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ASIA ORIENTALE E OCEANIA: LO SPAZIO PIU’ DINAMICO DELL’ECONOMIA MONDIALE
1 LA “NUOVA FRONTIERA” ECONOMICA.
Questa regione geopolitica abbraccia, con la sola eccezione della Siberia, tutti i Paesi affacciati sul Pacifico occidentale e i suoi mari interni e cioè:
Gli elementi fondamentali che oggi identificano questa regione geopolitica sono il recente sviluppo industriale e, soprattutto, le prospettive economiche che prendono sempre più consistenza nell’area dell’oceano Pacifico.
2 LA PIU’ VASTA DELLE REGIONI GEOPOLITICHE
Insulindia e dintorni: un subcontinente anfibio
Il baricentro geografico dell’area geopolitica formata dall’Asia orientale e dall’Oceania, è costituito dalla vastissima regione insulare che si estende lungo l’equatore da Sumatra alla Nuova Guinea, dividendo l’oceano Indiano dall’oceano Pacifico e a nord-est si prolunga nell’arcipelago delle Filippine. Di questo gigantesco subcontinente fanno parte anche la penisola indocinese e quella di Malacca. L’insulindia è spezzata in decine di migliaia di isole, montuose e dalle più disparate dimensioni, che insieme agli arcipelaghi più settentrionali circondano tutta l’Asia orientale; sono per lo più di origine vulcanica. Il clima è scandito soprattutto dai monsoni, le torrenziali piogge periodiche che annualmente fanno gonfiare i fiumi e sommergono campagne e città.
La foresta pluviale predomina nel Borneo, in Nuova Guinea, a Sumatra. Il paesaggio agricolo è caratterizzato dalle risaie. Le coste sono per lo più basse, orlate da spiagge, palmeti, mangrovie, sia nelle isole sia nelle penisole. Sulla penisola indocinese si incontrano alcuni tra i più grandi fiumi dell’Asia. La distribuzione della popolazione è fortemente diseguale. Giakarta, Manila, Bangkok sono i grandi agglomerati urbani.
Quasi tutti i grandi fiumi dell’Asia orientale (elusi quelli siberiani) nascono alle falde del Tibet, vastissima regione desertica, dal clima semipolare. L’altopiano tibetano e l’arido deserto del Tekla Maklan, più a nord, si stendono ai piedi delle maggiori elevazioni del mondo: le catene dell’Himalaya e del KaraKorum, il massiccio del Pamir. Queste catene montuose, insieme con le steppe fredde della Mongolia a nord-est, occupano la metà più continentale dell’immensa regione cinese (Cina Esterna). Distano migliaia di chilometri dal mare e il clima è arido con fortissime escursioni termiche diurne.
La metà orientale della Cina (Cina Propria) è caratterizzata da alcune basse catene montuose, da ampie regioni collinari e dalle valli di alcuni tra i maggiori fiumi asiatici. Nel corso dei millenni si sono formate vaste pianure alluvionali con un’altissima densità di popolazione. Infatti, insieme alle pianure del Gange in India, queste sono le aree più popolate del pianeta.
La Corea è una specie di ponte naturale tra il continente dell’arcipelago giapponese.
Il Giappone è densamente popolato: Tokyo è la cosiddetta megalopoli del Pacifico.
Nell’emisfero meridionale, la massa continentale australiana domina l’oceano Pacifico: si tratta in gran parte di un tavolato piatto, arido, ricoperto da savana, praterie e deserti. La popolazione è concentrata sulla costa sud-orientale, che gode di un eccellente clima temperato. Gli arcipelaghi oceanici compongono uno straordinario reticolo di vulcani e atolli corallini.
3 LE COSTE ORIENTALI DELL’ASIA: UN AREA DI GRANDI CIVILTA’
L’Asia orientale è la regione del pianeta che ha registrato il più alto tasso di crescita economica negli ultimi 20 anni. A questa crescita ha contribuito prima di tutto il Giappone, l’unico Paese asiatico che sia stato capace di sviluppare un grande processo di industrializzazione, basato sulle risorse finanziarie nazionali e sul mercato interno. Al boom giapponese si sono affiancati i NPI (Nuovi Paesi Industrializzati: Corea del Sud, Hong Kong, Singapore, Taiwan).
La nuova “via asiatica dell’industrializzazione” aperta dai NPI si caratterizza per due elementi originali: capitali e tecnologie venuti dall’esterno e produzione indirizzata prioritariamente all’esportazione.
