Ingegneria magnetismo

Ingegneria magnetismo

 

 

 

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Ingegneria magnetismo

MAGNETISMO

1. Fenomenologia e proprietà del magnetismo
correlazioni fra configurazione elettronica, struttura e proprietà (ferromagnetismo, paramagnetismo, diamagnetismo, ferrimagnetismo, antiferromagnetismo).
Il termine magnetismo deriva da Magnesia, città e regione dell’antica Grecia nota per la grande abbondanza di magneti, rocce ricche di magnetite, Fe3O4.
Ne troviamo notizia presso Plinio, ma solo nel 121 a.C. i cinesi capiscono che un pezzo di ferro in prossimità di un magnete naturale acquisiva e tratteneva una magnetizzazione.
Nel 400 d.C. il magnete inizia ad essere usato in navigazione.
Nel 1819 Oersted intuisce la connessione tra fenomeni elettrici e fenomeni magnetici.
Nel 1831 Faraday scopre che in circuito in cui passa corrente si sviluppano dei fenomeni magnetici. Un magnete genera nello spazio circostante un campo magnetico ed è soggetto a sua volta ad un momenti di forze in un campo magnetico esterno.
Non solo i magneti rispondono al campo magnetico. Tutti i materiali infatti hanno un comportamento in relazione al magnetismo che ci permette di individuare cinque gruppi principali:
• Materiali diamagnetici. Sono composti da atomi privi di un momento magnetico in quanto disposti in orbitali completi senza elettroni spaiati. Questo porta ad una repulsione in presenza di campo magnetico. Si genera cioè una magnetizzazione negativa, esattamente l’opposto di ciò che accade nei materiali ferromagnetici. Anche la suscettività è negativa.
Tra i materiali diamagnetici troviamo il quarzo, la calcite, l’acqua, nonché le sostanze organiche e il corpo umano.
• Materiali paramagnetici. Sono costituiti da atomi e ioni con elettroni spaiati e orbitali incompleti. Mostrano un momento magnetico netto ed in presenza di campo magnetico sono in grado di magnetizzarsi. Si tratta però di una magnetizzazione debole, che svanisce non appena il campo magnetico viene allontanato. La suscettività è positiva, e dipende dalla quantità totale di ferro presente.
Tra i materiali paramagnetici troviamo l’ossigeno liquido e l’alluminio, nonché la biotite, la pirite e la siderite.
• Materiali ferromagnetici. A differenza dei materiali paramagnetici, nei materiali ferromagnetici gli atomi esibiscono una forte interazione, generata da una forza di scambio elettronica, un fenomeno quantico meccanico dovuto alla relativa orientazione degli spin di due elettroni.
Gli elementi ferromagnetici per eccellenza sono il ferro, il nichel e il cobalto.
Tra le caratteristiche principali dei materiali ferromagnetici bisogna ricordare la presenza di una magnetizzazione spontanea, che esiste in assenza di un campo magnetico e che in laboratorio può essere aumentata fino a raggiungere la magnetizzazione di saturazione sottoponendo il campione ad un campo magnetico via via più forte. La saturazione avviene ad alte temperature e a moderati campi magnetici. L’energia termica può però produrre degli effetti di randomizzazione, portando dei cambiamenti anche notevoli al comportamento del materiali. In particolare, ogni materiale ferromagnetico ad una temperatura, detta temperatura di Curie, diversa da materiale a materiale, perde la disposizione ordinata degli elettroni ed assume un comportamento paramagnetico. Inoltre, i materiali ferromagnetici possono trattenere una memoria della magnetizzazione a cui sono stati sottoposti in passato.
• Materiali ferrimagnetici. Negli ossidi di ferro è possibile trovare ordinamenti magnetici più complessi. La struttura magnetica è composta da due strati, a e b, separati da ossigeno. Nei materiali ferromagnetici i momenti magnetici di a e b non sono uguali e questo comporta la presenza di un momento magnetico netto.
La magnetite è il minerale ferrimagnetico per eccellenza, e fino al 1940 si pensava si comportasse da ferromagnetico.
• Materiali antiferromagnetici. Nei materiali antiferromagnetici le strutture magnetiche a e b sono esattamente uguali ma opposte, creando così un annullamento dei momenti magnetici ed una magnetizzazione nulla.
L’ematite è il materiale antiferromagnetico per eccellenza.

2. Introduzione al magnetismo
campi ed energie associate al magnetismo, poli magnetici; grandezze e unità magnetiche [induzione B(T), magnetizzazione M(A/m), campo H(A/m)].
I magneti producono una forza simile a quella elettrica, la cui intensità dipende dalla distanza tra i due oggetti interessati. I magneti hanno sempre due poli, nord e sud. Convenzionalmente, le linee di campo escono dal polo nord ed entrano nel polo sud. Più concentrate sono le linee di campo, maggiore sarà l’intensità del campo.
Alcune grandezze fondamentali:
• Campo magnetico. Campo di forza attorno ad un magnete o ad un circuito percorso da corrente elettrica. Viene indicato con H e si misura in Ampere/metro.

• Momento magnetico. Si misura in Am2 (Ampere per metro quadro).

dove A=area
• Magnetizzazione. Ossia il momento magnetico per unità di volume. Si misura in Ampere/metro.

• Induzione magnetica. Si misura in Tesla.

• Permeabilità. La facilità di propagazione del flusso magnetico nel vuoto.

• Suscettività. Quanto una sostanza può diventare magnetizzabile in presenza di un campo magnetico. Può essere utilizzata per descrivere le diverse classi di materiali. È una grandezza adimensionale.

