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MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA
GENERALITÀ
I motori termici sono macchine che hanno lo scopo di trasformare energia termica in energia meccanica. Sebbene l’energia termica possa provenire da diverse fonti primarie, nel seguito si farà riferimento esclusivamente a quella proveniente dalla combustione di combustibili liquidi o aeriformi.
In base al tipo di movimento, i motori termici possono essere classificati in alternativi, rotativi, a getto. I primi sviluppano lavoro utile grazie ad organi dotati di movimento alternato, tipo i motori a combustione interna a ciclo Otto e a ciclo Diesel, i secondi grazie ad organi dotati di moto rotatorio, tipo le turbine, i terzi grazie alla spinta fornita da un getto di gas, tipo i motori dei razzi. Nel caso di motori alternativi e rotativi, il movimento degli organi è dovuto ad un fluido, denominato fluido attivo, che compie lavoro grazie a variazioni di pressione e di volume conseguenti alla introduzione di calore ottenuta per mezzo della combustione di combustibile; nel caso dei motori a getto, il fluido attivo genera direttamente la spinta necessaria per il movimento del veicolo che porta il motore.
In base al luogo in cui avviene la combustione, i motori termici possono essere classificati in motori a combustione esterna o esotermici e in motori a combustione interna o endotermici. Nel primo caso, la combustione avviene al di fuori del fluido attivo, e quindi il calore è trasmesso a questo attraverso uno scambiatore di calore, nel secondo, il combustibile viene bruciato all’interno del fluido attivo stesso in modo che vengono a far parte di questo anche i prodotti della combustione. Nei motori endotermici il fluido attivo è perciò inizialmente costituito da una miscela di combustibile e comburente che subisce poi una successione di trasformazioni dovute alla reazione di combustione. Il comburente, che fornisce l’ossigeno necessario alla combustione, è costituito, per i motori che debbono funzionare entro l’atmosfera terrestre, dall’aria, mentre per i motori dei veicoli spaziali è un prodotto chimico. Poiché in tale trattazione si farà esclusivamente riferimento ai motori terrestri, e in particolare ai motori endotermici alternativi, per fluido attivo si intenderà una miscela di aria e combustibile. L’aria entra dunque nel motore, partecipa come comburente alla combustione ricevendone il calore sviluppato e raggiungendo una temperatura elevata, e poi, come parte dei gas di scarico, viene reimmessa nell’ambiente a temperatura più bassa.
I motori endotermici alternativi possono a loro volta essere classificati in vari modi, a seconda dei riferimenti che si prendono come base per la classificazione.
A seconda del sistema di accensione, possono essere classificati in motori ad accensione comandata o per scintilla e in motori ad accensione spontanea o per compressione. Nei primi, l’innesco della combustione è dovuto ad una scintilla elettrica che scocca fra gli elettrodi di
una candela, nei secondi avviene spontaneamente grazie all’elevata temperatura dell’aria a fine compressione.
A seconda del ciclo operativo, si possono classificare in motori a quattro tempi e in motori a 2 tempi. I primi completano il ciclo di lavoro in quattro corse dello stantuffo, e quindi in due giri dell’albero motore, i secondi in due corse dello stantuffo, e quindi in un solo giro dell’albero motore.
Infine, a seconda del sistema di immissione del combustibile, si possono classificare in motori a carburazione e in motori a iniezione. Nei primi, sempre ad accensione comandata, la miscela di aria e combustibile è preparata, prima di essere immessa nel cilindro e nelle corrette proporzioni, da un apposito organo detto carburatore, nei secondi, il combustibile è immesso, finemente polverizzato, tramite iniettori alimentati da una pompa di iniezione o direttamente nel cilindro (motori ad accensione spontanea) o nei condotti di aspirazione (alcuni modelli di motori ad accensione comandata).
La figura 64 riporta uno schema della sezione trasversale di un motore endotermico alternativo ad accensione comandata. Poiché le parti principali sono comunque comuni anche ai motori ad accensione spontanea, lo schema può essere in ogni caso utilizzato per indicare la nomenclatura fondamentale.
Il cilindro è il contenitore a forma cilindrica nel quale lo stantuffo, o pistone, si muove con moto rettilineo alternato. Il cilindro fa parte del blocco cilindri o monoblocco, il quale, a sua volta, fa parte del basamento, che può essere considerato la struttura fondamentale del motore. La parte superiore del cilindro è chiusa dalla testata o testa. Il volume racchiuso nel cilindro fra la testa e lo stantuffo rappresenta la camera di combustione nella quale viene bruciata la miscela di combustibile e aria. Nel motore ad accensione per scintilla questa miscela si forma nel carburatore ed entra nel cilindro attraverso il condotto di aspirazione e la valvola di aspirazione. La farfalla del carburatore serve a regolare la quantità di miscela entrante. Nel motore ad accensione spontanea il combustibile è iniettato nel cilindro per mezzo di un iniettore. La quantità di combustibile è regolata attraverso la pompa di iniezione, mentre non vi è alcuna regolazione della quantità di aria che entra attraverso il condotto e la valvola di aspirazione. Nei motori ad accensione comandata l’inizio della combustione avviene con lo scoccare della scintilla fra gli elettrodi della candela, in quelli ad accensione per compressione con l’accensione spontanea del combustibile polverizzato dall’iniettore in conseguenza dell’alta temperatura dell’aria fortemente compressa nel cilindro. Il pistone, munito di anelli di tenuta o segmenti che impediscono ai gas di espansione di sfuggire dal lato della biella, trasmette la spinta di questi gas, attraverso il perno o spinotto, alla biella e quindi alla manovella dell’albero a gomiti o albero motore. Biella e manovella trasformano il moto lineare alternato dello stantuffo in moto rotatorio dell’albero a gomiti che ruota entro cuscinetti di
banco applicati al basamento. I passaggi attraverso i quali i prodotti della combustione si scaricano all’esterno sono la valvola di scarico e il condotto di scarico. Sia la valvola di aspirazione che quella di scarico sono azionate da organi chiamati della distribuzione. Un albero della distribuzione o albero a camme è condotto dall’albero a gomiti per mezzo di una catena, di una cinghia o di ingranaggi. Le camme o eccentrici, ricavati sull’albero, agiscono su punterie, aste e bilancieri per trasmettere il movimento alle valvole secondo la forma dei corrispondenti eccentrici. Le valvole sono tenute in sede dalle loro molle.
Figura 64: Schema di un motore alternativo ad accensione comandata
Dal punto di vista geometrico, quali parametri fondamentali del motore sono da ricordare:
Punto morto superiore (P.M.S.): posizione dello stantuffo più vicina alla testa del cilindro; Punto morto inferiore (P.M.I.): posizione dello stantuffo più lontana dalla testa del cilindro; Diametro o alesaggio: diametro interno del cilindro, espresso generalmente in millimetri; Corsa: distanza fra P.M.S. e P.M.I., espressa generalmente in millimetri;
Volume totale del cilindro V1 : volume compreso fra la testa e lo stantuffo quando questo è al
P.M.I., espresso generalmente in centimetri cubi;
Volume della camera di combustione V2 : volume compreso fra la testa e lo stantuffo quando
questo è al P.M.S., generalmente espresso in centimetri cubi;
Volume spostato dallo stantuffo o cilindrata (V1 -V2 ) : volume generato dallo stantuffo col
suo spostamento dal P.M.S. al P.M.I., generalmente espresso in centimetri cubi;
Rapporto volumetrico di compressione r: rapporto fra il volume totale del cilindro V1
volume della camera di combustione V2 .
