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Le materie prime e le fonti di energia
Il possesso delle materie prime è sempre stato un elemento importante per le società umane. Il loro utilizzo su larga scala si è avuto però solo con l’affermazione della Rivoluzione industriale, quando l’intensità dello sviluppo delle manifatture richiese un impiego massiccio di minerali e fonti di energia. Essi divennero indispensabili per sostenere il ciclo di espansione del processo produttivo nelle aree più avanzate, dove l’allargamento delle dimensioni dei mercati consentiva e richiedeva un numero sempre più elevato e diversificato di beni finali. Così dal 1650 al 1900 il consumo mondiale di minerali è aumentato di 10 volte.
Da allora il ritmo è cresciuto ancora più rapidamente. Nel ventesimo secolo il consumo è aumentato di altre 12 volte.
Prima di affrontare le problematiche relative a questo comparto è necessario precisare il significato, talvolta complesso, dei termini che vengono solitamente impiegati.
Le riserve si presentano concentrate sotto di forma di giacimenti, cioè porzioni di crosta terrestre costituita da un’unica materia prima, localizzata con precisione e sfruttabile economicamente.
Sull’ammontare globale e sulle modalità di sfruttamento dei giacimenti presenti sua terra incidono svariati fattori. Vediamone alcuni.
L’organizzazione delle attività di ricerca, estrazione, trasporto e commercializzazione dei minerali richiede tempi lunghi e investimenti ingenti, e può essere condotta in modo scientifico e sistematico solo da grandi gruppi multinazionali, provvisti di enormi capitali e dotati di personale specializzato, che operano su scala globale.
Negli ultimi anni, queste grandi compagnie hanno perseguito una strategia di alleanze, compartecipazioni e/o fusioni, dando vita a gruppi capaci di controllare interi settori.
Questa strategia ha avuto forti ripercussioni sul funzionamento del comparto minerario e, in parte, dell’intero sistema economico mondiale.
I giacimenti minerari non sono distribuiti in modo uniforme sulla superbie terrestre: essi si addensano in alcune zone, mentre altre ne sono sprovviste. Questa articolazione nella geografia distributiva alimenta consistenti flussi commerciali, poiché il fabbisogno dei sistemi industriali della maggior parte dei Paesi dipende dalla disponibilità di svariate materie prime. Gli interscambi sono favoriti anche dalla non corrispondenza tra le zone di maggior consumo e quelle di maggior produzione.
La geografia regionale delle materie prime vede perciò l’articolazione del sistema mondo in un mosaico di tessere statali caratterizzate da situazioni diverse.
Alcuni Paesi, come USA, Russia, Australia, Canada, ecc., sono grani produttori e consumatori i minerali. Essi sono dotati di imponenti giacimenti, che alimentano lo sviluppo di un sistema industriale produttivo e moderno.
La maggior parte dei Paesi ricchi del Primo Mondo (Europa occidentale, Giappone, parte del Sud-est asiatico) sono scarsamente dotati di materie prime, e i loro alti livelli di consumo rendono ampiamente insufficiente la scarsa produzione locale.
Numerosi Paesi in Africa, Asia, e America Latina riescono a produrre forti correnti di esportazioni dei minerali. Lo sfruttamento di queste risorse, sia nelle lavorazioni industriali, sia, soprattutto, nella vendita diretta ad altri Paesi, costituisce una delle voci attive più cospicue della loro bilancia commerciale.
Il livello di consumo dei minerali è cresciuto, nel corso del secolo scorso, di circa 12-13 volte, attestandosi su valori molto alti. La geografia del consumo dei minerali è in stretta correlazione con il tasso e il tipo di sviluppo economico di una regione: infatti, i Paesi industrializzati contano per l’80% di tutte le risorse impiegate, anche se la loro quota è in leggera diminuzione. I PVS arrivano solo al 20%, ma a causa del loro sviluppo impetuoso e del loro peso demografico stanno recuperando rapidamente terreno.
Complessivamente, comunque, la domanda di minerali sta attraversando una fase di crescita debole, inoltre per alcuni materiali si è registrato addirittura un decremento della richiesta e dell’impiego nell’industria.Le radici di questo andamento si possono rinvenire in una pluralità di cause:
L’importanza e il peso che i singoli minerali rivestono nel contesto globale, sia per le quantità estratte e lavorate sia per il loro ruolo nell’ambito della produzione industriale, è molto differente. Procedendo quindi ad una loro classificazione e analisi, ci soffermeremo più diffusamente su quelli indispensabili al funzionamento dell’apparato economico del mondo moderno.
L’energia è un elemento fondamentale per il funzionamento del sistema produttivo e organizzativo della società attuale. La sua disponibilità è indispensabile per la maggior parte delle attività, e il suo consumo costituisce uno degli indici utilizzati come mezzo per misurare il grado di modernità e ricchezza di una regione.