I materiali diamagnetici hanno <0, i materiali paramagnetici hanno >0, i materiali ferromagnetici hanno >>0.
Legge di Faraday (induzione magnetica).
Faraday eseguì due esperienze da cui derivò poi la legge dell’induzione elettromagnetica.
Nella prima esperienza, utilizzò un anello di ferro che passava attraverso due bobine a e b. La bobina a è alimentata da una batteria e la batteria b è parte integrante di un circuito con rivelatore. Aprendo e chiudendo l’interruttore della bobina a si genera una corrente indotta.
Durante la seconda esperienza si rese conto che avvicinando un magnete alla bobina si produce una corrente indotta che attraversa la bobina quando il magnete è in moto, e cessa non appena il magnete si ferma.
In conclusione Faraday osservò che una corrente indotta si genera quando il campo magnetico sulla superficie chiusa del circuito varia nel tempo.

Poco dopo Faraday, Lenz capì che il verso della corrente indotta è tale da opporsi a mezzo del campo magnetico prodotto alla variazione del flusso dell’induzione magnetica che l’ha determinata. Da questo il meno nella formula precedente.
Il magnetismo nei materiali: cicli di isteresi, saturazione, rimanenza, campo coercitivo, anisotropia, suscettività (), permeabilità (µ), temperatura di Curie.
La legge di Faraday ci dimostra che introducendo un magnete in un solenoide si genera una corrente indotta, e che questa corrente passa da zero a un massimo per poi tornare a zero.
Nel momento di massima corrente le particelle del magnete sono tutte orientate e si dice che il materiale ha raggiunto la saturazione.
La saturazione è un valore intrinseco, ma il modo in cui la raggiungiamo dipende da direzione e dimensione delle particelle e dall’intensità a cui applichiamo il campo.
I materiali paramagnetici e diamagnetici hanno un comportamento semplice e lineare, mentre i materiali ferromagnetici hanno un comportamento complesso.
Si parla di ciclo di isteresi.
Alla magnetizzazione di saturazione tutte le particelle del materiale sono orientate e il materiale non è più in grado di magnetizzarsi ulteriormente. Applicando un campo magnetico che tende a zero il materiale si demagnetizza. Due sono i parametri importanti da considerare:
• Rimanenza magnetica. Mr. Rappresenta la magnetizzazione rimanente quando il campo applicato è zero. Graficamente è il l’intersezione della curva con l’asse delle ordinate.
• Campo coercitivo. Hc. Il campo magnetico è zero. Graficamente rappresenta l’intersezione della curva con l’asse delle ascisse.
Possiamo distinguere i materiali ferromagnetici in materiali dolci e materiali duri a seconda dell’ampiezza del loro ciclo di isteresi. I materiali dolci, ossia quei materiali che si magnetizzano facilmente ma che altrettanto facilmente perdono la magnetizzazione, hanno un ciclo di isteresi stretto. I materiali duri hanno invece un ciclo di isteresi largo e sono tutti quei materiali che si magnetizzano difficilmente ma che mantengono a lungo la magnetizzazione.
Nei materiali ferromagnetici e ferrimagnetici le forze di interazione tra gli elettroni sono tali da permettere una magnetizzazione anche in assenza di campo magnetico.
In laboratorio si applicano campi magnetici per portare il materiale alla saturazione, ma non sempre si arriva a zero.
Perché?
Ogni dominio è spontaneamente magnetizzato alla saturazione ma la direzione dei domini non è completamente omogenea. Si produce una magnetizzazione totale vicina allo zero.
Esistono tre tipi di anisotropia magnetica:
• Anisotropia cristallina. Caratteristica intrinseca dei materiali ferrimagnetici non dipendente dalla dimensione dei grani. A seconda della direzione cristallografica, il materiale ha più o meno difficoltà a magnetizzarsi.
L’anisotropia magnetica cristallina rappresenta l’energia necessaria a spostare il momento magnetico in singolo cristallo dalla direzione più semplice a quella più difficile.
I materiali a reticolo cristallino esagonale, come l’ematite, mostrano difficoltà nel raggiungere la saturazione, anche applicando un campo di 1-2 Tesla in laboratorio. Spesso questa difficoltà da parte dei materiali a reticolo esagonale viene utilizzata per distinguere ematite (esagonale) e magnetite (cubica).
• Magnetostrizione. Può comportare dei cambiamenti dimensionali in presenza di magnetizzazione.
• Anisotropia di forma. Dipende dalla forma dei grani del minerale. Un corpo magnetizzato produce una superficie magnetizzata che in genere si oppone al resto del corpo e per questo viene detta energia di demagnetizzazione. Questa anisotropia influisce maggiormente se la magnetizzazione è lungo l’asse minore. Questo tipo di anisotropia non esiste in una sfera.
Sia l’anisotropia cristalline che quelle da stress dipendono dalla temperatura.