Per ciclo operativo si intende la successione delle operazioni che il fluido attivo compie nel cilindro e ripete con legge periodica. La durata del ciclo operativo viene misurata col numero di corse effettuate dallo stantuffo per compierlo. I motori alternativi sono a quattro tempi quando il ciclo si compie con quattro corse dello stantuffo, a due tempi quando si compie con due sole corse. Ciò significa che i motori a quattro tempi compiono un ciclo ogni due giri dell’albero motore e quelli a due tempi uno ogni giro.
La grande maggioranza dei motori endotermici alternativi di media e grande potenza è del tipo a quattro tempi, il cui ciclo operativo comprende, nell’ordine, le seguenti quattro fasi (ogni fase corrisponde approssimativamente a una corsa dello stantuffo e quindi a un semigiro dell’albero motore):
Immissione o aspirazione: lo stantuffo, nella sua corsa dal P.M.S. al P.M.I., causa una aspirazione del fluido nel cilindro. Nella camera di combustione si apre a tempo opportuno la valvola di aspirazione per permettere l’entrata dell’aria o della miscela gassosa combustibile. La valvola comincia ad aprirsi prima dell’inizio della corsa (anticipo dell’apertura della valvola di aspirazione) e si chiude dopo che la corsa è stata terminata (ritardo della chiusura della valvola di aspirazione).
Compressione: chiusasi la valvola di aspirazione, durante la corsa di ritorno dello stantuffo la carica è compressa nella camera di combustione fino ad un valore massimo che viene raggiunto alla fine della corsa. Nel caso ideale si ritiene che tale compressione sia adiabatica, cioè avvenga senza scambi di calore con l’esterno. In realtà si ha sempre una cessione di calore al sistema di refrigerazione.
Combustione ed espansione: poco prima della fine della corsa di compressione avviene l’accensione della miscela per mezzo di una scintilla elettrica, oppure l’accensione spontanea del combustibile iniettato nella camera di combustione, con conseguente repentino innalzamento di temperatura e pressione causato dal calore di combustione. La scintilla deve scoccare o l’iniezione deve avvenire prima del P.M.S. (anticipo di accensione) in quanto la combustione non è istantanea ma dura per un certo tempo. Il valore raggiunto dalla pressione dopo l’accensione è di circa 2÷4 volte superiore a quello che aveva inizialmente, per cui lo stantuffo è spinto verso il basso. Prima che la corsa di espansione sia completata comincia ad aprirsi la valvola di scarico (anticipo dell’apertura della valvola di scarico) ed i gas combusti, che sono ancora sotto una certa pressione, cominciano a sfuggire (scarico spontaneo).
Scarico: durante la successiva corsa di ritorno verso il P.M.S. lo stantuffo espelle i gas combusti attraverso la valvola di scarico (scarico forzato). Alla fine della corsa, o poco dopo, si richiude la valvola di scarico (posticipo della chiusura della valvola di scarico). Nel frattempo si è riaperta la valvola di aspirazione ed un nuovo ciclo incomincia per continuare a ripetersi regolarmente.
Nelle figure 65 e 66 sono schematicamente riportate rispettivamente le fasi del ciclo a quattro tempi dei motori ad accensione comandata e di quelli ad accensione spontanea.
1: Aspirazione
2: Compressione
3: Espansione
4: Scarico
Figura 65: Fasi del ciclo a quattro tempi in un motore ad accensione comandata
Aspirazione Compressione Espansione Scarico
Figura 66: Fasi del ciclo a quattro tempi in un motore ad accensione spontanea
Nei motori a due tempi il ciclo operativo è concluso in due corse, per cui l’immissione del fluido attivo deve avvenire durante una frazione della corsa di compressione e lo scarico durante una frazione della corsa di espansione. Perché ciò si verifichi è necessario che il fluido attivo sia preventivamente compresso affinché possa entrare nel cilindro e che lo scarico del gas combusto avvenga per la pressione propria. Nello schema riportato in figura 67, valido per motori di piccola potenza, la compressione preventiva del fluido avviene nella camera del manovellismo per opera dello stantuffo funzionante come pompa dal lato inferiore. Nella stessa figura è mostrato come la distribuzione del fluido attivo può essere fatta, senza necessità di valvole, per mezzo dello stesso stantuffo che apre e chiude, durante le sue corse, apposite luci.
Figura 67: Fasi del ciclo a due tempi per un motore senza valvole
Il primo tempo corrisponde alla corsa di espansione, che ha inizio con l’accensione e la combustione, e prosegue con l’espansione fino a che lo stantuffo apre la luce di scarico. I gas combusti cominciano a questo punto ad uscire a causa della loro ancora elevata pressione, creando nella massa fluida una corrente diretta verso l’uscita. Subito dopo si apre anche la luce di travaso e il fluido attivo, spinto dalla pressione fornitagli nella camera del manovellismo, e richiamato inoltre dalla corrente dei gas uscenti, entra nel cilindro. Si inizia così il lavaggio e l’immissione di nuova miscela nel cilindro che occupa il resto della corsa.
Il secondo tempo corrisponde alla corsa di ritorno dello stantuffo al P.M.S.. La prima parte è ancora dedicata al lavaggio e all’immissione, successivamente alla compressione. Prima che la corsa sia compiuta, il bordo inferiore dello stantuffo lascia libera la luce di ammissione e nuovo fluido attivo, grazie alla depressione creatasi a causa per lo spostamento dello stantuffo, entra nella camera del manovellismo.
Il motore ad accensione comandata è basato sui principi teorici enunciati da Beau de Rochas e applicati praticamente da Otto nel 1862; oggi è uso comune chiamare tale tipo di motore appunto motore a ciclo Otto. L’esame di tale ciclo, come pure di quello del motore ad accensione spontanea, tenendo conto di tutte le variabili che realmente lo influenzano, rappresenta un problema molto complesso, per cui generalmente si ricorre o al ciclo ideale per un primo studio qualitativo o al ciclo indicato, cioè rilevato sperimentalmente tramite appositi strumenti detti appunto indicatori, per uno studio più preciso.
Nel ciclo ideale si ritiene che il fluido operante sia aria che si comporta come gas perfetto. Perciò i valori dei calori specifici sono considerati costanti ed eguali a quelli dell’aria alle condizioni standard di 15 °C di temperatura e alla pressione atmosferica:
Si suppone poi che l’introduzione e sottrazione del calore abbiano una durata ben determinata, dipendente dal tipo di ciclo del motore e che durante le altre fasi non si abbiano scambi di calore con l’esterno.
