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L’aggiunta di Cromo in percentuale superiore all’11% rende l’acciaio non più ossidabile. Praticamente non si scende al di sotto del 12 - 13% per gli acciai di corrente impiego.
L’inossidabilità è spiegata da un fenomeno chimico superficiale: gli atomi di cromo che affiorano in superficie esercitano una azione di “adsorbimento” dell’ossigeno atmosferico tale da creare una pellicola che impedisce fenomeni di corrosione.
In tal senso questi acciai non sono quindi completamente inossidabili, ma riescono a resistere a determinate forme di corrosione; nelle normali condizioni ambientali quindi non ne sono soggetti.
Le varie famiglie di acciai che si trovano sul mercato sono il frutto di accurati studi metallurgici tesi a formulare la lega con le caartteristiche più opportune per un dato impiego.
Gli elementi di lega aggiunti sono tipicamente:
Si hanno quindi tre famiglie principali:
Oltre agli usuali trattamenti termici già visti per gli acciai al carbonio e legati, agli acciai inossidabili si applicano altri due trattamenti specifici.
Tempra di solubilizzazione: è caratteristica degli inox austenitici e serve per portare in soluzione i carburi di cromo che, come si vedrà, sono nocivi per la resistenza alla corrosione.
Si esegue, mediante un riscaldo in forno con atmosfera controllata per non ossidare la superficie, a una temperatura dell’ordine di 1000°C – 1100°C con permanenza (a temperatura raggiunta) dell’ordine di 3-5 minuti per spessori di 3 mm e tempi proporzionalmente adeguati per spessori superiori.
Segue una tempra in acqua fredda per impedire la riprecipitazione dei carburi di cromo che avviene nell’intervallo tra 450°C e 850°C.
Al termine di questo trattamento l’acciaio ha la massima plasticità e resistenza alla corrosione.
Invecchiamento: applicato ad alcuni tipi di acciai, detti indurenti per precipitazione, serve per ottenere un indurimento strutturale con aumento di durezza e resistenza.
Per rappresentare le strutture degli acciai inossidabili è molto utile il diagramma di Schaeffler, che rende la struttura in funzione del tenore di Cr equivalente e di Ni equivalente.
Per “tenore equivalente” si intende la somma, mediante opportuni coefficienti, delle percentuali di elementi alfageni (Cr, Mo, Si, Nb) e gammageni (Ni, C, Mn) in modo da disporre di un indice univoco tale da rendere possibile il tracciamento di un diagramma di utilità pratica.
Questo diagramma è utile soprattutto per prevedere la struttura dei giunti saldati e quindi adottare le opportune cautele e gli opportuni elettrodi per ottenere i migliori risultati.
In funzione delle rispettive percentuali di Cr e Ni equivalente un acciaio può avere una struttura totalmente austenitica, ferritica o martensitica oppure presentare una combinazione di due o tre fasi distinte.
Il diagramma permette di determinarle con una approssimazione sufficiente per le applicazioni pratiche.
Diagramma di Schaeffler
La designazione segue le usuali norme ISO, trattandosi di acciai legati la sigla è preceduta dalla lettera X.
E’ utile citare la designazione statunitense elaborata dall’American Iron and Steel Insitute che li classifica secondo una sigla numerica:
Alcune corrispondenze:
X5CrNi18-8 : AISI 304 X5CrNiMo17-13: AISI 316
X12Cr13: AISI 410
X30Cr13: AISI 420
X8Cr17: AISI 430
X105CrMo17: AISI 440
Si noti che la sigla numerica non fornisce alcuna indicazione su composizione chimica e altre caratteristiche, che vanno ricercate nelle opportune tabelle di specifica.
sono acciai temprabili, a struttura martensitica o martensitica + carburi dopo tempra, che posso assumere durezza considerevole e quindi ad essere adatti per pezzi notevolmente sollecitati o soggetti ad usura.
