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LA LUNGA STORIA DEI CARBURANTI
PRIMA PUNTATA
Dallo smacchiatore della signora Benz al propellente dei missili: nei motori delle auto si brucia di tutto. I Combustibili per le auto da corsa. Affannosa ricerca di mezzi alternativi per il prossimo futuro.
di Gianni Rogliatti (testo e immagini da “La Manovella”, n. 11, Novembre 2004).
Si dice carburanti o combustibili? C'è una differenza sottile tra una parola e l'altra, nel senso che i carburanti sono certamente combustibili ma debbono avere la caratteristica di formare con l'aria una miscela esplosiva capace di far funzionare il motore. Il carbone è un combustibile utilizzato ai primordi dello sviluppo del Diesel, in forma finemente polverizzata. La legna secca fatta a piccoli pezzi era il combustibile che alimentava il gasogeno con il quale si produceva una miscela di gas, vero e proprio carburante che faceva funzionare le auto in tempo di guerra.
La potenza che un motore è in grado di erogare dipende in ultima istanza dalla qualità e quantità di carburante che esso brucia nell'unità di tempo: l'energia chimica contenuta nel carburante, grazie alla combustione, si trasforma in calore, che fa dilatare i gas la cui forza finalmente si trasforma in energia meccanica. Il problema da risolvere per aumentare la potenza è dunque immettere nel motore quanto più carburante possibile nell'unità di tempo e farvelo bruciare nel modo più efficiente: questo si ottiene miscelando insieme al carburante il comburente, ossia l'ossigeno contenuto nell'aria e, a volte, anche altro.
L'enorme successo che hanno avuto in aviazione i motori a turbina è dovuto alla semplice equazione "più aria = più potenza" oltre al fatto che è stato possibile eliminare tutti gli organi di trasmissione della potenza stessa, perché la spinta al velivolo viene data dai gas che escono dallo scarico. E questo spiega perché coi motori a turbina non si parla di potenza in CV o kW bensì di chilogrammi di spinta. Nei veicoli terrestri è necessaria una trasmissione della potenza alle ruote, salvo quelli costruiti per i record di velocità, che sono un caso speciale perché utilizzano direttamente la spinta del reattore.
Ci sono infine dei combustibili che non hanno bisogno di aria per bruciare e, sotto questo punto di vista, sono più simili agli esplosivi, tanto è vero che in genere sono proibiti.
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SECONDA PUNTATA
È nata prima l'auto o il carburante?
Anche se da anni si parla di carburanti alternativi, come ad esempio l' alcol etilico ricavato da prodotti agricoli e perciò rinnovabili oppure quello metilico ricavato dal carbone, resta il fatto che le nostre auto (insieme con le moto, gli aerei ed i veicoli pesanti) funzionano con i derivati del petrolio, benzina, gasolio e GPL, oltre al metano che si trova in giacimenti simili a quelli petroliferi.
Il petrolio arabo affiorante nel deserto era noto sin dal Medioevo e i viaggiatori che tornavano dall'Oriente portavano ampolle con il misterioso liquido capace di infiammarsi. Negli Stati Uniti l'industria petrolifera ebbe inizio praticamente nel 1859, quando Edwin Drake realizzò un sistema di trivellazione che consentiva di andare a cercare il petrolio in profondità. Ma se non fosse stato per la motorizzazione terrestre le richieste di petrolio sarebbero state una frazione di quello che sono diventate. Anche perché caldaie, forni e macchine fisse potevano funzionare con il carbone, conosciuto sin dall'antichità. D'altra parte se non ci fosse stato il petrolio capace di fornire un combustibile liquido, facile da usare ed a buon mercato, i veicoli a motore non sarebbero diventati il nostro mezzo di trasporto più popolare. È il classico dilemma se sia nato prima l'uovo o la gallina: a partire da fine Ottocento, infatti, l'industria automobilistica e quella petrolifera si sono sviluppate di pari passo, non solo quantitativamente ma anche qualitativamente.
Motori più perfezionati hanno richiesto carburanti più raffinati sia nel caso dei motori a ciclo Otto sia in quelli a ciclo Diesel. Purtroppo il successo di questo mezzo di trasporto ha avuto anche le conseguenze negative che tutti conosciamo, come l'inquinamento ed il progressivo aumento del costo della materia prima: di qui la ricerca di soluzioni alternative con fonti di energia rinnovabili e meno inquinanti.
