Ingegneria materiali metallici

Ingegneria materiali metallici

 

 

 

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Ingegneria materiali metallici

Struttura dei Metalli

 

Le caratteristiche dei metalli sono dovute:

  • Legame metallico (da cui deriva la resistenza)
  • Struttura cristallina o reticolo cristallino (da cui deriva la plasticità)

 

Legame metallico

A differenza degli altri due tipi di legami atomici (covalente e ionico), il legame metallico, allo stato solido, presenta una disposizione ordinata e compatta dei vari atomi, secondo uno schema ripetitivo chiamato struttura cristallina. Schematicamente il legame metallico si stabilisce fra atomi identici che, essendo elettropositivi , si caricano positivamente e rinunciano agli elettroni delle orbita più esterne: gli ioni positivi (nuclei) assumono posizioni ordinate e gli elettroni li ricoprono in una nube in cui possono muoversi liberamente. Minore è il numero di elettroni nell’orbitale esterno di un atomo, maggiore è il suo carattere metallico; all’aumentare del numero di elettroni aumenta anche l’energia di legame ed il punto di fusione .

Struttura cristallina

Gli ioni positivi si trovano in posizioni ordinate, dette reticolo cristallino, in cui la cella elementare è la più piccola porzione di reticolo che si ripete costantemente in tutto il reticolo.
Esistono tre tipi di celle elementari:

  • CCC: cubica a corpo centrato, è costituita da nove atomi ed è deformabile a caldo; è la cella del .
  • CFC: cubica a facce centrate, è costituita da 14 atomi e si presta meglio ad essere deformata a freddo; è la cella del .
  • EC: esagonale compatta, 16 atomi, è poco deformabile quindi richiede più energia per fabbricare oggetti in materiale con questa struttura.

 

Quello che più ci riguarda è ovviamente il ferro e la variazione del suo reticolo in funzione della temperatura, fenomeno chiamato allotropia .

Puntualizziamo che la miglior configurazione per avere metalli duttili e malleabili è la CFC, dato l’elevato grado di simmetria che presenta, quindi si presta meglio alle lavorazioni.

 

Difetti cristallini

Tutto ciò che crea un disallineamento nella struttura cristallina ordinata. Si suddividono in:

  • Puntuali: Vacanze o Lacune (mancanza di un atomo), Sostituzione (un atomo più grande o più piccolo al posto di quello del metallo), Interstiziale (atomo all’interno del reticolo, tra gli atomi del reticolo stesso). La presenza di questi difetti ostacola la conducibilità termica ed elettrica  ma favorisce la possibilità di formare leghe (infatti gli atomi vacanti possono essere sostituiti da atomi di altra specie).
  • Lineari: Dislocazioni a Spigolo (inserzione di  un piano supplementare di atomi), Dislocazione a Vite o Elicoidale (superficie elicoidale), Mista: Questi difetti provocano il rafforzamento del materiale a discapito della plasticità.
  • Superficiali: Bordi dei Grani, trattati più avanti nella solidificazione dei metalli.

 

Lacune

Sono difetti di equilibrio e crescono esponenzialmente con la temperatura. La concentrazione di tali lacune si ricava con la formula:

        concentrazione lacune
      energia di attivazione                       
        costante universale dei gas
        temperatura assoluta in gradi Kelvin

Questi difetti rendono possibili i processi diffusivi, quali conducibilità termica e diffusione atomica (spostamento degli atomi per riempire le lacune). Le saldature, le leghe, etc. derivano da processi diffusivi.

Dislocazioni

Non sono processi di equilibrio.
La densità delle dislocazioni varia da:

        materiale ricotto
        materiale incrudito

Le dislocazioni si muovono solamente con gli sforzi di taglio, non con compressione o trazione. Con lo scorrimento a seguito di sforzi di taglio le dislocazioni spariscono dando luogo ad una deformazione del materiale: questa è elevata data l’elevata densità delle dislocazioni . Le deformazioni così prodotte sono permanenti (non plastiche).
La dislocazione determina quindi la resistenza del metallo: se si muove il metallo è plastico (deformabile), finché non si muove il metallo è resistente.
Nella progettazione è sempre meglio assicurarsi un minimo di plasticità in quanto può tornare utile dato che il “pezzo” prodotto (qualunque esso sia, ma ancor più gli elementi strutturali) deformandosi avvisa della possibile rottura; se invece arrivasse a rottura senza deformarsi la cosa potrebbe diventare catastrofica.
Solidificazione dei metalli

Il processo di solidificazione si attua in due fasi, non distinte, e la predominanza di una o dell’altra fase determinano il tipo di grana che possiederà il metallo finale:

  • Nucleazione: alla T di solidificazione le celle elementari si aggregano formando vari nuclei di cristalli all’interno del liquido.
  • Accrescimento: i cristalli formatisi aumentano di dimensione aggregando altre celle.

 

Tutti i metalli solidificano nello stato policristallino e l’orientamento di tali cristalli risulta essere senza nessuna direzione preferenziale.
Gli ultimi atomi del liquido, trovandosi tra cristalli ad orientazione diversa, solidificano disallineati rispetto ai cristalli che li circondano, formando zone chiamate giunti dei grani o bordo dei grani. Queste zone sono più reattive essendo in uno stato pensionale (quindi a maggiore energia) e vengono evidenziate (dopo lucidatura a specchio della superficie del metallo) tramite trattamento con appositi acidi (a seconda del metallo trattato): divengono così visibili, tramite microscopio,  ed in base alla dimensione dei grani si possono determinare alcune caratteristiche che avrà il nostro metallo.
I bordi dei grani sono le zone a maggiore resistenza meccanica.

Dimensione dei grani

Definita dall’ASTM (American Standard for Testing Material):

    N         è il numero di grani per pollice quadrato
n          è la dimensione del grano

Come già detto le dimensioni dei grani hanno un effetto significativo sulle proprietà dei metalli, specialmente sulla resistenza meccanica: a basse temperature (minori della metà della T assoluta di fusione) i bordi dei grani rinforzano i metalli, limitando la possibilità di scorrimento delle dislocazioni, quindi una grana fine è auspicabile; a T elevate può avvenire lo scorrimento dei bordi dei grani che diventano pertanto regioni di debolezza nei metalli policristallini.
Le misurazioni dell’ASTM sono valutate a 100 ingrandimenti ed è stata redatta una tabella con immagini-tipo della grossezza della grana cristallina, 8 tipi differenti dalla più grossa I alla più fine VIII: per applicazioni a basse temperature le I-IV non vengono prese in considerazione.
Una grana più fine può essere lucidata meglio e questo è utile per ricoprire con altri metalli. Inoltre, come già detto, la resilienza è maggiore con grana fine; la fragilità a freddo è dovuta alla grana grossa.

Leghe Metalliche

Sono metalli di specie diverse che coesistono all’interno dello stesso reticolo; questa possibilità è regolata dalle forze interatomiche tra gli atomi della stessa specie e di specie diverse.

  • Caso .
  • Caso . Ne parleremo approfonditamente più avanti quando analizzeremo il diagramma ferro – carbonio.

 

Diffusione degli atomi

Consiste nel trasporto di materia, nel movimento di atomi (è diverso dalla diffusione termica): è una migrazione spontanea di atomi da una zone a maggiore concentrazione ad una a minore concentrazione. Necessita di due cose per esserci:

  • Forza motrice: è la differenza di concentrazione. Si misura come energia libera: gli atomi tendono a raggiungere una situazione di minore energia, possibile dove la concentrazione è minore. È misurata in energia su unità di massa, Energia/mole.
  • Cinetica del processo: è l’aspetto temporale, il tempo impiegato. Si può misurare in numero di atomi su tempo, n°atomi/tempo, oppure solamente in tempo (tempo di trasferimento).

 

La diffusione di atomi è particolarmente importante nei metalli e nelle leghe poiché la maggior parte delle reazioni allo stato solido coinvolgono movimenti atomici (come ad esempio la tempra).
Le variabili che regolano la diffusione sono:

  • Meccanismo di diffusione: può essere sostituzionale, per muoversi gli atomi necessitano di superare l’energia di attivazione e le vacanze o lacune sono difetti di equilibrio dove è necessaria minore energia per muoversi (esempio sono gli atomi di rame in un reticolo di alluminio, dato che gli atomi hanno all’incirca la stessa dimensione), oppure può essere interstiziale, gli atomi si diffondo interstizialmente senza muovere gli atomi del reticolo ma è necessario che le dimensioni degli atomi che diffondono sia relativamente piccola rispetto agli atomi della matrice (esempio sono gli atomi di carbonio nei reticoli CCC e CFC del ferro).
  • Temperatura: all’aumento della temperatura aumenta anche la diffusività, dato che aumenta l’energia degli atomi ed anche aumentano i difetti. Un aumento di circa 10°C della temperatura fa dimezzare il tempo .
  • Struttura cristallina: la struttura CCC è meno compatta della CFC quindi gli atomi si muovono più facilmente.
  • Difetti cristallini: la diffusione avviene più rapidamente lungo i bordi di grano che non nella matrice e la presenza di molte vacanze aumenta la velocità di diffusione.
  • Concentrazione delle specie diffuse: alte concentrazioni di atomi di soluto influenzano la diffusività.

 

Ci sono due leggi che regolano i processi diffusivi.

II° Legge di Fick

                            

     = concentrazione dell’elemento in diffusione.
t         = tempo.
D       = diffusività dell’elemento in diffusione, è una funzione della temperatura e della concentrazione, si misura in .
x         = distanza dalla superficie.

La soluzione di questa equazione è piuttosto complicata, tranne nei casi in cui D si può assumere come costante.

Equazione di tipo Arrhenius

  rappresenta  in  posti occupabili.
R     = costante molare dei gas = .
T     = temperatura assoluta espressa in K.

 

 

Questa equazione si può risolvere tramite il parametro “u”di Gauss:

x         = direzione di trasferimento degli atomi.
t         = tempo.
u        = parametro di Gauss.
      = “è proporzionale a”.

Da quest’ultima relazione si vede come lo spessore diffusivo x aumenti secondo l’andamento del grafico della radice rispetto al tempo, mentre dall’equazione di tipo Arrhenius e dalla II° legge di Fick si vede come lo spessore aumenti rispetto alla temperatura in maniera esponenziale: quindi, come già detto prima, una piccola variazione di temperatura nell’ordine dei 10°C porta ad un dimezzamento del tempo di diffusione.
Nelle legende x è stato indicato sia come distanza dalla superficie sia come direzione di trasferimento. Sono la medesima cosa in quanto le leggi trattano della diffusione di un gas in un solido (un processo di questo tipo è ad esempio la nitrurazione).


Elettropositivi: elementi che hanno natura metallica che liberano elettroni nelle reazioni producendo ioni positivi o cationi; il numero di elettroni liberati è indicato mediante il numero di ossidazione positivo. Gli elementi elettronegativi si comportano in maniera contraria, hanno natura non metallica, accettano elettroni e si trasformano in ioni negativi o anioni. Il comportamento metallico o meno viene definito attraverso la tavola periodica degli elementi: i metalli hanno una bassa energia di ionizzazione, serve poca energia per renderli ioni, quindi nei legami mettono in comunione gli elettroni e questo determina la loro buona conducibilità termica ed elettrica.

Punto di fusione: temperatura a cui corrisponde il passaggio dallo stato solido a quello liquido.

Allotropia: variazione del reticolo cristallino in funzione della temperatura; ne sono soggetti sia il ferro Fe che il titanio Ti.

Difetti di equilibrio: fanno diminuire l’energia del sistema.

Energia di attivazione: minima energia necessaria per staccare un atomo (l’atomo sublima e va nell’ambiente).

Resilienza: energia per rompere un provino, resistenza all’urto.

Temperatura…tempo: le termocoppie che regolano la temperatura nei forni si starano, per sublimazione dei metalli che compongono la termocoppia stessa, quindi indicano la temperatura errata e questo avviene frequentemente. Nei trattamenti termici (TT) è quindi necessario ricordarsi di tarare con opportuni strumenti e regolarmente le termocoppie dei forni onde evitare disastri visto il legame temperatura-tempo.

Proprietà dei metalli

Si suddividono in proprietà fisiche, chimiche, meccaniche e tecnologiche.

Proprietà fisiche

Dipendono dalla disposizione degli atomi e dai legami. In questa categoria rientrano la densità, l’elasticità, le proprietà termiche, le proprietà elettriche e le proprietà magnetiche.

Addensamento

Definito dalla densità . La densità è importante anche in sede progettuale ed esecutiva di un’opera in quanto, ad esempio, se i tralicci dell’alta tensione non fossero una lega superleggera, lega di alluminio 6061 con magnesio e silicio, si romperebbero a causa del loro stesso peso.

