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I casi ‘verbo reggente personale + infinito con soggetti diversi’ in italiano moderno e le loro interpretazioni
Maria Ladovinska
Nuova Università Bulgara
L’argomento di questa esposizione è sorto nel corso delle mie indagini sull’infinito in italiano moderno. Hanno attirato la mia attenzione i casi in cui l’infinito viene usato nonostante abbia un soggetto diverso da quello del verbo reggente personale. Come mai la questione della non identità dei soggetti nella costruzione verbo reggente personale + infinito? Prima di tutto perché, per quanto io abbia cercato, non ho trovato un’esposizione sistematica e ordinata del problema, nonostante le non poche osservazioni sparse nei lavori consultati. L’analisi critica delle occorrenze osservate occupa tutta la prima parte dell’esposizione, senza pretesa di esaustività. La seconda parte è dedicata alle riflessioni teoriche che si sono fatte strada durante l’esame.
Per descrivere i casi in questione mi sono avvalsa di 4 testi autorevoli, rappresentativi di approcci diversi. I primi due sono di carattere normativo: “Grammatica italiana” di Moretti e Orvieto, vol. II, cap. I e “Grammatica italiana” di Luca Serianni. Gli altri due sono il vol. II della “Grande grammatica italiana di consultazione” a cura di L. Renzi con il capitolo IX - “Frasi subordinate all’infinito” e “La sintassi dell’infinito in italiano moderno” di Gunver Skytte.
Vediamo come i vari casi vengono esposti presso questi autori.
Moretti e Orvieto esaminano il problema della disuguaglianza dei soggetti a proposito dei tipi di proposizioni dipendenti all’infinito in cui il problema si presenta: proposizione infinitiva, oggettiva e finale.
Trattando i vari tipi di subordinate, L. Serianni ne esamina anche la variante implicita. I casi in cui ho riscontrato il costrutto verbo reggente personale + infinito con soggetti diversi si limitano alle proposizioni oggettive e finali.
Nel libro influenzato dal pensiero strutturalistico, l’italianista danese Gunver Skytte esamina le “situazioni in cui l’infinito o il sintagma infinitivo appare in subordinazione diretta ad un verbo” (Skytte, 1983: 38). Da 11 in tutto ne ho individuate 5 che fanno al mio caso.
Gli autori del capitolo “Frasi subordinate all’infinito” della “Grande grammatica italiana di consultazione”, un testo basato sulle idee della grammatica generativa, parlano di “verbo composto” formato da verbo reggente + infinito (Skytte e altri, 2001: 485) o di “complesso verbale” (Skytte e altri, 2001: 497). Trattano inoltre le proposizioni subordinate all’infinito o le proposizioni infinitive in cui l’infinito è il verbo principale (Skytte e altri, 2001: 484). La sintassi del soggetto in queste proposizioni viene esaminata a proposito della costruzione fattitiva, di quella percettiva, delle frasi a controllo del tipo “di” + infinito, “a” + infinito e a proposito dell’infinito senza introduttore.
Partiamo dalla base teorica della grammatica normativa per descrivere i modi in cui la stessa realtà linguistica viene interpretata presso questi autori.
1. Moretti e Orvieto parlano di infinito retto da verbo reggente e soggetti diversi a proposito della proposizione infinitiva, dell’oggettiva e della finale.
La subordinata infinitiva, secondo gli autori, “ha come predicato un infinito presente il cui soggetto funge nello stesso tempo da complemento della proposizione reggente” (Moretti-Orvieto, 1980: 23). Gli autori suddividono i verbi reggenti dal punto di vista semantico in due gruppi: a) verbi che esprimono percezione dei sensi o attività del pensiero, come udire, sentire, ascoltare, intendere,… e b) il verbo “fare” di significato causativo e il verbo “lasciare”.
