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Stato

 

LO STATO
Lo stato è l’organizzazione politica di un popolo stanziato stabilmente su un territorio e sottoposto ad un’autorità di governo, che ha lo scopo di realizzare determinati fini (difesa nazionale, ordine pubblico, giustizia, previdenza e assistenza, infrastrutture, etc…). Se ne deduce che uno Stato in senso moderno deve avere, sempre, almeno tre elementi caratterizzanti: popolo, territorio, sovranità.

Il POPOLO  è l’insieme dei cittadini di uno Stato indipendentemente dal luogo dove vivono o dove risiedono. Si tratta dunque delle persone fisiche legate allo stato da un rapporto di cittadinanza.
La cittadinanza si acquista: 1) PER NASCITA e in particolare A) per diritto di sangue, quando la cittadinanza viene trasmessa da almeno uno dei genitori. Se i genitori sono cittadini di stati esteri diversi, il neonato avrà la doppia cittadinanza. B) per diritto di luogo. Si acquisisce la cittadinanza del luogo di nascita, in caso di genitori ignoti o che non trasmettano alcuna cittadinanza (apolidi).
2) ACQUISTO SUCCESSIVO: A) per adozione da parte di cittadini dello stato di appartenenza;
B) per matrimonio. Quando un cittadino/a straniero/a o apolide sposa un cittadino/a di altra nazionalità. Attualmente nel nostro paese questo requisito deve essere associato ad una permanenza nel nostro territorio da almeno 2 o 10 anni a seconda dei casi. C) per naturalizzazione (con decreto del PdR) se parente entro il sesto grado di cittadini/e italiani/e. D) Per decreto del Capo dello stato in caso di meriti particolari riconosciuti in favore del nostro Paese.

La cittadinanza si può anche perdere: A) per rinuncia. E’ il caso di chi possieda la doppia cittadinanza che rinuncia ad una delle due per libera scelta o per opzione; B) per incompatibilità. Nei casi di impiego o di incarico pubblico presso uno stato estero. C) per indegnità morale, nei casi previsti dalla legge (gravi) e con decreto del capo dello Stato.
Va ricordato che l’art. 22 della Costituzione sancisce che: “Nessuno può essere privato della cittadinanza per motivi politici”.
Il concetto di Popolo non deve essere confuso con il concetto di popolazione. Quest’ultimo comprende sia i cittadini che gli stranieri e gli apolidi presenti in uno stato in un determinato momento. Ad esempio un Italiano che vive in Francia fa parte del popolo Italiano ma della popolazione Francese, mentre un tedesco che lavora in Italia farà parte del popolo tedesco, e della popolazione Italiana.

Il concetto di Nazione individua invece un complesso di persone collegate tra loro da una comune eredità storica, caratterizzata da vincoli di razza, di religione, di lingua, di sentimenti tali da far nascere la coscienza di appartenenza ad una entità statale autonoma (es. Curdi). Il concetto di Etnia si differenzia da quello di nazione per la circostanza che manca l’idea di appartenenza ad una entità statale diversa. Si tratta in pratica di un gruppo omogeneo di persone che anche se non è organizzato politicamente in uno Stato, e pur riconoscendo la sovranità dello stato di appartenenza, mantiene la propria identità culturale, linguistica, storica , religiosa etc.. nel corso del tempo (es. fiamminghi e valloni in Belgio).

Sono considerati stranieri le persone che hanno la cittadinanza di un altro Stato. Sono invece apolidi le persone che non risultano avere la cittadinanza di alcuno stato. Entrambi sono sottoposti alla sovranità dello stato in cui si trovano. Hanno gli stessi diritti civili (inviolabilità della persona e del domicilio, libertà di pensiero, di stampa etc..) , gli stessi obblighi (es rispetto delle leggi, pagare le imposte), ma non il godimento dei diritti politici (es. votare o essere votati).

