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Con riferimento all’introduzione del Cap.2, nel presente capitolo si descriveranno le caratteristiche dei tre principali mezzi di trasmissione a distanza attualmente in uso - fibra ottica, linee in rame e radio - e dei sistemi di trasmissione analogica e numerica operanti su tali mezzi, con l’obiettivo di pervenire a regole di dimensionamento di massima (potenza trasmessa, lunghezza del collegamento, ecc.) sulla base della qualità che si richiede al sistema: per esempio, il rapporto segnale/rumore oppure la probabilità di errore, a seconda che il segnale da trasmettere sia di tipo analogico oppure digitale.
Si ripete qui, per comodità del lettore, la terminologia introdotta nel Cap. 2, § 9. S’indica col nome di mezzo di trasmissione ogni oggetto fisico in grado di trasferire a distanza un segnale, con tratta una connessione a distanza per segnali elettrici che utilizza un particolare mezzo di trasmissione e con collegamento la connessione in cascata di una o più tratte, che collega generalmente tra loro utenti finali o assimilabili a tali.
I mezzi trasmessivi in rame, detti anche linee, sono costituiti da una coppia di conduttori equi-distanti, con caratteristiche fisi-che invarianti per tutta la loro lunghezza, con il compito di tras-ferire a distanza segnali elettrici (tensioni o correnti). La figura 1 mostra i tre tipi principali di linee usati nelle Telecomunicazioni. |
Ai fini dell'analisi, le linee possono ritenersi circuiti lineari e permanenti a costanti distribuite, e con tale approccio la loro analisi e' nota col nome di teoria delle linee uniformi. L’esposizione di tale teoria e’ naturalmente al di fuori degli scopi di questo testo: ci accontenteremo di citare, senza dimostrazio-ni, la caratterizzazione della linea mediante un modello del tipo di fig. 9, Cap. 2.
d dx ZG(f) ZC(f) L·dx R·dx G·dx C·dx
Fig. 2. Connessioni tipiche di una linea e model-lo circuitale di un suo tratto infinitesimo. |
La figura 2 mostra una linea di lunghezza d, costituita semplicemen-te da due conduttori isolati tra loro, collegata in ingresso ad un genera-tore (che schematizza gli apparati d’utente lato emissione) ed in uscita ad un carico (che schematizza gli apparati d’utente lato ricezione). Il comportamento elettrico della linea è caratterizzato da: |
La figura 2 mostra anche il modello circuitale di un tratto di lunghezza infinitesima dx, ricavato dalla precedente caratterizzazione. Le quantità R, L, C e G sono chiamate costanti primarie della linea, e da esse si calcolano altre due costanti complesse, chiamate impedenza caratteristica e costante di propagazione, usate nell’analisi delle linee e indicate come segue:
Zo(f) º Ro(f)+j×Xo(f) g(f) º a(f) +j×b(f)§. (1)
Valori tipici delle costanti primarie sono riportati in tabella 1.
Simbolo |
Unità |
L. aerea |
doppino |
coassiali |
R |
W/km |
5 |
100 |
40 (@ 1MHz) |
G |
W-1/km |
1·10-6 |
5·10-5 |
- |
C |
F/km |
5·10-9 |
5·10-8 |
44 10-12 |
L |
H/km |
2·10-3 |
1·10-3 |
.25 10-6 |
Zo(¥) |
W |
630 |
140 |
75 |
tG(¥) |
ns/Km |
3,1 |
7,1 |
3,310-3 |
Tabella. 1 Valori tipici delle costanti caratteristiche delle linee a coppie simmetriche e coassiali.
Dal punto di vista che qui interessa, si osserva subito che il comportamento di una linea nei riguardi del transito di un segnale non è di semplice attenuazione, come nel caso del sistema di riferimento. Per analizzare questo punto, e indicando con ZG(f) e ZC(f), come il solito, l’impedenza interna del generatore e quella del carico [fig. (2)], si introducono le seguenti quantità, funzione delle impedenze del generatore e del carico:
(2)
chiamate coefficienti di riflessione, di ingresso e di uscita rispettivamente. Questi coefficienti sono nulli solo se le impedenze del generatore e del carico coincidono con quella caratteristica. Ciò posto, nella Teoria delle Linee Uniformi si dimostra che un segnale applicato all’ingresso si propaga fino all’uscita e che in questo percorso incontra come impedenze d’ingresso e uscita della linea l’impedenza caratteristica Zo(f) e come funzione di trasferimento la quantità:
(3)