3. I minerali magnetici
ossidi e osso-idrossidi del ferro: proprietà (colore) e struttura. Magnetite, ematite, maghemite, goethite; titano-ematite, titano-magnetite; cicli di trasformazione e ossidazione.
I termini “ossidi idrati” si riferiscono a tutti gli ossidi [MOx], idrossidi [M(OH)x] e ossoidrossidi [MOx(OH)y] di un metalllo, M.
Altri termini che possono essere utilizzati sono ossidi idratati, ossidi-idrossidi e sesquiossidi.
Gli ossidi sono sostanze comuni, cristalline e non-cristalline, principalmente contenute nei terreni (suoli). Generalmente, attraverso i processi di degrado naturale, essi si sono formati a partire da silicati primari o secondari e sono fra i più stabili minerali disponibili nei terreni secchi e ben aereati.
Gli idrossidi e gli ossoidrossidi di Al, Fe e Mn mostrano tutti polimorfismo. Le condizioni chimiche e fisiche del suolo e dell’ambiente determinano quale sia la fase predominante.
La sostituzione isomorfa è un processo comune negli ossidi, ma solo fino a un certo punto. Deboli cariche permanenti sono state associate agli ossidi, anche se difficili da determinare a causa delle ridotte dimensioni delle strutture cristalline.
Il ferro costituisce il 5% della crosta terrestre. I minerali che lo contengono possono essere considerati come dei contenitori di informazioni insertite nel passato. Il ferro ha una struttura cubica a corpo centrato. In natura non lo si trova, perché a contato con l’ossigeno forma ossidi, principalmente magnetite, Fe3O4, e maghemite, Fe2O3.
• Magnetite. Fe3O4.
Cristallizza con una struttura a spinello. Gli atomi di ossigeno hanno struttura cubica compatta, mentre gli ioni ferro si dispongono secondo due ordinamenti: tetraedrico, con uno ione ferro ogni quattro ioni ossigeno, ed ottaedrico, con uno ione ferro ogni sei ioni ossigeno. nei due orientamenti gli ioni ferro hanno gli spin orientati in senso opposto.
Sarebbe quindi un materiale antiferromagnetico se non fosse che al netto ho una magnetizzazione tale da rendere il minerale ferrimagnetico.
La temperatura di Curie della magnetite è 575°C.
• Ematite.-Fe2O3.
Struttura esagonale. I momenti magnetici sono ferromagneticamente accoppiati con specifiche superfici c, ma antiferromagneticamente accoppiati tra i piani.
Al netto, ogni spin è compensato da un’altro spin in senso opposto. Se però applico un campo magnetico gli spin in parte si orientano secondo la direzione del campo magnetico.
La temperatura di Curie per l’ematite è di 680°C.
Come tutti i materiali antiferromagnetici, ad una certa temperatura, detta temperatura di Neel, la suscettività assume obbedisce alla legge di Curie per i materiali paramagnetici ma con un segno negativo, tale da evidenziare uno scambio sfavorevole.
La temperatura di Neel per l’ematite è –15°C.
• Maghemite. -Fe2O3.
Si forma per azione dell’ambiente o per ossidazione a bassa temperatura di spinels contenenti composti di ferrosi, tipicamente magnetite o titano-magnetite.
È un pigmento giallo molto diffuso nel suolo e nei sedimenti, e costituisce il materiale base delle cassette di registrazione magnetica video/audio.
È il precursore dell’ematite, e a 645°C viene trasformata definitivamente in ematite.
• Goethite. -FeOOH.
Si forma in condizioni umide.
• Siderite. FeCO3.
Si tratta di un minerale paramagnetico. Con l’ossidazione da origine a cristalli poco stabili che sono alla base del CRM, ossia della rimanenza magnetica di tipo chimico.
• Titano-ematite. Fe2-xTixO3.Titano-magnetite. Fe3-xTixO4.
Abbiamo la struttura dell’ematite in cui si inserisce del titanio modificandone le caratteristiche magnetiche.
Si ha una variazione tra titano-magnetite e titano-ematite che dipende dal grado di ossidazione del ferro. Se analizziamo i fondali oceanici e i basalti osserviamo una magnetizzazione differente che si sposta in modo simmetrico a partire da una faglia. In queste rocce è ben visibile il passaggio tra titano-ematite e titano-magnetite, dovuto ad una semplice ossidazione dal ferro, che passa da Fe2 a Fe3.
In generale, la magnetizzazione del suolo è una conseguenza del riscaldamento. In presenza di decomposizione, i batteri hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo del magnetismo.