IL TERRITORIO è l’elemento materiale dello stato, ovvero quella zona di superficie terrestre che identifica la sede stabile della comunità statale. Uno Stato non può esistere senza un territorio in cui esercita la propria sovranità.
L’eventuale perdita del territorio (ad esempio a causa di una guerra) produce automaticamente l’estinzione dello Stato (il Popolo Curdo è compreso nei territori della Turchia, dell’Iran e dell’Iraq e non possiede un territorio autonomo).
Il territorio di uno stato comprende: La terraferma, i mari, i fiumi e i laghi, lo spazio aereo (fino all’atmosfera – gli A/m stranieri devono essere autorizzati a sorvolare i nostri territori) , il sottosuolo (fino a dove vi può essere una possibilità di utilizzazione effettiva da parte dello Stato interessato). I confini che possono essere naturali o artificiali costituiscono i limiti fino al quale lo stato può esercitare i poteri sovrani e a partire dal quale iniziano i poteri di un altro Stato.
Fanno parte del territorio dello Stato anche le Acque Territoriali rappresentatati da quella fascia o zona di mare che si estende fino a 12 miglia marine (circa 19 Km) dalla Costa. Oltre questo limite si parla di acque internazionali, ossia uno spazio libero dalla sovranità dei singoli stati.
E’ compreso nel territorio dello Stato anche il territorio mobile (o fluttuante). Le navi e gli aeromobili civili che viaggiano nei mari e nello spazio aereo Internazionali sono considerati a tutti gli effetti territorio nazionale con la relativa applicazione delle leggi e della sovranità dello stato. In caso si trovino in territorio straniero si applicano le regole di navigazione dello stato in cui si trovano mentre all’interno della nave o dell’aeromobile si applicano le leggi dello Stato di origine. Le navi e gli aerei militari, dovunque si trovino, sono soggetti sempre e solo alle regole dello stato di origine.
La sovranità di uno stato si può anche estendere oltre i confini nazionali per il principio di ultraterritorialità. La potestà statale si esercita su edifici siti in territori stranieri. Le sedi diplomatiche italiane all’estero sono assoggettate alle leggi Italiane. Le autorità estere possono intervenire solo se debitamente autorizzate da quelle Italiane.
Per contro, all’interno del nostro paese vige il principio della extraterritorialità (o immunità territoriale) secondo cui lo stato limita i propri poteri nei confronti di cose o persone che si trovano all’interno del suo territorio. Le sedi diplomatiche estere sono sottratte al potere di imperio dello stato nel quale si trovano essendo soggette alle leggi dello stato di appartenenza. Le autorità Italiane possono intervenire solo se debitamente autorizzate.

SOVRANITA O ORGANIZZAZIONE POLITICA: E’ il potere supremo di comando che spetta allo Stato nei confronti dei suoi cittadini e, più in generale di tutti coloro che si trovano all’interno del suo territorio (popolazione). La sovranità è: A) Originaria, non deriva da nessuna altro soggetto ma nasce con la nascita dello Stato stesso.; B) Esclusiva, cioè esercitata unicamente dalla Stato. Regioni, province e Comuni non hanno sovranità originaria ma derivata, in quanto ad essi, i relativi poteri sono attribuiti dallo Stato. C) Illimitata, Non vi è alcun limite giuridico al suo esercizio. I limiti sono quelli che lo Stato stesso si è dato.

La sovranità si può distinguere in:

  • Sovranità interna, che consiste nella supremazia rispetto a tutti i soggetti che operano al suo interno. In concreto questo significa che solo lo Stato, e nessun altro, può imporre, anche con l’uso legittimo della forza l’osservanza delle leggi che esso stesso ha prodotto.
  • Sovranità esterna, che riguarda l’indipendenza dello Stato dal punto di vista internazionale, rispetto agli altri stati. In pratica gli altri stati riconoscono la piena indipendenza dello stato dal punto di vista giuridico e istituzionale.

La sovranità dello Stato si manifesta tradizionalmente mediante l’esercizio delle seguenti funzioni:
La funzione legislativa, cioè la produzione delle norme giuridiche (le leggi), oggi affidata al parlamento; la funzione esecutiva, cioè la realizzazione concreta degli interessi pubblici o collettivi al fine di perseguire gli obiettivi che lo Stato si è posto, attualmente affidato al governo; La funzione giudiziaria, cioè l’applicazione delle leggi ai casi concreti. Attualmente affidata alla magistratura, consiste nella applicazione delle sanzioni quando i cittadini violino le norme giuridiche dettate dallo stato (in particolare dal parlamento).