Più recentemente è stata la Cina, che ha registrato i più alti tassi mondiali di crescita: dal 1991 al 1995 il PIL cinese è aumentato del 55%.
Australia e Nuova Zelanda sono gli unici Stati dell’emisfero meridionale che presentano una situazione economica e sociale paragonabile in tutto a quella degli Stati a più alto reddito.
L’Asia orientale e l’Oceania costituiscono due dei tre lati della cosiddetta are del Pacifico, uno spazio economico composito, vasto e in rapida espansione, nel quale si stanno collegando più mercati. Gli indicatori demografici seguono la stessa gerarchia di quelli economici.
4 IL GIAPPONE: UNA SINGOLARE STORIA ECONOMICA
Il Giappone, seconda potenza economica mondiale, è un grande e ricco mercato consumatore ed è il Paese asiatico con la più equa distribuzione del reddito nazionale.
La densità demografica del Giappone è la più elevata al mondo tra le nazioni che hanno più di 20 milioni di abitanti, nonostante l’80% dell’arcipelago sia quasi disabitato (le montagne sono deserte, l’isola di Hokkaido e il Nord di Honshu sono scarsamente abitati). La popolazione si ammassa nelle pianure dove la densità rasenta i 1500 abitanti per Kmq.
Più di 3 giapponesi su 4 vivono in centri urbani. La maggior parte delle grandi città moderne sono nate da una città castello o da una città-mercato marittimo; altre si sono sviluppate intorno a grandi santuari o sulle tappe delle strade del Giappone feudale. La crescita urbana oggi riguarda soprattutto la costa sud-occidentale dell’isola di Honshu e la porzione nord-orientale di quella di Kytakyushu, dove da Tokyo a Fukuoka, si estende un’unica megalopoli.
La megalopoli giapponese, che unisce le zone economicamente più avanzate del Paese, ha una forma rettilinea e sfiora i 1000 km di lunghezza con densità medie che superano i 2000 di abitanti per Kmq. La capitale Tokyo è il centro di uno dei massimi esempi di agglomerazione urbana e di concentrazione demografica ed economica mondiale. Oggi la metropoli di Tokyo è amministrativamente divisa in 23 distretti, 26 città e 15 villaggi, oltre alle isole di Iso e Ogasawara.
L’enorme crescita della città ha creato gravissimi problemi. In primo luogo quello degli alloggi che sono pochi e costosi; poi il problema del rifornimento idrico e dell’inquinamento, che ha raggiunto negli anni ’70 sogli elevatissime. L’area metropolitana di Tokyo si estende in tutte le direzioni, inglobando numerosi centri urbani che contribuiscono alle attività della capitale e alimentano massicci movimenti di pendolari. Un ruolo di grande importanza nella struttura economica dell’area metropolitana viene svolto da Kawasaki e Yokoama.
Al centro della megalopoli giapponese, la metropoli di Osaka, è la capitale della seconda regione industriale del Giappone e il suo agglomerato urbano comprende le città di kyoto, Kobe e Sakai. Osaka riveste un ruolo strategico nazionale: è infatti predisposta per assumere in qualsiasi momento le funzioni di “capitale di emergenza” nel caso un terremoto paralizzasse Tokyo.
Trasporti e comunicazioni
Le comunicazioni rapide hanno un ruolo essenziale nel funzionamento della megalopoli giapponese. I giapponesi sono stati i primi ad introdurre l’alta velocità ferroviaria e i primi a costruire tunnel sottomarini.
Discorso analogo può essere fatto per ciò che riguarda le comunicazioni interne: la rete informatica, cioè la rete di computer collegati tra loro, copre le isole di Honshu e Kitakyushu.
Dipendenza alimentare ed energetica.
La molteplicità dei climi del Giappone rende possibile una grande varietà di colture, ma il rilievo limita lo spazio coltivabile e nelle pianure si devono fare i conti con l’espansione urbana e industriale. La superficie media di terreno fertile per famiglia è inferiore a un ettaro, e la maggior parte degli abitanti delle campagne è occupato in città e lascia i lavori agricoli alle donne e agli anziani.
