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Introduzione
Il motore asincrono trifase assolve il fondamentale compito di convertire l’energia elettrica in energia meccanica. Oggi, circa il 70% dei motori elettrici in esercizio è di questo tipo che, insieme al trasformatore, è stato assolutamente determinante nella diffusione dell’energia elettrica nel mondo sostituendo, in larghissima misura, tutti gli altri mezzi di produzione o trasmissione di forza motrice, sia nell’industria che nelle applicazioni domestiche.
Introduzione
Il Motore Asincrono Trifase, che nel seguito indicheremo più semplicemente con la sigla MAT, venne per la prima volta realizzato da Galileo Ferraris nel 1885. Esso viene alimentato direttamente dalla rete di distribuzione, a tensione e frequenza costanti, e rappresenta il motore elettrico più semplice, economico, robusto ed affidabile che la tecnica conosca. È ad elevato rendimento, non richiede lubrificazione, né manutenzione, non presenta alcuna difficoltà o particolarità per l’avviamento e, pertanto, è il dispositivo più diffuso nell’utilizzazione dell’energia elettrica come ‘forza motrice’.
Il suo principio di funzionamento si basa sulla creazione di un campo rotante, realizzabile per mezzo di circuiti fissi nello spazio e percorsi da correnti polifasi, in particolare da correnti trifasi. Tuttavia, per piccole potenze, oppure per limitate applicazioni speciali, questo motore può anche essere di tipo monofase, come vedremo più in dettaglio nel seguito.
Rispetto agli altri tipi di motori elettrici, il motore asincrono trifase presenta diversi vantaggi: peso ed ingombro ridotti a parità di potenza; mancanza di particolari dispositivi di eccitazione prelevando, direttamente dalla rete, la potenza magnetizzante necessaria per creare il flusso induttore della macchina; è autoavviante; sviluppa, spontaneamente ed automaticamente, variando la propria velocità, una coppia motrice atta a controbilanciare la coppia resistente applicata all’albero motore, determinando un funzionamento stabile (all’aumentare del carico rallenta); sovraccaricabilità, anche il 100% della sua potenza nominale; esigenze di manutenzione molto ridotte, semplicità di esercizio ed alto rendimento.
D’altro canto, presenta alcuni aspetti vincolanti, tra i quali: all’avviamento, con inserzione diretta sulla rete, la corrente di spunto può risultare anche 4 - 10 volte maggiore della corrente assorbita a pieno carico, con problemi alla rete di distribuzione (cadute di tensione) ed agli interruttori (intervento); questa corrente risulta, inoltre, essere tanto sfasata rispetto alla tensione (come nei trasformatori in corto circuito) che la coppia motrice sviluppata dal motore all’avviamento, detta coppia di spunto, è piccola nonostante l’elevato valore della corrente assorbita; la velocità di rotazione del motore asincrono trifase, nel campo di funzionamento normale, praticamente costante, perché strettamente legata alla frequenza della corrente di alimentazione; la coppia massima (proporzionale al quadrato del rapporto tra il valor efficace della tensione di alimentazione e la frequenza) costante ed ad una ben precisa velocità.
Segue da quanto detto che, laddove un dispositivo meccanico deve essere azionato senza particolari esigenze di regolazione di velocità o di coppia, ivi è il regno incontrastato di applicazione del motore asincrono trifase: montacarichi, gru, ascensori, macchine utensili tradizionali, pompe, ventilatori sono da decenni azionati in maniera soddisfacente da questo tipo di motore.
L’unico ostacolo che si oppone ad una diffusione praticamente universale del motore asincrono trifase è l’impossibilità di regolare velocità e coppia in ampi intervalli, a costi contenuti. È per questo motivo che, in Italia, dal 1925 al 1980, nella trazione ferroviaria si ebbe il progressivo disuso dei locomotori elettrici con motori trifasi, a tensione e frequenza fisse, a favore del motore a corrente continua a 3 kV che presentava la possibilità di modulare coppia e velocità con una flessibilità maggiore (si tenga presente che, all’epoca, i locomotori azionati da motore asincrono trifase potevano avere non più di 4 velocità obbligate di marcia: 25 km/h, 37.7 km/h, 75 km/h e 100 km/h!).
Questo ostacolo è stato superato ai nostri giorni con l’elettronica di potenza (un locomotore pesa anche 100 tonnellate ed ha 2 MW di potenza installata) che, grazie alla rivoluzionaria capacità dei diodi e dei tiristori di potenza di rendere indipendenti la tensione e la frequenza della linea di alimentazione da quelle che alimentano i motori, ha reso possibile montare motore asincrono trifase su locomotori circolanti sotto catenarie a corrente continua, alimentandoli non più a tensioni e frequenze fisse ma variabili finemente in modo tale da regolare con precisione coppia e velocità.
Il motore asincrono trifase è, generalmente, sotto l’aspetto elettrico, un utilizzatore trifase che provvede a convertire energia elettrica in meccanica per azionare meccanismi semplici ed economici, viene alimentato direttamente dalla rete, a tensione e frequenza costanti, e la sua velocità di rotazione è praticamente costante in quanto lo scarto di velocità, da vuoto a pieno carico, non supera, generalmente, il 4%.
Il tipo di motore che andremo a studiare è un motore trifase costruito in grande serie, usato su vasta scala e con potenze che vanno dai centesimi a qualche decina di migliaia di chilowatt.
