria amministrazione.
Quando un governo non gode più della fiducia del Parlamento è costretto a rassegnare le dimissioni al capo dello Stato. Si parla in tal caso di crisi parlamentare. Vi possono essere anche crisi extraparlamentari che si verificano quando il Governo dà le dimissioni, non perché il Parlamento ha votato la sfiducia, ma perché, ad esempio, i partiti che lo appoggiano hanno comunicato la loro decisione di ritirarsi dalla maggioranza.
La funzione del Governo è essenzialmente esecutiva e consiste nell’amministrare “la cosa pubblica”, attuando gli obiettivi dello Stato secondo le norme vigenti. Questa funzione è esercitata dai singoli ministeri e si può dire che il governo è al vertice della pubblica amministrazione. Il Governo svolge anche una funzione di indirizzo politico.
Nel momento del suo insediamento presenta infatti al Parlamento un programma politico, in cui enuncia quali obiettivi intende perseguire e in che modo.  Al governo è inoltre riservata un importante funzione legislativa, nei casi previsti dalla Costituzione. L’art. 77 della Costituzione sancisce esplicitamente che il Governo senza la delega del Parlamento non può emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Pertanto, solo con una legge delega del Parlamento, il Governo può emanare i decreti cosiddetti legislativi o delegati. Il Parlamento con legge delega  indica al Governo l’oggetto, i criteri da seguire  e i tempi entro i quali dovrà emanare il provvedimento. Il Parlamento spesso delega il Governo a legiferare, su materie specifiche e complesse, in quanto si presume che i vari ministeri abbiano, su certi argomenti, una competenza concreta maggiore rispetto al Parlamento (es. lista di sostanze stupefacenti e relative norme in materia).
Il Governo può adottare provvedimenti legislativi in casi di necessità e urgenza, senza bisogno di una preventiva delega da parte del Parlamento. Sono questi i Decreti-legge, i quali entrano in vigore immediatamente, data appunto l’urgenza che ne ha determinato l’emanazione. Essi devono essere presentati alle camere il giorno stesso della loro emanazione, per la conversione in legge. Entro il limite di 60 giorni, il Parlamento deve procedere alla loro conversione in legge. In caso contrario il decreto perde efficacia con effetto retroattivo, cioè a decorrere dal giorno della sua entrata in vigore.
Da quanto si è detto a proposito del Governo, risulta evidente che l’esclusiva della funzione legislativa spetta sempre e comunque al Parlamento. Questo infatti afferma la sua volontà o prima, attraverso la legge delega, o dopo, attraverso la conversione in legge del decreto legge.