(…) cercava di portare avanti il «Grande Disegno di sviluppo economico e culturale che sapeva essere l’unica salvezza del paese». (In: Panorama, 5-12-1978, n.659, pag. 145, cit. in Moretti-Orvieto 1980: II 23)
Odo le scarpe della mamma cadere leggere sul pavimento … (Castellaneta, cit. in Moretti-Orvieto 1980: II 23)
Perché non li lascia bollire nel loro brodo? (Cassola, cit. in Moretti-Orvieto 1980: II 24)
Ti farò vedere la piazza. (Pavese, cit. in Moretti-Orvieto 1980: II 24)
L’esistenza di questo particolare tipo di subordinate, assente peraltro in altre grammatiche normative, mi pare assai discutibile visto che l’affermazione dei due autori che l’infinito appare sempre in forma semplice viene confutata dagli esempi in Skytte e in Renzi che parlano in questo caso di infinito con soggetto espresso:
Più dappresso, si sentiva un sussurrio concitato e trepido, critico e orgoglioso, che disse a Johny nulla essere assolutamente accaduto al paese. (Fenoglio, cit. in Skytte 1983: II 307)
Non c’era poi a stupire se, sul piano teoretico, nettamente assumesse avere la filosofia già risolto e oltrepassato le difficoltà agitate dai modernisti. (Garin, cit. in Renzi, 2001: 528)
Serianni descrive questo costrutto infinitivo a parte, tra i casi particolari di subordinata oggettiva:
(...) altri sentenziavano non essere altro, il problema meridionale, che un caso particolare della oppressione capitalistica (Levi, Cristo si è fermato a Eboli, cit. in Serianni, 1989: 563)
La proposizione oggettiva viene definita dagli autori come “una dichiarativa che funge da complemento oggetto al verbo (necessariamente transitivo) con funzione di predicato nella reggente” (Moretti-Orvieto, 1980: 35). L’infinito compare sia in forma semplice che in forma composta e “talvolta il soggetto può non essere quello stesso della reggente”. Semanticamente, i verbi dai quali tale costrutto, a soggetti diversi, può dipendere sono: a) verbi della ‘percezione’, della ‘constatazione’, della ‘opinione’, dell’‘attività immaginativa’; b) verbi del ‘desiderio’, del ‘timore’, dell’‘attesa’, della ‘speranza’, dell’‘augurio’, della ‘disperazione’ (Moretti-Orvieto, 1980: 37,39).
(…) poiché questo ingegno aveva uno scopo materiale opposto a quello astratto cui credeva tendere quello del Principe, esso venne considerato come un segno di malignità. (G. T. di Lampedusa: Il Gattopardo, 124, cit. in Moretti-Orvieto 1980: II 39)
Lo fissò con una gioia negli occhi, che fu quella dei nostri primi parenti e di tutti i peccatori di poi, quando il peccato ci persuade d’essere nascosti a Dio. (Bacchelli, cit. in Moretti-Orvieto 1980: II 40)
L’elenco dei verbi reggenti dell’oggettiva riportato in Moretti – Orvieto, che in parte coincide con quello dei verbi reggenti dell’infinitiva presso gli stessi autori, mi spinge ancora una volta a mettere in discussione la fondatezza dell’esistenza di un simile tipo di subordinata come l’infinitiva.
Il terzo caso fondamentale in cui la grammatica normativa di Moretti e Orvieto annota il costrutto verbo reggente + infinito con soggetti diversi risulta la proposizione finale. Dal punto di vista semantico, la finale si ha “in dipendenza da taluni verbi… riguardanti la sfera della volontà, e significanti ‘autorizzazione’, ‘invito’, ‘sollecitazione’, ‘esortazione’, ‘obbligo’, ‘persuasione’, ‘convincimento’ (Moretti-Orvieto, 1980: 74) oppure ‘comando’, ‘proibizione’, ‘preghiera’, ‘consiglio’, ‘avvertimento’, ‘intenzione’, ‘permissione’, e simili (Moretti-Orvieto, 1980: 77). I due autori osservano che “nella maggior parte dei casi, il soggetto dell’infinito è diverso da quello del verbo da cui dipende, ma è anticipato nella proposizione reggente con funzione di complemento” e inoltre, “la ragione di questa frequenza di diversità di soggetto fra le due proposizioni sta nel fatto che i verbi in questione esprimono la volontà di “qualcuno” per l’effettuazione di atti che «altri» dovrebbero eseguire.” (Moretti-Orvieto, 1980: 74). Detto in altri termini, la “proposizione… contiene con funzione di complemento il soggetto dell’infinito dipendente…” (Moretti-Orvieto, 1980: 77).