Date queste semplificazioni, il ciclo ideale rappresenta il limite massimo che il motore può teoricamente raggiungere in fatto di prestazioni e permette uno studio matematico semplice basato sulle leggi dei gas perfetti. Esso può essere efficacemente rappresentato nel piano pressione-volume, il quale permette anche di visualizzare le varie fasi del motore (figura 68). Tale diagramma riporta le trasformazioni termodinamiche via via subite del fluido attivo, le quali sono rappresentate da curve che esprimono i valori della pressione del fluido attivo stesso, operante all’interno del cilindro, in funzione del volume da esso occupato. Poiché tale volume è ovviamente proporzionale alla posizione dello stantuffo, sull’asse delle ascisse
potrebbe anche essere riportata tale posizione. In particolare è possibile riportare i punti morti inferiore e superiore che rappresentano i confini fisici entro cui si sviluppa il ciclo.
Le trasformazioni termodinamiche che si verificano durante il ciclo sono:
AB: apertura istantanea della valvola di aspirazione quando lo stantuffo si trova al P.M.S. e aspirazione del fluido attivo all’interno del cilindro, idealmente a pressione atmosferica
pa . È una fase del motore in quanto corrisponde ad una corsa dello stantuffo dal P.M.S. al
P.M.I.;
BC: chiusura istantanea della valvola di aspirazione quando lo stantuffo si trova al P.M.I. e compressione adiabatica, cioè senza scambio di calore con l’esterno, del fluido attivo. È una fase del motore in quanto corrisponde ad una corsa dello stantuffo dal P.M.I. al P.M.S.;
CD: introduzione istantanea del calore
Q1 a volume costante, quando lo stantuffo si trova al
P.M.S., con conseguente incremento di temperatura e pressione. Non è una fase del motore in quanto lo stantuffo rimane fermo;
DE: espansione adiabatica del fluido attivo con conseguente abbassamento di temperatura e pressione. È una fase del motore in quanto corrisponde ad una corsa dello stantuffo dal
P.M.S. al P.M.I.. È inoltre l’unica fase attiva del ciclo, cioè l’unica da cui si ottiene lavoro utile;
EB: apertura istantanea della valvola di scarico quando lo stantuffo si trova al P.M.I. e
sottrazione istantanea al fluido attivo del calore lo stantuffo rimane fermo;
Q2 . Non è una fase del motore in quanto
BA: scarico del fluido attivo idealmente a pressione atmosferica e chiusura istantanea della
valvola di scarico quando lo stantuffo raggiunge il P.M.S.. È una fase del motore in quanto corrisponde ad una corsa dello stantuffo dal P.M.I. al P.M.S..
L’area racchiusa dal ciclo BCDEB rappresenta il lavoro utile
Lu sviluppato dal motore in
ogni ciclo operativo. Il rendimento termodinamico ht
è definito come rapporto tra tale lavoro e
la quantità di calore
Q1 somministrata.
Poiché d’altra parte il lavoro utile è pari alla
differenza fra il calore somministrato
Q1 e il
calore sottratto
Q2 , il rendimento
termodinamico è anche esprimibile come:
Poiché nel ciclo ideale si ritiene che il fluido attivo si comporti come un gas perfetto, tale rendimento può essere calcolato sfruttando appunto le leggi dei gas perfetti
il rapporto volumetrico di compressione. Il rendimento è
funzione dunque del rapporto volumetrico di compressione e dell’esponente k e aumenta al crescere di r , il quale è esclusivamente un dato di tipo geometrico, e al crescere di k, il quale
dipende dalle caratteristiche del fluido attivo.
Il motore ad accensione spontanea è basato sui lavori di Rudolph Diesel che realizzò i suoi primi motori intorno al 1892. Il ciclo teorico nel piano (p,V), che prende appunto il nome di ciclo Diesel, differisce dal ciclo Otto teorico per il fatto che la combustione avviene non a volume costante, bensì a pressione costante
(figura 69).
Le fasi di aspirazione (AB) e compressione (BC) sono perfettamente analoghe a quelle del ciclo Otto. Si ha poi la fase di combustione-espansione, corrispondente alla corsa di ritorno dello stantuffo dal P.M.S. al P.M.I.. Nel primo tratto (CD) si ha l’introduzione del calore
Q1 a pressione costante e successivamente
l’espansione adiabatica del fluido attivo con conseguente abbassamento di temperatura e pressione. Per il resto, il ciclo prosegue come nel caso dei motori ad accensione comandata.
Figura 69: Ciclo Diesel teorico nel piano (p,V)
L’area racchiusa dal ciclo BCDEB rappresenta ovviamente sempre il lavoro utile Lu
sviluppato dal motore in ogni ciclo operativo, per cui il rendimento termodinamico risulta sempre espresso da:
In questo caso, sfruttando sempre le leggi dei gas perfetti, si può dimostrare che assume l’espressione
il rapporto di combustione a pressione costante. Il rendimento
del ciclo Diesel è dunque funzione del rapporto di compressione, del rapporto di combustione a pressione costante e dell’esponente k. Esso differisce da quello del ciclo Otto per il termine in parentesi quadrata, che è sempre maggiore di 1: ne segue pertanto che, a parità di r, il rendimento termodinamico del ciclo Otto è sempre superiore a quello del ciclo Diesel. Riducendo t ¢, e cioè il calore introdotto a pressione costante, il rendimento termodinamico del ciclo Diesel si avvicina a quello del ciclo Otto, col quale coincide quando t ¢= 1 .
Le condizioni reali di funzionamento dei motori sono lontane da quelle rispecchiate dai cicli ideali Otto e Diesel. Per i motori Diesel il processo di combustione si avvicina alla trasformazione a pressione costante solo nel caso di motori eccezionalmente grandi e lenti, tipo quelli utilizzati per la propulsione navale. Normalmente nei motori Diesel il diagramma reale mostra che la combustione avviene secondo un processo che si avvicina alla combinazione di una trasformazione a volume costante e di una a pressione costante. Si può dire che in pratica i cicli Otto e Diesel si avvicinano molto nella forma, tanto da potersi considerare come casi particolari di un ciclo misto nel quale la combustione avviene in parte a volume costante e in parte a pressione costante. Questo ciclo teorico è chiamato ciclo misto di Sabathé ed è riportato
in figura 70.
In esso, dopo le fasi di aspirazione (AB) e compressione adiabatica (BC), si ha
costante (D´D´´) come nel ciclo Diesel. Seguono poi l’espansione adiabatica (D´´E), la sottrazione del calore Q2 a volume costante (EB) e lo scarico (BA).
Il rendimento termodinamico, tenuto
conto che il calore complessivamente
Figura 70: Ciclo misto teorico nel piano (p,V)
il rapporto di combustione a volume costante. A parità di
rapporto di compressione, il rendimento del ciclo misto risulta intermedio fra quelli del ciclo Otto e del ciclo Diesel. Nella figura 71 sono riportati gli andamenti dei rendimenti dei tre cicli
al variare del rapporto di compressione. Per un fissato r, il ciclo Otto ha il rendimento maggiore e il ciclo Diesel quello
minore. È però da considerare che per i motori Diesel i rapporti di compressione variano fra 14 e 22, mentre per i motori ad accensione per scintilla generalmente non superano il valore di 10 per non incorrere in fenomeni di combustione anomala. Quindi nelle realizzazioni pratiche il motore Diesel ha un rendimento
termodinamico superiore a quello
del motore a ciclo Otto.