che prende il nome di funzione di trasferimento intrinseca della linea e che dipende congiuntamente dalla costante di propagazione e dalla lunghezza della linea. In particolare il modulo e la fase di Hd(f) valgono rispettivamente: e ; dunque il modulo diminuisce esponenzialmente con la lunghezza d della linea, mentre la fase, in valore assoluto, cresce linearmente. Una volta raggiunta l’uscita, il segnale è naturalmente applicato al carico ed inoltre, se il coefficiente di riflessione rc(f) non è nullo, si riflette e percorre la linea in verso opposto, ritornando all’ingresso. Se in quel punto il coefficiente di riflessione rG(f) non è nullo il ciclo si ripete senza fine: inoltre, ogni riflessione equivale al transito attraverso una funzione di trasferimento esattamente pari al relativo coefficiente di riflessione, mentre l’attraversamento della linea, anche in verso opposto, corrisponde al transito attraverso la funzione di trasferimento Hd(f). Questo in genere crea un comportamento complessivo della linea molto irregolare, tranne quando i coefficienti di riflessione (e in particolare quello d’uscita) sono nulli, vale a dire quando si realizzano le condizioni d’adattamento: Zc(f) = Zg(f) = Zo(f), oppure quando la linea è molto lunga, per cui la potenza dei segnali riflessi che giunge a destinazione è trascurabile. In queste ipotesi, il segnale del generatore attraversa una sola volta la linea ed il suo circuito equivalente è evidentemente quello di fig. 3, che include anche un eventuale disturbo additivo. Come si vede,
Zg(f ) e(t) Zo(f ) Zo(f)
2Hd(f) Zc(f ) linea emissione ricezione cc cc vG(t)
Fig. 3 Schema di una linea adattata [se Zc(f) = Zg(f) = Zo(f)] oppure molto lunga. Il fattore 2 tien conto del dimezzamento di vG(t) dovuto all'effetto partitore in ingresso. |
per minimizzare la distorsione introdotta da Hd(f) occorre adattare le impedenze d’uscita e del carico all’impedenza caratteristica. Così facendo, le distorsioni da disadattamento scompaiono e la funzione di trasferimento complessiva del-la connessione è semplice-mente Hd(f). In questo caso, l'attenuazione della linea coin- |
cide con quella disponibile e ha la seguente espressione:
(4a)
ovvero, in dB:
(4b)
Si osserva che l’attenuazione in dB e’ proporzionale ad a(f) e cresce linearmente con d. La fig. 4 mostra l’andamento in frequenza dell’attenuazione, del tempo di ritardo di gruppo: e del modulo dell’impedenza caratteristica per unità di lunghezza tipici di un doppino (v. tab. 1).
|
|
|
Fig. 4 Attenuazione (in dB/Km), tempo di ritardo di gruppo (in ns/Km) e modulo dell’impedenza caratte-ristica di un doppino con caratte-ristiche rappresentate in tab.1. Gli andamenti asintotici perf®¥ non sono veri a causa dell'effetto pelle. |
§ Per completezza si riportano le formule per il calcolo di queste costanti:
(1a)
(1b)
per le quali valgono i seguenti andamenti asintotici:
(1c)
(1d)
Si nota che il modulo e la fase dipendono dalla frequenza , e dunque danno luogo a distorsione lineare. E' interessante notare che siaa(f) che il tempo di ritardo di gruppo tG(f), che come noto rappresenta il ritardo introdotto dalla linea alla frequenza f, tenderebbero per ad un valore costante, dando luogo globalmente ad un comportamento perfetto alle alte frequenze: purtroppo questo non è vero a causa del cosiddetto effetto pelle, che consiste nel fatto che al crescere della frequenza la corrente tende sempre più a distribuirsi ai bordi del conduttore, diminuendone di fatto la sezione e aumentandone quindi la resistenza per unità di lunghezza. Questa osservazione ha come conseguenza che a(f) e quindi l’attenuazione in dB tendono ad una quantità crescente con la radice quadrata della frequenza; vale la formula:
(5)
in cui d è misurato in Km, f in MHz e Ao è una costante (misurata in dB/Km a 1 MHz) che esprime numericamente il valore dell’attenuazione per una linea di un Km e ad frequenza di un MHz, e che dipende dalle costanti della linea. La tabella 2 fornisce i valori di Ao per alcuni tipi di coassiale, definiti attraverso i diametri dei conduttori interno ed esterno.
Tabella 2. Valori tipici di Ao per alcuni tipi di cavo coassiale per Telecomunicazioni.
Tipo |
Ao (dB/Km a 1 MHz) |
Coassiale Æ esterno = 4.4 mm; Æ interno = 1.2 mm (coassialino) |
5,3 |
Coassiale Æ esterno = 9.5 mm; Æ interno = 2,6 mm (coassiale normale) |
2,3 |
Coassiale Æ esterno = 38 mm; Æ interno = 8,4 mm (coassiale sottomarino) |
0,88 |
Doppino Æ conduttori= 0,55 mm |
10,16 |
Prima di terminare l'esame l’argomento, si osserva che l’ipotesi di linea lunga può non valere in particolari applicazioni, per esempio nei collegamenti tra antenne ed apparati riceventi o trasmittenti ). In questi casi, le condizioni di disadattamento possono produrre gravi condizioni di distorsione poiché è presente in uscita il segnale del generatore, più le sue copie ritardate dal tempo di ritardo di gruppo e poco attenuate a causa della breve lunghezza del cavo. Inoltre, l’impedenza d’ingresso Zi(f) della linea non è più Zo(f); per esempio se l’attenuazione può trascurarsi, essa assume il valore:
che in presenza di forte disadattamento può assumere valori molto piccoli (equivalenti ad un cortocircuito) o molto grandi (equivalenti alla sconnessione della linea dal generatore); ad esempio, se il carico viene disconnesso o cortocircuitato si ha evidentemente rc(f) = ±1 e a seconda del valore di d l’impedenza Zi(f) assume valori compresi tra 0 (cortocircuito in ingresso, con rischio sull’integrità dell’amplificatore di uscita) ed ¥.