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TERZA PUNTATA
La prima stazione di servizio
Sebbene la maggior parte delle nazioni europee più industrializzate abbiano avuto i loro precursori nel campo dei motori a combustione interna, viene generalmente accettato che gli iniziatori dell'industria siano stati i tedeschi Gottlieb Daimler e Karl Benz, i quali a partire dal 1886 hanno costruito motori efficienti, utilizzati anche da altri costruttori. Ed è stata la dinamica signora Bertha Benz ad intraprendere il primo viaggio turistico insieme ai suoi due figli Eugen e Richard a bordo della vetturetta a tre ruote costruita dal marito. Era l'inizio di agosto del 1888 - due anni dopo le prime prove del veicolo - e la signora decise che la Patent Motorwagen fosse abbastanza sicura da poterci andare da Mannheim fino a Pforzheim (un centinaio di chilometri) a trovare la madre.
La donna e i due ragazzi si misero in viaggio con un solo pensiero: dove trovare il carburante. Il motore della Benz funzionava a Ligroin, che era la marca di fabbrica di un distillato di petrolio molto simile alla benzina avio, venduto nelle farmacie come solvente e per smacchiare. Il "serbatoio" era in realtà costituito dal carburatore a lambimento della capacità di 4,5 litri che consentiva un'autonomia di una quarantina di km.
Quando il gruppetto familiare arrivò a Wiesloch ormai al limite dell'autonomia, cercò la farmacia cittadina per comprare il carburante. Questa farmacia esiste ancora e con orgoglio informa i visitatori di essere stata la "prima stazione di servizio del mondo". A Langenbrucken e Brüchsal, per precauzione, i tre acquistarono altre scorte di Ligroin ed arrivarono felicemente dalla nonna a Pforzheim. Poi tornarono anche a casa qualche giorno dopo.
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QUARTA PUNTATA
Il nome della benzina
La signora Benz aveva innato il senso delle pubbliche relazioni, perché la notizia della sua impresa fu molto utile al lancio del veicolo in occasione di un' importante mostra di prodotti industriali. In seguito a quell'episodio il carburante per i motori a scoppio venne chiamato Benzin in Germania e benzina in Italia. Ma negli altri Paesi che si andavano via via motorizzando il nome del carburante cambiava: in Francia venne chiamato "essence" forse perché era la parte più nobile, l'essenza del petrolio. In Inghilterra i chiamò "petrol" ma i cugini americani preferirono chiamarla "gasoline", accorciata in "gas", così come gli spagnoli "gasolina". In alcuni Paesi sudamericani la benzina si chiama "nafta" e la nafta "gasoil o kerosene".
Era però necessario un accordo tra i produttori di combustibili e quelli di automobili affinché ciò che si comprava dal distributore fosse adatto alle crescenti esigenze dei veicoli. In poche parole, la benzina (che è una miscela di idrocarburi le cui molecole hanno un numero di atomi di carbonio variabile tra 4 e 12 in linea di massima) deve evaporare poco d'estate, ma non creare problemi di avviamento d'inverno. Nel corso degli anni è stata migliorata in una caratteristica essenziale, in modo da poter aumentare il rapporto di compressione e dunque la potenza. Questa caratteristica è il potere antidetonante noto come Numero Ottano.
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QUINTA PUNTATA
L'aiuto della chimica
Ai primi del Novecento la chimica organica era già molto sviluppata ed il suo aiuto è stato fondamentale per definire le caratteristiche ideali del carburante per i motori.
Si sapeva che il petrolio grezzo era una miscela molto complessa di idrocarburi (oltre 200) e che con la distillazione frazionata se ne potevano separare le parti necessarie a formare i vari carburanti come la benzina, il gasolio e gli oli lubrificanti, cosa che oggi avviene regolarmente. Con il passar del tempo sono stati messi a punto sistemi che citeremo soltanto, come il cracking catalitico ed il reforming, grazie ai quali si ottengono prodotti più adatti a tutte le esigenze, con qualità costante anche a partire da petrolio grezzo di varia provenienza. Il petrolio infatti risente delle sue origini lontane e di come si è formato nella profondità della terra a partire da sostanze organiche sotto l'effetto di pressione e temperatura molto elevate.
