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La fisica è una disciplina caratterizzata da alcuni aspetti originali, come la sua caratterizzazione tanto sperimentale quanto teorica; inoltre è una materia di studio decisamente longeva, essendo possibile rintracciare le sue origini fin nei tempi antichi. Come ulteriore caratteristica ha certamente una complessità elevata, accompagnata, e in parte limitata, da una imprescindibile necessità estetica, limite ben più vincolante dell'intrinseca complessità. Inoltre, il livello di approfondimento raggiunto ha avuto come principale conseguenza un'elevata specializzazione, arrivata al punto in cui un ricercatore certamente conosce molto bene il suo ambito di ricerca, tanto bene quanto, spesso, non ha la possibilità di conoscere, seppur ad un livello di approfondimenti minore, altri campi della stessa disciplina.
Lo studio della storia di una disciplina non richiede motivazioni ulteriori rispetto al piacere culturale della conoscenza; pur tuttavia, nel caso della fisica le affermazioni precedenti credo funzionino come rafforzamento dell'importanza dello studio della fisica da un punto di vista storico, nel solco di una pienezza raggiungibile solo tramite la completezza.Nell'affrontare uno studio di carattere storico diventa necessario compiere delle scelte legate al periodo da affrontare. In questo caso la scelta può anche essere dettata da criteri di carattere soggettivo, di preferenza tra un argomento e un altro. Può, però, anche esserci un altro criterio più oggettivo del precedente; infatti, come accade nel caso della storia di una Nazione, anche nel caso della storia della fisica esiste una necessità di occuparsi di storia della fisica moderna, con particolare attenzione alle vicende del secolo scorso, il XX, densamente ricco di avvenimenti degni di uno studio a carattere storico. È una necessità non solo di carattere culturale, ma anche di carattere disciplinare. Su questa considerazione, vista quasi come un tratto irrinunciabile, si innesta una scelta soggettiva dettata dal voler portare alle luce storie a noi certamente vicine, spesso poco conosciute rispetto a vicende vecchie anche di secoli; storie in cui l'aspetto umano si intreccia come in modo inestricabile alle vicende scientifiche. Per questo e altri motivi si è deciso di incentrare il lavoro di dottorato tutto sulle vicende della fisica italiana del Novecento, con particolare attenzione alle origini di un'avventura scientifica inebriante databile negli anni Venti e Trenta e al suo “nuovo inizio” dopo le terribili vicende belliche, momento di difficoltà tale da far temere una possibile e irrimediabile cesura con quanto costruito fino a quel momento.
La fisica italiana del Novecento è una vicenda bella e complessa nata in seguito ad una marcata discontinuità con il passato, nel momento in cui è stato possibile integrare la fisica classica, in cui l'Italia aveva una posizione accademica riconosciuta, con l'allora nascente fisica moderna, terreno novello in Europa ma ancora da dissodare nel campo italiano. I primi trent'anni del XX secolo furono vissuti spesso a cavallo tra speranze e scoramenti nel tentativo complicato di fornire un ambiente adeguato per l'innesto dei nuovi rami della fisica su una struttura ancorata al passato e caratterizzata da una scarsa diffusione territoriale dei luoghi deputati allo studio e all'esperimento. Alla fine, fortunatamente, risultarono anni moto fecondi e prodighi di risultati, alcuni dei quali di importanza fondamentale nel quadro di una fisica internazionale in evoluzione molto più rapidamente rispetto al passato, caratterizzata da nascenti connessioni extra nazionali. Furono anche gli anni in cui si posero le fondamenta su cui poggiare la costruzione di un sistema di studio e ricerca di prim'ordine, la cui validità è possibile verificarla anche quantitativamente, dagli anni Trenta fin quasi ai giorni nostri, attraverso la valutazione dei titoli e dei riconoscimenti ricevuti dai fisici italiani.
Volendo schematizzare per favorire la comprensione penso sia possibile individuare nella storia della fisica italiana del Novecento alcuni momenti di passaggio, di svolta, fondamentali per la comprensione dell'attuale sistema della ricerca in Italia. Un primo momento si può cercare nel passaggio dalla ricerca in fisica classica alla ricerca in fisica moderna, con l'istituzione della prima cattedra di fisica teorica italiana, vinta da Fermi a Roma nel 1926. Così trovarono compimento gli sforzi portati avanti fino a quel momento per traghettare la fisica italiana verso la modernità, verso i lidi battuti dal vento della fisica relativistica, della meccanica quantistica, della fisica atomica e nucleare, e dei raggi cosmici. La partenza non fu certo delle più facili. Come viene ricordato in un documentario sulla vita di Enrico Fermi scritto da Nelo Risi e Dale Mc Adoo:
“SPEAKER- A 26 anni otteneva la cattedra di fisica teorica a Roma, creata appositamente per lui. Ma un insegnante non fa una scuola. Fermi aveva una cattedra, aveva un'aula ... e un solo allievo: Edoardo Amaldi. Eppure dovevano bastargli pochi anni per formare quella scuola romana [...] che è legata ai nomi di Rasetti, Amaldi, Segrè, D'Agostino e Pontecorvo.”
Il periodo compreso tra il 1926 (circa) e il 1938 fu prodigo di risultati, al punto da riportare l'Italia in un posto di primo piano nella ricerca di punta, ruolo riconosciuto internazionalmente attraverso l'organizzazione del primo Convegno di Fisica Nucleare, svolto a Roma del 1931.
In particolare, pur essendo presenti, sul territorio nazionale, diversi Istituti (?) in cui si faceva fisica come Torino, Milano e Bologna, i luoghi in cui nacque la nuova fisica italiana e da cui fiorì il successivo quadro teorico e sperimentale legato alla fisica moderna furono sostanzialmente due: Arcetri e Roma. In entrambi i casi si ebbe la fortunata coincidenza di persone importanti a livello istituzionale con a cuore i problemi della fisica italiana come furono, seppur con modi e influenze differenti, Antonio Garbasso a Firenze (Arcerti) e Orso Mario Corbino a Roma. Questa parte a carattere prevalentemente amministrativo trovò il suo completamento, dal punto di vista scientifico e realizzativo, nella presenza di alcuni ricercatori in cui la capacità teorica e la destrezza sperimentale erano contemporaneamente presenti, per di più ad un livello talmente elevato da non costituire limite a nessun tipo di indagine. Gli unici ostacoli posti a questa avventura scientifica ebbero origine, forzatamente, da cause di natura esterna, come, purtroppo si verificherà nel breve volgere di alcuni anni. Si è negli anni compresi tra il 1926 e il 1938 (circa), anni in cui si posero le basi per la fisica moderna in Italia, basi su cui poggiano tuttora le attuali ricerche fisiche; si è anche, se non soprattutto, negli anni in cui lavorarono in Italia Enrico Fermi, Bruno Rossi, Enrico Persico e Franco Rasetti, assieme ai loro bravissimi allievi, ancorché coetanei. Sono gli anni del rinascimento della fisica italiana, per troppo tempo ancorata, seppur con alcuni importanti risultati, alla fisica classica; sono gli anni in cui si inizia a indagare l'interno del nucleo atomico e a guardare verso il cielo per intercettare i raggi cosmici. Purtroppo sono anche gli anni dell'italico Ventennio fascista e dell'avvento del nazismo in Germania, anni in cui le difficoltà a lavorare con profitto in Italia, assieme alla promulgazione di alcune odiose leggi costrinsero molti dei principali fisici (scienziati e studiosi in generale) ad emigrare. Da questa emigrazione forzata nacque, grazie alla costanza e all'intraprendenza di pochi, la fisica italiana del secondo dopoguerra, in particolare la fisica delle particelle elementari, sintesi riuscita dei due percorsi, la fisica nucleare e i raggi cosmici attivi in Italia prima della II Guerra Mondiale. Penso sia importante notare come si parli di nascita, e non di rinascita, della fisica italiana; infatti pur trattandosi di ricercatori attivi anche prima della II Guerra Mondiale, la loro capacità di tenere le fila nel corso degli anni difficili, e di individuare le nuove linee di ricerca su cui incernierare la fisica del secondo dopoguerra, costituirono la spina dorsale della fisica in Italia nel periodo 1943-1965.
Il panorama italiano dopo la II Guerra Mondiale pur nella difficoltà delle condizioni lavorative estremamente precarie era caratterizzato da alcuni centri di ricerca importanti, come Torino, Milano, Bologna, Padova, Roma, Napoli, Catania e Palermo. All'interno di tale quadro si è scelto di indagare gli avvenimenti e i lavori portati avanti in alcuni di queste sedi, sia per l'impossibilità di affrontare una gamma così vasta di situazioni, sia per la convinzione nella tesi da dimostrare: dai maestri della fisica del periodo 1926-1938, si passa ad alcuni altri maestri la cui impronta sulla riprese della fisica è prevalente. Il lavoro di ricostruzione compiuto da Edoardo Amaldi, Gilberto Bernardini e Giampietro Puppi, pur non essendo isolato da altri casi, penso costituisca l'ossatura del lavoro italiano del secondo dopoguerra. In particolare il lavoro di Amaldi e Bernardini fu certamente di ampio respiro, e riguardò tutta la penisola, mentre il lavoro di Puppi fu più limitato nello spazio, concentrandosi particolarmente sul caso del Dipartimento bolognese.Si vuole, quindi, dimostrare come il lavoro attuale portato avanti dalla fisica italiana derivi, in ultima analisi, dalle scelte compiute subito dopo il termine della seconda Guerra Mondiale da quel gruppo di fisici rimasti in Italia, convinti dell'importanza del lavoro di (ri)costruzione necessario e fondamentale per risollevare la ricerca.
Pur trattandosi di uno studio a carattere storico un aspetto importante è costituito dal tentativo di quantificare i risultati ottenuti nel corso di questa avventura di rinascita della fisica italiana, sia prima sia dopo la seconda Guerra Mondiale. Si propone, quindi, una struttura del lavoro, costituita da due capitoli principali in cui si sviluppa la tesi da dimostrare e da un’appendice in cui sono riportati i principali dati, grafici e immagini.Come primo passo, con funzione di premessa, si analizza il lavoro svolto dalle due principali e già indicate scuole di fisica presenti in Italia nel periodo 1926-1938. Si tratta in buona parte di vicende conosciute nell'ambito della comunità degli addetti ai lavori soprattutto come analisi e narrazione di vicende; meno noto penso sia l'aspetto legato alla valutazione della validità di una scuola di fisica, possibile attraverso un'analisi quantitativa dei lavori pubblicati e dei premi ricevuti dai protagonista della vicenda.Entrando nel dettaglio il lavoro sarà costituito da una prima parte introduttiva dedicata al richiamo sulla situazione italiana nel periodo 1900-1940, con particolare attenzione ad alcuni aspetti ritenuti maggiormente importanti, il tutto accompagnato da un'analisi statistica degli articoli pubblicati su Il Nuovo Cimento nel periodo indicato. Si cercheranno i momenti e gli avvenimenti utili a capire lo stato della fisica in Italia nel periodo,sia da un punto di vista interno, sia come prestigio internazionale. Tale punto della situazione servirà anche in funzione della rilettura della situazione nel periodo della II Guerra Mondiale e nel seguente dopoguerra. Infatti la seconda parte della tesi sarà dedicata all'analogo di quanto ipotizzato nella prima parte, spostando, però, il periodo storico indagato avanti di alcuni anni, così da coprire l'intervallo di tempo compreso tra il 1945 e il 1965, circa. In questa parte del lavoro si cercherà di sostenere la tesi secondo cui il periodo del secondo dopoguerra in Italia fu caratterizzato dal lavoro scientifico e organizzativo di alcuni fisici in particolare. Pur all'interno di un quadro comunque complesso e articolato, con la presenza di ricercatori e di sedi di ricerca abbastanza diffusa sul territorio nazionale, penso sia possibile individuare nel lavoro di alcuni di loro un'opera di ricostruzione della fisica caratterizzata da un respiro veramente nazionale, in alcuni casi anche internazionale, e dall'individuazione e dalla seguente apertura di alcuni campi di ricerca nuovi e tuttora floridi.Anche all'interno della seconda parte assieme alle considerazioni legate alla storia della fisica verranno riportate diverse analisi statistiche in relazione agli articoli pubblicati, nel secondo dopoguerra, dai fisici rimasti in Italia. Avendo come scopo un tentativo di quantificare la validità di una scuola di fisica, verrà proposta un'analisi numerica anche nel caso del Premio Nobel, sia per quanto riguarda l'assegnazione, sia per le nomine ricevute, considerando il periodo disponibile in letteratura, coincidente con i cinquanta anni compresi tra il 1900 e il 1950. Non essendo, il Nobel, l'unico Premio a disposizione dei fisici nel contesto internazionale, si proporrà la lettura critica anche dei principali Premi a carattere internazionale ricevuti dai fisici nel periodo successivo alla Secondo Guerra Mondiale; proprio per rimarcare il riconoscimento del riconquistato prestigio internazionale della fisica italiana verranno indagati solo Premi emessi da associazioni con diffusione mondiale, non locale.La pare introduttiva del secondo capitolo è dedicata all'analisi critica di alcune lettere di archivio, scambiate tra i fisici protagonisti delle vicende narrate; le lettere fanno parte tutte della collezione presente all'Archivio della facoltà di Fisica de La sapienza di Roma, catalogate in parte come Archivio Amaldi e in parte (decisamente minore in numero) come Archivio Conversi.Inoltre la tesi è completata dalla presenza di alcune appendici, inserite al fine di poter proporre documenti e dati statistici completi, a differenza di quanto fatto nelle parti precedenti, per maggior chiarezza espositiva. Infine, trattandosi del lavoro finale di un periodo di ricerca durato tre anni ho ritenuto opportuno inserire anche i principali lavori svolti nel corso del primo e del secondo anno di dottorato; si trova, quindi, un articolo non ancora pubblicato, anche se già sottoposto a referaggio con risposta positiva, riguardante il problema dell'assegnazione del Nobel del 2008, assieme alla trascrizione del testo estratto da un documentario sulla figura di Edoardo Amaldi scritto e prodotto sempre da me nel corso del primo anno di dottorato, vincitore del I Concorso Edoardo Amaldi.
