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CORSO DI FISICA
Prof. Abbate
Nello studio della prima parte della fluidodinamica, si considerano liquidi ideali, ovvero che:
La viscosità è una proprietà dei fluidi reali, che fa in modo che questi varino il proprio modo di fluire nel tempo dissipando energia:
Si dice che un fluido è in moto stazionario se la velocità del fluido è uguale per modulo, direzione e verso in ogni punto del fluido in moto.
La portata volumetrica è data dalla quantità di liquido che attraversa una sezione nell’unità di tempo, espressa dal rapporto:
Il principio di continuità dei fluidi afferma che la massa che attraversa una sezione del condotto in un intervallo di tempo è uguale a quella che passa nello stesso intervallo di tempo in un’altra sezione del condotto.
La stessa cosa, se si tratta di fluidi incomprimibili, si può affermare per il volume, avendo così:
Dividendo entrambi i membri per ∆t, il rapporto l/∆t diviene uguale alla velocità con cui il fluido attraversa la sezione, ottenendo quindi:
Per cui si può ragionevolmente affermare che:
Inoltre il prodotto Sv è anche la portata del fluido, quindi si usa chiamare questa legge anche legge della costanza della portata, poiché Q1=Q2.
TEOREMA DI BERNOULLI.
In un condotto in cui scorre un fluido di moto stazionario, incomprimibile e privo di viscosità si può affermare che la somma della pressione cinetica, della pressione di gravità e della pressione dinamica è costante.
In termini matematici, in un condotto vale la legge:
ATTRITO VISCOSO.
In un fluido reale, agisce un attrito tra le particelle del liquido, che comporta una dissipazione di energia cinetica quando il fluido è in movimento.
Si definisce attrito interno una forza che si sviluppa in un liquido reale quando esso è posto in moto:
Da un punto i vista quantitativo si possono fare solamente delle approssimazioni:
La rapidità con cui la velocità varia nei vari piani si può esprimere con una approssimazione, data dal rapporto ∆v/∆x:
La forza dell’attrito interno è espressa dalla legge
in cui h è detto coefficiente di attrito interno o di viscosità.
Se si volesse rimanere fedeli all’equazione dimensionale, il coefficiente di viscosità sarebbe espresso in kg/ms2, tuttavia si preferisce considerarla in Pa/s.
Il coefficiente di viscosità dipende pesantemente dalla temperatura:
Può darsi che si trovi espressa la viscosità in termini di viscosità cinematica (quella di cui si è parlato è viscosità dinamica), che è espressa dalla seguente legge
che si trova espressa in m2/s.
LIQUIDI REALI E TEOREMA DI BERNOULLI. LA LEGGE DI HAGEN-POISEUILLE.
Secondo la legge di Bernoulli, un liquido reale che si muove di moto stazionario a velocità costante in un condotto orizzontale ha una pressione costante, essendo v1=v2, quindi p1=p2.
Tuttavia, nei liquidi reali si assiste al fenomeno della perdita di carico:
Questo fenomeno è da attribuire alla perdita di energia meccanica causato dal lavoro della forza di attrito viscoso.
Intuitivamente si può affermare che in un condotto con sezione sufficientemente piccola un liquido deve avere una differenza di pressione per poter muoversi.
La ∆p creerà una forza F = ∆p S, che si opporrà costantemente alla forza di attrito viscoso.
Il volume del liquido che attraversa una sezione nell’unità di tempo dovrà essere:
Queste considerazioni sono accolte dalla legge di Hagen-Poiseuille, che afferma che:
Si può, nota la viscosità di un liquido, determinare quella di un altro, facendoli passare nel medesimo tubo nello stesso intervallo di tempo t=t’, misurandone i volumi V e V’, che saranno dati da:
e
Facendo il rapporto membro a membro di ottiene:
Oppure che
RESISTENZA VISCOSA E PROCESSO DI SEDIMENTAZIONE.
Se un corpo si muove in un fluido (che si suppone fermo), insieme alla forza di gravità ed alla spinta di Archimede agisce anche la forza resistente:
Se in corpo si muove con una velocità sufficientemente piccola, il modulo della forza resistente è dato da:
in cui:
Questa forza è connessa alla viscosità del fluido ed ha un modulo uguale a quello necessario per rompere le varie lamine de fluido che presentano attrito, quindi è definita resistenza viscosa.
Nel caso di una sfera nell’equazione si sostituiscono:
e l’equazione sopra descritta prende la forma della legge di Stokes,
Il processo di sedimentazione è un processo che permette la separazione fisica di un solido da un liquido o di un liquido da un altro liquido.
Supponendo che un corpuscolo di massa m e di densità r’ discenda con velocità v sufficientemente piccola in un liquido di densità r<r’.
Se le condizioni sono di regime (in cui avviene moto uniforme), la somma delle forze agenti è nulla:
In particolare è utile notare che Fr = P – Fa.
Sostituendo in questa formula le note equazioni P=mg, Fa = rgV si ottiene a velocità di sedimentazione nella seguente equazione,
come si può osservare, la velocità di sedimentazione dipende da:
REGIME LAMINARE E REGIME VORTICOSO, IL NUMERO DI REYNOLDS.
Si è visto che un corpo che in acqua si muove con velocità sufficientemente piccola non provoca regime vorticoso, bensì mantiene il moto laminare all’interno del fluido:
Per determinare il tipo di moto all’interno di un fluido, se sia laminare o vorticoso si utilizza una grandezza che è detta numero di Reynolds, definita dall’equazione generale:
in cui:
Per valori di questo numero abbastanza piccoli si trova il moto laminare, mentre per numeri molto più grandi si trova un moto che è vorticoso.