4. Il magnetismo delle rocce
magnetizzazione dei sedimenti e stratigrafia delle rocce sedimentarie, magnetizzazione delle rocce metamorfiche sui fondali oceanici.
Domini magnetici (single domain, pseudo-single domain, multi domain), rilassamento (o viscosità) magnetica e comportamento superparamagnetico, temperatura di bloccaggio (blocking temperature).
Supponiamo che un corpo rettangolare sia magnetizzato in modo uniforme, e che perciò si comporti come un unico dominio (single domain).
Cariche elettriche opposte si formeranno sulle due estremità, a causa della magnetizzazione e saranno esse stesse origine secondaria di un contro-campo magnetico (campo smagnetizzante).
L’energia associata con la distribuzione di queste cariche di superficie è chiamata energia magnetostatica. L’energia magnetostatica può essere approssimativamente dimezzata se la magnetizzazione si divide in due domini magnetizzati in verso opposto. Questo comporta che i poli magnetici (+) e (-) si affiancano, portando a una diminuzione dell’estensione nello spazio del campo smagnetizzante.
La suddivisione in domini però non può proseguire infinitamente poiché la regione di transizione fra i domini, chiamata parete del dominio, richiede energia per essere prodotta e mantenuta. Alla fine si instaura un equilibrio con un numero di domini dipendente dalle dimensioni di ogni singola particella.
Posso dividere i corpi in quattro classi in base alle dimensioni dei grani:
• Superparamagnetici. SPM. Sono instabili. I domini possono magnetizzarsi ma l’energia termica dell’ambiente è sufficiente per scombinarli.
In assenza di campo la magnetizzazione è sempre zero.
• Singolo dominio. SD. Poco comune. Il dominio è uniformemente magnetizzato alla saturazione. L’unico modo per cambiare la magnetizzazione è invertirla, un processo tutt’altro che semplice. Inoltre, un singolo dominio ha alta rimanenza e alto campo coercitivo.
Per la magnetite la transizione tra SD e MD è intorno a 80 nm, mentre per l’ematite è intorno a 15 m.
• Pseudo singolo dominio.PSD. I più frequenti nel campo dei beni culturali. Sono dell’ordine dei nm-m.
• Multidominio. MD.
La forma di un ciclo di isteresi è determinata, in parte, dalla configurazione dei domini.
I cicli per materiali SD sono di solito più allargati dei cicli di materiali MD. Questo dipende dal fatto che nei materiali SD sono più elevati la rimanenza e i campi coercitivi. I parametri dei cicli di isteresi, Mr/Ms e Hr/Hc, si sono dimostrati utili per distinguere la configurazione a domini. In particolare un elevato rapporto Mr/Ms differenzia in modo netto le particelle SD rispetto alle altre.
Abbiamo cominciato a comprendere che i processi di magnetizzazione sono legati alla energia immagazzinata nei materiali. Per comprendere come l’energia magnetica dei singoli grani resti bloccata nel tempo occorre prendere in considerazione il concetto di anisotropia magneto-cristallina e metterlo in relazione con il volume e l’energia termica delle particelle magnetiche.
I fondamenti del paleomagnetismo e dello archeomagnetismo sono meglio comprensibili se ci si rimanda al concetto di viscosità magnetica, ossia alla variazione della magnetizzazione nel tempo a temperatura costante.
Consideriamo un blocco di materiale contenente un insieme di particelle magnetiche SD orientate casualmente e non-interagenti. Supponiamo che ogni particella abbia un solo asse di facile magnetizzazione e che la magnetizzazione possa dunque orientarsi solo lungo i due versi nella direzione dell’asse. Occasionalmente, ogni particella può ricevere energia termica sufficiente per superare l’energia di anisotropia associata con la direzione di difficile magnetizzazione e rovesciare il proprio verso di magnetizzazione. In assenza di campo, i momenti tenderanno a diventare orientati casualmente e qualunque vettore di magnetizzazione iniziale decadrà secondo un fattore esponenziale.
M0 è la magnetizzazione iniziale, t il tempo e  una costante empirica detta tempo di rilassamento che corrisponde al tempo necessario perché la rimanenza decada di un fattore 1/e rispetto al valore iniziale.
Il valore di  dipende dalla competizione fra l’energia di anisotropia e l’energia termica ed è un parametro che indica la probabilità di un grano di avere energia termica sufficiente per superare l’energia di anisotropia e rovesciare il proprio momento magnetico. Poichè l’energia di anisotropia controlla fortemente il campo coercitivo, il tempo di rilassamento è proporzionale ad esso, oltre che funzione del volume e inversamente proporzionale alla temperatura.
 varia rapidamente. Per piccole variazioni di questi parametri vi è una transizione netta fra grani virtualmente instabili e grani con stabilità di 109 anni. Grani con 102-103 secondi hanno energia termica sufficiente per superare l’energia di anisotropia frequentemente e sono stabili solo per gli esperimenti di laboratorio. In assenza di campo, questi grani tenderanno ad allineare la magnetizzazione casualmente, in presenza di campo, tenderanno ad allinearsi ad esso. Poiché seguono il campo ma diventano liberi in sua assenza, questo comportamento è simile al paramagnetismo e questi grani sono chiamati superparamagnetici.
Le rocce si magnetizzano in diversi modi. Le rocce ignee e sedimentarie possono poi subire trasformazioni chimico-fisiche e acquisire un segnale magnetico secondario, di origine chimica.
Molti materiali magnetici sono in grado di acquisire una ulteriore rimanenza magnetica viscosa.
Le diverse componenti si sommano assieme a costituire la magnetizzazione rimanente naturale (NRM) che è la rimanenza emergente.
L’obiettivo di analisi laboratori archeo e paleo-magnetici consiste nell’isolare le diverse componenti della NRM e definirne origine, età e attendibilità.
Per l’analisi, il campione viene scaldato e poi raffreddato dapprima in assenza di campo, schermando anche quello terrestre.
Si ricava NRM.
Successivamente si ripetono i trattamenti termici in un campo noto, Hlab, accuratamente riprodotto in ogni esperimento e si ricava TRM.
Nel grafico che riporta NRM in funzione di TRM, la pendenza risulta uguale al rapporto Ha/Hlab.

corrisponde alla TRM
corrispondente alla NRM

Piccolo esempio.
Consideriamo un flusso di lava appena fuoriuscita.
1) La lava solidifica e si trasforma in roccia.
2) Finché la roccia è sopra la Temperatura di Curie, non si ha induzione di magnetizzazione rimanente. Nel sistema domina l’energia termica.
3) Quando la roccia raffredda oltre la Temperatura di Curie della fase magnetica (es. magnetite), l’energia di scambio diventa il termine prevalente e la roccia acquisisce una rimanenza.
4) La magnetizzazione, però, è ancora libera di seguire il campo magnetico ambientale, perché l’energia di anisotropia è meno forte del termine di energia magnetostatica.
5) A causa dell’energia di anisotropia, raffreddando ulteriormente, i momenti magnetici nella lava tendono ad allinearsi lungo le direzioni di facile magnetizzazione, favorendo quelle che presentano l’angolo minimo di deviazione rispetto al campo applicato.
6) A questo punto del raffreddamento, punto che dipende delle caratteristiche delle singole particelle, l’energia termica è sovrastata dall’energia di anisotropia ed il momento magnetico risulta “congelato” o “bloccato” nella sua ultima configurazione.
Il punto di “congelamento”, corrisponde a quella che viene detta ”blocking temperature”, o temperatura di bloccaggio, al di sotto della quale i momenti magnetici sono fissi e protetti da ulteriori possibili variazioni dovute ai campi magnetici ambientali.