Ci invitò a recarci ogni sera da lei per farle compagnia. (Bilenchi, cit. in Moretti-Orvieto 1980: II 74)
Non mi impedivano di concentrarmi sui quaderni e sui libri. (Bilenchi, cit. in Moretti-Orvieto 1980: II 77)
Una spiegazione a questo fenomeno di diversità dei soggetti nella finale offre la teoria di R. Simone sulla differenza tra soggetto e attore. L’autore li chiama due funzioni che o coincidono nello stesso costituente, o si dissociano “talvolta in forma paradossa”. “In enunciati come Carlo prega Luigi di restare a casa,… Luigi è, formalmente complemento oggetto di prega, ma è anche attore di restare a casa.” ( Simone, 1994: 358).
2. Anche se abbastanza dettagliata, la grammatica normativa di Luca Serianni non fornisce una descrizione così ricca e sistematica delle implicite all’infinito come quella di Moretti e Orvieto. In compenso, però, di fronte ai 3 casi di subordinate delimitate da Moretti e Orvieto, qui troviamo una divisione più pratica e coerente. Infatti, per L. Serianni le subordinate implicite a infinito del tipo esaminato si riducono a 2 tipi: oggettive e finali.
L’autore parla di proposizioni oggettive rette da verbi che ammettono nel costrutto implicito un soggetto diverso da quello della reggente. Semanticamente i verbi reggenti indicano volizione (un ordine, un suggerimento, ecc.), “il destinatario della volizione è espresso nella reggente per mezzo di un complemento di termine” (Serianni, 1989: 552). Alla lista dei verbi reggenti L. Serianni aggiunge i “verbi dichiarativi (come avvertire o dire) quando sono usati con valore volitivo… “ (Serianni, 1989: 553) e “alcuni verbi di percezione (osservare, sentire, udire, vedere e pochi altri)”.
I costrutti con i verbi causativi fare e lasciare pure vengono descritti nell’ambito delle proposizioni oggettive implicite: “Il costrutto del tipo «far fare qualcosa a/da qualcuno» presenta una specie di cooperazione tra i due soggetti, quello grammaticale del verbo causativo e quello logico dell’infinito, giacché il primo mette in moto l’azione del secondo…” (Serianni, 1989: 550,1). Per una descrizione analitica l’autore rimanda ai volume di Skytte. È da notare che al soggetto logico Serianni attribuisce unicamente il ruolo sintattico di complemento indiretto introdotto da “a” o “da” (Serianni, 1989: 551).
Tra i casi particolari di subordinate oggettive L. Serianni include, sulla scia di G. Skytte, l’infinito con soggetto espresso.
Riassumendo possiamo dire che sotto l’etichetta di subordinata oggettiva implicita L. Serianni mette costruzioni che da Moretti e Orvieto vengono ripartite in tre categorie: proposizioni infinitive, oggettive e a volte finali.
A proposito della subordinata finale implicita l’autore ribadisce che “può trovarsi anche in presenza di soggetti diversi, specie se il soggetto della finale implicita coincida con un complemento diretto o indiretto della sovraordinata” (Serianni, 1989: 581). I verbi reggenti risultano essere verbi indicanti “consiglio, preghiera, esortazione” (Serianni, 1989: 581, 2).
3. I costrutti che stiamo esaminando li troviamo descritti, in modo diverso da quello della grammatica normativa, in 5 paragrafi del libro di G. Skytte:
a) fare o lasciare + infinito (Skytte, 1983: 53 e sgg.);
b) verbo + di + infinito (Skytte, 1983: 115 e sgg.);
c) verbo + a + infinito (Skytte, 1983: 208 e sgg.);
d) verbo di percezione + infinito (Skytte, 1983: 247 e sgg.);
e) verbo + costrutto infinitivo con soggetto proprio (Skytte, 1983: 292 e sgg.).
Dopo un esame accurato dei rispettivi cinque paragrafi del libro risulta che i costrutti “fare/lasciare + inf.”, “verbo di percezione + inf.” e “verbo + costrutto infinitivo con soggetto proprio” corrispondono all’impiego dell’infinito nella proposizione infinitiva e in parte in quella oggettiva descritte da Moretti e Orvieto, da una parte, e all’uso dell’infinito nell’oggettiva secondo L. Serianni. Invece la costruzione “verbo + di + inf.” e “verbo + a + inf.” sarebbero paragonabili all’uso dell’infinito nell’oggettiva e nella finale presso tutti e tre gli autori.
