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PROCESSI DI TRASFORMAZIONE
Miscelazione
La miscelazione di liquidi di bassa viscosità o di polveri o granulati secchi si fa in apparecchiature di bassa potenza come agitatori ad elica o a turbina, tamburi rotanti, etc. All'altro estremo, la dispersione uniforme di particelle solide sottili (es. nerofumo) in una gomma, con viscosità di 105 Pa.s (108 volte quella dell'acqua) richiede potenze molto elevate e velocità molto più basse. Per i normali liquidi le potenze richieste sono di 0,1¸3 kW/m3. La procedura normale è quella di indurre turbolenza.
Con i polimeri è invece necessario indurre elevati sforzi di taglio localmente e provocare un rimescolamento lento della massa di materiale. Il paragone tra le due operazioni può farsi pensando al miscelamento di latte con caffè ed alla dispersione di semi di sesamo nella pasta per il pane.
I miscelatori per polimeri fusi sono simili ad impastatrici, lavorano con velocità relativamente basse (10¸100 rpm) e richiedono potenze di 2,5¸250 kW/m3. Un esempio di miscelatore è il Banbury, nel quale due rotori a forma di spirale interrotta ruotano in senso contrario e con velocità diversa all'interno di una camera provocando elevati sforzi di taglio sia tra i rotori, sia tra questi e le pareti della camera ed un lento spostamento massivo del materiale. Sia i rotori che le pareti della camera possono essere termoregolati per circolazione di un fluido. Un esempio è riportato nelle figg 1 e 2. La camera ha un volume di 270 l. La velocità di rotazione è di 60 rpm e la potenza del motore è di 1200 kW. In un ciclo di miscelazione di pochi minuti, malgrado il raffreddamento dei rotori con acqua, si può avere un aumento di temperatura della gomma di 30¸60°.
Fig.1 Fig.2
Il miscelamento è fatto sotto pressione per mezzo di una chiusura superiore a pistone azionato manualmente o idraulicamente.
Formatura unidimensionale
Nella applicazione di rivestimenti o adesivi, l'unica dimensione di interesse è lo spessore del film. Un rivestimento può essere applicato fondendo il polimero e stendendolo con rulli sulla superficie da ricoprire, oppure laminando insieme, ad es., un film preformato di PE e la carta che deve essere impermeabilizzata (ad es. per contenitori di latte). Un altro metodo consiste nell'immergere un oggetto caldo in un letto fluido ad es. di PE (200 mesh). Le particelle fondono sulla superficie ricoprendola. La temperatura dell'oggetto si abbassa e la deposizione cessa. Lo spessore del film si regola aggiustando la temperatura iniziale dell'oggetto.
La deposizione di particelle in letto fluido può anche comportare reazione. Ad es. si può fluidizzare una miscela di resina epossidica e di induritore acido. Queste si depositano sulla superficie calda e la temperatura provoca la reazione.
Processi bidimensionali
Sono quelli nei quali il polimero è fatto passare con continuità attraverso un ugello che conferisce la forma voluta in due dimensioni. Lo schema tipico di un estrusore è mostrato in Fig. 3.
Le particelle di polimero solido sono spinte e progressivamente compattate da una vite senza fine. Il polimero compattato fonde ( o rammollisce se amorfo) ed è spinto attraverso un setto filtrante che serve anche a rompere il flusso elicoidale e passa attraverso l'ugello. All'uscita l'estruso deve essere raffreddato per garantire la stabilità di forma. La maggior parte del calore necessario per la fusione deriva dal lavoro meccanico. La vite può avere diametri variabili tra 3 e 20 cm e un rapporto L/D di 20¸25. Poiché, anche se le pellets di polimero sono preessiccate, può aversi formazione di piccole bolle d'aria intrappolata, in alcuni estrusori può essere necessario abbassare la pressione per mezzo di anelli portanti alette rompiflusso e muniti di valvole per lo scarico del gas, prima di introdurre il fuso nell'ultima sezione di spinta che porta all'ugello. Alcuni estrusori contengono due viti parallele che possono ruotare nella stessa direzione con velocità diverse, oppure addirittura in sensi opposti, se si vuole assicurare anche un miscelamento spinto allorché si voglia produrre una miscela.
Films, fogli, tubi
Per definizione un film deve avere uno spessore inferiore a 0,3 mm. Se gli spessori sono maggiori si parla di fogli o piastre. Poiché l’estrusore produce un velo di polimero fuso, è necessaria una elevata viscosità del fuso ed una certa elasticità (elevato peso molecolare). Si deve avere anche una distribuzione dei pesi molecolari piuttosto ampia. Si usano spesso miscele di polimeri a peso molecolare diverso.
Per produrre film di PE dello spessore di 0,1 mm si possono usare ugelli con apertura 5-10 volte maggiore e di lunghezza fino a 3 m. Lo spessore finale è raggiunto attraverso stiratura del film, assicurata da tamburi rotanti. Il film è raffreddato al di sotto di Tm ( o Tg se amorfo) sia facendolo passare in un bagno d'acqua, sia come mostrato in fig. 4, raffreddando i rulli.
Lo stiramento provoca una orientazione unidirezionale del film con conseguente anisotropia meccanica. Nella produzione di lastre si usano rapporti di stiro molto minori e si ha quindi una minore orientazione.
Fig.4
Si possono produrre film biorientati partendo da un film (ad es. polipropilene dello spessore di 0,15 mm) usando macchine continue nelle quali il film viene afferrato da appositi tenditori laterali che ne aumentano la larghezza di due o tre volte. Contemporaneamente il film viene stirato anche longitudinalmente grazie alla azione dei rulli che raccolgono il film in uscita.