LA MAGISTRATURA
I magistrati (che nel loro complesso costituiscono la magistratura) hanno il compito di interpretare le leggi  e di applicarle in tutti i casi sottoposti al loro esame. Può trattarsi di liti che sorgono fra privati cittadini (processi civili), di liti fra privati cittadini ed enti pubblici (processi amministrativi), o  di processi penali, che si svolgono per accertare se veramente gli imputati hanno commesso le violazioni di legge che sono loro contestate e, in caso affermativo, per infliggere loro le pene previste.
E’ necessario che i giudici svolgano la loro attività in modo imparziale, cioè non parteggiando o per l’uno o per l’altro, ma stabilendo chi ha ragione e chi ha torto esclusivamente in base alle leggi. Ma, per il buon funzionamento della giustizia e la tutela dei diritti dei cittadini da ogni possibile sopruso, è anche necessario che nello svolgere i loro compiti i giudici siano indipendenti da ogni altro potere pubblico. Solo così si può avere la garanzia di decisioni non viziate da condizionamenti e pressioni.
L’indipendenza della Magistratura da altri poteri è un principio fondamentale per accertare il grado di libertà di cui si dispone effettivamente in ogni Paese e in ogni periodo storico. In passato, anche in Italia, è spesso accaduto che la Magistratura fosse condizionata dal governo, in grado di imporle la propria volontà politica. I giudici, infatti, dipendevano dal Ministro della Giustizia (esponente del Governo).  Erano di frequente esposti a pressioni o a minacce, in quanto  potevano essere rimossi e trasferiti. La Costituzione ha voluto garantire l’indipendenza della Magistratura affermando che essa “costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” (art. 104) e che i giudici, chiamati ad amministrare la giustizia “in nome del popolo”, sono soggetti “soltanto alla legge” (art. 101).Quest’ultima previsione sta a significare che i giudici devono applicare le leggi indipendentemente dalle loro idee e dalle loro convinzioni sul quel determinato tema, ed anche se sono contrari allo spirito e al dettato di una determinata legge. A garanzia dell’indipendenza della Magistratura è stato istituiti il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Si tratta di un organo collegiale, indipendente dal Governo, nel quale sono presenti componenti diverse.
E presieduto dal Presidente della Repubblica; ne fanno parte, di diritto, Il Presidente e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione e altri 24 Membri elettivi, 2/3 dei quali sono scelti in loro rappresentanza da tutti i Magistrati (membri togati) mentre l’altro terzo è eletto dal Parlamento in seduta Comune tra giuristi e avvocati (membri laici). Il rapporto numerico tra componenti laici e componenti togati fa sì che, nel CSM, la prevalenza dei membri togati produca forme di auto tutela particolarmente incisive.
Attraverso il CSM si realizza l’autogoverno della Magistratura. Esso infatti decide in materia di assunzioni, assegnazioni di sede, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari dei Magistrati. Le sue deliberazioni sono attuate dal Ministro della Giustizia che ha diritto di intervenire a tutte le sue riunioni pur non facendone parte.
Lo stesso Ministro (col procuratore generale della Cassazione) ha il potere di promuovere l’azione disciplinare davanti al CSM (vale a dire di richiedere al Consiglio di valutare il comportamento professionale dei singoli magistrati, per accertare se esistano i presupposti per l’applicazione di sanzioni disciplinari).
Norme specifiche della Costituzione riguardano la condizione dei Magistrati. La loro assunzione avviene per concorso. A garanzia dell’indipendenza dei magistrati, è sancita la loro inamovibilità dalle sedi e dagli uffici che occupano (solo il CSM è competente in proposito). Tutti i Magistrati hanno pari dignità e si distinguono tra loro non per gradi, ma solo per le funzioni svolte.
Un imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Perché ciò accada, l’ordinamento Italiano prevede un iter scrupoloso, che può arrivare fino a tre gradi di giudizio.
Il processo di primo grado. Gli organi giudiziari sono numerosi, e si distinguono a seconda della competenza che è loro attribuita dalla legge. Sia in materia civile che penale, i casi meno complessi sono affidati al giudizio del Giudice di Pace. Tutti gli altri casi sono invece giudicati dal Tribunale, organo che in alcuni casi opera in composizione monocratica (con un solo Giudice), in altri casi in composizione collegiale (con 3 Giudici, uno dei quali funge da Presidente). Nella materia penale alcuni reati particolarmente gravi (stragi, omicidi volontari) sono giudicati dalla Corte d’assise (composta da 2 Giudici togati e da 6 Giudici popolari, cioè cittadini estratti a sorte periodicamente). Tutti questi organi giudiziari si occupano delle cause come giudici di primo grado.
Il processo di secondo grado. Contro le decisioni di primo grado è possibile presentare appello a Giudici di secondo grado in base al principio del doppio grado di giudizio: ogni decisione emessa in prima istanza può infatti essere rimessa all’esame di un Giudice di seconda istanza, che può modificarla o confermarla. I giudici di secondo grado sono: Il tribunale, contro le sentenze del Giudice di Pace; La Corte d’Appello (composta da tre Giudici) contro le sentenze del Tribunale; La Corte d’Assise d’Appello (che ha la stessa composizione della Corte d’Assise), contro le sentenze della Corte d’Assise.
Il ricorso per Cassazione. Ogni decisione di secondo grado può essere sottoposta (a iniziativa delle parti, come avviene per l’appello) alla Corte di Cassazione, che, nel caso, può decretare la ripetizione del processo. Tuttavia, l’esame della Cassazione può riguardare soltanto l’esatta applicazione delle leggi da parte degli altri Giudici, non la valutazione dei fatti che questi ha esaminato. Si dice, perciò, che la Cassazione è Giudice della legittimità, mentre gli altri organi Giudiziari sono giudici del merito (cioè delle questioni di fatto).
L’art. 24 della Costituzione così recita: “Tutti possono agire in Giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del processo”.
Dal punto di vista della competenza per territorio esistono una pluralità di organi giudiziari dello stesso livello (tanti Giudici di pace, tanti tribunali, tante Corti d’Appello, tante Corti d’Assise), ciascuno dei quali si occupa dell’ambito territoriale in cui opera. Un principio Costituzionale importante in questo senso è stabilito dall’art. 25: “ Nessuno può essere distolto dal Giudice naturale precostituito per legge”. In pratica, i cittadini devono sapere con certezza, nel momento in cui compiono atti che potrebbero cadere sotto un Giudizio, quale sarà il Giudice a cui saranno assegnati per il Giudizio, senza che possa essere cambiato successivamente e scelto in vista di un esito particolare del giudizio.

Fonte: http://www.gpchironi.it/sitenew/attachments/054_GLI%20ORGANI%20COSTITUZIONALI2.doc

Sito web da visitare: http://www.gpchironi.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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