Esempio: alberi di trasmissione e giranti di pompe, turbine anche e soprattutto di grandi dimensioni, utensili speciali, cuscinetti a rotolamento resistenti alla corrosione, attrezzi chirurgici, coltelleria.
Si prestano sia alla bonifica, al pari degli acciai al carbonio non legati o debolmente legati, sia alla tempra per ottenere la massima durezza.
La loro resistenza alla corrosione è inferiore a quella degli altri tipi ma comunque soddisafacente in funzione dell’impiego.
non sono temprabili, per via della loro composizione chimica la ferite è stabile a qualsiasi temperatura.
Sono adatti per una grande varietà di impieghi, ove non sia necessaria una resistenza alla corrosione particolarmente elevata.
Le loro caratteristiche meccaniche (snervamento, rottura, allungamento) sono limitate, inoltre presentano un brusco calo della resilienza a temperature prossime allo zero, non sono quindi adatti all’impiego alle basse temperature.
Sono invece particolarmente idonei per l’impiego alle alte temperature dato che l’elevato contenuto di cromo li rende resistenti all’ossidazione a caldo.
Sono saldabili con relativa facilità.
presentano le migliori caratteristiche di resistenza alla corrosione, sia a temperatura ambiente sia a caldo.
Alcuni tipi sono detti “acciai refrattari” e sono particolarmente adatti per la costruzione di caldaie e forni, con temperature di esercizio fino a 1100 °C.
La struttura austenitica li rende estremamente tenaci a tutte le temperature, tanto che sono impiegabili fino a bassissima temperatura senza cali apprezzabili della resilienza (non presentano la temperatura di transizione); sono anche detti “acciai criogenici”.
Sono paramagnetici, ovvero la loro permeabilità magnetica è pochissimo superiore a 1, rendendoli adatti per impieghi particolari dove sono richieste queste proprietà.
Le loro caratteristiche meccaniche sono limitate allo stato ricotto, con valori molto bassi di carico di rottura (500 MPa) e snervamento (200 MPa), che si accompagnano però a un elevatissimo allungamento, che può superare il 50%.
Si prestano molto bene alla deformazione plastica, permettendo di realizzare manufatti per imbutitura profonda (pentole) irrealizzabili con altri materiali.
Con la deformazione plastica si ottiene anche un forte incrudimento, tanto che si possono raggiungere con la trafilatura carichi di rottura dell’ordine dei 1500 MPa.
Sono una particolare famiglia di leghe nelle quali l’indurimento è determinato dalla formazione di composti durante il trattamento di imvecchiamento che segue alla tempra martensitica o alla tempra di solubilizzazione austenitica.
Questi composti che si formano nella matrice determinano un notevole incremento di durezza e resistenza che permette di avere caratteristiche meccaniche adatte per applicazioni speciali. Sono acciai brevettati e oggetto di continua ricerca.
Gli acciai inox si prestano ad una infinità di impieghi.
In particolare nella bulloneria sono impiegati acciai di tutte e tre le famiglie.
Non è semplice inquadrare il problema della corrosione negli acciai inox.
La tipica corrosione uniforme dell’acciaio al carbonio è evitata dalla presenza del cromo, ma ciò non è sufficiente per mettere questi acciai al riparo da fenomeni di corrosione particolarmente pericolosi.
Le condizioni d’impiego particolarmente gravose richiedono leghe appositamente formulate la cui composizione deve fornire la necessaria resistenza alle aggressioni chimiche.
I danni si manifestano come degli attacchi localizzati in punti “deboli” dovuti sia alle condizioni di esposizione sia ad errori di progettazione e costruzione.
