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CONTROLLI NON DISTRUTTIVI
INTRODUZIONE
I Controlli non distruttivi (CnD) ovvero prove non distruttive (PnD) sono un insieme di pratiche diagnostiche, atte a rilevare anomalie dei materiali, senza alterarne lo stato fisico o la geometria.
I vari metodi CnD, risultano spesso complementari tra loro, quindi per una adatta scelta delle tecniche di controllo è necessario considerare diversi fattori:
I METODI DI CONTROLLO
Descrizione della Metodologia
Gli esami con ultrasuoni (US) sfruttano i fenomeni della propagazione nei solidi, liquidi o gas, di fasci d'onde elastiche, cioè onde di compressione e decompressione della materia, con frequenza superiore a quella dei suoni udibili dall'orecchio umano.
Le onde ultrasonore, che vengono inviate nel sistema spaziale da esaminare, sono attenuate dalla materia che incontrano e riflesse, deviate od assorbite dalle discontinuità. Ognuno sa cosa sia l'eco: il fenomeno dipende dalla riflessione delle onde sonore che rimbalzano contro la superficie dell'ostacolo, di natura diversa da quella del mezzo di propagazione (aria), fino a ritornare all'orecchio dell'ascoltatore.
Il metodo di rivelazione dei difetti con US è l'applicazione tecnologica di questo principio.
Il fascio d'onde ultrasonore, ovvero il segnale, viene generato sfruttando le proprietà piezoelettriche o magnetostrittive di alcuni cristalli, cioè la loro capacità di contrarsi ed espandersi sotto l'azione d'un campo elettrico o d'un campo magnetico alternato. Le vibrazioni del cristallo producono onde elastiche di frequenza ultrasonora, purché il campo elettrico (o magnetico) alternato eccitante possieda l'adatta frequenza.
Gli ultrasuoni così generati vengono trasferiti direttamente nel materiale da controllare grazie al contatto, o più propriamente al semplice accostamento del generatore (trasduttore) alla superficie del pezzo, purché esista un mezzo adeguato tra le due interfacce, cioè capace di trasferire il suono senza eccessivo assorbimento (si usano frequentemente sospensioni o soluzioni acquose sature di colle cellulosiche). Il fascio d'onde ultrasonore si propaga nel materiale da esaminare con la stessa frequenza del generatore e con una velocità che dipende dal materiale attraversato.
Quando il fascio incontra un ostacolo sarà riflesso, assorbito, deviato o diffratto secondo le leggi comuni a tutti i fenomeni di propagazione delle onde. Le onde riflesse possiedono la stessa frequenza di quelle incidenti, ma sono sfasate rispetto ad esse, anche in funzione del cammino percorso, cioè della distanza del trasduttore dai vari punti della superficie dell'ostacolo. Analoga sorte spetta alle onde diffratte. L'energia assorbita dal difetto colpito dalle onde incidenti fa sì che esso possa vibrare emettendo a sua volta onde elastiche di frequenza tipica della sua risonanza e variamente sfasate.
Dunque il segnale che ritorna verso il trasduttore è molto complesso perché è la risultante della sommatoria di molte onde d'uguale frequenza, ma sfasate, e di altre di frequenza diversa, pure sfasate fra loro. Tale segnale contiene tutte le informazioni sulle dimensioni, geometria e natura dell'ostacolo incontrato dal fascio d'ultrasuoni incidenti. Il fenomeno fisico della piezoelettricità o magnetostrizione, che è stato sfruttato per generare l'onda, è reversibile. Ne deriva che lo stesso cristallo capace d'emettere ultrasuoni, può generare un segnale elettrico o magnetico, quando venga investito da un fascio d'onde elastiche. Perciò, quando l'onda riflessa od emessa dall'ostacolo ritorna alla sonda che l'ha generata, darà un segnale elettrico che, opportunamente amplificato e filtrato, potrà essere visualizzato sullo schermo delI'oscilloscopio, di cui sono sempre dotati gli strumenti rivelatori d'ultrasuoni.