PARTE PRIMA – Il periodo pre-bellico: 1900-1940
1.1 - Quadro di partenza
... in cui si mettono in evidenza le caratteristiche delle due principali scuole di fisica italiane nel periodo precedente la seconda guerra mondiale, così come le differenze presenti tra esse. Si tratta di casa conosciuti, così come condivisa, negli studi relativi all’argomento, è l'idea della prevalenza della scuola di Roma e di Arcetri rispetto ad altre situazioni presenti in Italia nel medesimo periodo. Si tratta di due scuole caratterizzate dalla presenza di un maestro in ognuno dei due casi: Enrico Fermi a Roma e Bruno Rossi ad Arcetri. Si può dire di essere davanti al primo livello dei maestri della nuova fisica italiana; partendo da questo inizio fu possibile creare i presupposti per una continuità di scuole particolarmente significativa e sufficientemente radicata da riuscire a superare anche i momenti estremamente difficili corrispondenti alla scomparsa di accettabili condizioni di lavoro nel periodo prossimo alla seconda guerra mondiale, e all'avvento della guerra stessa, particolarmente pesante per le conseguenze e i danni generati in Italia.
Il secondo livello dei maestri della rinascente scuola italiana di fisica coinciderà con la fase di (ri)costruzione della ricerca fisica in Italia nell'immediato dopoguerra. Saranno sempre allievi dei primi due maestri a farsi carico in prima persona del rilancio della fisica. Di particolare interesse e impatto fu l'opera di Edoardo Amaldi e di Gilberto Bernardini, usciti uno dalla scuola romana (Amaldi) e uno dalla scuola fiorentina (Bernardini); non saranno gli unici attivi in Italia, ma certamente il loro ruolo fu ineguagliabile. Nel caso di Amaldi anche a livello europeo gli incarichi ricoperti e il ruolo giocato furono determinanti per la fisica nel Vecchio Continente.In questa parte l'analisi statistica verrà utilizzata per evidenziare un fatto particolare: tra maestri e allievi, tanto nel caso romano quanto in quello fiorentino, la differenza di età era minima, di sicuro inferiore a quanto solitamente esiste tra una generazione di maestri e la successiva di allievi. Tale particolarità ha certamente giocato un ruolo importante nella creazione di ambienti di lavoro molto uniti, e di legami forti anche una volta usciti dal laboratorio o dallo studio, come avvenne nella maggior parte dei casi dei fisici coinvolti nelle due scuole.Sarà inoltre proposta un'analisi quantitativa degli articoli pubblicati su Il Nuovo Cimento dai fisici italiani, così da provare quali furono i campi di ricerca prevalenti, in funzione dei ricercatori e dell'anno di pubblicazione.Un momento molto importante nel periodo suddetto fu, senza dubbio,il 1931, anno in cui l'Italia sancì la riconquista di un posto di primo piano nella ricerca in fisica, nucleare nello specifico; il Convegno di Roma organizzato nel corso dell'anno certificò tale posizione attraverso un Convegno molto ben riuscito e frequentato dai tutti i principali fisici dell'epoca.
L’elevato numero di ricercatori incontrati nel percorso ha reso necessario la definizione di criteri di scelta degli stessi, basati su parametri oggettivi, per non incorrere nella possibile, quanto spiacevole, possibilità di commettere dimenticanze. Fatti salvi i primi due indiscutibili maestri, Fermi e Rossi, i criteri oggettivi individuati sono basati sulla discendenza diretta dai citati iniziatori della nuova fisica italiana, sulla scelta di rimanere a lavorare principalmente in Italia e sui riscontri rintracciabili su riviste a carattere nazionale e internazionale.
Assieme a queste figure fondamentali della rinascita della fisica nel nostro Paese, nel presente lavoro sono nominati, a vario titolo, anche diversi altri scienziati; anche in questo caso, per evitare influenze personali e discutibili, si sono utilizzati come criteri di scelta l’appartenenza ad una delle due scuole di cui si parla (Arcetri e Roma), e la vincita di uno o più dei principali premi internazionali assegnati con varia cadenza nell’ambito della ricerca in fisica. Nessun personalismo, quindi, ma la ricerca di una obiettività di fondo ritenuta necessaria. Purtroppo, l’adesione a criteri razionali e oggettivi non libera dalla possibilità di commettere errori e dimenticanze. Nel caso se ne riscontrino porgo anticipatamente le mie scuse, ben felice di ricevere suggerimenti per rimediare all’errore.
1.2 – La situazione iniziale
È senza dubbio noto e condiviso come la fisica in Italia abbia passato un momento molto difficile nel periodo compreso tra la metà del XIX secolo e i primi venti anni del XX secolo. In particolare da un punto di vista teorico, mentre nel resto dell’Europa alcuni paesi diventarono punto di riferimento per la fisica mondiale, da noi l’adesione alle nuove teorie evidenziò marcate difficoltà. Le nuove teorie fisiche del XX secolo, mentre erano conosciute, anche se non sempre accettate nel resto d’Europa, in Italia trovavano spazi molto esigui in cui crescere; il principale motivo potrebbe essere dovuto alla prevalenza dell’aspetto sperimentale rispetto al teorico, assieme alla mancanza di una scuole di fisica vera e propria, il cui compito principale fosse quello di formare le giovani generazioni di fisici. Spesso i gabinetti dei principali fisici italiani erano costituiti dal maestro e dal suo assistente, senza la necessaria attenzione alla diffusione delle conoscenze. Anche secondo l’autorevole opinione di Mario Ageno:
“Segrè, mette bene in evidenza, nei suoi scritti di Storia della scienza, come, dopo la dispersione della scuola di Galilei, a differenza di ciò che è avvenuto nei Paesi del Nord dell’Europa, sia sempre mancato alla fisica italiana il supporto di una tradizione, rappresentata da una grande scuola scientifica, capace di portare avanti una visione scientifica del mondo, anche col contributo di scienziati di medio livello. Così, lo stato normale della fisica italiana era stato sempre quello di coma profondo, interrotto appena, ogni tanto, da un contributo occasionale di qualche onesto professore universitario. Lo stesso Alessandro Volta, rappresentò, dopo Galilei, un vivissimo lampo isolato. E non fece allievi.”
Alcuni dati utili per ribadire le difficoltà a cui dovette andare incontro la fisica teorica in Italia nei primi quarant’anni del XX secolo si possono dedurre dalle seguenti tabelle . Analizzando gli articoli pubblicati su Il Nuovo Cimento nel periodo 1900-1940 e dividendo tali articoli in base all’argomento trattato si evince quanto segue:
RIVISTA ARGOMENTO NUMERO ARTICOLI
Il Nuovo Cimento Zeeman effect 9
Il Nuovo Cimento Cathod rays 10
Il Nuovo Cimento Cosmic rays 14
Il Nuovo Cimento Relativity 25
Il Nuovo Cimento X rays 35
Il Nuovo Cimento Radioactivity 42
Il Nuovo Cimento Nuclear Physics 53
Il Nuovo Cimento Quantum physics 90
Il Nuovo Cimento Electricity 134
Il Nuovo Cimento Electromagnetism 184
Riprendendo l’articolo di Galdabini-Giuliani è possibile riproporre i dati relativi al numero di articoli pubblicati su Il Nuovo Cimento in funzione dell’argomento in forma grafica:
Articoli Nuovo Cimento per tipologia Articoli Nuovo Cimento per argomento
Dal grafico di sinistra si nota come gli articoli a carattere sperimentale presentano una chiara diminuzione nel corso dei primi quaranta anni del XX secolo a favore dei lavori teorici, il cui aumento è abbastanza costante.
Dal grafico di sinistra appare chiara la prevalenza di articoli a carattere sperimentale rispetto agli articoli a carattere teorico; parimenti, dal grafico di destra si può evincere come gli articoli di fisica nucleare abbiano subito un aumento percentualmente rilevante a partire dalla seconda metà degli anni trenta. Nello stesso periodo anche gli articoli aventi come argomento Atomi e Molecole presentano un incremento significativo, mentre diminuiscono in modo netto gli articoli di fisica classica e gli articoli di Fisica applicata; quelli di Materia condensata si mantengono su valori pressoché costanti. Probabilmente più significativo è il decremento evidente degli articoli di Meccanica quantistica a partire dal 1930, in corrispondenza, proprio, dell’aumento di articoli di fisica nucleare. Trattandosi, probabilmente, di articoli provenienti prevalentemente dal gruppo di fisici romani, la spiegazione è da ricercare nel netto cambio di campo di ricerca operato proprio negli anni indicati in via Panisperna.
Avendo elencato i dati precedenti in ordine crescente di numero di articoli, si possono provare a trarre alcune conclusione, ancorché parziali; si avrà un quadro più completo e chiaro dopo l’analisi anno per anno . I dati in dettaglio di questa parte sono raccolti in Appendice A1.
Prima di tutto si vede come la catalogazione prevede due argomenti di fisica contemporanea - definiamola “attuale” (Relativity e Quantum Mechanics) – e altri otto di fisica classica; all’interno di questi otto è possibile individuare, comunque, una differenza tra temi classici in senso stretto (Electricity, Electromagnetism e Cathod rays) assieme ad altri più recenti, ancorché di fisica classica (X rays, Radioactivity e Zeeman effect). Per quanto riguarda le due voci rimanenti (Nuclear Physics e Cosmic rays) probabilmente vale un discorso a parte, da rimandare assieme all’analisi anno per anno. Detto in altri termini si può azzardare una divisione tra fisica classica e nuova fisica contemporanea, inserendo in quest’ultima esclusivamente le nuove teorie del ‘900 (Quantum mechanics e Relativity). Secondo questa divisione sono presenti 428 lavori afferenti alle discipline classiche e 115 relativi alle teorie fisiche del XX secolo.
Interessante, comunque, notare l’evidente differenza tra le due nuove teorie; mentre all’argomento Relativity sono pubblicati solo 24 articoli in 40 anni, il numero riferito a Quantum Physics è decisamente superiore: 90. Mentre nel primo caso sono presenti 16 autori diversi, nel secondo caso tale numero diventa oltre il doppio: 37 autori differenti. Soprattutto è da notare come dell’argomento Relativity si occupino solo alcuni dei componenti le due scuole di fisica italiane, mentre nel caso di Quantum Physics il numero di esponenti di primo piano della fisica italiana del XX secolo è decisamente maggiore. Colpisce molto anche come nel caso della relatività ci sono pochi titoli di articoli dedicati ai fondamenti della stessa. Nel caso della relatività può essere opportuno distinguere tra articoli dedicati i fondamenti e articoli incentrati sugli aspetti teorici delle due teorie (ristretta e generale). Dall’Appendice A1 si vede come, a fronte di qualche articolo dedicato ai fondamenti (Corbino, Crudeli, Garavaldi) ci sono molti articoli di verifica sperimentale tutti relativi alla teoria del 1905. È utile ricordare, per completezza, la prevalenza di interesse da parte dei matematici per la teoria della gravitazione, a causa dell’elevate difficoltà matematica, non affrontabile per molti all’epoca. Diversi degli articoli si riferiscono ad aspetti sperimentali della teoria cosidetta della Relatività ristretta, con particolare attenzione all’esperimento di Michelson e Morley. Paradigmatico, in tal senso, l’atteggiamento di Righi. Egli pubblica cinque articoli incentrati sulla teoria di Einstein del 1905, tutti a carattere sperimentale e attenti all’esperimento di Michelson e Morley; in particolare nel 1921, quindi ben 16 anni dopo l’anno mirabilis di del fisico di Ulm, pubblica un articolo dal titolo Sulla teoria della relatività e sopra un progetto di esperienza decisiva per la necessità di ammetterla. Memoria IV; siamo fermi agli esperimenti decisivi per ammetterla.
Nel caso della Quantum Physics, al contrario, si nota un numero interessante di articoli, pur riportando la prima pubblicazione la data 1921; appare anche evidente come i fisici coinvolti siano in maggior numero e tra di essi si trovano i principali nomi della fisica del periodo. All’interno delle pubblicazioni di fisica quantistica è possibile notare anche la differenza tra il numero di scritti e di scienziati coinvolti appartenenti alle due scuole italiane. I membri della scuola di Roma sono presenti con un numero di articoli decisamente superiore rispetto ai colleghi della scuola di Arcetri.
Discorso a parte vale per quanto riguarda Nuclear Physics; la fisica atomica e nucleare è una disciplina sorta in epoca sostanzialmente classica; nel caso in esame gli argomenti di fisica nucleare trattati all’interno degli articoli analizzati iniziano a comparire sulla rivista, nella maggior parte dei casi, a partire dal 1933. Il significato è chiaro: sono legati alle scoperte del gruppo di Roma degli anni trenta. Non sono, quindi, ascrivibili alla fisica italiana di inizio secolo.
All’interno di questa divisione è evidente come gli argomenti maggiormente studiati in ambito italiano sono Electricity e Electromagnetism; dovrebbe emergere in modo chiaro, questo punto, l’atteggiamento sostanzialmente positivista della fisica italiana di inizio XX secolo. Tale atteggiamento derivava da una preferenza in ambito italiano della fisica sperimentale francese a scapito della fisica teorica di scuola tedesca o inglese. Ricorda Maiocchi:
“[…] dopo l’Unità d’Italia una fisica saldamente ancorata all’osservazione , il più possibile scevra da ipotesi non ben corroborate dai fatti, per certi versi assai restia ad affidarsi ai poteri d’astrazione della matematica. Ciò creò un ambiente poco adatto a una teoria quale la relatività che rompeva decisamente con il “buon senso”, incrinava profondamente la fiducia che la conoscenza scientifica si regga sull’osservazione mondata da ipotesi e faceva scaturire la verità dalla critica intellettuale e dall’uso della più raffinata e astratta matematica piuttosto che dai sensi.
[…]
Augusto Righi si era levato contro il carattere eccessivamente astratto della nuova teoria, la sua carenza di basi sperimentali. Il suo esempio fu ben presto seguito da un gran numero di ricercatori: Cantone, Quadrelli, Gianfranceschi, Somigliana, Quirino Majorana, Timpanaro, La Rosa, per non citarne che alcuni.”
Anche le indicazioni ministeriali, pur ribadendo l’importanza della cultura scientifica, affermavano:
“[…] la scienza è un prodotto dell’uomo e per questo ha valore, l’attività scientifica è morale, cioè va vista come dovere, non come godimento, la cui responsabilità pesa sugli uomini, “una grande responsabilità non soltanto umana, ma universale, dell’universo umano o storico e naturale”.
Sempre secondo Maiocchi “In questa tesi è in fondo racchiusa tutta l’essenza della concezione fascista della scienza: attività utilissima da sviluppare in funzione dei bisogni economici e politici del Paese.”. È chiaro come la fisica classica possa dare nell’immediato risposte alle esigenze del Paese, contrariamente a quanto accadde nel caso della meccanica quantistica e ancor più della relatività.