Di conseguenza varia la percentuale di idrocarburi che lo compongono e che sono sempre quelli classificabili nelle quattro grandi famiglie degli olefinici, paraffinici, naftenici ed aromatici.
Tutti concorrono a formare la benzina ed il gasolio, mentre alcuni carburanti sono composti puri o miscele più semplici.
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SESTA PUNTATA
Il Numero Ottano
Tutti sappiamo che i motori ad elevata compressione delle automobili moderne debbono utilizzare benzina con un elevato NO, abbreviazione di Numero Ottano. Da questa nozione in avanti, però, non tutti hanno le idee chiare. Cominciamo dalla definizione di NO: questo è il rapporto tra la percentuale di iso-ottano che ha NO=100 e n-eptano che ha NO=0 in una miscela di riferimento che serve per determinare quale NO ha una benzina. La misura si effettua con uno speciale motore prodotto dalla Waukesha Corporation, e chiamato CFR (Cooperative Fuel Research), un monocilindro in cui si ha la possibilità di variare il rapporto di compressione durante il funzionamento, così come l'alimentazione del carburante. La misura si effettua nel modo seguente: mentre il motore funziona a velocità costante con la benzina da analizzare, si aumenta progressivamente la compressione, fino a quando gli strumenti segnalano che si sta verificando la detonazione. A questo punto si sostituisce la benzina con la miscela di iso-ottano ed n-eptano in proporzioni variabili, fino a quando si verifica la detonazione. Se, ad esempio la miscela contiene il 90% di iso-ottano vuol dire che la benzina provata ha un NO di 90. Il numero ottano che leggiamo sulle colonnine dei distributori è uno dei due ottenuti con regole diverse: si tratta del NO Research Method, con il motore funzionante a 600 giri al minuto. L'altro NO è definito Motor Method, con il motore che gira a 900 giri al minuto e la temperatura della miscela a 149°C. Questo numero è in genere inferiore di l0 punti per la stessa benzina ed indica la resistenza alla detonazione in condizioni gravose. Fino ad alcuni anni fa si otteneva un NO elevato aggiungendo alla benzina normale una piccola quantità di tetraetile di piombo. Oggi il piombo è stato eliminato sia per i possibili effetti nocivi sulla salute sia perché danneggia le marmitte catalitiche. La benzina però ha ugualmente un NO elevato (in genere 95) perché viene prodotta miscelando i componenti adatti. Alcune Case petrolifere offrono anche una benzina con NO 100 che è realmente necessaria solo per motori ad elevate prestazioni e di per sé non migliora il funzionamento dei motori che non la richiedono. Moltissimi motori moderni hanno sensori di detonazione che adattano in modo istantaneo 1'anticipo dell' accensione alle eventuali carenze della benzina. Le macchine vecchie ancora in circolazione, e specialmente le auto storiche, vanno benissimo con la benzina attuale e solo in casi particolari è necessario aggiungere uno speciale additivo che agisce come lubrificante delle valvole di scarico. Ma il NO è ampiamente sufficiente per motori che all'origine non richiedevano più di 60-80.
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SETTIMA PUNTATA
Le altre caratteristiche
Oltre al NO, la benzina deve avere altre caratteristiche definite da apposite norme, come ad esempio il peso specifico compreso tra 0,725 e 0,775 kg/l e una curva di distillazione che a 70°C dia una percentuale in volume di distillato almeno del 10 %, per chiudere a 220°C quando tutta la benzina deve essere evaporata. Il punto di infiammabilità è di 21°C e ci devono essere quantità minime di zolfo e gomme. Quanto al benzene, che ha un elevato potere antidetonante ma è considerato cancerogeno, la sua percentuale massima era stata fissata per legge al 5 % ma le Case petrolifere hanno poi ridotto questa percentuale ad un valore molto più basso.