Orientazione bidimensionale è ottenuta anche attraverso la produzione di film estrusi e soffiati come mostrato in fig.5. Il polimero è estruso attraverso un ugello anulare e quindi deformato grazie ad una bolla d'aria. All'uscita dall'ugello il polimero è raffreddato mediante un anello di aria fredda durante la sua deformazione. La cristallizzazione del PE comporta una parziale perdita di trasparenza. Pertanto la linea di demarcazione tra polimero solido e quello fuso, che corrisponde al punto di separazione tra la zona di stiramento biassiale del film e quella di stabilità dimensionale è chiaramente visibile e viene indicata come linea di congelamento (frost line). Il rapporto di soffiaggio può portare ad un aumento di diametro della bolla, rispetto all'ugello, fino a 5 volte, anche se 2,5 è il valore più comune. L'ugello può avere un diametro fino a 1,5 m e, con un rapporto di blow up pari a 2,5 si possono ottenere, dopo tagliatura, film di 10¸12 m di larghezza.
Film costituiti da due strati di polimeri diversi, necessari per ottenere le caratteristiche volute, (es. elevata resistenza meccanica ed alla abrasione del PP e bassa permeabilità all'ossigeno del PVC), possono essere prodotti per coestrusione e saldatura dei due veli fluidi prima della solidificazione. I tubi vengono estrusi con ugelli anulari ed un mandrino raffreddato internamente con acqua in modo da garantire la forma regolare del tubo.
La pultrusione (v. fig. 6) consiste nella formatura continua di compositi. Ad es. fibre di vetro o di altro materiale rinforzante vengono impregnate per passaggio in un bagno di resina e passano poi attraverso un ugello riscaldato che conferisce la forma bidimensionale desiderata, provocando al tempo stesso le reazioni di reticolazione (es. resina poliestere insatura +stirene +iniziatore). In questo modo si costruiscono profilati o tubazioni resistenti alla pressione.
Fig.6
La calandratura è un processo di fabbricazione analogo all'estrusione con l'unica differenza che il polimero non scorre sulle pareti dell'ugello, ma è trasportato da rulli e spianato fino ad ottenere un foglio o un film di spessore desiderato. Con la calandratura è possibile ottenere una maggiore levigatezza superficiale, come pure produrre fogli o lastre con superfici "lavorate". In Fig. 7 sono mostrate diverse possibili soluzioni di calandratura.
Fig.7
Nell'industria dei polimeri sintetici si producono filamenti continui che possono poi essere tagliati per fare fibre (aventi L/D>100) o combinati variamente per ottenere il filo tessile o le corde.
Un impianto di filatura dal fuso è composto solitamente da un estrusore, da un filtro che elimina le particelle solide che potrebbero otturare la filiera, da una pompa ad ingranaggi, da una filiera (costituita da un setto metallico con un numero di fori molto elevato: da alcune decine fino a 10000 di alcune filiere per rayon) e da un sistema per lo stiro e l'avvolgimento. I polimeri come le poliammidi, che hanno una bassa viscosità, possono essere filati mediante una semplice pompa a ingranaggi, senza estrusore. Le velocità di raccolta ed avvolgimento possono arrivare a 2 Km/min. La fig. 8 mostra lo schema dei processi di filatura dal fuso, di filatura a secco e a umido. Molto importante, per quanto riguarda la resistenza, è il rapporto di stiro.
Oggetti di forma più complessa vengono fabbricati per mezzo di forme. Il polimero fuso ( o il prepolimero, nel caso di resine termoindurenti) viene messo nella forma ed estratto dopo solidificazione (abbassamento della T al di sotto di Tm o Tg oppure cura).
A seconda del modo adottato per l'introduzione del polimero si distinguono diversi processi di formatura. Il metodo più semplice (flash molding) si usa per materiali molto viscosi che, per questa loro caratteristica garantiscono una sufficiente pressione nella forma (fig. 9).
Si può aumentare la pressione facendo in modo che sia l'oggetto formato a resistere allo sforzo applicato dalla pressa.
Nella formatura per transfer (fig.10) il polimero è caricato in una camera dalla quale viene poi iniettato nella forma vera e propria all'atto della chiusura.
Di più generale applicazione è la formatura per iniezione che può essere realizzata con iniettori a pistone (fig. 11) o a vite retrorotante che offre il vantaggio di un più veloce riscaldamento del polimero. Le forme sono di solito raffreddate al di sotto di Tm o Tg, cosicché i cicli di formatura possono essere molto brevi (fino a 15 s). Le pressioni di iniezione sono molto alte (50¸250 MPa) per garantire il riempimento della forma prima che il polimero solidifichi.
La formatura per iniezione reattiva è applicata ad esempio per resine uretaniche sia compatte che spugnose e si bassa sulla elevatissima velocità di reazione degli uretani con i dioli.
Fig.11: injection molding.
Blow molding
E’ la produzione di bottiglie e contenitori e riguarda, ad es. il 25% della produzione di PE. I vantaggi del metodo sono la flessibilità, basso costo, resistenza alla corrosione e alla rottura. Nell’operazione, una sezione di tubo (parison) viene estrusa in uno stampo divisibile in due parti per mezzo di aria compressa o vapore.
Fonte: http://ingchimica.altervista.org/download/LEZIONE%2013%20Trasformazione.doc
Sito web da visitare: http://ingchimica.altervista.org/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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