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Cenni Fisiopatologia
Gli attacchi di emicrania si ripetono per condizioni di ridotta soglia emicranica e per l’intervento di fattori di innesco. La componente genetica condiziona la soglia individuale; ad essa si sovrappongono una serie di determinanti “ambientali”, fattori precipitanti o favorenti interni ed esterni, quali fluttuazioni ormonali, ritmo sonno-veglia, fattori psico-sociali, sostanze vasoattive ecc.
Nell’emicrania è in gioco un’alterata eccitabilità neuronale legata ad una disfunzione geneticamente determinata dei canali ionici. La liberazione locale di neuropeptidi conduce alla vasodilatazione che porta alla infiammazione neurogena, responsabile delle modifiche biochimiche e delle variazioni di flusso ematico che accompagnano l’emicrania.
L’importanza del troncoencefalico è stata dimostrata con la PET che ha evidenziato un’attivazione del grigio periacqueduttale controlaterale ed al locus coeruleus. Perturbazioni della regolazione neurovascolare e neurovegetativa da parte di questi nuclei spiegano la sintomatologia dell’emicrania. Si ritiene che i farmaci attivi nell’emicrania agiscano sul sistema trigeminovascolare.
Non sono stati individuati meccanismi eziopatogenetici specifici. E’ certo che un meccanismo che entra in gioco è un’aumentata sensibilità delle strutture miofasciali pericraniche in relazione a varie condizioni, anche transitorie, legate a situazioni locali anatomiche (disordini oromandibolari, posture viziate del capo, traumatismi) o a fattori centrali quali disordini emotivi. L’aumentato traffico di impulsi dalle strutture miofasciali non sarebbe più controbilanciato dai meccanismi centrali di modulazione dei nocicettori, in particolare se gli input nocicettivi sono aumentati da fattori precipitanti (stress emotivo, lungo viaggio ecc). Il persistere di fattori predisponenti e scatenanti ridurrebbe la soglia agli attacchi portando alla cronicizzazione della cefalea tensiva.
Le spiccate caratteristiche di periodicità di questa cefalea indicano un’origine centrale che si ritiene consistere nella attivazione dell’ipotalamo ipsilaterale (studi con PET). Tuttavia sono gli eventi vascolari che sono essenziali per l’estrinsecazione dell’attacco di cefalea. Un processo “infiammatorio” nelle strutture retro-orbitarie del seno cavernoso, con un meccanismo di ostacolo venoso, determinerebbe l’instaurarsi di un riflesso trigeminale parasimpatico causa del dolore e delle manifestazioni neurovegetative.
Generalità
Abbiamo visto che le cefalee primarie sono rappresentate nei primi quattro tipi della classificazione della IHS: Emicrania, Cefalea di tipo tensivo, Cefalea a grappolo e Cefalee varie.
Queste cefalee rappresentano una delle cause più frequenti di consultazione del medico, spaventano talora i pazienti ed influiscono enormemente sulla qualità della vita.
Per il medico due gli obiettivi diagnostici essenziali:
La diagnosi è fondamentalmente clinica: allo stato attuale non esiste alcun dato strumentale o biologico che abbia valore di criterio diagnostico.
La descrizione precisa della sintomatologia rappresenta la base per un corretto inquadramento clinico. Bisogna essere abili nel porre le domande, ma soprattutto nel valutare le risposte di un paziente che spesso non comprende la necessità di essere preciso. Nei casi dubbi in relazione all’inquadramento diagnostico all’interno delle forme primitive può essere necessario rivedere il paziente dopo avergli consegnato un’apposita carta oraria e diario mensile su cui annotare frequenza, intensità e durata degli attacchi, sintomatologia e fenomeni di accompagnamento.
I dati clinici da valutare, e che vedremo dettagliatamente nelle varie forme di cefalea, sono:
L’esame obiettivo neurologico deve risultare negativo (rare eccezioni).