Il gasolio per i motori Diesel ha naturalmente caratteristiche diverse dalla benzina, con un particolare numero che ne indica la qualità in modo simile al numero ottano: si tratta del numero di cetano che rappresenta la facilità di accensione. Quando è 100 rappresenta la temperatura di autoaccensione del cetano puro, ossia 235°C. Lo zero nella scala del numero di cetano è rappresentato dalla alfametilnaftalina, con una temperatura di autoaccensione pari a 566°C. Un buon gasolio deve avere un numero di cetano quanto più prossimo a 100 e deve contenere quantità ridotte di paraffine, che sono le sostanze che lo rendono meno fluido alle basse temperature. Da citare anche i due carburanti che il mercato offre da lungo tempo come alternativi alla benzina e cioè il metano, che è una sostanza semplice (compresso in bombole a 200 e più bar) e il GPL o gas di petrolio liquefatto, una miscela di butano e propano contenuta in serbatoi a bassa pressione. Hanno entrambi un NO pari o superiore a 100, con un potere calorifico leggermente inferiore alla benzina. Uno svantaggio ampiamente compensato dal minore inquinamento e dal prezzo ridotto.
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OTTAVA PUNTATA
Carburanti da corsa
Nel periodo tra le due guerre mondiali, lo sport automobilistico ha conosciuto uno sviluppo importante: chi si occupa di macchine da corsa storiche sa che per farle funzionare bene occorrono miscele speciali. Il motivo di queste miscele si spiega facilmente con la conoscenza dei fenomeni della combustione. Problemi come la resistenza alla detonazione e il raffreddamento della miscela compressa prima di essere introdotta nei motori e la velocità di propagazione della fiamma, potevano essere risolti con sostanze adeguate. Così invece di usare la benzina normalmente in commercio, la cui composizione era ancora approssimativa e la resistenza alla detonazione scarsa, i tecnici hanno "costruito" il carburante su misura per i loro motori partendo da sostanze pure, le cui caratteristiche sono ben note. Troviamo così che il benzene e gli alcoli etilico e metilico hanno un NO superiore a 100, il che li rende ottimi carburanti per motori ad alta compressione. Gli alcoli hanno anche la caratteristica interessante dell'elevato calore latente di vaporizzazione. In parole povere quando si miscelano con l'aria la raffreddano aumentandone la densità e quindi il peso per unità di volume. Più aria a parità di cilindrata. È il motivo ad esempio per cui sulle macchine di Indianapolis si usa metanolo puro, facile da analizzare e con effetto paragonabile all'intercooler per i motori turbocompressi. Per contro l'alcol ha un minor potere calorifico, cioè un chilo di alcol rende meno di un chilo di benzina e di questo bisogna tener conto sia nei sistemi di carburazione sia nella capacità dei serbatoi. Ci sono poi altre sostanze utilizzate nelle vecchie miscele con fini diversi, ad esempio l'etere di petrolio come acceleratore della combustione e l'acetone come stabilizzante della miscela. Nelle miscele per i motori dotati di compressore volumetrico entrava anche una piccola quantità di olio di ricino che serviva a lubrificare i lobi del compressore e, bruciando nel motore, produceva il caratteristico odore sulle piste di allora.
Negli Anni Trenta i tedeschi della Mercedes, bravissimi in chimica, pensarono di utilizzare il nitrobenzene, che è oleoso, perché lubrifica i compressori e brucia bene, essendo un composto nitrato, cioè un parente degli esplosivi. Se un motore usa la miscela con nitrobenzene si sente un caratteristico odore di mandorle allo scarico. A titolo di curiosità riportiamo la composizione della miscela Faust per i motori tedeschi: metanolo 30%, etanolo 30%, benzolo 22%, etere etilico 5%, acetone 5%, benzina leggera 5%, nitrobenzene 3%.
Negli Anni Cinquanta arrivò sulle piste USA il nitrometano, un composto nitrato con una percentuale di ossigeno molto superiore a quella del nitrobenzene e quindi in grado di aumentare in modo notevole la potenza dei motori quando lo si miscela in percentuali importanti. Venne usato a Indianapolis in miscela di circa il 20 % col metanolo per la gara, ma in percentuali molto più elevate per i quattro giri di qualifica che determinano l'ordine di
partenza. Ovviamente si rischiava di sbiellare il motore, così le qualifiche per la classica "500" diventarono una specie di roulette: qualcuno andava giù pesante con il nitro, se il motore teneva era in una buona posizione, se non teneva, si partiva indietro. Siccome in America l'industria aerospaziale aveva nel frattempo prodotto cose nuove, qualcuno scoprì che se alla miscela di metanolo e nitrometano si aggiungeva un poco di idrazina (che è un propellente per missili) il motore avrebbe reso ancora di più. Era sfuggito un piccolo particolare e cioè che l'idrazina nella miscela innescava una reazione che dopo mezz'ora provocava l'esplosione del serbatoio. La prassi era dunque, preparare la miscela, affrettarsi a fare i giri di qualifica e vuotare subito dopo il serbatoio neutralizzando il contenuto. Ma finalmente le autorità sportive presero una decisione drastica e cioè proibire qualsiasi additivo, così oggi si usa metanolo puro nelle gare del campionato americano CART.