Figura 71: Confronto fra i rendimenti dei tre cicli teorici
Il ciclo reale è quello che rispecchia le reali condizioni di funzionamento di un motore e quindi si identifica con il diagramma delle pressioni misurate nel cilindro in corrispondenza delle varie posizioni dello stantuffo durante il funzionamento del motore. Questo diagramma si chiama diagramma indicato e l’apparecchio che serve per tracciarlo indicatore. Fra ciclo indicato e ciclo teorico esistono differenze sostanziali sia nella forma come nei valori di temperatura e pressione (figura 72). Le cause di queste differenze sono da attribuire a:
Perdite di calore: nel ciclo teorico compressione ed espansione avvengono senza scambi di calore con l’esterno. Nella realtà, invece, poiché il cilindro è raffreddato per assicurare il buon funzionamento dello stantuffo, esiste
una certa trasmissione di calore dal fluido alle pareti. Le linee di espansione e compressione non sono quindi adiabatiche ma politropiche,
cioè descritte da relazioni del tipo
pvn = cost
con
n ¹ k . Precisamente,
poiché il fluido subisce perdite di
calore, è
n > k
durante l’espansione e
il viceversa durante la compressione. Come conseguenza di ciò si verifica una perdita di lavoro utile corrispondente all’area indicata con A nella figura 72;
Figura 72: Confronto fra ciclo Otto teorico e indicato
Combustione non istantanea: nel ciclo teorico la combustione avviene a volume costante e quindi istantaneamente, mentre nel ciclo reale richiede un tempo finito. Se l’accensione avesse luogo in corrispondenza del P.M.S., la combustione procederebbe durante l’allontanamento dello stantuffo dal P.M.S. e il valore della pressione sarebbe inferiore al previsto, con conseguente perdita di lavoro utile. Conviene perciò anticipare l’accensione in modo che la combustione possa avvenire in massima parte quando lo stantuffo si trova in prossimità del P.M.S.. Ciò produce un arrotondamento della linea teorica di introduzione del calore, e quindi una perdita di lavoro rappresentata dalle aree indicate con B, ma questa perdita risulta di entità assai minore di quella che si avrebbe senza anticipo di accensione;
Tempo di apertura della valvola di scarico: nel ciclo teorico l’estrazione di calore avviene istantaneamente in corrispondenza del P.M.I.. Nel ciclo reale si protrae invece per un certo tempo in quanto la valvola di scarico deve aprirsi in anticipo per dare tempo ad una parte dei gas combusti di uscire dal cilindro prima che lo stantuffo raggiunga il P.M.I., in modo che la pressione scenda all’incirca al valore di quella esterna all’inizio della corsa di espulsione. Questo provoca una perdita di lavoro utile rappresentato dall’area indicata con C, perdita che però è minore a quella che si avrebbe senza l’anticipo dell’apertura della valvola di scarico; Presenza di un ciclo di pompaggio: durante la corsa di aspirazione la pressione nel cilindro è inferiore a quella che si ha durante la corsa di scarico e generalmente inferiore a quella atmosferica durante l’aspirazione e il viceversa durante lo scarico. Si crea perciò sul diagramma indicato un ciclo percorso in senso antiorario, racchiudente quindi un’area negativa, indicata nel diagramma con D, corrispondente ad un ulteriore lavoro perduto. Questo lavoro è fatto dal motore per compiere l’aspirazione e lo scarico e viene chiamato lavoro di pompaggio;
Aumento dei calori specifici del fluido con la temperatura: sia il calore specifico a pressione costante che quello a volume costante di un gas reale aumentano con la temperatura, ma diminuisce il loro rapporto. Ne consegue che i valori massimi della pressione e temperatura risultano sempre inferiori a quelli raggiungibili nel caso in cui i calori specifici fossero costanti al variare della temperatura. Ne risulta una diminuzione dell’area del ciclo e quindi del rendimento termodinamico;
Dissociazione nella combustione: poiché la dissociazione dei prodotti della combustione,
costituiti essenzialmente da CO2
e H 2O , in altri composti quali CO , H 2
e O2 , è una reazione
che avviene con assorbimento di calore, la temperatura massima raggiungibile viene ridotta e una certa quantità di lavoro perduta.
Nel ciclo reale le trasformazioni non avvengono dunque, come supposto nel ciclo teorico, entro i limiti rappresentati dai punti morti. Pertanto le fasi del ciclo si compiono durante spostamenti angolari della manovella che sono diversi tra loro e da quelli che corrispondono alle corse dello stantuffo. Ciò è particolarmente evidenziato dal diagramma
indicato, in cui è possibile esaminare i reali valori della pressione durante lo svolgimento del ciclo.
Immissione: all’inizio della corsa di aspirazione l’interno del cilindro si trova ad una pressione leggermente superiore a quella atmosferica poiché non è ancora terminata la fase di scarico. Quando si raggiunge l’eguaglianza fra le pressioni interna ed esterna, lo stantuffo, nella sua corsa verso il P.M.I., richiama miscela gassosa attraverso la valvola di aspirazione aperta a tempo opportuno. Per effetto delle resistenze incontrate dai gas nei condotti, si ha nella maggior parte di questa fase una pressione minore di quella esterna (depressione all’aspirazione). La depressione è tanto maggiore quanto maggiore è la velocità del gas nei condotti perché maggiori risultano le resistenze al suo passaggio.
L’anticipo dell’apertura della valvola di aspirazione rispetto al P.M.S. è principalmente conseguenza della legge che la valvola segue nel suo movimento. Infatti, il tempo durante il quale si compie il moto di alzata è relativamente lungo in quanto, per avere un funzionamento regolare, non devono essere superati certi valori di velocità e accelerazione della valvola. Perciò, affinché la valvola sia completamente aperta nel momento più conveniente per ottenere il massimo riempimento del cilindro, è necessario che l’inizio dell’alzata avvenga prima del P.M.S.. Nei motori veloci l’anticipo deve essere maggiore che nei motori lenti. Quando lo stantuffo inizia la corsa di ritorno, l’ambiente del cilindro si trova ancora in depressione per cui, malgrado il movimento contrario dello stantuffo, la valvola di aspirazione viene lasciata ancora aperta per far continuare l’introduzione di fluido finché non si verifica nuovamente l’uguaglianza fra la pressione interna e quella atmosferica. Se i condotti d’immissione sono lunghi, utilizzando l’effetto dell’inerzia della colonna gassosa, l’introduzione di miscela può ancora seguitare per un certo tempo, trascorso il quale occorre chiudere la valvola di aspirazione. Quanto maggiore è la velocità di rotazione del motore, tanto maggiore è l’effetto dell’inerzia dei gas e quindi maggiore è il ritardo da darsi alla chiusura della valvola rispetto al P.M.I.. È a questo punto che inizia la fase di compressione vera e propria.