Il campo di frequenze in cui le linee simmetriche sono utilizzate dipende in modo essenziale dalla lunghezza del collegamento, oltre che dalle esigenze di qualità richieste, a causa dei peggioramenti che introducono sul segnale in transito, e che aumentano con la banda e con la lunghezza d del collegamento. Per ragioni di costo e d’ingombro, le linee aeree sono ormai confinate ad essere utilizzate solo in particolari condizioni in cui è sfruttata la loro proprietà di bassa attenuazione; i doppini, all'opposto, sono utilizzati ampiamente nella telefonia, soprattutto per realizzare i collegamenti tra utente telefonico e centrale. In tali applicazioni, i doppini sono utilizzati per la trasmissione del segnale telefonico, che com’è noto occupa una banda tra 100¸300 e » 3500 Hz, ed anche per segnali ben al di fuori di tale banda, utilizzati per fornire all'utente servizi ausiliari essenzialmente di tipo numerico . I coassiali, invece, presentano un comportamento molto migliore al crescere della frequenza e della lunghezza del collegamento, a causa delle loro più basse perdite, e per questo nel passato sono stati impiegati nei collegamenti a media/lunga distanza e per segnali di banda anche elevata (fino qualche decina di MHz); attualmente, essi sono stati quasi totalmente soppiantati, per questo scopo, dalle fibre ottiche.
Un segnale che transita attraverso una linea adattata (fig. 3) subisce una serie di peggioramenti.
Un primo peggioramento introdotto dalla linea consiste nella presenza di rumore termico e(t), per la cui valutazione valgono esattamente tutte le considerazioni svolte in occasione del sistema di riferimento (Cap.2, §9). Il rumore e(t) è membro di un processo gaussiano, con spettro di densità di potenza bilatero No = 2Ro(f)FKTo, essendo F il fattore di rumore del ricevitore.
Un secondo peggioramento consiste nella presenza di distorsione lineare che, in condizioni d’adattamento, è rappresentata dalla funzione di trasferimento Hd(f) [v. eq. (3)] e che produce, sulle componenti spettrali del segnale, un'attenuazione (in dB) ed una fase proporzionali alla lunghezza della linea e funzioni della frequenza. La distorsione lineare può eliminarsi, se e' noto Hd(f), con un procedimento d’equalizzazione, consistente nell’introduzione di filtri a monte dell’ingresso e/o a valle della linea aventi complessivamente una funzione di trasferimento inversa ad Hd(f) nella banda di frequenza occupata dal segnale, per modo che la funzione di trasferimento complessiva HT(f)Hd(f)HR(f) sia perfetta nella banda w occupata dal segnale trasmesso. In questo caso la figura 5 mostra lo schema di una tratta, inclusa la presenza di un amplificatore che ha lo scopo di immettere nella linea un segnale di sufficiente potenza WT.
Con la presenza di filtri equalizzatori il collegamento diventa uguale a quello di riferimento, e l’aspetto di interesse è il calcolo del rapporto segnale/rumore in funzione della potenza immessa nella linea, della sua lunghezza e del rumore.
HT(f) HR(f) tratta equalizzata g WT Hd(f) r(t) = u(t) + n(t) e(t) linea a(d) s(t)
Fig. 5. Schema simbolico di una tratta che impiega una linea in rame equalizzata. |
Nel caso semplificato in cui l’impedenza caratteristica è un semplice resistore di valore Ro§, e se inoltre lo spettro di densità di potenza del segnale s(t) è uniforme e di banda w - che peraltro è l’unica ipotesi possibile se non si conosce il tipo di segnale in transito e che inoltre è coerente con molti casi effettivi - si ottiene, dopo qualche passaggio, la seguente espressione:
(6)
essendo: WU º Potenza del segnale utile ricevuto
WN º Potenza del rumore ricevuto
No = 2RoFKT
KTo dBm/Hz = -174 dBm/Hz
Naturalmente a(d) dipende da Hd(f) attraverso le funzioni HT(f) e HR(f), a causa della condizione di perfetta equalizzazione, che comporta la relazione:
(7)
A commento della formula ora scritta, si osserva che il termine WT /FKTo2w ha l’evidente significato fisico di rapporto segnale/rumore all’ingresso della linea, e dunque la quantità a(d) costituisce l’attenuazione equivalente della linea equa-lizzata, dipendente da come si scelgono i filtri HT(f) e HR(f), nel rispetto della condizione (7). La loro scelta migliore è naturalmente quella che minimizza a(d); questo porta ad una relazione di proporzionalità tra HT(f) e HR(f), e infine al seguente minimo valore per a(d) [v. fig. 6 e 7]:
(8)
|
|
|
Può essere d’interesse verificare che l’uso di due filtri d’equalizzazione (a monte e a valle della linea) diano luogo effettivamente ad un sensibile miglioramento rispetto all’uso, più semplice ed economico, di un solo filtro equalizzatore, da disporsi all’uscita della linea e di funzione di trasferimento HR(f)=1/Hd(f). In questo caso, va posto nella (8) HT(f) = 1, e la funzione a(d) ha la seguente espressione: |
Un terzo peggioramento, tipico dei doppini, e' prodotto dal fatto che, molto spesso, essi vengono affasciati insieme in un unico cavo . Ciò può provocare accoppiamenti elettrici tra segnali convogliati da coppie differenti, e quindi la presenza, all'uscita di una coppia, di un ulteriore rumore, detto di diafonia, costituito da una copia (di solito molto attenuata e distorta) del segnale che transita attraverso una coppia adiacente.