Gli sforzi della ricerca nel settore dei CND industriali con US sono attualmente tesi alla demodulazione dei segnali di ritorno attraverso l'applicazione delle trasformate di Fourier. Ciò permetterebbe non solo d'individuare la posizione e di valutare la dimensione equivalente dei difetti, ma di vederne realmente la forma, diagnosticandone la natura, come già accade nell'ecografia in campo medico, che consente di vedere sul monitor la forma e la posizione del bimbo nel grembo materno.
Attualmente tutti gli strumenti rivelatori d'ultrasuoni si compongono di due parti, unite o distinte: il generatore del segnale da inviare al materiale da esaminare ed il rivelatore, che riceve, amplifica, filtra e visualizza i segnali che ritornano alla sonda dopo la propagazione. In tal modo è possibile rivelare soltanto gli echi riflessi da eventuali difetti interni o gli echi di fondo (o della parete di confine del pezzo esaminato) più o meno attenuati in funzione dei difetti presenti.
Poiché il materiale da esaminare possiede sempre un confine, cioè una parete di fondo sulla quale il fascio in ingresso si riflette comunque, è possibile ricavare informazioni sulla posizione del difetto presente nella massa, attraverso il rapporto dei tempi di ritorno dell'eco del segnale e dell'eco di fondo. Questo è possibile perché la propagazione delle onde ultrasonore avviene sempre a velocità costante in un mezzo omogeneo. Inoltre è possibile rivelare la presenza d'un difetto interno anche nel caso che questo non generi la riflessione, ma soltanto l'assorbimento del fascio incidente.
Ciò è possibile perché lo strumento visualizza il fondo sia come distanza (tempo per la ricezione dell'eco di fondo), che per assorbimento (attenuazione dell'intensità del segnale di fondo riflesso, per assorbimento da parte della materia attraversata). Se l'intensità del fascio riflesso dalla parete di fondo diminuisce bruscamente in una certa posizione significa che qualche ostacolo o discontinuità l'ha parzialmente assorbito. In questo caso non è possibile individuare la posizione del difetto, ma solamente valutarne la presenza ed il potere assorbente.
Disponendo d'un generatore d'adeguata potenza è possibile individuare difetti distanti anche parecchi metri dal trasduttore. Ciò permette il controllo dell'integrità trasversale di barre anche molto lunghe (per esempio le colonne delle presse per estrusione, lunghe fino a 18 metri). E' possibile anche valutare approssimativamente la dimensione della discontinuità incontrata dal fascio d'ultrasuoni, confrontando l'intensità dell'eco ricevuto con quello di difetti standard, o con grafici appositamente costruiti, che si possono anche applicare sul monitor dell'oscilloscopio (scale AVG).
Nella pratica corrente i CND con US si eseguono tarando lo strumento con adatti campioni standard, cioè cercando gli echi di difetti precostituiti (fori di dimensioni predeterminate eseguiti in posizioni definite del saggio di taratura), oppure tarando lo strumento direttamente sul pezzo da esaminare, per cogliere l'eco di fondo e la sua scomparsa od attenuazione. Si rammenti che lo strumento rivelatore d'ultrasuoni filtra i segnali ricevuti e che questi possono essere amplificati o depressi a piacere dell'operatore.
Quando la presenza d'un difetto viene individuata, I'intensità dell'eco del difetto o la diminuzione dell'intensità dell'eco del fondo vengono confrontate con quelle degli echi di difetti d'entità note, o con le scale AVG. In tal modo è possibile assegnare ad ogni difetto una dimensione equivalente, cioè affermare che le sue dimensioni e forma sono tali da generare un eco simile a quello d'un foro di diametro definito e posizionato alla stessa distanza dal trasduttore. La dimensione equivalente non è direttamente collegabile con quella reale, ma è un parametro approssimativo, attualmente necessario per classificare l'entità dei difetti rivelati.