Elasticità

Il modulo di elasticità o modulo di Young  è . Verrà trattato approfonditamente più avanti in quanto è importante nelle deformazioni dei materiali.

Proprietà termiche

Sono il calore specifico (questa è importante ad esempio perché spiega la rottura di un bicchiere di vetro in cui si versa il latte caldo: abbiamo una differenza di temperatura elevata che genera una tensione elevata e che porta alla rottura).

Proprietà elettriche

I metalli sono buoni conduttori in virtù del loro legame atomico: i migliori sono argento, rame e alluminio. La conducibilità elettrica è migliore quanto più regolare è il cristallo, quindi l’assenza di impurezze la rende migliore.
Ne consegue che le leghe del tipo a soluzione solida conducono male la corrente e vengono usate per resistenze (nickel/cromo o rame/nickel), mentre le leghe eutectiche hanno una migliore conducibilità.
Si può usare come termine per catalogare la conducibilità la resisitività .

Proprietà magnetiche

(…omissis…)

 

 

Proprietà chimiche

Nelle proprietà chimiche la cosa più importante è l’interazione dei metalli con l’ambiente esterno nella cosiddetta corrosione. Esistono due tipi di corrosione: elettrochimica o ad umido e a secco.

Corrosione ad umido

Servono necessarie affinché avvenga quattro componenti:

  • Conduttore: un elemento che colleghi i due corpi (anodo e catodo) e che permetta il passaggio di elettroni; i due elementi possono essere anche a contatto quindi fungono da conduttori le superfici di contatto. È detto conduttore di I° specie in quanto permette il movimento di elettroni.
  • Elettrolita: è un liquido in grado di condurre la corrente ed è detto conduttore di II° specie in quanto permette il passaggio di ioni. Può essere l’acqua, l’acido (il cloridrico contiene ossigeno quindi corrode il ferro), ma anche l’ossigeno come gas libero (un metallo in presenza di un elettrolita con differenti concentrazioni di ossigeno corrode). L’elettrolita deve essere a contatto con ambedue i poli (anodo e catodo).
  • Anodo: un metallo che si comporta da polo positivo e si corrode.
  • Catodo: un altro corpo, anche non metallo, che si comporta da polo negativo e non si corrode.

 

Quello che avviene praticamente in questo tipo di corrosione è una reazione di ossidoriduzione: il metallo che funge da anodo si ossida, perde cioè elettroni (che viaggiano lungo il conduttore) e rilascia ioni positivi nell’elettrolita, mentre un metallo o un non metallo che funge da catodo si riduce, acquista cioè gli elettroni che gli arrivano tramite il conduttore.
La tendenza di un metallo a comportarsi da anodo o catodo  e quindi a corrodersi in un particolare ambiente viene determinato tramite il potenziale di elettrodo cioè la differenza di potenziale che un elettrodo di quel metallo assume rispetto ad un altro elettrodo di riferimento ad idrogeno.
Gli elementi più catodici hanno potenziale positivo mentre quelli più anodici hanno potenziale negativo: questi sono valutati rispetto all’idrogeno che ha potenziale zero. Quello che più ci interessa è che in due metalli a contatto si comporterà da anodo quello con potenziale più negativo mentre l’altro da anodo; questo perciò vale anche tra due metalli con potenziale di ambedue negativo o ambedue positivo.

Corrosione galvanica

Avviene quando due metalli o un metallo ed un non metallo sono a contatto fra loro: la superficie di contatto funge quindi da conduttore ed il metallo con potenziale più negativo si corrode. È molto pericolosa bisogna quindi porre attenzione in sede progettuale quando si decide di mettere due metalli a contatto (o metallo e non metallo).

 

 

Corrosione in fessura

È un attacco localizzato che insorge quando un elettrolita può penetrare nelle giunzioni o interstizi (filettature, rivetti, giunti sovrapposti, ma anche depositi di sporcizia).

Corrosione intercristallina

Si manifesta ai bordi dei grani per formazione di micropile tra particelle di fase precipitate (catodo) e la matrice circostante (anodo): la corrosione si muove lungo i bordi dei grani separandoli e disgregandoli, si perde quindi resistenza meccanica e plasticità del materiale.

Corrosione per violatura (pitting)

Il pit è un punto di corrosione ed ha inizio con la rottura localizzata del film protettivo sul metallo e la conseguente formazione di una micropila. Avviene in presenza di elettroliti con ioni cloro (l’acqua di mare ne è ricca ad esempio).
Può essere evitato:

  • prevenendo condizioni stagnanti dell’elettrolita o inserendo un inibitore;
  • usando un materiale resistente al pitting (inox AISI 316 o 317);
  • usando rivestimenti protettivi;
  • aumentando lo spessore del metallo (il tempo di penetrazione varia con il cubo dello spessore);
  • passivando il metallo.

 

Corrosione a secco

È l’ossidazione superficiale dovuta alla notevole affinità dei metalli per l’ossigeno, affinità che decresce all’aumentare della temperatura., mentre la velocità di corrosione aumenta all’aumentare della temperatura.
Questa corrosione avviene senza la presenza di un elettrolita.
È insidiosa per i metalli che subiscono trattamenti termici (TT) e che quindi sono esposti per tempo prolungato ad alte temperature.

Importante, per quanto riguarda la corrosione, è quantificarla, per poterla prevedere nel tempo. La corrosione viene quantificata in spessore perso nell’unità di tempo o di superficie. Altre grandezze si collegano direttamente all’analisi della possibile corrosione:

  • Coefficiente di dilatazione termica: è una grandezza fisica ed è la variazione di lunghezza rispetto a quella iniziale; è importante per evitare che si creino tensioni all’interno del materiale. Un esempio è il calcestruzzo: se lo strato di cemento attorno ai ferri non è sufficiente i ferri si ossidano e la zona di ossidazione ha un volume specifico maggiore rispetto al ferro; si ha così il distacco del cemento dal ferro a causa della tensione interna. Così si possono anche creare tensioni a causa di accoppiamenti fra materiali con diversi coefficienti di dilatazione termica.
  • Conduttività termica: misura l’attitudine a trasferire una forma di energia (fononi). È importante tenerla in considerazione in fase progettuale per evitare accumuli di energia: un motore termico può raggiungere facilmente i 2000°C e se il calore non venisse smaltito in maniera appropriata i materiali metallici che compongono il motore fonderebbero.

 

Proprietà meccaniche

Riguardano gli sforzi semplici: trazione, compressione (normali alla sezione) e taglio (tangenziale alla sezione) e lo studio delle deformazioni, in campo elastico ed in campo plastico, che questi provocano.

Tensione

Sono forze rapportate alla sezione:

        trazione (o compressione)
         taglio

Deformazione

È la deformazione che un metallo subisce se sottoposto ad uno sforzo o tensione. Viene rapportata alla lunghezza iniziale:

= variazione della lunghezza
= lunghezza iniziale

= deformazione

= spostamento
= altezza

                               = angolo

Tali valori possono anche essere espressi in percentuale.

Le più importanti proprietà meccaniche, per i nostri utilizzi, dei materiali metallici e le leghe possono essere desunte dalla prova di trazione; queste proprietà sono:

  • Modulo di elasticità;
  • Carico di snervamento a una deformazione dello 0,2%;
  • Carico di rottura;
  • Allungamento percentuale a rottura;
  • Strizzone percentuale a rottura;

 

Analizzeremo in seguito le prove di trazione e le varie proprietà ricavate da queste prove.

Passivazione: trattamento che permette la formazione di uno strato di ossido protettivo sul metallo; i metalli di transizione (Fe, Ti, Ni, etc. ed anche l’alluminio) in presenza di ossigeno si ricoprono di ossido e diventano inossidabili dato che la pellicola di ossido stessa formatasi blocca il seguire dell’ossidazione; lo strato di ossido è continuo, dato che ricopre tutto, coerente, non si sbriciola, elettropositivo, funge da catodo, autorigenerante, si rigenera se rimosso. L’alluminio anche se è un metallo molto elettropositivo si passiva lo stesso e forma uno strato di ossido superficiale molto più duro del diamante quindi anti scalfittura: l’alluminio anodizzato è una lega di alluminio ossidata con passaggio di corrente (solo la continua). Nemico della passivazione è lo ione cloruro che la distrugge. Solo il titanio resiste ai cloruri.

Proprietà meccaniche e prove di trazione

 

Quello che più ci interessa è il comportamento dei metalli sottoposti a sforzi, misurati in reazione tensionale, plasticità, tenacità . In base al tempo e alla velocità di applicazione possiamo suddividere gli sforzi in:

  • Statici: il carico viene applicato lentamente; vengono effettuate in questa modalità la prova di trazione e la prova di durezza: Brinell, Rockwell, Vickers.
  • Dinamiche: il carico viene applicato in maniera impulsiva; viene effettuata la prova di resistenza all’urto, la prova di resilienza.
  • Cicliche: lo sforzo viene applicato ciclicamente; si effettuano le prove di fatica.
  • Scorrimento viscoso: valutiamo il comportamento sotto l’effetto contemporaneo della temperatura; le prove a minore temperatura sono effettuate a circa -196°C, alla temperatura in cui liquefa l’aria. A bassa temperatura aumenta la resistenza ma diminuisce l’elasticità.

 

Regime elastico

Analizziamo il comportamento elastico dei materiali metallici. La deformazione è definita elastica quando, una volta rimosso lo sforzo, si annulla.
Lo sforzo che subisce un materiale provoca lo spostamento degli atomi dalla loro posizione; se tale spostamento non supera 1 raggio atomico l’atomo ritorna al suo posto.
Il regime elastico dei materiali sottoposti a sforzi di trazione e taglio è descritto dalla legge di Hooke:

= trazione (o compressione)
= modulo di elasticità longitudinale

= taglio
= modulo di elasticità tangenziale

                               = deformazione

Dagli studi effettuati si è visto che per i materiali metallici la sollecitazione più critica è quella di trazione, quindi un elemento dimensionato per resistere a trazione certamente resisterà anche a taglio. Tratteremo quindi ora più approfonditamente il comportamento dei metalli sottoposti a trazione e le prove relative.

Modulo elastico E o Modulo di Young

Viene descritto nel grafico sforzo (ordinata) – deformazione (ascissa) da una linea retta quando il comportamento risulta elastico. Chiamato beta l’angolo ascissa – retta la tangente di quest’angolo è il modulo elastico:

= angolo ascissa – retta

Tramite questa dimostrazione si vede come il modulo elastico E sia la tensione da applicare per raddoppiare la lunghezza iniziale (solo virtualmente, non è realizzabile).
Il modulo elastico serve anche per misurare la rigidezza di un metallo: all’aumentare di E diminuisce la flessione (o freccia).

=  forza che carica la trave
=  lunghezza trave

= momento di inerzia (dipende dalla geometria del corpo)

Il modulo elastico è influenzato dalla temperatura di esercizio. Ricordiamo che il modulo elastico dipende unicamente dal tipo di materiale e non dai trattamenti termici subiti.
Lo studio del comportamento di un materiale sottoposto a trazione avviene tramite delle provette sottoposte a particolari prove; ci soffermiamo sul fatto che le dimensioni e la forma delle provette sono regolate dalla Norma. Tramite queste vengono tracciate delle curve di trazione dalle quali si possono determinare il comportamento dei metalli e gli sforzi massimi a cui possono essere sottoposti.  

Curve di Trazione (Prove di Trazione)

Di seguito riportiamo il grafico tipico della curva di trazione:

 

Analizzando questo grafico possiamo notare che:

  • :la prima parte del grafico ha andamento rettilineo; queste è la zone in cui il materiale si trova in regime elastico in quanto, togliendo il carico, non vi è deformazione permanente. È importante, nella progettazione e realizzazione di componenti, mantenersi entro i limiti di elasticità dei materiali.
  • II°: la seconda parte del grafico inizia quando termina l’andamento elastico del materiale, nel cosiddetto punto di snervamento a cui corrisponde, nell’asse delle orinate, il carico di snervamento , cioè fino al massimo valore di resistenza raggiunto nel diagramma. Il carico di rottura viene determinato graficamente tracciando una linea orizzontale sul punto di massimo della curva del diagramma. Puntualizziamo che il carico di rottura non è molto usato per le leghe duttili in quanto prima che sopraggiunga si verifica su di esse troppa deformazione plastica.
  • III°: Superato il carico di rottura si manifesta sul provino un restringimento localizzato della sezione detto strizione , lo sforzo nominale diminuisce all’aumentare della deformazione fino a raggiungere la rottura del provino.

