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Henry Bergson:
L’elemento fondamentale del pensiero di Bergson è la radicale critica al positivismo.
Bergson viene considerato, insieme a Nietzsche, un esponente del vitalismo o anche uno spiritualista.
La sua filosofia è caratterizzata da uno stile fenomenoligico: non si basa mai su dati assoluti, ma solo su dati provenienti dall’esperienza concreta.
La sua filosofia, infatti, risulta essere il più possibile vicina all’esperienza e il meno possibile astratta.
VITA:
Bergson nasce a Parigi 1859 e studia prima di filosofia, matematica e meccanica.
Nonostante fosse ebreo, nell’ultima parte della sua vita si avvicina molto al cattolicesimo, ma la conversione non avviene in quanto egli afferma di voler “rimanere con i perseguitati”.
Muore a Parigi nel 1941.
Tra le maggiori opere vi sono:
1889: “Saggio sui dati immediati della coscienza”
1896: “Materie e memoria”
1903: “Introduzione alla metafisica”
1907: “L’evoluzione creatrice”
1932: “Le due fonti della morale e della religione”.
LA CRITICA AL POSITIVISMO:
Bergson viene inquadrato nello spiritualismo francese in quanto la sua filosofia è considerata un tentativo di costruire una nuova concezione dell’uomo (antropologia) contro l’esaltazione della scienza positivista. Bergson sottolinea come l’uomo non possa essere ridotto alla sola natura fisica e quindi ad un oggetto della natura.
Il vero obbiettivo della filosofia è cogliere il mondo dello spirito, fatto di libertà e di valori non riducibili ad una natura fisica.
La filosofia non può essere assorbita dalla scienza, che quindi non può pretendere di porsi come assoluta. Alla scienza, intesa solo come scienza della natura, sfugge l’interiorità dell’uomo.
La filosofia, a differenza della scienza della natura, deve utilizzare un metodo di ripiegamento interiore (metodo riflessivo). La scienza si occupa di oggetti esterni e sarebbe assurdo porre la coscienza sullo stesso piano. La conoscenza della propria coscienza deriva dall’interno: la coscienza coglie se stessa dall’interno e quindi a partire dall’esperienza vissuta.
L’uomo può essere interpretato dal punto di vista scientifico, ma non può essere ridotto ad un semplice oggetto della natura.
I poli della riflessione filosofica sono:
- IO
- DIO
La conoscenza è colta come qualcosa di finito, ma aperto a Dio e alla trascendenza (≠ dall’idealismo hegeliano).
IL TEMPO DELLA SCIENZA E IL TEMPO DELLA COSCIENZA:
Secondo Bergson il positivismo, e in particolare Spencer, ha una concezione riduttiva dell’uomo e non si mantiene fedele hai fatti.
La scienza ha una validità indiscutibile, ma non può spiegare tutta la realtà e questa inadeguatezza la si coglie prendendo in considerazione un ambito della realtà: il tempo.
Attraverso il tempo si mette in luce la profondissima differenza che esiste tra filosofia e scienza e quindi tra il tempo della scienza e della coscienza.
TEMPO DELLA SCIENZA
TEMPO DELLA COSCIENZA
(durata reale)
spazializzato
misurabile
lineare ed estensivo
omogeneo
reversibile
quantitativo
sequenza di istanti esterni
FILO DI PERLE
vissuto
intensivo
eterogeneo
irreversibile
qualitativo
fluire di stati che si compenetrano
GOMITOLO, VALANGA
Tempo orologio
Il tempo della scienza è omogeneo, lineare ed estensivo (estensione lineare) e quantitativo, basato infatti sulla quantità e sulla misurabilità.
Il tempo della scienza è reversibile e indefinitivamente ripetuto: dal punto di vista quantitativo, il minuto è sempre lo stesso.
L’immagine che Bergson dà del tempo della scienza, è quella di una COLLANA DI PERLE.
In una collana le perle sono tutte uguali e ciò che le differenzia è solo la posizione che esse assumono. Ciascuna unità è semplicemente accostata all’altra, senza che ci sia fusione:
- gli istanti sono tutti uguali
- gli istanti sono esterni l’uno rispetto l’altro.
Il tempo della scienza è astrazione poiché viene a meno la continuità.
Il tempo della coscienza non si misura, ma si vive: è quindi durata reale.
Ciascun istante è unico e irripetibile e la coscie4nza non potrà mai vivere due attimi uguali.
In base al tempo della coscienza:
- un attimo può durare un’eternità
- e un’eternità può durare un attimo.
Ciò che conta non è il tempo misurato, ma è il tempo trascorso secondo la soggettività:
- per il tempo della scienza, un minuto dura sempre sessanta secondi
- per il tempo della coscienza, un minuto può durare anche un’eternità.