Vale la pena osservare che i motori asincroni possono essere alimentati con un sistema polifase simmetrico qualunque di tensioni, ma, poiché la distribuzione dell’energia elettrica viene fatta esclusivamente con sistemi trifasi, nella pratica vengono realizzati solo motore asincrono trifase.
Il motore asincrono trifase avendo un funzionamento reversibile, come tutte le macchine elettriche, può funzionare anche da generatore, ma la sua utilizzazione in questa veste non è molto frequente.
Infatti il funzionamento come generatore è subordinato alla possibilità di assorbire dalla rete, sotto tensione a frequenza f, la potenza reattiva necessaria a creare il campo magnetico induttore: senza di esso la macchina non potrebbe funzionare in nessun caso.
In alcuni casi il funzionamento da generatore è temporaneo, come avviene per i motori di trazione elettrica (locomotori) nel caso di marcia in discesa (frenatura in recupero). Il funzionamento da generatore è tuttavia così poco frequente che si parla quasi sempre di motore asincrono.
In questo capitolo esamineremo il principio di funzionamento, le particolarità costruttive, i parametri del circuito equivalente, le caratteristiche di funzionamento, l’avviamento e la regolazione della velocità, il significato dei principali dati di targa di un motore asincrono trifase.
Lo scopo di questo paragrafo è illustrare il principio di funzionamento e la struttura generale del motore asincrono trifase, visto, prevalentemente, nel funzionamento come motore ed esaminarne i principali aspetti costruttivi e le scelte tecniche poste alla loro base, molte delle quali risulteranno più chiare nel corso della trattazione della macchina.
Il principio di funzionamento di qualsiasi motore elettrico si basa sulle applicazioni delle azioni meccaniche (forze) che si esercitano tra elettromagneti e correnti. Come abbiamo già discusso nello studio della macchina sincrona, queste forze sollecitano i conduttori quando, immersi in un campo magnetico, sono percorsi da corrente. Nel caso particolare in cui il campo e la corrente siano perpendicolari tra loro, l’intensità di questa forza è data da
F = i L B ,
e si misura in newton se l’induzione magnetica B è in tesla, la lunghezza L dei conduttori in metri e la corrente i in ampere. Il funzionamento del motore asincrono trifase si basa, inoltre, sull’impiego di un campo magnetico del tutto speciale, il campo rotante, che abbiamo già dettagliatamente descritto nel primo capitolo del testo dedicato alle macchine statiche.
Per rendere più concrete le idee, consideriamo la Figura 3.1 in cui una spira di materiale conduttore è immersa in un campo magnetico rotante; la spira è imperniata e libera di ruotare intorno ad un asse, parallelo o coincidente con l’asse di rotazione del campo rotante. Supponiamo che il campo magnetico del vettore induzione B sia uniforme e che tutte le linee di flusso costituiscano un complesso solidale rotante con velocità angolare intorno all’asse A - A', in verso antiorario per chi guarda da A. Da quanto detto in precedenza, la spira sarà sede di fenomeni di induzione elettromagnetica, tranne nel caso in cui essa ruoti con la stessa velocità del campo.
Nel caso in cui questa spira fosse ferma avremo che il flusso magnetico concatenato con essa risulterà essere, essendo il campo del vettore B uniforme e rotante con velocità w0, variabile nel tempo con legge sinusoidale di pulsazione
w0. Questa variazione di flusso indurrà una f.e.m. nella spira chiusa con
conseguente circolazione di una corrente, anch’essa sinusoidale di pulsazione w0, che, per la legge di Lenz, avrà un verso tale da opporsi alla causa che l’ha generata, cioè al moto relativo (rotatorio) fra campo magnetico e spira.
Figura 3.1: spira immersa in un campo magnetico rotante.
La corrente indotta tenderà ad annullare, o, comunque, a ridurre l’entità di questo moto relativo, cioè, per effetto delle forze elettromagnetiche cui è soggetta la spira, tenderà a far ruotare la spira nello stesso verso del campo rotante: ecco dunque l’effetto motore, illustrato in Figura 3.2.
Se però la spira ruotasse ‘sincrona’ con il campo rotante, cioè con la stessa velocità
w0, il moto relativo tra spira e campo si annullerebbe e si ridurrebbe a zero sia la
f.e.m. indotta che la corrente nella spira, con la conseguente scomparsa delle forze elettromagnetiche.
I ben noti fenomeni elettromagnetici che danno luogo a forze, e quindi a momenti di forze (o, se volete, a coppie meccaniche), allorché una corrente elettrica scorre in una spira immersa in un campo magnetico, hanno luogo, nel sistema considerato, solo se nella spira circola corrente. Questa corrente non può esistere che per ‘induzione’, la quale può sostenersi solo se la spira ruota in maniera ‘asincrona’ rispetto al campo rotante, cioè ruota con una velocità angolare diversa da w0; da ciò nasce l’aggettivo ‘asincrono’ adoperato per definire questo tipo di motore, che viene chiamato anche motore ‘a campo rotante’, perché è la più
importante applicazione della scoperta di Ferraris; o ancora motore ad ‘induzione’ non tanto perché il fenomeno dell’induzione elettromagnetica sia fondamentale, come del resto è per tutte le macchine che sfruttano tale fenomeno, ma perché la parte rotante è sede esclusivamente di correnti indotte, indispensabili per il suo funzionamento.
Figura 3.2: generazione della coppia motrice nel motore asincrono.