 

Tramite questo diagramma si può definire la  cioè la tensione ammissibile del materiale; questa deve essere minore del carico di snervamento in quanto non vogliamo deformazioni permanenti nei pezzi da noi progettati. A tale proposito si usa un coefficiente di sicurezza n rapportato al carico di snervamento:

= coefficiente di sicurezza

Il parametro n dipende dalle condizioni di utilizzo, dal materiale (dove è stato prodotto per assicurarsi l’affidabilità), dai difetti (saldature, intagli, filettature). È definito anche coefficiente di ignoranza in quanto in esso rientra tutto ciò che noi ignoriamo sul materiale.

I valori di tensione e deformazione riportati nel grafico sono sempre riferiti alla sezione iniziale, quindi non a quella istantanea che varia in seguito alla trazione.

Vera curva di trazione

Viene tracciata per punti tramite il diagramma ideale prima visto. È importante per lo stampaggio di lamiere, come ad esempio nell’industria automobilistica.

 


La vera curva, fino alla tensione di snervamento, si sovrappone a quella di prova, dopodichè giace sopra e a sinistra di quella nominale.

Relazione di Ludwick

coefficiente di resistenza (è una tensione)
coefficiente di incrudimento

Notiamo che  indica quanto rapidamente la curva si innalza, la velocità di incrudimento.
Per lo stampaggio vorremo  scaldato e rinvenuto).
Il valore di n viene ricavato dalla vera curva di trazione:

Tensione reale

Viene riferita alla sezione istantanea ed è definita:


Quindi le tensioni reali sono sempre maggiori di quelle appurate sperimentalmente e ciò ci porta a sovradimensionare la sezione resistente, progettata basandosi sui dati sperimentali, a tutto vantaggio della sicurezza.

Deformazione reale

La stessa cosa vale per la deformazione, ma relativamente alla variazione della lunghezza del provino:

La deformazione reale è sempre più piccola di quella ottenuta sperimentalmente, a tutto vantaggio della sicurezza.

Duttilità alla trazione

La duttilità dei metalli è comunemente espressa come allungamento percentuale (maggiormente importante per noi) e come strizione percentuale:

     = Allungamento percentuale dopo rottura

    = Strizione percentuale dopo rottura

Sono prove rilevate dalla prova di trazione e servono per verificare le prove effettuate; mentre le tensioni (massima e di snervamento) dipendono unicamente dal materiale che compone la provetta, l’allungamento e la strizione dipendono dalla provetta, quindi la norma regola il rapporto lunghezza/diametro:

Nel caso di provette non circolari ma rettangolari si usano i seguenti rapporti:

Torniamo così al rapporto n=5. Negli USA vengono usati n=4, quindi necessitiamo di usare una tabella di conversione per confrontare i risultati.

 

Allungamento percentuale

L’allungamento percentuale ci indica sia la duttilità di un metallo sia la qualità del metallo: se il metallo presenta difetti (porosità o inclusioni) o è stato danneggiato da un surriscaldamento, l’allungamento percentuale sul provino può diminuire rispetto al normale. Consta di due fattori:

                             

L’allungamento uniforme .
Riferendosi al diagramma di trazione, fino al carico di snervamento l’allungamento è piccolo, dallo snervamento al carico di rottura l’allungamento è uniformemente distribuito, dal carico di rottura in poi l’allungamento interessa solo la sezione centrale: la densità di allungamento non è costante ma aumenta nella zona di rottura.

valore costante (allungamento uniforme) con K che dipende del materiale

contributo di strizione che aumenta al diminuire di n

Ne consegue che più lunga è una provetta minore è il suo allungamento e più si avvicina l’allungamento totale all’allungamento uniforme (con ).

Riportiamo un esempio pratico: nei cosiddetti ferri da costruzione, per cemento armato, essendo la lunghezza molto più grande rispetto al diametro, l’allungamento uniforme è la sola cosa richiesta dalla norma, perché l’allungamento per strizione è minimo. Anche nell’ingegneria che più ci riguarda da vicino l’allungamento uniforme è il parametro per noi più importante.
Analizziamo tre metodi per determinare l’allungamento uniforme.

I° metodo: Metodo dell’Intercetta

Traccio un diagramma con in ordinata  dato che l’allungamento è una funzione dell’inversa di n:

Faccio le prove con vari n (minimo 4) e traccio il diagramma: traccio una retta (penso valore medio dei valori trovati) e l’intercetta sull’asse delle ordinate di tale retta è l’allungamento uniforme.

II° metodo: Metodo della Differenza

Consiste nel calcolare l’allungamento uniforme come differenza dei valori di due allungamenti con n diversi:

Se prendo una provetta doppia dell’altra con diametro uguale, diventa n = 2n’:

È un metodo rapido ed abbastanza preciso, una scelta adeguata in ambito industriale.

III° metodo

Consiste nell’indicare una estremità del tratto utile iniziale  e verificarne l’allungamento a fine prova. Questo è possibile perché verso l’estremità della provetta l’allungamento è solo uniforme. Questo metodo viene ad esempio usato per le provette dei ferri del cemento armato.

Tenacità

La tenacità è una misura della quantità di energia che un materiale è in grado di assorbire prima di giungere a rottura.
È il lavoro di deformazione necessario per rompere l’unità di volume: si può parlare di tenacità statica, in cui il carico è aumentato lentamente, o dinamica, in cui il carico è impulsivo. Noi tratteremo unicamente di quella statica.
La tenacità statica si determina con la curva di trazione (grafico tensione – deformazione) prima descritta e precisamente è l’area sotto la curva.
Dato che la curva di trazione non è rappresentabile con un’unica funzione, si è trovato un espediente: esiste un’ordinata (F’) tale che l’area del rettangolo sottesa da tale ordinata è uguale a quella della curva.

allungamento percentuale
tensione massima o di rottura
tenacità

 

Durezza

Per determinare la durezza di un metallo si sfrutta il principio della durezza metallurgica, sull’attitudine cioè del materiale a lasciarsi penetrare da un corpo più duro chiamato penetratore.
È una deformazione plastica in quanto sposta gli atomi dei materiali; permette di ottenere le tensioni di rottura molto velocemente ed a costi minori rispetto alla prova di trazione, l’importante è che lo strumento sia correttamente tarato.
Esistono varie prove per determinare la durezza di un materiale, principalmente suddivise in prove di macrodurezza e microdurezza. I termini macro e micro non sono riferiti ai valori di durezza determinati ma sono relativi alla grandezza del materiale su cui avviene la prova.

Macrodurezza

I tre tipi di prove eseguite più spesso sono:

  • Brinell
  • Vickers
  • Rockwell

 

Analizzi ora singolarmente ogni prova.

Brinell

Ha un penetratore sferico di diametro D avente durezza prestabilita, viene appoggiato sulla superficie spianata e liscia e premuto con una forza P; sul pezzo da testare rimane l’impronta di diametro d e profondità p.
La durezza ricavata è il rapporto tra carico P e superficie S e viene indicata HB .

profondità incisione sfera
superficie incisione

La profondità dell’incisione p è difficile da determinare perché quando tolgo la sfera ho un ritorno elastico del materiale, a scapito della precisione. Per ovviare a questo problema uso il diametro dell’incisione d e lo converto per ottenere la durezza HB:

La misura è valida e quindi riproducibile per ogni forza P e diametro della sfera D se li impronte sono simili:

costante

È meglio scegliere quando possibile la sfera con diametro maggiore in modo da testare una superficie di materiale maggiore e quindi mediare la durezza delle eterogeneità strutturali.
Un altro fattore importante è l’angolo di penetrazione  che deve essere lo stesso. Per la norma esso deve essere pari a:

Per determinare il rapporto forza P / diametro sfera D mi viene in aiuto la norma con le relative tabelle:

  • Scelgo la lega che devo testare;
  • Ricavo dalle tabelle il rapporto per avere un angolo di circa 136° (per le leghe ferrose si attesta su 30).

 

In verità, anche usando le tabelle, l’angolo non è mai precisamente 136° ma si attesta:


Vantaggi

  • Si basa su un principio fisico-scientifico;
  • Va molto bene per materiali eterogenei (ghise grigie, sfera 10 mm per norma);
  • È correlabile con la tensione massima ;
  • È la più eseguita.

 

 

 

Svantaggi

  • Angolo di penetrazione che varia: non è una prova universale;
  • La sfera di acciaio si schiaccia se il materiale in prova ha durezza paragonabile a quella del penetratore: non tutto il carico viene assorbito dal pezzo ma una parte deforma la sfera, in questi casi uso il Widia, un materiale più duro;
  • Acciaio HB max 450;
  • Widia HB max 600.

 


Vickers

Prova con penetratore a piramide con angolo al vertice di 136° in diamante; ovvia ai problemi della prova Brinell dato che il penetratore ha un angolo costante e una durezza maggiore della sfera. Si misura in HV:

carico in Kg
diagonale media in mm

Per eseguire questa prova la superficie deve essere liscia perché il penetratore è piccolo e la rugosità può influenzare la prova.
I pesi applicati variano da 2 Kg a 100 Kg, meglio se si usano valori maggiori di 5 Kg: il valore Standard è 30 Kg.
Lo spessore del pezzo deve essere almeno 8 volte la profondità della calotta onde evitare che la pressione provochi fuoriuscita di materiale nella parte diametralmente opposta: questo annullerebbe la prova.

durezza presunta
spessore in mm

Vantaggi

  • È una universale;
  • Il penetratore è indeformabile;
  • L’angolo è costante a 136°;

Svantaggi

  • I carichi devono essere maggiori di 30 Kg;
  • Non va bene per materiali eterogenei, dato che la zona interessata è limitata.

 

 

Correlazione Brinell – Vickers

Come si può notare dal grafico oltre i 600 HB è migliore la prova Vickers.

Rockwell

In questa prova si usano due penetratori:

  • Sfera di acciaio usata per leghe (e acciai) non duri;
  • Cono di diamante con angolo al vertice di 120° usato per acciai duri.

 

I carichi sono 60, 100, 150 Kg, quindi due penetratori e tre carichi possibili danno un totale di sei prove di durezza possibili; le più usate sono due:

durezza Rockwell con sfera con 100 Kg.
durezza Rockwell con cono con 150 Kg.

Questi penetratori lasciano un’impronta permanente di cui viene misurata la profondità p:

Innanzitutto vediamo che essendoci un valore costante (130 e 100) la prova non si basa su principi fisici ma è una prova convenzionale; questi valori rappresentano la durezza di un materiale uguale al penetratore per cui la profondità è zero. Il fattore moltiplicativo 500 viene usato per ampliare i valori di profondità ricavati.
Per eliminare il problema del ritorno elastico del materiale una volta scaricato, si usa un precarico di 10 Kg: lo strumento viene azzerato dopo aver appoggiato il penetratore con il precarico.
Essendo una prova convenzionale, la sua scala non è lineare, la differenza tra due valori non è costante:

Le due scale b e c (ottenute con i due penetratori e i due carichi prima visti) si sovrappongono per alcuni valori:

Il pregio maggiore della durezza Rockwell, per cui la rende la più eseguita rispetto alle altre, sono i minori costi ed il minor tempo di esecuzione.
La Rockwell non è correlabile direttamente con la Brinell e la Vickers ma ci sono delle tabelle sperimentali che permettono un confronto tra le durezze.


Tenacità: lavoro assorbito dal pezzo per rompersi.

Rigidezza: data una trave appoggiata alle estremità, la rigidezza è la freccia massima, cioè l’abbassamento centrale, della trave sottoposta ad un carico.

Diagramma sforzo-deformazione: nel tracciare il diagramma bisogna amplificare i risultati al fine di ottenere dei valori più precisi; tale amplificazione non è regolata dalla norma. Per ovviare ai differenti risultati dovuti a differenti amplificazioni è stato introdotto il carico di snervamento allo 0,2%.

Strizione: restringimento localizzato della sezione iniziale; più il metallo è duttile più sarà evidente la strizione.

Sforzo nominale: resistenza del materiale che diminuisce dopo la strizzone del provino; lo sforzo reale invece è quello applicato dalla macchina ed esso è sempre crescente.

Duttilità: deformabilità di un metallo; più è elevata la duttilità più è elevato l’allungamento di un metallo.

Durezza: per paragonare le durezze determinate oggi, valutate in Newton N, con quelle del passato, valutate in Kg, si usa l’uguaglianza 9,8N = 1Kg. Per ottenere i Newton N avendo i Kg moltiplico i Kg per 0,102.

Microdurezze

Sono la prova Vickers e la Knoop e sono eseguite per piccoli pezzi come denti degli ingranaggi di orologi o la durezza della cromatura.
Il carico è sull’ordine dei grammi.