Il tempo della coscienza è eterogeneo e qualitativo: l’importante non è la quantità, ma è la qualità e l’intensità dell’esperienza vissuta.
Il tempo della coscienza è come un fiume, è un fluire continuo in cui non si possono distinguere i singoli attimi. In ogni momento la coscienza è tutto, in ogni attimo la coscienza ha in sé tutto il passato e possiede potenzialmente anche il suo futuro.
Gli attimi sono compenetrati l’uno nell’atro e la coscienza cresce su se stessa (GOMITOLO e VALANGA).
La coscienza è tutto in ogni istante ed è sempre diversa, perché in questo fluire essa cambia continuamente.
RAPPORTO TRA COSCIENZA E CORPO:
Lo scopo del tempo della coscienza è di sottolineare il primato della coscienza stessa, non riducendo l’uomo ad un semplice oggetto della natura.
A differenza degli altri spiritualisti, però, Bergson ritiene che il primato della coscienza possa essere difeso dimostrando lo stretto legame che esiste tra la coscienza stessa e un corpo materiale.
Gli altri spiritualisti sganciavano la coscienza dall’aspetto materiale, tramite il quale essa diventava una sorta di miraggio. Secondo Bergson la coscienza è incarnata, cioè legata ad un corpo materiale.
Il rapporto tra coscienza e corpo viene affrontato in “Materia e Memoria” con lo scopo di combattere le concezioni secondo cui la coscienza non è altro che una manifestazione del cervello e quindi di un organo corporeo materialismo e riduzione dello spirito.
LA COSCIENZA:
Bergson distingue tre attività della coscienza:
- MEMORIA: La memoria è la facoltà più originaria e per questo motivo coincide con la coscienza stessa e con la durata reale. La memoria non è una facoltà che “archivia” dei dati o dei momenti, ma è una continuità della nostra esperienza, che raccoglie il passato, lo trattiene nel presente e poi lo proietta nel futuro. Tutto è in ogni momento memoria lo spirito cresce su se stesso. N.B. La memoria non deve essere considerata una vera e propria facoltà, perché questo termine implica che possa essere o no adoperata, mentre essa è qualcosa di originario.
- RICORDO: Il ricordo è una funzione derivata che consiste nel registrare delle percezioni, che vengono immagazzinate e poi selezionate per consentire l’orientamento nel futuro. Ricordare significa trattenere delle percezioni.
- PERCEZIONE: La percezione è un fenomeno soggettivo che seleziona solo alcuni degli infiniti stimoli che provengono dal mondo esterno, essa seleziona quindi solo quelli utili per il presente. La facoltà della percezione è particolarmente legata alla dimensione corporea, in quanto le percezioni derivano dalla nostra sensibilità corporea. Il ricordo e la percezione sono entrambe facoltà derivate e selettive: in particolare la percezione riguarda il presente, mentre il ricordo riguarda il passato.
INTELLIGENZA E INTUIZIONE:
Sia il ricordo che la percezione sono funzioni dell’intelligenza, che seleziona, analizza e scompone per chiarire i dati, ma anche per rendere possibile l’interazione con il mondo che ci circonda.
L’intelligenza seleziona la durata reale nello stesso modo con cui procede la scienza.
L’intelligenza e la scienza sono come una pellicola: scomporre il tempo reale significa osservare una pellicola cinematografica nei singoli fotogrammi, perdendo quindi la continuità.
L’intelligenza è secondo Bergson una forma più raffinata di istinto, in quanto entrambi nascono da un’esigenza pratica di soluzione dei problemi vitali e di interazione con l’ambiente circostante.
La conoscenza basata sull’intelligenza è fondamentale, ma non è il metodo adatto per cogliere l’essenza della realtà.
La profonda essenza della realtà si coglie attraverso l’intuizione, cioè tramite un coglimento immediato, senza passaggi o scomposizioni, che si immerge direttamente nel continuo fluire della coscienza e del tempo reale.
N.B. L’intuizione si immerge direttamente nel fluire continuo, confuso e complesso della coscienza, all’interno del quale non si possono fare delle distinzioni, come avviene invece con la scienza.
Bergson definisce l’intuizione come “l’organo della metafisica”: tramite l’intuizione si può infatti conoscere sia la propria coscienza interiore, sia l’intera realtà.
Nelle sue opere successive si accentua l’estensione della coscienza a tutta la realtà: con l’intuizione si può conoscere tutta la realtà, in quanto essa mette in comunicazione la coscienza con se stessa e attraverso se stessa con tutta la realtà, che è durata reale.
LO SLANCIO VITALE:
L’elemento che accomuna tutto l’essere è chiamato slancio vitale, un dinamismo ed una tensione che attraversa tutta la realtà e inteso come categoria ontologica (richiamo alla volontà di Schopenhauer: una forza confusa e irrazionale che anima tutta quanta la realtà).