Per il valore di una sfera, si sostituisce l con r nell’equazione e si trova che:
Si può anche determinare il tipo di moto di un liquido in un condotto di sezione circolare, con una equazione leggermente modificata:
in cui si ha:
Per i numeri maggiori di 3000 il moto è sicuramente vorticoso, mentre per i minori di 1000 è sicuramente laminare. Altrimenti si hanno stati intermedi.
LA RESISTENZA IDRAULICA.
Partendo dalla legge di Hagen-Poiseuille, si può definire un’altra grandezza, che esprime la difficoltà di un liquido a fluire attraverso un condotto cilindrico, la resistenza idraulica.
Per la legge di Hagen-Poiseuille si sa che:
Da questa si può ricavare una grandezza che esprime, in funzione della portata, la difficoltà del liquido a fluire, con la debita caduta di pressione.
Si definisce resistenza idraulica il rapporto tra la caduta di pressione in un condotto cilindrico e la portata del fluido nel condotto stesso:
Questa resistenza R si misura in Pa•s/m3.
A seconda del modo con cui si distribuisce in un condotto, in serie o in parallelo, questa assume valori differenti, con una forte analogia con quanto avviene nella resistenza elettrica.
Se due tubi sono collegati in serie, la portata sarà la medesima per ogni tubo (Q) e vi saranno due differenti cadute di pressione a seconda della natura del condotto (∆p1, ∆p2):
Distribuendo il denominatore si ottengono le due singole resistenze e si può ottenere il valore della resistenza totale:
Si deve concludere che se due condotti sono collegati in serie, la loro resistenza idraulica è uguale alla somma delle resistenze dei singoli tubi.
Se invece due condotti sono connessi in parallelo, la portata totale Q sarà data dalla somma delle portate dei singoli condotti: Q = Q1 + Q2.
Se i due condotti hanno le medesime dimensioni, le cadute di pressione sono identiche, e identica è quella totale: ∆p = ∆p1 = ∆p2.
Dividendo ogni portata per la propria caduta di pressione si ottengono i reciproci delle singole resistenze:
Ovvero, si ottiene che il reciproco della resistenza totale di due tubi connessi in parallelo è uguale alla somma dei reciproci delle singole resistenze.
Si deduce che la ramificazione, quindi, diminuisce la resistenza:
LA POTENZA DI UNA POMPA.
Si immagini di avere un condotto che ha differenti dimensioni nei suoi punti.
La forza F necessaria per spingere attraverso una sezione S un fluido è data da F = pS.
Il lavoro dunque sarà dato dal prodotto della forza per quello dello spostamento: L = F ∆s = pS∆s.
Poiché S∆s eguaglia il volume del liquido che è stato trasportato con tale lavoro, nell’unità di tempo si avrà
che è la potenza espressa dalla forza che agisce sulla pompa.
È utile notare, che il rapporto tra volume e l’unità di tempo eguaglia la portata Q del fluido attraverso una sezione del condotto, quindi, la potenza richiesta ad una pompa per ottenere una portata Q con una pressione p è data dalla legge:
In un condotto con differenti sezioni, la potenza necessaria per spingere il fluido sarà:
ovvero che la potenza necessaria per fare passare attraverso un tubo con sezione variabile è data dal prodotto tra la portata e le variazioni di pressione che si incontrano lungo il cammino.
LA LEGGE DI STATO DEI GAS PERFETTI.
Ponendo in un’unica equazione, con le debite sostituzioni, la legge dei gas perfetti, si può ottenere una legge che tiene insieme tutti e tre i parametri che caratterizzano lo stato di un gas: p, V, T.
pV = nRT
Questa equazione permette, noti due dei tre parametri di stato del gas, di trovare le dimensioni del terzo.
La temperatura deve essere espressa nella scala assoluta di Kelvin, affinché l’equazione sia valida. La conversione è T = t + 273,15.
Il numero di moli n è il numero di moli di gas prese in considerazione.
R è detta costante dei gas, ed ha un valore differente a seconda del modo in cui si esprimono pressione e volume:
TEORIA CINETICA DEI GAS E DEFINIZIONE MICROSCOPICA.
Le molecole di un gas sono molto più libere di muoversi rispetto a quelle di un fluido e si muovono in maniera del tutto casuale, collidendo tra loro e con le pareti del recipiente che contiene il gas.
La definizione di gas perfetto si basa su tre assunti:
La pressione di un gas contro una superficie è data dai continui urti che le particelle hanno con la parete del recipiente.
La pressione di un gas su una qualsiasi superficie è data dalla legge
L’energia cinetica media delle particelle è data da
in cui k è la costante di Boltzman, definita come
Si sa anche che l’energia cinetica delle particelle è data dalla classica equazione
Eguagliando le due equazioni si può ottenere una formula che permette di avere la velocità quadratica media delle particelle:
Questa è la velocità media delle particelle da un punto di vista statistico, che dovrebbe avere la migliore approssimazione possibile ed è in funzione della temperatura.
LA DILATAZIONE TERMICA.
Quando un corpo viene scaldato, come per le leggi di Boyle-mariotte e di Gay-Lussac, anche se è solido subisce una dilatazione termica, dovuta in termini microscopici, alla perdita di forza dei legami tra le varie molecole
La legge che regola la dilatazione termica è
dove ∆t è la variazione di temperatura e l è il coefficiente di dilatazione termica.
IL CONCETTO DI QUANTITÅ DI CALORE, CALORE SPECIFICO E CAPACITÀ TERMICA.