Vickers

È identica alla macro Vickers tranne che il carico ed il penetratore sono più piccoli. Per leggere i valori lo strumento ha un microscopio:

carico in grammi [g]

A mano a mano che il carico diminuisce aumenta l’errore, lo scostamento cioè tra la durezza misurata e quella reale:

REALE

 

MISURATA

Con meno di 1 Kg l’HV misurata maggiore, di molto, della reale: è buona norma indicare come pedice di HV i Kg usati (sia in macro che in micro).

Knoop

Il penetratore è una piramide a base rombica con una diagonale maggiore circa 7 volte la minore: questo perché così bisogna leggere una sola diagonale, la più lunga (circa 3 volte maggiore della Vickers).

superficie proiettata sul piano

La profondità di questa impronta è 3 volte più piccola della Vickers quindi possiamo misurare spessori 3 volte più piccoli: viene usata in galvanica (cromature) dove gli spessori sono piccoli.


Prove di Resilienza

Verifica l’attitudine degli acciai al  cedimento fragile; viene anche detta prova di tenacità dinamica.
Viene usato il Pendolo di Charpy con uno sforzo impulsivo su provetta intagliata.
Le variabili che entrano in gioco in questo tipo di prova sono:

  • Temperatura;
  • Rigidezza;
  • Sforzo impulsivo;
  • Sforzo triassiale.

 
Esistono due tipi di prove eseguite su provette le cui dimensioni e intagli sono regolati dalla norma.

Charpy

Prova con provette a sezione prismatica con due tipi di intagli: a U o a V.
Alla radice di una scanalatura si amplifica lo sforzo:

 

tensione applicata
profondità intaglio

                                                                  raggio curvatura

Il caso più favorevole è  per cui abbiamo:

Le due provette si equivalgono poiché una è più profonda ed una ha raggio minore.
Il carico arriva dalla parte opposta dell’intaglio.
È la prova più usata per determinare la resilienza: essa si ricava come differenza di energia potenziale:

Charpy intaglio a V
Charpy intaglio a U

altezza iniziale pendolo
altezza finale pendolo
massa pendolo

È la prova più sensibile essendo influenzata da molti parametri (elencati prima); minimo si provano tre provette e, se i risultati non si discostano molto, si determina un valore medio ed uno minimo.
La più eseguita è la KV. È importante il posizionamento della provetta quindi si usa una maschera o dima.
Possono essere eseguite a (azoto liquido): a più basse temperature l’acciaio manifesta maggiore fragilità; le normali prove eseguita a temperature sotto zero sono a -20, -60, -196°C.

Izod

In tutto simile alla Charpy ma meno eseguita ed inoltre la provetta viene colpita dalla parte dell’intaglio.

 

Formatura dei metalli

Vedi introduzione libro (lezione persa).

Esistono vari tipi di formatura:

  • Formatura per colata in stampi;
  • Lavorazioni plastiche (a caldo o a freddo);
  • Lavorazioni per asportazioni di truciolo (o taglio);
  • Giunzione permanente (chiodatura o saldatura);
  • Sinterizzazione (o metallurgia delle polveri: pressatura di polveri e cottura);
  • Tecniche speciali (elettroerosione, idroformatura, etc.).

 

Formatura per colata

Consiste nel riempimento di una forma cava con un bagno metallico liquido a composizione prescelta; quando possibile si usa un liquido eutectico data la sua migliore colabilità . Dopo solidificazione si estrae il getto. Importante è la solidificazione del getto e la presenza di altri problemi collegati a questa operazione di seguito elencati.

Solidificazione del getto

Essa deve avvenire in maniera direzionale cioè dalle sezioni interne verso una materozza e non viceversa per evitare che la contrazione dia luogo ad una cavità di ritiro (risucchio); questo è possibile con vari accorgimenti:

  • Posizionamento opportuno di una o più materozze che aiutano a compensare i ritiri da raffreddamento fornendo liquido metallico;
  • Raffreddatori per omogenizzare il raffreddamento;
  • Modifica forma del modello asportando la parte con il risucchio.

 

Segregazioni

Disomogeneità di composizione provocate da carenza di diffusione. Possono essere:

  • Minori se coinvolgono singoli cristalli, possono essere eliminate con TT di ricottura;
  • Maggiori (dette anche liquazioni) se coinvolgono l’intero pezzo metallico, possono essere eliminate solamente con lavorazioni plastiche a caldo (che eliminano anche le segregazioni minori).

Negli acciai riguardano carbonio C, zolfo S e forsforo P.
Tensioni interne

Sono causate dalla non contemporaneità e dalla non uniformità del raffreddamento nei diversi punti del pezzo metallico.
Si formano così delle differenze di temperatura nel materiale dette gradienti di temperatura che creano delle contrazioni dimensionali; se queste tensioni non superano la tensione di snervamento
, di natura elastica:

Sono accentuate da:

  • presenza di spigoli;
  • disuniformità spessore;
  • bassa conducibilità delle leghe.

 

Per eliminarle si effettuano dei TT di distensione.

Presenza di gas

Durante la fusione i metalli sciolgono anche elementi volatili, gas appunto, come idrogeno H, ossigeno O, azoto N e carbonio C. La presenza più pericolosa è quella dell’idrogeno H (fiocchi).
Il gas può dare origine a soffiature ().
Il problema maggiore si trova nella produzione di lingotti e blumi.

 

Lavorazioni a caldo

È una lavorazione a caldo, con temperatura maggiore della temperatura di ricristallizzazione, per cui la grana rimane fine; inoltre non si indurisce il materiale come con le lavorazioni a freddo.
Negli acciai avviene ad una temperatura  nella cella CFC (che è la più lavorabile plasticamente).

Analizziamo le varie lavorazioni.

Fucinatura

Ce ne sono due tipi:

  • Fucinatura Libera: in cui si lascia libertà di deformazione al pezzo;
  • Stampaggio: la deformazione è vincolata dalla cavità dello stampo (impronta); normalmente si effettua a  perché lo stampo è freddo quindi si ha una perdita di temperatura nella parte a contatto con lo stampo; si imprime la forma con stampi di varie dimensioni (via via più precisi).

 

Il riscaldamento non viene effettuato in atmosfera protettiva quindi il pezzo si ossida: si forma uno strato di ossido detto calamina da rimuovere. Dopo la fucinatura la grana è fine.

FUCINATURA LIBERA

STAMPAGGIO

 

  • Viene effettuata solo su lingotti in forni a metano;
  • Si effettua con presse;
  • Si esegue per: sbozzare i lingotti da laminare; sagomare i lingotti per costruire grossi manufatti (alberi, flangie, etc.);
  • Durante la lavorazione il pezzo si raffredda, se non ho finito eseguo un riscaldo detto calda;
  • Alla fine eseguo i TT e lavoro il pezzo alle macchine utensili (lavori di rifinitura).

 

  • Si parte da billetta  o blumo, lo scaldiamo per induzione con un solenoide, poi si taglia: il pezzo viene tagliato più grande dell’impronta ma non troppo; si formano testimoni che poi vengono rimossi tramite la scorniciatura;
  • Ci cono stampi a più impronte in presse a bilanciere o oleodinamiche;
  • Alla fine eseguo TT e lavoro alle macchine utensili.

Laminazione

Si esegue su blume e bramme. Si fanno passare attraverso coppie di cilindri detti gabbie che riducono le dimensioni (gabbie sbozzatrici) o cambiano la forma (gabbie finitrici).
Durante la laminazione il pezzo si scalda per cui occorre raffreddare con acqua. I cristalli e quindi la grana rimangono allungati lungo il senso di laminazione (fibra allungata).

Billette , blume

Prodotti lunghi, usando tavola con canali: vergelle, barre, profilati.

Bramme

Prodotti piani, usando tavola piana: nastri, bandelle, piatti, lamiere.

 

Lamiere, nastri, blumi

 

Tubi con e senza saldatura

 

La norma definisce i tipi ed i nomi dei nastri, lamiere, etc.
Una gabbia è formata da una coppia di spalle (dischi) che permettono di ruotare e sono uniti da un cilindro la cui superficie detta tavola è quella che lamina il pezzo.
Le gabbie sono disposte a coppie (duo) una sopra l’altra ed il pezzo vi passa in mezzo; possono essere reversibili se possono girare sia in un senso sia nell’altro. Possono esserci anche tre gabbie (trio) in cui la rotazione è invariabile.
Le gabbie si trovano in successione formando il cosiddetto treno che può essere aperto se le gabbie sono accostate dalla parte delle spalle (l’andamento del materiale non è lineare ma curvilineo) o continuo se le gabbie sono allineate (il materiale prosegue in maniera rettilinea nel laminatoio).
Esistono vari tipi di gabbie come il quarto reversibile in cui ci sono un duo in cui ciascuna gabbia ha due cilindri di spinta di gran diametro che muovono due cilindri levigatori che laminano; o la gabbia planetaria in cui il cilindro di spinta è attorniata da molti cilindri più piccoli levigatori. Queste configurazioni servono per risparmiare materiale in quanto basta sostituire i cilindri piccoli in caso di malfunzionamenti.

È un impianto molto costoso, in cui tutto (velocità, raffreddamento) è gestito dal computer: la temperatura viene rilevata da un pirometro ottico che deve venire tarato per ogni materiale.
In testa al laminatoio c’è un forno a spinta (a metano ) per scaldare: la spinta è calcolata in base al tempo in cui il materiale deve restare nel forno e alla velocità di laminazione; dopo il riscaldamento passa in una camera dove acqua ad alta pressione (100 atmosfere) rimuove la scaglia, la parte ossidata. Notiamo che la velocità di entrata è bassa mentre quella di uscita è molto elevata (dato che il materiale laminato espande nel verso di laminazione).

Estrusione

Viene eseguita soprattutto sulle leghe leggere ed in qualche acciaio (quest’ultimo è però troppo resistente).
Esistono due tipi di estrusione:

  • Diretta: il materiale viene spinto attraverso un’apertura opportunamente sagomata. L’uscita del materiale avviene dalla parte opposta rispetto alla spinta;
  • Inversa: spinta e uscita del materiale avvengono dalla stessa parte: un punzone viene abbassata su una cavità contenente il materiale grezzo, il punzone risale e porta fuori anche il materiale sagomato.

 

Elettroricalcatura

Consente di sagomare solo una parte del pezzo. Ad esempio le viti vengono ricavate da tondini lavorando solo una parte (la testa, la filettatura avviene in altro modo).
La parte da lavorare viene riscaldata in due fasi:

  • Riscaldatura;
  • Forgiatura (detta anche ricalcatura).

 

Con questo metodo si ottengono valvole per motori a scoppio, viti, dadi, rivetti, etc.

Lavorazioni plastiche a freddo

Vengono effettuata a temperature inferiori alla temperatura di ricristallizzazione, normalmente a . Durante questo processo il materiale si incrudisce. Si effettua su pezzi ricotti e decapati .
Si possono raggiungere ottime tolleranze dimensionali e finiture speciali.
Queste lavorazioni non ossidano il materiale e danno tolleranze molto ristrette e rugosità assai inferiori.
Hanno lo svantaggio di richiedere più sforzo a parità di deformazione (rispetto a quella a caldo).

Laminazione (a freddo)

Viene effettuata per pezzi piccoli (fili, tondini), la lucidatura è ottima e spesso pronta all’impiego; si ottengono lamiere molto sottili.

Rullatura (filettatura)

Serve per filettare organi che devono essere avvitati (viti, perni, etc.).
Può essere eseguita da rullatrici piane (più veloce ed economica) o circolari (per viti di grandi dimensioni).

Coniatura

Serve ad imprimere una forma, su una superficie, in rilievo: si esegue con un punzone che insiste su una matrice.

Tranciatura

Taglio, perimetrale o interno, con punzone. Può essere grossolana (con bordi del taglio sfrangiati) o fine (bordi netti senza bisogno di ulteriori operazioni).

Trafilatura

Consiste nel far passare un pezzo attraverso una fessura detta filiera tirandolo da davanti: utile per ricavare anche fili di ridotte dimensioni ().
Viene eseguita a passi fino ad un massimo di 14.
Questa lavorazione incrudisce il materiale che si può rompere: viene effettuata quindi una ricottura in atmosfera protetta per continuare i passi attraverso la filiera.

Piegatura

Curvatura di lamiera anche con angolo retto (): è formata da 2 appoggi ed un punzone che curva la lamiera.
Il parametro più critico è il raggio di curvatura e deve essere deciso in base allo spessore del materiale altrimenti si può rompere formando una cricca.

Calandratura

Piegatura fino ad ottenere anche un cilindro, usata per tubazioni, serbatoi, etc. che poi vengono saldati.