5. Processi di magnetizzazione primaria
Esistono due metodi per effettuare una pulizia magnetica o demagnetizzazione:
• Demagnetizzazione termica. Il campione viene cotto in un campo zero a temperature via via crescenti. Dopo ogni cottura viene misurata la rimanenza magnetica. Solo i grani con blocking temperature inferiore alla temperatura di demagnetizzazione vengono demagnetizzati.
• Demagnetizzazione con campo alternato. Il campione è sottoposto ad un campo alternato progressivamente ridotto a zero. La curva di demagnetizzazione viene ottenuta esponendo il campione ad una serie crescente di valori di campo. Dopo ogni step si misura la rimanenza.
TRM (magnetizzazione termorimanente), VRM (magnetizzazione viscosa), IRM (magnetizzazione isoterma), CRM (magnetizzazione chimica rimanente), DRM (Detrital Remanent Magnetization). Regole di Thellier per la TRM (additività, reciprocità, indipendenza), diagrammi TRM-NRM.
Dopo una prima magnetizzazione, i grani con un basso tempo di rilassamento possono acquisire una seconda magnetizzazione. Ci sono diversi modi:
• TRM. È una funzione fortemente legata alla temperatura. Si produce applicando un campo magnetico durante la cottura del materiale dalla temperatura di Curie a temperatura ambiente. Cuocendo però il materiale tra due temperature, solo una parte dei grani acquisisce la magnetizzazione, per cui si parla di magnetizzazione parziale.
Ogni p-TRM è indipendente dalle zone circostanti.
Le regole di Thellier forniscono tre principi fondamentali:
• Addittività, cioè la p-TRM prodotta in diversi step da lo stesso valore di una TRM ottenuta in un singolo step.
• Reciprocità.
• Indipedenza, cioè la p-TYRM non può influenzare la blocking temperature di un’altra p-TRM in un intervallo non sovrapposto.
• VRM. Si applica un campo ridotto per tempi elevati.
• IRM. Si tratta di una rimanenza acquisita durante l’esposizione del campione a grandi campi magnetici.
Può essere utilizzata per la caratterizzazione magnetica dei minerali di una roccia.
• CRM. Le alterazioni chimiche, quali ossidazione a bassa temperatura o disidratazione o dissoluzione, possono causare una magnetizzazione.
Ad esempio, con il percolamento dell’acqua sulle rocce calcaree inizia la precipitazione di minerali magnetici come l’ematite. Ogni cristallo è completamente isolato dagli altri. Mantenendo costante la temperatura, è possibile individuare un volume critico sotto al quale il grano mantiene l’equilibrio in presenza di campo.
Si può dire che la CRM è molto simile alla TRM, solo una considera un volume e l’altra una temperatura.
• DRM. I grani di magnetite possono essere depositati insieme ad altre particelle per formare un sedimento. I grani di magnetite avranno preferenzialmente un orientamento parallelo al campo magnetico presente nell’ambiente.

 

