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Formazione del plurale
Dal punto di vista morfologico, la differenza tra i nomi singolari e i nomi plurali è marcata per lo più da una diversa desinenza. Ma ci sono anche nomi che hanno la medesima forma al singolare e al plurale (nomi invariabili), nomi privi di singolare o di plurale (nomi difettivi) e nomi con più forme di singolare o di plurale (nomi sovrabbondanti).
Il plurale dei nomi si forma, nella maggior parte dei nomi, mutando la desinenza morfologica del singolare.
Per comodità, a seconda della desinenza del singolare, in italiano i nomi si suddividono in tre classi: nomi in -a, nomi in -o e nomi in -e.
Nomi in -a. I nomi che al singolare terminano in -a formano il plurale in -i, se sono maschili, in -e, se sono femminili: il problema - i problemi, la casa - le case.
Osservazioni:
1. I nomi che terminano in -ca e -ga conservano al plurale il suono velare (duro) della c e della g. Perciò formano il plurale in -chie -ghi se sono maschili, in -che e -ghe se sono femminili: il duca - i duchi, il collega - i colleghi, la basilica - le basiliche, la bottega - le botteghe.
2. I nomi femminili in -cìa e -gìa con i tonica, cioè accentata, formano il plurale regolarmente, in -cie e -gie, conservando la i: la farmacia - le farmacie, la bugia - le bugie.
3. I nomi femminili in -cia e -gia con i atona, cioè non accentata, formano il plurale in -cie e -gie, conservando la i, se le consonanti c e g sono precedute da vocale: la camicia - le camicie, la ciliegia - le ciliegie; e in -ce e -ge, perdendo la i, se le consonanti c e g sono precedute da consonante: la pronuncia - le pronunce, la pioggia - le piogge.
Nomi in -o. I nomi che al singolare terminano in -o prendono al plurale la desinenza
-i: il bambino - i bambini, la mano - le mani.
Osservazioni:
1. I nomi in -co e -go non seguono un comportamento costante nella formazione del plurale. In linea di massima, se sono piani, cioè accentati sulla penultima sillaba, conservano il suono velare (duro) delle consonanti ce g, ed escono in -chie -ghi; se sono sdruccioli, cioè accentati sulla terzultima sillaba, formano il plurale in -ci e -gi, con la palatalizzazione: il banco - i banchi, il medico - i medici, l’albergo - gli alberghi, il teologo - i teologi.
Fra i nomi piani fanno eccezione: l’amico - gli amici, il nemico - i nemici, il greco - i greci, il porco - i porci ecc.
Fra gli sdruccioli, molto più numerosi: il dialogo - i dialoghi, l’incarico - gli incarichi, il catalogo - i cataloghi, l’obbligo - gli obblighi, il prologo - i prologhi ecc.
Molto numerosi sono poi i nomi sdruccioli che presentano entrambe le forme: chirurgo - chirurgi, chirurghi; stomaco - stomaci, stomachi ecc.
2. Per i nomi uscenti in -logo, in linea di massima, vale la seguente regola pratica: i nomi in -logo hanno il plurale in -logi se si riferiscono a persone: il sociologo - i sociologi; e hanno, invece, il plurale in -loghi se si riferiscono a cose: il dialogo - i dialoghi.
3. I nomi uscenti in -ìo con la i tonica, cioè accentata, formano, senza eccezioni, il plurale regolarmente in -ìi: lo zìo - gli zìi, il rinvìo - i rinvìi.
4. I nomi uscenti in -io con la i atona, cioè non accentata, formano, invece, il plurale in -i. In taluni casi la -i- del tema si fonde con la -i della desinenza plurale: il cambio - i cambi, l’occhio - gli occhi.
Invece nei nomi in cui la -i-del tema è solo un segno grafico con la funzione di rappresentare il suono palatale della consonante o del gruppo consonantico che precede la desinenza del singolare -o, tale -i-cade: il figlio - i figli, il bacio - i baci.
5. I nomi uomo, dio e tempio formano il plurale rispettivamente in uomini, dei, templi, per influenza delle corrispondenti forme latine (homines, dei, templa).
6. Alcuni nomi di genere maschile uscenti in -o diventano al plurale di genere femminile e assumono la desinenza -a: il paio - le paia, il miglio - le miglia, l’uovo - le uova, il migliaio - le migliaia, il riso (il ridere) - le risa, il centinaio - le centinaia ecc.
7. Quasi tutti i nomi femminili uscenti in -o sono invariabili, presentano cioè al plurale la stessa forma del singolare: la biro - le biro, la moto - le moto.
Nomi in -e. I nomi che al singolare terminano in -e formano il plurale in -i, siano maschili o femminili: il padre - i padri, la madre - le madri.
Osservazioni:
1. Il nome bue presenta il plurale irregolare buoi.
2. Nei multipli, mille assume una speciale forma di plurale: -mila: duemila, tremila.
3. I nomi uscenti in -ie sono, di solito, invariabili. Fanno eccezione i seguenti nomi, che formano il plurale in -i: l’effigie - le effigi, la superficie - le superfici, la moglie - le mogli.
Esistono anche le forme invariate le superficie e le effigie, ma sono meno comuni.
Elena Pîrvu; Ramona Vasile; Aurelian Velea, La lingua italiana. Fonetica. Fonologia. Morfologia, Craiova, Editura AIUS, 2001, pp. 37-51.
Maurizio Dardano; Pietro Trifone, Grammatica italiana. Con nozioni di linguistica, Terza Edizione, Bologna, Zanichelli Editore, 1995, pp. 170-208.
Luca Serianni (con la collaborazione di Alberto Castelvecchi), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, Bologna, UTET Libreria, 1989, pp. 103-159.
Fonte: http://cis01.central.ucv.ro/litere/idd/cursuri/an_1/limba_straina/italiana/lb_it_an1.doc
Sito web da visitare: http://cis01.central.ucv.ro
Autore del testo: E. PÎRVU
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