Imbutitura

Operazione tra le più diffuse eseguita per produrre pezzi cavi, come ad esempio vasche da bagno, con angoli minori dell’angolo retto () cioè senza sottosquadri.
È eseguita appoggiando la lamiera su una matrice (die), su cui va ad insistere il punzone (punch) mentre la lamiera (blank) è tenuta in posizione da un premilamiera (blankholder).
Richiede un materiale estremamente plastico: la normativa lo classifica in vari gradi, il più plastico è quello da profondo stampaggio, usato per vasche da bagno, carrozzerie auto, etc.
Quando il punzone stira la lamiera questa si allunga, bisogna assolutamente evitare la strizione.
Usiamo il coefficiente di incrudimento n (ed altri) per valutare il grado di imbutibilità della lamiera.
Nell’imbutitura riesco a fare forme più complicate rispetto alla piegatura.

Lavorazioni per asportazione di truciolo

Consiste nell’asportazione di un ricciolo o truciolo con utensili.
Prendiamo un corpo più duro (utensile) ed incidiamo il materiale da lavorare ricavando truciolo piccolo (utensile finitore, per rendere la superficie liscia, con minore rugosità) o grande (utensile sgrossatore, usato come prima lavorazione).
Possiamo avere:

  • Lavorazioni a secco;
  • Lavorazioni a umido: con liquido lubrificante e refrigerante per avere meno attrito e meno calore e non indebolire l’utensile.

 

Con questo metodo si effettuano moltissime lavorazioni come fresatura, foratura, alesatura, filettatura, piallatura, pelatura per rollatura, rettifica, etc.

 

Fresatura

L’utensile è da taglio con parte tagliente che incide generando calore ed attrito:

 

a:  per lavoro di deformazione

b:  per attrito utensile – truciolo

c:  per attrito utensile – superficie lavorata

È un’operazione “micidiale” per l’utensile: viene infatti costruiti con materiali pregiati quindi molto costosi.

Fresatrice: macchina per fresare.

Fresa: utensile che fresa da collegare alla fresatrice; ce ne sono di molti tipi diversi: creatore, frese varie, alesatore, broccia, etc.

Rettificatura

È l’operazione più costosa di quelle per asportazione di truciolo perché viene eseguita su pezzi finiti e leghe che hanno già subito i TT, quindi sono molto duri. Di conseguenza necessitiamo di un utensile molto duro, più del materiale da lavorare.
È effettuata con mole abrasive (ottenute con polvere abrasiva immersa in resina sintetica): l’abrasivo ideale è il diamante con cui costituiamo le mole diamantate (molto costose), segue poi l’allumina o corindone, il carburo di silicio (SiC, è il più economico dei tre).
In questa lavorazione viene asportato poco materiale per volta, al massimo 2/100 di mm di spessore, quindi bisogna fare molte passate, di conseguenza aumentano i costi.
Inoltre bisogna smaltire i fanghi cioè le particelle di metallo rettificato, le particelle della mola ed il liquido lubrificante e di raffreddamento, il tutto viene eseguito da ditte specializzate alzando ulteriormente i costi.
L’abrasione porta al consumo della mola quindi và ravvivata per ripristinare i cristalli della superficie.
La rugosità ottenuta con questa lavorazione è la minore possibile, fino ad .
Si sviluppa molto calore quindi deve essere irrorata di fluido: il calore può infatti microfessurare la superficie di attrito e creare delle cricche dette cricche di rettifica.


Forma: usata per il colaggio del liquido metallico; può essere di terra o metallica ed è composta dal getto, materozze (per compensare il ritiro), anime (servono per creare i vuoti all’interno dello stampo), colaticci.

Colabilità: attitudine di un liquido metallico a riempire una forma complessa standard.

Materozze: volume-serbatoio collegato alla forma in cui colo il liquido metallico usato per ovviare ai problemi di ritiro di raffreddamento.

Testimoni: fuoriuscita di materiale dall’impronta nel canale di bava che testimonia una corretta scelta della grandezza del pezzo; se non vi fosse fuoriuscita lo stampaggio non sarebbe esatto se invece ve ne fosse troppa sprecheremmo materiale.

Billetta: massello uscito da un impianto per colata continua a sezione quadrata con lato non superiore a 100mm.

Blumo: vedi billetta ma con lato superiore a 100mm.

Bramme: massello a sezione rettangolare impiegato nella laminazione di lamiere.

Tubi senza saldatura: vengono realizzati laminando un pezzo in laminatoi speciali sghembi (cilindri non paralleli) in cui il materiale viene forato da  una spina ad ogiva che ne realizza la concavità interna.

Pirometro ottico: strumento che rileva le emissioni dovute al calore e quindi alla temperatura del materiale.

Metano: formula chimica .

Ricottura: serve ad ottimizzare la plasticità del materiale.

Decapaggio: processo per rimuovere la scaglia di ossido, nel caso il forno usato nelle precedenti lavorazioni non fosse stato ad atmosfera protetta; viene effettuato per via meccanica, chimica (si usano delle soluzioni acide o alcaline nel caso di leghe leggere, ambedue sono costose da smaltire) o elettrochimica.

Passo: è chiamato così un passaggio attraverso la filiera.

Questo grafico rappresenta l’andamento della resistività termica  nelle leghe: si vede che verso il 50% di composizione la resistività termica è elevata quindi ne consegue che le leghe, a seconda della composizione, smaltiscono male il calore e vanno lavorate più lentamente onde evitare la formazione di cricche.

Giunzioni

Chiodatura

Giunzione permanente di 2 o più organi effettuata tramite chiodi (o rivetti) plastici ribattuti. Questi dopo la ribattitura incrudiscono quindi aumentano la resistenza (a differenza della plasticità che avevano prima).

Saldatura

Classifichiamo la saldatura in due principali:

  • Brasatura: in cui i due lembi da unire non fondono;
  • Fusione: fondono parzialmente i lembi da unire fino a formare un tutto continuo. Si può usare un materiale da apporto con composizione uguale ai lembi. Per l’unione in testa di due lamiere i lembi vanno cianfrinati cioè sagomati per ricavare un bacino in cui si deposita il materiale da apporto fuso.

Nella zona di saldatura si forma il cordone, cristalli molto grandi orientati secondo la direzione di smaltimento del calore, cioè allungati verso i lembi. Nella parte superiore della saldatura si accumulano le imperfezioni che verranno eliminate tramite spianatura (nella zona superiore di saldatura si crea un rigonfiamento, dovuto all’utilizzo di più materiale da apporto del necessario).
Il giunto non si rompe nella saldatura ma a ridosso del cordone di saldatura, a circa 2-3mm, nella zona termicamente alterata dalla saldatura.
Questa zona subisce una tempra (negli acciai diventa martensite) a causa del rapido raffreddamento.
Questa fragilità è dovuta al tenore di carbonio C quindi per valutare la saldabilità di una lega ci si rifà alla formula seguente:

Con cui ricaviamo il carbonio equivalente: possiamo notare come elementi come il manganese Mn incidano 6 volte meno del carbonio: questo va valutato quando si decide il tipo di lega a seconda del suo impiego e delle lavorazioni che dovrà subire.

 post-riscaldamento di distensione

 pre-riscaldamento per diminuire la velocità di raffreddamento

Riportando un esempio pratico, nelle travi da costruzione con tenore di carbonio massimo dello 0,2% non posso aggiungere altro carbonio, anche se mi darebbe più resistenza, dato che mi abbassa la saldabilità; alzo quindi la percentuale di manganese che, come già detto, influisce 6 volte meno del carbonio.
Nelle leghe leggere l’invecchiamento viene effettuato dopo la saldatura.

Sinterizzazione

Tecnica di formatura ottenuta tramite pressatura () di polveri metalliche .
Metto un legante con le polveri, presso e metto il tutto in forno: rimane una certa porosità () che è un centro di debolezza; questa tecnica non è adatta per metalli per strutture. Viene usata per: grilletti armi, martelletti macchine da scrivere, organi a bassa resistenza.
Per ovviare al problema di resistenza dovuto alla porosità presente è nata la compattazione isostatica a caldo, che dona caratteristiche superiori anche agli acciai fusi normalmente.
Questa viene ottenuta inserendo le polveri (il pezzo) in una autoclave (1500 bar) riscaldata con all’interno gas ad alta pressione che compatta la forma ed elimina le porosità.
Ha anche il pregio che non ha fibratura, ha i cristalli equiassici ed il pezzo è completamente uniforme come proprietà.
Con questa tecnica si possono ottenere anche lingotti da lavorare (ad esempio negli acciai rapidi).

 

 

Elettroerosione

Asportazione mediante arcoelettrico (fino a 4000°C). è una tecnica di lavorazione che non dipende dalla durezza del materiale, quindi si può acquistare materiale già trattato velocizzando così l’esecuzione.
È formato da tre parti:

  • Pezzo  che funge da anodo quindi si corrode;
  • Elettrodo che funge da catodo;
  • Liquido  dielettrico che non trasporta corrente ma raffredda.

 

La scarica elettrica è causata da un’alta differenza di potenziale tra anodo e catodo per cui l’acciaio vaporizza. Può essere effettuata con:

  • Macchina a filo in cui il catodo è un filo, usata per tagli, intagli, fori;
  • Macchina a tuffo con catodo più grande per scavare l’acciaio.

 

Con questa tecnica vengono fatti ad esempio gli stampi per le monete da coniare.
Altera solo minimamente le caratteristiche del metallo: un piccolo strato, vicino alla parte sublimata, si liquefa e raffredda rapidamente; si forma così uno strato vetroso di metallo, debole, rimosso in seguito con lucidatura.
Affinché questo strato sia il minor possibile bisogna lavorare lentamente e quindi anche a temperature più basse.


Polveri metalliche: sono particelle sferiche dell’ordine di  ottenute investendo con gas (azoto o argon) il metallo liquido colato; si ottiene una solidificazione a sfere (tipo aerosol).

Ricottura

Non è un trattamento finale (solo nel caso dell’acciaio dolce come quello per attuatori elettromagnetici che necessitano di particolari caratteristiche magnetiche) ma intermedio per facilitare le successive lavorazioni.
Abbiamo vari tipi di ricottura a seconda della temperatura a cui viene effettuata:

Completa

T=Ac3+25÷50°C

Non viene quasi mai eseguita dato che è molto costosa. Dopo il riscaldamento si esegue un raffreddamento in forno a 400°C (300°C se legato): il materiale ha massimo addolcimento, quindi lavorabilità, per deformazione plastica e asportazione di truciolo. Il difetto è la durata elevata di questo TT, che può arrivare anche a due giorni.

Lavorabilità

T=650÷700°C

Elimina le eterogeneità e diminuisce la durezza per le successive lavorazioni. È la più eseguita in quanto è necessario metà tempo rispetto alla completa. Viene detta anche ricottura sub-critica.

Ricristallizzazione

T=650÷820°C

Effettuata su un sublavorato incrudito per ricristallizzare, ottenendo così una nuova struttura senza variare le caratteristiche ma non più incrudita. Negli acciai per elettrovalvole è un trattamento finale.

Globulizzazione

T=Ac1±50°C

Usata negli acciai ipereutectoidici (cuscinetti a sfera, cementite durissima): si riduce così la superficie dei carburi altrimenti l’utensile si usura. In pratica i carburi aumentano di volume (sferico) offrendo così all’utensile una superficie minore. Vengono creati carburi globulari: per ottenerli si pendola con la temperatura sopra e sotto i valori indicati, poi si raffredda in forno a 300°C e poi in aria. Se l’acciaio è ipoeutectoidico prima eseguo una ricottura di lavorabilità.

Normalizzazione

T=Ac3+70°C

Affina (grani piccoli) e uniforma (tutti delle stesse dimensioni) la grana. È un trattamento utile per l’azienda produttrice ma non pagato dal cliente: favorisce i trattamenti successivi come la carbocementazione e la tempra.
È un trattamento finale solo per grossi fucinati di acciaio al carbonio.
Distrugge le strutture a bande.

Tempra

Consiste nel congelamento (spegnimento) a T ambiente di una struttura stabile solo alle alte temperature, in modo da averla anche alle basse temperature. Crea delle tensioni interne. Esistono due tipi di tempre.

Tempra di soluzione o solubilizzazione

Osservando un diagramma di stato a due componenti con due solidi distinti, si porta la lega alla temperatura necessaria affinché le due fasi siano solubilizzate e si raffredda rapidamente a T ambiente cosicché la fase β rimane in soluzione. Aumenta la tenacità della lega.
Questo TT è usato:

  • inox austenitici: con fase β carburi di Cr o Cr-Mo, per mandare in soluzione i carburi che altrimenti provocherebbero una corrosione elettrochimica ai bordi dei cristalli;
  • acciai austenitici 13%Mn (acciaio in trapanabile): con fase β carburi di Fe e Mn per mandare in soluzione i carburi che, per la loro particolare forma aghiforme, farebbero perdere tenacità;
  • leghe da invecchiamento per precipitazione: eseguita per rafforzare organi meccanici già lavorati.