L'attuale tecnica ha prodotto una vasta gamma di sonde (trasduttori e ricevitori) i cui fasci d'onde ultrasonore si propagano in linea retta rispetto all'asse della sonda stessa, oppure obliquamente (assai usate sono le sonde con propagazione a 30°, 45°, 60° e 70°), e perfino in direzione ortogonale, cioè con onde perfettamente tangenti alla superficie. I trasduttori ed i ricevitori possono esser incorporati nella stessa sonda od esser separati per ottimizzare alcuni rilevamenti. Ogni sonda possiede caratteristiche specifiche che ne ottimizzano l'uso per ogni morfologia e giacitura del difetto da evidenziare, nonché per ogni tipo di materiale da esaminare (acciaio comune, acciaio inossidabile, ghisa, alluminio, ecc.).
Ogni sonda opera o tollera una data frequenza che può esser o meno ottimale per lo scopo specifico dell'esame US. Dunque esiste una vastissima gamma di sonde, (trasduttori e rivelatori) e d'accessori, tali da consentire enormi possibilità e versatilità d'impiego, dal più elementare esame, alla più sofisticata ricerca.
Il controllo con US è reso più efficace e semplice dal grado di simmetria del pezzo da esaminare, ovvero dalla presenza di superfici piane o cilindriche, di piani paralleli o comunque in grado di riflettere efficacemente l'onda di fondo. Si complica invece in presenza di fori, scanalature, filettature, variazioni di sezione o di caratteristiche geometriche complesse.
Anche la finitura superficiale gioca un ruolo importante sulla efficacia del controllo con US. Il metodo richiede uno stato superficiale che consenta, o non ostacoli eccessivamente il passaggio degli ultrasuoni. Per esempio una superficie lappata può essere considerata ottimale, mentre la superficie grezza di lavorazione a caldo che presenti scaglie di calamina di rilevante spessore ed anche poco aderenti, può costituire una barriera insormontabile per il fascio d'ultrasuoni.
Talvolta non è possibile valutare l'integrità dei semilavorati grezzi operando direttamente sulle superfici del semilavorato. In tal caso gli esami devono esser eseguiti sui semilavorati totalmente immersi in acqua, per migliorare la propagazione degli ultrasuoni all'interfaccia. Gli ultrasuoni rivelano con difficoltà i difetti che giacciono troppo vicino al trasduttore. Tuttavia questa difficoltà, la cui entità non è sempre uguale, dipende soprattutto dal tipo di sonda e può essere aggirata con l'affinamento delle tecniche di controllo e dall'esperienza dell'operatore. Riassumendo il metodo permette l'identificazione di difetti interni che causino la riflessione, la deviazione o l'assorbimento d'un fascio d'ultrasuoni e distanti dal trasduttore da pochi mm a diversi metri.
Con particolari sonde si possono rivelare anche i difetti affioranti, ma la tecnica US non è particolarmente adatta per gli esami di superficie. Più d'ogni altro CND l'esame US richiede un operatore di grande esperienza, capace d'interpretare correttamente ogni segnale che compaia sul monitor e di sfruttare appieno le possibilità che questa tecnica offre. Non è rara l'errata interpretazione di segnali, già considerati difetti, che scompaiono ripetendo l'esame con una sonda di più adatta frequenza, o con angolo di propagazione diverso. La presenza di disomogeneità progressive del materiale, di microdifetti, di bordi dei grani molto pronunciati, o di segregazioni, può attenuare fortemente l'eco di fondo, fino a giungere alla sua totale soppressione.
Non sempre però questi difetti sono vere e proprie discontinuità del materiale, né possono esser oggettivamente considerati gravi, o pregiudizievoli per la funzionalità od affidabilità del componente esaminato. Dunque se si escludono i difetti facilmente rilevabili, il cui segnale non lascia dubbi interpretativi, nella maggioranza dei casi e soprattutto negli esami più raffinati, tesi all'individuazione dei difetti più piccoli, l'interpretazione dei segnali richiede una grande preparazione ed esperienza e magari una controprova con altre tecniche.