A tale caratteristica italiana contribuì, certamente, anche la questione ideologica derivata dal fascismo, non tanto come rifiuto di teorie di provenienza non conforme ai dettami dell’ideologia, quanto piuttosto in seguito alla confusione generata da idee abbastanza confuse. Sulla rivista Gerarchia, diretta da Benito Mussolini, in un articolo del 1922 a firma del famoso filosofo Ardengo Soffici si dice:
“Intendo parlare dell'introduzione che è stata fatta fra noi e della diffusione rapida cui assistiamo delle dottrina detta del relativismo, fondata da un gruppo di tedeschi e d'ebrei, o d'ebrei tedeschi, con a capo l'Einstein.”
È anche possibile analizzare gli stessi dati effettuando un’ulteriore divisione, così da valutare , assieme all’argomento dell’articolo, anche la distribuzione anno per anno all’interno del periodo indicato. In appendice al presente lavoro sono disponibili le analisi in dettaglio di tali dati, assieme ad alcuni grafici utili per visualizzare meglio i valori riportati.
X rays Zeeman effect cathod rays comsic rays electro magnetism quantum physics nuclear physics radio activity electricity relativity
1900 3 1 0 0 10 0 0 0 5 0
1901 3 0 0 0 10 0 0 0 5 0
1902 1 0 0 0 9 0 0 3 5 0
1903 1 0 0 0 6 0 0 0 8 0
1904 1 0 0 0 6 0 0 6 6 0
1905 0 0 0 0 2 0 0 6 2 0
1906 1 1 0 0 8 0 0 1 1 0
1907 0 0 0 0 6 0 0 8 3 0
1908 1 1 0 0 5 0 0 2 6 0
1909 0 1 3 0 12 1 0 1 3 1
1910 0 1 1 0 5 0 0 1 5 1
1911 1 0 0 0 9 0 0 1 9 0
1912 0 0 1 0 4 1 0 0 7 1
1913 0 1 0 0 6 0 0 3 3 1
1914 1 0 2 0 5 0 0 0 2 1
1915 1 0 0 0 5 0 0 0 1 1
1916 4 0 2 0 4 0 0 0 3 0
1917 1 0 1 0 4 0 0 0 0 0
1918 0 0 0 0 4 0 0 0 0 2
1919 1 0 0 0 3 0 0 0 3 1
1920 1 0 0 0 2 0 0 0 2 2
1921 0 0 0 0 2 0 2 0 3 2
1922 1 0 0 0 6 0 0 0 4 1
1923 2 0 0 0 3 3 0 1 2 1
1924 2 0 0 0 0 1 0 0 1 1
1925 1 0 0 0 1 2 0 0 2 3
1926 0 0 0 0 1 7 0 0 3 1
1927 1 0 0 0 8 9 1 1 3 1
1928 0 0 0 0 5 5 1 0 5 0
1929 0 0 0 0 5 5 0 0 4 1
1930 1 1 0 2 6 8 2 0 0 0
1931 0 0 0 2 2 2 1 1 1 0
1932 0 1 0 0 3 7 1 2 2 0
1933 0 0 0 2 1 7 3 1 0 0
1934 1 1 0 0 0 10 12 0 2 0
1935 0 0 0 0 2 5 7 1 6 0
1936 0 0 0 0 1 4 2 0 1 2
1937 1 0 0 0 1 2 8 0 8 0
1938 3 0 0 2 5 4 10 2 4 0
1939 0 0 0 4 4 5 3 0 1 1
1940 1 0 0 2 3 2 0 1 3 0
Per favorire la lettura dei dati se ne fornisce la versione grafica:
Solo con la laurea di due futuri fisici di primissimo piano come Fermi e Rossi si avrà la tanto attesa e necessaria svolta nella conduzione della vita all’interno dei dipartimenti di fisica italiani, con l’equiparazione tra l’importanza della ricerca all’importanza della trasmissione del sapere.
Le scuole di fisica in Italia nel periodo 1900-1938 furono, sostanzialmente due: la scuola di Arcetri, guidata da Bruno Rossi, sotto la direzione amministrativa di Antonio Garbasso, e la scuola di fisica di Roma, guidata da Enrico Fermi, sotto l’illuminata supervisione di Orso Mario Corbino. Il loro merito principale, assieme alla capacità di tornare al passo con i tempi da un punto di vista sia teorico, sia sperimentale nel panorama della fisica di inizio XX secolo, fu senza dubbio la marcata capacità di creare attorno ai due maestri (la prima generazione) un insieme di scienziati, la seconda generazione, con cui lavorarono a stretto contatto, andando spesso ben oltre il classico rapporto maestro-allievo. Al supermento di questo schema, fatto fondamentale per la ripartenza nel periodo post II Guerra Mondiale, ha certamente contribuito anche la chiara vicinanza di età. Si è soliti indicare in circa 25 anni la distanza tra una generazione e la successiva; in questo caso le differenze di età tra prima e seconda generazione sono dell’ordine degli anni, arrivando difficilmente verso la decina. All’interno della particolare dinamica presente nel rapporto tra maestri e allievi, senza dubbio un parametro con cui diversificare esiste anche se può risultare diverso in funzione della disciplina sotto studio. Nell’ambito della fisica di inizio XX secolo, probabilmente la differenza principale è da ricercarsi nella capacità di riunire in sé doti equivalenti di abilità sperimentali e teoriche, assieme alla capacità di leggere l’attualità scientifica per individuare i campi di ricerca da privilegiare. Al proposito una figura emblematica fu Enrico Fermi: le sue capacità teoriche e sperimentali sono universalmente riconosciute e note, ma non va nemmeno dimenticato la capacità mostrata nell’individuare il campo di ricerca da privilegiare per rimanere punto di riferimento nel panorama mondiale della ricerca. Fu sua l’idea di abbandonare i lavori di spettroscopia per passare all’indagine del nucleo, nel dipartimento di fisica romano negli anni trenta. Al pari di Fermi, anche Bruno Rossi evidenziò capacità molto simili. Pur avendo avuto una preparazione universitaria prevalentemente teorica, mostrò capacità sperimentali molto sviluppate, e all’interno del dipartimento fiorentino diede il via alla ricerca sui raggi cosmici, individuando un campo di indagine di primaria importanza.
Questi primi due maestri lasciarono un segno indelebile nella storia della fisica; solo per ricordare alcuni dei numerosi meriti, a Fermi si deve la teoria del decadimento beta, il potere penetrante dei neutroni rallentati (lavoro per cui ricevette il Premio Nobel nel 1938), la costruzione della prima pila atomica e l’individuazione della fisica nucleare come campo da sviluppare in Italia negli anni trenta.
ANNO NASCITA NASCITA NASCITA
1900 persico enrico
1901 fermi enrico rasetti franco
1905 rossi bruno Segrè emilio
1906 bernardini gilberto majorana ettore
1907 occhialini giuseppe
1908 amaldi edoardo
1909 wick giancarlo giulio racah
1910 daria bocciarelli
1913 Bruno pontecorvo
1915 pancini ettore ageno mario piccioni oreste
1917 puppi Giampietro conversi marcello
Ritengo sia utile, comunque, chiarire cosa si intende per “scuola di fisica”. Forse non bisogna commettere l’errore di pensare ad una scuola intesa in senso istituzionale, quanto, piuttosto, ricordare come, anche nel caso di Fermi e Rossi, le esigenze da coordinare erano molteplici e tutte necessitanti di particolare attenzione. Inoltre, come ricorda Ageno, almeno nel caso di Fermi è importante non dimenticare un altro aspetto della sua personalità niente affatto secondario: Fermi era in tutto per tutto un autodidatta. È, quindi, presente un duplice aspetto; prima di tutto essere autodidatta e arrivare ai risultati ottenuti dal fisico rimano equivale a ribadire la genialità e l’eccezionalità del personaggio. In secondo luogo, il problema principale di un autodidatta, almeno nel campo di insegnamento, ha un aspetto ontologico fondamentale: un autodidatta, per definizione, manca di maestri, quindi manca di riferimenti a cui appellarsi per attingere le necessarie competenze. Un sistema alternativo per accumulare le competenze mancanti può essere quello di effettuare studi specifici a carattere didattico; ma in questo caso si parla di sensibilità sorte ben dopo il periodo di cui ci stiamo occupando.
La scuola di Fermi è possibile, quindi, vederla come l’occasione di riunire in uno stesso luogo giovani di elevate capacità, a cui vennero dati ulteriori stimoli e impulsi attraverso la frequentazione di un ambiente molto dinamico, non tanto per la didattica accurata, quanto, piuttosto, per la possibilità di “mettere le mani” su quello di cui ci si occupava a livello teorico. L’importanza di Fermi fu, prima di tutto, a livello di esempio diretto e di coinvolgimento personale, di partecipazione diretta ai “suoi lavori”. Questo aspetto può trovare conferma anche in un altro fatto riportato sempre da Ageno: una volta creato il gruppo noto come “I ragazzi di via Panisperna” gli studenti arrivati dopo al dipartimento di fisica di Roma “non ebbero più da Fermi alcun insegnamento”. Non va, comunque, dimenticato come il fisico romano è stato autore apprezzato di diversi testi sia per la scuola secondaria superiore, sia per l’università.
Bruno Rossi, a seguito della lettura di un articolo di Bothe e Kohlhöster relativo al rilevamento dei raggi cosmici, fu l’ideatore e il realizzatore del circuito a coincidenza, la cui entrata in scena nella ricerca sui raggi cosmici permise un miglioramento di un fattore 10 nel tempo di rilevamento, con la conseguente possibilità di capire l’origine dei raggi stessi. Al contrario del fisico romano, Rossi non venne insignito del Premio Nobel, anche se diversi suoi lavori furono certamente meritevoli del riconoscimento.
Un buon maestro probabilmente si vede anche dal livello dei suoi allievi. Partendo dai due summenzionati maestri gli allievi furono vari e tutti di primo livello. Inoltre tra di essi alcuni saranno in grado di ripercorrere le gesta dei predecessori e, a loro volta, aprire o continuare scuole di fisica di livello mondiale. Non sempre le scuole a cui ci si riferisce hanno visto la luce e sono state sviluppate in Italia; dal punto di vista delle capacità dei maestri è un particolare insignificante. A tale proposito è possibile ricordare il lavoro fatto in Italia da Edoardo Amaldi, Gilberto Bernardini, Giampietro Puppi, mentre all’estero il lavoro di Occhialini in Brasile e di Segrè negli Stati Uniti aprì la strada a importanti scuole. Forse è possibile indicare anche Bruno Pontecorvo come guida di riferimento nella lontana Dubna.
Le figure di spicco nella fisica italiana nel periodo preso in considerazione furono, comunque, molteplici, così come i centri di ricerca importanti non furono solo i due indicati fino ad ora. Anche altre sedi giocarono un ruolo decisamente importante; basta ricordare il lavoro svolto a Bologna, Padova, Torino, Milano, Napoli e Palermo, sia nel periodo precedente la seconda guerra mondiale, sia nei vent’anni successivi. I fisici di primo piano si spostarono tra le varie sedi indicate, anche se Roma in particolare, ma anche Arcetri, almeno fino agli inizi degli anni Trenta, mantennero un ruolo di primaria importanza.
Con l’approssimarsi della seconda guerra mondiale i primi due maestri della fisica italiana del XX secolo furono costretti a lasciare il Paese in seguito alla promulgazione delle famigerate leggi razziali da parte della dittatura fascista, essendo loro o i loro parenti prossimi possibili bersagli di detti provvedimenti, con le conseguenze storicamente riconosciute.
Le basi fisiche poste nei quindici anni precedenti si dimostrarono abbastanza solide da permettere la rinascita della fisica italiana nel secondo dopoguerra. I protagonisti di questa rinascita furono alcuni degli allievi dei primi due maestri, i quali, pur non raggiungendo dei risultati di livello teorico o sperimentale di ugual portata mostrarono capacità altrettanto importanti, soprattutto a livello organizzativo e come capacità di individuare i filoni di ricerca da perseguire, mettendo le persone giuste al posto giusto. I tempi sociali cambiati e il quadro economico decisamente differente rispetto a quanto presente prima della seconda guerra mondiale influirono in modo sensibile sulle possibilità e, probabilmente, anche sulle scelte da operare.
L’analisi di questo secondo livello della scuola di fisica in Italia sarà l’asse portante del presente lavoro, non prima, però, di aver passato in rassegna le caratteristiche principali delle due scuole di riferimento; in particolare l’attenzione sarà posta sulle figure dei fisici principali presenti a Roma e ad Arcetri, dei loro lavori, dei loro spostamenti nelle varie sedi di ricerca europee, dei contatti tenuti a vario livelli con altri fisici di prima grandezza.
Provando a riassumere le ultime considerazioni mi pare emerga con chiara evidenza come la fisica delle particelle ricoprì, e ancora ricopra, un ruolo molto importante nel panorama della fisica italiana; trova quindi giustificazione il voler provare ad evidenziare alcuni aspetti particolari dell’opera di ricostruzione, inquadrando un periodo compreso tra il 1945 (circa) e il 1983, anno della scoperta dei bosoni vettori. Gli attori principali di tale opera sono molteplici, ma particolare importanza hanno avuto alcuni di essi, scienziati capaci di coniugare il rigore e l’impegno della ricerca in fisica con l’attenzione al rilancio della disciplina.
Analizzando i dati relativi agli anni di nascita, di laurea e al relatore di tesi possono emergere utili indicazioni:
Dalla tabella con le date di nascita si ha la conferma di quanto sostenuto in precedenza. Tra le varie generazioni di fisici, sia prima sia dopo le due guerre mondiali, non trascorrono i tempi solitamente indicati nel passaggio da una generazione alla successiva. In tutti i casi si tratta di pochi anni di differenza, quindi si parla di persone quotidianamente definite coetanee da un punto di vita sociale. Non altrettanto da un punto di vista scientifico.
ANNO LAUREA RELATORE LAUREA RELATORE
1921 persico - roma corbino
1922 fermi -PI- rasetti -PI-
1926 rossi -BO-
1927 bernardini -PI- Segrè -ROMA-
1928 amaldi ROMA occhialini -FI- rasetti
1929 wick -TO-
1930 racah - FI -
1933 pontecorvo -ROMA-
1935 ageno -ROMA- fermi
1937 pancini -PD- rossi
1938 puppi -PD- wick
1939 conversi - roma ferretti
Nella tabella delle lauree sono stati inseriti tutti i fisici coinvolti in precedenza nell’analisi dei premi, assieme ai fisici appartenuti alle due scuole di fisica del primo dopoguerra per ribadire l’importanza delle scuole di formazione, dato confermato dal risultati ottenuti in funzione della scuola di provenienza.
