Dispensa Italo Svevo

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Dispensa Italo Svevo

Italo Svevo

Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz, nasce nel dicembre 1861 a Trieste da una famiglia benestante di origine ebraica: il padre Francesco Schmitz è di origine austriaca, la madre Allegra Moravia di origine italiana. È a questa doppia radice etnica e culturale che allude il nome d’arte dell’autore: legato all’Italia (Italo) e al mondo tedesco (Svevo, da Svevia, una regione tedesca). All’epoca inoltre Trieste è un importante porto commerciale con una società multietnica in cui convivono austriaci, italiani e slavi; una città di confine aperta alle novità che giungono dalla cultura mitteleuropea (cioè dell’Europa centrale), di cui Svevo recepisce gli indirizzi di pensiero più innovativi, dalla filosofia di Nietzsche alla psicanalisi di Freud.

Dopo l’educazione primaria presso l’istituto israelitico di Trieste dove fin da bambino studia l’italiano e il tedesco, nel 1873, viene mandato dal padre a vivere e studiare, assieme ai due fratelli Adolfo ed Elio, al collegio di Segnitz, in Baviera, un istituto dove Italo studia materie utili per intraprendere l'attività commerciale. Lì rimane per cinque anni, ampliando la sua conoscenza della letteratura tedesca e studiando la filosofia di Schopenhauer.

Rientrato a Trieste all’età di diciassette anni, sempre per volere del padre, conclude il suo percorso di studi commerciali all'Istituto superiore Revoltella. Nonostante gli studi, riesce ad avere una buona conoscenza letteraria leggendo prima i classici tedeschi e successivamente quelli italiani.

Nel 1880, con il fallimento dell'azienda paterna, trova un impiego presso la filiale triestina della Banca Union di Vienna, dove lavora per ben diciotto anni. Nello stesso anno inizia la collaborazione con L'Indipendente, giornale triestino di ampie vedute socialiste, scrivendo recensioni teatrali, articoli di argomento letterario e filosofico, firmandosi E. S. Nello stesso periodo si dedica alla lettura dei grandi classici francesi (Balzac, Flaubert, Zola) e italiani (Boccaccio, Machiavelli, Carducci). Svevo è dunque un intellettuale non professionista, diviso tra la passione per la letteratura e una “normale” vita borghese. Entrato in contatto con la cultura positivista e con le teorie di Darwin, si rende conto ben presto del condizionamento che la società esercita sulle vite degli uomini e orienta così il suo pensiero verso idee socialiste e marxiste.

Nel 1892 avviene la pubblicazione del suo primo romanzo Una vita; l'opera viene finanziata a proprie spese in sole mille copie. Con grande delusione dell’autore, il romanzo si rivela un clamoroso insuccesso e viene sostanzialmente ignorato dalla critica e dal pubblico. In quello stesso anno ha una relazione con Giuseppina Zargol, che ispira poi il personaggio di Angiolina in Senilità.

Nel 1895 Svevo si fidanza con sua cugina, Livia Veneziani, appartenente ad una famiglia benestante: è figlia di un commerciante di vernici per imbarcazioni, di tredici anni più giovane di lui, che sposa nel 1896 con rito civile. L’anno seguente dalla donna ha una figlia, Letizia. Il matrimonio risolleva così la sua misera condizione economica ed egli si trova inserito nel mondo dell’alta borghesia triestina.

Nel 1898 pubblica il secondo romanzo, Senilità; anche quest'opera passa però sotto silenzio. Questo insuccesso letterario lo spinge quasi ad abbandonare del tutto la letteratura. Dimessosi dalla banca, nel 1899 Svevo entra nell'azienda del suocero come dirigente, accantonando la sua attività letteraria. Costretto per lavoro a viaggi all'estero, Svevo sente la necessità di migliorare il suo inglese e per questo frequenta un corso alla Berlitz School di Trieste nel 1905, dove allora insegnava lo scrittore irlandese James Joyce, suo insegnante. I due diventano amici e Svevo gli fa leggere i suoi romanzi. Finalmente trova qualcuno che apprezza le sue opere, al punto che Joyce lo incoraggia a riprendere l’attività letteraria e a scrivere un nuovo romanzo.