Descrizione della Metodologia
I liquidi penetranti sono la più conosciuta e semplice tecnica usata per evidenziare i difetti superficiali affioranti, non visibili ad occhio nudo su componenti metallici. Il principio fisico su cui si basano sfrutta la capacità d'alcuni liquidi di penetrare per capillarità nelle fessure, cavità o cricche affioranti, anche sottilissime. Questi liquidi sono caratterizzati da una bassa tensione superficiale e buona bagnabilità nei confronti del materiale su cui vengono stesi, poiché formano un velo, generalmente molto sottile ed omogeneo, su tutta la superficie.
Altri liquidi, come l'acqua, hanno elevata tensione superficiale e scarsa bagnabilità delle superfici metalliche, sulle quali formano preferibilmente gocce piuttosto che veli; pertanto non possono penetrare nelle fessure sottili.
Dopo applicazione e penetrazione, il liquido penetrante eccedente è rimosso dalla superficie con uno dei molteplici modi disponibili, fra cui, il più comune e semplice è il lavaggio con acqua corrente fredda. Tale operazione, definita rimozione, non asporta il liquido contenuto nelle fessure affioranti che non possono esser raggiunte dai liquidi con elevata tensione superficiale e scarsa penetrabilità. Dopo il lavaggio il liquido penetrante viene estratto dai difetti superficiali, sfruttando il fenomeno della capillarità, mediante un adatto rivelatore, steso sulla superficie con vari metodi e tale da formare uno strato sottile di polvere bianca, d'adeguato spessore.
Il liquido penetrante sgorgato dal difetto lascerà un segnale assai più largo della fessura e molto contrastato, mettendo in evidenza il difetto stesso che lo conteneva, attraverso una macchia di colore (liquidi penetranti rossi), oppure fluorescente e facilmente rilevabile al buio, se irradiata con luce ultravioletta o di Wood (liquidi penetranti fluorescenti). Il liquido può essere applicato in vari modi. Senza entrare nei dettagli tecnici ricordiamo i più semplici: lo spray, il pennello e l'immersione. Tutti hanno i loro pregi, difetti ed applicazioni ottimali.
Le dimensioni ed il numero dei pezzi da controllare consiglieranno la scelta della tecnica più appropriata ed economica. Il principio e la tecnica sono dunque elementari, tuttavia bisogna tenere presente che il metodo non rivela: i difetti che non affiorano o che siano in posizioni non direttamente visibili, anche con l'ausilio d'endoscopi o irraggiungibili dal rivelatore; i difetti troppo grossi, che siano accessibili anche all'acqua e quindi non trattengano il liquido penetrante; i difetti troppo piccoli, non penetrabili dal liquido stesso o che non possano accumularne una sufficiente quantità. In questo caso darebbero luogo a segnali non visibili ad occhio nudo, o con lenti d'ingrandimento, perché la macchia di colore o fluorescente potrebbe non giungere fino alla superficie del film rivelatore od essere troppo piccola per dare un segnale evidente.
Il metodo con liquidi penetranti mal si presta per l'esame dell'integrità superficiale di: pezzi porosi, getti di ghisa, alcune microfusioni d'acciaio e quasi tutti i pezzi d'acciaio sinterizzato; pezzi con superfici troppo scabrose, rugose o filettate, o di geometria troppo complessa. Infatti può presentare segnali in corrispondenza delle porosità, delle rugosità da lavorazione meccanica più accentuate, o degli spigoli vivi di battute, o presso il fondo gola delle filettature; segnali la cui classificazione quali reali difetti può lasciare molti dubbi, che possono esser fugati soltanto dalla grande esperienza dell'operatore.
Oltre agli errori interpretativi esistono quelli eventualmente commessi dall'operatore in ognuna delle fasi che la tecnica prevede (applicazione, rimozione e rivelazione);errori legati alla manualità ed all'inesperienza dell'operatore e come tali non facilmente controllabili.
Va infine sottolineato che esistono vari liquidi penetranti, caratterizzati dalla specifica penetrabilità, ovvero capaci di rivelare difetti di dimensioni più o meno sottili. Per la loro classificazione esistono norme specifiche.