6. La datazione magnetica
le basi geofisiche, il magnetismo terrestre (origini), declinazione, inclinazione, intensità del campo terrestre e della NRM nei materiali, variazioni secolari del campo terrestre, tecniche di ricostruzione e interpretazione delle curve di variazione secolare.
L’archeomagnetismo viene sviluppato nel XX secolo, a partire dall’applicazione delle misure e delle teorie del paleo-magnetismo a problemi di tipo archeologico.
La misura dell’intensità e della direzione del campo registrato in diversi materiali archeologici, permette di determinare la data probabile dell’ultimo processo di riscaldamento subito dall’oggetto: un forno, una struttura in argilla, un recipiente ceramico; oppure la data del periodo di utilizzo di una costruzione per la canalizzazione dell’acqua.
Questo genere di ricerca è possibile solo per aree geografiche e periodi storici dei quali si conoscono le relative posizioni del campo magnetico terrestre.
Il paleomagnetismo studia le fluttuazioni del campo magnetico terrestre su scale di tempo geologiche e storiche. Esiste un’ampia varietà di applicazioni del paleomagnetismo ai problemi delle scienze della terra, ed alla geologia, alla geofisica, all’oceanografia, alla sedimentologia, alla geomorfologia, all’archeologia ed alla climatologia: un settore di occupa della comprensione dell’origine e del comportamento del campo magnetico terrestre; un altro settore utilizza le variazioni del campo geomagnetico nel tempo per operazioni di datazione e per studi cronologici.
Lo studio dei fenomeni geomagnetici dell’antichità e dei materiali archaeologici per la determinazione delle variazioni del campo magnetico terrestre, variazioni secolari, è chiamato archeo-magnetismo.Le variazioni nel tempo del campo magnetico terrestre in direzione e intensità costituiscono le basi della datazione magnetica.
Il magnetismo residuo nelle rocce e nei materiali ha origini naturali è chiamato magnetismo fossile ed è principalmente caratterizzato da un valore di magnetizzazione rimanente con direzione e intensità caratteristiche dei luoghi e delle epoche considerati. Il campo magnetico terrestre varia col tempo in direzione e intensità. Il periodo di acquisizione del magnetismo fossile può essere determinato attraverso il confronto delle proprietà del campione con le registrazioni del campo magnetico nel passato nella località dove l’oggetto è stato ritrovato.
• Declinazione. Componente orizzontale del campo misurata in gradi in senso orario dal nord geografico.
• Inclinazione. Componente verticale del campo, misura l’angolo al di sotto del piano orizzontale tangente alla superficie terrestre.
• Intensità. È la forza del campo.
I valori di declinazione, inclinazione e intensità definiscono il campo magnetico in ogni punto sulla superficie della crosta terrestre. Questi valori non sono fissi. Il campo terrestre è dinamico e si sposta.
Attualmente la declinazione a Londra varia di circa 1° ogni dieci anni.
Anche l’angolo di inclinazione varia nel tempo.
Il campo è dovuto per l’80-90% a forze dipolari, e per il 10-20% a forze non dipolari non uniformi che individuano 7-8 regioni. Mentre il momento di dipolo ha una periodicità di 104 anni, il momento di non dipolo ha una periodicità che varia da 1 a 103 anni e dipende dalla zona considerata.
Sulle origini del campo magnetico terrestre ci sono varie teorie.
La più accreditata considera la Terra come un disco dinamo di Faraday.
Il mantello esterno si trova allo stato fluido, ricco in ferro e per questo conduttore di elettricità. Se ci fosse solo il campo magnetico questo sarebbe destinato ad esaurirsi. Per cui devono esistere dei meccanismi di rigenerazione del campo che trasformano l’energia meccanica in energia magnetica.
Qui entra in gioco il disco dinamo di Faraday.
Nel disco le parti periferiche ruotano più velocemente rispetto al centro. Si crea così una forza elettromotrice dovuta alla differenza di potenziale tra l’asse e la periferia del disco. Chiudendo il circuito si può dimostrare che si crea dell’energia, sufficiente ad autosostenere il campo magnetico della Terra (84 T).
La magnetostratigrafia si abbina con i dati del C14 per ottenere informazioni relative alla datazione. È una scala magnetica assoluta. Si basa sullo studio della stratigrafia dei fondali oceanici, che presentano zone di non conformità.
La dendrocronologia può fornire un’utile metodo di confronto.
Diagrammi di Zijderveld. Esempi di datazione magnetica. Esempi.
Le informazioni magnetiche ricostruite attraverso il lavoro archeologico tipicamente rispecchiano le caratteristiche del polo geomagnetico virtuale, VGP, esistente nel luogo di scavo nel momento in cui i reperti furono ricotti l’ultima volta, per esempio al momento di abbandono di un’abitazione.