Gli elementi caratterizzanti sono l’andamento accessuale della sintomatologia algica e la negatività clinica nei periodi liberi dal dolore.
Le forme secondarie sono invece caratterizzate da un esordio acuto o ingravescente con andamento continuo o remittente e dalla comparsa di altri segni e/o sintomi neurologici o sistemici.
Emicrania
Colpisce prevalentemente sesso femminile ed età giovane-adulta. Consiste nella comparsa accessuale di episodi ricorrenti di cefalea con periodi intervallari liberi da dolore e di assoluto benessere. Il dolore è pulsante, unilaterale, moderato o severo, peggiora con l’attività fisica, si associa a nausea foto-fonofobia, dura da alcune ore a 1-3 giorni. La presenza o meno di segni o sintomi neurologici transitori che precedono o più raramente accompagnano la fase algica, distingue le forme con aura da quelle senza aura.
Nell’attacco emicranico si distinguono quattro fasi:
E’ la più frequente (80%) Esordisce tra i 10 ed i 30 anni; si attenua e poi scompare oltre i 50 anni.
La frequenza degli attacchi è considerata bassa se inferiore a 2 attacchi al mese; media dai 3 ai 5 attacchi mese; alta se maggiore di 5 al mese.
Gli attacchi, lievi medi o severi circa l’intensità del dolore e la limitazione delle attività, si possono presentare a qualunque orario, anche al risveglio.
Fattori endogeni o esogeni scatenanti sono:
Più rara. Può coesistere con la forma senza aura. I sintomi neurologici sono completamente reversibili e durano circa 20-30 minuti. Il dolore ed i sintomi di accompagnamento sono meno intensi che nella forma senza aura. Rispetto a questa gli attacchi hanno una ricorrenza meno regolare con lunghi periodi di remissione (anche più di un anno). Inizia a ridursi fin dai 40 anni. L’aura può non essere seguita dalla cefalea (20% dei casi), specie nei pazienti con lunga storia emicranica. Questa forma pone importanti problemi di diagnostica differenziale, anche con episodi di TIA. Varianti dell’emicrania con aura, in relazione ai sintomi neurologici di accompagnamento sono: emicrania oftalmoplegica, emicrania retinica, emicrania emiplegica familiare.
Esistono due rare complicanze dell’emicrania: lo stato emicranico con dolore che dura più di da tre giorni ad una settimana con brevi intervalli di 4 ore; e l’infarto emicranico con deficit neurologici che non si risolvono entro 7 giorni.
Cefalea di tipo tensivo
E’ la forma più diffusa di cefalea; colpisce più il sesso femminile: 70% circa dei casi, con insorgenza attorno ai 30 anni. E’ caratterizzata da episodi di cefalea che durano da minuti a giorni, con dolore di tipo compressivo-costrittivo intensità lieve o moderata, localizzazione tipicamente bilaterale in regione fronto-temporale ed è caratteristica la distribuzione a “fascia” o a “casco”. Il vomito è assente e la nausea, se presente è lieve. Mancano foto e fonofobia e l’attività fisica non accentua il dolore. Si distinguono forme con e senza contrazione muscolare. Nella prima è presente un’aumentata dolorabilità dei muscoli pericranici dimostrabile con la palpazione o con un aumento dell’attività muscolare all’EMG. Esistono una serie di fattori causali: stato d’ansia, depressione, disfunzione oromandibolare, stress psicosociale, mantenimento di posture non idonee ecc. Anche la mancanza di sonno è un fattore scatenante.
La forma di tipo tensivo episodica tende alla remissione negli anni. In alcuni casi si assiste alla trasformazione in forma cronica.