 

Tempra di durezza

Si effettua per ottenere una struttura durissima anche se fragile.
Si ottiene raffreddando bruscamente qualsiasi acciaio ipoeutectoidico (C<0,20%) o ipereutectoidico. Normalmente viene eseguita su acciai da costruzione ipoeutectoidici.
La struttura che si ottiene è martensite.
Gli inconvenienti sono:

  • Tensioni interne: la trasformazione austenite-martensite avviene con variazione di volume non uguale in tutto il solido, quindi bisogna limitare la velocità di raffreddamento il più possibile onde avere le minori tensioni interne, che possono dare luogo a cricche di tempra. Risultano utili le curve CCT;
  • Decarburazione superficiale: se il forno non è ad atmosfera protetta la superficie si impoverisce di carbonio e temprandola si trasforma in ferrite, debole e soggetta a cricche;
  • Temperatura: se troppo bassa non si raggiungerebbe la durezza voluta; se alta otterremmo l’ingrossamento dei cristalli (surriscaldamento); se molto alta otterremmo la fusione dei bordi dei cristalli e la rottamazione del pezzo (bruciatura);
  • Austenite residua: i leganti possono abbassare la Mf sotto la T ambiente impedendo l’ottenimento di martensite in tutto il pezzo; l’austenite residua peggiora la resilienza e la resistenza a fatica; si può eliminare con un rinvenimento.

 

Temprabilità

È l’attitudine di un acciaio ad assumere struttura martensitica anche negli strati interni. Per ottenere questo si usano i leganti per spostare la curva CCT (come indicato prima). Dato che per avere martensite al 100% fin nel cuore del pezzo si dovrebbero usare troppi leganti (quindi maggiori costi) ci si accontenta di raggiungere una percentuale a seconda dell’impiego:

- 50% pezzi bonificati;
- 70% organi elastici;
- 80% pezzi carbocementati.

La quantità di martensite ottenibile può essere valutata attraverso le due prove di temprabilità: Grossman e Jominy.

Metodo Grossman

È un metodo per tentativi: si usano tondi temprati di cui si analizzano le sezioni tracciando un grafico.
Un valore approssimativo si può ottenere con un solo tondo.
Viene misurato il diametro critico reale, ottenuto tracciando il grafico detto curva ad U nel cui punto di flesso presenta un abbassamento della durezza: la distanza dalla circonferenza esterna al punto di flesso è il diametro cercato.
Questo rappresenta il diametro per cui ho il 50% di martensite nel cuore del pezzo.

Metodo Jominy

È una prova unificata (tutte le norme del mondo): si usa una provetta cilindrica con diametro di 25mm e altezza 100 mm austenitizzata e raffreddata con un getto dalla parte inferiore. Si misura poi la durezza partendo dalla parte inferiore, in cui è maggiore, a salire, costruendo il diagramma detto curva di Jominy.
Da tale curva determino a che distanza ho il 50% di martensite (grafico con più tipi di acciai): queste rilevate sono però durezze superficiali quindi uso un ulteriore diagramma per correlarle con il diametro critico.

Rinvenimento

Tenacità: tenacità statica, indice della capacità di un materiale di immagazzinare energia nel campo elasto-plastico prima di arrivare a rottura sotto sforzi di trazione

Dopo la tempra la struttura risultante è martensitica, quindi dura ma molto fragile, ed anche può contenere austenite residua: martensite ed austenite, essendo metastabili, tendono a diventare ferrite + cementite a temperatura ambiente; tramite un trattamento termico, detto rinvenimento, accelero questa loro propensione a trasformarsi in strutture più stabili.
Dato che l’evoluzione verso l’equilibrio passa attraverso trasformazioni intermedie, con proprietà meccaniche differenti, per ogni acciaio vengono diagrammate queste fasi con le loro proprietà meccaniche nelle cosiddette curve di rinvenimento. Si può notare in queste curve come le caratteristiche di resistenza (tensione di rottura e di snervamento, durezza) tendano a calare salendo con la temperatura di rinvenimento, mentre le caratteristiche di duttilità (allungamento, strizzone percentuale) e di resilienza tendano a crescere.
Bisogna sottolineare che le caratteristiche meccaniche rappresentate dalle curve di rinvenimento dipendono anche dalle dimensioni del pezzo per il cosiddetto effetto massa , per cui le curve riportano anche le dimensioni del provino.
Un'altra componente da considerare è la presenza di elementi leganti  che ostacola la diffusione: per avere le stesse caratteristiche meccaniche su acciai legati bisogna rinvenire a temperature più elevate; questo effetto è noto come stabilità al rinvenimento.
In acciai legati contenti Cr, Mn, Cr-Mn, Cr-Ni, se rinvenuti alla T=430÷570°C manifestano una diminuzione di resilienza nota come fragilità al rinvenimento o malattia di Kroop ; per evitarla bisogna:

  • Evitare l’intervallo di temperatura critica;
  • Rinvenire ad alta temperatura e raffreddare bruscamente in acqua per evitare l’intervallo pericoloso;
  • Aggiungere Mb in fase di fabbricazione perché riduce questo fenomeno (costoso).

 

Un altro aspetto riguarda gli acciai contenti almeno il 5% di Cr, Mo, W, V: la loro durezza, dopo una certa diminuzione, presenta un anomalo aumento con un massimo a 550÷560°C noto come durezza secondaria.   


Modalità di rinvenimento

Il riscaldamento viene effettuato a varie temperature sempre T<727°C.

T=160÷180°C

1° stadio, per acciai carbocementati: è una distensione, il cuore del pezzo tenace la superficie dura; serve per eliminare le tensioni interne della martensite.

T=200÷250°C

Per cuscinetti e utensili a freddo (seghetti, pinze) è una distensione ma con una resilienza un po’ più alta.

T=400÷450°C

3° stadio, per organi elastici (molle per sospensioni): si ottiene perlite finissima non visibile al microscopio ottico.

T=540÷560°C

5° stadio, solo per acciai per utensili rapidi: inizialmente perdiamo durezza riscaldando, ma poi raggiungiamo il picco di durezza secondaria.

T=600÷650°C

4° stadio, per acciai da bonifica e per utensili a caldo (stampo per forgia): si ottiene un’alta tenacità.

Il tempo si attesta su 1÷2 h/inch: è un trattamento lungo a temperatura bassa in modo da non avere decarburazione, poi si raffredda in aria.
Nel caso si formino cricche dopo tempra e rinvenimento sono da attribuire solamente ad una tempra male eseguita e non al rinvenimento, anche se è dopo quest’ultimo che compaiono.


Trattamenti Isotermici

Sono i migliori trattamenti.
Porto l’acciaio sopra alla temperatura A3 (austenizzazione) e sottoraffreddo rapidamente sotto la temperatura A1, arrestando poi il processo alla temperatura desiderata.
La trasformazione dell’austenite avviene in modo isotermico senza passare attraverso la trasformazione in martensite, cosicché le proprietà acquisite sono uniformi in tutto il pezzo, che risulta oltretutto non distorto né tensionato.
Richiedono un’ottima conoscenza delle curve TTT.
I trattamenti isotermici sono:

  • Ricottura isotermica: ottengo una perlite grossolana, perfetta omogeneità della struttura che risulta molto lavorabile e senza tensioni interne;
  • Patentamento: ottengo una perlite finissima, viene usato nelle vergelle che, per trafilatura, producono fili metallici: il diametro deve poter passare da 5,5 mm a 0,8 mm in una passata unica;
  • Austempering (o tempra bainitica): ottengo bainite;
  • Martempering: non è un vero e proprio trattamento isotermico, per evitare elevati gradienti di temperature tra la superficie ed il cuore di pezzi grandi si sottoraffredda in un bagno termale e si aspetta il livellamento delle due temperature, poi si raffredda in aria; serve per livellare la temperatura.

 


Effetto di Massa: il rinvenimento risente delle dimensioni del pezzo a parità di temperatura; i pezzi piccoli acquistano una resistenza più elevata e duttilità inferiore di quelli grandi.

Malattia di Kroop: è molto importante ricordarsi questo intervallo di temperature rinvenendo acciai legati con i citati elementi, in quanto possono rompersi molto facilmente in esercizio.

 

Trattamenti Superficiali

Si tratta di trattamenti di indurimento superficiali dei pezzi. Posso realizzarsi con:

  • Tempra ad induzione;
  • Nitrurazione;
  • Carbocementazione.

 

Tempra ad induzione

È usata ad esempio per alberi motori per temprare solo le zone interessate come gli appoggi  dell’albero che devono possedere una durezza superficiale per resistere all’usura e tenacità interne per un buon comportamento a fatica.
La tempra ad induzione è più economica rispetto ad altri trattamenti di indurimento superficiale come carbocementazione o nitrurazione.
Per effettuarla si introduce il pezzo in un solenoide percorso da corrente alternata, lo spessore s è quello interessato dal riscaldamento:

spessore interessato dalla tempra in mm
resistività elettrica
permeabilità elettrica
frequenza corrente
termine propagazione (diffusione termica) dipendente dal tempo, trascurabile se t è piccolo

Questa tempra si basa sul cosiddetto effetto pelle della corrente: alta energia, brevissimo tempo (pochi secondi); appena finito si effettua un raffreddamento immediato in aria, acqua o olio.
Può essere eseguita a 160°C, gli acciai più adatti sono quelli al carbonio C (privi o poveri di carburi complessi), tenaci per composizione (C=0,35÷0,45%C) che hanno subito TT (come bonifica ), dato che la struttura sorbitica formatasi con la bonifica si presta meglio ad una rapida dissoluzione dei carburi.
Il vantaggio di questa tempra è che non deforma il pezzo e può essere eseguita su pezzi già finiti.
Il contro è che può essere trattato un solo pezzo per volta.

 

Nitrurazione

Consiste in un arricchimento di azoto N in un acciaio e da caratteristiche elevate di durezza ma non tenacità. Si effettua localizzato per indurire il pezzo solamente dove serve.
Per questo processo ci si rifà al diagramma di stato ferro – azoto: l’azoto allarga il campo di esistenza dell’austenite; a 590°C abbiamo l’eutectoide, questa è la temperatura massima che possiamo raggiungere altrimenti si formano dei nitruri sfavorevoli, Fe2N, molto più fragili rispetto a quelli favorevoli, Fe4N.
La temperatura quindi di nitrurazione si attesta sul valore T=530÷550°C.
La nitrurazione si effettua mettendo il pezzo in un’atmosfera ricca di azoto monoatomico, ricavato dall’ammoniaca secondo il processo chimico:

Dato che l’idrogeno si trova in forma molecolare non crea problemi, anzi crea un’atmosfera protetta contro l’ossidazione.
Sulla superficie del pezzo si forma Fe4N, un nitruro fragilissimo, la cosiddetta coltre bianca, che poi dovrà essere eliminata; sugli strati sottostanti invece si forma Fe2N, il composto che indurisce la superficie.
A circa 530°C il 70% dell’ammoniaca si dissocia (all’aumentare della temperatura aumenta anche la dissociazione); molte volte il processo si effettua in due tappe:

  • insufflazione attiva: viene insufflata ammoniaca per ottenere azoto monoatomico;
  • ricircolo: si mantengono i gas in circolo attorno al pezzo, quindi si mantiene l’atmosfera ricca di azoto, in modo da facilitare la diffusione dell’azoto negli strati del metallo.

 

L’acciaio deve essere ben temprabile quindi tenace: vengono usati acciai da bonifica che contengono cromo Cr e molibdeno Mo (quest’ultimo viene aggiunto per ovviare alla malattia di Kroop). Anche alcuni allumini con titanio Ti vengono sottoposti a questo processo raggiungendo durezze superficiali di 1200 Vickers.

Viene usato per organi che strisciano senza eccessiva pressione altrimenti lo strato nitrurato cederebbe: ad esempio negli alberi a camme, la camma viene nitrurata dato che è soggetta alla sola pressione della molla.