L’intero universo è durata e lo slancio vitale ha in sé le caratteristiche della coscienza: è la creazione di forme di vita sempre nuove, è spontaneità e creatività.
L’intuizione coglie proprio questo slancio vitale che pervade tutto l’essere.
L’EVOLUZIONE:
L’evoluzione è creatrice e non è un processo rigido e schematico, ma libero e spontaneo come la coscienza.
Bergson divide le interpretazioni delle teorie di Darwin in due categorie:
- le teorie finalistiche
- le teorie meccanicistiche.
Meccanicistica è, secondo Bergson, l’interpretazione di Spencer, da cui l’evoluzione viene presentata come puro prodotto delle leggi della materia, sulle basi del principio di causalità efficiente.
La causa efficiente produce il suo effetto tramite una spinta, mentre la causa finale produce il suo effetto attraendo:
CAUSA EFFICIENTE: ogni momento è derivato e dipendente da quello
precedente.
CAUSA FINALE: implica una meta e quindi intenzionalità.
Bergson si discosta da entrambe le teorie in quanto ritenute troppo rigide: la causa efficiente implica determinismo, ma anche il finalismo toglie al processo evolutivo l’imprevedibilità e la spontaneità, tendendo continuamente verso un fine prestabilito e predeterminato.
Non si può sapere in che direzione volgerà l’evoluzione (richiamo a Nietzsche entrambi infatti vengono definiti filosofi vitalisti).
TESTI:
“I CARATTERI DELLA COSCIENZA: MUTAMENTO E MEMORIA”:
Un’idea tipica di ogni forma di ogni forma di spiritualismo è che la coscienza è al tempo stesso il dato più certo e ciò di cui abbiamo la conoscenza più profonda.
La filosofia deve perciò cominciare dall’analisi della coscienza.
La prima costatazione è che l’io è un io fatto di molteplicità di stati (sensazioni, sentimenti, rappresentazioni) per di più in continuo movimento.
Il mutamento è un carattere della coscienza e non dell’oggetto: la percezione unita (quella di ora è diversa da quella di poco fa) perché la coscienza ha una memoria.
L’oggetto può essere sempre lo stesso, ma, attraverso la memoria, la coscienza lo percepisce sempre in modo diverso. La memoria tende infatti ad associarlo ad eventi già vissuti e quindi caratterizzati da determinati stati d’animo. Siccome gli stati d’animo non sono mai uguali, anche gli stessi oggetti e gli stessi eventi verranno sempre vissuti in modo diverso.
Bergson porta un esempio: le città, le case e le strade che si percorrono ogni giorno sono sempre le stesse, ma il vissuto è sempre diverso.
VITA DELLA COSCIENZA = TEMPO REALE = MEMORIA
La memoria della coscienza è all’origine della percezione dell’incessante mutare delle percezioni, la memoria è il filo condotto dell’esperienza vissuta.
La coscienza forma una valanga con se stessa ossia cambia restando la stessa, ovvero permane la medesima solo mutando e accrescendosi.
“IL TEMPO DELLA COSCIENZA: LA MEMORIA”:
Il materiale con cui la coscienza è fatta è il tempo e il tempo è la stoffa più resistente e sostanziale.
La coscienza coincide con la durata reale e la durata è l’incessante progredire del passato, che intacca l’avvenire e che, progredendo, si accresce. Questa durata è però imprevedibilità perché nessuno può prevedere come un soggetto reagirà di fronte alla novità.
Se la coscienza è tempo, essa può essere considerata un tempo in continuo accrescimento: la si può intendere fondamentalmente come memoria.
Vi è una memoria automatica che coincide con la coscienza e che Bergson chiama memoria pura, per indicare che non adempie alcuna altra funzione oltre il ricordare (non serve all’azione).
Tutto ciò che è accaduto alla coscienza è stato di norma registrato: è il passato che si conserva da sé e ci segue tutto intero ogni momento. Il passato è trattenuto nel presente attraverso della memoria.
La memoria è il tutto della coscienza e non solo una parte.
N.B. Ciò che abitualmente chiamiamo memoria è in verità solo la punta dell’iceberg di quella memoria automatica e complessiva che è la coscienza.
La memoria è il nucleo più profondo della coscienza: anche Bergson partecipa ad una sensibilità più acuta, secondo cui l’io presenta una dimensione oscura e profonda (richiamo a Freud, anche si tratta più di un preconscio, che di un inconscio).
Se tutto il passato resta nella memoria, nulla può mai accadere nello stesso modo, perché accade ad una persona divenuta diversa attraverso la prima esperienza.