A C E B D F telediafonia paradiafonia |
n(t) eT(t) eP(t) r(t) Hd(f) s(t) s”(t) GT(f) GP(f) s’(t)
|
Fig. 9. Definizione di Tele/Paradiafonia. |
Fig. 10. Modello di coppia, in presenza di rumore termico e disturbi di para/telediafonia. |
L'accoppiamento può avvenire lungo tutto il percorso comune alla coppia disturbante (per es. CD di fig. 9) e alle coppie disturbate (per es. AB e EF di fig. 9, in cui la prima convoglia un segnale nella stessa direzione della coppia disturbante, la seconda nella direzione opposta). L'entità dell'accop-piamento viene di solito misurata attraverso l'attenuazione di potenza tra l'ingresso della coppia disturbante e l'uscita della coppia disturbata. Può accadere che l'uscita della coppia disturbata sia allocata in prossimità del punto d’ingresso della coppia disturbante (caso EF) oppure in prossimità del punto d’uscita (caso AB), per modo che possono definirsi due tipi d’attenuazione di potenza, ACE(f) nel primo caso e ACB(f) nell'altro caso. Tali attenuazioni vengono di solito misurate in dB e vengono chiamate attenuazioni di paradiafonia e di telediafonia. E’ possibile dimostrare, sotto opportune ipotesi semplificatrici, che i corrispondenti guadagni disponibili di potenza GP(f) e GT(f) valgono:
(9)
in cui le costanti c e y dipendono da vari fattori caratterizzanti il cavo e dal numero e posizione delle coppie disturbanti/disturbate; valori medi sono:
c = 4.4 10-14 [Hz]-3/2 y = 3.28 10-16 [Hz]-2[Km]-1 (10)
Un sistema di trasmissione analogico che impiega un cavo coassiale collega una sorgente di segnale al suo utilizzatore utilizzando una o più tratte del tipo di fig.5; s’intende dunque per dimensionamento di tratta la determina-zione delle caratteristiche dell’amplificatore di uscita o la massima lunghezza della linea, al fine di realizzare un determinato valore del rapporto segnale/ rumore. A tal fine è pienamente utilizzabile quanto riportato nel Cap. 2, § 9; in particolare, se si tiene conto del solo rumore termico - e non anche del rumore d’intermodulazione dovuto alle non-linearità dell’amplificatore - e del fatto che il mezzo trasmissivo si trova in ogni caso a temperatura ambiente, va applicata la formula (6) con No = 2RFKTo, che qui conviene scrivere nella forma:
(11)
in cui: WTdBm = Potenza introdotta nella linea in dBm
wHZ = Banda del segnale da trasmettere in Hz
FdB = Fattore di rumore del ricevitore
a(d) = Attenuazione equivalente della linea [figg. (6) e (7); eq. (8)].
Volendo infine considerare anche gli effetti del rumore d’intermodulazione, potranno invece applicarsi direttamente i risultati del Cap. 2, § 9.
Esempio 1 Si calcoli la massima lunghezza di tratta per il seguente sistema:
Potenza trasmessa: 1 Watt.
Fattore di rumore: 5 dB.
Banda del segnale: 10 MHz.
Rapporto segnale/rumore: 40 dB.
Ao (cavo coassiale): 5,3 dB/Km @1 MHz
Dalla (11), deve essere verificata la relazione:
a(d) = 30 - 40 + 174 - 5 - 70 = 89 dB.
e quindi dal grafico di fig. 7 si ricava: x = 24 e quindi d @ 8,9 Km.
Un altro esempio molto comune è costituito dalla connessione tra antenna televisiva sul tetto e i singoli ricevitori televisivi negli appartamenti.
Tra questi si ricordano il teletax, che opera in una banda intorno a 12 KHz, e la filodiffusione, ora in disuso, che operava fino a @ 100 KHz. Attualmente, sono proposti standard per l’utilizzazione di bande di frequenza ben al di sopra dei valori precedenti, allo scopo di realizzare collegamenti di tipo numerico tra utente e centrale. Questi collegamenti, inizialmente denominati over voice e operanti a velocità dell’ordine di alcune decine di Kb/s, sono ora in grado di trasportare, in tecnica denominata ADSL, flussi binari a velocità crescente al diminuire della lunghezza del doppino, intorno al Mb/s per lunghezze dell’ordine del Km, e fino a qualche decina di Mb/s per lunghezze inferiori a »100 m.
§ Questo è vero nel caso di cavi coassiali o di doppini utilizzati in applicazioni a larga banda, ma l’argomento non sarà più oggetto di ulteriori approfondimenti.
Ciò e’ sempre verificato nella rete d’accesso in rame del sistema telefonico pubblico, in cui le centrali di commutazione sono collegate ai singoli utenti da doppini. In effetti, sono utilizzati cavi comprendenti 50¸200 doppini affasciati insieme; tali cavi, o loro ulteriori affasciamenti, collegano ogni centrale con una molteplicità di punti intermedi chiamati armadi, da cui si dipartono altri cavi verso i singoli condomini.