La studiosa danese scende nei minimi particolari descrivendo i vari tipi di costrutti. Riassumendo le non poche pagine scritte in merito risulta chiaro che nel caso di “fare o lasciare + infinito” l’elemento che anticipa il soggetto dell’infinito dipende di solito dalla natura semantico-sintattica del verbo all’infinito (transitivo, intransitivo o riflessivo). Detto in altri termini, “le possibilità di costrutto dipendono dalla valenza originaria dell’infinito” (Skytte, 1983: 55).
L’infinito di un verbo transitivo presuppone un soggetto logico dell’infinito (S2) in funzione di oggetto dativale (OD1) o di complemento d’agente del verbo reggente (Skytte, 1983: 63,4).
Quando poi ti facevo notare che toccare un albero non è per niente diverso dal toccare un qualsiasi essere vivente… (Tamaro: 53) – S2 = OD1.
La sera, dopo il lavoro, e le domeniche, si era fatto aiutare dal cognato(…) (Baricco: 11) – S2 = complemento d’agente del verbo reggente.
Le possibili eccezioni vengono fornite sempre da una spiegazione su cui non sarebbe il caso di soffermarmi in questa sede.
Con l’infinito di un verbo intransitivo o riflessivo, invece, S2 viene espresso tramite un complemento oggetto del verbo reggente (O1):
Staccò un blues che avrebbe fatto piangere anche un macchinista Tedesco(…) (Baricco: 40) – S2 = O1
(...) nonriuscivaafarloparlare” (Pirajno, cit. in Skytte 1983: I 66) ) – S2 = O1
In ginocchio, lafarò mettere! (Fabbri, cit. in Skytte 1983: I 65) – S2 = O1
Lilasciaronofermarsi a guardarla (…) (Fenoglio, cit. in Skytte 1983: I 565) – S2 = O1
Nell’ambito della costruzione “verbo di percezione + infinito” G. Skytte distingue i verbi “sentire” e “vedere” da tutti gli altri verbi di percezione nel senso che in certi casi questi due verbi si costruiscono con l’infinito come “fare o lasciare + infinito”, cioè di nuovo l’elemento che anticipa S2 dipende dalla natura semantico-sintattica dell’infinito stesso.
Viene dimostrato come alle possibili eccezioni si può sempre trovare una spiegazione di natura pragmatica.
Con gli altri verbi di percezione S2 = O1 a prescindere dalla natura semantico-sintattica del verbo all’infinito.
Sentivo bisbigliare dai grandi cose terribili (…) (Tamaro: 154) - S2 = complemento d’agente del verbo reggente
Ho detto addio ai miracoli quando ho visto ridere gli uomini…” (Baricco: 59) - S2 = O1
Appena chiudevo gli occhi sentivo la stoffa del materasso sotto la schiena trasformarsi in fiamme (…) (Tamaro: 57) - S2 = O1
La guardavo chiudere a uno a uno i cassetti, …” (Marghieri, cit. in Skytte 1983: II 258) - S2 = O1
Sotto le tue parole percepivo ribollire l’energia (…) (Tamaro: 23)- S2 = O1
(…) lo udivo levarsi, e uscire nel corridoio (…) (Morante, cit. in Skytte 1983: II 261) - S2 = O1
Nella costruzione “verbo + di + infinito” a soggetti diversi, molto spesso S2 viene espresso assumendo la forma di O1 o OD1 a seconda della semantica del verbo reggente. I verbi di questo gruppo appartengono all’area semantica di comando e permesso.
