DESTRA E SINISTRA HEGELIANA
La filosofia hegeliana aveva proposto come stadi finali dello Spirito assoluto l’arte, la religione e la fi-losofia. Religione e filosofia avevano lo stesso contenuto, la stessa verità ma espressa in modo diver-so: l’una in forma di rappresentazione, l’altra nella forma più elevata del concetto.
Da tale impostazione si potevano legittimamente dedurre due diverse posizioni:
1. religione e filosofia sono solo due modi di espressione dello stesso identico contenuto di verità;
2. la religione è una forma elementare, semplicistica e, infine, inadeguata, di espressione della ve-rità.
La prima posizione accettava la religione come forma di verità; l’altra, invece, intendeva la filosofia come forma superiore di conoscenza e relegava la religione ad una sorta di filosofia o metafisica ‘per poveri’. La prima posizione animò quella che sarà ricordata come la Destra hegeliana, affannata a mostrare come si potessero giustificare razionalmente le credenze religiose.
La Sinistra hegeliana, invece, brandì l’idea di una critica razionale della religione capace di relegarla ad istituzione ormai sorpassata della storia. Destra e Sinistra hegeliana si fronteggiarono non solo spe-cificatamente sulla religione, ma sul lascito generale della filosofia hegeliana.
Coloro che davano importanza soprattutto al sistema di Hegel, potevano in entrambi questi campi essere conservatori; coloro per cui l’essenziale era il metodo dialettico, potevano appartenere, tanto in religio-ne che in politica, all’opposizione estrema. (F. Engels, Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca)
La Destra, filosoficamente e politicamente conservatrice, dette infatti ampio spazio al sistema hegelia-no, la Sinistra, invece, al metodo dialettico del grande maestro.
La Destra caldeggiava il principio hegeliano che “Tutto ciò che è reale è razionale, e tutto ciò che è ra-zionale è reale”. Essa proponeva una visione conservatrice e giustificatrice, sempre e comunque, di ogni aspetto del reale, dell’esistente: dal dispotismo, allo Stato poliziesco, alla censura. Conseguente-mente assumeva come punto di riferimento uno degli aspetti fondamentali della filosofia hegeliana: la sua funzione giustificatrice.
La Sinistra hegeliana sviluppava, viceversa, sulla scorta della stessa impostazione hegeliana del diveni-re, l’idea – secondo F. Engels - che “Tutto ciò che esiste è degno di morire”. Insomma, si concepiva la filosofia come critica rivoluzionaria dello status quo. Della Sinistra hegeliana faceva parte Ludwig Feuerbach.
FEUERBACH
La vita e le opere
Ludwig Feuerbach nacque il 28 luglio 1804 a Landshut in Baviera e morì a Rechenberg il 13 settembre 1872.
Scolaro di Hegel a Berlino, libero docente ad Erlangen, vide la propria carriera universitaria troncata dall'ostilità incontrata dalle sue idee sulla religione riassunte nella sua prima grande opera: Pensieri sul-la morte e l'immortalità (1830).
Fu hegeliano fervente, ammaliato dalla grandiosità del sistema del maestro. Si staccò in seguito dall'he-gelismo con lo scritto Per la critica della filosofia hegeliana (1839).
Del 1841 fu la sua opera più importante: L’essenza del cristianesimo. Seguirono le Tesi provvisorie per la riforma della filosofia (1843) e Princìpi della filosofia dell'avvenire (1844). Altro lavoro notevole fu L’essenza della religione (1845).
Si ritirò, infine, nella solitudine della campagna, nello studio e visse quasi sempre a Bruckberg. Nell'in-verno 1848-1849, invitato da una parte degli studenti di Heidelberg, tenne le Lezioni sull'essenza della religione. L'invito era stato reso possibile dagli avvenimenti del '48 e fu soltanto una parentesi nella vita di Feuerbach che passò i suoi ultimi anni in miseria, a Rechenberg.
Il capovolgimento del rapporto soggetto/predicato
In Per la critica della filosofia hegeliana Feuerbach attacca il modo in cui, senza alcuna giustificazione, Hegel fa iniziare il suo sistema: l’Idea, il Pensiero.