Concludendo ricordiamo che le PND con liquidi penetranti sono particolarmente adatte per la ricerca di cricche da rettifica non troppo sottili e delle cricche da tempra anche molto sottili. E assolutamente inutile per la rivelazione di difetti interni o di difetti affioranti, ma con bordi chiusi (per esempio alcune cricche di tempra già sottili, dalle labbra richiuse durante la sabbiatura, dopo bonifica), o ripiene di sostanze che impediscano la penetrazione del liquido (inclusioni o cricche contenenti morchie o sporcizia). Pertanto le superfici da controllare devono esser perfettamente sgrassate, lavate ed eventualmente soffiate per liberare i difetti superficiali da ogni ostruzione.
Descrizione della Metodologia
Gli esami magnetoscopici sfruttano il paramagnetismo di alcuni metalli (capacità di non opporsi al passaggio del campo magnetico), o meglio ancora il ferromagnetismo (capacità di concentrarlo) per evidenziare le anomalie delle linee di flusso del campo magnetico nei pressi d'un difetto superficiale.
Generalmente le linee di flusso, che rappresentano l'intensità locale del campo magnetico, attraversano l'acciaio (metallo generalmente ferromagnetico a temperatura ambiente) in modo uniforme anche presso le superfici, ma nei pressi d'una discontinuità, quale per esempio una microcricca, una cavità od un'inclusione, si addenseranno o disperderanno, deviando localmente e creando un'anomalia del campo magnetico ai bordi del difetto.
Se quest'ultimo affiora o giace in prossimità della superficie potrà disperdere almeno una parte delle linee di flusso del campo magnetico oltre la superficie stessa, consentendo di rivelare il difetto. Basta infatti spruzzare le superfici o bagnarle con adatte sospensioni di polveri ferromagnetiche, colorate o fluorescenti, affinché le particelle si concentrino allineandosi lungo le linee di flusso del campo magnetico emergente.
Il diverso colore delle polveri o la luce emessa per fluorescenza nello spettro visibile quando le si irradino con luce ultravioletta (luce di Wood), evidenzierà ogni loro concentrazione e di conseguenza i difetti affioranti o subsuperficiali.
L'apparecchiatura necessaria si compone del generatore del campo magnetico, che potrà essere continuo od alternato a seconda delle esigenze e del sistema di rivelazione.
Il campo magnetico generato da un elettromagnete può esser trasferito nel pezzo da esaminare, usandolo per chiudere il circuito magnetico tra due espansioni polari, generalmente adattabili alla sua geometria (giogo), oppure si può generare direttamente nel pezzo mediante il passaggio di corrente elettrica (puntali).
Le apparecchiature per la magnetizzazione, oggi disponibili, possono essere molto potenti e quindi permettono anche l'esame di pezzi di grandi dimensioni. Sono portatili o fisse, ma sempre costruite per consentire più esami sequenziali e variamente orientati sullo stesso pezzo. Ciò è importante perché la rivelazione dei difetti è migliore quando sono orientati in senso ortogonale alle linee di flusso del campo magnetico.
Come s'è detto il sistema di rivelazione è costituito da polveri magnetiche colorate o fluorescenti, di granulometria ben definita, da usare a secco od in sospensioni acquose od oleose a bassa viscosità. I migliori risultati s'ottengono generalmente con le polveri fluorescenti veicolate in sospensioni oleose, oppure in sospensioni acquose additivate con tensioattivi per migliorarne la bagnabilità e con inibitori di corrosione, per evitare che i pezzi ossidino, se non adeguatamente asciugati dopo la prova.
La magnetoscopia permette d'evidenziare difetti superficiali e subsuperficiali, non rivelabili con i liquidi penetranti, purché la perturbazione del campo magnetico nei loro dintorni possa giungere fino alla superficie da esaminare. E comunque un Controllo non Distruttivo CND più rapido, meno laborioso e più efficace di quello con liquidi penetranti.
