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Il filosofo greco Aristotele, nella sua opera Organon, espone i principi del ragionamento logico, ossia le regole per creare nuove conoscenze a partire da alcuni dati acquisiti. Nella sezione intitolata Primi Analitici egli introduce il sillogismo, un particolare tipo di argomentazione, che permette di trarre una conclusione da due premesse. Ecco come Aristotele stesso introduce la trattazione:
“Occorre dire, anzitutto, quale oggetto riguardi ed a quale disciplina spetti la presente indagine, che essa cioè riguarda la dimostrazione e spetta alla scienza dimostrativa; in seguito, bisogna precisare che cosa sia la premessa, cosa sia il termine, cosa sia il sillogismo, quale sillogismo sia perfetto e quale imperfetto; dopo di ciò, si deve definire che cosa sia, per un qualcosa, l’essere contenuto o il non essere contenuto nella totalità di un qualcos’altro, e che cosa intendiamo per venir predicato di ogni oggetto, oppure di nessun oggetto.
La premessa, ordunque, è un discorso che afferma o che nega qualcosa rispetto a qualcosa. Tale discorso, poi, è universale, o particolare, o indefinito. Con discorso universale intendo quello che esprime l’appartenenza ad ogni oggetto o a nessun oggetto; con discorso particolare, intendo quello che esprime l’appartenenza a qualche oggetto, o la non appartenenza a qualche oggetto; con discorso indefinito intendo quello che esprime l’appartenenza o la non appartenenza, a prescindere dalla forma universale o dalla forma particolare, per esempio il discorso, secondo cui i contrari sono oggetto della medesima scienza, oppure il discorso, secondo cui il piacere non è bene.”
Possiamo tradurre la distinzione tra universale e particolare nel moderno linguaggio della teoria degli insiemi.
Un esempio di discorso universale è la frase “Tutti gli uomini sono mortali”:si tratta di un’enunciato della forma:
(" x Î U) (x Î M),
che si legge: ogni elemento dell’insieme degli uomini, è anche elemento dell’insieme dei mortali. Aristotele, in realtà, intende la relazione di appartenenza in maniera contraria: non come appartenenza di un elemento (uomo) ad un insieme di oggetti accomunati da una proprietà (mortali), ma come appartenenza di una proprietà (mortalità) ad un elemento (uomo). La differenza è solo formale, non concettuale: Aristotele esprime, cioè, lo stesso concetto, però inverte l’ordine ed il significato delle parole.
Un esempio di discorso particolare è: “Socrate è mortale”, che, in simboli, si scrive come
x Î M.
Nel linguaggio di Aristotele, la proprietà considerata appartiene non ad una universalità di elementi (tutti gli uomini), bensì ad un elemento particolare di tale universalità (l’uomo Socrate).
Aristotele considera particolare anche un discorso del tipo “Qualche uomo è buono”, che, nel linguaggio insiemistico, assume la forma:
($ x Î U) (x Î B),
corrispondente a: esiste un elemento appartenente all’insieme degli uomini che appartiene anche l’insieme dei buoni.
Nel sillogismo aristotelico ogni premessa è formata da due termini, uno è l’oggetto(Socrate), l’altro è il predicato(mortale). Essi appaiono sempre legati dal verbo è oppure dalla sua negazione non è.
Sulla base delle diverse possibili relazioni esistenti tra i termini che compongono le due premesse, Aristotele distingue vari tipi di sillogismo, detti figure.
Un esempio di sillogismo della prima figura, noto come sillogismo del filosofo, è:
Premessa: Tutti gli uomini sono mortali.
Premessa: Ogni filosofo è un uomo.
Conclusione: Ogni filosofo è mortale.
I termini sono: A = mortale, B = uomo, C = filosofo. Aristotele li chiama, rispettivamente, primo termine, termine medio, termine minore.Il primo termine ed il termine minore vengono anche chiamati estremi.
In questo tipo di sillogismo la conclusione trae origine dal seguente ragionamento:
“Orbene, quando tre termini stanno tra di essi in rapporti tali, che il minore sia contenuto nella totalità del medio, ed il medio sia contenuto, o non sia contenuto, nella totalità del primo, è necessario che tra gli estremi sussista un sillogismo perfetto. […] In effetti, se A si predica di ogni B, e se B si predica di ogni C, è necessario che A venga predicato di ogni C.”
Il sillogismo resta valido se la seconda premessa anziché essere universale, è particolare, come nell’esempio seguente:
Premessa: Tutti gli uomini sono mortali.
Premessa: Socrate è un uomo.
Conclusione: Socrate è mortale.
Se una delle relazioni di appartenenza viene sostituita da una relazione di non appartenenza, può, invece, diventare impossibile trarre una conclusione. Aristotele porta il seguente esempio:
Premessa: Ogni animale è un uomo.
Premessa: Nessun uomo è un cavallo.
Ragionando sul piano puramente logico, non è consentito dedurre che ogni cavallo è un animale. Il sillogismo non sussiste nemmeno nel caso seguente:
Premessa: Nessuna scienza è una linea.
Premessa: Ogni linea è un’unità.
Anche qui è impossibile trarre la conclusione, naturale, che nessuna scienza è un’unità.
Aristotele chiama il primo esempio un sillogismo perfetto, mentre gli altri due sono sillogismi imperfetti:
“Il sillogismo […] è un discorso in cui, posti taluni oggetti, alcunché di diverso dagli oggetti stabiliti risulta necessariamente, per il fatto che questi oggetti sussistono. Con l’espressione “per il fatto che questi oggetti sussistono” intendo dire che per mezzo di questi oggetti discende qualcosa, e, d’altra parte, con l’espressione “per mezzo di questi oggetti discende qualcosa” intendo dire che non occorre aggiungere alcun termine esterno per sviluppare la deduzione necessaria. Chiamo dunque sillogismo perfetto quello che oltre a quanto è stato assunto non ha bisogno di null’altro, affinché si riveli la necessità della deduzione, e chiamo invece imperfetto il sillogismo che esige l’aggiunta di uno o parecchi oggetti, i quali sono bensì richiesti necessariamente dai termini posti alla base, ma non sono stati assunti attraverso le premesse.”
Per meglio chiarire il significato della frase in grassetto, creiamo ad hoc un ulteriore esempio:
Premessa: Tutti i delfini sono mammiferi.
Premessa: Tutti i mammiferi marini sono intelligenti.
Non possiamo, come vorremmo, dedurre che i delfini sono intelligenti, perché la prima premessa non stabilisce che i delfini sono mammiferi marini: noi sappiamo che ciò è vero, ma questo, dal punto di vista delle regole del sillogismo, è irrilevante.
A conferma del carattere essenzialmente insiemistico del sillogismo aristotelico, il matematico e scrittore inglese Charles Lutwidge Dodgson - più noto con il nome di Lewis Carroll, con cui firmò il racconto fantastico Alice nel paese delle meraviglie - lo ripropose come un gioco da effettuare su di un tabellone suddiviso in vari rettangoli, molto simile ad un sistema di diagrammi di Venn. Ecco come esso viene predisposto per risolvere il sillogismo sul filosofo:
Il quadrato esterno è l’universo del discorso, l’insieme di tutti gli esseri viventi.
Il riquadro interno rappresenta l’insieme dei mortali, la cornice esterna l’insieme degli immortali. La metà superiore del quadrato rappresenta l’insieme dei filosofi, quella inferiore il resto dell’umanità. Le metà destra e sinistra del quadrato, infine, rappresentano, rispettivamente, l’insieme degli uomini e quello dei restanti esseri.
In questo modo, ogni termine del sillogismo corrisponde ad una certa regione del tabellone, mentre un’altra regione corrisponde alla negazione del termine stesso.
Dalla sovrapposizione delle regioni scaturisce la seguente suddivisione logica:
Le premesse vengono registrate ponendo un gettone nelle regioni dichiarate vuote, che appariranno colorate.
Il gettone 1 traduce la prima premessa: è vuota la regione degli uomini immortali. Il gettone 2 traduce la seconda premessa: è vuota la regione dei filosofi non uomini. Se ne evince che è vuoto il quadrante che abbiamo bordato di rosso, che rappresenta l’insieme dei filosofi immortali.
Il sillogismo, oltre che dal punto di vista insiemistico, può essere letto in termini di operatori logici. Il sillogismo sul filosofo diventa allora un enunciato della forma
[(p Þ q) Ù (q Þ r)] Þ (p Þ r) (*)
dovele lettere rappresentano proposizioni elementari, e precisamente:
p = “x è un filosofo”
q = “x è uomo”
r = “x è mortale”
Il senso del sillogismo, in fondo, è questo: se il fatto di essere un filosofo implica il fatto di essere un uomo, ed il fatto di essere un uomo implica il fatto di essere mortale, allora il fatto di essere un filosofo implica il fatto di essere mortale.
L’enunciato logico (*) è la traduzione di una delle regole su cui si regge il sistema logico formale correntemente usato in matematica. Si tratta, in pratica, di uno dei principi di ragionamento corretto (regola d’inferenza) che è lecito impiegare nelle dimostrazioni. È la conseguenza di due assiomi, che corrispondono alle formule
e
[p Þ (q Þ r)] Þ [(p Þ q) Þ(p Þ r)]
La notazione impiegata in (*) è quella attualmente utilizzata nella maggior parte dei testi. A titolo di curiosità, riportiamo la scrittura ideata nell’Ottocento da Frege:
Il sillogismo aristotelico rimarrà per tutto il Medio Evo il pilastro portante della logica. Molti autori, tra cui Severino Boezio, vi dedicheranno interi trattati.
Galilei, pur non contestandone l’ineccepibile rigore, gli riserverà un ruolo del tutto secondario nell’indagine scientifica, considerandolo incapace di fornire quelle nuove conoscenze che, pur fondandosi sulla ragione, non possono fare a meno dei dati provenienti dall’esperienza sensoriale.
È inutile aggiungere che la logica aristotelica, con tutti i suoi principi, di cui il sillogismo è solo una manifestazione, rispecchia il comune buon senso. La matematica moderna ci insegna, però, che esistono mondi astratti, costruiti con la mente, e detti sistemi formali, in cui valgono altri modi di ragionare.
Il sillogismo secondo Eulero
Fonte: http://www.dm.uniba.it/ipertesto/logica/sillogismo.doc
Sito web da visitare: http://www.dm.uniba.it/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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