Carbocementazione

Serve per arricchire e indurire un organo preservando la tenacità.
Non abbiamo la limitazione della temperatura come con la nitrurazione ed anche è un trattamento più rapido e più profondo rispetto alla precedente.
La temperatura si attesta sul valore T=875÷950°C.
La forza motrice di questi trattamenti è la differenza di concentrazione dell’elemento rispetto all’acciaio che per quanto riguarda la nitrurazione è elevata, data la bassissima percentuale di azoto negli acciai, mentre per quanto riguarda la carbocementazione è bassa data l’importante presenza di carbonio negli acciai.
Servono quindi acciai a basso tenore di carbonio, max lo 0,20%C, detti appunto acciai da carbocementazione: dato il basso tenore di carbonio la tenacità di questi acciai non è elevata.
Lo strato superficiale si arricchisce di carbonio fino allo 0,8÷0,9% fino ad uno spessore di circa 2mm e raggiunge una durezza superficiale di 750÷850 HV.
Può anche essere effettuato in ambiente:

  • Solido: tempi più lunghi e nessuna garanzia di uniformità dello spessore, viene usato per pochi pezzi; si usa una polvere di carbone di legna, carbonato di bario o sodio e carbonato di calcio che a 900÷950°C sviluppa CO. Ha il vantaggio di essere un processo economico, ma di contro ha una lunga durata, ossida e distorce il pezzo, ingrossa la grana ed è difficile da governare come processo.
  • Liquido: si usano bagni di sali fusi (cloruri, carbonati, cianuri) a 870÷900°C, è molto più lento e meno attivo degli altri due processi. Si realizza uno strato uniforme e i pezzi possono essere temprati subito dopo il bagno; i fumi emessi sono molto tossici.
  • Gassoso: Il carbonio viene ricavato dal monossido di carbonio CO partendo dal metano CH4 a 900÷950°C secondo le relazioni

                    combustione completa esotermica

                       combustione endotermica
Per avere l’energia per ricavare il CO dalla seconda reazione (endotermica) realizziamo anche una parte della prima reazione (esotermica). Il CO2 e l’H2O  (vapore) possono creare problemi condensando quindi i forni in cui si eseguono questi processi sono automatizzati per il controllo della temperatura affinché non ci sia condensa prima di aver eliminato i gas. Gli inconveniente sono l’ingrossamento della grana e l’elevato costo, mentre i vantaggi sono la breve durata, rispetto alla solida, l’uniformità dello strato e il perfetto controllo tramite forni automatizzati.

Dopo la carbocementazione i pezzi vanno temprati per valorizzarne la durezza e rinvenuti per affinare la grana e garantire un minimo di tenacità alla superficie.
La tempra dipende dall’acciaio e dagli elementi leganti contenuti: il metodo migliore di tempra sarebbe la doppia tempra per rinforzare il cuore e lo strato cementato, ma è costosa.
Gli acciai da carbocementazione sono i più numerosi: si và dal C10 al 16NiCrMo12, il Mo non viene inserito per ovviare alla malattia di Kroop perché non si rientra in quel range di temperatura ma è usato per avere carburi tondi, il cromo da temprabilità, il nichel tenacità.
Dopo tempra e rinvenimento non possiamo usare il pezzo perché è deformato: bisogna rettificare le superfici carbocementate, quindi prima del trattamento bisogna aver lasciato del sovrametallo.

Carbonitrurazione

Consiste nel combinare i due processi: impiegare in un forno chiuso un’atmosfera uguale a quella della carbocementazione gassosa aggiungendoci ammoniaca dissociata. Le temperature oscillano da T=650÷870°C a seconda che si vogliano avvicinare i risultati più alla nitrurazione o alla carbocementazione.
Segue una tempra ed una distensione.


Classificazione degli Acciai

Vengono classificati a seconda dell’impiego ed ogni classificazione ha le sue diverse tipologie. Abbiamo acciai:

 

Da costruzione di uso generale

 

  •  di base
  •  di qualità

 

Da costruzione speciali

 

  •  da bonifica
  •  autotempranti
  •  per tempra superficiale
  •  da nitrurazione
  •  da carbocementazione
  •  per organi elastici
  •  per cuscinetti

 

Inox

 

  •  martensitici
  •  ferritici
  •  austenitici
  •  duplex

 

Per utensili

 

  •  a freddo
  •  a caldo
  •  rapido

 

Per impieghi speciali

 

  •  per funi
  •  per impieghi elettromagnetici
  •  non truciolabili
  •  per criogenia

 

Acciai per uso generale

Non sono destinati a trattamenti termici ma all’uso grezzo dopo laminazione a caldo (raramente normalizzati). Vengono fabbricati con alcune precauzioni per soddisfare determinati impieghi. Sono gli acciai più usati, quantitativamente, ed hanno una loro designazione; in realtà esistono due designazioni, una numerica prettamente mnemonica che non tratteremo ed una alfanumerica (UNI EU 10027/1):

- Simbolo iniziale: riferito all’impiego: S impieghi strutturali, E costruzioni meccaniche, altre sei lettere vengono utilizzate che non citeremo;
Caratteristica principale:viene indicata la tensione minima di snervamento garantita (le prove non sono mai inferiori al valore riportato).

 

Esempio:

 è un acciaio per uso generale per impieghi strutturali con una tensione di snervamento pari a 235; alla sua destra si trova la vecchia designazione che riportava la tensione di rottura. Molto più importante per noi è la tensione di snervamento in quanto durante l’impiego non deve essere mai sorpassato tale valore.

Questi tipi di acciai devono resistere a sforzi statici (non variabili né impulsivi) e sono usati per carpenteria civile e navale. Sono acciai al solo carbonio che devono avere buona resistenza meccanica e saldabilità: il problema è che queste due proprietà sono antagoniste.

Si dividono in:

  • Acciai di base: durante la fabbricazione non sono soggetti ad attenzioni particolari, non hanno elementi di lega (in percentuali importanti) e non subiscono trattamenti termici;
  • Acciai di qualità: non sono destinati a trattamenti termici e non richiedono prescrizioni di composizione o di grado inclusionale, ma devono avere alcuni requisiti: idoneità alla saldatura, resistenza alla frattura fragile, insensibilità all’invecchiamento . Durante la loro fabbricazione vengono usate delle precauzioni; possono contenere micro quantità di altri elementi.

 

Acciai speciali

Questi acciai sopportano sollecitazioni impulsive e cicliche (resistenza a fatica) e sono usati per pale di turbina idrauliche, a vapore (max 560°C).
Derivano da rottami che vengono poi calmati con silicio e alluminio.
Sono sottoposti a trattamenti termici intermedi (ricottura, normalizzazione) e finali (tempra + rinvenimento).
Si suddividono in due sottogruppi:

  • Non legati (El<5%): contengono solo carbonio e si indicano con una lettera, la C di carbonio, più un numero, la concentrazione di carbonio per 100. devono avere composizione e grado inclusionale ben delimitati, ciò li rende adatti a subire trattamenti termici TT:

 

           acciaio speciale non legato al carbonio con 0,4% di C

  • Legati (El≥5%): si suddividono a loro volta in due gruppi:

 

  •  Bassolegati: nessun elemento di lega raggiunge il 5% di concentrazione; si designano con la percentuale di carbonio per 100 + in successione i simboli chimici degli elementi in lega in ordine decrescente (se con la stessa quantità si segue l’ordine alfabetico) + la concentrazione dell’elemento di lega maggiormente presente moltiplicata per 4:

 acciaio con 0,4%C, 1%Cr, Mo

  •  Altolegati: almeno un elemento eguaglia o supera la concentrazione del 5%. Si indicano con la lettera X + %C per 100 + i simboli chimici degli elementi presenti nella lega in ordine di quantità + la percentuale degli elementi:

 

 acciaio inox austenitico (pentole, posate) con 0,05%C, 18%Cr, 10%Ni

 acciaio inox per utensili (lamette, bisturi, cuscinetti) con 1,05%C, 17%Cr

Questa designazione penso valga per tutti i tipi di acciai tranne i sopra citati acciai per uso generale e gli acciai rapidi (utensili).

Acciai per utensili – Acciai Rapidi

Hanno una designazione diversa: HS (High speed Steel) + 4 numeri. Non viene indicato il carbonio perché è pressoché lo stesso ed anche il cromo contenuto ugualmente in percentuale del 4%. Con i numeri viene indicata la presenza di W, Mo, V, Co:

 acciaio di Taylor con 18% W e 1% V

È preferibile al tungsteno W l’utilizzo del molibdeno Mo in quanto pesa la metà ed ha il doppio di resa, abbassando il costo quindi di 4 volte.

Designazioni Americane

Acciai da costruzione: 4 numeri di cui le prime due cifre casuali e le seconde due indicano la percentuale di carbonio moltiplicata per 100:

Acciai inossidabili: denominazione AISI, hanno tre classi la 200, 300, 400:

sono valori da memorizzare, acciai austenitici cromo-nichel usati per cucchiai e forchette

acciai martensitici e ferritici al cromo, usati per pale per turbina, coltelleria

 

 

 

Utilizzi degli Acciai

Acciai da bonifica

Rientrano nella categoria degli acciai speciali, quindi sono designati come riportato prima a seconda che siano non legati, basso legati o alto legati.
Vengono distinti per temprabilità:

Tipo

Φtempra [mm]

Olio

Acqua

 

C40

 

25

 

40CrMo4

80

110

 

40NiCrMo7

150

rottura pezzo

 

34NiCrMo16

tutto

 

L’ultimo acciaio elencato è il migliore da bonifica agli effetti della temprabilità: si tempra fino al 50% di martensite fino al cuore, qualsiasi sia lo spessore del pezzo; è un acciaio molto costoso.
Gli acciai da bonifica devono avere massima tenacità statica e alta la tenacità dinamica. Questo si ottiene con:

  • Tenore di carbonio;
  • Temperatura di rinvenimento.

 

La resistenza è determinata dal tenore di carbonio: C<0,40% abbiamo un migliore allungamento percentuale, C>0,40% maggiore resistenza. Il massimo lo otteniamo con lo 0,40% di C e un rinvenimento a 620°C, ma non tutti gli acciai hanno questa percentuale di carbonio: la scelta viene effettuata dal progettista in base alle caratteristiche necessarie, utilizzando delle apposite tabelle.


Acciai per Molle

Ci sono vari tipi di molle: elicoidali, a balestra, a barra di torsione.
Le molle lavorano solo in campo elastico, quindi voglio:

Cioè il rapporto tra la tensione di snervamento e quella di rottura all’incirca uguale a 1:  i valori che si riescono a raggiungere veramente sono quelli indicati tra parentesi.
Inoltre la molla è soggetta a carichi ciclici quindi deve avere un ottimo comportamento a fatica: necessito quindi di una struttura uniforme, senza austenite residua; a questi acciai viene fatta una tempra + rinvenimento quindi serve un acciaio molto temprabile.
Quelli utilizzati sono:

  • Acciai al solo carbonio: C55, 60, 67, 75, 85, 100, non vengono temprati e per eliminare l’incrudimento dovuto alla lavorazione si effettua un trattamento isotermico di patentamento, per ottenere una grana fine e omogenea. In alcune applicazioni si effettua tempra + rinvenimento;

 

  • Acciai bassolegati: 48Si7 ÷ 51CrMoV4, quest’ultimo è usato anche per utensili dato che il cromo aumenta la temprabilità, il vanadio affina la grana, il nichel aumenta la tenacità, nel primo invece il silicio rinforza la struttura. Questi acciai sono l’unica categoria che subisce un trattamento termico di tempra (Ac3+T) + rinvenimento al 3° stadio (400÷450°C).

È importante che non ci sia decarburazione altrimenti viene pregiudicato il comportamento a fatica. Per ovviare a questo rettifico dopo aver fatto l’organo elastico e uso un forno ad atmosfera protetta (usato soprattutto per pezzi difficili da rettificare).

Acciai per cuscinetti a rotolamento

I cuscinetti servono per trasformare un attrito radente in attrito volvente (cuscinetti a rotolamento); ci sono anche cuscinetti a strisciamento (bronzine) che qui non tratteremo.
Sono composti di 4 elementi:

  • anello interno con pista di rotolamento;
  • anello esterno che contiene la pista di rotolamento;
  • corona di elementi che ruotano (sfere o rulli) tra i due anelli ;
  • gabbia distanziatrice che tiene separate le sfere.

 

Il carico può essere solo radiale non assiale (ci vogliono altri tipi di cuscinetti).
La durezza degli organi deve essere la stessa altrimenti uno cede e devono aversi solo deformazioni elastiche: si ottiene con tempra + rinvenimento a bassa temperatura.
Dato che è un organo rotante è soggetto a carichi ciclici, quindi per resistere a fatica necessita di una struttura uniforme e massima temprabilità.
Un altro problema è dovuto alle infiltrazioni di polvere (silicati durassi, più della martensite, ma fragili) e per ovviare a questo la struttura del cuscinetto prevede dei carburi che frantumano la polvere.
L’attrito volvente dissipa energia sotto forma di calore che potrebbe provocare il rinvenimento della martensite e l’indebolimento della struttura: si riduce quindi l’attrito impiegando lubrificante semisolido (grasso) che, aderendo alle superfici, oltre a diminuire l’attrito tiene separate le varie parti che compongono il cuscinetto evitando così contatti che potrebbero portare a legami degli atomi superficiali ed al conseguente grippaggio del cuscinetto.
L’acciaio usato è un acciaio ipereutectoidico (1%C al posto dello 0,8%) come il 100Cr6 che contiene 1%C e 1,5%Cr.
La produzione avviene in varie fasi:

  • si parte da una barra tonda laminata;
  • questa barra viene affettata in senso radiale;
  • stampaggio a caldo o a freddo (quest’ultimo per piccoli cuscinetti) per ottenere dalla “fetta” quattro corone: una per anello esterno, una per i cuscinetti, una per anello interno, una di scarto;
  • i componenti rimangono uniti e formeranno il cuscinetto finale (dato che devono avere uguali caratteristiche le corone e gli elementi rotanti affinché una parte non consumi l’altra);
  • ricottura di globulizzazione, con pendolo sopra e sotto la temperatura A1 per ottenere pochi carburi ma grossi ed il massimo addolcimento;
  • lavorazione alle macchine utensili: la corona intermedia viene tagliata a cubetti e questi arrotondati per formare le sfere;

Bonifica: trattamento di tempra e rinvenimento di un acciaio.