FORME DI STATO E FORME DI GOVERNO

La Forma di stato individua i modi in cui si configura il rapporto esistente tra governanti e governati. Tra chi esercita il potere e i cittadini. Tradizionalmente si distinguono tre forme di Stato:

STATO ASSOLUTO (o monarchia assoluta). I poteri del sovrano sono illimitati e incondizionati. E’ sciolto da qualsiasi vincolo, non deve dare conto a nessuno del suo operato ed è al disopra della legge. Il suo potere è indipendente da qualsiasi altro potere e non ammette alcun tipo di interferenza. Egli impersona e si identifica con tutti i poteri dello stato: legislativo, esecutivo e giudiziario. Il potere è del tutto accentrato, non viene tollerata nessuna delega ad altri enti o soggetti  e nessuna autonomia locale. I cittadini, o meglio i sudditi, non hanno nessun diritto e nessuna garanzia del rispetto delle leggi, della giustizia  e della più elementari libertà personali.

STATO LIBERALE ( o Stato di diritto): lo Stato deve rispettare le norme giuridiche che esso stesso si è dato. Ai cittadini è riconosciuta una maggiore libertà di azione da far valere anche nei confronti dello Stato stesso. Lo Stato liberale si caratterizza per l’introduzione di nuovi principi, quali la suddivisione dei poteri affidati a diversi soggetti (es. Parlamento) eletti dai cittadini (sebbene ancora a suffragio ristretto) e non più in mano al sovrano. Al principio di legalità, in base al quale nessun atto del potere esecutivo è valido né alcuna sentenza dei giudici è valida se non si fondano su una legge e se non vengano rispettati i principi e i limiti che la legge stessa individua.

STATO DEMOCRATICO (o moderno). Lo Stato democratico rappresenta l’affermazione della sovranità popolare, esercitata attraverso le forme e gli strumenti della Costituzione. Quest’ultima fissa i principi fondamentali dello stato (principi di libertà e di uguaglianza- organizzazione e limiti dei poteri dello Stato) che non possono essere modificati con semplici leggi ordinarie, ma solo con procedure complesse, maggioranze molto ampie e condivisione di tutte le forze politiche. E’ uno Stato rappresentativo nel senso che il popolo sceglie i propri delegati tramite il voto a suffragio universale, senza limiti particolari, se non la maggiore età.

In base al rapporto tra organi di governo e territorio possiamo distinguere 3 ulteriori forme di Stato:

STATI UNITARI in cui il potere è accentrato e tutte le decisioni sono prese a livello di governo centrale. Non esistono enti territoriali minori dotati di autonomia legislativa o amministrativa o, se esistono, rappresentano organi periferici, ossia sezioni staccate, del potere centrale (es. i dipartimenti della Francia).

STATI REGIONALI:  caratterizzati da un unico popolo e un unico territorio, ma con enti territoriali e periferici che godono di autonomia politica e amministrativa. Lo Stato regionale è sempre uno Stato Unitario. In questo caso però la regione non è considerata un ente di decentramento periferico come la provincia o il comune, ma un ente autonomo, con un indirizzo politico proprio e la possibilità di emanare leggi in ambito locale. Da precisare che i poteri attribuiti alle Regioni sono “ceduti” dall’autorità statale. In ogni caso lo stato mantiene una competenza legislativa “esclusiva” su un insieme di materie esplicitamente indicate (ordine pubblico, giustizia, politica estera). Alle regioni viene attribuita una competenza legislativa “generale”, ossia in tutte le materie residuali non rientranti nella competenza esclusiva dello Stato.  Infine esiste una competenza legislativa “concorrente” in cui lo stato fissa dei principi generali di una determinata materia (o legge quadro) mentre la definizione degli elementi di dettaglio delle leggi è lasciata alle regioni, sempre nel rispetto dei principi generali fissati dalla legge quadro. (Tipico esempio di stato regionale è l’Italia).