Esempio 2 Si calcoli la potenza trasmessa per il seguente sistema:
Lunghezza di tratta: 10 Km
Fattore di rumore: 5 dB.
Banda del segnale: 10 MHz
Rapporto segnale/rumore: 50 dB.
Ao (cavo coassiale): 5,3 dB/Km @1 MHz (coassialino)
Dalla eq.(8) si ricava x = 38,6 e quindi : a(d)|dB @ 148 dB.
Dalla eq. (11), la potenza trasmessa deve valere quindi:
WT dBm = 50 + 148 - 174 + 5 + 70 = 99 dBm (»8 MW!)
Poiché non è possibile realizzare questa potenza d’emissione, si può procedere in due modi: o usare più tratte, come si vedrà nel § 2.5, oppure impiegare un cavo coassiale (e non un coassialino) per cui Ao = 2,3 dB/Km @1 MHz. In questo secondo caso, risulta: a(d ) @ 60 dB e quindi: WT = 11 dBm (13,6 mW)
Lo schema di un sistema di trasmissione numerica su linea è analogo a quello di riferimento (Cap. 3, fig. 27), con l’unica differenza che ora il collega-mento è costituito dalla tratta di fig. 5. Come conseguenza, i filtri HT(f) e HR(f) potrebbero contemporaneamente equalizzare la linea e includere quelli d’emissione e ricezione, rispettivamente GT(f) e GR(f), necessari alla realiz-zazione di una caratteristica di Nyquist tra l'uscita del formatore d’impulsi e l'ingresso del campionatore. In effetti, per sviluppare il calcolo del dimensiona-mento non si seguirà quest’approccio, che porterebbe a soluzioni ottimizzate nei riguardi della ripartizione dei filtri fra trasmissione e ricezione, ma per semplicità si utilizzeranno i risultati ottenuti nel punto 2.2, e riassunti nelle figg. 6 e 7, in cui i filtri HT(f) e HR(f) sono ottimizzati per un segnale a spettro uniforme.
I valori di partenza, assegnati, sono la velocità binaria fb e le prestazioni richieste, riassunte dal valore della probabilità d’errore binaria Pb, e i risultati del dimensionamento sono la potenza immessa nella linea oppure la massima lunghezza di tratta. Il procedimento inizia dal calcolo del valore di Eb/2No necessario per ottenere il richiesto valore di Pb, ricavabile per es. dalla fig. 31 di Cap. 3; da questo, ricorrendo all’eq. (43) di Cap. 3 e sapendo che No = 2RFKTo, si ricava il valore della potenza da ricevere WU = (Eb/2No)×FKTofb, e quindi:
,
da questo si ricava il valore della potenza da trasmettere in funzione della lunghezza della tratta:
che evidentemente risolve il problema del dimensionamento.
Esempio 3 Si calcoli la massima lunghezza di tratta per il seguente sistema di trasmissione numerico:
Numero di livelli: 2
Roll-off: 0.2
Potenza trasmessa: 10 dBm.
Fattore di rumore: 5 dB.
Frequenza binaria: 140 Mb/s
Probabilità di errore binaria: 10-4
Ao (cavo coassiale): 2,3 dB/Km @1 MHz
Dalla fig. 31 di Cap.3 si ricava Eb/2No = 8,5 dB, e quindi:
da cui: a(d) = 10 + 79 = 89 dB
x = 24,5 [fig.(7)] Þ d = 3,9 Km
Se la lunghezza L del collegamento è tanto elevata che non e’ possibile superarla con un’unica tratta, è necessario ricorrere all’impiego di più tratte, diciamo N, ciascuna di lunghezza d = L/N. Qui di seguito sarà esaminato separatamente il caso analogico, oramai in disuso, da quello numerico.
La figura 11 rappresenta lo schema equivalente di un collegamento analogico costituito da N tratte.
Lo schema mostra che all’ingresso di ciascuna tratta è presente lo stesso segnale utile s(t), poiché, a meno di un inessenziale ritardo non considerato, si e’ supposta la presenza di un’equalizzazione perfetta di tratta. Questo fatto, com’è del tutto evidente, fa anche sì che il disturbo in uscita sia la somma di tutti i disturbi introdotti da ciascuna tratta.
HT(f)
HR(f)
HT(f)
HR(f)
HT(f)
HR(f)
HT(f)
HR(f)
1^ tratta
d Km
N^ tratta
d Km
2^ tratta
d Km
s(t)
n1(t)
H(f)=1
n2(t)
H(f)=1
nj(t)
H(f)=1
nN(t)
H(f)=1
s(t)+n1(t)+..+nN(t)
a) connessione effettiva
b) circuito equivalente simbolico
Fig. 11 Schema effettivo ed equivalente di un collegamento analogico a più tratte.