(…) mipregò lo stesso diinterrompere le mie uscite solitarie. (Tamaro: 102) - S2 = O1
(…) era lui che miimpedivadiandareavanti. (Tamaro: 98) - S2 = OD1
Quanto alla costruzione “verbo + a + infinito”, S2 lo si trova espresso da O1, eccetto il verbo “insegnare” che richiede S2 = OD1 (Skytte, 1983: 214):
Mi hanno invitata ad andare con loro. (Tamaro: 77) - S2 = O1
Ti ricordi quando ti insegnavo a cucinare le crêpes?, (Tamaro: 63) - S2 = OD1
Un intero capitolo del libro è stato dedicato al cosiddetto costrutto “verbo + costrutto infinitivo con soggetto proprio” chiamato così appunto perché, a differenza delle 4 costruzioni fin qui esaminate, l’infinito compare con soggetto proprio – “membro che è diverso dal soggetto, l’oggetto diretto o dativale del verbo reggente”:
aveva dichiarato essere necessario questo comportamento (Skytte 1983: II 294).
I verbi che reggono il costrutto in esame appartengono sempre al gruppo semantico di “verba dicendi et putandi (o un verbo adoperato con questo significato)”.
4. Per completare il panorama non resta che dare un’occhiata al capitolo IX della “Grande grammatica italiana di consultazione” intitolato “Frasi subordinate all’infinito”.
I casi in cui i soggetti del verbo reggente e dell’infinito sono diversi, li troviamo descritti a proposito della costruzione fattitiva, di quella percettiva e delle frasi a controllo del tipo “di + infinito”, “a + infinito” e a proposito dell’infinito senza introduttore.
Le proposizioni infinitive complemento di un verbo introdotte dalle preposizioni “di” e “a” fanno parte delle cosiddette frasi a controllo, appunto perché presentano un elemento che “controlla” il soggetto non espresso dell’infinito (Skytte e altri, 2001: 484): Il testo spiega che “In genere le proposizioni infinitive compaiono senza soggetto espresso… Quando il soggetto non è espresso, esso può avere, a seconda della funzione della proposizione infinitiva, del verbo reggente e del contesto, o un’interpretazione generica, o un’interpretazione determinata dove il soggetto non espresso dell’infinito è coreferente con un elemento della stessa frase.” Il rapporto tra questo elemento e il soggetto non espresso dell’infinito viene chiamato “controllo” e appunto questo elemento (il “controllore”) “controlla il soggetto non espresso dell’infinitiva.”
Per il resto, troviamo un’impostazione molto simile a quella di G. Skytte però più concisa, non tanto dettagliata e ordinata diversamente. Dal punto di vista semantico gli autori del capitolo ascrivono i verbi reggenti che permettono la costruzione con “di + infinito” alla sfera delle “azioni mentali”. In base all’elemento che controlla la referenza del soggetto non espresso dell’infinitiva, i verbi di questo gruppo presuppongono per controllore o il complemento indiretto (“Gli consigliò di presentarsi”), o il complemento oggetto (“Pregò il figlio di aiutarlo” ). I verbi del primo sottogruppo semanticamente appartengono esclusivamente al gruppo dei verbi che significano comando o permesso (o verbi che possono assumere tale significato). I verbi del secondo sottogruppo sono verbi tipo: accusare, ammonire, incaricare, pregare, punire, rimproverare, ringraziare, scongiurare (Skytte e altri, 2001: 527).
Sempre in questo paragrafo viene analizzato il costrutto dell’infinito con soggetto espresso che compare “nella lingua letteraria di stile elevato e nella lingua burocratica” (Skytte e altri, 2001: 527). È il caso discutibile che Moretti e Orvieto avevano messo sotto l’etichetta di subordinata infinitiva.
Invece i verbi che si costruiscono con “a + infinito” e permettono soggetti diversi semanticamente vengono distribuiti in due gruppi. Quelli del primo esprimono “stato o movimento in senso fisico o traslato” e presuppongono per controllore sempre il complemento oggetto:
Tante volte ho provato … a spiegarle il percorso che mi aveva portata ad allontanarmi da lei. (Tamaro: 144)
Quelli del secondo esprimono “disposizione o atteggiamento mentale attivo (tendenza, volontà)” e hanno tutti per controllore il complemento oggetto ad eccezione di insegnare che vuole il complemento indiretto per controllore (Skytte e altri, 2001: 531):
Cercavo un segno, qualcosa che mi aiutasse a capire che direzione aveva preso la sua vita. (Tamaro: 48)
Mi hanno invitata ad andare con loro. (Tamaro: 77)
Ti ricordi quando ti insegnavo a cucinare le crêpes? (Tamaro: 63)
È il caso di fare riferimento di nuovo alla teoria di R. Simone dell’attore e del soggetto. Il “controllore” altro non è che l’attore della clausola subordinata coreferente ora con il complemento indiretto, ora con il complemento oggetto della principale.