Essa è poco adatta per l'esame dell'integrità superficiale di: pezzi porosi, quali i getti di ghisa, alcuni pezzi microfusi e quasi tutti i pezzi d'acciaio sinterizzato; pezzi con superfici troppo scabrose, rugose, filettate o di geometria troppo complessa.
Infatti può presentare gli stessi inconvenienti o limitazioni già citati per i liquidi penetranti, per cui richiede un operatore esperto e particolarmente attento. Il metodo è meno soggetto ad errori dell'operatore rispetto a quello con liquidi penetranti e non richiede necessariamente la perfetta pulizia preventiva delle superfici, sebbene sia sempre auspicabile per ottenere i migliori risultati.
Quando il campo è generato direttamente nel pezzo tramite passaggio di corrente elettrica, è assolutamente necessario usare puntali di contatto che si adattino perfettamente alle superfici onde evitare scintille o scariche elettriche che potrebbero danneggiare irrimediabilmente le superfici stesse.
Particolari precauzioni vanno prese soprattutto quando si debbano esaminare pezzi finiti, cioè privi d'ogni sovrametallo. In tal caso si devono usare puntali di metalli teneri e ridurre l'intensità della corrente per evitare ogni rischio di danneggiamento.
La magnetoscopia è adatta per la ricerca di difetti superficiali e subsuperficiali d'ogni tipo, aperti (cricche, cavità, porosità, ecc.) o chiusi (inclusioni, segregazioni, ripiegature, cricche con bordi richiusi dalla sabbiatura, ecc.) presenti anche in pezzi semilavorati (stampati, fucinati, laminati), o semifiniti. E assolutamente inefficace per i difetti interni o per difetti troppo lontani dalla superficie.
Le dimensioni minime del difetto rivelabile con la magnetoscopia dipendono soprattutto dalla sua distanza dalla superficie. Il limite di rivelabilità dei difetti affioranti è migliore di quello dei liquidi penetranti più sensibili.
La Radiografia industriale: radiografia con raggi X o raggi g
Il metodo è esattamente equivalente a quello della radiografia usata in medicina. Quando un fascio d'onde elettromagnetiche fortemente penetranti, cioè d'elevatissima energia fotonica (elevata frequenza) e fortemente ionizzanti (raggi X o raggi g ), passa attraverso l'oggetto da esaminare, viene assorbito, ovvero attenuato, con legge esponenziale, in funzione dello spessore e della densità della materia attraversata.
I raggi X o g passanti e variamente attenuati impressionano una lastra fotografica posta dietro l'oggetto da esaminare (od illuminano uno schermo rivelatore, nel caso delle radioscopie). Dopo sviluppo fotografico la lastra annerirà nelle varie zone, più o meno intensamente in funzione della dose di radiazione ricevuta.
Pertanto se nell'oggetto esaminato esistono difetti quali cavità, fessure, grosse inclusioni meno assorbenti della matrice o discontinuità di materiale più denso e quindi più assorbente, sulla lastra si formeranno macchie più scure o più chiare, d'intensità proporzionale allo spessore del difetto, il quale apparirà delimitato dalla sua proiezione prospettica.
Nel caso delle radioscopie in continuo lo schermo s'illuminerà più o meno intensamente a seconda della dose di radiazione ricevuta, dunque darà la stessa immagine, ma in positivo rispetto alla radiografia. L'apparecchiatura necessaria per la radiografia industriale è sempre assai complessa e costosa. Essa comprende la sorgente e l'apparato di rivelazione.
La sorgente di radiazioni X o g è assai diversa.
I raggi X sono generati artificialmente in particolari tubi catodici che emettono, soltanto quando s'applica tensione agli elettrodi, la radiazione di frequenza desiderata in funzione della composizione del catodo e d'intensità regolabile entro certi limiti. Dunque è corretto parlare di lampada a raggi X, perché l'emissione cessa proprio come la luce d'una lampadina elettrica, quando s'apre il circuito.
I raggi g sono emessi naturalmente e continuamente da isotopi radioattivi per decadimento del nucleo, secondo precise leggi fisiche.