L’agricoltura giapponese è una minuziosa opera di giardinaggio. In tutto il Giappone meridionale viene praticata una gestione così efficace che uno stesso campo può fornire in un anno quattro raccolti di colture diverse. Per raggiungere questi risultati vengono utilizzati concimi chimici;vengono praticate le coltivazioni in serre e in alcuni casi viene utilizzata l’acqua calda di origine vulcanica per il riscaldamento delle serre.
La coltura prevalente rimane il riso; negli ultimi anni però, sono aumentati i consumi di latte, carne, legumi e frutta. Per questo motivo in alcune zone le risaie sono state convertite in campi di grano, soia e legumi.
Nonostante le più alte sovvenzioni governative del mondo l’agricoltura contribuisce solo per il 2,1% al PIL. Le deficienze dell’agricoltura vengono in parte compensate con la pesca, favorita dall’estensione delle coste.
Minerali e fonti di energia vengono importati massicciamente.
Dall’industrializzazione pesante all’alta tecnologia.
Nello sviluppo industriale giapponese si possono riconoscere tre fasi.
La prima, impostata sulla produzione e l’esportazione di prodotti tessili, durò fino al 1920.
La seconda, dal 1920 al 1970, fu sostenuta dallo sviluppo dell’industria pesante, con un forte aumento delle produzioni che richiedevano un alto investimento di capitali e alti salari. A partire dal 1960 iniziò la produzione automobilistica che sarebbe diventata una delle chiavi di penetrazione dei mercati esteri.
Tra il 1970 e il1980 ebbe inizio la terza fase, in cui l’economia giapponese spostò la sua specializzazione dall’industria pesante alla produzione e alla esportazione di beni ad alto contenuto tecnologico.
La maggior parte delle industrie giapponesi si è localizzata intorno ai porti e lungo le foci dei fiumi, a causa della dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di materie prime e di combustibili; l’86% dei prodotti vengono lavorati tra la baia di Tokyo e quella di Osaka, che insieme producono la metà del valore totale del settore secondario.
Organizzazione del lavoro, “qualità totale” e multinazionali.
Uno dei punti di forza del Giappone è costituito dalle peculiarità della forza lavoro e dall’organizzazione della produzione. I rapporti tra lavoratori e azienda sono caratterizzati da un attaccamento reciproco senza paragoni. In alcuni casi si arriva addirittura alla partecipazione quotidiana degli impiegati all’alzabandiera della compagnia, accompagnata dal canto dell’inno aziendale. Ogni lavoratore è attento alla qualità dei beni fabbricati e ha il diritto di interrompere la produzione quando ritiene di avere individuato un difetto. Questo sistema di controllo capillare, insieme ad una serie di complicatissimi test di qualità, ha portato all’invenzione del marchio di garanzia della “qualità totale”.
Le multinazionali giapponesi sono tra le più importanti al mondo e influenzano pesantemente le scelte del governo nazionale.
Un ruolo fondamentale nell’organizzazione economica giapponese è svolto dalla preparazione della forza lavoro. Già nel 1905 il 95% dei ragazzi in età scolare frequentava le elementari. L’istruzione tecnica di operai, quadri, manager è accurata e costante. L’integrazione tra il mondo della scuola e dell’università e quello della produzione è molto forte. Diffusissima l’informatica fin dalle prime classi.
La potenza finanziaria
La terza rivoluzione economica giapponese (dopo quella agricola e industriale) avvenne intorno alla metà del 1980 quando questo Paese diventò la principale piazza finanziaria mondiale. Le banche svolgono un ruolo centrale nella crescita economica giapponese, assicurando l’investimento degli elevati risparmi delle famiglie nelle imprese industriali. Le banche giapponesi investono grandi capitali all’estero e sono grandi creditori del debito estero internazionale.
5 I NUOVI PAESI INDUSTRIALIZZATI (NPI)
Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Hong Kong (quando era colonia inglese) hanno sperimentato la più rapida e profonda riconversione produttiva del XX secolo percorrendo la “via asiatica all’industrializzazione”.
La Corea del Sud e Taiwan sono stati di dimensioni demografiche consistenti. Hanno in comune una storia assai travagliata. A Taiwan si rifugiarono nel 1949 due milioni di cinesi fuggiti dalla Cina dopo l’ascesa dei comunisti al potere. La Corea del Sud è nata dalla scissione della penisola coreana in due Stati. In entrambi i casi è stato l’intervento economico-militare degli Stati Uniti a garantire l’autonomia politica dei nuovi Stati sono nati così i primi giganti industriali sudcoreani chiamati Chaebol e diventati grandi multinazionali che operano in molti settori.