Proprio il crescere della coscienza su di sé rende la personalità sempre nuova e diversa metafora della valanga e del gomitolo di filo che si arrotola incessantemente.
“IL TEMPO ASTRATTO”:
La teoria bergsoniana del tempo come durata suppone una concezione qualitativa del tempo: nessun istante è uguale ad un altro e il solo fatto di venire prima o dopo di un altro, lo rende qualitativamente diverso. Il tempo di Bergson è il tempo della coscienza.
Ma la scienza (e la vita quotidiana) conoscono un altro tempo: il tempo astratto.
Il tempo astratto non incide sugli oggetti che si trovano in esso, è un tempo fondato sull’idea della simultaneità e della corrispondenza.
“LE DIREZIONI DIVERGENTI DELL’EVOLUZIONE”
Come un proiettile, che frantumandosi si dirige in molteplici direzioni, così la vita si evolve in infiniti sensi, senza seguire schemi o leggi razionali.
La vita si dirige in molteplici direzioni, non secondo una linea retta, ma a forma di ventaglio:
«…La vita è tendenza, e l’essenza di una tendenza è di svilupparsi a forma di ventaglio, creando, in virtù del suo stesso espandersi, direzioni divergenti tra cui si distribuirà il suo slancio… ».
Non esiste una linea di demarcazione tra i diversi fenomeni fisici, chimici e vitali, lo slancio implica infatti continuità, a diversi gradi di perfezione.
Il tessuto della realtà è profondamente unitario, essa si manifesta a gradi diversi, ma lo sfondo è sempre uniforme. La coscienza è la manifestazione più perfetta dello slancio vitale.
La materia e lo spirito (la vita) non sono due ambiti differenti, ma sono due poli della stessa realtà:
lo slancio dell’evoluzione deve, proprio per durare, organizzarsi e quindi adattarsi alla materia bruta.
La materia è il polo negativo, è il margine di resistenza e di imperfezione della vita stessa.
La materia è l’ostacolo che la vita si pone per potersi riaffermare.
Utilizzando un’altra metafora di Bergson, la resistenza della materia allo slancio dell’evoluzione è come l’onda, che esaurita la sua forza, si fa risacca e frena le onde successive.
IL RUOLO DI DIO:
Dio non fa parte della catena evolutiva, ma è l’essere assoluto che spiega ogni anello di tale processo.
Dio esiste, ma non è un essere assoluto che implica una meta prefissata.
N.B. Secondo Bergson, inoltre, non esiste nemmeno il destino.
L’UOMO:
L’uomo è, secondo Bergson, il compimento dell’evoluzione: l’uomo non è solo natura e materia, ma esprime la coscienza e quindi il massimo grado di manifestazione dello slancio vitale.
LA SOCIETÀ:
Esteso a tutta la realtà, lo slancio vitale diventa anche la chiave di lettura dei fenomeni sociali.
Nel testo “Le due fonti della morale e della religione” Bergson propone una distinzione tra
- società chiusa (in cui la morale e la religione sono statiche)
- società aperta (in cui si sviluppano una morale ed una religione dinamiche).
Nella realtà non esistono società esclusivamente aperte o chiuse, ma le loro caratteristiche si intrecciano: le società aperte saranno quindi caratterizzate da un continuo rinnovamento dello slancio vitale.
La SOCIETÀ CHIUSA è basata su regole e schemi fissi e su abitudini consolidate, è una società dominata dall’impersonalità e dal conformismo. Qui la morale e la religione nascono dalla pressione sociale, e quindi da tutti quei modi per mettere ordine nella società.
L’elemento qualificante della SOCIETÀ APERTA è invece lo slancio d’amore, la forma più tipicamente umana dello slancio vitale. È lo slancio d’amore che muove la società, creando valori e forme sempre nuove, raggiungendo anche un contatto diretto con Dio (misticismo).
Lo slancio d’amore nei confronti di Dio è dunque il misticismo.
La società aperta lascia inoltre spazio alla libertà (la caratteristica fondamentale della coscienza) senza soffocarla con regole o schemi opprimenti.
La libertà dell’uomo deve essere tutelata e il discorso di Bergson, intorno alla coscienza, mira proprio ad affermare l’importanza fondamentale della libertà della coscienza stessa.
La coscienza è in ogni istante, e in ogni istante ogni suo atto è libero.
RAPPORTO TRA DURATA/LIBERTÀ: un’azione è veramente libera se deriva dalla totalità della coscienza e quindi dalla durata reale.
Se scaturisce dalla durata reale, ogni atto è indipendente da quello precedente e da quello successivo, è svincolato dalle leggi meccaniche della realtà ed è quindi libero.
Fonte: http://digilander.libero.it/alemar85/Autori%20filo/Henry%20Bergson.doc
Sito web da visitare: http://digilander.libero.it/alemar85/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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