Ponendo a contatto due corpi differenti si può notare empiricamente come, se il sistema è isolato, il corpo con temperatura maggiore diminuisce di temperatura e il corpo con temperatura minore aumenta di temperatura:
In un caso come questo si dice che una quantità di calore (in termini energetici) passa da un corpo all’altro:
Si definisce come quantità di calore unitaria la caloria, che è la quantità di calore necessaria, a pressione normale, per fare variare la temperatura di 1 g di acqua da 14,5°C a 15,5°C.
Il rapporto tra la quantità di calore scambiata e la variazione (t2-t1) della temperatura è definito capacità termica media del corpo nell’intervallo medio:
La capacità termica di un corpo prende in considerazione la reale capacità di un corpo determinato ad acquisire calore o a cederne in una variazione di temperatura ∆t.
La cpacità termica dipende da:
Il calcolo e il confronto avvengono più facilmente se ci si riferisce ad una massa unitaria di sostanza. Per fare ciò si divide la capacità termica per la massa del corpo, ottenendo una nuova grandezza: il calore specifico.
Questa misura si esprime in [cal / g °C], ed è definita a partire dall’acqua che ha dunque un calore specifico unitario.
Il calore specifico, si mantiene generalmente costante in tutti gli intervalli in cui la massa della data sostanza si trova allo stato solido o liquido, mentre varia nelle trasformazioni dei gas.
Nei gas, il calore specifico varia a seconda della trasformazione:
La quantità di calore necessaria per avere una variazione di temperatura ∆t in a pressione costante risulta molto maggiore a quella necessaria per produrre una variazione di temperatura ∆t a volume costante:
Per i gas si è soliti riferirsi ad un’altra grandezza che esprime le moli di gas, il calore molare, definito come la quantità di calore che una mole di gas scambia con una variazione unitaria di temperatura.
Il calore molare è quindi espresso dal prodotto della massa molare M con il calore specifico del gas M•c
LA QUANTITA’ DI CALORE SCAMBIATA
In relazione a quanto si è detto prima, la quantità di calore scambiata in un corpo è legata imprescindibilmente alla temperatura.
In un intervallo ∆t = t2-t1, la quantità di calore scambiata in un corpo sarà data da
Essa potrà essere positiva o negativa:
ENERGIA INTERNA DI UN SISTEMA TERMODINAMICO.
In un corpo, solido, liquido o gassoso, si può osservare una certa quantità di energia cinetica, associata all’agitazione termica e una quantità di energia potenziale che è connessa all’interazione tra gli atomi.
Si può considerare la somma U = Ek + Ep come energia interna del corpo che si prende in considerazione, che è associata a grandezze macroscopiche, direttamente osservabili.
Queste due differenti energie si ripartiscono in maniera differente nella materia, a seconda dello stato fisico:
Come si è già dimostrato, l’energia cinetica delle particelle è in funzione solamente della temperatura, secondo la legge:
Il calore, che si scambia da un corpo all’altro, non è altro dunque che il passaggio di energia cinetica (dipendente dalla temperatura) tra varie molecole, che tendono ad uno stato di equilibrio.
Quindi, sia a livello microscopico che a livello macroscopico, si ha un principio di conservazione dell’energia nei sistemi isolati:
La termodinamica studia gli scambi di energia e le sue conversioni nel passaggio da un sistema all’altro o da un sistema all’universo e vice versa.
Tra i particolari scambi di energia che si prendono i considerazione nello studio della termodinamica vi sono quelli a livello microscopico, ovvero quelli che riguardano l’energia interna.
IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA.
Il primo principio della termodinamica è una relazione che descrive gli scambi di energia termodinamica di un sistema con l’ambiente esterno.
Si è visto che le variazioni di energia interna ∆U possono essere determinate da due tipi di interazioni con l’ambiente:
Quindi la variazione dell’energia interna in un sistema può essere data dall’equazione:
∆U = Q – L
che è una relazione che lega la variazione ∆U di energia interna con il calore Q e il lavoro – L scambiati dal sistema con l’ambiente.
Qualora la grandezza ∆U > 0 l’energia interna del sistema aumenta, quando si ha ∆U < 0 l’energia interna del sistema diminuisce.
Se ∆U = 0 l’energia del sistema si mantiene costante, quindi non si hanno interazioni con l’ambiente esterno.
Questa legge esprime gli scambi di energia con l’esterno nella maniera più generale possibile:
Queste grandezze sono sempre energetiche, quindi sono espresse o in calorie o in Joule, secondo la relazione di interconversione
1 cal = 4,186 J
STATO DI EQUILIBRIO E TRASFORMAZIONI REVERSIBILI O IRREVERSIBILI.
Affinché si possa descrivere un processo in cui l’energia interna ∆U di un sistema vari, le grandezze ∆U, Q, L devono essere effettivamente calcolabili, quindi è necessario che:
Quando un sistema è in uno stato di equilibrio, i parametri sopra citati devono essere ben fissati, non devono variare.
Nel caso di un sistema gassoso, uno stato di equilibrio è determinato da uno dei tre parametri che definiscono lo stato di un gas (p, V, T).
Quando le variabili vengono modificate (tutte o solamente alcune) si dice che avviene una trasformazione termodinamica:
Nel caso dei gas, si usa rappresentare un grafico con le variabili (V, p), così che ogni equilibrio intermedio di una trasformazione sia rappresentato da un punto definito dalle variabili (V, p).
Una trasformazione muove da uno stato iniziale A ad uno stato finale B, ma quando il processo può ritornare da B ad A passando per gli stessi punti intermedi allora si dice che la trasformazione è reversibile.
Quando una delle variabili di stato del sistema rimane indeterminata durante una trasformazione, ovvero che non è possibile tracciare sul grafico (V, p) una linea continua, la trasformazione è ovviamente irreversibile, poiché non è possibile ripercorrere il cammino in senso inverso.