La città-Stato di Singapore, ex colonia britannica, è il secondo porto mondiale per volume di merci trattate, soprattutto petrolio. Il peso maggiore nella formazione del PIL spetta al terziario: Singapore è la principale piazza finanziaria e la più importante borsa asiatica dopo Tokyo.
6 IL PIANETA CINA: DALL’HIMALAYA ALLE PIANURE COSTIERE
Estesa dalle coste del Pacifico all’Asia centrale, la Cina occupa 1/15 delle terre emerse. Lo spazio cinese è caratterizzato da un netto dualismo fra pianure e alteterre. La sezione orientale, con ampie e fertili pianure, è attraversata da grandi fiumi che sfociano nel Pacifico. La sezione occidentale è costituita da bacini chiusi, catene montuose e altipiani, deserti e steppe.
Ciascuna di queste due regioni può essere a sua volta suddivisa: l’Est in regioni fredde o temperate, secche e gialle d’inverno (Nord-est), e regioni tropicali o subtropicali sempreverdi (Cina centrale e meridionale); l’Ovest in deserti, freddi d’inverno e caldi d’estate (Nord-ovest), e in altopiani freddi (Tibet e Qinghai).
La Cina è un Paese montuoso. Il rilievo è costituito da una massa di alteterre occidentali, che si vanno abbassando fino alle pianure che si affacciano al mare.
Le alteterre cinesi scendono da ovest a est in tre gradini successivi, partendo dalle montagne più alte della terra.
Il primo gradino è costituito dagli altipiani del Tibet (4000 metri) e del Qinghai, circondati da alte catene montuose. Il Tibet ha un suolo roccioso coperto solo da un sottile strato di terreno, su cui non crescono alberi.
Il secondo gradino fra i 1000 e i 2000 metri, include il bacino del Tamir, la Zungaria, la Mongolia interna, l’altopiano delloShanxi, quello dello Yunnan e la conca del Sichuan. Il Tamir è una grande area desertica, così come l’altopiano mongolo, dove i corsi d’acqua si perdono tra le pietre del deserto.
La terza zona di alteterre è costituita dalle zone orientali, che si alzano direttamente sopra le pianure.
Monsoni e deserti aridi.
Tutta la parte orientale della Cina subisce l’influsso dei monsoni. Questi venti periodici soffiano in inverno da nord-ovest verso il mare trasportando masse di aria fredda e asciutta proveniente dalla Siberia e dall’Asia centrale. In estate invece il vento cambia direzione e porta dal mare masse d’aria umida e calda, con piogge abbondanti. Da un anno all’altro si nota nel clima un’estrema irregolarità. Il ritardo delle piogge nei mesi primaverili ed estivi può provocare la siccità. In primavera sono possibili ondate di freddo che provocano forti abbassamenti della temperatura. I contrasti di temperatura sono più evidenti d’inverno, quando affluisce aria fredda dall’Asia interna.
Il Sud della Cina, protetto dai venti del nord da alcune catene montuose, gode di inverni più miti. Gran parte delle precipitazioni in Cina derivano dai monsoni estivi, che penetrano nell’interno fin verso l’Asia centrale: le piogge diminuiscono da sud a nord e con il crescere della distanza dal mare.
Verso l’interno le precipitazioni si riducono nettamente perché le catene montuose disposte da nord a sud bloccano i venti portatori di pioggia.
Il mar della Cina, Mediterraneo d’Oriente.
Le coste cinesi del Nord e del Centro sono alte e poco portuose; le coste del Sud sono invece sabbiose, assai frastagliate e fronteggiate da moltissime isole.
L’oceano Pacifico forma il mare Cinese tra le coste della Cina e dell’Indocina, le penisole di Corea e di Malacca e gli arcipelaghi antistanti. L’isola di Taiwan lo divide in due bacini. A nord il mar Cinese orientale è poco profondo e si addentra a ovest della Corea formando il mar Giallo e, più all’interno, il golfo di Pecili. I maggiori fiumi cinesi vi riversano le loro acque limacciose e sulle coste sorgono i grandi porti cinesi.
Il mar Cinese meridionale, più vasto e più profondo, disseminato di isolotti, forma l’ampio golfo di Tonchino con l’isola di Hainan e il golfo del Siam.