NASCITA LAUREA DIFFERENZA
persico 1900 1921 21
fermi 1901 1922 21
rasetti 1901 1922 21
rossi bruno 1905 1927 22
segrè 1905 1927 22
bernardini 1906 1927 21
majorana 1906 1929 23
occhialini 1907 1928 21
amaldi 1908 1928 20
wick 1909 1929 20
racah 1909 1930 21
bocciarelli 1910 1931 21
pontecorvo 1913 1933 20
pancini 1915 1937 22
ageno 1915 1935 20
piccioni 1915 1935 20
puppi 1917 1938 21
conversi 1917 1939 22
Un dato emerge dalla lettura dell’ultima tabella: considerando, come si sta proponendo, Fermi e Rossi come due maestri di prima generazione, si nota come ci siano 4 anni di differenza nella nascita e 5 nella laurea. Differenze sensibili,quindi. Però, ripensando alle difficoltà incontrate dal fisico romano prima di avere un gruppo di lavoro consistente, si giustifica la considerazione di contemporaneità tra i due maestri.
Come risulta chiaro dall’ultima tabella e dal relativo grafico, nel caso dei protagonisti della vicenda di cui ci si sta occupando, un altro dato molto importante è senza dubbio la giovane età media al momento della laurea (e, di conseguenza, nei momenti successivi) di questi passati protagonisti. La congiunzione di fattori favorevoli, come appunto la possibilità di terminare degli studi molto importanti e in giovane età, ha senza dubbio avuto un ruolo molto importante nella vitalità del gruppo. Dalla lettura delle tabelle penso si possa notare l’applicazione costante e continua dei futuri fisici; infatti, tranne pochissimi casi, è presente una ricorsività quasi perfetta tra nascita e laurea, segno evidente di una concentrazione forte da parte di tutti nel raggiungimento del loro obiettivo principale. La possibilità di lavorare direttamente con i primi maestri, con coloro intenti a scrivere pagine indimenticabili nella storia della fisica ha probabilmente giocato un ruolo catalizzatore dell’attenzione di chi si iscriveva a fisica. Senza dubbio, tale fenomeno venne anche aiutato dalle capacità di gestione di Corbino e Garbasso.
Una differenza tra i primi maestri e i loro immediati successori si trova nella maggior capacità di questi ultimi nell’interessarsi di questioni non strettamente inerenti lo studio della fisica. È ben noto l’impegno, in particolare di Amaldi, in questioni legate alle problematiche del disarmo, nate come conseguenza della corsa agli armamenti iniziata al termine della seconda guerra mondiale. Partendo da una sua ferma convinzione nel voler tenere separata la ricerca dai condizionamenti militari, Amaldi arrivò ad aderire pienamente e consapevolmente all’idea nata in seguito al manifesto Russell-Einstein e sfociata nella creazione del movimento Pugwash; tale movimento in Italia prese la forma dell’organizzazione nota con il nome di Isodarco, tuttora attiva nel campo del disarmo nucleare.
Passato il terribile periodo bellico e persi i due maestri primogeniti Fermi e Rossi, rimase in Italia la capacità di ripartire, facendo tesoro di quanto appreso nella fase d’oro della fisica degli anni trenta e sapendo coniugare esigenze di ricerca con difficoltà di bilancio (dello Stato). Il quadro si presentava abbastanza desolante, non avendo a disposizione somme di denaro sufficienti per poter affrontare con serenità la programmazione necessaria alla ricostruzione, ma altrettanto chiaro era in tutti la scala di importanza rispetto alla quale prendere le decisioni relative a come utilizzare le poche risorse disponibili in Italia. Per cercare di inquadrare il problema può essere utile uno schema riassuntivo, dovendo prima di tutto sottolineare come la rigidità imposta da uno schema non sempre si adatta alla necessità di indagare in modo dettagliato. La distinzione tra un maestro, un suo successore e qualche altro fisico non appartenente alle due precedenti categorie è spesso molto sottile, e in alcuni casi quasi ambigua. Avendo come radice comune due scuole principali (Roma e Arcetri) le influenze reciproche furono certamente numerose, per cui si può ragionevolmente ipotizzare la presenza di contributi indiretti alla ricostruzione anche da parte dei fisici emigrati, contributi dovuti ad una visione comune dei problemi e ad una condivisione spesso profonda dell’avventura scientifica.
Come ricordato possiamo identificare i primi maestri con Enrico Fermi e Bruno Rossi. Emigrati loro e altri importanti fisici il loro ruolo venne ricoperto senza dubbio da Edoardo Amaldi a Roma, e anche da Gilberto Bernardini, in parte a Roma e in parte a Bologna. La discendenza della scuola di Arcetri è più articolata e complessa rispetto alla scuola romana a causa della precoce dispersione del gruppo di riferimento, avvenuta già a partire dal 1932. Del lascito di Bruno Rossi è in parte erede anche Gian Carlo Wick, in particolare nel suo periodo padovano, sia per influenza diretta, sia per influenza indiretta, attraverso la figura chiave nel panorama bolognese di Giampietro Puppi, laureando padovano di Gian Carlo Wick.
Proprio in Puppi è possibile trovare un’idea di quanto si va dicendo:
“La rinascita della fisica italiana dopo la guerra è dovuta ai primi allievi di Fermi e Rossi: Gilberto Bernardini, Gian Carlo Wick, Edoardo Amaldi. È nata da una scelta importante: questi personaggi hanno deciso di orientare la ricerca su due argomenti soltanto, fisica delle particelle e raggi cosmici” .
È bene sottolineare, ancora una volta, come le divisioni schematiche aiutino a inquadrare il tema, ma introducono anche semplificazioni non sempre opportune. Nello specifico va ricordato come anche nella fisica dei raggi cosmici si sono trovati innumerevoli risultati riguardanti la fisica delle particelle, dove quest’ultima è da intendere come la fisica fatta con le macchine, distinta dall’altra non tanto per i temi di cui si occupa, quanto, piuttosto, in virtù delle caratteristiche di partenza di chi se ne occupa e degli strumenti da utilizzare. Comunque penso sia possibile indicare in Amaldi e Bernardini i maestri di seconda generazione. Come verrà ricordato nel corso del II capitolo, l’assegnazione ad ognuno dei due della Tate Medal penso sia proprio da leggere in quest’ottica.
La strada tracciata da Amaldi e Bernardini permise di arrivare ad impostare un importante lavoro sulla fisica della particelle elementari, con particolare attenzione, almeno fino ad una certa data, alle interazioni deboli; dopo essersi occupati di fisica nucleare e aver liberamente abbandonato tale filone di ricerca sia per non trovarsi coinvolti in problemi etici legati al già noto utilizzo militare della energia nucleare, sia per far fronte, senza rimanerne oppressi, alle enormi difficoltà legate alla ricerca in un campo troppo oneroso per rimanere al passo con i principali laboratori di ricerca, per le esangui casse amministrative italiane, la naturale prosecuzione della ricerca non poteva essere altro se non l’analisi delle particelle provenienti dell’alto, facilmente rilevabili anche con strumentazione non particolarmente costosa, aspetto decisivo in Italia dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, prima di potersi dedicare alla fisica delle particelle elementari, studio per il quale le macchine richieste risultarono sempre estremamente costose, era necessario lasciar passare alcuni anni, così da permettere all’Italia di rialzarsi dalla distruzione della guerra, e di permettere, al contempo, anche all’Europa di arrivare a competere con quanto lasciato dalla ricerca militare negli Stati Uniti, in termini di capacità di ricerca, di disponibilità di mezzi finanziari e industriali.
Possiamo far coincidere l’inizio della ricerca sui raggi cosmici in Italia con l’esperimento di Conversi, Pancini e Piccioni del 1943. Fu un lavoro molto importante anche se eseguito in condizioni particolarmente difficoltose; infatti si era nella Roma ancora occupata dalle truppe naziste e sottoposta a pesanti bombardamenti alleati, effettuati al fine di ridurre la resistenza del nemico invasore. Non potendo avere la presunta precisione dei bombardamenti attuali il rischio di un errore era decisamente alto. Per questo motivo la strumentazione delicata dell’istituto di fisica venne spostata notte tempo con sistemi molto rudimentali (vecchi carretti) nei sotterranei di un liceo cittadino, ritenuto più sicuro per la sua vicinanza con la Città del Vaticano. Come è noto i risultati dell’esperimento vennero pubblicati solo nel 1947, proprio a causa delle difficoltà derivanti dal perdurare del conflitto.
Terminata la Seconda Guerra Mondiale a Roma si pose il problema di ricostruire la fisica italiana; quale poteva essere un buon punto di partenza? Come ricordato, la direzione da prendere fu pesantemente condizionata dalle precarie condizioni economiche in cui versava il Paese. A costi molto contenuti a livello di strumentazione per la ricerca erano disponibili i raggi cosmici; si partì, così, alla costruzione del laboratorio al Plateau Rosa, lavoro nel quale Bernardini ebbe un ruolo fondamentale.
Gli anni passarono, e le condizioni del Paese uscito stremato dalla guerra migliorarono. Fu così possibile dedicare nuovamente delle risorse alla ricerca teorica, e iniziare a pensare alla costruzione di macchine acceleratici in grado di ridestare entusiasmo per la fisica italiana anche all’estero. In questa fase l’opera di Edoardo Amaldi fu insostituibile, sia nel progetto europeo del CERN, sia nel progetto italiano del collisionatore AdA, primo esemplare al mondo. Si riprende il cammino verso le proprietà delle particelle elementari. Questo cammino sarà costellato di risultati molto importanti, basti ricordare:
• il triangolo di Puppi (oltreche’ di Tiomno e Wheeler)
• l’angolo di Cabibbo
• il quarto quark (charm) di Maiani
• i bosoni vettori di Rubbia
Provando a riassumere in uno schema quanto affermato si potrebbe ottenere quanto segue.
1.2.1 – Lezioni di meccanica ondulatoria, di Enrico Persico
Come si sa all’interno del mondo di Arcetri una figura di riferimento fu senza dubbio Enrico Persico. La sua funzione di guida, di riferimento per i più giovani in arrivo all’Istituto venne esercitata sempre in modo discreto, come era tipico del personaggio; uno dei momenti fondamentali in cui la funzione di guida si evidenziò in modo netto e riconosciuto corrispose alla proposta e realizzazione dei seminari settimanali su argomenti di fisica moderna, fiore all’occhiello del nascente gruppo e momento di formazione irrinunciabile. È noto come la capacità didattica di Persico si evidenziò anche nella preparazione delle dispense accompagnatorie dei seminari stessi. Le prime due versioni di tali appunti erano costituite da manoscritti di cui non si trova facilmente traccia; al contrario, una edizione redatta da Giulio Racah e Bruno Rossi venne pubblicata dall’editrice CEDAM nel 1935, ed è ancora disponibile nelle biblioteche dipartimentali.
Dall’analisi dell’indice del testo delle dispense si possono ricavare alcune informazioni sulle idee sulla fisica moderna in circolazione ad Arcetri.
Il testo è diviso in tre parti intitolate, rispettivamente:
PARTE I - “Concetti fondamentali e prime applicazioni”
PARTE II - “Generalizzazioni”
PARTE III - “Reazioni fra atomi e radiazione”
Le prime dispense, precedenti la versione stampata, sono databili verso la fine degli anni Venti, quindi pochi anni dopo l’introduzione della allora nuovissima teoria quantistica della materia. Nonostante questo le dispense sono dense di meccanica quantistica, sia nella formulazione ondulatoria, sia nella formulazione matriciale, segno evidente dell’elevata capacità di aggiornarsi e di rimanere al passo con la nuova fisica. Ecco alcuni dei passaggi principali (l’indice completo si trova in Appendice A2):
PARTE I
PARTE I
PARTE II
PARTE II
PARTE III
PARTE III
Come si è detto quella presentata è una versione pubblicata in forma di libro; si era nel 1935, momento in cui Persino non era ad Arcetri ormai da alcuni anni, per cui si può presumete la coincidenza tra la versione data alle stampe e le precedenti versione fornite sotto forma di appunti direttamente dal fisico romano. In altre parole si può ipotizzare la coincidenza tra l’indice proposto nelle immagini precedenti e l’eventuale indice delle versioni in appunti. Si può, quindi, verificare come le nuove idee della fisica fossero proposte in una versione quanto più possibile attuale ed aggiornata. Infatti nella Parte I (intitolata Concetti fondamentali e prime applicazioni) viene proposto il Principio di Indeterminazione assieme all’interpretazione probabilistica dell’equazione di Schrödinger; nella Parte II (intitolata Generalizzazioni) si ha la generalizzazione della stessa equazione ad un sistema generico, assieme all’interpretazione geometrica e alla generalizzazione dell’equazione; nella Parte III (intitolata Reazioni fra atomi e radiazione) viene presentata la formulazione del problema quantistico secondo la meccanica delle matrici. Complessivamente un quadro molto completo e aggiornato; unito alla chiarezza didattica ed espositiva di Persico spiegano molto bene l’interesse mostrato e ricordato da parte dei fruitori delle lezioni seminariali.
1.3 – Le scuole italiane
1.3.1 - La scuola di Arcetri
Bruno Rossi nacque a Venezia nel 1905. Dopo aver frequentato due anni di università a Padova e successivamente a Bologna, dove si laureò nel 1927, venne nominato assistente alla cattedra di fisica sperimentale dell'Università di Firenze, allora sotto la guida di Antonio Garbasso, persona eclettica e dai molteplici interessi, capace di coniugare in sé lo spirito del ricercatore con i compiti amministrativi causati dalle sue varie nomine politiche di primo piano.
“The laboratory was always behind in paying the electric bills, and the only reason our electricity was not cut off altogether was that the director of the laboratory was also major of the city.”