Le fonti energetiche possono essere suddivise in 3 gruppi:
La centralità delle fonti di energia per il funzionamento delle fonti di energia per il funzionamento dell’apparato industriale e infrastrutturale dei Paesi più avanzati rende la loro distribuzione e loro disponibilità un fattore strategico per lo sviluppo.
Da questo punto di vista, la geografia regionale delle tessere statali può essere suddivisa in quattro categorie.
Per transizione energetica si intende un processo di evoluzione tecnologica e produttiva che consente il passaggio da lavorazioni ad alta intensità energetica a lavorazioni a bassa intensità energetica. Nel corso degli anni Settanta i Paesi sviluppati hanno percorso questa via, riducendo il consumo riducendo il consumo di energia per unità di prodotto interno lordo. Ciò si spiega da un lato con le crisi petrolifere e dall’altro con la necessità di abbattere i costi e di ridurre il livello di inquinamento delle produzioni industriali..
Nei PVS invece lo sviluppo tumultuoso e caotico, che si è verificato nel corso degli ultimi decenni, ha implicato un impiego massiccio e generalizzato di tecnologie ad alta intensità energetica e spesso fortemente inquinanti.
Il carbone ha svolto un ruolo fondamentale nell’edificazione del sistema produttivo e industriale attuale: esso ha infatti costituito la principale fonte energetica durante il periodo di più intensa e massiccia industrializzazione, cioè tra il 1850 e il 1950.
In base alla sua origine il carbone può essere distinto in due categorie, abbiamo quindi:
Il consumo del carbone, in continua e rapida ascesa fino alla metà del XX secolo, ha visto un sensibile ridimensionamento dei suoi campi di utilizzo dal 1960, quando è stato via via rimpiazzato dal petrolio. Infatti il carbone, più voluminoso e costoso da trasportare, e meno calorifico, è stato accantonato, anche per i vantaggi e la versatilità che il petrolio offriva.
Per idrocarburi si intendono due sostanze una di natura liquida (petrolio) e una gassosa (gas naturale). Esse hanno acquistato nel corso degli ultimi 20 anni, un ruolo fondamentale per il funzionamento del sistema economico e produttivo mondiale.
Gli idrocarburi hanno origine organica, in quanto derivano dalla decomposizione in ambiente anaerobico (cioè senza ossigeno) di resti animali e vegetali.
La storia del petrolio è complessa, poiché si inserisce all’interno di un processo evolutivo politico ed economico articolato su scala mondiale.
Gli operatori del settore petrolifero sono per lo più enormi compagnie, che producono profitti molto consistenti.
La più importante area geografica produttrice di petrolio è il Medio Oriente .
Gli Stati Uniti sono il secondo produttore mondiale di petrolio; il sistema petrolifero nordamericano comprende anche il Messico ed il Canada.
La terza potenza petrolifera mondiale è la Federazione russa i cui bacini forniscono il 9% circa della produzione mondiale.
Nel continente africano, l’area principale è costituita dagli Stati mediterranei di Libia, Algeria, Egitto che estraggono complessivamente il 5% del prodotto mondiale.
L’America Latina è ricca di petrolio in Venezuela, Perù, Bolivia, Ecuador, Brasile e Argentina.
L’area asiatica-pacifica comprende: l’Indonesia, la Malaysia, il Brunei, le Filippine, la Cina e l’Australia.
L’Europa tradizionalmente costituisce l’area debole della produzione di petrolio ha dovuto, perciò, importare enormi quantità di greggio
La geografia dei consumi e della distribuzione del petrolio si sviluppa su scala mondiale. Una fitta rete di oleodotti e un intenso traffico di petroliere collegano le località di produzione con quelle di consumo.
La raffinazione veniva inizialmente svolta nelle aree prossime ai maggiori mercati, sistema che consentiva un contenimento dei costi di trasporto. Attualmente tuttavia tale modello è stato sostituito da una localizzazione diversa che ha privilegiato le aree costiere vicine ai grandi porti.
I gas naturali sono costituiti principalmente da miscele di idrocarburi; componente fondamentale è il metano, cui sono associati, in varia misura, etano, propano, butano, pentano e altri idrocarburi.
Lo sfruttamento dei gas naturali, conosciuti fin dai tempi di Giulio Cesare, è iniziato solo dopo la metà del XIX secolo. I gas naturali vengono sottoposti a processi chimico-fisici che allontano i componenti indesiderati.
I progressi tecnologici hanno consentito di immagazzinare e trasportare ingenti quantità di gas naturale, che è diventato una preziosa risorsa.
Oltre all’impiego come combustibile, sia nell’industria, sia nel campo del riscaldamento domestico, i gas naturali trovano utilizzo anche nella sintesi chimica (ad esempio il metano viene usato nella produzione di ammoniaca e metanolo).
La produzione di gas naturali vede al primo posto la Russia, seguita dagli USA e dal Canada.