Cefalea a grappolo
Nel 70-90% dei casi interessa il sesso maschile. Esiste in forma episodica ed in forma cronica. L’età media di insorgenza è attorno ai 30 anni, con picco a 20 nella forma episodica e due picchi, a 10-29 ed a 50-59 per la forma cronica. E’caratterizzata da una peculiare periodicità con alternanza di periodi attivi definiti anche grappoli (cluster) e di fasi di remissione. Nella forma episodica la cadenza più frequente dei cluster è annuale o biennale. Nella forma cronica i periodi attivi hanno durata superiore ad un anno senza remissione. Le caratteristiche del dolore sono:
Nei periodi attivi, che nella forma episodica durano da due settimane ad un anno, gli attacchi si presentano da una a più volte (1-3 in media) nel corso della giornata. Gli attacchi che in molti pazienti si presentano ad orari prevedibili, sono caratterizzati da un dolore molto severo trafittivo-lancinante, di durata variabile da 15 a 180 minuti. La localizzazione è rigorosamente unilaterale, prevalentemente in regione orbitaria o sovraorbitaria-temporale. La sede può variare da un attacco all’altro. Si associa ricca sintomatologia neurovegetativa omolaterale al dolore: lacrimazione, congestione nasale, iniezione congiuntivale, rinorrea, ptosi palpebrale, sudorazione facciale, miosi. Il paziente appare irrequieto, con vera agitazione psicomotoria. L’attività lavorativa non si interrompe. Fattori scatenanti, nel periodo attivo, sono: alcool, pasti abbondanti, privazione del sonno, eventi stressanti.
La cefalea a grappolo raramente può essere di natura sintomatica ad esempio di lesioni vascolari intracraniche, tumori, dissecazioni carotidee. Importanza dunque di una corretta diagnosi differenziale.
Non è sempre necessario eseguire indagini costose. La storia del paziente e la negatività dell’esame obiettivo neurologico consentono spesso una diagnosi sufficientemente certa. Gli approfondimenti diagnostici servono ad escludere una patologia organica ed hanno senso solo in presenza di segnali d’allarme:
Elettroencefalogramma TAC e RMN sono gli esami più indicati in caso di necessità.
Vedremo nell’ordine:
Cefalee post-traumatiche
Cefalee secondarie a patologie tumorali e vascolari
Cefalee secondarie a malattie internistiche, metaboliche e infettive
Cefalee secondarie a patologie orofacciali e cervicali
Cefalea come effetto indesiderato di farmaci
Cefalea da abuso di farmaci
Cefalee post-traumatiche
Il trauma cranico è causa comune di una cefalea cronica. Dunque le cefalee post-traumatiche vengono classificate tra le cefalee secondarie anche se da queste in certo modo si differenziano. Esse rappresentano, almeno nella forma più comune, un esito di altra malattia, mentre nelle forme secondarie, che vedremo, la cefalea compare come uno di un corteo di sintomi che ha un’evoluzione, legata alla malattia di cui fa parte.
Grande discussione v’è stata se inserire la cefalea che entra a far parte della cosiddetta sindrome post-traumatica tra le cefalee o se non piuttosto considerala analoga agli altri disturbi soggettivi di tipo psicogeno (sindrome da conversione, sindrome da indennizzo).
Le cefalee post-traumatiche non si esauriscono, come vedremo con la cefalea della sindrome post-traumatica; inoltre essa è presente anche in quei casi, non pochi, in cui non si hanno motivi di indennizzo e compaiono anche in pazienti che mai avevano presentato tratti di nevrosi.
L’incidenza di una cefalea cronica nei traumatizzati varia tra il 42 e l’80%. Essa può assumere anche la forma di emicrania di cefalea tensiva ed anche di cefalea a grappolo.
La cefalea post-traumatica, acuta o cronica compare entro due settimane dal trauma e la seconda può persistere oltre i due mesi. Può seguire sia un trauma lieve che un trauma grave, ma non correla in genere né con la gravità del trauma né con l’evidenza di un danno cerebrale. La sintomatologia è indipendente dalla sede, dalle modalità e dal tipo del trauma. La storia naturale dei disturbi della sindrome soggettiva del traumatizzato cranico, comprendente la cefalea, ha una prognosi favorevole entro 3-5 settimane o al massimo entro 2-3 mesi.