Anticipo di apertura e ritardo di chiusura della valvola di aspirazione servono quindi a massimizzare la quantità di miscela da introdurre nel cilindro, in modo da aumentare la quantità di combustibile che può essere bruciato e quindi la potenza sviluppata dal motore. La misura del grado di riempimento del cilindro viene espressa dal rendimento volumetrico o, come dovrebbe essere più propriamente chiamato dato che può assumere valori anche superiori all’unità, coefficiente di riempimento. Esso è il rapporto fra la massa effettiva di aria introdotta nel cilindro in ogni ciclo e la massa di aria teoricamente introducibile ad una temperatura di 15 °C e alla pressione di un’atmosfera. È superiore a uno nei motori sovralimentati, dove un compressore volumetrico o un turbocompressore azionato dai gas di scarico, immette nel cilindro una massa di fluido attivo superiore a quella introducibile con la semplice aspirazione. Come risultato finale si ha un sensibile aumento di potenza, anche del 30÷50%, soprattutto se
la sovralimentazione viene spinta notevolmente. I valori maggiori si ottengono interponendo fra motore e compressore un sistema di raffreddamento dell’aria (intercooler).
Compressione: avviene per effetto del moto dello stantuffo dal P.M.I. verso il P.M.S.. Tenendo conto del fatto che la combustione per completarsi richiede un certo tempo, per consentire lo svolgimento più soddisfacente della successiva fase utile, l’accensione deve avvenire prima che lo stantuffo abbia raggiunto il P.M.S..
Combustione ed espansione: con l’accensione della miscela ha inizio la combustione, la quale genera un repentino innalzamento di temperatura e pressione. Il combustibile proveniente dal carburatore è già vaporizzato e intimamente mescolato con l’aria. Una combustione normale deve avere come unico focolaio d’innesco la scintilla prodotta dalla candela. Dal focolaio iniziale la combustione si propaga gradualmente a tutta la carica secondo un fronte di fiamma rappresentato da una superficie più o meno irregolare di separazione fra la parte di miscela già accesa e quella che non lo è ancora. Il fronte di fiamma si sposta nella camera di combustione con una velocità che dipende dalla velocità di combustione e da quella di traslazione. La prima si riferisce al procedere della reazione chimica di ossidazione del combustibile, la seconda al movimento fisico del fronte di fiamma causato dalla differenza di pressione fra la parte di gas combusti e quella dei gas ancora da bruciare. Quando, scoccata la scintilla, la combustione non procede secondo tale schema, oppure quando la combustione stessa è innescata da altre cause, si hanno combustioni anormali. Queste possono essere divise in due categorie principali, prendendo come base di classificazione il modo col quale si determina l’accensione: Accensione per superficie: è originata da punti eccessivamente caldi della camera di combustione, tipo le valvole di scarico o gli elettrodi della candela, oppure da particelle carboniose incandescenti rimaste dentro il cilindro. In entrambi i casi si viene a formare un fronte di fiamma completamente distinto da quello normale.
L’accensione a superficie si verifica solitamente prima che scocchi la scintilla, e in tal caso si chiama preaccensione. Talvolta si verificano particolari forme di combustioni anormali che vengono spiegate supponendo che si producono accensioni a superficie anche dopo che è scoccata la scintilla, e in tal caso si chiamano postaccensioni. La preaccensione può essere tale da far raggiungere alla pressione il suo valore massimo prima che lo stantuffo sia arrivato al P.M.S.. In tal caso la pressione del gas si oppone al movimento dello stantuffo nell’ultima parte della corsa di compressione, la potenza sviluppata si riduce e il funzionamento del motore diventa molto ruvido. La preaccensione deve comunque essere evitata perché può essere molto nociva agli organi del motore, specialmente per le parti soggette ad alta temperatura, come gli stantuffi, le valvole di scarico e le candele.
Autoaccensione: è un fenomeno di accensione spontanea di tutta o di parte della miscela, che si verifica in conseguenza di particolari condizioni di pressione, temperatura e densità. La combustione in questo caso si sviluppa con rapidità di gran lunga superiore a quella della combustione normale. L’autoaccensione di tutta la carica è un caso molto raro, mentre assai
frequente è l’autoaccensione della parte di miscela incombusta dopo che l’altra è bruciata in seguito all’avanzamento del fronte di fiamma. Infatti, la miscela non ancora bruciata, essendo sottoposta, per effetto dell’avanzamento del fronte di fiamma, ad un aumento di pressione e di temperatura, può raggiungere le condizioni critiche di pressione, temperatura e densità per le quali si ha l’autoaccensione. Ne segue una combustione particolarmente veloce e violenta che viene chiamata detonazione. La distinzione principale fra accensione a superficie e detonazione risiede dunque nel fatto che, mentre nella prima la fiamma procede con velocità più o meno normale, nella seconda procede ad una velocità enormemente maggiore. La detonazione genera quasi sempre un rumore metallico caratteristico accompagnato da una forte ruvidità di funzionamento del motore e da una perdita di potenza.
La combustione normale termina quando lo stantuffo ha già percorso un primo tratto della corsa di ritorno. Subito dopo si ha l’espansione; il volume aumenta e la pressione subisce una rapida caduta, dovuta in parte anche alla cessione di calore alle pareti del cilindro. L’espansione dovrebbe essere prolungata il più possibile onde sfruttare al massimo la fase utile, e cioè fino al raggiungimento del P.M.I., ma in pratica, per facilitare l’espulsione dei gas combusti, essa viene interrotta con l’apertura anticipata della valvola di scarico.
Scarico: i gas che al momento dell’apertura della valvola di scarico si trovano a pressione superiore a quella atmosferica, si scaricano violentemente all’esterno. In questo primo periodo della fase, che avviene quasi a volume costante (scarico spontaneo), la pressione si abbassa rapidamente e, quando inizia la corsa di scarico, supera di poco la pressione atmosferica, con tendenza ad abbassarsi ancora durante il primo tratto di questa corsa. L’espulsione forzata avviene comunque a pressione leggermente superiore a quella atmosferica per effetto della resistenza che i gas incontrano attraversando la valvola e la tubazione di scarico. Lo stantuffo non può però espellere completamente i gas combusti poiché una parte di essi resta ad occupare la camera di combustione. Quando lo stantuffo raggiunge il P.M.S., la pressione ha ancora un valore leggermente superiore a quella atmosferica, per cui la valvola di scarico continua ad essere mantenuta aperta per un ulteriore tratto. Nel frattempo ha cominciato ad aprirsi la valvola di aspirazione in modo tale che, quando la valvola di scarico si richiude, essa si trova completamente aperta ed offre la massima sezione di passaggio per la nuova fase di aspirazione: così un nuovo ciclo incomincia per continuare a ripetersi regolarmente.
Anche fra il ciclo Diesel reale e quello teorico, riportati in figura 73, esistono differenze di forme e di valori delle pressioni e temperature, in gran parte imputabili alle cause già discusse a proposito del ciclo Otto reale. In particolare la maggior differenza si riscontra relativamente al processo di combustione, che non avviene affatto a pressione costante come ipotizzato dal ciclo teorico, ma in parte a volume costante e in parte a pressione costante, quasi
come nel ciclo Otto reale. Solo nel caso di motori molto lenti la combustione si sviluppa in modo da avvicinarsi un poco al processo teorico.