Le conoscenze del giovane laureato erano principalmente di fisica matematica, meno di fisica sperimentale.Il suo arrivo a Firenze venne seguito dall'arrivo, sempre nel capoluogo toscano, anche di Gilberto Bernardini, mossosi da Pisa, dove aveva studiato. Altre figure importanti e frequentatori assidui del laboratorio furono Giuseppe (Beppo) Occhialini, Daria Bocciarelli, Guglielmo Righini, Beatrice Crinò, Giulio Racah, Lorenzo Emo Capodilista. Un'altra figura importante ad Arcetri fu quella di Enrico Persico, primo mentore della scuola, regolarmente presente allo scopo di introdurre i giovani fisici allo studio della meccanica ondulatoria, attraverso visite settimanali e lettura con commento di articoli originali. I seminari del prof Persico furono certamente fondamentali nella formazione teorica dei giovani allievi, tanto da veder redatte, da parte di Rossi e Racah, e pubblicate dalla CEDAM le dispense del corso inizialmente distribuite dal Persico stesso. Dall’analisi dell’indice della copia del 1935 (la riproduzione delle pagine è riportata in Appendice A2) si possono evincere le impostazioni di base del discorso portato avanti ad Arcetri, anche se lo stesso autore ricorda, nell’introduzione, come si siano “cercato di evitare gli eccessivi sviluppi analitici che talvolta potevano mascherare il contenuto fisico delle questioni.”. Il motivo per cui Persico ritenne importante diffondere le dispense, ovvero la meccanica quantistica, fu il seguente:
“Il concetto informatore fu quello di condurre gli allievi ai nuovi punti di vista della Fisica, per la via che mi è parsa più naturale (anche se non è quella corrispondente allo sviluppo storico delle nuove teorie) vale a dire ponendo in primo piano il principio di indeterminazione di Heisenberg ricavato per induzione dalla constatazione di alcuni casi elementari, e ricavando da esso la necessità di una impostazione probabilistica della meccanica: impostazione che si svolge poi con la guida dell’analogia ottica.”
Analizzando i dati riportati, sempre in Appendice A1, relativi al numero di articoli pubblicati negli anni 1900-1940 su il Nuovo Cimento relativi all’argomento Quantum Physics si vede come su un totale di 88 articoli se ne ha uno di Bernardini (1930), sei di Persico (dal 1927 al 1938) e cinque di Racah (dal 1930 al 1937). D’altra parte la maggior parte dei fisici di Arcetri di dedicarono prevalentemente allo studio dei raggi cosmici.
Altra figura importante fu Giorgio Abetti, assistente di Garbasso, il quale teneva regolarmente un “seminario di fisica” per i giovani ricercatori. Su iniziativa di Persico ad Arcetri venne chiamato Gilberto Bernardini, dando così la stura alla nascita della scuola di fisica fiorentina. Uno dei primi importanti lavori del giovane Rossi venne condotto assieme a Bernardini e diede buoni risultati. Un anno fondamentale per la nascente Scuola di Arcetri fu, senza dubbio, il 1929; in quell anno venne pubblicato un articolo a firma di Bothe e Kohlhörster dal titolo “Das Wesen der Höhenstrahlung”. L'ipotesi presentata dai due scienziati attirò l'attenzione del giovane Rossi (e dell'altrettanto giovane Beppo Occhialini); dallo studio della radiazione cosmica sarà possibile ricavare un numero molto elevato di informazioni, anche se la precisione delle misure effettuate dai due ricercatori tedeschi non era particolarmente raffinata. I raggi cosmici rilevati sulla superficie terrestre si riteneva fossero raggi γ molto energetici, ma il citato esperimento di Bothe e Kohlhörster otteneva risultati dissonanti.
“For me, the turning point in the search came in the Fall of 1929 with the apparence - in “Zeitschrift fur Physik” of the historical paper “Das Wesen der Höhenstrahlung” by W. Bothe and W. Kohlhörster.”
L'interesse di Rossi per i raggi cosmici portò come primo risultato il miglioramento della precisione dell'esperimento di un fattore dieci, attraverso l'introduzione del famoso circuito a coincidenza; fu un'introduzione molto importante e prolifica. Ricorda Rossi:
“I felt that the power of the coincidence method would be greatly enhanced if one could devise a method for recording coincidences that would be less cumbersome than that used by Bothe and Kohlhörster, and would provide a better time resolution.”
Un secondo importante intervento di tipo sperimentale Bruno Rossi lo fece poco dopo l'introduzione del circuito a coincidenza; per rivelare una possibile deflessione delle particelle in arrivo introdusse un aggiustamento suggerito da Luigi Puccianti di Pisa:
“In another experiment I had tried to detect a deflection of the penetrating particles in their passage through a bar of magnetized iron. Not having obtained any significant result from this experiment, I later tried to observe the deflection of cosmic-ray particles in magnetized iron, using a different more sensitive arrangement suggested by Professor Puccianti of Pisa. This arrangement, which one could describe as a magnetic lens, consisted of a closed-circuit magnet formed by two oppositely magnetized iron bars that were arranged next to one another.”
L'anno successivo si ebbe la prima defezione all'interno del giovane gruppo di fisica; infatti Enrico Persico si trasferì a Torino. Assieme all'indiscusso valore scientifico al giovane gruppo venne a mancare la guida collegialmente riconosciuta. Ma, come ricorda sempre il protagonista:
“The group I found in Arcetri was quite small, but quality made up for the size.”
L'anno successivo, 1930, per il giovane Rossi fu altrettanto importante, in quanto, su iniziativa di Garbasso, gli venne messa a disposizione una borsa di studio per recarsi all'estero. Fu uno dei primi casi in Italia, e la borsa venne affidata a Rossi proprio in virtù del riconosciuto ruolo di guida all'interno del giovane gruppo di Arcetri. In questo modo Rossi poté andare a Berlino da Bothe al Reichsanstadt di Charlottenburg. Per il giovane Rossi il periodo in Germania fu estremamente stimolante. Come ricorda egli stesso:
“The memory of that summer is still vivid in my mind. Berlin was, at that time, the very heart of contemporary physics. There I met Max Plank, Albert Einstein, Otto Hahn, Lise Meitner, Max von Laue, Walther Nernst, and Werner Heisenberg, to name just few. (...) At that time I also began my friendship with Patrick Blackett, who was also visiting there from England.”
La nuova amicizia con Blackett si rivelerà molto importante per il futuro; non tanto per la vita della scuola di Arcetri in senso stretto, quanto, piuttosto, per i lasciti della scuola stessa. Infatti, un altro scienziato fondamentale proveniente dalle stesse aule, Giuseppe Occhialini, completerà la sua formazione proprio in Inghilterra, arricchendo l'attività sperimentale del luogo con quanto imparato e provato a Firenze; il connubbio Blackett-Occhialini si rivelò decisamente importante e fortunato.
Il lavoro di Rossi continuò nella direzione individuata alla fine degli anni venti, fornendo un altro importante contributo alla comprensione delle problematiche legate ai raggi cosmici. Infatti, partendo da un lavoro di Stromer sulle aurore boreali e adattandolo ai raggi cosmici, nel 1933, dopo innumerevoli difficoltà organizzative e un ritardo alla fine decisivo per la priorità della scoperta, Rossi verificò la correttezza dell'ipotesi relativa all'effetto Est-Ovest effettuando misure all'Asmara (Etiopia), luogo particolarmente indicato per la sua posizione geografica (vicinanza all'equatore e considerevole altitudine).
Purtroppo, però, pur essendo stato in grado di porre le basi per la nascita di una scuola di fisica di importanza pari a quella di Fermi a Roma, il lavoro di Rossi e del suo gruppo ad Arcetri era destinato a volgere al termine in breve volger di tempo . A partire dal 1930 con il trasferimento di Persico a Torino, la permanenza di Occhialini a Cambridge per tre anni (invece dei tre mesi inizialmente ipotizzati), la morte del senatore Garbasso (1933) e il trasferimento dello stesso Rossi a Padova nel 1932, le condizioni per la continuità della scuola di fisica fiorentina erano venute meno. Ma il seme gettato sarà destinato a generare ancora molti frutti in Italia e in giro per il mondo.
Schema dei costituenti la scuola di Arcetri
incarico Nome e cognome periodo Principali lavori
direttore Antonio Garbasso
Enrico Persico - 1930
Bruno Benedetto Rossi 1928 - 1932
Giuseppe Beppo Occhialini 1928 – 1932
Gilberto Bernardini 1928 - 1937
Daria Bocciarelli
Guglielmo Righini
Beatrice Crinò
Giulio Racah
Lorenzo Emo Capodilista
1.3.2 – La Scuola di Roma
La seconda, solo in ordine alfabetico, scuola di riferimento per il rilancio della fisica in Italia nel periodo 1920 – 1938 è senza dubbio la scuola di Roma, il cui capostipite fu Enrico Fermi. Si tratta di una scuola decisamente conosciuta e studiata, la cui storia è stata oggetto anche di filmati televisivi.
Essendo la bibliografia in questo caso decisamente ampia e completa, nel presente lavori mi limito ad un’analisi sistematica delle caratteristiche principali della scuola, rimandando per approfondimenti alla letteratura già presente.
Probabilmente merita di essere ricordato in questo contesto una opinione leggermente fuori dal coro e solitamente meno conosciuta, anche se espressa da uno scienziato di primissimo piano come fu Mario Ageno. L’interesse delle affermazioni di Ageno non risiede tanto nel mettere in evidenza disinteresse, da una certa data in poi, da parte di Fermi verso il mantenimento della scuola di Roma, fatto certamente importante da un punto di vista storico, quanto, piuttosto, in alcune sottolineature relative al metodo di lavoro del gruppo di Roma, molto influente anche sulla trasmissione delle conoscenze, ossia sul sistema di insegnamento nella scuola di Roma. Ricorda Ageno:
“Gli studenti erano due: Alfonso Barone di Roma ed io, piovuto dalla provincia dopo un primo biennio frequentato all’Università di Genova. Ricordo che fummo introdotti in una stanza semivuota, piuttosto oscura, a pianoterra, a destra dell’ingresso, e, dopo una breve attesa, fummo raggiunti da due giovani poco maggiori di noi, in camice bianco, che ci squadravano con aria molto critica e decisamente seccata.”
Anche Segrè, ricorda, in un passaggio della sua biografia su Fermi quanto sostenuto da Ageno, seppur, forse, con motivazioni leggermente diverse:
“Malgrado il suo successo spettacoloso la ricerca sui neutroni ebbe anche conseguenze negative sul modo di lavorare e sullo spirito stesso dell’Istituto di Roma. Il lavoro era così pesante e richiedeva uno sforzo talmente sostenuto che cambiò radicalmente le nostre abitudini scientifiche. Fermi non aveva più il tempo necessario per occuparsi degli studenti e dei visitatori, né per seguire gli sviluppi dell fisica al di fuori del campo del nostro interesse immediato. […] I seminari e ”le conferenze private da cui avevamo appreso tanto negli anni precedenti furono abbandonati. Lo studio della fisica divenne più ristretto e al tempo steso assunse un carattere più utilitario perché per mantenere il nostro primato nello studio dei neutroni dovevamo lavorare quanto più presto e quanto più efficacemente possibile.”
I due giovani a cui Ageno si riferisce erano Amaldi e Segrè. Continua più avanti:
“Alfonso Barone ed io facemmo le nostre Esercitazioni di 2° biennio molto abbandonati a noi stessi, ma anche molto impegnati e felici per l’autonomia pressoché completa di cui godevamo: solo Edoardo, che faceva con noi studenti la parte del buono, ci veniva ogni tanto a trovare e a dare suggerimenti e consigli.
[…]
Intanto io seguivo, unico studente, anche un corso di Problemi di Fisica, tenuto in aula dal Basilisco (Segrè, ndr), che aveva appena conseguito la libera docenza: e ne scoprivo l’umanità e la grande disponibilità ad insegnare, quando gli sembrava che ne valesse la pena.”
Sempre Ageno sul maestro Fermi ricorda:
“Io ho seguito le lezioni di Fermi, ho imparato da Fermi una quantità di cose, sia dalle lezioni accademiche sia soprattutto osservando come Fermi si comportava in laboratorio, come risolveva i problemi, come portava avanti giorno per giorno la ricerca in atto e come rispondeva alle domande dei suoi collaboratori riformulandole sempre in maniera chiarificatrice; ho imparato moltissime cose in questo modo.”
Pare di cogliere nelle parole di Ageno una indicazione didattica tanto particolare quanto interessante: l’importanza dell’esempio. Si sta parlando di anni, caratterizzati da una situazione sociale, economica e politica con specificità molto forti: una contrapposizione sociale molto decisa con l’accantonamento (in alcuni casi l’eliminazione anche fisica, come nel caso Matteotti, 1924) di chi pensa in modo diverso e, semplicemente, dal 1938, è “diverso”; una situazione economica fallimentare e la prospettiva di una guerra di portata impensabile. Le preoccupazioni, quindi non mancavano, e anche senza volerlo, influivano sul lavoro di tutti i giorni, anche per chi cercava di stare fuori dalle discussioni. Forse anche per questi motivi, il gruppo di Roma, da un certo momento si è preoccupato di preservare se stesso, prima di tutto. Una volta creato un gruppo di ricerca di primissimo piano a livello mondiale, come era il gruppo di via Panisperna, secondo Ageno pare essersi affievolita l’attenzione verso la formazione di nuove leve.
In tutto questo rimane, comunque, un’indicazione metodologica importante. Erano gruppi di ricerca formati da persone decisamente giovani, con la possibilità di vivere in un ambiente in cui potevi “toccare con mano” il significato di far ricerca. Se da un punto di vista istituzionale la didattica poteva essere lacunosa, la possibilità di vedere, sentire, quasi respirare il clima dell’istituto romano, dovrebbe aver ripagato tutte le eventuali mancanze, con abbondanti interessi.
1.3.3 - Analogie e differenze
Mettere in evidenza caratteristiche comuni e differenze può aiutare a capire i percorsi da seguire nel momento in cui ci si trova davanti a fenomeni analoghi, sia per l’analisi storica, sia in visione prospettica. Nel caso delle scuole di fisica italiane si possono evidenziare aspetti comuni assieme a differenze chiare. Partiamo da queste ultime.
La prima domanda a cui rispondere potrebbe essere proprio il motivo per cui una scuola è finita decisamente prima di un’altra; la risposta a tale domanda probabilmente può fornire elementi anche per capire per quali motivi la scuola di Arcetri ha impiegato un periodo decisamente maggiore per tornare ai livelli abituali rispetto alla scuola di Roma, rinata nel giro di vent’anni.
La fine della scuola di Arcetri , almeno nel periodo precedente la seconda guerra mondiale ha differenti cause. Assieme alla partenza di alcuni dei fisici principali come Occhialini, Persico e Rossi, nel 1933 morì il nume tutelare della scuola, Antonio Garbasso. Venendo a mancare il sostegno politico ed economico e avendo già decisamente diminuito il prestigio proprio, la scuola va naturalmente verso un ridimensionamento molto importante. Il prestigio dell’istituzione fiorentina, seppur invariato a livello accademico, non ebbe la stessa sorte a livello politico; infatti Arcetri da Istituto divenne Università pur rimanendo di categoria B, quindi finanziate in parte dallo Stato e in parte dagli enti locali, a differenza delle Università di categoria A, totalmente finanziate dallo Stato. Secondo Amaldi questo fatto ebbe un peso, ad esempio, sulla decisione di Persico di passare a Torino, Università di categoria A.