Dunque, affinché esista coppia meccanica, la spira deve ruotare attorno all’asse A - A' con una velocità angolare diversa da w0 (con w0 > 0); indichiamo con , diversa da w0, questa velocità angolare della spira. Risulta che, se 0 < w< w0, la coppia esercitata dalla spira è concorde con il verso di rotazione del campo magnetico e la macchina funziona da motore; se, invece, w> w0 la coppia esercitata è di segno discorde con il verso di rotazione del campo magnetico e la macchina funziona da generatore. Nel caso in cui w< 0, ossia quando la macchina ruota forzatamente in senso opposto al campo, si ha il funzionamento da freno, con la coppia elettromagnetica che si oppone al movimento. In realtà anche il funzionamento da generatore può essere considerato come un freno, per la presenza di una coppia resistente; in questo caso, però, gran parte dell’energia meccanica fornita alla macchina viene trasformata in energia elettrica ed inviata in rete, mentre, nel funzionamento da freno, sia la potenza elettrica che la potenza meccanica, assorbite dalla macchina, sono dissipate in calore, per effetto Joule, negli avvolgimenti della macchina stessa. Ma di questo torneremo a parlare, in maniera più approfondita, nel seguito.
La spira segue, pertanto, la rotazione del campo magnetico ad una velocità minore in modo tale che scaturisca un moto relativo di scorrimento tra campo magnetico
induttore e spira indotta ed in quest’ultima circolino correnti di intensità tale da sviluppare una coppia motrice capace di mantenere la spira in rotazione. Se la spira rallentasse per la presenza di una coppia frenante maggiore, aumenterebbe la velocità angolare con la quale il campo precede la spira, cioè aumenterebbero la differenza tra le due velocità e la f.e.m. indotta e, di conseguenza, le correnti e la coppia motrice assumerebbero un valore tale da vincere la nuova coppia resistente ad una diversa velocità. Ciò vuol dire che, in questo tipo di motore, una diminuzione della velocità comporta un automatico aumento della coppia motrice. In teoria, è del tutto equivalente mantenere fisso l’indotto o l’induttore, proprio come abbiamo discusso per la macchina sincrona; tuttavia, poiché il sistema induttore, cioè quello che crea il campo magnetico rotante, deve essere collegato alla linea trifase di alimentazione, si preferisce mantenerlo fisso per evidenti motivi di pratica convenienza.
Andiamo ora ad illustrare la struttura generale del motore asincrono trifase, esaminandone i principali aspetti costruttivi.
Il motore asincrono è costituito, come mostrato in Figura 3.3, da due parti fondamentali di forma cilindrica coassiali: una parte esterna, fissa, detta ‘statore’ ed una interna, coassiale, munita di albero, sostenuto da due supporti, libera di ruotare intorno all’asse della macchina, detta ‘rotore’. In particolare, nella figura si notano i seguenti dettagli:
Figura 3.3: vista esplosa delle varie parti di un motore asincrono a gabbia.
I circuiti magnetici di statore e di rotore sono mostrati in Figura 3.4.
Figura 3.4: circuiti magnetici di statore e di rotore.
Proprio come accadeva per la macchina sincrona, lo statore ed il rotore sono separati da una intercapedine in aria, di spessore uniforme, detto traferro (oppure
interferro), sempre realizzato del più piccolo valore possibile, che può variare da qualche decimo di millimetro per i piccoli motori, a qualche millimetro, per i motori più grossi. Lo statore di Figura 3.5 è formato da un pacco di lamierini costituiti di ferro e silicio a forma di corona circolare, isolati tra loro, ed è munito al suo interno di cave in cui trovano posto i conduttori costituenti l’avvolgimento di statore, sempre di tipo polifase.
Figura 3.5: statore di una macchina asincrona.
Lo statore è sostenuto dalla carcassa, come mostrato in Figura 3.6, che costituisce la struttura portante del motore asincrono trifase e che deve permettere il fissaggio del motore al piano di supporto e resistere alle sollecitazioni meccaniche trasmesse dalle diverse parti in rotazione.
Figura 3.6: cassa statorica in metallo pressofuso.
Il rotore rappresentato in Figura 3.7 è costituito anch’esso da un pacco di lamierini di ferro arricchiti di silicio, all’interno del quale passa l’albero di rotazione e nella cui parte esterna sono disposte un certo numero di cave in cui sono allocati i conduttori che costituiscono l’avvolgimento di rotore.
Figura 3.7: rotore di una macchina asincrona.
Sia lo statore che il rotore sono laminati in senso normale all’asse della macchina per ridurre le perdite per correnti parassite, essendo la macchine sede di un flusso magnetico variabile. Il tenore di silicio, contenuto nel materiale ferromagnetico, è basso, meno dell’1%, per ridurne la fragilità e la durezza; la carcassa è invece in ghisa, talvolta anche in alluminio.
Per evitare l’impuntamento del motore all’avviamento, si fanno primi tra loro il numero delle cave per polo e per fase del rotore e dello statore. Inoltre, il rapporto tra il numero delle cave di statore e quello di rotore non deve mai essere un numero intero per evitare vibrazioni del motore dovute a variazioni ritmiche del flusso magnetico al traferro (effetto sirena); generalmente, il numero delle cave di rotore è maggiore di quello di statore.
Un altro aspetto da non trascurare è il problema del raffreddamento del motore asincrono trifase, raffreddamento che, a seconda della potenza della macchina, può essere naturale, forzata o con scambiatori di calore (aria - aria oppure aria - acqua). All’aumentare della potenza crescono le perdite e, quindi, il riscaldamento, ma la superficie disperdente della macchina non cresce secondo la stessa legge, per cui si avrà un aumento della temperatura; ne deriva un limite superiore a questa potenza, in rapporto alle caratteristiche costruttive e al dimensionamento del motore asincrono trifase, non dovendosi mai raggiungere temperature eccessive tali da portare al degradamento delle parti isolanti. È per questo motivo che, nelle macchine di elevata potenza, vengono lasciati degli spazi vuoti (canali di raffreddamento) lungo lo sviluppo assiale dello statore.