Le frasi chiamate nella “Grande grammatica italiana di consultazione” “frasi a controllo”, dal punto di vista delle grammatiche normative, sia di Moretti e Orvieto che di L. Serianni, prendono il nome di proposizione oggettiva e proposizione finale.
I verbi che fanno parte della costruzione fattitiva sono i fattitivi (o causativi) fare e lasciare, nonché i verbi percettivi intendere, sentire, udire e vedere (Skytte e altri, 2001: 499) e reggono un infinito che presenta soggetto logico sempre diverso da quello del verbo reggente. Per individuare i casi in cui questi verbi concorrono a formare la costruzione fattitiva, gli autori del capitolo applicano alcuni criteri sintattici (Skytte e altri, 2001: 501-503).
A riprova del fatto che tutti questi verbi, eccetto fare, solo in alcune circostanze entrano a far parte della costruzione fattitiva, gli autori presentano anche l’altra realtà, quella della costruzione percettiva che si ha con tutti gli altri verbi di percezione, nonché con i quattro sopraindicati, quando il contesto sintattico risulta diverso da quello appena descritto: “Nella costruzione percettiva il verbo regge un complemento oggetto e una proposizione infinitiva senza introduttore preposizionale il cui soggetto non espresso è controllato dal complemento oggetto.” (“Maria ha sentito Piero suonare il pianoforte”) (Skytte e altri, 2001: 509).
La differenza più spiccata tra i due tipi di costrutti mi pare quella legata alla sintassi del soggetto: nella costruzione percettiva la struttura argomentale dell’infinito rimane costante. Il soggetto è sempre rappresentato dal complemento oggetto del verbo reggente a prescindere dalla transitività o meno del verbo all’infinito: “L’ho sentito suonare il pianoforte”. Invece, nella costruzione fattitiva la struttura argomentale dell’infinito non è costante perché la natura semantico-sintattica del soggetto dell’infinito dipende dalla natura semantico-sintattica dell’infinito. Troviamo delle interdipendenze simili a quelle osservate da G. Skytte: soggetto dell’infinito di un verbo intransitivo sotto forma di complemento oggetto del complesso verbale (“Paolo fa partire Pietro.”); l’infinito di un verbo transitivo, invece, presuppone un soggetto logico espresso da un complemento indiretto (“Gli ho sentito suonare il pianoforte”) o da un complemento d’agente (“Ho sentito suonare il pianoforte da Piero.”); i verbi riflessivi al posto dell’infinito si comportano come gli altri verbi intransitivi (“Fece fermare la macchina.”) (Skytte e altri, 2001: 499-512).
La costruzione fattitiva e quella percettiva sono paragonabili alla proposizione infinitiva della grammatica normativa di Moretti e Orvieto, alla subordinata oggettiva descritta in Serianni e ai costrutti “fare o lasciare + infinito” e “verbo di percezione + infinito” descritti da G. Skytte.
L’esame fin qui fatto rivela una situazione assai complessa con una moltitudine di occorrenze in cui pare difficile cercare sistematicità. A volte un caso propone più soluzioni oppure offre eccezioni, il che complica il quadro ancora di più. Applicando un criterio semantico-sintattico a questa varietà di costrutti (“verbo reggente personale + infinito a soggetti diversi”), li ho divisi nella maniera seguente:
A) costruzioni in cui il soggetto dell’infinito dipende dalla natura semantico-sintattica del verbo all’infinito (transitivo, intransitivo, riflessivo);
B) costruzioni in cui il soggetto dell’infinito dipende dalla natura semantico-sintattica del verbo reggente;
C) un’unica costruzione di uso assai limitato in italiano moderno, il cui infinito compare con soggetto proprio.
Sempre alla ricerca di un po’ di ordine e chiarezza, ho abbozzato due tabelle in cui ho cercato di riassumere i punti di vista dei quattro testi esaminati fin qui. La prima griglia descrive le corrispondenze che ho notato tra i casi in Moretti-Orvieto e i casi presso gli altri autori presi uno alla volta (Fig. 1). La tabella va letta orizzontalmente, tenendo per punto di riferimento l’ordine che troviamo presso Moretti-Orvieto.