Il combustibile è introdotto direttamente nella camera di combustione per mezzo dell’iniettore, attraverso i cui piccoli fori si polverizza per diffondersi nella camera. Il grado di mescolanza fra aria e combustibile dipende dalla polverizzazione del combustibile e dal moto dell’aria. L’iniezione avviene sempre con un certo anticipo rispetto al P.M.S. e si prolunga anche dopo che lo stantuffo ha iniziato la corsa di espansione. Poiché l’aria compressa si trova ad una temperatura al di sopra di quella di accensione del combustibile, la combustione può iniziare in qualsiasi punto nel quale localmente le condizioni siano adatte all’accensione e perciò contemporaneamente in punti diversi. Non si forma quindi un vero e proprio fronte di fiamma come nei motori ad accensione comandata.
Il combustibile non brucia subito quando è iniettato nel cilindro, bensì dopo un piccolissimo intervallo di tempo, denominato ritardo d’accensione, durante il quale ogni gocciolina subisce le trasformazioni che rendono possibile l’inizio della combustione. Prodottasi l’accensione, ha luogo la combustione vera e propria, che inizialmente procede in modo rapidissimo, propagandosi al combustibile introdotto durante il ritardo di accensione, con conseguente rapidissimo aumento di temperatura e pressione, per rallentare nella fase finale, quando brucia il combustibile introdotto in seguito nella camera di combustione. Può avvenire inoltre che una considerevole quantità di combustibile trova l’ossigeno per bruciare anche durante la corsa di espansione, per cui la curva di espansione è all’inizio molto inferiore a quella del ciclo ideale, mentre le si avvicina o addirittura la può superare verso la fine. In qualche caso parte del combustibile non trova l’ossigeno necessario per la combustione e quindi passa attraverso il cilindro senza bruciare: ne è indice visivo il fumo allo scarico.
Affinché tutto il combustibile iniettato sia bruciato, ogni particella finemente divisa deve essere portata in contatto intimo con una appropriata quantità di ossigeno. Per aumentare le
probabilità che ciò avvenga non basta una ben ordinata turbolenza, ma occorre anche che sia presente nella camera una quantità di aria notevolmente superiore a quella strettamente necessaria per bruciare la quantità di combustibile introdotta.
Durante il ritardo all’accensione delle prime particelle di combustibile iniettate, altre penetrano nella camera di
Figura 73: Confronto fra ciclo Diesel teorico e indicato
combustione. Se il ritardo è breve,
le prime goccioline cominciano a bruciare dopo un breve tempo e perciò la quantità di combustibile che è entrata nel frattempo nella camera è piccola. Come risultato, quando inizia la combustione, la variazione di pressione non è troppo elevata e perciò l’azione sullo stantuffo è piuttosto graduale. Se il ritardo all’accensione è più grande, durante il ritardo si accumula nella camera una quantità di combustibile tale che quando brucia produce una forte variazione di pressione e quindi un funzionamento ruvido del motore. Quando il ritardo è molto lungo può avvenire che si accumuli tanto combustibile che l’aumento di pressione diventa quasi istantaneo, con conseguente detonazione e battito del motore. Il fenomeno è simile a quello del motore ad accensione comandata, ma mentre in questo la detonazione avviene alla fine della combustione, nel motore ad accensione spontanea avviene all’inizio.
Per ridurre la tendenza alla detonazione è dunque necessario che la combustione inizi il più presto possibile dopo che l’iniezione è cominciata. In altre parole, occorre ridurre il ritardo all’accensione per impedire che si accumuli nella camera una quantità troppo grande di combustibile prima che abbia inizio la combustione della prima gocciolina. Il ritardo all’accensione dipende dal tipo di combustibile. Il numero di cetano dà la misura del ritardo: questo è tanto minore quanto maggiore è il numero di cetano.
Oltre al numero di cetano, altri fattori che influiscono sul ritardo sono il grado di polverizzazione del combustibile, la turbolenza dell’aria, la temperatura dell’aria all’entrata e la temperatura del fluido di raffreddamento.
Ai fini di una buona combustione è comunque essenziale l’intima mescolanza di aria e combustibile, e a ciò contribuisce in special modo la forma della camera di combustione. Esistono oggi molti differenti tipi di camere di combustione che possono essere raggruppati in due grandi categorie a seconda che l’introduzione del combustibile avvenga direttamente nel cilindro o in una camera separata. Nel primo caso si parla anche di camera ad iniezione diretta, nel secondo di precamera o camera a turbolenza.
Nelle camere ad iniezione diretta il combustibile è iniettato direttamente nella parte superiore del cilindro che funziona come camera di combustione. Poiché la turbolenza creata dalla forma della camera è piuttosto bassa, la mescolanza aria-combustibile è facilitata soprattutto da una polverizzazione molto spinta del combustibile, ottenuta con fori degli iniettori molto piccoli e con elevata pressione.
Nei motori a precamera lo spazio entro il quale avviene la combustione è formato da due camere di cui una, la principale, è compresa nel cilindro fra lo stantuffo e la testata, e l’altra, detta camera di precombustione o precamera di combustione, è in generale tutta compresa nella testata. Le due camere comunicano tra di loro per mezzo di alcuni fori di sezione relativamente piccola. Il volume della precamera di combustione può variare da 0.3 a 0.7 del volume totale. Il combustibile viene iniettato da un iniettore a foro unico disposto nella camera di precombustione e diretto verso lo sbocco che questa ha nella camera del cilindro. Una parte del combustibile brucia nella precamera provocandovi un aumento di pressione, per il cui effetto il
combustibile non ancora bruciato viene proiettato nella camera principale dove trova l’aria necessaria al completamento della combustione. La camera di precombustione costituisce così una specie di secondo sistema di iniezione, il quale è regolato unicamente dalla prima combustione che vi si sviluppa. Poiché l’iniettore a foro unico, fra l’altro alimentato a una pressione relativamente bassa (80÷100 bar), fornisce una scarsa polverizzazione, si ha qualche problema all’avviamento a freddo, per ovviare al quale si dispone nella precamera una candela ad incandescenza che riscalda l’ambiente interno.
Costruttivamente, la camera ad iniezione diretta è la più semplice e quindi la meno costosa. Essa è da preferire quando le dimensioni del motore sono tali da permettere l’uso di iniettori con fori di sezione abbastanza grandi da eliminare ogni pericolo di otturazione. Inoltre tale sistema non presenta particolari problemi all’avviamento a freddo e il motore ha un rendimento più elevato.
L’iniezione indiretta è più adatta ai motori piccoli e veloci. Essa richiede testate più complesse e quindi più costose. I principali vantaggi risiedono nelle minori pressioni massime sviluppate a seguito della combustione e perciò nella minore ruvidezza di funzionamento, nelle minori pressioni di iniezione, nell’utilizzazione di iniettori a foro unico.