Bisogna anche ricordare che ogni materiale isolante ha una propria ‘vita’, che è il periodo di tempo durante il quale le sue caratteristiche risultano idonee alle funzioni alle quali è deputato e che è accertato che la vita dell’isolante è tanto più breve quanto più alta è la temperatura a cui lavora. Da ciò segue che, considerato
che le comuni macchine elettriche sono destinate a funzionare alcune decine di anni, le temperature del motore asincrono trifase non devono superare determinati valori che dipendono dalla ‘classe d’isolamento’ dei materiali isolanti utilizzati (di cui abbiamo parlato nel primo capitolo del testo dedicato alle macchine statiche).
La realizzazione dello statore, detto anche induttore, dei motore asincrono trifase, sia per struttura magnetica che per formazione degli avvolgimenti, è del tutto identica a quella dello statore della macchina sincrona. Avremo quindi uno statore provvisto di avvolgimento trifase, eseguito con un certo numero ‘p’ di coppie di poli, alimentato sempre da una linea trifase. Anzi, potremmo dire che un alternatore può essere trasformato in un motore asincrono trifase cambiando esclusivamente il rotore che, in questo caso, avrà gli avvolgimenti chiusi in corto circuito per consentire la libera circolazione delle correnti e che il campo rotante, generato dallo statore, trascina in rotazione asincrona. Pertanto gli avvolgimenti statorici sono realizzati secondo i diversi schemi già visti per le macchine sincrone.
I capi delle tre fasi, per poter collegare le fasi ultimate a stella o a triangolo, vengono riportati a sei morsetti situati sulla carcassa, risulta così comodo modificare le connessioni tra i morsetti, come illustrato in Figura 3.8.
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P1 |
P2 |
P3 |
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F3 |
F1 |
F2 |
Per la perfetta centratura del rotore, dato il piccolo traferro, la parte interna dello statore e quella esterna del rotore sono passati al tornio, per correggere eventuali imperfezioni. Lo spessore del traferro deve tener conto, in special modo, delle oscillazioni del rotore o degli spostamenti dell’asse di rotazione a causa dell’usura dei cuscinetti: mai rotore e statore devono venire a contatto, pena l’irreparabile danneggiamento del motore stesso. Le cave (o canali) in cui vengono inseriti gli avvolgimenti induttori sono del tipo aperto o semichiuso, del tutto simili a quelle che abbiamo mostrato per la macchina sincrona, come pure resta inalterata la relazione che lega frequenza e numero di coppie polari alla velocità o del campo magnetico rotante o dell’alternatore
Ora, essendo la frequenza f costante e p un numero intero, il numero di giri al minuto n potrà assumere solamente certi valori (che abbiamo riportato in una tabella nel capitolo dedicato alla macchina sincrona) e, poiché la velocità effettiva di rotazione di un motore asincrono trifase è solo leggermente inferiore a quella di sincronismo, queste saranno le sole velocità possibili per un motore asincrono trifase. Se un motore ha p = 4 coppie di poli, alla frequenza f = 50 Hz, la velocità di rotazione dell’albero è molto prossima a n = 750 giri/min.
A seconda del tipo di avvolgimento rotorico esistono due diversi tipi di motore asincrono trifase:
a gabbia di scoiattolo, a rotore avvolto.
I segni grafici secondo le norme CEI, usati per individuare questi due tipi di motore, sono mostrati in Figura 3.9.
Il primo dà luogo al più semplice e robusto dei motore asincrono trifase: in ognuno dei canali, di rotore si infila una sbarra di rame, le cui testate, ad entrambe le terminazioni, vengono chiuse da un anello di rame. Il rotore ha così la forma di Figura 3.10 e viene chiamato rotore a ‘gabbia di scoiattolo’ o ‘in corto circuito’. È evidente che questo circuito presenta resistenze bassissime e non ha un numero di poli propri, adeguandosi, in maniera naturale, al numero dei poli di statore, che può essere un numero qualsiasi. Le tensioni in gioco per ogni barra sono molto basse, dell’ordine di qualche volt, mentre le correnti, data la bassa resistenza, sono piuttosto elevate. Queste bassissime resistenze sono causa di inconvenienti all’atto dell’avviamento: in queste condizioni il motore asincrono trifase si comporta come un trasformatore, in cui lo statore è il primario ed il rotore, fermo all’avviamento, rappresenta il secondario, chiuso in corto circuito. Pertanto, le correnti in gioco, sia statoriche che rotoriche, sono paragonabili a quelle di un trasformatore in corto circuito alimentato a tensione nominale. Le correnti assorbite dallo statore in queste condizioni possono raggiungere 4 - 10 volte la corrente nominale, a seconda del tipo di rotore; questa corrente, tuttavia, è così sfasata, che la coppia di spunto, cioè la coppia necessaria ad avviare il motore, risulta essere particolarmente bassa.
Figura 3.10: rotore a gabbia di scoiattolo.