Va precisato che nella realtà non esistono trasformazioni reversibili:
LAVORO TERMODINAMICO
Il lavoro termodinamico può essere dedotto da quello meccanico nel seguente modo:
Questo lavoro è espresso con le variabili termodinamiche pressione e temperatura.
Si può cogliere nel grafico di stato dei gas che il lavoro compiuto per una espansione di volume è pari all’area che soggiace alla curva che va dallo stato A allo stato B.
Si trova, inoltre, che nel passaggio da uno stato iniziale A ad uno stato finale B, la variazione ∆U di energia interna è la medesima, indipendentemente dal cammino della trasformazione:
A differenza della variazione dell’energia interna, il lavoro non è una funzione di stato:
Si giunge dunque a poter affermare che mentre la variazione di energia interna è una funzione di stato, i parametri che la caratterizzano, lavoro e calore, non sono funzioni si stato.
Vi è un particolare caso in cui il lavoro possa essere determinato, ed è quello in cui avviene una trasformazione a pressione costante, ovvero una isobara:
Nel grafico, infatti, si vede che per una espansione isobara la curva è rappresentata da una retta p = kost.
RELAZIONE DI MAYER E CALORI MOLARI DEL GAS PERFETTO.
La relazione di Mayer lega i calori molari dei gas perfetti alla costante dei gas R, ed è espressa dalla legge
Cp – Cv = R
Questa legge non è che la forma particolare del primo principio della termodinamica per una trasformazione isobarica:
In una trasformazione con volume costante il lavoro è nullo (L = 0), quindi tutto il calore immesso va ad incrementare l’energia interna, quindi la temperatura (∆U = Q).
In un processo con pressione costante, invece, il volume si espande, quindi il lavoro L non è nullo, si ha quindi:
È utile ribadire che la variazione ∆U di energia interna di un gas perfetto nel corso di una trasformazione qualsiasi è la stessa che si determinerebbe in un processo con volume costante:
Per una mole di gas, si può determinare il calore molare di un gas, confrontando l’equazione dell’energia interna in un gas e l’equazione della variazione di energia interna:
Da cui si deduce facilmente che se ∆U = nCv∆T, allora:
Per la relazione di Mayer si può dunque affermare che per un gas monoatomico, il calore molare a pressione costante è
Per un gas monoatomico, questi valori non sono più validi, poiché nell’energia interna non v’è solamente l’energia traslazionale delle molecole, ma esistendo maggiori gradi di libertà esistono altre due rotazioni intorno agli assi ortogonali al legame dei due atomi.
|
Cv |
Cp |
Monoatomico |
3/2 R |
5/2 R |
Biatomico |
5/2 R |
7/2 R |
LE TRASFORMAZIONI PARTICOLARI
In una trasformazione isocora la variazione di volume è nulla, quindi è nullo anche il lavoro del sistema:
∆V = 0 >>> L = 0
Il calore scambiato allora sarà uguale alla variazione di energia interna, secondo le equazioni:
Q = ∆U = nCv∆T
In una trasformazione isobara ciò che rimane costante è la pressione, quindi si ha del lavoro che spende parte del calore scambiato.
P = cost
L = p ∆V
La variazione di energia interna, allora, dovrà tenere conto della variazione di volume, e del lavoro di espansione (positivo perché ceduto dal sistema) o di compressione (negativo se ricevuto dal sistema):
Q = nCp∆T
∆U = Q – L = nCp∆T – p ∆V
Affinché si possa avere una trasformazione isoterma, ovvero una trasformazione in cui la temperatura si mantiene costante, è necessario che:
Si sa che nei gas, l’energia interna è in funzione della temperatura, quindi, poiché la temperatura si mantiene costante, si può affermare che la variazione di energia interna sia nulla:
∆U = 0, quindi Q = L.
L’energia termica scambiata da un processo isotermico eguaglia in modulo il lavoro compiuto, che è uguale a
La quantità ln(V2/V1) assume valore positivo negativo se:
Poiché pV= cost si può anche dedurre la formula
Una trasformazione adiabatica avviene in un sistema isolato dall’ambiente esterno, ovvero quando non vi sono scambi di calore:
Q = 0
∆U = – L.
Per determinare il lavoro di una tale trasformazione, è sufficiente ricordare che la variazione di energia interna è in qualsiasi trasformazione pari a quella che si verifica a volume costante per una variazione ∆T di temperatura:
∆U = nCv∆T
Così che per si determina il lavoro come:
L = – nCv∆T
Una espansione, porta eventualmente lavoro positivo sul sistema, quindi una variazione di energia interna negativa, per cui il gas si raffredda.
Una compressione comporta un lavoro negativo ed un aumento di energia interna e di temperatura.
Il lavoro si segnala in tal modo:
In definitiva, una trasformazione adiabatica comporta uno scambio di lavoro (e non calore), con la integrale conversione in energia interna (o vice versa).
CICLI TERMODINAMICI.
Un processo ciclico è un processo che è descritto nel piano (V, p) da una linea chiusa:
In un ciclo termodinamico, la variazione di energia interna è nulla (∆U = 0), quindi si ha:
L = Q
Ovvero che la somma dei calori scambiati eguaglia in modulo la somma dei lavori che intervengono nelle varie trasformazioni.
In un grafico, il lavoro corrisponde all’area delimitata dalla linea chiusa che rappresenta le trasformazioni che avvengono nel ciclo:
PARAMETRI DI STATO NELLE TRASFORMAZIONI NOTEVOLI.
Nelle varie applicazioni ai gas dei principi della termodinamica, sono ricavabili delle formule che descrivono il comportamento delle variabili di stato.