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NONA PUNTATA
L'epoca del turbo
Si arriva così agli Anni Ottanta, l'epoca del turbo: questo piccolo accessorio ha avuto un inizio quasi in sordina. Il regolamento che ne permetteva l'impiego risale al 1966, quando la cilindrata venne portata a 3.000 cm. cubi per i motori aspirati e alla metà per quelli sovralimentati. Tuttavia per undici anni nessuno sperimentò la sovralimentazione.
Il primo costruttore a credere in questa soluzione fu Renault, che si presentò al G.P. d'Inghilterra, il 16 luglio 1977, con una vettura dotata di motore sovralimentato con turbocompressore, guidata da Jean Pierre Jabouille. Presto anche gli altri costruttori, Ferrari compreso, si convertirono al turbo quando l'esperienza dimostrò il potenziale del sistema. Le potenze intorno ai 500 CV, tipiche dei tre litri aspirati, vennero rapidamente superate e, prima che intervenissero nuove norme a limitare la pressione di sovralimentazione, prima a 4 bar e poi a 2,5, si arrivò a potenze di 900 CV in gara e 1.100 in qualifica. I carburanti che permettevano queste prestazioni possedevano caratteristiche antidetonanti eccezionali viste le pressioni che si avevano nei cilindri per effetto della sovralimentazione. Inoltre, dato che i regolamenti del tempo limitavano la capacità dei serbatoi, i petrolieri studiarono miscele di idrocarburi con elevato peso specifico allo scopo di immagazzinare più energia nell'unità di volume. Non solo, ma si arrivò all'artificio di refrigerare il carburante per ridurne il volume, artificio utilizzato ancora fino al 2003 ma proibito dal 2004.
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DECIMA PUNTATA
La benzina della Formula 1
Il regolamento della Formula l prescrive che il carburante debba contenere le stesse sostanze normalmente presenti nella benzina commerciale, ma dato che questa può avere caratteristiche variabili, lo stesso regolamento ne stabilisce la composizione con estrema precisione. Le norme occupano diverse pagine ma riassumiamo quelle che meglio mostrano l'aderenza alla composizione della benzina commerciale, a cominciare dalla densità a 15° e che deve essere compresa tra 0,720 e 0,775 kg/dm cubi e dal NO, che deve essere compreso tra 95 e 102 definito dal Research Method. È ovvio che i produttori di benzina che sponsorizzano le varie squadre preparino miscele al limite massimo di questi dati. Apposite tabelle stabiliscono quali sono le percentuali massime e minime dei vari idrocarburi compresi nelle quattro famiglie citate precedentemente. Un'altra tabella elenca le sostanze permesse che sono in genere quelle che hanno un elevato NO come l'etanolo, il metanolo, l'alcol isopropilico e l'iso butilico, additivi come MTBE (Methyl Tertiary Buthyl Ether), ETBE (Ethyl Tertiary Buthyl Ether), e altri ancora. Assolutamente vietati i composti nitrati, come appunto il nitrometano, e l'aggiunta di altro ossigeno che non sia quello presente nell' aria. Su queste basi i laboratori delle industrie petrolifere preparano le miscele che debbono essere fornite agli organizzatori della F1, i quali provvedono a farle analizzare con il gas cromatografo per garantire che le regole siano rispettate. Il funzionamento degli attuali motori di F1 è straordinario: a 18.000 giri al minuto corrispondono in un secondo a 150 cicli completi di aspirazione, compressione, espansione e scarico in ciascun cilindro. Ancor più incredibile ci appare che un motore pesante 100 chili produca una potenza di 900 CV.