Per motori di potenza elevata e che debbono partire sotto carico, risulta necessario limitare la corrente di spunto e ridurre lo sfasamento tra tensione e corrente. Per far ciò occorre aumentare la resistenza rotorica, anche se un aumento della resistenza rotorica comporta un aumento delle perdite che, a regime, significherebbe una sicura diminuzione del rendimento. Per conciliare queste due esigenze contrastanti, cioè elevate resistenze all’avviamento e basse resistenze a regime, si è abbandonato, per potenze elevate, il motore a gabbia di scoiattolo per sostituirlo con quello ‘a rotore avvolto’.
Figura 3.11: schema del motore con rotore avvolto e reostato di avviamento.
In questo tipo di macchine, nelle cave rotoriche vi è un normale avvolgimento, simile a quello statorico, di tipo trifase e collegato a stella, come mostrato in Figura 3.11. I capi di queste fasi vengono collegati a degli anelli conduttori, calettati sull’albero del motore ma isolati da questo, sui quali poggiano delle spazzole collegate ad un reostato esterno di avviamento, completamente inserito all’atto di chiusura dell’interruttore sulla linea, ma che va disinserito, gradualmente, all’aumento della velocità di rotazione e completamente escluso, cortocircuitato, in condizioni di normale funzionamento.
Vale la pena di precisare che il numero delle fasi del rotore può essere diverso da quello di statore, ma è indispensabile che il numero di poli sia eguale per i due avvolgimenti.
Per mostrarvi due concrete realizzazioni dei due tipi di motori discussi, nella Figura 3.12 abbiamo riportato due spaccati del motore asincrono trifase a gabbia di scoiattolo e a rotore avvolto.
Passiamo ora ad esaminare i fenomeni elettrici che avvengono negli avvolgimenti che creano il campo magnetico rotante.
Sotto l’aspetto elettrico un motore asincrono trifase con rotore fermo si comporta sostanzialmente come un trasformatore trifase, in cui lo statore assume il ruolo di primario ed il rotore quello di secondario. Il motore asincrono trifase può essere schematizzato come in Figura 3.11, dove si è supposto che tanto l’avvolgimento di statore che quello di rotore siano connessi a stella, con il circuito rotorico, però, aperto.
In questo caso il motore asincrono trifase assorbirà dalla linea che lo alimenta soltanto le correnti magnetizzanti Im, necessarie per creare il campo magnetico rotante all’interno della macchina, mentre non circolerà alcuna corrente indotta nel rotore, essendo questo aperto. Il campo magnetico rotante, tramite il flusso per polo che si ha al traferro, indurrà negli avvolgimenti di statore e di rotore una f.e.m. indotta pari a
E1 = K1 f N1 F, E20 = K2 f N2 F,
dove N1 e N2 sono il numero dei conduttori attivi in serie statorici e rotorici, le costanti K1 e K2, dette fattori di Kapp, sono pari a 2 kF kB, con kF @1.11 fattore di forma dell’onda sinusoidale e kB, fattore di riduzione, minore dell’unità, detto anche coefficiente di Blondel, che tiene conto degli sfasamenti delle tensioni indotte dovuti allo sfasamento tra una cava e l’altra. Si noti che, in generale, K1 può anche essere diverso da K2. Come si può notare le formule riportate in precedenza sono del tutto eguali a quelle già viste per la macchina sincrona.
A rotore fermo la frequenza delle f.e.m. rotoriche indotte sono quelle di alimentazione, inoltre come già visto per il trasformatore, al rapporto tra E1 ed E2 si dà il nome di rapporto di trasformazione del motore
(relativo al funzionamento a rotore fermo) .
Quando il numero delle fasi statoriche è diverso da quelle rotoriche, l’espressione sopra riportata deve essere moltiplicata anche per tale rapporto.
La possibilità di poter ruotare, magari con una vite senza fine e ruota dentata elicoidale, il rotore rispetto allo statore, è utilizzata per realizzare il variatore di fase ad induzione.
Si consideri la Figura 3.13a con gli avvolgimenti delle stesse fasi radialmente allineati e quindi con le f.e.m. indotte in coincidenza di fase come in un trasformatore. Se il rotore ruota dell’angolo , come indicato in Figura 3.13b, le
f.e.m. indotte, per ogni singola fase degli avvolgimenti di rotore, saranno in ritardo, rispetto a quelle di statore, ritardo esprimibile con lo stesso angolo . Questa proprietà è sfruttata per ottenere tensioni aventi angolo di fase variabile con continuità rispetto a quelle di alimentazione.
Si tenga presente che, esistendo ora un traferro, la riluttanza del circuito magnetico del motore asincrono trifase sarà più alta che nel trasformatore e, conseguentemente, l’induttanza di magnetizzazione, ovvero la relativa reattanza, dei circuiti equivalenti semplificati, risultano relativamente più piccole che nei trasformatori, mentre le reattanze di dispersione sono più grandi.
Un’altra particolarità è che l’avvolgimento rotorico deve sempre avere un numero di poli pari a quello dell’avvolgimento statorico, ma può avere un numero diverso di fasi, per cui è possibile alimentare lo statore con una terna di tensioni e prelevare dagli anelli rotorici, alla stessa frequenza di rete e con valore efficace espresso dalla relazione data in precedenza, un numero di fasi qualsiasi.
Finora abbiamo considerato il caso di rotore fermo e aperto, tralasciando il caso del rotore fermo ma chiuso. Questa particolare condizione verrà trattata più avanti, e viene definita ‘funzionamento in corto circuito’, dicitura non esatta, in quanto, anche durante il funzionamento normale, le fasi rotoriche sono sempre chiuse in corto circuito.