Nei motori alternativi il moto alternato dello stantuffo viene trasformato in moto rotatorio dell’albero motore attraverso il sistema biella-manovella, denominato cinematismo di spinta. Con riferimento alla figura 74, l’occhio superiore della biella è costretto dallo stantuffo a muoversi di moto rettilineo alternato e la testa della biella a ruotare sul perno di estremità della manovella. In prima approssimazione si può ritenere che il moto rotatorio della manovella avvenga con velocità angolare costante.
Nella figura 74 si è indicato con: L: lunghezza della biella;
r: raggio di manovella; c: corsa dello stantuffo;
x: ogni spostamento dello stantuffo inferiore alla corsa, riferito alla posizione corrispondente al P.M.S.;
j: spostamento angolare della manovella rispetto alla posizione corrispondente al P.M.S..
Per poter determinare la velocità e l’accelerazione dello stantuffo occorre prima trovare la relazione che passa fra i suoi spostamenti lineari x e quelli angolari j della manovella. A tal fine, dalla figura 74 si ricava che
x = CD = AD - AC = AD - AB - BC
Da semplici relazioni geometriche sui triangoli rettangoli si deduce che:
quando la velocità si annulla, ovvero in corrispondenza dei punti morti. Inoltre è da osservare che la presenza delle accelerazioni comporta inevitabilmente la nascita di forze d’inerzia le quali, essendo proporzionali al quadrato della velocità angolare, possono raggiungere entità anche dell’ordine della tonnellata. È pertanto indispensabile un loro equilibramento, anche parziale, in funzione del numero di cilindri e della loro disposizione.
Poiché il motore a combustione interna alternativo funziona in virtù di una successione periodica di processi operativi, ciascuno dei quali fornisce un apporto di lavoro utile, nell’intento di aumentarne la potenza il primo provvedimento da prendere in considerazione è quello di aumentare la frequenza dei processi, ovvero il numero di giri della macchina nell’unità di tempo. Questa è effettivamente una strada normalmente seguita, nei limiti imposti dalle difficoltà meccaniche. A parità di numero di giri, però, la potenza sviluppata dal motore è tanto maggiore quanto più grande è il lavoro prodotto in ogni ciclo, il quale, a sua volta, aumenta, in misura dipendente dal tipo di processo termodinamico impiegato, all’aumentare della quantità di fluido attivo contenibile dalla cilindrata. Ne deriva che un altro modo per aumentare la potenza dei motori alternativi a combustione interna è, a parità di cilindrata, quello di introdurvi più fluido di quanto esso possa naturalmente aspirare. Si tratta, in altri termini, di pompare il fluido attivo nel cilindro in sede di sostituzione della carica, e quindi di sostituire, nel motore a quattro tempi, l’aspirazione normale con un’introduzione forzata di fluido. Questa pratica è denominata sovralimentazione e i motori che ne beneficiano si chiamano sovralimentati. Il concetto base è che più aria nei motori a ciclo Diesel, o più miscela carburata nei motori a ciclo Otto, si riesce ad introdurre nel cilindro, più combustibile si riesce a bruciare e quindi più potenza si riesce ad ottenere.
La sovralimentazione interessa i motori sia a due che a quattro tempi e a ciclo sia Otto che Diesel. Il mezzo per ottenerla consiste nell’aumentare la pressione dell’aria o della miscela carburata nell’ambiente di aspirazione. Allo scopo si impiegano o compressori volumetrici, generalmente trascinati meccanicamente dallo stesso motore, o turbo compressori centrifughi, anch’essi trascinati meccanicamente dal motore o, più frequentemente, da un turboespansore azionato dai gas di scarico.
Il compressore volumetrico di maggior diffusione è quello a lobi di tipo Roots, schematizzato in figura 76. Esso, nella sua realizzazione più semplice, è composto di due rotori a due lobi, cioè aventi in sezione una forma paragonabile a quella di un 8; i rotori sono collegati da due ingranaggi e ruotano alla stessa velocità ed in senso contrario. L’azionamento avviene solitamente tramite
un accoppiamento a cinghie con il motore e una serie di ingranaggi. Il compressore Roots
Figura 76: Compressore a lobi di tipo Roots
non lavora propriamente come compressore, bensì come spostatore d’aria; la carica giunge all’uscita sostanzialmente alla stessa pressione d’entrata ed è compressa dal flusso di ritorno dell’aria soffiata precedentemente. La sua portata, teoricamente proporzionale al numero di giri dei suoi lobi, è in realtà un po’ inferiore a causa delle perdite sia di pressione all’entrata che per trafilamento. La pressione assoluta che si riesce ad ottenere è di 1.2÷1.4 kg/cm².
I turbocompressori a gas di scarico costituiscono il mezzo più adatto per la
sovralimentazione di motori di media e grande potenza. Il turbo compressore è essenzialmente composto da una turbina e un compressore montati sul medesimo asse (figura 77); la turbina riceve dal motore attraverso uno o più collettori i gas di scarico che la mettono in rotazione fornendole l’energia necessaria per comprimere, a mezzo del compressore, l’aria da inviare ai cilindri attraverso il collettore di aspirazione. La turbina è generalmente del tipo a flusso assiale, ma può anche essere del tipo radiale centripeto, mentre il compressore è quasi sempre del tipo centrifugo.
Figura 77: Turbocompressore a gas di scarico
I regimi massimi di rotazione dei turbo compressori per motori di grande e media potenza non superano di solito i 20000 giri/min, mentre, per l’impiego su motori di piccola potenza, si superano normalmente i 30000 giri/min; nei motori per autocarri si raggiungono anche i 90000 giri/min. Nella figura 78 è riportato l’andamento della pressione di sovralimentazione in funzione della velocità angolare del motore sovralimentato con compressore di tipo Roots e turbocompressore centrifugo. Per le applicazioni comuni le pressioni di sovralimentazione sono in genere mantenute entro valori compresi fra 0.4 e 1 kg/cm²; per raggiungere valori superiori (1.2÷2 kg/cm²) occorre inserire tra compressore e motore un sistema di raffreddamento dell’aria compressa.
Uno svantaggio del turbocompressore è quello di fornire un troppo modesto grado di sovralimentazione ai bassi regimi di rotazione, che si ripercuote in un ritardo della risposta di coppia nei transitori di accelerazione. A titolo d’esempio, la figura 79 riporta un confronto fra le prestazioni in termini di coppia dei motori aspirati e di quelli sovralimentati sia con compressore volumetrico che con turbocompressore.
Per ovviare a tale inconveniente è pratica corrente la regolazione per riflusso della turbina mediante valvola di scarico parziale dell’ammissione dei gas combusti (turbo- wastegate, figura 80). Ciò consiste nel regolare il turbogruppo per fornire rapporti di compressione più elevati alle basse velocità: quando la pressione nel collettore di aspirazione del motore raggiunge il valore di progetto all’aumentare della velocità angolare del
compressore, una valvola aperta dalla stessa pressione nel collettore di aspirazione scarica direttamente nell’atmosfera una parte dei gas combusti, riducendo la velocità angolare del turbogruppo e mantenendo quindi costante la pressione di sovralimentazione.