Inoltre, come ricorda Maiocchi:
“legislazione universitaria, attività del CNR e, elemento contingente ma importantissimo, la retorica del destino imperiale che portò il fascismo a privilegiare sopra ogni altra l’Università romana, furono i fattori che permisero una concentrazione di mezzi nell’istituto di fisica romano che tutti gli altri istituti non potevano nemmeno sognare, e senza i quali le ricerche di Fermi non sarebbero state possibili” .
Il posto di Garbasso, a dispetto delle aspettative comuni secondo cui sarebbe toccato a Segrè in seguito all’emmissione di un bando di concorso, venne attribuito a Laureto Tieri, fisico sperimentale della scuola di Blaserna, ottimo sperimentatore, ma estraneo alle nuove teorie fisiche.
Nonostante questi vantaggi importanti seppur non richiesti la sopravvivenza anche dell’istituto di fisica romano venne duramente provata da eventi contingenti. Al proposito risulta essere molto interessante l’opinione di un diretto interessato, Franco Rasetti. Ricorda:
“Debbo dichiarare con dolore, ma con doverosa franchezza, che al momento presente appare difficile conservare all’Italia la posizione preminente che essa ha avuto negli ultimi anni. Le ricerche fondamentali del Fermi furono compiute su quantità infinitesime di sostanze radioattive… Ben altre sono le quantità di sostanze radioattive necessarie per passare alle applicazioni … occorrono mezzi nuovi e più potenti, mezzi che sono già stati portati ad un alto grado di perfezionamento specialmente negli Stati Uniti … Queste scoperte di Fermi sono state compiute con mezzi modesti: esse sono costate, in quattro anni, meno di 1500 mila lire. Ma ormai, in questo come in tanti altri campi della fisica, il periodo iniziale in cui col solo genio aiutato da mezzi quasi primitivi si poteva rivoluzionare la scienza, è passato per sempre. Per poter progredire ancora occorrono la collaborazione di numerosi ricercatori e una organizzazione poderosa di laboratori quali soltanto un organo speciale come il CNR potrà sviluppare.”
Dalle parole di Rasetti, assieme alla profonda amarezza dovuta allo spettrale panorama su cui si sta affacciando la fisica italiana, si coglie anche una lucidità di pensiero molto alta. Pare di capire come, anche nel caso in cui Fermi fosse rimasto, la situazione avesse raggiunto un tale grado di criticità al quale nemmeno il riconosciuto genio del fisico romano avrebbe potuto porre rimedio. Pur essendo ancora nel 1937, quindi prima del chiarimento da parte di Lise Meitner all’inizio del 1939, del significato degli effetti dei neutroni lenti scoperti di Fermi del 1934, erroneamente interpretato come produzione di “elementi transuranici” quando, invece, si era davanti alla fissione del nucleo dell’uranio, per Rasetti è ormai chiaro come la fisica del futuro sarà una fisica da Big Science, necessitando, quindi, di gruppi di ricerca e di laboratori di una dimensione di almeno un ordine di grandezza superiore rispetto a quanto fino al momento solitamente impiegato. È noto l’avversione di Rasetti verso la Big Sciente, espressa nei termini perentori di seguito riportati:
“Il progresso scientifico e tecnologico sta andando troppo in fretta perché tutto possa procedere per il meglio. Mettere nelle mani degli uomini tutti questi strumenti senza un adeguato sviluppo morale è, almeno io credo sia, estremamente pericoloso. Come mai nessuno si chiede in che modo il progresso della scienza possa essere un bene per l’umanità? […]”
Anche dall’analisi di saggi a carattere storico appare chiaro come i motivi della fine del primo periodo d’oro della fisica italiana abbia alcune concause. Nel loro lavoro Cavallo-Messina individuano in tre le cause della fine della scuola romana:
• la partenza di diversi membri del gruppo
• la morte di Corbino con la conseguente impossibilità di raccoglierne l’eredità da parte dei rimanenti membri del gruppo (“Nessuno è in grado di raccogliere l’eredità in questo campo: Rasetti, per formazione culturale, completamente estraneo a questo problemi; Fermi, nonostante la nomina ad Accademico d’Italia, troppo assorbito dalla ricerca; Segrè e Amaldi troppo giovani”)
• il degenerare della situazione politica in Italia
Anche se in parte esterno al tema del presente lavoro, un altro appunto molto interessante è relativo ad un’altra scuola nata da una costola della scuola di Arcetri: la scuola di Padova iniziata da Bruno Rossi. A Padova rimarrà il solo Pancini.
Le difficoltà politiche legate alla ricerca emergono con particolare vigore in un articolo di Russo, in cui l’autore, riprendendo dichiarazioni di Ugo Bordoni (riportate tra virgolette nella prossima citazione), chairman of the CNR’s committees for physics del 1938, dopo aver parlato di due casi analoghi in altre discipline, ricorda:
“The third example, the “institute for radioactivity” proposed by Fermi in 1938, aimed to promote high-level on nuclear physics and chemistry, “the facilities of a university insitute being insufficinet for the purpose”. Emilio Segrè has described the next steps: “Fermi himself went to Mussolini and tried to get more money for science, to make a modern institute. Mussolini received him, approved the idea, requested a memorandum which was left with him, and said it would be done-and nothing happened. The memorandum was pigeonholed.” After the war Segrè found a file on Fermi in the archives of the fascist secret police, with critical reports about his tiepid attitude towards the regime. The file also held the Fermi’s memorandum to Mussolini and the letter of the Minister of Education, Balbino Giuliano, “who opposed Fermi’s idea of a physics insitute. He said it would arouse strong jealousies among all other physicists in Italy. That was the reason the project was pigeonholed.”
Da questa citazione dovrebbe risultare chiaro come i problemi sorti all’interno dell’Istituto di fisica dopo la morte di Corbino avessero anche una natura extra scientifica, evidentemente politica. Fu, senza dubbio, un altro parametro importante nell’orientare le scelte dei fisici romani rispetto alla permanenza o all’emigrazione.
1.4 – Il Congresso di Roma del 1931
Partendo dalla banale constatazione di come la raggiunta importanza di un lavoro viene riconosciuta anche attraverso la risposta in termini di partecipazione a momenti ufficiali di ospiti prestigiosi, di autorità locali e in base alla sede messa a disposizione per l’evento, nel caso del lavoro svolto in Italia nel periodo considerato una prima e importante risposta si ebbe dal Convegno di Fisica Nucleare dell’ottobre del 1931, organizzato a Roma dalla Reale Accademia d’Italia e ospitato nel palazzo della Farnesina.
Dagli atti del Convegno, riprodotti nelle seguenti scansioni, risulta evidente come l’impegno e il coinvolgimento sia stato di primissimo piano. La Presidenza del convegno era composta da due Premi Nobel (uno ancora da assegnare al momento), da un fisico e organizzatore di primissimo piano come Corbino, aiutati da alcuni fisici tra i più importanti, come Rossi e Gleb Wataghin.
Tra i congressisti sono annoverati ben quindici Premi Nobel (passati e futuri rispetto alla data del Convegno):
Quindi un pubblico talmente di prestigio come poche volte si ricorda. Naturalmente assieme ai laureati Nobel erano presenti anche una folta schiera di altri scienziati stranieri di primissimo piano, pur se non vincitori di Nobel, come, ad esempio Lise Meitner e George Gamow.
ANNO PREMIATO MATERIA ANNO PREMIATO MATERIA
1948 Blackett Fisica 1923 Millikan Fisica
1954 Bothe Fisica 1945 Pauli Fisica
1922 Bohr Fisica 1926 Perrin Fisica
1927 Compton Fisica 1943 Stern Fisica
1903 M.Curie Fisica 1922 Aston Chimica
1938 Fermi Fisica 1911 M.Curie Chimica
1932 Heisenberg Fisica 1936 Debye Chimica
1909 Marconi Fisica
Un aspetto interessante nell’ottica della scuola di fisica italiana, romana in particolare, si trova nel discorso pronunciato da Corbino all’apertura dei lavori. Ricorda, infatti, il senatore:
“Se è mancata una rivoluzionaria innovazione nelle applicazioni della Scienza, si è però determinato un vastissimo movimento concettuale e sperimentale attorno alla fisica atomica; la quale è per ora lontana da possibilità immediate di utilizzazione, ma presenta delle prospettive di una portata incalcolabile in base alla già realizzata trasmutazione degli elementi e all’esistenza di enormi quantità di energia nucleare che potrebbero essere liberate in quella trasmutazione. Ben a ragione perciò la fisica del nucleo è stata scelta come oggetto di questo primo Convegno Volta che raduna i più eminenti studiosi del grande problema.”
La struttura del nucleo atomico alla data del Convegno di Roma ancora non è molto chiara, come risulta anche dell’intervento introduttivo di Marconi; pur sospettando l’esistenza di una particella massiva neutra, solo nel corso dell’anno successivo Chadwick confermerà per via sperimentale tale presenza. Inoltre, pur non sapendo come, comincia ad essere chiaro, a chi si occupa di problemi legati alla fisica nucleare, come all’interno del nucleo siano presenti forze di intensità inimmaginabile. Dalla chiarezza del discorso di Corbino emerge il coinvolgimento attivo e partecipato dello stesso nei problemi di fisica moderna; inoltre, nel momento in cui sostiene la ragione della scelta dell’argomento rende anche merito al lavoro svolto nella scuola di Roma, capace di intercettare al momento giusto il filone di studi da seguire per essere all’avanguardia della fisica, tanto sperimentale quanto teorica.
Sempre dal discorso di Corbino anche un successivo passaggio contiene informazioni importanti:
“Nel giuoco della forze che i vari elettroni subiscono dal centro e di quelle che essi esercitano l’uno sull’altro, il loro insieme assume una configurazione stabile che è stata determinata esattamente per tutti gli elementi. È servita per questo una nuova Meccanica, chiamata quantistica, che è sorta perché si era dovuto riconoscere che le leggi e i metodi della Fisica classica divengono insufficienti all’interno dell’atomo. Si è così pervenuti ad una teoria che è in perfetto accordo coi fatti già noti e che molti nuovi ha permesso di prevederne; sacrificando però gli antichi concetti della Meccanica e della Elettrodinamica, e rivoluzionando molte idee che si erano accumulate per spiegare i fenomeni del Mondo macroscopico, e che per lunga consuetudine sembravano indispensabili quando invece erano fallaci o per lo meno superflue.”
Dall’indice delle relazioni si nota come l’unico intervento italiano sia stato di Bruno Rossi, incentrato sui suoi lavori relativi alla radiazione cosmica. È un riconoscimento importante, in quanto il lavoro del fisico di Arcetri sull’argomento ha dato una svolta decisiva nell’indagine, principalmente grazie all’introduzione del circuito di coincidenza “alla Rossi”. Ricorda egli nella parte introduttiva del suo intervento:
“Grazie al perfezionamento degli apparecchi già precedentemente usati e alla creazione di nuovi metodi d’indagine, le nostre conoscenze sperimentali del fenomeno si sono andate gradualmente precisando ed estendendo; cosicché mentre, fino a pochi anni fa, si potevano avere dubbi sull’esistenza stessa della radiazione penetrante, possediamo oggi nozioni abbastanza precise sul valore assoluto della sua intensità, sulla dipendenza di questa dall’elevazione del luogo di osservazione, dalla posizione geografica, ecc.”
Nelle conclusioni del suo lavoro Rossi afferma:
“I fenomeni attribuiti alla radiazione penetrante traggono la loro origine immediata dalla presenza in atmosfera di una radiazione, il cui potere di ionizzazione primario è assai maggiore di quello dei raggi comuni e, a maggior ragione, di quello prevedibile per raggi della durezza dei raggi penetranti. Fino a prova contraria, quindi, dobbiamo considerarla una radiazione corpuscolare.”
1.5 – Chi, cosa, dove rimane
Completato il quadro della fisica in Italia nel periodo antecedente lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, occorre fare il punto della situazione, per tratteggiare un quadro esauriente in cui indicare i fisici rimasti, le facoltà ancora attive, e le idee in rampa di lancio per la rifondazione della fisica italiana.
Partendo dalle facoltà di può riassumere il tutto nel seguente schema:
Istituto di Arcetri come detto in precedenza passa un momento di grande difficoltà, dovuto sia alla partenza della maggior parte dei membri della scuola di Rossi, sia al confermato declassamento dell’Università.
Istituto di Roma pur mostrando difficoltà simili a quelle sorte nel caso del dipartimento fiorentino, Roma riesce a rimanere il polo attorno cui far ripartire la fisica una volta terminata la guerra. Proprio nella capitale verrà effettuato un esperimento, durante gli anni di guerra, fondamentale per il futuro della fisica delle particelle (esperimento Conversi-Pancini-Piccioni).
Istituto di Milano
Istituto di Napoli
Istituto di Padova Le successive partenze dei principali fisici decimerà il dipartimento.
Istituto di Bologna In questo caso il discorso è leggermente diverso. A Bologna avevano operato alcuni dei principali sperimentatori della fisica italiana di inizio Novecento, causando, con il passare del tempo l’allontanamento del dipartimento dalla ricerca di punta. Solo con l’arrivo di Bernardini, Ferretti, e, successivamente, Puppi si avrà una ripartenza della fisica bolognese.
Istituto di Torino
Istituto di Palermo
Istituto di Genova
Il punto di partenza per la rifondazione della fisica fu, comunque, quello di riunire quanto più possibile le migliori menti teoriche e sperimentale nel minor numero possibile di centri di ricerca, al fine di costituire un gruppo sufficientemente numeroso e di alto livello per riprendere le posizioni perdute in seguito al dipartita dei principali fisici, a causa delle leggi razziali. Volendo riassumere la situazione all’atto della ripartenza si possono individuare alcuni centri particolarmente attivi:
Dipartimento di Roma È il luogo in cui si ritrova la maggior parte dei principali fisici ancora attivi in Italia (Amaldi e Bernardini su tutti). Farà, ancora, da volano d’inerzia per la fisica in generale
Laboratorio della testa Grigia È un laboratorio importante, in quanto per mette di fare ricerca di alto livello anche se con costi decisamente contenuti; come si sa lo studio dei raggi cosmici assieme alle pregresse conoscenze di fisica nucleare saranno alla base del futuro impegno nella fisica delle particelle elementari.
Esperimento Conversi-Pancini-Piccioni È un esperimento cruciale. Indica la via sulla quale continuare a fare ricerca rispetto alle particelle elementari, chiarendo l’erroneità dell’ipotesi di Yukawa. Come verrà evidenziato più avanti, è uno degli articoli ritenuti tra i più importanti da parte dell’American Physical Society.