Cefalea secondaria a patologia tumorale
La cefalea rappresenta sintomo d’esordio del tumore cerebrale nel 30-40 % dei casi e nel l’8% è unico segno d’esordio. Essa è più frequente nei pazienti in età pediatrica.
La diagnosi si basa sulla presenza di segni clinici evocativi di una neoplasia, sulla conferma attraverso esami strumentali: non esistono caratteristiche cliniche della cefalea che possono indirizzare la diagnosi. L’unico elemento che può assumere rilievo è la comparsa recente della cefalea o la variazione delle caratteristiche di una cefalea esistente.
La cefalea è più frequente nei tumori della fossa cranica posteriore rispetto a quelli sopratentoriali. Una cefalea molto intensa associata a vomito può essere indicativa di una sindrome da ipertensione endocranica. I tumori più voluminosi e quelli che spostano la linea mediana più facilmente si accompagnano a cefalea.
La sede più frequente del dolore è quella frontale (66%); la distribuzione è quasi sempre bilaterale; l’andamento è episodico-intermittente. Non è confermato che la cefalea da tumore abbia un andamento progressivo-peggiorativo, se non nelle fasi più avanzate di malattia.
Per le sue caratteristiche può assomigliare ad una cefalea primitiva. Nella maggior parte dei casi essa assume infatti il tipo cefalea tensiva, con dolore sordo gravativo diffuso. Raramente assume il dolore di tipo emicranico, ma sono descritti addirittura casi di cefalea tumorale con caratteristiche di cefalea a grappolo. Le cefalee tumorali aumentano di intensità con gli sforzi fisici, la tosse e l’attività sessuale. Esse pongono quindi problemi di diagnostica differenziale con il gruppo 4 quello delle cefalee varie tra le quali rientrano quelle da sforzo fisico ecc. Pur assumendo le caratteristiche di questa o quella forma di cefalea primaria in realtà nelle forme secondarie a tumore la cefalea presenta caratteri di atipicità: epoca di insorgenza, pattern temporale non tipico, assenza segni vegetativi, mancata risposta ai farmaci, lunga durata della cefalea ecc.
Cefalea secondaria a patologie vascolari
La cefalea nelle malattie cerebrovascolari in alcuni casi è sintomo cardine (emorragia subaracnoidea), in altri può addirittura essere assente.
La cefalea può aversi nei seguenti sottogruppi di disturbi cerebrovascolari:
Malattia cerebrovascolare acuta ischemica
La cefalea se presente è inserita in un quadro clinico ricco (in genere emiparesi) che fa sottostimare la presenza della cefalea. Questa può seguire o precedere il deficit neurologico. Un terzo dei pazienti con TIA presenta cefalea come sintomo prodromico di accompagnamento o successivo. Nei TIA vertebrobasilari il dolore è occipitale nei carotidei è frontale. Il dolore è pulsante o continuo gravativo. Nell’ictus la cefalea ha le stesse caratteristiche che nel TIA.
Nell’ematoma intraparenchimale la cefalea è presente nel 70% dei casi ma può non esservi se il danno parenchimale è modesto. La cefalea compare acutamente ed in genere è di forte intensità, potendosi accompagnare a nausea e vomito.
Nell’ematoma subdurale è presente nel 50% dei casi ed è più frequente negli ematomi cronici (negli acuti decorso drammatico con segni neurologici gravi fino al coma, senza quindi importanza del sintomo cefalea). La cefalea ha caratteristiche aspecifiche.
Nell’ematoma epidurale vale quanto detto per l’ematoma subdurale.