Un campione archeomagnetico consiste di un insieme di 9-12 campioni orientati raccolti da siti con materiale argilloso. Il numero apparentemente elevato di campioni è necessario per tenere sotto controllo l’eterogeneità della maggior parte dei parametri di un sito, sia in termini di composizione chimica che di condizioni di cottura.
Quando i campioni giungono nel laboratorio, le proprietà magnetiche sono misurate.
Questo comporta la una misura iniziale in un magnetometro, e poi passaggi successivi di magnetic cleaning, attraverso cotture a temperatura crescente o processi di de-magnetizzazione con campi alternati, e nuova misurazione nel magnetometro.
I passaggi di de-magnetizzazione sono necessari per rimuovere le componenti secondarie della magnetizzazione che potrebbero essere stati acquisiti successivamente all’ultimo trattamento termico.
Quando tutti i campioni di un sito sono stati analizzati, si seleziona il migliore, ossia il più stabile, intervallo di de-magnetizzazione e i dati di quell’intervallo sono mediati per definire la direzione di magnetizzazione, declinazione e inclinazione, primaria del campione, da confrontare con le coordinate VGP (paleo-latitudine e paleo-longitudine) al tempo in cui si presume il campione sia stato prodotto.
La dispersione dei dati dei singoli campioni lungo un valore medio di direzione è indice della precisione con cui tale direzione è stata ottenuta, esprimibile attraverso un ovale di confidenza centrato sui valori D e I ottenuti. Un campione con elevata precisione avrà un basso angolo di dispersione e un corrispondente ridotto ovale di confidenza. Il valore della dispersione si riflette nel termine alpha 95. Bassi valori di alpha 95 indicano una dispersione ridotta e notevole precisione. I campioni con alpha 95 inferiore a 5° sono considerati buoni, quelli con valori inferiori a 3.5° sono eccellenti.
Lo strumento per la misurazione è costituito da sensori posti a 90° tra di loro.
Il campione deve essere schermato.
Lo spin ruota e io eseguo la misura.
La demagnetizzazione mi fornisce la NRM, mentre applicando il campo trovo la TRM.
Il campo magnetico antico può essere ricavato analizzando la pendenza della curva, quindi il rapporto NRM/TRM.
Dapprima ho l’intensità, che mi da anche la direzione del campo, poi con la diminuzione dell’intensità trovo la declinazione, ossia l’angolo tra il nord geografico e la direzione. L’inclinazione è invece l’angolo tra l’orizzontale e il nostro vettore.
Due possono essere gli strumenti:
• VSM. Magnetometro a campione vibrante. Abbiamo un magnete di ferro/acciaio con un alto numero di spire in cui passano diversi Ampere di corrente tali da generare un campo forte.
Facciamo convogliare il flusso magnetico.
Il campo magnetico è fisso.
Abbiamo un sistema di rilevamento composto da quattro avvolgimenti di rame, quattro bobine poste come ai vertici di un quadrato.
Introduciamo un’asta a cui fissiamo il campione, diciamo 100 mg di campione, in modo tale che il campione si trovi al centro delle bobine.
A questo punto azioniamo la vibrazione. Un motore muove l’asta in alto e in basso con una frequenza di 80 Hz.
Le bobine rilevano il segnale elettrico indotto, proporzionale alla magnetizzazione del campione.
La misurazione della magnetizzazione viene ottenuta per confronto.
Il VSM ha infatti un sistema di riferimento composto da due bobine, che viene calibrato utilizzando una sfera di nichel. Conosciamo così la frequenza di oscillazione, che viene impostata da noi, la magnetizzazione, che viene data dalla sfera di nichel, e possiamo calcola l’ampiezza dell’oscillazione.
Facendo poi un confronto con il campione incognito, possiamo facilmente ottenere il valore di magnetizzazione da noi desiderato.
Il campo viene invece misurato con l’ausilio di una sonda.
• AGM. Magnetometro a gradiente di campo alternato. Abbiamo un magnete che genera il campo magnetico.
Il campione viene posto su un’asticella oscillante.
Il campione subisce un’attrazione da parte del campo, attrazione che viene registrata da un sistema piezoelettrico presente all’interno dell’asticella.
Per misurare la deflessione si crea un campo alternato sul campione, che vibra.
Maggiore è la deflessione maggiore è la magnetizzazione.
Utilizzando questi strumenti è possibile ottenere i seguenti parametri:
• Magnetizzazione di saturazione. Ms. si ottiene estrapolando la parte finale del ciclo di isteresi.
• Magnetizzazione rimanente. Mr. È quella naturale dopo la saturazione. Graficamente rappresenta l’intersezione del ciclo di isteresi con l’asse delle ordinate.
• Campo coercitivo. Hc. Rappresenta l’intensità che si deve applicare per portare il campo a zero. Graficamente è l’intersezione della curva di isteresi con l’asse delle ascisse.
• Campo coercitivo della rimanenza. Hcr.
• Suscettività. . Parte da zero quando il materiale non è stato magnetizzato. La suscettività è la pendenza della curva.
Per misurare l’ultimo parametro, la suscettività, ho bisogno di una strumentazione differente, ed utilizzo i ponti elettrici. Non è una misura diretta, la ottengo sfruttando le leggi di Ohm.