 

STATI FEDERALI:  formati da più stati indipendenti che godono ciascuno di ampia autonomia e sovranità, ma hanno in comune organi politici e militari. Lo stato Federale è formato dall’unione di più stati, che hanno un territorio, un popolo e un potere sovrano proprio, e godono di autonomia politica e amministrativa molto ampia. Al governo centrale (Federale) sono affidati, in genere, l’ordine pubblico, la politica estera e la difesa nazionale. I singoli stati (Federati) hanno leggi, tribunali e organi di polizia propri. La Costituzione elenca i poteri affidati (o ceduti) allo stato Federale, mentre per esclusione, tutti gli altri poteri sono di competenza degli Stati membri (principio residuale). Tipico esempio di Stato federale sono gli Stati Uniti e la Germania.

Per FORMA DI GOVERNOsi intende il rapporto che si instaura tra gli organi Costituzionale dello Stato. Ovvero come è ripartito il potere tra gli organi stessi. Le principali sono Monarchia e Repubblica.

Nella monarchia il sovrano governa in base ad una successione dinastica. Secondo l’estensione dei poteri conferiti al Re, possiamo avere i seguenti tipi di monarchia:

  • La Monarchia Assoluta è caratterizzata dall’accentramento del potere nella sola persona del sovrano, la cui volontà coincide con quella dello Stato (è un sistema oggi poco diffuso ravvisabile in Arabia saudita ed Emirati arabi).
  • La Monarchia Costituzionale introduce un limite ai poteri del sovrano, che viene assoggettato alla legge (Costituzione) e alla separazione dei poteri (il potere legislativo è esercitato dal parlamento (in passato in Italia, oggi in Olanda).
  • La Monarchia Parlamentare  è basata su un rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo. Il potere, infatti, non viene esercitato effettivamente dal sovrano, che rimane il simbolo dell’unità (es. Inghilterra, Spagna), ma dal Governo che è responsabile nei confronti del Parlamento.

 

Nella Repubblica il Capo dello Stato è un rappresentante del popolo e può essere da questI eletto direttamente o indirettamente. Possiamo avere tre diversi tipi di Repubblica:

  • Repubblica Parlamentare. Il capo dello stato è il garante della Costituzione e rappresenta l’unità nazionale. In genere viene eletto dal Parlamento (in seduta comune) , ma non può essere destituito da nessun organo se non in casi particolarmente gravi. Il capo del Governo, assieme ai Ministri, viene nominato dal Capo dello Stato, ma deve avere la fiducia del Parlamento. Quest’ultimo, può togliere la fiducia, all’intero Governo o a singoli ministri,  in qualsiasi momento. Il Parlamento, unico organo eletto direttamente dai cittadini, nei casi previsti dalla legge, può essere sciolto dal Capo dello Stato. (Al termine della legislatura o di inerzia dell’attività parlamentare, ad es impossibilità di esprimere una maggioranza di governo).
  • La Repubblica Presidenziale prevede una rigida separazione dei poteri: quello legislativo affidato al parlamento e quello esecutivo affidato al presidente della Repubblica che è anche capo del Governo. Entrambi gli organi sono eletti direttamente dal Popolo. Il presidente nomina i ministri che rispondono solo a lui del proprio operato e possono pertanto essere da lui revocati. Il Parlamento e il Capo dello Stato sono nettamente distinti, in quanto il Parlamento non può costringere il Presidente alle dimissioni con un voto di sfiducia (non vi è rapporto fiduciario tra potere legislativo e potere esecutivo); mentre il Capo dello Stato, a sua volta, non può sciogliere il parlamento perchè è responsabile solo di fronte al popolo che lo ha eletto.