Sorbite: struttura che si forma dopo il rinvenimento caratterizzata da una elevata resistenza meccanica ed una tenacità accettabile. È una struttura derivante dal rinvenimento della martensite (metastabile a temperatura ambiente); è un aggregato non lamellare di ferrite e cementite.

Endotermica: necessita di energia per realizzarsi; Endotermica: cede energia nel processo.

Insensibilità all’invecchiamento: alcuni acciai variano nel tempo le caratteristiche meccaniche, perdendo tenacità, per un fenomeno diffusivo dovuto all’azoto.

Bonifica: trattamento di tempra + rinvenimento a 620°C.

Grippaggio: rottura di un cuscinetto; in un cuscinetto, per mancanza del di stanziamento indotto dal lubrificante ad esempio, gli atomi di una superficie, come ad esempio la corona esterna, potrebbero legarsi a quelli di un’altra, ad esempio dell’elemento ruotante, formando un legame che, dalle forze di rotazione, verrebbe spezzato ma questa rottura avverrebbe non sulla direttrice di collegamento ma internamente ad una delle due superfici, rovinando così le superfici stesse e la possibilità di scorrimento, il che provocherebbe aumenti di temperatura dovuti al maggiore attrito e grippaggio del cuscinetto.

Acciai per utensili

L’utensile è un oggetto che serve per dare la forma ai materiali quindi deve essere duro (caratteristica fondamentale). Abbiamo vari tipi di utensili:

  • Utensili per asportazione di truciolo;
  • Stampi;
  • Stampaggio ad iniezione.

 

Le caratteristiche di un utensile sono:

  • Durezza, resistenza all’usura e all’ingrossamento del grano favorite dalla presenza di elementi che formino carburi come Cr, Mo, W e V;
  • Tenacità;
  • Resistenza agli shock termici favorita da una buona conducibilità termica legata al basso tenore di elementi in lega;
  • Attitudine al taglio legata alla durezza, alla tenacità ed alla grana;
  • Lavorabilità per asportazione di truciolo quando si debba formare l’utensile.

 

Devono anche essere tenaci per resistere ad eventuali momenti indotti da deformazione (soprattutto per gli stampi a freddo).
Durezza e tenacità sono però antagoniste: all’aumentare dell’una diminuisce l’altra, quindi per ottenere l’utensile voluto bisogna porre attenzione in produzione; se la durezza è minore del voluto l’utensile si usura più velocemente mentre se la tenacità è minore si rompe: è quindi sempre meglio privilegiare la tenacità rispetto alla durezza.

La normativa li classifica in 3 classi:


  • Acciai Rapidi : per utensili per asportazione di truciolo, sono i più costosi in assoluto tra tutti gli acciai:

Questi sono gli acciai per utensili rapidi più usati (soprattutto gli ultimi tre, il primo è quello di Taylor che ha soprattutto valore storico) con le rispettive designazioni americane AISI (T indica tungsteno, M indica Molibdeno); tutti contengono elementi nelle percentuali 0,78÷1,13%C e 4%Cr e raggiungono durezza Rockwell dell’ordine HRc≈65÷66;

  • Acciai per Lavorazione a Caldo: per stampi per stampaggio a caldo (800÷1000°C), hanno tenore di carbonio basso 0,25÷0,6%C e nichel per aumentare la tenacità, altri elementi come W, Mo, Cr per elevare la durezza, V perla resistenza al surriscaldamento, Si per aumentare la resistenza all’ossidazione; i trattamenti termici effettuati sono una tempra (in olio o aria, sono autotempranti) + rinvenimento circa 700°C (temperatura rinvenimento più alta di quella d’esercizio);

 

  • Acciai per Lavorazione a Freddo: per utensili poveri (martello) o per coniatura. Hanno elevata durezza data da un tenore elevato di carbonio C≤2,3% che si conserva fino a temperature non superiori a 200°C; si usano acciai al solo carbonio e basso-alto legati:

Quelli al solo carbonio e bassolegati si effettua tempra (in acqua) + rinvenimento al 1° stadio (bassa temperatura); quelli altolegati tempra (in olio) + rinvenimento alla temperatura di 550°C per sfruttare la durezza secondaria.

Data la durezza di queste leghe e la presenza di carbonio ed altri elementi , i trattamenti termici richiedono particolari attenzioni:

  • Ricottura di globulizzazione: per ottenere il massimo addolcimento;
  • Elevate T di austenizzazione con vari riscaldamenti intermedi per evitare gradienti di temperatura fino anche a 1290°C in atmosfera protettiva per evitare la decarburazione. L’ingrossamento della grana dovuto alle alte temperature è impedito dai carburi di vanadio;
  • Controllo del tempo di permanenza data l’elevata temperatura per evitare il surriscaldamento;
  • Raffreddamento eseguito con azoto o in bagni di sali (cloruro di bario) anche lento dato che questi acciai sono autotempranti;
  • Rinvenimento ad una T≈550°C per favorire la durezza secondaria, per eliminare l’austenite residua (dopo tempra) e per diminuire la fragilità della martensite.  Vengono effettuati fino a 4 rinvenimenti in modo da trasformare tutta l’austenite residua in martensite.

Conducibilità termica: ricordiamo che una lega ha peggiore conducibilità di un metallo puro dovuta alle distorsioni al reticolo indotte dagli elementi presenti.

Acciai rapidi: ricordiamo la loro designazione data dalla sigla HS + le percentuali di W, Mo, V, Co.

Acciaio Inossidabile

Detti anche acciaio inox sono acciai che contengono almeno il 12% di Cr necessario per la passivazione. A seconda della microstruttura vengono classificati in ferritici, austenitici, martensitici e duplex.
Esiste un diagramma di esistenza di queste strutture detto diagramma di Sheffler (qui riprodotto schematicamente) ottenuto con bruschi raffreddamenti

Nella scelta degli acciai inossidabili vengono scelte strutture monobasiche per evitare la formazione di micropile (problema particolarmente importante tra austenitici e martensitici). Gli unici acciai bifase sono i duplex, che a caratteristiche meccaniche e chimiche elevate contrappongono costi elevati.

Martensitici

Hanno un tenore di cromo compreso tra 12÷17%, non hanno nichel. Gli acciai utilizzati sono:

Vengono impiegati allo stato bonificato per applicazioni soggette a momento torcente come gli assi delle turbine idrauliche e a vapore e le pale delle turbine.
Vengono temprati a temperatura più elevata del necessario per accelerare la soluzione dei carburi di cromo quindi a circa 1000°C (sono autotempranti, si temprano da soli in aria dato il tenore di cromo) e quindi rinvenuti a T<420°C (acciai per utensili tipo coltelli) o a T>620°C (acciai per momenti torcenti e da bonifica). Si evita l’intervallo di temperatura di 570°C per ovviare alla fragilità al rinvenimento o malattia di Kroop.


Ferritici

Hanno un tenore di cromo compreso tra 11,5÷27% e basso contenuto di carbonio (C<0,10%). L’acciaio più utilizzato è:

Data la minore presenza di carbonio non è temprabile. Data la sua buona plasticità viene usato per monete, posateria, vasellame (poco costosi), elettrofili con lavorazione plastica a freddo: questo provoca un incrudimento eliminato con una ricottura di ricristallizzazione a 820°C  e raffreddato in acqua.
Ha minore resistenza alla corrosione rispetto agli austenitici ma costa meno, è poco soggetto alla tensiocorrosione ed alla corrosione intercristallina. Alle alte temperature va bene fino a max 800°C poi i grani si ingrossano; a basse temperature è assolutamente da evitare.

Austenitici

Hanno caratteristiche eccezionali ma anche grossi difetti. Rappresentano il 60% della produzione totale di acciai inossidabili.
L’acciaio più conosciuto di questa classe è il:

Che da solo rappresenta un terzo della produzione di acciai inox austenitici; contiene 18÷20%Cr, 8÷10,5%Ni e C<0,06% (relegato quindi al ruolo di impurezza).


Analizziamo ora pregi e difetti di questo acciaio:

Difetti

  • Saldabilità : l’elevata presenza percentuale di cromo e la presenza di carbonio porta ad alti valori del carbonio equivalente e quindi a bassa saldabilità della lega; per ovviare  a questo si usano leghe leggermente modificate in cui viene diminuito il tenore di carbonio come la:

 

Quindi usiamo leghe in cui il carbonio non eccede lo 0,03%;

  • Pitting: corrosione dovuta allo ione cloruro che forma un pit (o foro) sulla superficie, blocca il processo di passivazione (insinuandosi all’interno del foro non permette l’arrivo di ossigeno) e la conseguente fessurazione della struttura (ferritici e martensitici non ne sono soggetti in maniera rilevante). Per risolvere stabiliamo un parametro che indichi la resistenza al pitting:

 

Molibdeno e azoto offrono maggiore resistenza al pitting (come si vede dalla formula) ma l’azoto indurisce troppo l’acciaio; usiamo tenori di molibdeno nell’ordine del 2÷3% come nell’acciaio inox austenitico:

Nella versione normale e saldabile. Dato che il molibdeno è un elemento α-geno mettiamo leggermente meno cromo per stare nella punta del diagramma di Sheffler.

  • Lega non truciolabile: è la lega meno truciolabili in assoluto tra i materiali metallici dato che la truciolabilità è inversamente proporzionale alla durezza. Sotto l’effetto dell’utensile l’austenite si trasforma in martensite (tenso-indotta) e porta ad una usura dell’utensile. Per ovviare a questo si inserisce nella matrice una fase non metallica: solfuri di ferro e manganese, ottenendo l’acciaio:

 

Che contiene lo 0,35%S al posto del normale 0,035% quindi 10 volte di più.

  • Non resiste alla tenso-corrosione: sottoposto a trazione (solamente a trazione, a compressione non succede nulla)  si screpola esponendo zone non passivate alla corrosione. Non sono soggetti gli acciai ferritici.

 

Pregi

  • Fortemente incrudibili: inizialmente l’acciaio è molto plastico (ottimo per imbutitura ad esempio) ed ha caratteristiche meccaniche modeste ma sottoposto a deformazione plastica a freddo incrudisce raggiungendo ottimi valori di tensione di snervamento (fino a 2000÷2200 Mpa) e di rottura (fino a 2500 MPa). Se avessi aggiunto carbonio per aumentare le tensioni massime durante la lavorazione avremmo avuto la trasformazione dell’austenite in martensite.

 

  • Basse Temperature: ha un ottimo comportamento, non ne risente fino anche a -200°C (usato per contenitori per azoto liquido, aria liquida, ossigeno).

 

  • Alte Temperature: ha un ottimo comportamento, viene definito anche acciaio resistente al calore dato che lo strato passivato resiste; si comporta bene fino a 900°C con punte di 1100°C, ma ne esiste un versione che resiste fino a 1050÷1100°C con punte di 1200÷1250°C:

Che contiene il 25%Cr, 20%Ni, 0,15÷0,18%C, molto costoso però. Migliori di questo ci sono solo le leghe per alte temperature. Non c’è corrosione perché a 1000°C non ci sono elettroliti a umido.

 

Saldabilità: ricordiamo che per definire la saldabilità di una lega ci si riferisce al carbonio equivalente dato che elevati tenori di carbonio e di altri elementi portano, durante la saldatura, alla trasformazione della struttura in martensite, risultando quindi fragile.

Fonte: http://mcbresy.webs.com/Materiale%20Didattico%20MC/MATERIALI%20METALLICI.doc

Sito web da visitare: http://mcbresy.webs.com/

Autore del testo: APPUNTI DI MATERIALI METALLICI
Lezioni di G.M.Paolucci
A cura di Marco Bresciani
Sito Internet: www.freewebs.com/mcbresy

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