In Europa ne sono produttori i Paesi Bassi e il Regno Unito. In Asia Indonesia e Uzbekistan; in America Latina si segnalano Messico, Venezuela e Argentina. Buona la produzione in Australia.
Gli shock petroliferi del 1973 e 1979 hanno indotto molti Stati a sviluppare massicciamente la produzione di energia nucleare.
Essa si basa sull’utilizzo dell’energia che si sviluppa dal processo atomico di fissione (divisione del nucleo pesante dell’atomo di uranio).Concretamente si tratta di provocare artificialmente e in modo accelerato in un reattore ciò che avviene in natura e in tempi molto lenti: il decadimento dell’uranio con produzione di energia, di radioattività e di scorie nucleari.
L’energia nucleare è prevalentemente utilizzata per la produzione di energia elettrica, anche se non mancano altri impieghi, come quelli di natura bellica.
L’energia elettrica è la forma di energia più utilizzata nella sociètà contemporanea: può essere trasportata anche a grande distanza e alimenta macchinari, elettrodomestici, strumenti elettronici di ogni genere.
La produzione, la disponibilità e il consumo di energia elettrica sono quindi in rapporto di proporzionalità diretta con il livello di sviluppo di una determinata regione. Infatti tutti i Paesi avanzati impiegano grandi quantità di elettricità, e si impegnano in onerosi investimenti per produrne una quantità almeno sufficiente a coprirne il fabbisogno interno.
L’energia elettrica è un’energia secondaria, poiché viene prodotta utilizzando altre fonti energetiche. Il processo-base è teoricamente molto semplice, in quanto consiste nel trasformare, tramite un alternatore, un’energia meccanica di rotazione di rotazione in energia elettrica.
Tecnicamente vi sono vari sistemi per produrre energia elettrica, ed essa viene denominata in modo diverso a seconda della fonte primaria impiegata.
L’energia idroelettrica è generata utilizzando la forza sprigionata dall’acqua in caduta. Poiché raramente in natura si trovano le condizioni ideali per la produzione, l’uomo interviene con la costruzione di dighe, talvolta di dimensioni gigantesche, creando così degli immensi serbatoi che consentono l’accumulazione e il controllo del processo di caduta dell’acqua.
Attualmente circa ¼ dell’elettricità prodotta a livello mondiale ha origini dal potenziale idrico: ciò è dovuto al fatto che essa offre una serie di vantaggi quali economicità e assenza di rilevanti effetti di inquinamento.
L’energia termoelettrica viene prodotta bruciando carbone o idrocarburi. Il combustibile riscalda l’acqua contenuta in grandi serbatoi, fino a farla passare dallo stato liquido allo stato di vapore che, convogliato tramite apposite tubazioni, imprime un moto rotatorio alle pale meccaniche.
L’energia elettronucleare funziona con lo stesso principio di quella termoelettrica, ma utilizza come combustibile l’uranio arricchito.
Essa è prodotta prevalentemente dal Giappone, dai Paesi europei, dagli USA e dalla Federazione russa, che dispongono dei giacimenti di uranio e delle tecnologie necessarie per impiegarli.
La teoria economica su cui è basato il grande progresso produttivo e sociale che ha caratterizzato il sistema mondo negli ultimi secoli, è quella dello sviluppo illimitato con crescita di tipo esponenziale.
Questo approccio si è rivelato parziale, in quanto non considera alcune variabili: ha prodotto gravi danni ambientali e ha condotto al rischio di esaurimento di alcune risorse. Pertanto, gli studiosi hanno proposto una nuova teoria a fondamento del sistema economico mondiale: la teoria dello sviluppo sostenibile. Essa consiste in uno sfruttamento dei beni disponibili in natura che non ne pregiudichi il godimento anche da parte delle generazioni future. In concreto tale enunciazione si traduce nell’eliminazione dei processi troppo inquinanti, e nel tentativo di evitare un approccio alla natura che esaurisca le risorse e le materie prime presenti (a tal fine è, ad esempio, importante l’attuazione di processi di riciclaggio e razionalizzazione nell’uso delle materie prime e sarebbe altrettanto utile la riduzione dell’impiego di risorse nel settore militare).
Tale approccio ha dimostrato un’applicabilità e una validità notevoli in materia di politica energetica: esso si propone di incentivare la ricerca di fonti di energia rinnovabili e non inquinanti quali:
Un primo processo consiste nella coltivazione di piante destinate alla produzione energetica. È il caso della canna da zucchero, da cui si ricava alcool utilizzabile come combustibile.
Un altro sistema consiste nell’utilizzo di liquami animali, forniti in grandi quantità dai vasti allevamenti dei Paesi sviluppati. La decomposizione di queste sostanze organiche produce gas metano.
Fonte: http://lumolin.altervista.org/files/capitolo_11_-_le_materie_prime_e_le_fonti_di_energ.doc
Sito web da visitare: http://lumolin.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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