Un quinto dell’umanità
Dal punto di vista della distribuzione della popolazione, il dato più evidente è la differenza tra le bassissime densità della Cina periferica, o Cina Esterna (Tibet, Xinjiang, Uygur, Mongolia Interna), che in media non raggiunge i 10 ab./Kmq, e quella della Cina Propria (la metà orientale del Paese) dove vivono i quattro quinti della popolazione con densità medie oltre i 300 ab./Kmq.
Il censimento del 1982 registrò una popolazione di 1 miliardo e 8 milioni di abitanti e il governo per contenere la crescita entro un tetto massimo di 1 miliardo e 200 milioni, programmò non più di 17 milioni di nascite l’anno. Alle coppie appena sposate si impose di firmare una dichiarazione che le impegnava ad avere un solo figlio, introducendo severe sanzioni per chi infrangeva la regola. Queste rigide misure si scontrarono con la mentalità dei contadini cinesi, i quali non dichiaravano tutti i figli o in alcuni casi ricorrevano all’infanticidio delle figlie femmine. Per limitare questa pratica, il governo concesse la possibilità di procreare un secondo figlio; la nascita di un terzo comportò invece, la riduzione del salario.
La Cina in questo modo è riuscita a fermare la crescita demografica ma, dovrà fare i conti con l’invecchiamento della popolazione.
L’accesso all’istruzione, generalizzato per la scuola dell’obbligo, si riduce al 43% della popolazione giovanile nella scuola secondaria e solo l’1,6% nella fascia dell’istruzione superiore.
Quattro Cine
Dal punto di vista demografico-economico si possono individuare quattro grandi aree distinte: una isolata nei deserti e negli altopiani dell’Asia centrale, che occupa metà del territorio nazionale, dove vivono ancora popolazioni nomadi; una seconda, nella Cina centrale, nei bacini interni dei grandi fiumi, contadina, arretrata, organizzata intorno a circuiti economici regionali; una terza, nelle pianure orientali, irrigate, dall’agricoltura ricca che garantisce l’autosufficienza alimentare del Paese; una quarta, nelle regioni costiere, industriale, commerciale, ormai pienamente inserita nel mercato mondiale.
La Cina ha un Pil pro capite basso, ma i servizi sociali, le abitazioni, l’educazione e l’alimentazione di base sono garantiti dallo Stato.
I due terzi della popolazione attiva sono ancora legati ad un’agricoltura tradizionale ma, il settore industriale ha trainato una sostenuta crescita economica.
Dal punto di vista politico, formalmente la Cina è ancora l’unico grande Paese socialista al mondo.
Tuttavia sta rapidamente virando verso un capitalismo controllato che concede ampi margini agli imprenditori esteri che investono nell’industria per il mercato internazionale. Tutto ciò sta cambiando il volto alle province della costa le quali hanno beneficiato del boom industriale producendo da sole il 43% del Pil nazionale cui va aggiunto il 19% prodotto dalla zona speciale di Hong Kong.
La culla della civiltà cinese
La culla della civiltà cinese è la regione della Cina attraversata dal corso medio e inferiore del Fiume Giallo; a nord e a ovest è delimitata dall’altopiano mongolo, a sud della catena dei Qinling.
La grande pianura, che è stata formata dal fiume, è una distesa piatta di terra giallo-ocra, il colore dei sedimenti che il fiume Giallo trasporta dal lontano altopiano del Loess. La pendenza quasi nulla e la grande quantità di fango che si deposita nell’alveo del fiume rendono difficile il deflusso delle acque rendendo necessaria la costruzione di argini sempre più alti. Oggi quasi tutta la pianura è coltivata. Pechino e il grande porto di Tianjin sono le maggiori metropoli della regione, ma tutto il territorio è punteggiato da villaggi. Collegato al Fiume Azzurro mediante il Grande Canale, il Fiume Giallo è navigabile solo da piccole imbarcazioni a causa dell’irregolarità del suo regime.
A sud del Fiume Giallo si apre il bacino dello Yangtze Kiang, uno dei primi fiumi al mondo per lunghezza, dove predominano colline e modesti rilievi. È densamente popolato nelle sezioni media e inferiore, e lungo il suo corso sorgono una sessantina tra le più popolose città della Cina.
Le altre aree forti: la Cina meridionale e la Manciuria
La Cina meridionale forma una grande fascia che segue l’andamento della costa. La principale città è Canton che produce più di un quinto del PIL nazionale.