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UNDICESIMA PUNTATA
Sovralimentazione a gas
Gli appassionati americani hanno scoperto da almeno una decina di anni un sistema semplice ed economico per sovralimentate i motori che sostituisce egregiamente il nitrometano (già chiamato dal grande tecnico inglese Pomeroy "equivalente filosofico del compressore") e non ne ha i difetti. Costa meno, non si deve preparare una miscela e si usa solo quando si vuole. Si tratta della sovralimentazione con ossido nitroso, un gas capace di liberare ossigeno in fase di combustione e che quindi si comporta come un vero e proprio compressore.
Non solo, ma siccome quando è compresso a 60 bar nelle bombole con cui si utilizza diventa anche liquido, di conseguenza si raffredda violentemente quando viene riportato allo stato gassoso con un incremento di potenza dovuto al raffreddamento dell'aria aspirata valutabile in un 5%.
E questo avviene ancor prima che arrivi nei cilindri. Sui motori americani di grossa cilindrata si ottengono con questo sistema incrementi di potenza variabili da 125 a 250 CV.
Il dispositivo è abbastanza semplice, ma deve funzionare con grande precisione per evitare guai al motore. Si tratta di una flangia che si inserisce tra il corpo farfallato ed il collettore: tramite una serie di fori inietta nel condotto di aspirazione una certa quantità di gas ed una quantità di benzina aggiuntiva a quella fornita dal normale impianto di alimentazione, che si combinerà con l'ossigeno prodotto dal gas.
In alternativa si può agire sul sistema di controllo elettronico dell'iniezione, facendo in modo che, quando si inietta il gas, venga aumentata la portata di benzina degli iniettori.
Va detto che sistemi del genere sono utilizzabili solo per applicazioni particolari come sono infatti gli "hot-rod", le speciali macchine americane impiegate per gare di accelerazione sul quarto di miglio, mentre sono proibiti dai regolamenti sportivi di qualunque altra categoria. Si può considerare l'ossido nitroso come una curiosità tecnica.
DODICESIMA E ULTIMA PUNTATA
Carburanti del futuro
Spesso si parla dei carburanti alternativi o del futuro, sia per la possibilità di riduzione
dell'inquinamento, sia dal punto di vista del rifornimento da fonti non tradizionali e soprattutto rinnovabili. I due problemi possono avere soluzioni comuni come nel caso dell'idrogeno di cui ci siamo già occupati su questa rivista e di cui abbiamo spiegato i problemi di utilizzazione e rifornimento.
Altro tipo di carburanti sono quelli detti ossigenati, alcoli ed eteri.
L'alcol etilico, ben noto in campo sportivo, si ricava da molti tipi di coltivazione (barbabietole, mais e canna da zucchero). In Brasile è stata avviata anni or sono una campagna per utilizzare alcol derivato da canna da zucchero. In alcune regioni degli Stati Uniti con forti produzioni di mais viene venduta una miscela di benzina ed alcol, e l'industria automobilistica ha prodotto un dispositivo che analizza la miscela prima che arrivi ai cilindri e regola di conseguenza il rapporto con l'aria. In Italia c'è stata una forte spinta alla sperimentazione dell'alcol etilico ottenuto dalle barbabietole da parte del Gruppo
Ferruzzi che negli Anni Ottanta era uno dei grandi produttori di zucchero in Europa.
L'alcol metilico è ottenibile per via chimica dal carbone ed è anch'esso ben noto agli sportivi come già detto. Però quest'alcol è un fortissimo solvente e richiede che l'impianto del carburante sia costruito con particolari accorgimenti, comunque non eccessivamente complicati e costosi.
A volte si parla anche di ottenere combustibile dalla lavorazione dei rifiuti ma, a parte l'incertezza
sull’effettivo rendimento, ci si scontra col fatto che tutti vogliono il carburante per andare in macchina ma nessuno vuole l'impianto di ricic1aggio vicino a casa propria.
Occorre però trovare al più presto delle soluzioni al problema del rifornimento di carburante ad un mondo sempre più assetato di petrolio. Si pensi solo al gigante cinese che si sta industrializzando a tappe forzate anche nel settore automobilistico. Se non si troveranno carburanti alternativi in quantità tali da sopperire al bisogno, andrà a finire che torneremo a comprare la benzina dal farmacista, ma solo per smacchiare.
Fine.
Fonte: http://www.aititalia.it/media_categorie/848_907_g_00.DOC
Sito web da visitare: http://www.aititalia.it
Autore del testo: indicato nel documento di origine
Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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