Negli anni tra il 1908 e il 1910 entra in contatto con la psicoanalisi freudiana, che lo interessa molto come strumento per analizzare la mente degli uomini: questo evento influenzerà la sua successiva produzione letteraria.

Tra il 1919 e il 1922 Svevo scrive La coscienza di Zeno, poi pubblicato a Bologna nel 1923, ancora senza successo, fino al 1925, quando l'amico Joyce lo propone ad alcuni critici francesi, mentre in Italia Eugenio Montale ne afferma la grandezza, scrivendone una recensione positiva sulla rivista “L’Esame”: scoppia così il "caso Svevo", vivace discussione attorno allo scritto su Zeno. Finalmente la critica italiana ed europea si accorge dell’originalità dell’autore triestino. Nel 1926 infatti una rivista francese gli dedica perfino un intero fascicolo e l’anno seguente Svevo tiene perfino una conferenza su Joyce a Milano, mentre nel 1928 viene festeggiato a Parigi tra molti noti scrittori europei.

La sua attività letteraria prosegue con la stesura di molti racconti, pubblicati postumi, e commedie (ben tredici), rappresentate con scarso successo.

Il quarto romanzo, Il vecchione o Le confessioni del vegliardo, rimane incompiuto a causa della morte dello scrittore, avvenuta nel settembre 1928 nell'ospedale di Motta di Livenza (Treviso), in seguito ad un incidente stradale.

 

Svevo e il suo tempo – Il contesto storico-culturale

Trieste, città di confine

Nella seconda metà dell’Ottocento e fino alla prima guerra mondiale, Trieste fu il più importante porto commerciale del Mediterraneo. Inoltre, grazie ad un editto varato dall’imperatore Giuseppe II d’Asburgo, nella città convivevano tre etnie diverse: austriaca, italiana (veneta) e slava, oltre ad una numerosa comunità ebraica. Dediti soprattutto all’attività commerciale, gli ebrei appartenevano alla ricca borghesia cittadina e detenevano il potere economico. Trieste era una città di confine, periferica rispetto ai centri culturali italiani. Ma proprio la sua posizione “di frontiera” le permise di ricevere gli influssi della cultura mitteleuropea, una cultura cosmopolita che si affermò nell’ultimo periodo di vita dell’impero austro-ungarico.

La cultura della crisi

La coscienza di Zeno si inserisce in un contesto di grandi fermenti culturali. Le nuove tendenze irrazionalistiche affermatesi sul finire dell’Ottocento miravano dalle fondamenta la fiducia nella ragione e nella scienza sostenuta dal Positivismo, sconfessando la possibilità di giungere alla conoscenza della realtà mediante un procedimento logico. I nuovi orientamenti culturali operavano una critica radicale al pensiero razionalista: la filosofia di Friederich Nietzsche contribuì a svelare l’inconsistenza delle antiche credenze e dei valori comunemente accettati, mentre la scoperta dell’inconscio da parte di Sigmund Freud aprì un campo d’indagine fino ad allora sconosciuto. La crisi del concetto di realtà ebbe inevitabilmente delle ripercussioni in ambito letterario. Fu così che nei primi decenni del Novecento molti scrittori, come rifiuto della tradizione letteraria ottocentesca, tentarono di aprire nuove strade in ambito narrativo. Punti di riferimento furono Thomas Mann, Franz Kafka, Marcel Proust, Robert Musil, James Joyce, Virginia Woolf, Luigi Pirandello e Italo Svevo.

La crisi del mondo borghese

Svevo visse sempre in ambiente borghese, frequentando il ceto più ricco a cui appartenevano sia la sua famiglia che quella della moglie. I suoi personaggi quindi riflettono la mentalità, i vizi e soprattutto le nevrosi della borghesia di allora. Il loro mondo è in crisi e, sebbene troviamo figure simili a quelle dei romanzi naturalisti ottocenteschi (impiegati, banchieri, commercianti ritratti con grande realismo in tutti gli aspetti della loro vita), tuttavia interesse dell’autore non è la volontà di ritrarre il mondo dell’intraprendenza degli affari, quanto gli uomini incapaci di vivere e di prendere decisioni, sempre più incarnati nella figura dell’inetto. Inetto è colui che è continuamente insoddisfatto di sé e della propria vita.