Qui la cefalea per le sue caratteristiche di insorgenza improvvisa, in genere in occasione di uno sforzo fisico colpo di tosse, atto sessuale, e per la sua intensità assume un rilievo importante nell’orientare la diagnosi. Il dolore è definito come un colpo di pugnale o “il dolore peggiore mai provato” generalmente in regione cerviconucale, con caratteristiche di pulsatilità, accompagnato o seguito immediatamente da vomito, spesso da perdita della coscienza. Segni di meningismo possono essere assenti nelle prime ore.
In alcuni casi il quadro clinico è meno drammatico (episodi sentinella), per un sanguinamento minore autolimitantesi: cefalea modesta ma sempre improvvisa, lieve rigidità nucale nelle ore successive.
La causa è quasi sempre la rottura di un aneurisma o di una malformazione artero-venosa.
Malformazioni vascolari non sanguinanti.
Abitualmente le malformazioni vascolari restano silenti fino alla loro rottura. Talora tuttavia danno segno della loro presenza: compressione dei nervi cranici, specie gli oculomotori nel caso di aneurismi della carotide all’interno del seno cavernoso. In altri casi è la cefalea il segno della loro presenza: dolore sordo, pulsante, localizzato, persistente, spesso retroorbitaria.
La cefalea è presente in più dei tre quarti dei casi, ma si tratta di una cefalea che, pur intensa ed anche precoce, si perde in un quadro clinico ricco: crisi epilettiche, emiparesi, disturbi visivi ecc.
Raramente, nelle forme ad insorgenza subacuta, la cefalea può rappresentare il sintomo iniziale ed allora il sospetto diagnostico si fa con l’esame del fondo dell’occhio.
L’ipertensione lieve o moderata non causa cefalea. La cefalea dell’iperteso cronico è una cefalea che si presenta soprattutto al mattino al risveglio e poi tende a migliorare. Il dolore, in genere lieve, è di tipo pulsante e si localizza a tutto il capo o in sede occipitale.
Una crisi ipertensiva può determinare la comparsa improvvisa di una cefalea diffusa, più intensa alla fronte ed all’occipite, associata a nausea ed a vomito.
Una delle cause di crisi ipertensive è la presenza di un tumore del surrene che produce catecolamine, il feocromocitoma. La cefalea assume un carattere parossistico, in concomitanza alle crisi ipertensive, con dolore pulsante frontale bilaterale sudorazione tachicardia tremori nausea. L’attacco dura da pochi minuti ad un’ora.
Cefalee secondarie a malattie internistiche, metaboliche ed infettive e del rachide cervicale
La cefalea è un sintomo molto comune che può essere causato da un’ampia varietà di malattie sistemiche. In esse la cefalea assume caratteristiche quanto mai varie e l’orientamento diagnostico non si fa sulla cefalea ma sulla presenza della patologia che sottende la cefalea. Ne vedremo alcune particolari o suggestive per il meccanismo con il quale la cefalea viene scatenata.
Sarcoidosi
Lupus eritematoso sistemico
Poliarterite nodosa
Ipossia. La cefalea è dovuta ad una eccessiva vasodilatazione con attivazione del sistema trigemino-vascolare
Cefalee da malattie infettive
Meningiti
Encefaliti
Cefalee cervicogeniche. Sono cefalee caratterizzate da dolore unilaterale che origina dal collo ed irradia in regione oculofrontotemporale. Gli attacchi sono scatenati dal movimento del collo o dal mantenimento prolungato di certe posture del capo. Il dolore è di media intensità, episodico, si accompagna a limitazione funzionale nei movimenti del capo (su base antalgica).
Glaucoma. E’ il glaucoma acuto ad angolo chiuso che può più spesso accompagnarsi alla comparsa di un forte dolore in regione orbitaria irradiato alla fronte o all’emicranio associato ad annebbiamento della vista.
Per reazione avversa ai farmaci (ADR) si intende ogni reazione nociva e non intenzionale ad un farmaco appropriato e somministrato a dosi appropriate, usato per profilassi, diagnosi o terapia, escludendo errori terapeutici.
La cefalea è la reazione avversa da farmaci maggiormente rappresentata nelle rilevazioni ottenute con qualsiasi modalità.
I meccanismi patogenetici delle cefalee da farmaci sono considerati due: la vasodilatazione e l’aumento della pressione intracranica.
I farmaci che presentano le percentuali più significative di ADR cefalea appartengono a molte classi farmacologiche:
Cefalea da abuso di farmaci
Lo 0,5% dei cittadini americani presenta cefalea quotidiana di forte intensità. La maggioranza di essi usa quotidianamente farmaci analgesici.
E’ sempre più forte nella letteratura specialistica definire queste cefalee come cefalee da farmaci, nella ipotesi che gli analgesici potrebbero causare la cefalea con un meccanismo di mantenimento della stessa.
Ad esempio è nota la cefalea da uso cronico di ergotamina o quella da abuso di analgesici. In alcuni casi la cefalea compare alla sospensione del farmaco usato per precedente cefalea ed induce ad una successiva assunzione, stabilendo così un circolo vizioso di mantenimento del dolore.
Terapia delle cefalee primarie
Il primo approccio al paziente cefalalgico è di tipo sintomatico. Inevitabile una terapia di profilassi nei casi con crisi più frequenti.
Prima di ogni trattamento è necessario:
Trattamento sintomatico
Il trattamento sintomatico è indicato con frequenza degli attacchi inferiore od uguale a due al mese e per le crisi residue durante la terapia di profilassi.
La terapia deve essere assunta il più precocemente possibile rispetto all’esordio dell’attacco.
Emicrania
Per il trattamento acuto dell’emicrania esistono due principali categorie di farmaci:
Triptani sono i farmaci di prima scelta negli attacchi moderati e severi. In commercio in Italia:
Sumatriptan Zolmitriptan Rizatriptan Eletriptan Almotriptan
Alcuni sono disponibili in varie formulazioni (orale, spray nasale, rettale, sottocutanea) permettendo una scelta in relazione alle caratteristiche dell’attacco. La formulazione sottocutanea del sumatriptan rappresenta il composto più potente attualmente disponibile in commercio.
Non sono esenti da controindicazioni, legate alla loro azione di vasocostrizione:
Ipertensione non controllata
Cardiopatia ischemica
Infarto miocardico pregresso
Arteriopatia periferica
Insufficienza epatica o renale
Trattamento con IMAO
Trattamento con ergot-derivati
Come non sono esenti da effetti collaterali che nel loro insieme costituiscono la “sindrome da triptani”: senso di oppressione toracica ed al collo, sonnolenza astenia, vertigini nausea senso di calore.
Essi possono anche presentare un particolare problema: la “ricaduta”, cioè il ripresentarsi di una crisi emicranica nelle successive 24 ore.
Ergot-derivati agiscono anch’essi attraverso la vasocostrizione dei vasi cefalici. La loro azione è inferiore a quella dei triptani. I più utilizzati sono l’ergotamina e la diidroergotamina. L’ergotamina si trova spesso associata alla caffeina che ne favorisce l’assorbimento a livello intestinale.
Anche gli ergotaminici possono determinare una cefalea da rimbalzo, ma il problema principale è l’effetto vasocostrittivo su tutti i vasi (ergotismo) con anche angina pectoris nei casi più gravi.
Le controindicazioni sono sostanzialmente le stesse dei triptani.
FANS sono indicati come prima scelta nelle crisi di intensità lieve-moderata, quando i farmaci specifici sono controindicati, o nel trattamento delle recidive entro le 24 ore. I più utilizzati sono Asa, indometacina, Ibuprofene, Naprossene Ketoprofene e Diclofenac. Se sono presenti fenomeni vegetativi v’è indicazione all’associazione con antiemetici (domperidone e Metoclopramide).