 

  • La Repubblica semi Presidenziale si regge sull’elezione diretta del Parlamento e del Presidente della Repubblica (che è anche responsabile del potere esecutivo); quest’ultimo nomina  il primo ministro e può revocarlo. Il Parlamento a sua volta può accordare la fiducia ovvero sfiduciare il Primo Ministro e quindi l’intero Governo. Questa forma di governo può essere considerata intermedia tra la Repubblica Parlamentare e quella Presidenziale. Non vi è una netta separazione tra il Capo dello Stato e il Parlamento. Al capo dello stato è riservato sia il potere di sciogliere il parlamento, sia quello di nominare e revocare il capo del Governo. Tuttavia quest’ultimo deve avere anche la fiducia del parlamento, altrimenti decade.

LO STATUTO ALBERTINO

Lo Statuto albertino (dal nome del re del Regno Sardo-Piemontese Carlo Alberto) fu la prima Costituzione dello Stato italiano. Promulgato nel 1848 nel Regno sardo-piemontese, successivamente, con la proclamazione del Regno d'Italia nel 186l, fu esteso a tutto il territorio italiano.
Lo Statuto non rappresentò una rivoluzione, ma solo una riforma della monarchia as­soluta in senso liberale. Esso era il frutto di un compromesso tra il vecchio e il nuovo mon­do: era una carta costituzionale concessa (l'espressione entrata nell'uso è Costituzione octroyée, cioè "concessa") dal sovrano ai suoi sudditi e, perciò, molto diversa dalle Costitu­zioni approvate da apposite assemblee elette dai cittadini, come furono le Costituzioni ame­ricana e francese della fine del Settecento, e come saranno quelle del Novecento. Se, infat­ti, queste ultime derivano dalla sovranità del popolo, lo Statuto era ancora espressione del­la sovranità del re.
Nel caso dello Statuto albertino il re - sulla spinta dei moti insurrezionali che nel 1848 scossero l'Europa e in particolare anche il Piemonte - fu indotto, o piuttosto costretto, a concedere lo Statuto. La "grande paura" di uno sconvolgimento sociale spinse il re a stabi­lire un patto con la borghesia contro il proletariato, per evitare più gravi conseguenze. Lo Statuto rappresentò appunto questo patto difensivo.
L'oggetto dell'accordo tra il re e la borghesia fu l'instaurazione di una monarchia Costituzionale o rappresentativa. Questa formula non indicava semplice­mente la monarchia dotata di una costituzione, ma un tipo di organizzazione costituziona­le - lo Stato liberale borghese -, nella quale la borghesia era associata alla monarchia nella gestione del potere politico. Nello Statuto il re fece alla borghesia due concessioni:
a) i diritti di libertà e di proprietà, contro gli arbìtri dell'Antico regime;
b) l'istituzione di una Camera in cui la borghesia potesse eleggere  i propri rappresentanti.
In merito alla garanzia dei diritti dei singoli, lo Statuto si ispirava alla Dichiarazione dei diritti emanata all'inizio della Rivoluzione francese (1789). Il diritto più significativo era la proprietà privata, proclamata "inviolabile" (art. 29). Su di essa, si sviluppò il sistema economi­co dello Stato liberale (detto liberismo), basato sulla impresa privata e sulla concorrenza eco­nomica. I diritti di natura economica  erano quelli che più interessavano la borghesia, vero perno dello stato liberale. In sintesi, esprimevano l’esigenza che lo stato si astenesse dall’intervenire nei fatti economici e che “lasciasse fare ai privati.
Lo Statuto albertino si basò sull'esempio inglese. Il massimo potere, il legisla­tivo, era attribuito congiuntamente al re, al Senato e alla Camera. Il re, a sua volta, era a capo del potere esecutivo, ma doveva agire nel rispetto della legge (art. 6 Statuto). In questo modo si realizzava un governo misto, cioè la partecipazione delle tre componenti della società di allora (monarchica, aristocratica e democratica) alle più impor­tanti decisioni dello Stato, per garantire stabilità ed equilibrio della vita politica. Il governo mi­sto era il tentativo per evitare due opposti pericoli: il ritorno all'assolutismo (il potere illimita­to del re) e il potere sfrenato dell'assemblea popolare (come era avvenuto al tempo della Ri­voluzione francese). Il Senato avrebbe dovuto appianare i contrasti tra il re e la Camera dei deputati. Malgrado questo schema tripartito, la monarchia costituzionale fu in realtà un regi­me a due soggetti. Il Senato, infatti, non assunse mai un'importanza pari a quella degli altri due organi, a cau­sa della sua composizione: era, infatti, formato da notabili (vescovi, alti funzionari, nobili)
no­minati a vita dal re, la cui influenza sociale era declinante rispetto a una solida ed emergente borghesia. Si determinò perciò un dualismo tra il re, capo del potere esecutivo, e la Camera dei deputati che dominava l'attività legislativa. Questo dualismo era il compromesso tra l'as­solutismo, impersonato dal re, e il liberalismo, impersonato dalla Camera dei deputati. Tra questi organi la Camera dei deputati era l’unico organo elettivo previsto dallo Statuto, ma era eletto a suffragio universale ristretto (cioè solo una piccola minoranza dei cittadini poteva votare). Le condizioni per esercitare il diritto di voto consistevano:

  • nel saper leggere e scrivere;
  • nel pagare una certa imposta sul reddito (condizione legata alla precedente, poiché solo chi aveva una certa disponibilità economica aveva anche un certo grado di istruzione).

Il requisito culturale (a) veniva giustificato perché quelli che venivano chiamati "ignoranti" non avrebbero saputo che fare del diritto di voto o lo avrebbero usato male, essendo privi di una propria opinione circa il bene pubblico.
Il requisito censitario (b) - cioè legato al censo, al livello economico - veniva giustifica­to invece perché i nullatenenti, non avendo niente da perdere, si sarebbero fatti "abbindola­re" facilmente dai demagoghi estremisti.
Solo nel 1912 venne introdotto il suffragio universale maschile col solo limite della maggiore età (21 anni). Dal voto erano inoltre escluse le donne - e lo saranno fino al 1946 - perché si sosteneva (e l'affermazione dice molto sulla condizione femminile nell'Ottocento) che le donne non avrebbero espresso voti consapevoli, ma avrebbero seguito le indicazioni dei parroci (dando quindi una grande influenza alla Chiesa) o dei mariti.

La monarchia costituzionale era un regime intrinsecamente instabile. Basandosi su due orga­ni tra loro indipendenti, il re e la Camera dei deputati, poteva funzionare solo in base al lo­ro accordo. In caso di contrasto, uno dei due doveva necessariamente prendere il sopravven­to. È quanto accadde già nelle prime applicazioni dello Statuto.
La Camera dei deputati divenne il vero centro della vita politica e il re - pur non rinun­ciando a gestire alcuni settori che si consideravano "di regia prerogativa", come la politica estera e militare - in generale si piegò alla volontà della Camera.

 

LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA

La Costituzione è la legge fondamentale che contiene una serie di regole che stanno alla base dell’ordinamento giuridico dello Stato. Queste regole riguardano sia i cittadini sia gli organi rappresentativi che il popolo elegge direttamente o indirettamente. La Costituzione riconosce e garantisce  i diritti e le libertà fondamentali (diritti inviolabili dell’uomo, libertà di pensiero, di religione, di stampa, principio di uguaglianza etc..), e stabilisce  l’organizzazione,  le attribuzioni e i limiti dei poteri dello Stato (Presidente della Repubblica, Governo, Parlamento, Magistratura, Corte Costituzionale).
Il 2 giugno 1946, il popolo Italiano, per la prima volta nella sua storia fu convocato per un duplice voto: per il referendum istituzionale e per l’elezione dei deputati dell’Assemblea Costituente. Il diritto di voto era riconosciuto a tutti i cittadini di almeno 21 anni, uomini e donne . La scelta Repubblicana prevalse di poco su quella monarchica. Per la Repubblica si espressero oltre dodici milioni di elettori, contro i quasi undici milioni per la Monarchia. La Costituzione Repubblicana non è nata dall’imposizione di una forza politica sulle altre. Essa è stata invece una sorta di contratto in cui ciascuna parte  è riuscita ad ottenere qualcosa, rinunciando ad altro. Per questo, già dai tempi dell’Assemblea Costituente, si parla di compromesso Costituzionale.
Il compromesso fu la condizione dell’approvazione unitaria  della Costituzione: nel voto finale dell’assemblea Costituente, si contarono 453 favorevoli  e solo 62 contrari ( per lo più Monarchici).
Il compromesso costituzionale venne fin da subito inter­pretato in modo diverso, e non sempre benevolo. Gli esponenti della tradizione liberale vedevano nella Costi­tuzione il prodotto di un "mercanteggiamento" tra il parti­to della Democrazia cristiana, il Partito comunista e il Par­tito socialista e perciò parlavano spregiativamente di "Co­stituzione tripartita". Essi temevano che le promesse di giustizia sociale contenute nella Costituzione potessero servire da pretesto per limitare la libertà economica. Altri vedevano nel compromesso costituzionale una par­ziale temporanea rinuncia ai propri ideali, necessaria per trovare l'accordo. La Costituzione sembrava un compro­messo transitorio, basato su questa riserva: alla prima oc­casione favorevole, l'accordo sarebbe stato rotto da chi ne avesse avuto interesse, per scriverne una nuova, più van­taggiosa. Altri ancora parlarono di compromesso nel senso elevato del termine, come ricerca di unità per costruire un regime nuovo, uno Stato di tutti e non di uno o di un altro parti­to, di una o di un'altra ideologia. Oggi, dopo oltre mezzo secolo, si può dire che la storia ha convalidato questa terza interpretazione del compromesso costituzionale. Se la Costituzione fosse stata solo "mer­canteggiamento" o solo rinuncia, non avrebbe retto per così tanto tempo. Non avrebbe svolto il suo compito di unificazione della vita politica e di pacificazione dei con­trasti. Per molti anni le più intense controversie politiche si sono placate davanti alle norme costituzionali, dimostrandone la vitalità.

Struttura della Costituzione Repubblicana
La Costituzione è suddivisa in parti, a loro volte suddivise in Titoli, taluni dei quali divisi in sezioni, tutti preceduti dai principi fondamentali. Gli articoli della Costituzione sono 139. Vi sono infine le disposizioni transitorie e finali(18).
I Principi fondamentali (artt. da 1 a 12) contengono le decisioni essenziali sul tipo di Stato e sul tipo di società voluti dalla Costituzione e stabiliscono: le regole essenziali relative allo Stato in quanto tale; il suo carattere repubblicano e democratico; i rapporti essenziali tra lo Stato e i singoli, col ricono­scimento dei diritti inviolabili e dell'uguaglianza tra gli uo­mini; i principi più importanti che riguardano i rapporti tra lo Stato e gli altri ordinamenti, in particolare con la Chie­sa cattolica e le altre confessioni religiose, e con l'ordina­mento internazionale.
La Parte prima della Costituzione è intitolata Diritti e do­veri dei cittadini (artt. da 13 a 54) ed è divisa in quattro Ti­toli, che trattano delle posizioni soggettive dapprima con­siderando le persone in quanto tali e poi allargando la pro­spettiva alle diverse strutture in cui esse sono inserite, dal­la famiglia, alla scuola, ali'organizzazione economica e a quella politica. Si tratta - come è stato detto - di un'orga­nizzazione della materia costituzionale strutturata come una piramide rovesciata: in basso la persona umana - ba­se e fondamento di tutto l'edificio - e in alto le organizza­zioni via via più vaste, fino a quella statale, disciplinata poi nella Parte seconda della Costituzione.
La Parte seconda è intitolata Ordinamento della Repub­blica (artt. da 55 a 139) e contiene le regole sull'organiz­zazione dello Stato ovvero i poteri e i limiti dei principali organi dello Stato:  Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica, Ordine Giudiziario, Corte Costituzionale.
Con la riforma del Titolo V concernente le Regioni, i Co­muni e le Province, sono stati abrogati - senza essere sosti­tuiti - gli artt. 115, 124, 128, 129 e 130 del testo costituzio­nale anteriore. Pertanto, sebbene la numerazione indichi in 139 gli articoli della Costituzione, ciò non corrisponde più alla realtà di un testo che comprende ora solo 134 articoli. In coda alla Costituzione sono state collocate 18 Disposi­zioni transitorie e finali (che vengono indicate con il numero romano: I disp., VIII disp. ecc.). Esse hanno la medesima efficacia delle altre norme della Costituzione, cioè sono fonti Costituzionali. I Costituenti le hanno volu­te collocare a parte per due ragioni:
- le norme transitorie sono quelle che prevedono vari adempimenti, con le relative scadenze temporali, richiesti per la messa in opera delle previsioni costituzionali (disp. da I a XI).
-  per "saldare" l'ordinamento precedente con il nuovo (disp. da XV a XVIII).
Tali norme, una volta attuata la Costituzione, hanno perso la loro ragion d'essere.
Le disposizioni finali .(disp. da XII a XVIII) contengono norme che fanno eccezione ai generali diritti civili e politi­ci, dettate per la particolare situazione storica dell'Italia, al termine del ventennio fascista e alla fine del periodo mo­narchico (il divieto di riorganizzazione del partito fascista, le restrizioni per i discendenti di Casa Savoia ora abrogate con la 1. cost. n. 1 del 2002, l'abolizione dei titoli nobiliari ecc.)