Da G.Battimelli (a cura di), L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Laterza, 2001, p.32
“Iniziò così un giro di trasferimenti, portato avanti in mezzo a varie difficoltà di natura politica, i cui esiti interessano in questa sede perché spiegano le dislocazioni dei vari gruppi di ricerca nel primo decennio del dopoguerra. Fra il 1937 e il 1940 si consolidò il gruppo di ricerca di Roma, con il trasferimento di Bernardo Nestore Cacciapuoti da Palermo e la chiamata di Gian Carlo Wick da Padova; nel 1938 venne chiamato a Padova Antonio Ristagni che trovò ad attenderlo il grande e deserto istituto costruito da Bruno Rossi, dove era rimasto un solo assistente, Ettore Panini; a Milano tornò da Roma Giuseppe Cocconi che potè giovarsi dell’appoggio del direttore dell’Istituto di fisica, Giovanni Polvani, per proseguire le sue ricerche; Gilberto Bernardini andò a Bologna, ma trascorrendo ogni settimana qualche giorno a Roma per poter svolgere il suo lavoro sperimentale per cui mancavano a Bologna i mezzi; a Tornio si trovava, infine, Enrico Persico, isolato e “profondamente colpito dall’incalzare degli eventi”.
”Per quanto riguarda le linee di attività, a Roma, grazie all’acceleratore della Sanità, continuarono le ricerche di fisica nucleare sotto la guida di Amaldi e Wick, e, grazie alla presenza di Gilberto Bernardini ripresero vigore le ricerche sui raggi cosmici; a Milano Cocconi si dedicò, nei limite del possibile, a ricerche sulla radiazione cosmica, mentre a Torino e Padova il lavoro si interrompeva progressivamente. Alla fine tutti i gruppi, con la sola parziale eccezione di Roma, furono costretti a interrompere l’attività di ricerca sia per il completo venir meno di risorse finanziarie, sia per l’indisponibilità di risorse umane, a causa del richiamo alle armi dei ricercatori più giovani. Il gruppo di Roma decise, comunque, di abbandonare qualunque ricerca sulla fissione:
“Nell’inverno del 1940-41 l’illusione di una guerra breve era […] svanita anche se nelle alte sfere politiche e militari e non si poteva escludere che a qualcuno venisse in mente di utilizzarci come esperti in problemi nucleari. Decidemmo quindi di abbandonare le ricerche sulla fissione, scrivemmo un lavoro conclusivo su risultati delle misure di sezione d’urto fatte fina ad allora e le spedimmo alla Physical Review ove apparve nel 1941 con i nomi di Ageno (al fronte), Amaldi, Bocciarelli, Cacciapuoti (al fronte) e Trabacchi”.
1.6 – Analisi degli articoli usciti su Il Nuovo Cimento
Come anticipato nelle prime pagine del presente lavoro, uno degli obiettivi dello stesso è di proporre un’analisi statistica degli articoli pubblicati dai fisici italiani nella prima metà del XX secolo; più precisamente, utilizzando dati disponibili in rete, si proporranno delle letture da diversi punti di vista su quanto pubblicato su Il Nuovo Cimento nel periodo 1900 – 1940. È motivo di interesse capire le direzioni prese da un ambiente scientifico, e l’indagine relativa alla tipologia, alla frequenza e alla diffusione di articoli, ovvero degli argomenti su cui si svolge la ricerca nel Paese in considerazione, rappresenta un parametro fondamentale, forse l’unico vero parametro attorno cui costruire una valutazione della validità di una scuola di ricerca. Il metodo di pubblicazione degli articoli si riviste e il prestigio delle stesse sono garanzia di sostanziale affidabilità del dato indagato. Come ricordato più volte in precedenza i dati completi si trovano in Appendice A1; in particolare sono riportati tutti gli articoli pubblicati, sia come elenco, sia suddividendoli per autore; in entrambi i casi si è provveduto a mantenere la suddivisione per argomento proposta dal sito da cui sono stati scaricati, e tale divisione è stata privilegiata rispetto alle possibili letture. Infine, particolare attenzione verrà prestata ai dati relativi alla fisica moderna, relatività e meccanica quantistica, con analisi specifiche maggiormente dettagliate.
Per comodità di lettura dei dati questi sono stati suddivisi in due gruppi, uno composto dagli articoli pubblicati nei primi vent’anni (1900 – 1920) e nei secondi venti (1921 – 1940)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
1900 3 1 0 0 5 10 0 0 0 0 1911 1 0 0 0 9 9 0 0 1 0
1901 3 0 0 0 5 10 0 0 0 0 1912 0 0 1 0 7 4 0 1 0 1
1902 1 0 0 0 5 9 0 0 3 0 1913 0 1 0 0 3 6 0 0 3 1
1903 1 0 0 0 8 6 0 0 0 0 1914 1 0 2 0 2 5 0 0 0 1
1904 1 0 0 0 6 6 0 0 6 0 1915 1 0 0 0 1 5 0 0 0 1
1905 0 0 0 0 2 2 0 0 6 0 1916 4 0 2 0 3 4 0 0 0 0
1906 1 1 0 0 1 8 0 0 1 0 1917 1 0 1 0 0 4 0 0 0 0
1907 0 0 0 0 3 6 0 0 8 0 1918 0 0 0 0 0 4 0 0 0 2
1908 1 1 0 0 6 5 0 0 2 0 1919 1 0 0 0 3 3 0 0 0 1
1909 0 1 3 0 3 12 0 1 1 1 1920 1 0 0 0 2 2 0 0 0 2
1910 0 1 1 0 5 5 0 0 1 1 21 6 10 0 79 125 0 2 32 11
totale 286
Legenda: 1= X rays; 2= Zeeman effect; 3= cathod rays; 4= cosmic rays; 5= electricity;
6= electromagnetism; 7= nuclear physics; 8= quantum physics; 9= radio activity; 10= relativity
Al fine di rendere leggibile ed interessante una tabella altrimenti poco utile, sono stati riportati in forma di grafico i dati appena esposti, così da rendere visivamente evidente quanto si sta cercando di dimostrare. Non tutti i valori riportati saranno individuabili sul grafico proposto, ma incrociando i dati numerici con la loro rappresentazione si dovrebbe ottenere un buon grado di chiarezza precisione.
Gli stessi dati risultano meglio leggibili se proposti suddivisi per materia, come accade nella prossima tabella, da cui sarà ricavato anche il grafico successivo.
JOURNAL TOPIC N art. %
Il Nuovo Cimento Cosmic rays 0 0%
Il Nuovo Cimento Nuclear Physics 0 0%
Il Nuovo Cimento Quantum physics 2 1%
Il Nuovo Cimento Zeeman effect 6 2%
Il Nuovo Cimento Cathod rays 10 3%
Il Nuovo Cimento Relativity 11 4%
Il Nuovo Cimento X rays 21 7%
Il Nuovo Cimento Radioactivity 32 11%
Il Nuovo Cimento Electricity 79 28%
Il Nuovo Cimento Electromagnetism 125 44%
286 100,0%
Il grafico relativo è il seguente:
Evidente la prevalenza del tema Electromagnetism su tutti gli altri, anche se pure il tema Electricity mostra di essere apprezzato. Altrettanto evidente la quasi totale assenza di articoli legati alla nuova fisica; in particolare non sono presenti articoli relativi a Cosmic Rays e Nuclear Physics (fatto per altro comprensibile), mentre Relativity presenta appena 11 articoli nei quindici anni successivi alla pubblicazione della teoria della relatività ristretta. Risulta interessante una lettura un cui si sommano gli articoli afferenti a temi classici per un confronto numerico con la stessa categoria, ma riferita a temi moderni; indicando nei secondi Relatività, Quantum physics, Nuclear physics e Cosmic rays ci ottengono le seguenti percentuali, la cui visualizzazione è più chiara di qualsiasi commento:
FISICA CLASSICA 4,55%
FISICA MODERNA 95,45%
100,00%
In modo del tutto analogo si può operare per i dati dei vent’anni successivi, così da essere in grado di esprimere indicazioni relative ai cambiamenti avvenuti nei primi quarant’anni del XX secolo. La scelta di dividere in due ventenni l’analisi statistica non è casuale, o basati su motivi di simmetria comunque importanti. Piuttosto penso si possano vedere gli anni attorno al 1920 come quelli in cui iniziarono ad esprimersi e a farsi conoscere i futuri maestri e allievi delle due nuove scuole di fisica attive in Italia.
La secondo ondata di dati è riportata nelle seguenti tabelle e grafici:
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
1921 0 0 0 0 3 2 2 0 0 2 1931 0 0 0 2 1 2 1 2 1 0
1922 1 0 0 0 4 6 0 0 0 1 1932 0 1 0 0 2 3 1 7 2 0
1923 2 0 0 0 2 3 0 3 1 1 1933 0 0 0 2 0 1 3 7 1 0
1924 2 0 0 0 1 0 0 1 0 1 1934 1 1 0 0 2 0 12 10 0 0
1925 1 0 0 0 2 1 0 2 0 3 1935 0 0 0 0 6 2 7 5 1 0
1926 0 0 0 0 3 1 0 7 0 1 1936 0 0 0 0 1 1 2 4 0 2
1927 1 0 0 0 3 8 1 9 1 1 1937 1 0 0 0 8 1 8 2 0 0
1928 0 0 0 0 5 5 1 5 0 0 1938 3 0 0 2 4 5 10 4 2 0
1929 0 0 0 0 4 5 0 5 0 1 1939 0 0 0 4 1 4 3 5 0 1
1930 1 1 0 2 0 6 2 8 0 0 1940 1 0 0 2 3 3 0 2 1 0
14 3 0 14 55 59 53 88 10 14
TOTALE 310
Legenda: 1= X rays; 2= Zeeman effect; 3= cathod rays; 4= cosmic rays; 5= electricity;
6= electromagnetism; 7= nuclear physics; 8= quantum physics; 9= radio activity; 10= relativity
Come nel caso dei vent’anni precedenti anche ora i dati sono leggibili meglio se proposti suddivisi per argomento, come nella prossima tabella, a cui farà seguito il grafico ricavabile dai dati così ordinati.
Anche in questo caso si propone una visualizzazione di quanto riportato in forma numerica all’interno della tabella precedente, con le stesse raccomandazioni esposte in precedenza.
Anche visivamente, avendo utilizzato i medesimi colori per indicare gli stessi soggetti, si possono iniziare ad apprezzare i cambiamenti avvenuti nel passaggio dai primi ai secondi vent’anni.
JOURNAL TOPIC N art. %
Il Nuovo Cimento Cathod rays 0 0%
Il Nuovo Cimento Zeeman effect 3 1%
Il Nuovo Cimento Radioactivity 10 3%
Il Nuovo Cimento Cosmic rays 14 5%
Il Nuovo Cimento Relativity 14 5%
Il Nuovo Cimento X rays 14 5%
Il Nuovo Cimento Nuclear Physics 53 17%
Il Nuovo Cimento Electricity 55 18%
Il Nuovo Cimento Electromagnetism 59 19%
Il Nuovo Cimento Quantum physics 88 28%
310 100%
Un primo evidente dato è costituito dalla scomparsa dell’argomento Cathod rays, dal ridimensionamento del soggetto Zeeman effect, ma soprattutto dalla marcata diminuzione della percentuale riferita a agli articoli su X rays. Contemporaneamente, si ha un aumento deciso degli articoli relativi a Quantum physics e Nuclear physics, e da una sostanziale invarianza del soggetto Relatività.
Ripetendo il ragionamento volto ad individuare quanti argomenti a carattere classico e quanti a carattere moderno sono pubblicati nel corso dei secondi venti anni si trovano le seguenti percentuali, corredate della visualizzazione in forma di grafico. Come si può notare è abbastanza evidente, e del resto ragionevole e in linea con quanto atteso, il mancato rovesciamento delle percentuali a favore di una schiacciante prevalenza dei temi nuovi rispetto ai classici. È, però, altrettanto evidente come ci sia stata una significativa inversione di tendenza, con gli articoli di fisica moderna prevalenti (percentuale superiore al 50%) rispetto agli articoli con argomento classico.
FISICA CLASSICA 45,48%
FISICA MODERNA 54,52%
100,00%
Quanto affermato fimo a questo momento può essere nuovamente quantificato attraverso un confronto tra i dati relativi ai primi e i secondi vent’anni, così da fornire una base numerica anche alle differenze e ai cambiamenti avvenuti nella fisica italiana prima e dopo l’avvento delle due nuove scuole di fisica.
Confrontando i dati tra i due ventenni mantenendo costanti le materie di riferimento si ottiene la seguente tabella:
1900-1920 1921-1940
JOURNAL TOPIC N art. % N art. % (%)
Il Nuovo Cimento Zeeman effect 6 2,1 3 1 -1
Il Nuovo Cimento Cathod rays 10 3,5 0 0 -3
Il Nuovo Cimento Cosmic rays 0 0,0 14 5 5
Il Nuovo Cimento Relativity 11 3,8 14 5 1
Il Nuovo Cimento X rays 21 7,3 14 5 -3
Il Nuovo Cimento Radioactivity 32 11,2 10 3 -8
Il Nuovo Cimento Nuclear Physics 0 0,0 53 17 17
Il Nuovo Cimento Quantum physics 2 0,7 88 28 28
Il Nuovo Cimento Electricity 79 27,6 55 18 -10
Il Nuovo Cimento Electromagnetism 125 43,7 59 19 -25
286 100 310 100
Diventa evidente quanto accennato in precedenza: le variazioni maggiori riguardano due argomenti catalogati come moderni (Nuclear Physics e Quantum physics) e due come classici (Electricity e Electromagnetism). Anche l’argomento Radioactivity subisce una chiara diminuzione, così come Relativity si mantiene pressoché costante. Il tutto risulta ancora più chiaro utilizzano un istogramma per riassumere i dati, come nel seguente grafico:
La lettura degli stessi dati non organizzati in gruppi di vent’anni ma considerati tutti assieme permettono di rilevare altre informazioni. Nello specifico non verrà riportata la tabella dettagliata con gli articoli divisi per argomento e per anno, in quanto la tabella è già presente nella parte introduttiva del lavoro; si riportano i dati raggruppati per argomenti e il relativo grafico. Con l’indicazione C o M si è inteso indicare la catalogazione dell’argomento relativo come Classico (appartenente alla fisica classica) piuttosto che Moderno (appartenente alla fisica moderna).