Prima di addentrarci nello studio del motore asincrono trifase introduciamo una variabile tipica di questo motore, lo scorrimento, che lega il numero di giri del rotore a quello di sincronismo del campo magnetico rotante, che, come già sappiamo, è pari a
n0 = 60 f
con f frequenza delle correnti statoriche e p numero delle coppie dei poli della macchina. Allora, si definisce scorrimento il numero
,
dove n2 è il numero di giri al minuto del rotore. Il numeratore di tale relazione n0 - n2 è la velocità relativa tra campo magnetico rotante e rotore. Lo scorrimento, quindi, esprime la frazione di giri, o il numero di giri, persi dal rotore rispetto al campo magnetico rotante, per ogni giro di questo. Per convenzione, è positiva la velocità del rotore se questo ruota nello stesso verso del campo rotante.
Ora, poiché la velocità del rotore può assumere qualsiasi valore, lo scorrimento potrà variare da più a meno infinito. In particolare, quando il rotore ruota alla velocità di sincronismo, n2 = n0, risulta s = 0; quando il rotore fermo, cioè n2 = 0, si avrà, invece, s = 1.
Ogni motore asincrono trifase, così come prescrivono le norme CEI, deve essere munito di una targa che indichi i valori nominali delle grandezze elettriche e meccaniche essenziali per la specificazione della macchina stessa. In tale targa vengono indicati tra l’altro:
Vengono inoltre riportate altre informazioni come l’indicazione della casa costruttrice, il tipo di motore, il collegamento delle fasi, la classe d’isolamento, il grado di protezione IP (che indica il grado di protezione contro l’ingresso di sostanze solide, liquide ed aeriformi) dell’involucro. Inoltre, se il rotore è avvolto, compaiono anche la tensione e la corrente di rotore che si hanno allo spunto con resistenza di avviamento avente valore tale che la corrente di statore sia uguale a quella nominale, mentre, se il rotore è a gabbia, non vengono riportati i dati relativi al rotore.
In alcuni casi l’indisponibilità di una linea trifase rende necessario l’utilizzo di motori asincroni monofasi, detti anche motori monofasi ad induzione, utilizzati per potenze modeste, fino ad alcuni chilowatt, come elettrodomestici, pompe, ventilatori. Questi motori sono costruttivamente simili a quelli trifasi, anche se a parità di dimensioni e di velocità, presentano una potenza ridotta della metà, con l’avvolgimento statorico monofase e quello rotorico generalmente a gabbia.
L’avvolgimento statorico, che generalmente occupa i due terzi della periferia statorica ed è alimentato con una tensione sinusoidale, è percorso da una corrente che dà luogo ad una f.m.m. anch’essa alternativa sinusoidale. Al traferro avremo, quindi, un campo magnetico alternativo, cioè fisso nello spazio e di ampiezza variabile sinusoidalmente come la corrente.
In forza del cosiddetto teorema di Leblanc, un campo alternativo può considerarsi ottenuto dalla sovrapposizione di due campi magnetici aventi ugual valore costante, pari alla metà di quello massimo del campo alternativo, e rotanti con velocità angolari uguali ed opposte, pari proprio alla pulsazione della corrente statorica (con una coppia di poli). Ciascuno di questi campi produce gli stessi effetti che abbiamo visto per il motore trifase e, pertanto, si può ripetere quanto già detto per tale motore, cioè che ciascuno dei due campi magnetici rotanti, considerato singolarmente, sostiene f.e.m. e correnti nella gabbia rotorica. Questi due campi rotanti, sommati con quelli originati dallo statore, danno luogo al campo magnetico rotante risultante nel traferro.
Dall’azione tra campi magnetici e correnti indotte si originano due coppie motrici, uguali ed opposte, per cui se il rotore è fermo, esse si equilibrano a vicenda ed il
motore non parte; se però avviamo il motore, anche con una spinta, in un verso qualsiasi, il motore continuerà a ruotare in tale verso, accelerando e raggiungendo una velocità prossima a quella di sincronismo. Ciò è dovuto al fatto che la coppia dovuta al campo che ruota nello stesso senso del rotore (campo diretto) diventa maggiore rispetto alla coppia dovuta all’altro (campo inverso) e nasce quindi una coppia risultante con un verso pari a quello del rotore. Ne deriva che il motore asincrono monofase non ha un suo senso di rotazione, ma assume quello che gli viene impresso.
I diversi valori di coppia motrice che si hanno quando il motore ruota in un certo verso sono dovuti ai diversi valori dello scorrimento rispetto ai due campi rotanti, diretto ed inverso. Posto, con evidente significato dei simboli usati,
si ha immediatamente che sD + sI = 2 .
Allora, quando il rotore è fermo n = 0, risulta sD = sI = 1; quando, invece, il
rotore ruota a velocità di sincronismo nel verso diretto, n = n0, si ha sD = 0 e sI = 2. Possiamo quindi affermare che quando lo scorrimento del campo diretto varia da 1 a 0, quello del campo inverso passa da 1 a 2. Tracciata la caratteristica meccanica per valori dello scorrimento da 0 a 2 (Figura 3.45), si hanno i valori della coppia dovuti al campo diretto per 0 < s < 1 e quelli dovuti al campo inverso per 1 < s < 2. Ribaltando i valori della coppia, per s variabile da 1 a 2, intorno al punto s = 1 e sottraendo le due ordinate si avrà il diagramma risultante, mostrato in Figura 3.47, da cui risulta che la coppia è pari a zero non solo a velocità di sincronismo ma anche a rotore fermo, s = 1.