L’effetto nei confronti della resistenza alla corrosione operato dagli elementi aggiunti è il seguente:
Elemento legante |
Effetti sulla resistenza alla corrosione |
Carbonio |
Diminuzione specialmente in condizioni di sensibilizzazione |
Cromo |
Aumento |
Nichel |
Aumento |
Molibdeno |
Aumento |
Silicio |
Diminuzione, ma se abbinato al molibdeno aumento |
Titanio e Niobio |
Nessun effetto in generale (vedere sensibilizzazione più avanti), diminuzione in presenza di cloruro ferrico |
Zolfo e Selenio |
Diminuzione, sono aggiunti per facilitare la lavorabilità alla macchina utensile |
Gli acciai martenstici sono i meno resistenti dato che la loro struttura può essere bifasica, con la presenza di carburi di cromo che agiscono come particelle catodiche.
Si ha una corrosione di tipo elettrochimico, in pratica un effetto pila, che consuma il metallo.
Ciò è particolarmente evidente quando si ha a che fare con giunzioni mediante viti di metalli diversi, meno nobili come l’acciaio zincato, o saldature effettuate con materiali d’apporto inadeguati. Vite e saldatura spesso si corrodono molto rapidamente con effetti disastrosi non solo per l’estetica ma anche per la sicurezza.
Una struttura di acciaio inox va unita con le appropriate viti in acciaio dello stesso tipo.
Lo strato passivo resiste in maniera ottimale agli agenti atmosferici e alle soluzioni di tipo ossidante (acidi) ma viene rapidamente distrutto se attaccato da determinate specie chimiche: in particolare gli ioni cloro (Cl -) e bromo (Br -) distruggono rapidamente lo strato passivo, rendendo attivo il metallo.
Questo attacco si manifesta non tanto in forma generalizzata quanto localizzata, anche in condizioni di bassa concentrazione salina.
Si creano quindi le condizioni di corrosione elettrochimica, dato che la zona passivata si comporta da catodo mentre quella attiva da anodo.
La corrosione che ne consegue è di tipo perforante e può avere effetti tali da mettere fuori servizio l’apparecchiatura.
Questo tipo di fenomeno è detto “pitting” dal termine inglese “pit” che significa “vaiolo” o “cavità”.
Gli acciai austenitici contenenti molibdeno sono i più resistenti a questa forma di corrosione.
Un altro fenomeno è la corrosione interstiziale. Avviene, come dice il termine, negli interstizi tra due parti affacciate.
L’interstizio può essere dato da due lamiere sovrapposte, da una incrostazione, da una saldatura a incompleta penetrazione che lascia un passaggio tra due lembi del giunto.
Si verificano le stesse condizioni della vaiolatura: nell’interstizio si crea la zona anodica mentre all’esterno si ha la zona catodica.
Il risultato è una corrosione interna, difficile da individuare ma pericolosa per la resistenza e l’integrità del giunto.
Le strutture saldate possono diventare zone sensibili alla corrosione per fattori metallurgici (diversa composizione del materiale d’apporto) e termochimici.
Il cromo tende molto facilmente a formare dei carburi, la temperatura e la velocità di trasformazione sono direttamente proporzionali.
E’ sufficiente riscaldare gli acciai austenitici a temperature tra 450°C e 850°C per un certo tempo per determinare la precipitazione al bordo dei grani di carburi di cromo che impoveriscono la matrice rendendola ossidabile.
Il grano si ossida e l’attacco procede rapidamente in profondità determinando la corrosione a “lama di coltello” che distrugge il giunto saldato.
Per ovviare a questo problema occorre che il tempo di esposizione alle temperature suddette sia il più breve possibile, oppure che il tenore di carbonio sia adeguatamente basso per non depauperare del cromo la matrice.
Sono stati formulati appositi acciai, a basso tenore di carbonio, identificati con la lettera L dopo la sigla AISI: 304 L, 316 L.
In alternativa esistono i tipi stabilizzati mediante aggiunta di piccole quantità di titanio e niobio, che impediscono la formazione dei carburi di cromo fino a temperature dell’ordine dei 1300°C.
Altri fenomeni di corrosione legati agli impieghi sono:
Fonte: http://www.depasqual.net/paolo/didattica/inox.pdf
Sito web da visitare: http://www.depasqual.net
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