JOURNAL TOPIC N art. % Class/Mod
Il Nuovo Cimento Zeeman effect 9 2% C
Il Nuovo Cimento Cathod rays 10 2% C
Il Nuovo Cimento Cosmic rays 14 2% M
Il Nuovo Cimento Relativity 25 4% M
Il Nuovo Cimento X rays 35 6% C
Il Nuovo Cimento Radioactivity 42 7% C
Il Nuovo Cimento Nuclear Physics 53 9% M
Il Nuovo Cimento Quantum physics 90 15% M
Il Nuovo Cimento Electricity 134 22% C
Il Nuovo Cimento Electromagnetism 184 31% C
414 69% TOT C
182 31% TOT M
Il primo dato evidente è costituto dall’evidente prevalenza, sul lungo periodo dei temi classici rispetto quelli moderni, in un rapporto superiore a 2 a 1. A questo punto diventa interessante effettuare un’altra lettura trasversale, mettendo a confronto i dati per materia nei tre periodi presi in considerazione.
Proponendo i grafici presentati nei casi precedenti anche in questo caso complessivo si ottiene un grafico come il seguente:
La prossima tabella e il grafico conseguente sono impostati in modo da raffrontare le variazioni avvenute in ogni singola disciplina in funzione dei tre periodi considerati. La tabella è la seguente:
TOPIC N art. % PERIODO TOPIC N art. % PERIODO
Cathod rays
10 2% 1 Quantum physics 90 15% 1
10 3% 2 2 1% 2
0 0% 3 88 28% 3
Cosmic rays
14 2% 1 Radioactivity 42 7% 1
0 0% 2 32 11% 2
14 5% 3 10 3% 3
Electricity
134 22% 1 Relativity 25 4% 1
79 28% 2 11 4% 2
55 18% 3 14 5% 3
Electromagnetism
184 31% 1 X rays 35 6% 1
125 44% 2 21 7% 2
59 19% 3 14 5% 3
Nuclear Physics
53 9% 1 Zeeman effect 9 2% 1
0 0% 2 6 2% 2
53 17% 3 3 1% 3
Legenda 1900 – 1940 1900 – 1920 1921 – 1940
Periodo 1 Periodo 2 Periodo 3
Art. tot. = 596 Art. tot = 286 Art. tot = 310
Nel grafico seguente associato alla tabella le discipline sono indicate in corrispondenza dell’inizio dell’istogramma corrispondente, e si è utilizzato lo stesso colore per caratterizzare il periodo per ogni soggetto (azzurro per il Periodo 1; blu chiaro per il Periodo 2; blu scuro per il Periodo 3).
Si possono evincere alcune caratteristiche particolari; ad esempio, nel caso Electricity si ha un netto calo al passare degli anni, come accade, e in misura ancora più maracata, nel caso di Electromagnetism. Per quanto riguarda Nuclear physics e Quantum physics la variazione percentuale è ancora maggiore: in entrambi i casi il Periodo 2 è assente (o pressoché assente), mentre il Periodo 3 presenta percentuali interessanti. Nel caso di Relatività si ribadisce la costanza accennata in precedenza, costanza relativa a tutti i tre periodo considerati.
Per concludere è possibile approfondire un aspetto legato ad uno dei temi di fisica moderna in esame. Il caso della Quantum physics presenta caratteri interessanti in quanto, a differenza di quanto avvenne per il soggetto Relativity; infatti diversi dei protagonisti della rinascita della fisica italiana nel periodo precedente la II Guerra Mondiale si occuparono preferibilmente di studi legati alla nuova meccanica dei quanti piuttosto che di relatività. Una possibile giustificazione è stata data nelle pagine precedenti. Nella totalità dei 90 articoli pubblicati su Il Nuovo Cimento nel periodo indicato è possibile estrarre i lavori a firma dei membri delle due scuole di fisica, ottenendo ben 47 articoli:
AUTORE TOT ART
Bernardini G. 1
Corbino O. M. 3
Fermi E. 10
Frisch R. e Segrè E. 1
Majorana E. 4
Pauli W. e Fierz M. 1
Persico E. 6
Pincherle L. 5
Polvani G. 1
Racah G. 5
Rasetti F. e Fermi E. 1
Segrè E. e Wich G. C. 1
Wataghin G. 8
TOTALE 47
1.7 – Ipotesi di lavoro
Prima di passare alle seconda parte del lavoro di tesi si vuole evidenziare una delle ipotesi alla base dello stesso. L’assunto da dimostrare è relativo ai maestri dell’italica fisica sia prima sia, soprattutto dopo, la II Guerra Mondiale. Come è stato evidenziato in precedenza penso sia possibile individuare due momenti ben distinti all’interno del panorama della fisica nel periodo detto: prima dello scoppio della guerra con un momento di chiaro rinascimento della fisica, e un secondo momento iniziato nel corso della guerra e continuato anche al termine della stessa, e forse mai del tutto concluso, forse solo in trasformazione e in aggiornamento con il passare degli anni.
Come si è detto la cesura tra il periodo classico e quello moderno in Itala è stato abbastanza netto, pur nel ritardo dell’avvento della nuova fisica per i motivi vari detti e conosciuti. La prima opera di introduzione del nuovo credo fisico venne iniziata dalle nuove leve comparse nel panorama italiano verso la metà degli anni Venti; vanno annoverati tra esse certamente Enrico Fermi e Bruno Rossi. Il completamento del quadro richiede l’inserimento di un’altra figura di prima piano, ma difficilmente collocabile e schematizzabile: Enrico Persico. Un primo particolare da mettere in evidenza, anche ricordando alcune delle tabelle riportate nelle pagine precedenti, serve per chiarire un particolare importante. Tra Fermi e Rossi ci sono circa quattro anni di differenza al momento della nascita e cinque al momento della laurea. Una differenza quantificabile. Nonostante questo svolsero entrambi un ruolo di guida nelle rispettive scuole. Una parziale spiegazione potrebbe essere colta nel ritardo con cui, certamente non per demerito o per errori suoi, Fermi ottenne un posto fisso all’Università, avvenuto con un ritardo di circa quattro anni dopo la sua laurea, ed avvenuto contemporaneamente alla laurea del fisico veneziano. Il ritardo di Fermi costituì l’elemento livellatore nella differenza di età, a favore di Rossi.
Si diceva della funzione particolare svolta da Persico. In effetti non viene solitamente indicato come uno dei padri della nuova fisica in Italia, e nemmeno nel periodo del dopoguerra, nonostante il suo ritorno in Italia su richiesta di Edoardo Amaldi. Però il ruolo svolto dal Cardinale di Propaganda Fide, desumibile anche dal soprannome ricevuto, lui come tutti i membri del gruppo di via Panisperna, fu ugualmente importante, in particolare ad Arcetri nel momento della ripartenza dell’Istituto. Il seminario settimanale, da cui furono ricavate le dispense di cui si parla in un paragrafo precedente, rappresentò il momento di contatto tra i brillanti giovani presenti e l’attualità della fisica, della ricerca di punta. Da questo punto di vista anche Persico svolse una funzione di maestro.
La fine degli anni Trenta fu un momento molto difficile tanto per la nazione quanto per altre categorie di persone; nel caso della fisica le difficoltà economiche causate dalla presenza di altre priorità, come l’imminente guerra, nella scelta del regime costituirono un ostacolo quasi insormontabile per la prosecuzione del lavoro di ricerca a dei livelli accettabili. Inoltre, la promulgazione di discriminatorie leggi basate sulla razza misero molti davanti a delle scelte forzate, tra il rimanere correndo rischi molto elevati, o l’emigrare, lasciando il Paese in cui si era cresciuti, e dove si avevano affetti e lavoro. Si assiste, quindi, ad una riduzione progressiva ed inesorabile della forza lavoro presente nei due Istituti di fisica a cui si è fino ad ora prestata attenzione; all’Istituto di Roma rimasero solo Edoardo Amaldi, Marcello Conversi, Oreste Piccioni ed Ettore Panini, mentre Arcetri, per i motivi ricordati in precedenza era in una situazione di difficoltà già da diverso tempo, diciamo circa dal 1932 in seguito alla scomparsa del nume tutelare Garbasso e alla dipartita dei principali fisici. Ma in molti casi si parla di ricede note, su cui si può passare con una certa rapidità.
Vorrei, invece, arrivare ad ipotizzare lo schema su cui credo si basi la ripartenza della fisica in Italia. Ho già parlato di un primo livelli di maestri formato da Fermi e Rossi. È, in parte, una semplificazione in quanto si tralascia il lavoro fatto da altri sia in Italia sia all’estero (un nome per tutti: Occhialini), ma il tentativo di schematizzare richiede qualche sacrificio; in particolare non si prenderanno in considerazione le scuole di fisica nate all’estero, se pur su iniziativa di fisici italiani.
Si possono identificare due rami lungo cui si mosse lo sviluppo della fisica in Italia: uno partito dall’Istituto di Arcetri euno dall’Istituto di Roma. Nel primo caso il maestro di riferimento, in questo primo livello fu Bruno Rossi, svolgendo un ruolo analogo a quello svolto dall’altro maestro, presente all’ Roma, Enrico Fermi
Il secondo livello di maestri è costituito da due dei principali protagonisti della vicenda ricostruttiva: Edoardo Amaldi e Gilberto Bernardini, il primo a Roma, il secondo, negli anni della guerra e immediatamente successivi, diviso tra il posto ufficiale (Bologna) e la frequentazione costante del dipartimento romano. Ad un livello differente per responsabilità, ma anche per la minor costanza della propria presenza in Italia, altri due fisici molto importanti furono Gian Carlo Wick e Enrico Persico. Non vengono messi al medesimo livello dei primi due in quanto svolsero un ruolo certamente importante, ma la scelta di espatriare certamente influì sul possibile contributo messo a disposizione da parte di entrambi. Ricordiamo brevemente le principali tappe della loro carriera accademica.
Gian Carlo Wick: nel 1937 venne nominato professore di fisica teorica a Palermo sulla cattedra precedentemente occupata da Emilio Segrè, ma appena un anno dopo si trasferì alla stessa cattedra all’Università di Padova, raggiungendo Bruno Rossi, in Veneto dal 1933. Quando fu chiaro al Ministero dell’Educazione Nazionale, nel 1940, l’abbandono definitivo da parte di Fermi dell’Italia, al cattedra da lui ricoperta, su suo stesso suggerimento, venne affidata al fisico torinese, il quale rimase in Italia fino al 1946, anno del suo definitivo trasferimento negli USA.
Enrico Persico: il fisico di origine romana rimase in Italia, in parte a Roma, in parte ad Arcetri e, nel periodo compreso tra il 1930 e il 1946, a Torino. Seguì un trasferimento oltreoceano, destinato comunque a durare solo pochi anni. Infatti verso il 1950 tornò in Italia, su espressa richiesta di Edoardo Amaldi, alla cattedra di fisica superiore del Dipartimento romano. Non furono tanto gli anni trascorsi all’estero, in verità ben pochi nell’arco di una carriera,, quanto, probabilmente il lavorare in un Istituto come quello di Torino, decentrato rispetto agli avvenimenti romani, isolamento acuito dalle aumentate difficoltà di trasferimento nel periodo bellico.
Ai due maestri di seconda generazione, Amaldi e Bernardini, fecero seguito molti altri fisici impegnati, a vario grado, titolo e in vari luoghi, nell’opera di rilancio della fisica italiana nel secondo dopoguerra; in particolare un’importante opera di rilancio venne portata avanti nei dipartimenti di Milano, Torino, Padova, Bologna, Napoli, Catania, Palermo e altri posti. Tra tutti questi, per i più vari motivi, una figura di primaria importanza fu senza dubbio quella di Giampietro Pupppi. Figlio scientifico di Rossi (a Padova quando il giovane Giampietro iniziò gli studi) e Wick (suo relatore di tesi), ebbe l’indubitabile merito di far ripartire la fisica a Bologna, l’Ateneo più vecchio in Italia, in un Dipartimento fermo ai fasti della fisica classica con i risultati raggiungi da Augusto Righi e Quirino Majorana. Il suo lavoro fu preceduto dall’opera di Gilberto Bernardini, anch’egli al Dipartimento emiliano, anche se, come ricordato, in un momento difficile e con una spola abbastanza continua con Roma. Pur essendo di una “generazione” successiva rispetto ad Amaldi e Bernardini (Puppi nacque nel 1917, mentre gli altri due fisici nel 1906 – Bernardini - e nel 1908 – Amaldi) lo si può considerare a ragione un allievo dei primi maestri, così come Amaldi e Bernardini; inoltre nell’opera di rilancio della fisica italiana contribuì in modo evidente come Direttore delle prime due Scuole di fisica di Varenna, nel 1953 e 1954.
Un altro aspetto da chiarire in questo tentativo di individuare un percorso nel rilancio della fisica italiana è relativo ai campi di ricerca prevalenti, per capire la provenienza e i risultati prodotti. Nuovamente può essere d’aiuto un altro schema:
In questo caso l’ipotesi parte da due settori di ricerca portati avanti nelle due scuole di fisica: la nascente fisica dei raggi cosmici nell’Istituto fiorentino, e la fisica nucleare presso il Dipartimenti romano. Il punto di incontro e di svolta nell’argomento della ricerca futura si trova nell’esperimento eseguito nel 1943 da Conversi-Pancini-Piccioni (CPP), e pubblicato solo nel 1947, a causa delle difficoltà causate dallo stato di guerra in Italia e nel mondo. Fu l’esperimento decisivo per il passaggio allo studio delle caratteristiche delle particelle elementari.
L’importanza dell’esperimento CPP in Italia risulta evidente dalla ricerca dei principali risultati ottenuti nel campo della fisica da ricercatori italiani negli anni successivi. Basta ricordare l’individuazione teorica del quarto quark da parte di Maiani nel 1970, preceduta dall’introduzione dell’angolo di Cabibbo nel 1963e dalla scoperta sperimentale dell’esistenza dei bosoni vettori W± e Z0.
All’interno di questo quadro di risultati è possibile individuare un ulteriore filone tipico della fisica italiana, costituito dalle ricerca sulle interazioni deboli, iniziare nel 1934 con il lavoro di Fermi sul decadimento e arrivate proprio cinquant’anni dopo al Nobel di Rubbia. All’interno di questo filone di ricerca si colloca anche un altro lavoro italiano di notevole importanza anche se di paternità incerta. Ci si riferisce al lavoro relativo all’unificazione delle interazioni deboli, noto con il nome di Triangolo di Puppi (e di Tiomno e Wheeler), frutto di un breve articolo del fisico bolognese pubblicato nel 1948 con il titolo Sui mesoni nei raggi cosmici .
Fonte: http://math.unipa.it/~grim/tesi_2011/Tesi_draft_Malagoli/tesi%20cap1%20v02.docx
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