A causa dell’insufficienza dei mezzi di trasporto, ogni città trae il proprio approvvigionamento dalle campagne circostanti, la cui amministrazione è gestita direttamente dalle metropoli. Nelle campagne si sono sviluppate la piccola e media industria, in stretto legame con la città vicina.
La Manciuria, a est è la regione più settentrionale della Cina che costituisce uno dei più grandi poli di popolamento e industrializzazione del Paese.
Il più grande produttore mondiale di alimenti
L’agricoltura occupa la maggior parte della popolazione attiva cinese e riesce a procurare l’autosufficienza alimentare.
Le terre, dopo l’annullamento del sistema delle comuni maoiste, sono gestite direttamente dalle famiglie contadine e dalle comunità di villaggio. Nel 1985 sono state abolite le quote di raccolto da vendere obbligatoriamente allo Stato; i contratti di affitto della terra durano 15 anno o più, il diritto di uso può essere venduto. Il commercio privato viene incoraggiato. Lo Stato gestisce i canali di irrigazione e le grandi e medie staziono di pompaggio, assicura le consegne di sementi, concimi chimici, pesticidi.
Circa metà della superficie coltivata produce due o perfino tre raccolti l’anno. La produzione alimentare di base comprende cereali, leguminose, soia, ecc.. Il riso occupa un terzo delle terre coltivate. La Cina produce un quarto del raccolto mondiale di cotone.
L’allevamento bovino e ovino è poco sviluppato.
Le sovvenzioni stanziate per raggiungere l’autosufficienza alimentare hanno portato a un miglioramento della situazione agricola complessiva. Lo Stato ha aumentato il prezzo di acquisto dei cereali senza aumentare i prezzi ai consumatori urbani e ha sovvenzionato gli attrezzi agricoli, i concimi e l’elettricità.
L’industria cinese
L’industria di base ha conseguito risultati molto importanti negli ultimi decenni anche se la gestione delle imprese è insoddisfacente, con molteplici perdite e sprechi; gran parte degli impianti sono obsoleti, consumano molta energia e sono fortemente inquinanti.
Completamente diversa è la situazione del nuovo settore industriale destinato all’esportazione. Sono state create zone economiche speciali al fine di favorire gli investimenti e l’arrivo di tecnologie moderne. Lo strumento adottato sono le cosiddette joint venture, che prevedono una compartecipazione Stato-imprenditore estero.
Lo Stato cinese garantisce l’esenzione fiscale, l’esportazione dei profitti e la manodopera a basso costo, ottenendo in cambio investimenti, tecnologia e posti di lavoro.
La localizzazione dei settori più moderni dell’industria e del commercio estero cinese si divide in tre aree principali: la Manciuria a nord, caratterizzata dalla concentrazione di industrie pesanti e dai rapporti commerciali con il Giappone; Shanghai e la vicina regione del Sichuan è diventata zona di grandi investimenti esteri nell’industria leggera, provenienti soprattutto dalla Corea del sud; le province di Canton (con Hong Kong e Macao), del Fujian e dell’isola di hainan che tengono stretti rapporti economici con Taiwan, Hong Kong e altri Stati del Sud-est asiatico.
7 I PAESI EMERGENTI
Tutto il sud-est asiatico, Thailandia, Malaysia, Indonesia e Filippine si avvia a diventare il nuovo “drago”asiatico.
La Thailandia, dopo anni di instabilità politica, ha raggiunto un notevole equlibrio. Le recenti scoperte di petrolio e gas naturale stanno portando il Paese verso l’indipendenza energetica. È il primo produttore mondiale di farina di manioca e di farina di riso, il quarto produttore di zucchero e un forte esportatore di conserve di frutta. L’industria tradizionale thailandese, concentrata nella zona della capitale Bangkok è quella tessile, favorita dalla forte concentrazione di manodopera. Il settore terziario è dominato quasi interamente dall’industria turistica.
La Malaysia è un Paese multietnico: malesi, cinesi, indiani, diversi gruppi tribali. Gli abitanti di origine cinese costituiscono il 40% della popolazione e controllano il commercio e l’industria; i malesi sono invece in prevalenza agricoltori e detengono il potere politico. La Malaysia è il primo esportatore mondiale di caucciù, olio di palma e stagno. Notevole l’esportazione di legname, petrolio e gas naturale. La sua industria è specializzata in elettronica, generi alimentari, raffinazione di petrolio e automobili.