Se il disturbo è costituito da rumore termico, tutti i contributi sono indipendenti tra loro, e quindi la potenza della loro somma e’ la somma delle loro potenze; indicando quindi con PN la potenza di ciascun contributo, evidentemente uguale per ogni tratta, e con PS quella del segnale utile, il rapporto segnale/rumore complessivo SNRU vale:
(12)
In parole, il rapporto segnale/rumore complessivo e’ 1/N-mo di quello di ciascuna tratta, e dunque ogni tratta va dimensionata per un rapporto segnale/rumore, in dB, che supera a quello desiderato di un valore pari a 10×log10 N. All’aumentare di N diminuisce la lunghezza di tratta d = L/N, e quindi aumenta SNRd, ma aumenta anche il numero dei contributi di rumore: in definitiva, si vede che SNRU, all’aumentare di N, prima aumenta e poi diminuisce; esiste dunque un valore di N per il quale SNRU ha un massimo. Senza entrare in ulteriori dettagli, una volta che la curva in questione è tracciata, per una data lunghezza complessiva LKm, può anche accadere che il massimo in questione non superi il valore desiderato, ed in questo caso il collegamento non e’ realizzabile.
|
Per esempio, la figura 12 mostra l’andamento del rapporto segnale/ rumore complessivo in funzione della lunghezza di tratta nel caso si voglia realizzare dei collegamenti lunghi 103, 104 oppure 105 Km. Si e’ ipotizzata una banda di 10 MHz ed una potenza trasmessa di 10 mW. Si vede che nei tre casi, imponendo un rapporto SNRT di 40 dB, la minima lunghezza di tratta e’ ora di 8, 5.5 e 4.5 Km, contro il valore di 11 Km che potrebbe avere se fosse |
unica. I collegamenti richiedono 125, 1820 e 22.222 tratte, ed un rapporto segnale/rumore per tratta di 61, 72.6 e 83.5 dB, rispettivamente.
La differenza rispetto al caso analogico e’ che ora la connessione tra tratte consecutive avviene trasferendo sequenze numeriche a valle del decisore, e non trasferendo il segnale analogico. In questo modo, e’ facile convincersi che N tratte danno luogo ad una probabilità d’errore approssima-tivamente valutabile come somma delle probabilità d’errore delle singole tratte . Pertanto, se P indica la probabilità d’errore desiderata, le singole tratte andranno progettate per Pt = P/N; ad esempio, per N = 1000 e P =10-7, si ha Pt = 10-10. Ora, si vede che la singola tratta, per ridurre la sua probabilità d’errore da 10-7 a 10-10, richiede un modesto miglioramento del rapporto segnale/rumore (meno di 2 dB). Dunque, anche se un collegamento richiede l’impiego di molte tratte, ciascuna tratta non deve migliorare in modo essenziale il proprio rapporto segnale/rumore, e quindi la propria lunghezza, a differenza del caso analogico in cui invece, sommandosi in potenza i rumori introdotti da ciascuna tratta, il rapporto segnale/rumore di ciascuna tratta deve risultare N volte superiore a quello complessivo. Come conseguenza, nei collegamenti molto lunghi, la lunghezza di tratta si riduce in modo consistente nel caso analogico e modesto nel caso numerico.
Un collegamento hertziano tra due punti è realizzato generando un campo ElettroMagnetico (EM) proporzionale al segnale da trasmettere e sfruttando le proprietà propagative di tale campo nello spazio libero. Al lato d’emissione, la conversione da segnale elettrico, generato dall'apparato trasmettitore, a campo EM è compiuta da un'antenna detta trasmittente, mentre al lato ricevente l'analoga conversione da campo EM a segnale elettrico, utilizzato dall'apparato ricevitore, è compiuta da un'antenna detta ricevente. L'insieme delle apparecchiature di trasmissione, o ricezione, e le relative infrastrutture prende il nome di stazione radio (trasmittente o ricevente).
Ogni antenna è caratterizzata da un'opportuna struttura fisica, in base alla quale essa è in grado di eseguire la conversione di cui si è detto in modo ottimale solo se il segnale i presenta un'occupazione spettrale percentualmente molto piccola rispetto alla sua frequenza centrale; ne consegue che i collegamenti hertziani consentono la trasmissione di soli segnali modulati a banda stretta. Pertanto, i segnali di cui tratteremo nel presente paragrafo possono ritenersi sinusoidi a frequenza portante fp e d’ampiezza e fase istantanee lentamente variabili nel tempo, tanto che in molte parti dell’espo-sizione che segue potrà addirittura ritenersi che il segnale in transito sia una semplice sinusoide, priva di variabilità nell'ampiezza e nella fase. Com’è noto, la frequenza della portante può anche indicarsi attraverso la corrispondente lunghezza d'onda lp = c/fp, in cui c è la velocità di propagazione dell'onda EM nello spazio, pari a » 3.108 m/s.
Un collegamento hertziano, tra l’ingresso dell’antenna trasmittente e l’uscita di quella ricevente, soddisfa ad un modello di rete due-porte; è quindi caratterizzato da un'impedenza d’ingresso, da un'impedenza d’uscita e da una funzione di trasferimento intrinseca, indicate con i simboli ZAT(f), ZAR(f) e HRF(f) rispettivamente. In tutti i casi di pratico interesse, la distanza tra antenne è così grande che la presenza d’antenne riceventi non altera il campo EM prodotto dall’antenna trasmittente, se non in uno spazio piuttosto contenuto intorno a ciascun’antenna ricevente. Questa osservazione ha le seguenti conseguenze:
a) ZAT(f) non dipende dalla presenza dell'antenna ricevente né quindi dalle sue condizioni d’adattamento verso il ricevitore, e può considerarsi una quantità caratteristica della sola antenna trasmittente ed eventualmente della conformazione dell'ambiente esterno in cui è inserita;
b) ZAR(f) non dipende dalla presenza dell'antenna trasmittente, né quindi dalle sue condizioni d’adattamento verso il trasmettitore, e può considerarsi una quantità caratteristica dell'antenna ricevente ed eventualmente della conformazione dell’ambiente esterno in cui è immersa;
c) HRF(f) non dipende dalle condizioni d’adattamento delle antenne in ingresso e in uscita, ma solo dalle caratteristiche delle antenne utilizzate e dai fenomeni propagativi che intervengono.