Figura 80: Limitazione automatica della pressione di sovralimentazione mediante valvola di wastegate
L’incremento di potenza ottenibile con i compressori volumetrici varia di solito dal 25 al 50%, con una sovralimentazione massima di 0.6÷0.7 kg/cm² (mediamente si sta sui 0.3÷0.4 kg/cm²); questo limite non viene superato che eccezionalmente, altrimenti occorre ricorrere all’interrefrigerazione. I miglioramenti nei consumi specifici sono dell’ordine del 5% o poco più sulla curva di potenza massima e lievemente maggiori per il funzionamento ai carichi parziali. Dal punto di vista del peso, esso si riduce di circa il 10÷20% nei confronti di un motore aspirato di pari potenza.
I vantaggi ottenibili con la sovralimentazione mediante turbocompressori sono, specie nei riguardi dei consumi, superiori a quelli conseguibili con compressori a comando meccanico poiché la potenza necessaria per il loro azionamento viene ricavata, a tutto vantaggio del rendimento, dall’energia termica residua dei gas di scarico. Gli aumenti di potenza oscillano tra il 40 e il 50% con pressioni di sovralimentazione piuttosto modeste (0.3÷0.4 kg/cm²). Con pressioni maggiori e interrefrigerazioni si raggiungono incrementi di potenza molto maggiori, anche del 100%. Ciò però comporta notevoli problemi al sistema di raffreddamento, richiedendo la necessità di ricorrere a particolari accorgimenti nei circuiti dell’acqua, come pure a raffreddare dall’interno gli stantuffi e a migliorare la lubrificazione.
0 1 2 3 4 5
Figura 79: Risposta di coppia nei transitori di accelerazione
Le prestazioni di cui è capace un motore sono definite dalle sue curve caratteristiche, cioè dai diagrammi che danno le variazioni della potenza, della coppia motrice e del consumo di combustibile al variare del numero di giri. Tali diagrammi vengono determinati sperimentalmente al banco di prova in condizioni di alimentazione massima e cioè a carburatore tutto aperto oppure, per i Diesel, con pompa di iniezione regolata per la massima portata consentita. Ciò che si misura direttamente è in realtà il consumo di combustibile, rilevato tramite un flussometro, e la coppia motrice, rilevata tramite freno dinamometrico. La curva di potenza viene costruita a posteriori sfruttando la relazione:
ove
P(w ) = C(w )×w
P(w ) è la potenza espressa in watt,
C(w )
la coppia espressa in newton per metro e w la
velocità angolare espressa in radianti al secondo. Se la velocità angolare è espressa in giri al minuto
Sempre relativamente alla potenza, si può distinguere una potenza utile teorica
deducibile dal ciclo termodinamico ideale del motore, una potenza indicata
Pi , deducibile dal
ciclo indicato, e una potenza meccanica considerano i seguenti rendimenti:
rendimento termodinamico ideale: ht
Pm , direttamente disponibile all’asse.
l’area racchiusa dal ciclo ideale rappresentato nel piano (p,V), con
Q1 la quantità di calore
somministrata in ogni ciclo, con Li
il lavoro indicato, ovvero l’area racchiusa dal ciclo
indicato rappresentato nel piano (p,V), e con Lm
il lavoro meccanico disponibile all’asse del
motore in un intervallo di tempo corrispondente al completamento di un ciclo. Il prodotto dei tre rendimenti fornisce il rendimento totale del motore:
La differenza fra il lavoro indicato e il lavoro meccanico rappresenta il lavoro perduto a causa degli attriti, incluso il lavoro di pompaggio per l’immissione e l’espulsione dal cilindro del fluido attivo. Inoltre, relativamente alla misura della potenza meccanica, esistono differenti normative che prevedono un ben determinato assetto del motore. Ad esempio, la normativa americana SAE prevede il motore senza filtro aria, ventilatore e complesso di scarico, con pompa di circolazione dell’acqua di raffreddamento e con la dinamo che non eroga corrente; la normativa tedesca DIN prevede invece il motore con filtro aria, ventilatore e complesso di scarico, con pompa di circolazione dell’acqua di raffreddamento e con la dinamo che non eroga corrente. Oggi occorre far riferimento alla normativa CE che prevede il motore equipaggiato con tutti gli ausiliari.
Riguardo ai consumi, ciò che viene riportato fra le curve caratteristiche di un motore è la
curva del consumo specifico
cs , definito come la massa di combustibile necessaria al motore
per sviluppare l’unità di energia: la sua unità di misura coerente con il Sistema Internazionale è pertanto il kilogrammo al joule [kg/J]. Nella pratica è tuttavia molto usato il grammo al cavallo-ora [g/CVh]. Come valori orientativi, il consumo specifico di un motore a ciclo Otto a due e quattro tempi è rispettivamente di 550÷600 g/CVh e di 220÷300 g/CVh, mentre per un motore a ciclo Diesel è di 180÷220 g/CVh; non vi è differenza fra il due e il quattro tempi in quanto il lavaggio viene effettuato solamente con aria e quindi senza perdita di combustibile.
La curva dei consumi specifici è anche importante perché direttamente legata al rendimento totale del motore. Dalla definizione di consumo specifico segue infatti che:
Pci × mc
Il rendimento totale del motore è dunque inversamente proporzionale al suo consumo specifico.
La figura 81 riporta l’andamento qualitativo delle tre curve caratteristiche per un
generico motore. Le curve vengono rilevate fra un numero di giri minimo
nmin , al di sotto del
quale il motore non si autosostiene, e un numero di giri massimo
nmax , al di sopra del quale
insorgono pericolose sollecitazioni meccaniche. Dalla figura si vede come il valore della
potenza aumenta con il numero di giri fino ad un certo limite, oltre il quale riprende a diminuire; si vede inoltre che il regime per cui la coppia è massima (n1 ) è inferiore a quello per
cui è massima la potenza (n2 ) . Il campo di utilizzo del motore si ha per
n1 < n < n2 , all’interno
del quale è minimo il consumo specifico e quindi massimo il rendimento totale. Se l’intervallo
(n2 - n1 )
è ampio il motore si dice elastico, viceversa rigido: nel primo caso può sopportare
relativamente ampie variazioni di carico senza ricorrere all’intervento del cambio.
Figura 81: Curve di coppia, potenza e consumo specifico
Per i motori di cui non è nota la destinazione d’uso il costruttore fornisce:
Potenza massima di punta: è la potenza che il motore può erogare per non più di 15 min senza che intervengano danneggiamenti;
Potenza massima continuativa non sovraccaricabile: è la potenza massima che il motore può sviluppare con continuità senza che intervengano danneggiamenti; è pari a circa il 90% della potenza massima di punta;
Potenza continuativa sovraccaricabile al 10%: è la potenza che il motore può sviluppare con continuità, sovraccaricabile al 10% di se stessa, senza che intervengano danneggiamenti; è pari circa all’80% della potenza massima di punta.
Fonte: http://lab.artmediastudio.it/www-storage/appunti/161222/25999/10%20Dispensa%20Motori.pdf
Sito web da visitare: http://lab.artmediastudio.it
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