Nella seconda tabella ho cercato di ordinare i singoli casi di “verbo reggente + infinito a soggetti diversi” dal punto di vista del ruolo sintattico del soggetto dell’infinito (S2) nei confronti del verbo reggente. La griglia di nuovo va letta orizzontalmente e ogni riga presenta un’informazione a sé stante (Fig. 2).
L’ultima tabella fa vedere come sarebbe difficile fornire regole a proposito del ruolo sintattico del soggetto dell’infinito in quanto esistono quasi sempre contemporaneamente le due possibilità – funzione sia di complemento oggetto, che di complemento indiretto del verbo reggente.
Questo fatto mi ha spinto a cercare una spiegazione fuori dell’ambito della sintassi nel tentativo di formulare i capisaldi di un ulteriore approfondimento dell’indagine:
A) Il fatto che il soggetto dell’infinito può essere espresso sintatticamente con vari tipi di complemento, significa che il soggetto dell’infinito è logico-semantico e non sintattico.
B) Il soggetto che viene sottinteso potrebbe spingerci a considerare queste occorrenze un’espressione del principio dell’economia linguistica.
C) Se il soggetto viene espresso tramite un complemento, è lecito supporre che sia la semantica a governare la sintassi e a garantire la coesione e la coerenza.
Moretti-Orvieto |
proposizione infinitiva |
proposizione oggettiva |
proposizione finale
|
Luca Serianni |
subordinata oggettiva
(infinito con soggetto proprio) |
subordinata oggettiva |
subordinata oggettiva subordinata finale |
Gunver Skytte |
fare/lasciare + inf. verbo di percezione + inf. verbo + costrutto infinitivo con soggetto proprio |
verbo + di + inf.
verbo + costrutto infinitivo con soggetto proprio |
verbo + di + inf. verbo + a + inf. |
“Grande grammatica italiana di consultazione” a cura di L. Renzi |
costruzione fattitiva costruzione percettiva infinito con soggetto espresso |
frasi a controllo |
frasi a controllo |
Fig. 1
Moretti-Orvieto |
proposizione infinitiva S2=compl. ogg. infinito con soggetto proprio |
proposizione oggettiva S2=compl. ogg.
|
proposizione finale S2=compl. ogg. |
|
|
Luca Serianni |
subordinata oggettiva S2=compl. ogg.
infinito con sogg. espresso |
subordinata finale
S2=compl. ogg. |
. |
|
|
Gunver Skytte
|
fare/lasciare + inf.
S2=compl. ogg. |
verbo di percez. + inf. S2=compl. ogg. |
verbo+di+inf.
S2=compl. ogg. |
verbo+a+inf.
S2=compl. ogg. |
verbo + costrutto infinit. con soggetto proprio |
“Grande grammatica italiana di consultazione” a cura di L. Renzi |
costruzione fattitiva S2=compl. ogg. |
costruzione percettiva
S2=compl. ogg. |
frasi a controllo
S2=compl. ogg.
inf. con sogg. espresso |
|
|
Fig. 2
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Moretti, G. B., Orvieto, G. R. (1980): Grammatica italiana, vol. II, Il verbo. Perugia: Benucci.
Serianni, L. (1989): Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Torino: UTET.
Simone, R. (1994): Fondamenti di linguistica. Roma: Laterza.
Skytte, G. (1983): La sintassi dell’infinito in italiano moderno, Copenhagen, Munksgaards.
Skytte, G., G. Salvi e M. R. Manzini (2001): Frasi subordinate all’infinito. In: Salvi, G. e Renzi, L. (a cura di), Grande grammatica italiana di consultazione, vol. II, cap. IX. Bologna, Il Mulino: 483-569.
CORPUS
Tamaro, S. (1994) (9a ed., 1996): Va’ dove ti porta il cuore. Milano, Baldini&Castoldi.
Baricco, A. (1994) (48a ed., 2006): Novecento. Milano, Feltrinelli.
Fonte: http://eprints.nbu.bg/775/1/M.Ladovinska_Articolo(itl).doc
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