Il volume è costante >>> ∆V = 0.
facilmente ricavabile dalla legge dei gas perfetti, poiché la quantità nR/V è costante.
È costante la temperatura >>> ∆T = 0.
Per la legge di Boyle-Mariotte si può affermare che
È costante la pressione >>> ∆p = 0.
Dall’equazione di stato dei gas ideali si ottiene:
Per una trasformazione adiabatica la situazione è più complessa, poiché variano tutte e tre le variabili di stato.
Una trasformazione adiabatica è una trasformazione che avviene senza scambi di calore con l’ambiente esterno >>> Q = 0.
Per conoscere le variabili di stato si utilizzano tre equazioni, dette equazioni di Poisson, che sono in relazione ad una costante definita come
Le tre equazioni di Poisson legano tra loro tutte le tre variabili di stato:
CAMBIAMENTI DI STATO.
Ogn volta che si fornisce energia ad un corpo, si aumenta l’energia interna che questo ha, con una conseguente variazione di temperatura:
Un passaggio di fase (liquido > areiforme o solido > liquido, ad esempio) comporta un assorbimento o una cessione di calore (energia):
La pressione esercita un ruolo importante nel determinare le temperature di fusione o di ebollizione.
Il calore necessario affinchè si abbia il passaggio di stato per l’intero corpo considerato è proporzionale alla massa, secondo una costante l, detta calore latente di fusione o di evaporazione.
Il calore latente è dato dalla legge
Q = l m
Il calore latente di fusione è una costante di proporzionalità che dipende totalmente dalla sostanza in esame.
L’energia termica usata nelle transizioni dirette (Q>0) viene restituita nella transizioni inverse, ovvero quando si passa a stadi con minore temperatura e maggiore energia potenziale molecolare.
SECONDO PRONCIPIO DELLA TERMODINAMICA.
Il prim principio della termodinamica non pone alcuna limitazione alla possibilità di trasformazione dell’energia:
Tuttavia, l’esperienza dimostra che:
Altri esempi dell’unidirezionalità dell’universo possono essere dati dagli scambi di temperatura:
Una macchina perfetta è una macchina che è in grado di prelevare calore da una sorgente e convertirlo integralmente in lavoro:
Il secondo principio della termodinamica fornisce informazioni su quei processi che, pur non in contrasto con il primo principio della termodinamica, non sono effettivamente realizzabili.
Una delle enunciazioni date nella storia della fisica risale a Lord Kelvin, ed afferma:
Una macchina reale funziona nel seguente modo:
Poiché in un ciclo la variazione di energia interna è nulla (∆U = 0), l’equazione che descrive il processo di una macchina reale sarà:
Poiché, per la convenzione dei segni, Q1 è positivo (calore entrante) e Q2 è negativa (calore uscente) si può anche scrivere
Per una macchina termica è interessante osservarne il rendimento, definito come il rapporto tra il lavoro prodotto e la quantità di calore sottratta alla sorgente:
In linea teorica, il rendimento è 0 ≤ e ≤ 1, tuttavia, un rendimento pari a 1 sarebbe impossibile, poiché si tratterebbe di una macchina perfetta, quindi andrebbe contro il secondo principio della termidinamica nell’enunciato di Lord Kelvin:
Tuttavia, è necessario precisare che la conversione di lavoro integralmente in energia meccanica è impossibile in un processo ciclico:
IL TEOREMA DI CARNOT
Si è visto come il rendimento deve sempre essere inferiore a 1 (e<1), tuttavia non si sanno ancora quali siano i fattori che possono determinare il massimo valore teorico.
Questo problema può essere affrontato dal punto di vista di macchine che lavorano con cicli reversibili, ovvero di macchine termiche ideali che conducono delle trasformazioni totalmente invertibili.
Lo studio di questo tipo di macchine è stato efettuato soprattutto da Carnot, il quale afferma che il rendimento di macchine reversibili dipende solamente dalle temperature estreme, e non dal fulido utilizzato, né dalle trasformazioni effettuate.
Carnot afferma inoltre che il rendimento di una macchina termica non può essere superiore a quello di altre macchine che lavorano tra le medesime temperature.
Il teorema di Carnot è enunciato nel modo seguente:
Il rendimento di una qualunque macchina reversibile sarà dunque:
Il rendimento di una macchina di Carnot, per l’omonimo teorema, sarà anche il massimo rendimento possibile tra tutte le macchine che lavoreranno tra le medesime temperature.
Poiché è impossibile sul piano reale compiere delle trasformazioni reversibili, il rendimento di una macchina reale, sarà inferiore a quello della macchina di Carnot che lavora tra le medesime temperature.
L’ENUNCIATO DI CLAUSIUS
Un altro enunciato del secondo principio della termodinamica si deve a Clausius, il quale afferma:
In sostanza, questo enunciato nega la possibilità che esista un frigorifero perfetto.
Un frigorifero reale funziona secondo uno schema per cui, mediante un lavoro L, si trasferisce una certa quantità di calore Q2 da una sorgente più fredda T2 ad un’altra sorgente a temperatura maggiore T1 > T2.
Il calore prelevato dalla prima sorgente si somma così al lavoro, il quale verrà convertito in calore, secondo una equazione:
Quindi il processo di una macchina frigorifera comporta il passaggio di calore da una sorgente a temperatura minore ad un’altra sorgente a temperatura maggiore:
Si definisce dunque una nuova grandezza, detta coefficiente di effetto frigorifero, come il rapporto tra il calore scambiato e il lavoro speso:
Naturalmente, minore è l’energia necessaria per il funzionamento del frigorifero, maggiore è il suo coefficiente di effetto:
ENTROPIA.