Figura 3.47: coppia del motore monofase ad induzione.
Dalla Figura 3.47 si può, inoltre, osservare che il motore asincrono monofase funziona, rispetto a quello trifase, con uno scorrimento maggiore, la prima parte della caratteristica è meno ripida, quindi con rendimento e fattore di potenza più bassi.
Per quanto detto, se non si adotta qualche accorgimento, il motore asincrono monofase non parte. Un accorgimento potrebbe essere quello di dotare lo statore di due avvolgimenti, sfasati di p/2, uno permanentemente inserito, detto avvolgimento principale o di lavoro, l’altro, detto avvolgimento ausiliario o di avviamento, che può rimanere oppure non rimanere inserito dopo l’avviamento e percorsi da correnti sfasate di p/2 in modo da creare un campo rotante bifase. In generale, queste condizioni non vengono mai soddisfatte per cui nel motore asincrono monofase non si avrà quasi mai un campo magnetico rotante perfetto, circolare, ma un campo di ampiezza non costante, ellittico, in grado comunque di avviare il motore. Il disinserimento dell’avvolgimento ausiliario avviene tramite un interruttore centrifugo che interviene generalmente ai tre quarti della velocità di sincronismo. Inoltre, l’avvolgimento ausiliario può essere attraversato da notevoli correnti, dato il breve lasso di tempo di funzionamento, per avere coppie di spunto elevate.
Descriviamo ora, in qualche dettaglio, alcuni dei vari tipi di avviamento per motori asincroni monofasi, sempre e solo di piccola potenza. I due avvolgimenti, dovendo essere alimentati alla stessa tensione per avere le due correnti sfasate tra
loro di circa p/2, dovranno presentare impedenze diverse, per cui avremo il motore a flussi sfasati, il motore a condensatore e il motore a polo schermato.
Nel motore a flussi sfasati, schematicamente mostrato in Figura 3.48, l’avvolgimento ausiliario, inserito solo in fase d’avviamento, presenta una resistenza elevata per cui le due correnti, assorbite dai due avvolgimenti, sono tra loro sfasate.
Figura 3.48: schema di avviamento di un motore a flussi schermati.
Il motore a condensatore può essere di due tipi. Il primo tipo è con condensatore permanentemente inserito ed è mostrato in Figura 3.49.
Figura 3.49: asincrono monofase con condensatore permanentemente inserito.
Il secondo tipo è quello in cui il condensatore può essere inserito e disinserito, come suggerito in Figura 3.50.
Figura 3.50: asincrono monofase con condensatore che può essere disinserito.
Questi motori presentano notevoli coppie di spunto ed un fattore di potenza particolarmente elevato. Inoltre, possono presentare anche un doppio condensatore, uno permanentemente inserito, quindi notevolmente robusto, e l’altro solo in avviamento, di tipo elettrolitico, più economico.
Il motore a polo schermato, anche detto motore con spira in cortocircuito, mostrato in Figura 3.51, presenta i poli statorici sporgenti e su ciascun polo viene praticata una scanalatura, fasciata con una sola o poche spire chiuse in cortocircuito che fungono da polo ausiliario. Le spire in cortocircuito sono attraversate da una corrente indotta dovuta al flusso variabile e, quindi, si viene a creare un rudimentale campo rotante che è in grado di avviare il motore. Questi motori sono però di limitata potenza (100 W al massimo) e rendimento, ma sono molto semplici e robusti.
Figura 3.51: motore monofase con spira in cortocircuito.
Consideriamo un motore asincrono trifase e cerchiamo di rettificarlo, o meglio, di far tendere ad infinito tutti i raggi sia di rotore che di statore: in questa nuova situazione, il campo magnetico non è più rotante, ma traslante. In altre parole, questo tipo di motore non produce più una ‘coppia’ ma una ‘forza’, non abbiamo più moto rotatorio bensì un movimento rettilineo, abolendo così tutti gli ingranaggi che servono a trasformare il moto rotatorio in rettilineo. Stiamo parlando del motore lineare ad induzione (acronimo LIM), molto utilizzato laddove sono necessari azionamenti lineari ed oggi particolarmente diffuso nella trazione elettrica ad alta velocità.
Un motore asincrono potrebbe funzionare anche se il suo rotore fosse un cilindro pieno in ferro massiccio, senza alcun tipo di avvolgimento. Rispetto al più convenzionale motore a gabbia, risulterebbe aumentata la R2, dato che la resistività del ferro è 10 volte maggiore di quella del rame, e le reattanze di dispersione LD1 e LD2, mentre risulterebbe diminuita l’induttanza di magnetizzazione. Tutto ciò andrebbe completato con una lieve diminuzione del rendimento.
Ora, per quanto già visto, lo statore potrebbe avere un numero di poli comunque variabile in quanto, il rotore, questa volta senza avvolgimenti, si adeguerebbe automaticamente al numero di poli di statore. Intorno all’asse del rotore circolano le correnti indotte, ma quelle più vicine all’asse danno forze modeste, perché modesto è il campo magnetico, e coppie ancor più modeste per via del braccio ridotto: è questo l’accorgimento che si sfrutta con il motore a gabbia di scoiattolo, dove le barre sono poste alla periferia del rotore.
Esiste, tuttavia, un altro sistema. Rendere il cilindro non più piano ma cavo, ma questa soluzione comporterebbe la creazione di due traferri con conseguente aumento delle riluttanze. Il problema si può eliminare realizzando altri avvolgimenti, sempre statorici, nella parte interna, ora vuota, del rotore, avvolgimenti percorsi dalle stesse correnti che circolano nei conduttori dall’altra parte del cilindro cavo di rotore (Figura 3.52).