La parte malese del Borneo, il Sultanato di Brunei è uno degli Stati con il reddito pro capite più alto dell’Asia, grazie allo sfruttamento del petrolio e del gas naturale.
Indonesia
L’Indonesia è un Paese completamente insulare: le sue 13.000 isole si distendono tra il continente asiatico e quello australiano. Politicamente appartiene all’arcipelago. I climi sono diversi a seconda delle zone (equatoriale, tropicale, marittimo, montano, foreste pluviali, savane e ghiacciai).
Giava è l’isola egemone sul piano politico ed economico. La religione predominante è quella musulmana che fa dell’Indonesia il più grande Paese islamico al mondo. Le principali colture destinate all’esportazione sono il caucciù e il caffè. Settimo produttore mondiale di gas naturale e quinto di petrolio, l’Indonesia possiede grandi riserve di idrocarburi.
Filippine
Le Filippine sono formate da un arcipelago di 7000 isole. Il tratto più caratteristico delle Filippine è l’eredità della cultura spagnola; il cattolicesimo è praticato dalla maggioranza dei filippini mentre la lingua spagnola è stata sostituita dall’inglese, giunto con l’occupazione statunitense, ed è parlato solo da una minoranza. Una piccola minoranza musulmana è concentrata nelle isole meridionali.
Le principali colture commerciali sono la canna da zucchero e la palma da cocco. Una risorsa importante, e in via di esaurimento, è il legname esportato per l’80% in Giappone. I principali settori industriali filippini sono quello della raffinazione dello zucchero, dei materiali per la costruzione e dell’elettronica.
8 REALTA’ IN TRANSIZIONE
Per realtà in transizione si intendono quei Paesi dell’area che in passato facevano parte del “blocco socialista” passati all’economia di mercato, con l’eccezione della Corea del Nord, e cioè: Corea del Nord, Mongolia, Cambogia e Laos, Myanmar (Birmania), Vietnam. Questi Stati sono comunque i più poveri della regione: sono Paesi fondamentalmente agricoli, con produzioni indirizzate all’autoconsumo, con reddito pro capite molto bassi.
Corea del Nord
La Corea del Nord è straordinariamente ricca di risorse minerarie e di potenziale idroelettrico. Lo sviluppo dell’economia nordcoreana si caratterizza per una rigida pianificazione, che ha sacrificato la produzione di beni di consumo alla costruzione di infrastrutture. La maggiore concentrazione industriale si trova sulla costa occidentale del Paese e nell’agglomerato di Pyongyang. L’agricoltura assicura l’autosufficienza alimentare; le forze armate e l’industria bellica assorbono il 25% del PIL nazionale. I sospetti internazionali sulla possibilità che la Corea del Nord sia in grado di costruire ordigni nucleari portano a frequenti attriti e pressioni diplomatiche da parte degli USA “tutori” della rivale Corea del Sud.
Mongolia
La repubblica mongola si trova nel cuore dell’Asia, tra la Cina e la Russia. I mongolo sono per la maggior parte, nomadi e pastori; infatti, il patrimonio economico del Paese si basa su 24 milioni di capi di bestiame, ma anche sulle ricchezze del sottosuolo. L’80% del territorio è occupato da steppe e pascoli.
Cambogia e Laos
La Cambogia è uno dei Paesi più poveri del mondo: cinque anni di guerra civile, seguiti da altri 4 di potere del dittatore Pol Pot hanno causato centinaia di migliaia di vittime civili e perfino il blocco della crescita naturale della popolazione. La politica di sterminio e di deportazione degli abitanti delle città , unitamente all’abolizione della moneta, della proprietà privata e all’introduzione dei lavori forzati, hanno duramente colpito l’economia.
Il Laos, coinvolto nella vicina guerra del Vietnam, è diventato nel 1975 una repubblica socialista. Il 70% dei laotiani è occupato nell’agricoltura di sussistenza, in gran parte coltivazione di riso.