Nei paragrafi che seguono saranno essenzialmente discusse le diverse espressioni che HRF(f) assume nelle diverse situazioni operative e alle diverse frequenze portanti di pratico interesse; si farà inoltre costantemente riferimento al caso in cui le connessioni tra ricevitori, trasmettitori e relative antenne siano adattate per il massimo trasferimento di potenza, per cui le impedenze di uscita del trasmettitore e di ingresso del ricevitore si riterranno rispettivamente pari a ZAT(f)* e ZAR (f)*. Questa situazione consente di trasferire al campo EM la maggiore potenza possibile, e la sua attuazione è facilitata dal fatto che spesso (sempre, nei casi considerati nel seguito) le impedenze in questione sono semplici resistori, e in ogni caso dal fatto che, poiché i segnali in transito sono a banda stretta, i loro valori vanno considerati limitatamente ad una banda molto piccola, entro la quale si possono assumere costanti e di valore dipendente dalla sola frequenza portante fp. Quest'ultima considerazione consente anche di dedurre che le condizioni d’adattamento in ingresso ed in uscita in ogni caso non introducono distorsioni lineari sul segnale in transito. Infatti, le potenziali distorsioni introdotte dalle condizioni d’adattamento in ingresso ed in uscita danno luogo di fatto a funzioni di trasferimento del tipo:
indipendenti dalla frequenza.
ZG ZAT ZC ZAR HRF(f) trasmettitore mezzo Hertziano ricevitore ingresso antenna uscita antenna
Fig. 13 Circuito equivalente di un collegamento Hertziano operante ad una data frequenza portante. |
La fig. 13 fornisce il circuito equivalente del collegamento Hertziano, come consegue da quanto detto in precedenza; gli esercizi 1 e 2 forniscono alcuni esempi di cosa potreb-be accadere, in certi casi limite, qualora non si impie-gasse la condizione di mas-simo trasferimento di potenza nell'adattamento tra apparati di trasmissione ed antenne. |
I collegamenti Herziani possono essere classificati in vari modi.
Una prima classificazione riguarda il tipo di collegamento. Da questo punto di vista, si distinguono i collegamenti punto-punto(o in ponte radio), che hanno lo scopo di collegare due punti geograficamente definiti e distanti tra loro, i collegamenti circolari, che hanno lo scopo di collegare un punto con altri comunque allocati in un'area definita – come accade, per esempio, nei sistemi radio-mobili oppure nei sistemi di diffusione radiofonica e televisiva - ed i collegamenti punto-multipunto, in cui un punto è collegato con più punti fissi e definiti dello spazio. Ciascuno dei tipi di collegamento ora richiamati può infine essere simplex, duplex oppure half-duplex, a seconda delle sue caratteristiche di direzionalità.
Un'altra classificazione fa riferimento al valore della frequenza portante: da questo punto di vista l'intero intervallo di frequenze utilizzato nelle Telecomu-nicazioni è suddiviso in gamme di frequenza, come indicato nella tabella 3. Nella tabella è pure riportata la lunghezza d'onda l = c/fp corrispondente ed i tipi di servizio a cui la gamma è destinata.
Tabella 3. Gamme di frequenza e servizi associati
gamma |
nome |
l |
servizio |
30¸300 KHz |
LF |
> 1 Km |
Radiolocalizzazione marittima ed aeronautica. |
.3¸3 MHz |
MF |
1¸0.1 Km |
Radiomobili marittimi. Radionavigazione. Radio-diffusione in AM. |
3¸30 MHz |
HF |
100¸10 m |
Collegamenti a lunga distanza fissi e mobili. Radioamatori. |
30¸300 MHz |
VHF |
10¸1 m |
Collegamenti in visibilità punto-punto. Radiomobili civili e militari. Radiolocalizzazione. Servizio di diffusione in FM. |
.3¸3 GHz |
UHF |
100¸10 cm |
Ponti radio e radiomobili terrestri. Radioastronomia. Metereolo-gia da satellite. Diffusione televisiva terrestre e da satellite. |
3¸30 GHz |
SHF |
10¸1 cm |
Ponti radio terrestri. Collegamenti via satellite. Radiolocalizzazione. |
Nel presente paragrafo esamineremo le caratteristiche di trasferimento di un collegamento Hertziano operante in uno spazio libero, così definito:
Cominciamo l'analisi osservando che non sono presenti termini di distorsione lineare dovuti a disadattamenti nei punti d’ingresso e d’uscita, in conformità a quanto espresso nel precedente paragrafo; inoltre, anche la componente di trasferimento intrinseca del collegamento HRF(f), nel caso ideale a cui ci stiamo riferendo, fa riferimento a fenomeni propagativi da ritenersi indipendenti dalla frequenza per la limitatezza in banda dei segnali in transito. In definitiva, si può assumere che il collegamento Hertziano nel caso ideale si comporti in modo perfetto, introducendo semplicemente un ritardo t dovuto alla finita velocità di propagazione del campo EM e una riduzione d’ampiezza, che ora calcoleremo in termini di corrispondente attenuazione disponibile.