Figura 3.52: principio costruttivo del motore lineare.
Rettifichiamo ora le forme circolari delle sezioni dei cilindri, o meglio facciamo tendere all’infinito il loro raggio: otteniamo la struttura di Figura 3.53 con induttore doppio, che offre anche il vantaggio di annullare le forze di attrazione tra induttore ed indotto; nelle macchine rotanti, tali forze di attrazione magnetica, sono nulle per effetto della struttura radiale.
Figura 3.53: motore lineare a doppio induttore.
L’induttore del LIM è costituito da una struttura magnetica piana sulla quale è collocato un avvolgimento alimentato da un sistema trifase simmetrico di tensioni a p coppie di poli e passo polare .
Si può dimostrare che la velocità di sincronismo del LIM è pari a v = 2 f . Regolando opportunamente la frequenza ed il passo polare, si possono ottenere anche velocità dell’ordine dei 500 km/h.
L’induttore, nel suo movimento rettilineo, taglia i conduttori dell’indotto generando f.e.m. e correnti indotte. Queste correnti, immerse nello stesso campo magnetico che le produce, sono sede di forze elettromagnetiche che spingono l’indotto nella stessa direzione del campo magnetico, ciò che genera la forza di spinta (F) del motore lineare. È ininfluente se è fisso l’indotto o l’induttore, ma nella pratica realizzazione, trazione elettrica, l’induttore è il locomotore stesso mentre l’indotto è una lastra metallica continua in acciaio massiccio della lunghezza dell’intera tratta ferroviaria.
Si può dimostrare che la caratteristica meccanica F(v) di questo tipo di motore, presenta andamento lineare, con valore massimo della spinta motrice all’avviamento, e valore man mano decrescente, all’aumentare della velocità, fino ad annullarsi alla velocità di sincronismo, e proporzionale al quadrato della tensione di alimentazione. Una variazione di frequenza comporta solo una variazione della velocità di sincronismo. È allora chiaro che questo tipo di motore si presta bene a poter essere regolato sia in velocità, per mezzo della frequenza, sia in spinta.
Questo motore viaggia a scorrimenti alti per avere spinte elevate e bassi fattori di potenza per la presenza dell’alto traferro. L’alto valore dello scorrimento, che comporta notevoli perdite per effetto Joule, non rappresenta un inconveniente per il rendimento totale della macchina, essendo state eliminate tutte le altre perdite dovute alla trasmissione meccanica del moto; inoltre, il riscaldamento dell’indotto è solo momentaneo, in quanto, col movimento dell’induttore, le parti riscaldate si rinnovano in continuazione.
Un motore asincrono trifase può trovarsi a funzionare a tensione e frequenza sensibilmente diversi da quelli nominali; studiamo l’effetto di una anormale variazione di uno di questi due parametri per volta
Cominciamo, allora, a considerare la sola variazione della tensione, in particolare immaginiamo che essa sia aumentata. Le formule finora studiate restano valide ed allora il flusso aumenterà proporzionalmente alla tensione, mentre la coppia aumenta con il quadrato (in realtà meno per effetto della saturazione dei circuiti magnetici), aumentano le perdite nel ferro e la corrente di cortocircuito. Quindi un aumento della tensione porta un miglioramento per le coppie, ma allo stesso tempo un peggioramento per quanto riguarda le perdite ed il riscaldamento. Il contrario accade nel caso di abbassamento della tensione di alimentazione.
Nel caso, invece, di una variazione della sola frequenza f, ad esempio in aumento, si avrà una diminuzione del flusso per via della relazione V = k f F, portando ad una riduzione della coppia che dipende dal quadrato del flusso. Avremo, inoltre, una diminuzione della corrente a vuoto, a causa del più piccolo flusso, della corrente di cortocircuito, essendo aumentata la reattanza di dispersione per effetto dell’aumento della frequenza, e delle perdite nel ferro, essendo direttamente proporzionali alla frequenza, e, variando la frequenza, aumenteranno le perdite meccaniche per attrito e ventilazione.
Si osservi che, variazioni dello stesso segno contemporanee di tensione e frequenza, non producono effetti apprezzabili sulla caratteristica del motore, salvo
che per la velocità, per la potenza nominale del motore e per le perdite nel ferro, con aumento di queste tre grandezze all’aumentare della frequenza.
Se durante il funzionamento di un motore asincrono trifase una delle fasi di alimentazione viene interrotta, il motore continua a funzionare se la coppia resistente non è molto elevata. Infatti, in questo caso la potenza scende del 50%; ciò comporta, a parità di coppia resistente, un valore di corrente molto più grande con possibile surriscaldamento del motore ed intervento delle protezioni. Se però il motore viene fermato, non è più in grado di avviarsi, essendosi trasformato in un motore monofase.
È d’altronde possibile far funzionare il motore asincrono trifase regolarmente, anche se a potenza ridotta, alimentandolo da una linea monofase e ricorrendo ad uno degli schemi di Figura 3.54.
Figura 3.54: connessione del condensatore in un motore trifase, per ottenere il funzionamento monofase.
Il condensatore dovrà avere una capacità di alcuni micro-farad e determinerà uno sfasamento tra le correnti, che origineranno un campo magnetico bifase rotante.
Fonte: http://www.elettrotecnica.unina.it/files/lupo/upload/Asincrono_08_09.pdf
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