Vietnam
La Repubblica popolare del Vietnam è nata dall’unificazione dei due Stati (Nord e Sud). Nella repubblica del Sud, che aveva sbarrato l’accesso dei comunisti al potere cancellando le elezioni da loro vinte, cominciarono ad operare i guerriglieri vietcong appoggiati dal Nord comunista e dall’URSS. Lo schieramento dell’USA a fianco alle truppe del Sud allargò la portata del conflitto e lo trasformò in uno scontro tra l’occidente e il blocco comunista. I trent’anni di guerra hanno provocato la distruzione del 70% dell’economia nazionale e la ricostruzione è stata possibile grazie agli aiuti dell’URSS. Negli anni del 1990 gli investimenti dell’industria hanno permesso una rapida crescita del PIl e, nel 1994 è cessato l’embargo economico degli USA e diverse multinazionali statunitensi hanno realizzato grossi investimenti.
Myanmar (Birmania)
La Birmania, o Unione di Myanmar, è rimasta a lungo isolata dal resto del mondo in quanto il governo militare al potere ha attuato una serie di nazionalizzazioni, che hanno portato all’eliminazione di ogni influenza straniera nella vita economica del Paese. Solo di recente si è avuta una riapertura all’afflusso di capitali stranieri e si è avviato un processo di democratizzazione del Paese. La base economica del Paese rimane l’agricoltura. Sulle montagne birmane nel cosiddetto “triangolo d’oro”, prospera la coltivazione del papavero da oppio destinata alla produzione dell’eroina e praticata da diversi gruppi tribali in conflitto armato con il governo centrale.
9 L’OCEANIA
L’Australia e la Nuova Zelanda sono gli Stati più importanti del Pacifico meridionale.
L’altra grande isola dell’Oceania è la Nuova Guinea, montuosa e ricoperta di foreste; è la seconda isola mondiale per superficie dopo la Groenlandia. Politicamente è divisa tra l’Indonesia e la Papua-Nuova Guinea.
L’Oceania insomma è più una regione politica che un vero e proprio continente.
Tra i diversi arcipelaghi oceanici, hanno una certa importanza economica le Tonga, le Figi, oltre alla Nuova Caledonia e alla Polinesia Francese. Sono Paesi caratterizzati dal contrasto tra le bellezze naturali, che le rendono mete ambite del turismo internazionale, e la diffusa povertà dei loro abitanti.
L’Australia è considerata da i geografi un’ “isola continente”. Colonia britannica, nacque nel 1901, quando le sei colonie autonome in cui si divideva il suo territorio crearono una federazione con capitale Canberra.
La popolazione australiana è in buona parte concentrata lungo la fascia costiera orientale dove sorgono le principali città del Paese (Canberra, Melbourne, Sydney e Brisbane). Fuori da quest’area, solo le città di Perth e di Darwin rivestono una certa importanza, mentre in tutto l’interno desertico non esistono quasi centri abitati.
L’Australia è una delle nazioni più “bianche” del mondo a causa di una legge immigratoria che ha vietato, fino al 1973, l’immigrazione nel Paese di persone “di colore”. Gli aborigeni australiani, costretti a rifugiarsi nelle zone desertiche centrali dall’arrivo degli europei, vivono ancora oggi in piccoli gruppi nomadi di cacciatori e raccoglitori. Attualmente sono una esigua minoranza. Il settore primario è alla base della ricchezza australiana; i 160 milioni di ovini costituiscono il più grande gregge mondiale. L’industria non è particolarmente sviluppata, ma è in grado di soddisfare il fabbisogno interno. I suoi punti di forza sono le enormi risorse naturali di cui dispone.
La Nuova Zelanda
La Nuova Zelanda è considerata dai geografi un’estensione insulare dell’Australia. E’stata popolata dai polinesiani maori che coltivavano la terra e si dedicavano alla caccia e alla pesca vivendo in villaggi fortificati sotto l’autorità di capi ereditari. I maori lottarono ferocemente contro l’invasione britannica, iniziata con scambi commerciali lungo le coste e conclusasi con violente guerre soltanto nel 1901 il Paese è diventato indipendente.
L’economia neozelandese si basa su una moderna ed efficiente agricoltura. La prima voce del settore primario è costituita dagli ovini seguita dai bovini. Il settore più dinamico della campagna neozelandese è costituito dalle primizie destinate all’esortazione in Europa. Pur non possedendo le enormi ricchezze minerarie della vicina Australia, la Nuova Zelanda è quasi autosufficiente in campo energetico, grazie a giacimenti di gas naturale, carbone, ecc..
Fonte: http://lumolin.altervista.org/files/capitolo_4_-_asia_orientale_e_oceania.doc
Sito web da visitare: http://lumolin.altervista.org
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