 

DIFFERENZE STATUTO ALBERTINO COSTITUZIONE REPUBBLICANA

STATUTO ALBERTINO                                      COSTITUZIONE REPUBBLICANA

Entrata in vigore il 4 marzo 1848 nel regno              E’ in vigore dal 01/01/1948 ed è      
di Sardegna e successivamente a seguito                  composta da 139 articoli più
delle annessioni di altri Stati, estesa al Regno          18 disposizioni transitorie
d’Italia il 17 marzo 1861. E’ rimasta in vigore
fino al 31 dicembre 1947 (composta da 84 articoli)

SCRITTA                                                                SCRITTA
Cioè codificata in una apposita carta                        Cioè codificata in una apposita carta
“Costituzionale” che la distingue dalle                     “Costituzionale” che la distingue dalle
leggi ordinarie .                                                          leggi ordinarie.

OTTRIATA                                                             VOTATA
E’ stata cioè concessa dal Re Carlo Alberto             E’ stata approvata da un’assemblea Costituente
L’8 febbraio 1848 ed entrata in vigore                     appositamente eletta in rappresentanza del
Il 4 marzo 1848.                                                        popolo il 2 giugno 1946. L’approvazione è
avvenuta il 22/12/1947. Entrata in vigore 01/01/1948

FLESSIBILE                                                           RIGIDA
Poteva essere modificata con semplici                      La sua revisione è possibile solo attraverso una
leggi ordinarie che di fatto annullavano                    speciale procedura indicata nell’art. 138 che
gli importanti principi in essa contenuti.                  prevede una doppia approvazione delle camere
a maggioranza di 2/3 dei componenti o a
maggioranza assoluta e referendum popolare
confermativo.

BREVE                                                                    LUNGA
Conteneva l’elencazione dei principi                        Contiene l’elencazione dei principi fondamentali:
fondamentali, cioè i diritti dei cittadini,                    cioè i diritti dei cittadini, ma anche le garanzie a
ma non le funzioni, le attribuzioni e i limiti              tutela di tali i diritti. Contiene anche le funzioni,
dei vari organi dello Stato.                                        le attribuzioni e i limiti degli organi dello Stato.

LIBERALE                                                             SOCIALE
Elenca i diritti fondamentali dei cittadini                 Lo stato oltre a garantire i diritti fondamentali dei cittadini interviene anche in campo economico  e sociale, organizzando direttamente
ma non prevede alcun intervento dello                     il servizio (ad es. l’istruzione accessibile a xxxxo                                                                         tutti) o attraverso sussidi e trasferimenti ai meno
Stato per renderli effettivi. (Ad es. era                      abbienti.
Sancito il diritto all’istruzione ma lo Stato
non forniva alcun mezzo per garantirne
l’effettiva fruizione).                                                

Fonte: http://www.gpchironi.it/sitenew/attachments/054_LO%20STATO.doc

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