La radiazione g possiede una definita lunghezza d'onda a seconda del tipo d'isotopo, ed intensità proporzionale alla quantità e tipo d'isotopo radioattivo contenuto nella pastiglia che costituisce la sorgente. Perciò la sorgente di raggi g dev'essere sempre chiusa in un recipiente altamente schermato (generalmente di piombo), che attenui a valori bassissimi la radiazione dispersa, quando non serva per irradiare.
L'apparato di rivelazione potrà essere di tipo a schermo fluorescente, eventualmente collegato con telecamere che possono trasferire l'immagine a distanza, oppure tradizionale a lastre fotografiche, di solito contenute tra due film di piombo per meglio impressionarle.
Nel primo caso serve un sofisticato sistema elettronico per il monitoraggio, con adeguata schermatura dell'operatore, ma si avrà la possibilità di movimentare il pezzo durante la radioscopia osservandone in tempo reale ogni possibile proiezione. Per la documentazione basterà fotografare lo schermo, oppure esporre una lastra fotografica nell'adatto supporto dopo aver fissato il pezzo nella posizione di massimo interesse.
Nel secondo caso sarà necessaria la camera oscura per lo sviluppo delle lastre ciascuna delle quali rappresenterà un'unica proiezione dell'oggetto radiografato, ottenuta con tempi d'esposizione tanto più lunghi quanto maggiore è lo spessore della parete da ispezionare. Le radiazioni X o g sono altamente ionizzanti, cioè possono distruggere i legami molecolari della materia organica ed esser fortemente dannose.
Perciò, quando l'intensità è elevata o superiore ad un valore minimo di soglia, per legge è obbligatorio operare in adatti locali d'irraggiamento (bunker), opportunamente protetti con schermature di piombo o con pareti di cemento armato anche di alcuni metri di spessore, e dotati d'opportuni allarmi che impediscano agli operatori di dare il via all'emissione di raggi X o d'estrarre dal contenitore le pastiglie d'isotopi radioattivi, finché le porte d'accesso al bunker non siano state chiuse e le dovute protezioni inserite.
La radiografia industriale è proficua per l'esame di pezzi di geometria semplice, la cui proiezione dia luogo a sfondi relativamente omogenei, nei quali ogni piccola variazione d'intensità d'annerimento (o di luminosità) è facilmente osservabile ed interpretabile. Diventa una tecnica che richiede una grande esperienza quanto più complessa è la geometria dei pezzi.
Ha il pregio di fornire immagini di più facile interpretazione che non gli echi degli ultrasuoni, ma non può dare indicazioni sulla profondità del difetto rivelato, se non con due proiezioni ortogonali fra loro. Evidenzia soltanto difetti di forma tendenzialmente tridimensionale, oppure bidimensionale ma orientati tangenzialmente al fascio di raggi incidenti. Per esempio una soffiatura sarà bene evidenziata in ogni proiezione, mentre una cricca si vedrà bene soltanto quando sarà quasi parallela al fascio di raggi che attraversa il pezzo.
Il metodo non consente d'eseguire facilmente rapide sequenze d'altre proiezioni del pezzo da esaminare, se non attraverso la radioscopia, che necessariamente deve operare con potenze limitate, per ragioni di sicurezza dell'operatore o con attrezzature estremamente costose. I raggi X anche più potenti non superano spessori d'acciaio superiori a circa 70 mm; mentre i raggi g, anche nei casi migliori non superano i 180 mm.
Le limitazioni del metodo sono dunque legate allo spessore massimo ed alla complessità geometrica dei pezzi da esaminare, alla forma e giacitura dei difetti e soprattutto all'elevato costo delle attrezzature e della loro manutenzione.
Esempi di applicazioni del metodo
Un controllo ad infrarossi dedicato ad un impianto elettrico consente di identificare le anomalie causate dall’azione tra corrente e resistenza.
La presenza di un punto caldo all’interno di un circuito elettrico è dovuta di solito ad un collegamento corroso, ossidato oppure allentato, o, ancora, al malfunzionamento del componente in questione.