Così come nel primo principio esiste una funzione di stato, l’energia interna, si può affermare che anche per il secondo principio della termodinamica esiste una funzione di stato, l’entropia.
Se si eguagliano le due formule per il rendimento di una macchina reversibile (quella in funzione del calore scambiato e quella con le temperature dimostrata da Carnot) si ottiene, tenendo in considerazione l’algebra dei calori, una equazione così descritta:
Occorre tenere presente che:
Questa equazione ci consente di affermare che la somma del rapporto tra le quantità di calore scambiate e le temperature assolute a cui gli scambi si realizzano è, per una macchina reversibile nulla.
Si definisce entropia una grandezza (indicata con S) tale che la sua variazione in un processo reversibile sia espressa dal rapporto tra la quantità di calore scambiato e la temperatura assoluta alla quale avviene lo scambio.
Si può anche dire che la variazione di entropia per una macchina che opera reversibilmente sia uguale a zero.
Per essere rigorosi, sarebbe opportuno esprimere la variazione di entropia come la sommatoria degli integrali di ∂Q/T, poiché ad ogni cessione di infinitesimo di calore, corrisponde una variazione di temperatura molto piccola.
Quindi, per un processo reversibile si può esprimere l’entropia come:
L’entropia, come l’energia interna, è una funzione di stato:
La variazione di entropia può assumere valori positivi, negativi o nulli:
In una trasformazione isoterma, la temperatura non varia, quindi la variazione di entropia può essere espressa come
Ovviamente, una trasformazione adiabatica reversibile, poiché non comporta scambi di calore, ha entropia che si mantiene costante, è ovvero isoentropica.
ENTROPIA E PROCESSI REALI.
Si è parlato finora di entropia legata a trasformazioni reversibili. Tuttavia, nella realtà non esistono processi che siano reversibili.
L’equazione data dall’integrazione non è utilizzabile per i processi reali di cui non si conosce l’andamento.
Tuttavia, come escamotage, è possibile valutare le variazioni di entropia in quanto questa è una funzione di stato:
In questo modo, si riesce a calcolare la variazione di entropia dei processi spontanei, come quelli che si riscontrano in natura:
L’esperienza come dimostrazione, permette di affermare che tutti i processi irreversibili comportano un aumento dell’entropia dell’universo (sistema+ambiente).
Nei processi reversibili, invece la variazione di entropia è nulla.
Si può quindi riformulare il secondo principio della termodinamica secondo l’entropia: ogni processo conduce ad una variazione positiva o nulla di entropia, nulla solamente quando il processo è reversibile.
Quindi l’entropia dell’universo esprime una tendenza al disordine dei sistemi termodinamici, in senso univoco.
INTRODUZIONE AI FENOMENI ELETTRICI
A livello degli atomi, vi sono forze che sono sia di natura repulsiva che di natura attrattiva:
La proprietà che hanno elettroni e protoni di attrarsi o respingersi è detta quantità di carica elettrica.
In relazione alla repulsione o all’attrazione vi sono cariche di segno differente:
La carica, in un solido, viene portata dagli elettroni, che hanno per convenzione carica negativa:
PRINCIPIO DI OCNSERVAZIONE DELLA CARICA ELETTRICA E I VARI TIPI DI CONDUTTORI.
Tutti i fenomeni collegati con le cariche elettriche rispettano il principio di conservazione della carica, che affama che la carica elettrica non può essere né creata né distrutta:
Si definiscono conduttori le sostanze che permettono liberamente il passaggio di carica da un punto all’altro.
Conduttori sono ad esempio i metalli e le loro leghe, che possiedono elettroni liberi di muoversi. L’elettrone è un portatore di carica unitaria, molto piccolo.
L’elettricità ha struttura granulare, poiché ogni carica è multipla della carica elementare, ovvero quella dell’elettrone: e = 1,6 10-19 C.
Nei liquidi, la carica è solitamente portata da ioni:
CAMPO ELETTRICO
Quando un insieme di cariche localizzate con continuità su in corpo esercitano una forza su una carica esterna al corpo, si dice che queste cariche generano un campo elettrico.
Per verificare la presenza di campi elettrici si utilizza un carica, convenzionalmente positiva, che può essere sollecitata da una forza generata dal campo, detta carica di prova.
Si può sperimentare che la forza che il campo esplica dipende dalla carica del corpuscolo di prova, quindi il campo viene definito come:
E = F / q
La forza che si esercita sulla carica unitaria positiva è in relazione al vettore campo elettrico, che misura in modulo, direzione e verso la possibile forza che si esplica su una carica unitaria.
Questa forza, sarà dunque data da
F = qE
LA LEGGE DI COULOMB.
Dopo numerose sperimentazioni con la bilancia di torsione sulle cariche elettriche, Coulomb nel 1785 riesce a determinare la legge che regola la forza esplicata su due cariche:
Matematicamente, il modulo della forza si esprime secondo la legge
Il fattore di proporzionalità dipende dalla natura del conduttore. Si assume e0 come costante dielettrica del vuoto e er come costante dielettrica relativa del mezzo, legate alla costante dielettrica assoluta del conduttore tramite la legge:
La costante dielettrica del vuoto ha un valore costante pari a:
e0 = 8,86 10-12 C2/Nm2.
Il campo elettrico esercitato da una carica in un conduttore qualsiasi, è dunque dato da:
FORZE ELETTROSTATICHE, POTENZIALE ELETTRICO E DDP.
Si deve considerare il campo elettrico generato da una forza come un campo stazionario, in fatti la sua intensità in un punto si mantiene inalterata nel tempo.
Si parla perciò di campo elettrostatico, la cui intensità si mantiene constante nel tempo.
La forza di interazione tra le cariche si dirige radicalmente, ovvero lungo la direttrice che congiunge le due cariche. Si può dimostrare, che per ogni forza esercitata da un campo (es. anche quello gravitazionale) è conservativa.
Il lavoro compiuto da una forza non dipende dunque dalla traiettoria, ma dai punti iniziale e finale.
Esiste quindi una energia potenziale, dimostrabile mediante l’integrazione dal lavoro, pari a
L’energia potenziale elettrostatica è l’energia che ha la carica q solamente per il fatto di trovarsi nella posizione A, in un campo E generato dalla carica Q.
Si può dunque definire il lavoro compiuto da una forza per spostare una carica di prova puntiforme da A a B come
L = EA - Eb
Generalmente, nello studio dei fenomeni elettrici ci si riferisce all’energia potenziale della carica unitaria (q = 1 C), definendo così il potenziale elettrico
V = Ep / q
La differenza di potenziale ∆V = VA-VB tra due punti A e B del campo, misura il lavoro necessario per spostare una carica unitaria dal punto A al punto B, lungo un percorso qualsiasi.
Il lavoro compiuto dal campo elettrico per spostare una carica q da un punto A a un punto B viene ad essere:
L = q (VA-VB).
L’espressione che determina il potenziale indica che in presenza di una carica Q tutti i punti che si trovano a distanza r da questa carica sono allo stesso potenziale.
Un lavoro positivo significa che la carica si muove spontaneamente, mentre un lavoro negativo è fornito dall’esterno per il movimento di una carica:
Per determinare il potenziale generato da più cariche puntiformi in un solo punto, si somma algebricamente il contributo al potenziale di ciascuna carica.
È facilmente deducibile, che in un punto in cui il potenziale è V, e la distanza dalla carica di prova è d, il campo sarà dato da:
Per quanto riguarda le unità di misura:
TEOREMA DI GAUSS.
Si consideri un dS come elemento di superficie comunque orientato e appartenente ad una superfiche S tracciata in un campo elettrostatico.
Nel centro della superficie si conduca il vettore campo E, tangente alla linea di flusso del campo e il vettore superficie, normale a S.
Si dice flusso di un vettore E attraverso una superficie dS la grandezza scalare:
In cui a è l’angolo formato tra il vettore E e il vettore dS. L’integrazione di questo flusso elementare per l’intera superficie da il flusso di forza attraverso una superficie S. Se la superficie è chiusa, si dice che F(E) è il flusso di forza elettrico uscente.
Il teorema di Gauss afferma che il flusso elettrico di forza uscente da una superficie chiusa, tracciata per intero in un campo elettrostatico, eguaglia il rapporto tra la somma algebrica delle cariche racchiuse dalla superficiee la costante dielettrica del vuoto:
Ha una notevole importanza per quanto riguarda le leggi dell’elettromagnetismo (Maxwell) e per la risoluzione di problemi riguardanti particolari distribuzioni di cariche.
Permette, ad esempio, di affermare che un campo emanato da una sfera conduttrice è identico al campo che si avrebbe se la carica fosse concentrata in un punto solo, quindi di modulo
CAPACITA’ ELETTRICA E CONDENSATORI.
Dal teorema di Gauss, si evince che la carica posta in un conduttore genera un campo come se questa fosse distribuita in un sol punto.
È altrettanto chiaro che esiste un rapporto costante tra la carica posta in un oggetto e il potenziale che si viene a creare:
Si definisce capacità elettrica il rapporto tra la carica che è posta in un conduttore e la differenza di potenziale che questo mantiene.
Si chiama condensatore un sistema costituito da due lamine (armature) separate da un dielettrico:
Il fatto che si distribuiscano cariche di segno opposto sulle lamine di un condensatore piano, implica che è presente un campo elettrico di modulo:
In un condensatore piano, si può affermare anche che:
in cui S è la superficie delle armature e d la distanza tra le stesse. La capacità di un condensatore dipende unicamente dalle caratteristiche del mezzo interposto e dalle caratteristiche geometriche.
L’unità di misura della capacità elettrica è il farad [F], ma si utilizzano anche i prefissi di unità microscopiche (microfarad o picofarad).
Quando più condensatori sono messi in parallelo, la differenza di potenziale (∆V) ai capi di ogni condensatore è la medesima, ed il loro comportamento è tale a quello di un condensatore che ha una capacità pari alla somma delle singole capacità:
Quando invece più condensatori sono posti in serie, ciò che è uguale è la carica che li attraversa, quindi il condensatore equivalente è dato da:
LA CORRENTE ELETTRICA E L’INTENSITA DI CORRENTE.
La corrente elettrica è un flusso ordinato di cariche in un conduttore metallico o elettrolitico.
Si definisce intensità di corrente la quantità di carica q che attraversa una sezione nell’unità di tempo ∆t:
Quando l’intensità di corrente è:
L’unità di misura dell’intensità di corrente è l’ampere [A], definito come la quantità di carica di 1 coulomb che attraversa una sezione in un secondo.
LE LEGGI DI OHM. RESISTENZA ELETTRICA E RESISTIVITA’.
Quando agli estremi di un conduttore metallico viene posto un generatore di corrente (una pila o un accumulatore) si nota che l’intensità di corrente è tanto maggiore quanto lo è la differenza di potenziale ai capi del generatore.
La prima legge di Ohm afferma che esiste un rapporto costante tra la differenza di potenziale agli estremi del generatore e l’intensità di corrente che fluisce in esso, purché le condizioni fisiche rimangano inalterate.
Il rapporto R è chiamato resistenza elettrica del conduttore considerato:
l’unità di misura della resistenza è misurata in ohm [W].
La seconda legge di ohm afferma che la resistenza di un conduttore è direttamente proporzionale alla lunghezza e inversamente proporzionale alla sezione:
in cui il coefficiente di proporzionalità r è detto resistività e dipende dalle caratteristiche del materiale e, seppur in minima parte, dalla temperatura.
La resistività (o resistenza specifica) ha come unità di misura ohm per metro [Wm].
RESISTENZA IN SERIE O IN PARALLELO
Quando due resistori (o resistenze) sono posti uno a fianco all’altro in un circuito sono detti in serie. La resistenza risultante, dal momento che l’intensità di corrente che li attraversa è la medesima per tutti i resistori, sarà data da:
Quando invece più resistenze sono messe in parallelo, è la differenza di potenziale ad essere uguale ai capi delle varie resistenze, mentre la somma delle intensità di corrente che attraversa le singole resistenze da l’intensità di corrente che ne esce:
La resistenza in parallelo risulta dunque minore rispetto alle resistenze in serie.
LA FORZA ELETTROMOTRICE.
In un generatore, che crea una differenza di potenziale, si deve considerare anche la resistenza interna.
Si definisce forza elettromotrice (fem) la differenza di potenziale che si può misurare in un generatore a circuito aperto.
In realtà, quando il circuito si chiude, inizia a fluire una corrente i, che è generata da una differenza di potenziale che è minore alla fem, poiché:
tuttavia, il contributo della resistenza interna risulta nella maggior parte dei casi trascurabile, cosicché fem e ∆V vengono a coincidere.
ENERGIA TERMICA ED EFFETTO JOULE. POTENZA ASSORBITA.
Poiché il lavoro compiuto da un generatore per fare circuitare una carica è L = q∆V, per la definizione di intensità e per la prima legge di Ohm si ottiene:
Se nel circuito è inserito solamente un semplice conduttore metallico, allora il lavoro compiuto viene, per effetto Joule trasformato integralmente in calore.
Se oltre ad un semplice conduttore metallico vi fosse un motore elettrico alimentato dalla corrente fornita dal generatore si avrebbe una energia elettrica (o lavoro del generatore) convertibile in lavoro meccanico.
La potenza dissipata è data dal lavoro nell’unità di tempo, quindi:
che come ogni potenza si misura in Watt [W = J/s].
ENERGIA DEL CAMPO ELETTRICO.
Si è già affermato che il lavoro con cui viene caricato un condensatore viene immagazzinato tra le armature dello stesso sotto forma di energia potenziale elettrica.
Il lavoro impiegato per caricare il condensatore da parte di un generatore viene integralmente restituito, per il principio di conservazione dell’energia, in fase di scarica.
Il lavoro necessario per caricare un condensatore è:
Qualora nel circuito fosse presente una resistenza il condensatore non si caricherebbe in maniera istantanea, ma avrebbe un processo di carica differente in funzione del tempo:
in cui t = R•C.
Nel medesimo modo, il processo di scarica non vede un rilascio istantaneo di energia da parte del condensatore, ma rallentato, secondo le equazioni:
CARATTERSTICHE GENERALI.
La caratteristica comune a tutti i fenomeni ondulatori è quella di essere associati ad una vibrazione che si propaga in un mezzo:
Le onde possono essere elastiche, meccaniche o elettromagnetiche, a seconda della loro natura intrinseca.
Le onde sonore, sono associate allo spostamento di particelle che sono messe in vibrazione e urtano quelle adiacenti.
Un’onda può essere associata ad un movimento sinusoidale, ovvero essere un’onda armonica, legata ad una equazione del tipo:
in cui:
Si definisce frequenza il numero di oscillazioni compiute in un secondo, ovvero il reciproco del periodo:
La propagazione di un’onda meccanica è sempre associata ad una vibrazione:
Il suono ha una tpica propagazione longitudinale, poiché è associato a compressioni e rarefazioni dell’aria.
Si definisce lunghezza d’onda la distanza che vi è tra due punti in fase.
La velocità di propagazione di un’onda sarà allora data da:
il valore della lunghezza d’onda, dipende dal mezzo in cu l’onda si propaga, dal momento che:
L’INTENSITA’ DEL SUONO.
Alla propagazione dell’onda elastica è accompagnata una propagazione di energia.
L’intensità con cui un onda si propaga è la quantità di energia trasmessa nell’unità di tempo attraverso l’unità di superficie del mezzo in cui si propaga.
Quando una sorgente emette onde sonore (ma non solo) in maniera radiale, man mano ci si allontana, l’intensità del suono diminuisce, poiché aumenta il rapporto energia/superficie, quindi si giunge ad affermare che:
che equivale ad affermare che l’intensità di un’onda varia in maniera inversamente proporzionale al quadrato della distanza dalla sorgente.
L’intensità sonora, è il rapporto tra la potenza e la superficie, quindi si misura in W/m2.
È tuttavia più facile, in vista delle capacità uditive umane (da 10-12 a 1 W/m2) esprimere l’intensità in scala logaritmica, con unità di misura il decibel [dB]:
Essendo I0 = 10-12 W/m2, la intensità di riferimento, poiché è la soglia minima di udibilità.
L’intensità con cui il suono si propaga nei differenti materiali è data dalla legge:
EFFETTO DOPPLER.
Per l’effetto doppler, si intende una variazione della frequenza sonora percepita da un ascoltatore quando o lui stesso o la sorgente sono in moto:
Questo fenomeno è dovuto alla differenza temporale con cui i fronti d’onda vengono percepiti, a causa di uno spostamento di uno dei due punti (ascoltatore o sorgente).
Fonte: http://www.bluejayway.it/Enrico_Colombos_Page/Medicina_files/CORSO%20DI%20FISICA.doc
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