L’inetto protagonista dei romanzi di Svevo

Una vita – Trama

Alfonso Nitti, giovane intellettuale di ventidue anni con aspirazioni letterarie, lascia il paese natale, dove vive con la madre, e si trasferisce a Trieste, trovando un avvilente impiego come bancario presso la banca del signor Maller. Un giorno viene invitato a casa del banchiere Maller, e qui conosce Macario, un giovane sicuro di sé con cui Alfonso fa amicizia, e Annetta, figlia di Maller, anch'essa interessata di letteratura, con la quale Alfonso inizia una relazione. Sul punto di sposarla però, così da poter cambiare vita, fugge e torna al paese d'origine, dove la madre, già gravemente malata, muore. Alfonso la assiste fino all’ultimo giorno di vita; torna quindi a Trieste, e decide di vivere una vita di contemplazione, lontano dalle passioni. Tuttavia, alla scoperta che Annetta si è fidanzata con Macario, Alfonso si sente ferito e cerca in tutti i modi di ritornare alla situazione precedente, ma non solo fallisce in questo proposito, bensì riesce persino ad aggravare ulteriormente la situazione. Quando, in seguito all'ennesimo equivoco con la famiglia Maller, si trova a dover sfidare a duello il fratello di Annetta, sceglie di suicidarsi.

Alfonso è un intellettuale che non sa inserirsi nella società in cui vive e viene emarginato per le sue scelte, che lo portano infine al suicidio.

Senilità – Trama

Emilio Brentani conduce una modesta esistenza in un appartamento condiviso con la sorella Amalia una donna dal carattere mite de introverso che, non avendo molti rapporti con il mondo esterno, si limita principalmente ad accudirlo. Accade un giorno che Emilio conosce Angiolina, di cui si innamora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l'amico Stefano Balli, scultore e uomo brillante che gode di un enorme successo con le donne. Emilio tenta di fare capire ad Angiolina che la relazione tra i due sarà subordinata ai doveri di lui. Non è in grado di rendersi conto che in realtà sarà Angiolina ad avere il coltello dalla parte del manico, ad investire meno sentimenti e, infine, a soffrire di meno a causa di questa relazione non ufficiale. Stefano non crede nell'amore, e cerca di convincere Emilio a divertirsi con Angiolina, che ha del resto una pessima fama a Trieste. Emilio finisce invece per dimostrare tutto il suo amore nei confronti di questa donna, arrivando anche a trascurare gli indizi degli amici che cercano invano di avvertirlo: infatti, Angiolina inizia a mostrare un certo interesse per un ombrellaio ed anche nei confronti di Stefano. Questi, dal canto suo, comincia a frequentare casa Brentani con maggiore assiduità e per ironia del destino Amalia finisce per innamorarsene. Il suo fascino maschile fa quindi colpo su entrambe le protagoniste femminili. Emilio, geloso della sorella, allontana Stefano, e Amalia torna triste e malinconica e comincia a stordirsi con l'etere, finché non si ammala di polmonite. Dopo la morte della sorella, Emilio smette di frequentare Angiolina, pur amandola, e si allontana da Stefano Balli. Viene poi a sapere che Angiolina è fuggita con il cassiere di una banca per poi recarsi nella capitale dell'Impero, Vienna. Anni dopo, Emilio riprende la propria vita, confondendo nella sua mente il ricordo della sorella con quello dell’amata: vede le due donne fuse in una singola persona, una donna giovane e bella come Angiolina, ma buona e mite come la sorella Amalia.

Emilio finisce per rinunciare alla vita e si rinchiude nella propria passività.

 

Fonte: http://www.insegnareitaliano.it/documenti/Laboratorio%20docenti/italiano/Gentile%20Giorgio/Dcoumenti/Italo%20Svevo%20-%20Biografia%20e%20contesto%20storico-culturale.doc

Sito web da visitare: http://www.insegnareitaliano.it

Autore del testo: G.Gentile

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