Sia la Logica, sia la Fenomenologia, iniziano con il pensiero, il che contraddice “l’intuizione sensibile e l’avvocato di questa, l’intelletto” (Per la critica della filosofia hegeliana). Per Hegel il pensiero è il prius, il grund, il fondamento, il soggetto originario e creatore; mentre l’essere, la realtà effettiva, non è che un semplice predicato del soggetto. Il sistema hegeliano, infatti, inizia con l’Idea che solo fuori di sé diventa natura.
Feuerbach denuncia l’impostazione hegeliana come una completa inversione, un capovolgimento dell’esatto rapporto tra pensiero ed essere.
Il vero rapporto tra pensiero ed essere non può che essere che questo: l’essere è il soggetto, il pensie-ro è il predicato. Il pensiero dunque deriva dall’essere, ma non l’essere dal pensiero. (Tesi provvisorie, in Principi della filosofia dell’avvenire, Einaudi, Torino 1948, p. 63)
Il difetto fondamentale del sistema hegeliano è quindi quello di porre come originario ciò che è deriva-to. Col materialismo di Feuerbach, il giusto rapporto è esattamente l’opposto di quello idealista hege-liano: il soggetto, il fondamento è il concreto e il pensiero è un attributo. La natura non è un predicato o attributo dello Spirito, ma lo Spirito un attributo della natura. L’inizio non può che essere l’essere sensibile nella sua finitezza.
L’inizio della filosofia non è Dio, non è l’Assoluto, non è l’essere come predicato dell’assoluto o dell’idea: l’inizio della filosofia è il finito, il determinato, il reale. (Tesi provvisorie, cit. p. 67)
Nella storia della filosofia, in genere, i filosofi si sono sempre divisi in questi due grandi campi, (mate-rialismo e idealismo) ma il livello storico raggiunto permette a Feuerbach di riproporre il materialismo con una chiarezza estrema, inusitata.
Gli idealisti – ricordiamo sinteticamente – sostengono la priorità dello Spirito rispetto alla natura, del pensiero rispetto all’essere e, generalmente, si trovano poi a dover ammettere, in ultima istanza, una creazione ad opera di un Dio/Demiurgo personale esterno alla natura.
I filosofi che affermano la priorità della natura appartengono, al contrario, al campo materialistico e intendono con ciò affermare che il concreto esiste indipendentemente da noi e prima di noi. Il pensie-ro, lo spirito, la coscienza non sono altro che il prodotto più alto della stessa materia: predicato, dun-que, e non soggetto.
Mettendo al centro il rapporto tra pensiero ed essere Feuerbach attacca non soltanto Hegel, ma le fon-damenta stesse della sua filosofia: l’idealismo.
La rottura con il vecchio maestro idealista è totale! L’Idea assoluta, la preesistenza delle categorie della Logica di Hegel, reperibili chissà dove prima del mondo, non sono altro, per Feuerbach, che l’imbellettamento filosofico della credenza in un Dio creatore, esterno.
Allora bisogna assolutamente rovesciare i termini della predicazione per mettere le cose nel loro giusto verso. Bisogna fare del predicato il soggetto e del soggetto il predicato!
L’errore logico che Feuerbach denuncia, il rovesciamento dei rapporti di predicazione, è un grimaldello metodologico molto semplice ed efficace allo stesso tempo, capace di far implodere il gigantesco si-stema hegeliano, di far schiantare al suolo questo ‘gigante dai piedi d’argilla’. Ed è con questo grimal-dello che Feuerbach s’appresta alla critica razionale della religione.
In Hegel religione e filosofia condividono lo stesso contenuto, ma Feuerbach s’accorge di qualcosa di più profondo: la filosofia idealistica in generale e la religione soffrono dello stesso vizio originario, poiché operano entrambe il capovolgimento dei rapporti di predicazione, entrambe fanno del pensiero il soggetto e della causa l’effetto.
Insomma, la religione finisce per identificarsi come una forma di idealismo che distorce i rapporti reali.
La demistificazione della religione
Cos’è il divino?
Per Feuerbach, null’altro che una proiezione di alcune qualità umane elevate all’ennesima potenza: nel-la fattispecie la ragione, la volontà, il cuore… Attributi propriamente umani, isolati, portati fuori di noi e che ci si presentano, ora, come altro da noi.
La religione è l’insieme dei rapporti dell’uomo con se stesso, o meglio con il proprio essere, riguardato però come un altro essere […] Tutte le qualificazioni dell’essere divino sono perciò qualificazioni dell’essere umano […] Tu credi che l’amore sia un attributo di Dio perché tu stesso ami, credi che Dio sia un essere sapiente e buono perché consideri bontà e intelligenza le migliori qualità. (L’essenza del cristia-nesimo)
L’arcano della teologia è nell’antropologia. La religione è antropologia ‘capovolta’.
La religione è l’infanzia dell’umanità. (L’essenza del cristianesimo)
Quindi, qual è l’origine dell’idea di Dio? In che consiste?
a) Dio è l’ente che risolve il sentimento di dipendenza dell’uomo di fronte ad una natura matrigna.
Il fondamento della religione è il sentimento di dipendenza dalla natura, ma il fine di essa è il superamento di questa dipendenza, è la libertà dalla natura. (Essenza del cristianesimo)
Dio è quindi il tentativo di lenire il terrore di fronte alla natura, di addomesticarla con strumenti soprannaturali: il culto e la preghiera;
b) Dio è personificazione delle qualità della specie umana.
La coscienza che l’uomo ha, non della limitazione, ma dell’infinità del proprio essere. (L’essenza del cristianesimo)
Dio, dunque, è il superamento dei limiti che l’uomo stesso s’impone e si riconosce; l’ente che dissolve il contrasto tra il suo volere illimitato e il suo limitato potere, realizzando ogni deside-rio.
L’alienazione religiosa
La religione è alienazione: una forma patologica di scissione del sé giacché Dio altro non è che la proiezione del proprio sé fuori di sé, oggettivato e autonomizzato; ciò che era in me, ora è fuori di me, in un Altro che inizia a prender vita propria.
All’autonomia di questa figura subentra uno stato di dipendenza da essa come da una potenza estranea. L’Altro ora mi si para contro come soggetto estraneo, indipendente, con una propria potenza e volontà. L’Io fuori di me si atteggia a Creatore e ne sono succube, dominato.
L’uomo proietta il proprio essere fuori di sé e poi si fa oggetto di questo essere metamorfosato in sog-getto, in persona. (L’essenza del cristianesimo)
Quanto più mettiamo in Dio tanto meno ritroviamo in noi e questo dà luogo a due processi complemen-tari:
1. un processo di estraneazione della propria essenza umana che si manifesta come impoverimen-to del sé;
2. un processo di inversione: Dio è essere infinito, l’uomo è essere limitato; Dio è santo, l’uomo è peccatore; Dio è tutto, l’uomo è nulla.
A tale alienazione non si può che rispondere che con un processo di demistificazione che ripristini i reali rapporti tra soggetto e predicato: non è Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, ma l’uomo che ha creato Dio a sua immagine e somiglianza!
L’ateismo si configura, quindi, come una forma di riappropriazione della propria essenza alienata, della propria sanità e integrità intellettuale. E, soprattutto, l’ateismo diventa vero e proprio dovere morale: l’uomo deve recuperare quanto di positivo ha proiettato fuori di sé.
In questo senso, la filosofia e l’ateismo sono mezzi terapeutici, strumenti di liberazione dalla fede e dalla superstizione.
Ma verrà il tempo nel quale […] la fede di un Dio in genere […] verrà considerata superstizione. (L’Essenza della religione)
Superstizione. Feuerbach si ricongiunge in ciò a quell’’anomalia’ che era stato il grande Baruch Spinoza che, con il Deus sive natura, aveva finito con l’evaporare Dio nell’ordine causale del mondo e definito la religione e i suoi sacri testi ‘immaginazione superstiziosa’.
Per Feuerbach ormai si ridisegna il compito generale della filosofia: porre l’infinito – Dio come perso-nificazione dei predicati umani – nel finito! “Non il finito nell’infinito, ma l’infinito nel finito”.
E’ giunto il momento di porre al centro l’uomo!
La critica alla metafisica
Per Feuerbach la filosofia hegeliana non è altro che una forma di teologia. O meglio:
La filosofia hegeliana è l’ultimo rifugio, l’ultimo puntello razionale della teologia. (Tesi provvisorie, p. 192)
Così come la religione è antropologia capovolta, la filosofia speculativa hegeliana e, in generale, l’idealismo, sono teologia ‘mascherata’ giacché entrambe condividono l’errore fatale di capovolgere i reali rapporti predicativi.
La dottrina hegeliana, secondo cui la natura, o la realtà, è posta dall’idea, non è altro che l’espressione in termini razionali della dottrina teologica, secondo cui la natura è creata da Dio, o l’essere materiale è creato da un essere immateriale, cioè astratto. […] La filosofia speculativa si è resa colpevole dello stesso errore che ha commesso la teologia: l’errore di aver ridotto a determinazioni, a predicati dell’infinito, le determinazioni della realtà o del finito. (Tesi provvisorie)
Feuerbach critica Hegel anche nel suo trasformare l’astrazione, che pure è un normale meccanismo co-noscitivo, in astrazione negativa, dato che volatilizza il reale e non vi fa più ritorno, vivendo solo nel-le regioni nebulose del pensiero.
In Hegel l’astrazione diventa alienazione, arriva ad un livello tale per cui – come nell’alienazione reli-giosa – “l’essenza della natura è posta fuori della natura, l’essenza dell’uomo fuori dell’uomo, l’essenza del pensiero fuori dell’atto del pensiero”. L’astrazione, in Hegel, prende autonomia e, in que-sto delirio di onnipotenza del pensiero, essa diventa creatrice, dominatrice. Proprio come la colomba di Kant che, ebbra di volo, pensa di poter far a meno dell’attrito dell’aria e s’invola in regioni ‘iperurani-che’ che perdono qualsiasi contatto con la realtà.
L’essere della Logica di Hegel è il pensiero trascendente, il pensiero dell’uomo posto al di fuori dell’uomo. […] Hegel ha estraniato l’uomo da se stesso, avendo fatto appoggiare tutto il sistema su questi atti di astrazione. (Tesi provvisorie)
Ecco, dunque, come il grande affresco hegeliano - l’impresa titanica di rimettere in piedi la metafisica idealistica, dopo che la Critica della ragion pura di Kant ne aveva mostrato l’insensatezza - viene irri-mediabilmente smascherato nella sua più intima ed elementare natura.
Se la pars destruens della filosofia feuerbachiana è la critica allo hegelismo e, in pari tempo, la critica alla metafisica in generale, la pars costruens è l’avvio di una filosofia materialistica incentrata sull’uomo.
La filosofia dell’avvenire
Finalmente l’uomo! Un uomo che diventa il soggetto e la preoccupazione principale della filosofia, scopo e fine della speculazione filosofica. Un uomo che, trascinato fuori da una concezione astratta e idealistica, è inscritto in una dimensione reale e fondamentale: la natura!
La nuova filosofia fa dell’uomo l’oggetto unico, universale e supremo della filosofia, includendovi la na-tura considerata come il fondamento dell’uomo. La nuova filosofia fa dell’antropologia, con inclusione della fisiologia, la scienza universale. (Principi della filosofia dell’avvenire)
Un uomo, dunque, che sfugge alle secche di una concezione idealistica che lo concepisce come un ente astrattamente spirituale o, come nella concezione hegeliana, una mera modalità corporea di presentarsi dello Spirito.
L’uomo di Feuerbach è un uomo fatto di “carne e di sangue”: nasce, si evolve, si emoziona, ama, odia, patisce, gioisce, muore. Un uomo collocato in una dimensione materialistica, dunque, che risulta legato e condizionato dal reale, dal corpo, dal sensibile.
Soltanto un essere sensibile è un essere reale. (Principi della filosofia dell’avvenire)
Un essere sensibile ha fame, ha sete, ha bisogni primari da cui è determinato. In questo contesto Feuer-bach dice: “Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore”. Da qui la famosa, e spesso fraintesa, frase “l’uomo è ciò che mangia” (Mann ist was isst) a significare la necessità di pensare l’uomo come unità psicofisica determinata in-nanzitutto dai bisogni primari prima che possa evolversi a coscienza libera e autodeterminantesi.