Il Paracetamolo rappresenta il farmaco di prima scelta in gravidanza in quanto privo di effetti dannosi sul feto.
Cefalea di tipo tensivo
Viene trattata con l’uso di FANS ed analgesici, soli o in combinazione con caffeina ed ansiolitici.
I miorilassanti, benzodiazepine e baclofen, sono utilizzati nelle forme con contrattura muscolare.
Le benzodiazepine agiscono anche sull’ansia da stress che può costituire fattore scatenante.
Cefalea a grappolo
Le crisi sono di breve durata e ciò fa preferire la via parenterale e quella inalatoria.
Il farmaco di prima scelta è il sumatriptan (spray nasale o via sottocutanea). Poco utilizzati gli ergotderivati. I FANS sono scarsamente efficaci. Una relativa efficacia ha mostrato l’indometacina.
Trattamento preventivo
Emicrania
La terapia profilattica viene iniziata se:
Il paziente deve essere addestrato a registrare gli episodi di emicrania per almeno due mesi ed il trattamento una volta iniziato deve durare almeno tre mesi.
Beta-bloccanti. Rappresentano i farmaci di prima scelta nella profilassi dell’emicrania. La preferenza va attualmente all’atenololo ed al nadololo, in relazione alla loro lunga emivita che consente somministrazioni giornaliere limitate. Per lo stesso motivo si usa il propanololo a lento rilascio.
Gli effetti collaterali sono: bradicardia, astenia, impotenza depressione umore, ipotensione ortostatica. Controindicati in caso di asma o di diabete. Tutti i Beta-bloccanti debbono prevedere sia un incremento graduale del dosaggio, per meglio tollerare la bradicardia, sia riduzione graduale per non provocare tachicardia ed aumento della pressione arteriosa.
Calcioantagonisti flunarizina e verapamil sono indicati in luogo dei beta-bloccanti in pazienti con asma o diabete.
Antidepressivi. I triciclici e gli inibitori specifici della ricaptazione di serotonina (ISRS) trovano indicazione nelle sindromi emicraniche, anche se non di prima scelta, sia per la loro efficacia che per la sostanziale assenza di effetti collaterali e di controindicazioni (glaucoma, ipertrofia prostatica).
Anticonvulsivanti. L’acido valproico trova indicazione in presenza di epilessia o di disturbo ossessivo-compulsivo, oppure in aggiunta ad altri antiemicranici nei pazienti con emicrania “resistente”.
Cefalea di tipo tensivo
La terapia farmacologica spesso non è sufficiente e si deve ricorre al biofeedback, a terapia comportamentali, o al training autogeno. Inoltre nelle cefalee tensive maggiore è il rischio dell’uso eccessivo di analgesici.
Nella forma episodica la terapia profilattica spesso non è necessaria. Se c’è disturbo d’ansia o dell’umore la scelta cade su ansiolitici ed antidepressivi.
Nella forma cronica si usano gli antidepressivi triciclici e gli ISRS.
Cefalea a grappolo
La terapia si avvale dei calcioantagonisti, verapamil in particolare. Nelle forme episodiche, a grappolo iniziato si usa il cortisone (prednisone) che estingue il grappolo nei primi giorni di assunzione. Per i suoi effetti collaterali da assunzione cronica il cortisone non è indicato nelle forme croniche.
Il litio carbonato è più efficace nelle forme croniche.
Fonte: http://www.ordfarmacistips.it/imgup/dispensa.doc
Sito web da visitare: http://www.ordfarmacistips.it/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Programma: Classificazione delle Cefalee Dr. G. Pierini Epidemiologia delle Cefalee Dr. G. Pierini Fisiopatologia Cefalee Primarie (cenni) Dr. M. Fronzoni Clinica Cefalee Primarie Dr. M. Fronzoni Cefalee Secondarie o Sintomatiche Dr. G. Pierini Terapia delle Cefalee Dr. M. Fronzoni Dr. G. Pierini
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