dove n è il numero di spire, S la superficie della sezione e l la lunghezza.
Misurando l’induttanza posso ricavare la suscettività del materiale, dato che sono l’una dipendente dall’altra.

7. La prospezione archeologica con tecnologie magnetiche
motivazioni, metodologie (magnetometri: fluxgate, proton precession e zeeman effect).
La prospezione investigativa è in archeologia un’attività fondamentale, che può aiutare a definire l’area di interesse maggiore e, quindi, a risparmiare tempo e danaro durante le opere di scavo che, eventualmente, potranno seguire.
Può anche fornire importanti informazioni che non sarebbero altrimenti ottenibili, nemmeno attraverso il recupero e lo scavo.
La prospezione dovrebbe costituire parte integrale di ogni indagine archeologica, e non essere usata solo come riferimento per le successive analisi ambientali archeologiche dei sedimenti dentro e attorno al sito.
Esistono molti metodi per il lavoro di prospezione, la cui scelta dipende dalle particolari questioni scientifiche poste e dalle condizioni ambientali specifiche del sito.
Le metodologie di prospezione fisica possono essere:
• Attive. Sono le tecniche basate sull’invio di un segnale nel suolo (corrente elettrica, onda elettromagnetica GPR-Ground Penetrating Radar) per poi misurare la risposta in superficie.
• Passive. Sono le tecniche basate sulla misura delle proprietà fisica del terreno (campo elettromagnetico), indipendenti dalla presenza del sistema di rilevamento.I principali metodi applicati sono:
• Field Walking. Una gran quantità di informazioni sulle epoche storiche del passato può essere raccolta semplicemente osservando il territorio. Tratti caratteristici come tumuli, fossati, paleo-canali, etc., lasciano tracce che possono persistere nel territorio per millenni. L’aratura di un campo può portare alla luce manufatti seppelliti poco al di sotto della superficie.
Mappe dell’area investigata sono strumenti preziosi per la raccolta delle osservazioni.
• Electrical Resistance. Si basa sul principio che il suolo conduce meglio l’elettricità quanto più è umido.
• Soil Chemical-Physical Properties.
• Ground Penetrating Radar (GPR). Vengono inviati impulsi elettromagnetici e si registrano tempo e intensità degli impulsi riflessi. Il tempo che intercorre tra l’emissione e la registrazione del segnale di ritorno può dare informazioni sulla presenza e sulla profondità a cui si trovano reperti sepolti.
• Magnetic Survey. I magnetometri possono rilevare la presenza di particelle ferromagnetiche che conferiscono proprietà differenti al materiale che le contiene. Queste particelle danno un diverso segnale al magnetometro e possono essere utilizzate per la localizzazione di reperti archeologici.
Il metodo prevede l’utilizzo di una griglia in modo tale che l’area sia analizzata con la risoluzione di 1 metro.
Possiamo classificare i magnetometri essenzialmente in tre categorie:
• Fluxgate. I magnetometri fluxgate si basano sul principio di saturazione del circuito magnetico.
Barre parallele di un materiale ferromagnetico vengono posizionate affiancate.
La suscettività delle due barre deve essere così elevata che anche solo il debole campo terrestre possa portarle alla saturazione magnetica.
Ogni barra è circondata da un avvolgimento primario, ma ognuna in verso opposto all’altra.
Corrente alternata attraversa l’avvolgimento primario provocando un campo magnetico ampio, artificiale e variabile in ogni avvolgimento.
Questo produce campi indotti cha hanno in ogni istante la stessa intensità ma direzione opposta.
In presenza di un campo esterno, al crescere della corrente il campo magnetico nella barra avvolta con lo stesso verso del campo esterno sarà da questo rinforzato, mentre nell’altra barra il campo risulterà ridotto, a causa del campo esterno.
La magnetizzazione nei due casi seguirà percorsi non più coerenti e la saturazione sarà raggiunta in una barra ad un tempo differente rispetto all’altra. Questa differenza è sufficiente per indurre nell’avvolgimento secondario un potenziale elettrico misurabile e proporzionale alla forza del campo magnetico esterno nella direzione delle barre.
L’avvolgimento secondario circonda sia i nuclei ferromagnetici che gli avvolgimenti primari.
In assenza di campo esterno, la tensione nell’avvolgimento secondario è pari a zero, perchè i campi magnetici generati nei due nuclei hanno stessa intensità ma direzioni opposte e si elidono.
In presenza di campo esterno, invece, il comportamento nei due nuclei varia di una quantità proporzionale al campo esterno.
I magnetometri fluxgate sono in grado di misurare la forza di campi magnetici fino a circa 1.0 nT.
• Proton procession. È il principio della trottola. Questi magnetometri operano grazie al principio secondo cui i momenti magnetici dei protoni ruotano lungo l’asse allineato col campo magnetico.Il moto di precessione dei protoni in presenza di un campo magnetico fu scoperta per la prima volta attorno al 1950, osservando che il protone precede con una velocità angolare, (frequenza di precessione di Larmor), proporzionale all'intensità F del campo magnetico, ovvero: Un induttore crea un forte campo magnetico attorno al fluido ricco di protoni, causando l’allineamento degli spin dei protoni lungo il campo.
Il campo viene poi interrotto e mentre i protoni si riallineano col campo terrestre, gli spin dei protoni precedono a frequenza specifica.
Questo produce un campo magnetico debole che può essere rilevato dallo stesso induttore.
La relazione fra la frequenza della corrente indotta e la forza del campo terrestre è chiamata =rapporto giromagnetico del protone, pari a 0.042576 Hertz/nT.
La sorgente di protoni è solitamente una piccola quantità d’acqua o un liquido organico ricco di idrogeno, come il metanolo, l’alcool etilico, il benzene, etc.
• Zeeman effect. I magnetometri a vapori alcalini sfruttano lo splitting dei livelli energetici elettronici (emissione luminosa) in presenza di un campo magnetico.
Con i sistemi di misura che sfruttano il moto di precessione protonica o l’effetto Zeeman non misuriamo direttamente il campo magnetico ma una conseguenza fisica della sua intensità, come una variazione di frequenza o una quantità di energia associata ad un livello energetico elettronico
Correlazioni fra proprietà magnetiche, materiali nel sottosuolo e interazione con attività umane: batteri magnetotattici. Esempi.
Effettuando delle misure di tipo elettrico, è possibile individuare strutture grazie alla presenza dei batteri magnetotattici, utilizzati anche per individuare la presenza del petrolio nel sottosuolo.
In presenza di residui organici, infatti, i batteri magnetostatici ossidano i gas rilasciati rendendo possibile la lettura di un segnale magnetico. ovviamente per le misure è necessario che nel suolo siano presenti dei minerali di ferro.

8. Ricostruzione delle tecnologie di produzione ceramica
cottura, composizione, provenienza. Informazioni ottenibili attraverso la caratterizzazione magnetica. Effetti sulle proprietà magnetiche delle trasformazioni ad elevata temperatura, ricostruzione della temperatura equivalente di cottura. Esempi.
Il magnetismo si può applicare per la prospezione, per la datazione, per comprendere le tecnologie di produzione o la provenienza di materiali ceramici.

 

EQUAZIONI DI MAXWELL
Analizzando il campo magnetico e quello elettrico, possiamo così sintetizzare le proprietà fondamentali:
• Teorema di Gauss per il campo elettrico. Il flusso del campo elettrico uscente da una superficie chiusa è uguale alla somma delle cariche contenute all’interno della superficie diviso la costante dielettrica del vuoto.

• Teorema di Gauss per il campo magnetico. Il flusso dell’induzione magnetica uscente da una superficie chiusa è sempre nullo.

questo perché mentre le linee di forza del campo elettrico generato da cariche ferme iniziano sulle cariche positive e terminano su quelle negative, le linee di forza del campo magnetico non hanno nè inizio nè fine e quindi sono chiuse. Come conseguenza si ha che il numero di linee di forza entranti è uguale al numero di linee di forza uscenti per cui il flusso magnetico attraverso una superficie chiusa è nullo.
• Legge di Ampere-Maxwell. La circuitazione dell’induzione magnetica lungo un percorso chiuso è uguale al prodotto della permeabilità per la somma della corrente effettiva e di quella di spostamento.

• Legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann. La circuitazione del campo elettrico lungo una linea chiusa è uguale al rapporto, cambiato di segno, tra la variazione del flusso dell’induzione magnetica concatenato con il percorso considerato e l’intervallo di tempo in cui è avventa la variazione.

 

Fonte: http://www.ien.it/~ferrara/Lezioni/appunti.rtf

Sito web da visitare: http://www.ien.it/~ferrara/

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