Infine, come l’ateismo era un dovere morale in quanto disalienazione, la filosofia si configura come uno strumento capace di:
trasformare gli uomini da teologi in antropologi, da teofili in filantropi, da candidati dell’aldilà in studenti dell’aldiquà, da camerieri religiosi e politici della monarchia e aristocrazia celeste e terrestre in autoco-scienti cittadini della terra. (Lezioni sull’essenza della religione)
La distanza con la filosofia hegeliana, che offriva il fianco ad una funzione giustificatrice di tutto il reale, non poteva essere registrata meglio che con questo intento programmatico: la filosofia al servizio dell’uomo!
CONCLUSIONI
L’impressione che fece l’apparizione della filosofia di Feuerbach, che d’un colpo rimetteva al centro il materialismo, fu grande, ‘esaltante’ – come dirà F. Engels.
L’incanto era rotto; il «sistema» [hegeliano] era spezzato e gettato in un canto […] Bisogna aver provato direttamente l’azione liberatrice di questo libro, per farsi un’idea di essa. L’entusiasmo fu generale: in un momento diventammo tutti feuerbachiani. (F. Engels, Ludwig Feuerbach)
Feuerbach rappresenta il punto archimedeo di un duplice rovesciamento a partire dal capovolgimento dei rapporti di predicazione.
Da una parte, Feuerbach mostra come il grande tentativo hegeliano di riproporre la metafisica - dopo che Kant l’aveva demolita - naufraga nell’incapacità di fondare l’inizio del suo sistema con il Pensiero, l’Idea. Questo sistema, che trova nel puro pensiero l’inizio, procede in un mero movimento con se stes-so, in un solipsismo idealistico in cui la materia non è che mera incarnazione del pensiero stesso, ele-mento formale di un processo spirituale.
Hegel proprio partendo dall’Idea non può che capovolgere, inevitabilmente, i reali rapporti di predica-zione. Nella realtà, invece, l’essere è il soggetto, il pensiero è il predicato. E questa inversione assicura che i processi di astrazione, anziché bloccarsi nell’iperuranio, si sviluppino piuttosto in un circolo vir-tuoso di empiria, pensiero astratto, empiria. Siamo, dunque, alla riproposizione del materialismo.
D’altra parte, Feuerbach smaschera l’errore logico di fondo della religione che si costruisce sullo stesso vizio della metafisica di invertire soggetto e predicato: non è Dio che crea l’uomo a sua immagine e somiglianza ma esattamente il contrario attraverso un processo di estraneazione.
Se Newton aveva infranto le perfette, eterne e cristalline orbite sublunari di Aristotele, e aveva unifica-to la legge del cielo e della terra, Feuerbach strappa il velo alla religione e tira giù le corti celesti, al completo di cherubini, angeli e arcangeli, mostrandone l’essenza umana.
La sfida è rimettere l’infinito nel finito. Svuotare finalmente il cielo!
Si badi, la proposta materialistica di Feuerbach non è più, semplicemente, un’ipotesi di lavoro, come poteva essere per Democrito, ma una proposta sostenuta dallo sviluppo delle scienze e delle forze pro-duttive che, proprio nel connubio capitale-scienza vedono il nuovo potente strumento di lavoro, di tra-sformazione della natura per la soddisfazione dei bisogni umani.
Il materialismo non è più una mera ipotesi di ricerca filosofica, ma un habitat storico. In un certo sen-so, Feuerbach è Davide contro Golia, ma un Davide che ora ha dalla sua parte la produzione capitalisti-ca.
Va sottolineato, infine, come con Feuerbach la filosofia svuota il cielo, si riconcentra sull’uomo in car-ne ed ossa, rifonda il suo spazio in una prospettiva illuministica, antropologica, umanistica, fortemente materialista, mandando in soffitta lo Spirito Assoluto di hegeliana memoria.
BIBLIOGRAFIA
Opere di Feuerbach
L. Feuerbach, Essenza del cristianesimo, Feltrinelli, 2008
L. Feuerbach, (a cura di Ascheri, Cesa), Essenza della religione, Feltrinelli, 2006
Opere su Feuerbach
C. Cesa, Introduzione a Feuerbach, Laterza, 2005
F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, La Città del Sole, 2009
SITI WEB:
http://www.filosofico.net/feuerbach.htm