S’indichi con P un punto dello spazio, in cui è situata l'antenna trasmittente, con WdT la potenza disponibile all'uscita del trasmettitore e con WT la potenza irradiata, che naturalmente coincide con quella disponibile se l'antenna ha un rendimento unitario, vale a dire non dissipa potenza al suo interno, e in condizioni d’adattamento per il massimo trasferimento di potenza. Poiché lo spazio libero non dissipa potenza e se l’antenna è isotropa (in pratica, se emette uniformemente in tutte le direzioni) la potenza che transita attraverso una superficie infinitesima dS facente parte di una superficie sferica di raggio r, superficie 4pr2e con centro in P è data da:
(13)
dS r q f antenna
Fig. 14. Riferimento fisso con l’antenna. |
Se invece l'antenna trasmittente non è isotropa, è innanzitutto necessario fissare un sistema di riferimento in coordinate polari (r,q,f) solidale con l'antenna trasmittente, essendo f l'angolo di eleva-zione e q quello di azimuth (v. fig. 14); ciò fatto, il modo con cui l'antenna in questio-ne distribuisce la potenza irradiata nelle |
varie direzioni viene espresso attraverso la funzione GT(q,f), detta funzione di guadagno dell'antenna trasmittente, che consente di esprimere la potenza in transito attraverso la superficie infinitesima dS di cui sopra e in direzione (q,f) al seguente modo:
(14)
La potenza effettivamente irradiata WT è di solito minore di quella fornita dall’amplificatore di potenza WA, a causa delle perdite nel trasferimento del segnale dall’uscita del trasmettitore all’antenna trasmittente, che è in genere disposta all’esterno dell’edificio e in posizione elevata. Risulta quindi, in unità logaritmiche: WTdBm = WAdBm - ldB, essendo ldB le perdite in dB.
Indicando con GT il massimo guadagno dell’antenna, quello cioè nella direzione di massima irradiazione, un’utile quantità connessa alla potenza trasmessa è il prodotto WTE = WT·GT che viene indicato con la sigla EIRP (Equivalent Isotropic radiated Power), che coincide con il massimo valore della potenza irradiata al variare dell’angolo di irradiazione, ovvero con la potenza che il trasmettitore dovrebbe emettere se la sua antenna fosse isotropa.
Naturalmente, poiché la potenza totale transitante attraverso una superficie sferica con centro nell'antenna trasmittente è pari a WT in quanto il mezzo non dissipa, è ovvio che se in certe direzioni GT(q,f) >> 1, in certe altre dovrà valere la disuguaglianza opposta; un'antenna si dice direttiva se in una certa direzione, solitamente assunta in q = f = 0, la funzione di guadagno ha il massimo valore GT º sensibilmente maggiore di 1, che prende il nome di guadagno dell'antenna.
dF dQ de antenna circolare antenna a bandiera antenna a spillo
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Fig. 15.
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La fig. 15 fornisce gli andamenti della funzione guadagno d’antenna in alcuni casi tipici e il corrispondente valore di GT.
Supponiamo ora che a distanza d e direzione (q,f) dall'antenna trasmittente sia presente un'antenna ricevente. Fissiamo poi una nuova terna di riferimento solidale a questa ultima, e supponiamo che in questo nuovo riferi-mento l'antenna trasmittente sia "vista" nella direzione (q',f'). In queste condizioni (v. fig. 16), la potenza ricevuta dall'antenna è ancora fornita dal II membro della (14), in cui tuttavia dS assume un valore non più infinitesimo ma finito, dipendente dal tipo di antenna ricevente e dalla direzione (q',f') con cui l’antenna ricevente vede quella trasmittente. Questo valore è chiamato funzione d'area efficace dell'antenna ricevente, indicato con SR(q',f'). In definitiva, la potenza disponibile all'uscita dell'antenna ricevente è data dalla formula:
º (15)
essendo [eq. (14)]: WTE º WT ×GT(q,f) = Potenza trasmessa EIRP
Altre misure connesse alla potenza ricevuta fanno riferimento non alla potenza disponibile WdR all’uscita dell’antenna ricevente, ma alla potenza disponibile ricevuta per unità di superficie wdR. Si ha, ricordando la definizione (14):
wdR = WdR /dS = WTE /4pd2 wdR dBm = WTE dBm – 20×log10 dKm – 71 dBm/m2 (15a)
In molte applicazioni, infine, si usa indicare la densità superficiale di potenza ricevuta w, misurata in W/m2, attraverso il corrispondente campo elettrico E, misurato in Volt/metro; la relazione, dimostra-bile con semplici calcoli elettromagnetici, è la seguente:
(15b)
ovvero:
Per esempio, una potenza ricevuta di 0,1 Watt/m2corrisponde a un campo ricevuto di @ 6 Volt/ metro.
Fonte: http://infocom.uniroma1.it/paolo/nuova/materiale%20didattico%20CN/cap%205.docx
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