I tipici componenti da sottoporre ad un controllo ad infrarossi sono linee elettriche aeree, sottostazioni,trasformatori, unità tiristori, dispositivi di apertura dei circuiti, interruttori, fusibili, disgiuntori, controlli, motori e unità di controllo motori.
Al fine di ottenere da un’ispezione termografica i risultati più soddisfacenti è di solito consigliabile analizzare i sistemi elettrici quando il carico supera il 40% e dopo che l’impianto è stato sotto carico per almeno un’ora.
La termografia ad infrarosso permette inoltre un monitoraggio dei processi produttivi che producono calore, onde verificare la correttezza degli standard costruttivi o la conformità a specifiche costruttive.
L'utilizzo di opportuni programmi di "audit di prevenzione e sicurezza" studiati appositamente per ogni Azienda consente di individuare tempestivamente le anomalie incipienti, di pianificare le azioni correttive e, più in generale, di attuare un piano di miglioramento continuo delle "performance" funzionali.
Tali programmi si sviluppano attraverso procedure che costituiscono basi di riferimento omogenee per I' interpretazione e la descrizione delle anomalie rilevate attraverso la termografia.
Le finalità generali di un programma di "audit" di questo tipo sono, in generale; la riduzione dei costi, il mantenimento di un elevato livello di qualità e prestazioni, l’incremento della produttività, il miglioramento della sicurezza e la garanzia dell' efficienza di macchine ed apparecchiature.
La termografia viene comunemente applicata in meccanica per controllare gli elementi con un movimento rotatorio. Il livello eccessivo di calore può essere dovuto alla frizione prodotta da cuscinetti difettosi, lubrificazione insufficiente, disassamento, uso scorretto e normale usura.
I meccanismi ispezionabili con la termografia ad infrarossi comprendono ingranaggi, alberi, dispositivi di accoppiamento, cinture trapezoidali, pulegge, sistemi di azionamento a catena, convogliatori, compressori ad aria, pompe a vuoto, frizioni ecc.
Il principale vantaggio che si trae dal verificare con questo metodo le parti meccaniche è un notevole risparmio di tempo, in quanto si localizza rapidamente l’area in cui si e presentato il problema. Per risalire alla causa si ricorre non di rado ad altri metodi di ispezioni, quali la analisi delle vibrazioni od endoscopia.
Nel caso di determinati componenti elettromeccanici, comunque, la termografia è l’unica tecnica di ispezione che consenta di determinare quale tipo di intervento sia opportuno, se di manutenzione o di riparazione. Con una termografia, ad esempio, si potrebbero individuare i punti caldi sulle spazzole di alimentazione all’interno di un motore, che indicano un contatto insufficiente dovuto a consumo disuguale e la necessità di rettificare il collettore.
Descrizione della Metodologia
E' una tecnica di controllo visivo a distanza che sfrutta l'impiego di telecamere e fibre ottiche. Nata in campo medico è ora utilizzata anche nei settori industriali quale il metalmeccanico ed edile.
l'endoscopia con la possibilità di penetrare in piccole cavità trova un largo impiego, spesso sottovalutato, nelle normali manutenzioni, vediamone vari esempi di utilizzo legato ai settori sopra menzionati:
Come molti sanno, la manutenzione di un impianto è necessaria per mantenere limitati i costi operativi, mantenere l'efficienza produttiva e per ridurre le perdite di tempo legate a costose riparazioni.
E’ possibile e consigliabile eseguire ottime operazioni di valutazione utilizzando l'endoscopia, per assicurare programmi di pulizia e di mantenimento efficaci, senza dover smontare inutilmente parti e perdere troppo tempo.
E’ quindi possibile ottenere un’efficace manutenzione usando l'endoscopia come metodo per la riduzione dei costi. L'importante è comunque avere un foro d'accesso
Fonte: http://web.tiscali.it/salvatoremenditto/00%20I%20Controlli%20non%20distruttivi.doc
Sito web da visitare: http://web.tiscali.it/salvatoremenditto
Autore del testo: ing. Imma Orilio
Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve