Matematica finanziaria

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Matematica finanziaria

Un contributo alla storia della Matematica Finanziaria:
Bernardo Davanzati e l'arbitraggio

 

 

Riassunto
Segnaliamo che in un'opera di B. Davanzati del 1581 viene non solo esattamente descritto lo svolgimento di un'operazione di arbitraggio, ma anche teorizzata l'impossibilità logica che un mercato offra tale opportunità. La data indicata precede quelle comunemente segnalate nella letteratura sull'argomento. In quel testo, chi compie l'operazione viene designato con un termine ("arbitrante") che, a quanto risulta a chi scrive, compare per la prima volta con questo significato. Proponiamo alcune congetture per giustificarne la scelta.

 

Parole chiave: arbitraggio, Bernardo Davanzati.  

 

 

 

1. Introduzione: l'arbitraggio nella moderna Matematica Finanziaria

            La moderna Matematica Finanziaria ha eletto l'assenza di opportunità di arbitraggio a suo assioma; con il termine di arbitraggio intendendosi una strategia d'investimento che permette, senza impiegare capitale proprio, certamente di non perdere nulla, e forse di guadagnare qualcosa. Asserire che non esiste la possibilità di compiere operazioni di questo tipo vuol dire, in buona sostanza, che il sistema di prezzi a disposizione è complessivamente coerente. Esempio banale: se due prodotti sono vendibili sia singolarmente che assieme, il prezzo della coppia non può essere diverso dalla somma dei due prezzi singoli.
Considerazioni di tipo economico (una strategia di quel tipo sarebbe, per la sua appetibilità, perseguita da molti operatori; domanda ed offerta eserciterebbero allora sui prezzi degli strumenti necessari una pressione tale da modificarli, finché la possibilità di guadagno sparirebbe) suggeriscono che quell'assioma modellizzi la realtà in modo accettabile.  
Esiste, dello stesso postulato, una formulazione forse leggermente più antica, relativa a quel particolare settore della finanza rappresentato dal mondo delle scommesse. In esso, il concetto (ed il termine) di arbitraggio è sostituito da quello di libro olandese: si chiama così - non sappiamo perché - un portafoglio di scommesse che garantisce, anche qui, di non perdere in nessun caso, e forse di vincere qualcosa. Un portafoglio di questo genere si può formare se lo allibratore (ecco il "libro": ma si pensi anche al bookmaker) ha fissato le quote senza rispettare alcune ovvie regole di coerenza. Promettesse, ad esempio e tipicamente, di pagare due volte la posta nel caso di un evento A, e due volte e mezzo nel caso di nonA: chi scommette un euro su A e, allo stesso tempo, uno su nonA, chiude in pareggio se si verifica A, e guadagna mezzo euro se si verifica nonA.     
Scopo di questa nota è portare un contributo alla storia della parola arbitraggio: del suo apparire nel significato che qui ci interessa, e della ragione che ne ha determinato un utilizzo tanto lontano dal contenuto semantico sostanziale della radice.

2.  Da "arbiter" ad "arbitraggio": latino, francese, italiano

            Il latino arbiter ha i due significati di "testimone" e di "giudice" (Ernout-Meillet, 1959). Il primo, più antico, è scomparso; il secondo è sopravvissuto, ma a costo di tingersi di un'ambiguità difficilmente spiegabile. Un arbitro è un giudice, imparziale per definizione e rispettoso delle regole; un comportamento arbitrario, invece, è giustificato solo dalla libera volontà di chi lo tiene. Quanto al termine di arbitraggio, i moderni dizionari ne riportano tre significati. Ve n'è uno, giuridico (di atto con cui un soggetto terzo, incaricato dalle parti di un contratto, ne determina alcuni elementi; nel passato anche abbastanza recente - lo rileveremo tra poco - arbitraggio era un sinonimo meno usato di arbitrato, e valeva dunque per giudizio di arbitri); vi è quello sportivo (che designa l'attività di chi è chiamato a controllare lo svolgersi regolare di una competizione); vi è, infine, quello economico (o commerciale, o finanziario) di cui si tratta qui e che abbiamo già illustrato. I primi due sono perfettamente coerenti col significato di arbitro inteso come giudice; ma il terzo, si ha il diritto di chiedersi come sia collegato con esso.
Nessuno stupore che questo terzo significato sia stato l'ultimo ad apparire. Il Vocabolario della Crusca definisce arbitrato come giudicio di arbitri fin dalla prima edizione (1612); ma bisogna aspettare la quinta (1862-1923) per veder apparire il lemma:

ARBITRAGGIO. Sost. masc. Term. di Commercio. Quella operazione che i banchieri facevano [sic] mediante compensazione di crediti e debiti fra le diverse piazze di commercio, studiando d'avvantaggiarsi sulla differenza dei corsi di cambio. Dal franc. arbitrage.

            Sulla provenienza della parola dal francese, torneremo appresso. Limitiamoci per ora ad osservare che non è dato comprendere il perché dell'utilizzo della forma verbale imperfetta: come se si facesse riferimento ad una pratica relativa al passato. E lo stesso si ripete nella definizione successiva, che anche c'interessa:

ARBITRANTE. Partic. pres. di Arbitrare. Che arbitra. Lat. arbitrans.
Arbitrante, termine di Commercio, si disse Colui che faceva [sic] quella operazione di cambio che dicevasi Arbitraggio (segue, in questo luogo, la citazione che forma l'oggetto principale di questo scritto, e che riporteremo al successivo n. 4).

            L'uso del tempo passato è del tutto incomprensibile. La pratica dell'arbitraggio è sempre rimasta viva; è vero che di "arbitranti" non ce ne sono più, ma solo perché la loro denominazione è cambiata: gli "arbitraggisti" (termine che non compare nel vocabolario della Crusca) sono tra i protagonisti principali della vita della moderna Finanza.
Del resto, il classico Dizionario di P. Petrocchi, negli stessi anni di questa edizione della Crusca (1892) riporta, come secondo significato di arbitraggio, il calcolo della differenza dei valori e dei titoli, come guadagno, nel giro da  una piazza all'altra (il primo significato essendo - i giuristi d'oggi non sono d'accordo - senz'altro quello di arbitrato, ossia di giudizio d'arbitri o d'arbitro).
Notiamo anche come, nella definizione di "arbitrante", assolutamente nulla sia detto della logica per la quale da "colui che arbitra" si sia passati a "colui che si avvantaggia sulla differenza dei corsi di cambio"
Quanto all'origine francese della parola, vi è un consenso pressoché universale. Arbitrage appare nel 1283 in Les Coutumes du Beauvoisis: ponderosa raccolta  di usi e costumi legali di quella parte della Piccardia il cui nome, derivato dai Galli Bellovaci che l'abitavano, è rimasto nella città di Beauvais (essenzialmente nota per ospitare uno degli aeroporti di Parigi). L'autore ne è il giurista Philippe de Rémi de Beaumanoir (1250-1296; omonimo del padre, a volte designato come sire de Beaumanoir, che visse tra il 1210 e il 1265, ed è tra i  più antichi poeti della lingua d'oil). Il cap. XLI porta come titolo Parole des arbitres et du pouoir qu'il ont; et liquel valent et liquel non; et comment arbitrages faut, et de quel cas l'en se puet metre en arbitrage .
Nella nostra lingua, "arbitrio" è nella Divina Commedia, ma "arbitrare" (anche nella forma "albitrare", e nell'ulteriore significato di "pensare, ritenere") compare nei primi decenni del 300. Il sostantivo albitraggio [sic] s'incontra la prima volta nel  Libro del difenditore della pace: traduzione fiorentina del testo Defensor pacis del giurista Marsilio da Padova, datata 1363. La precedenza francese è, fino all'apparire di ormai improbabili nuovi elementi, incontestabile.
Peraltro, è del tutto evidente come sia de Beaumanoir che Marsilio si riferiscano esclusivamente all'accezione giuridica di arbitraggio come giudizio formulato da un arbitro (ossia anche, e più spesso, "arbitrato"). Dove e quando (potremmo aggiungere: e perché mai?) nacque il significato commerciale del termine?
I francesi devono aspettare, pare, il 1704. In quest'anno, un M. De la Porte,  qualificato come Professeur, Teneuer de Livres de Compts, Arithméticien, & Maître Juré-Expert pour les Ecritures, Signatures,Comptes & Calculs, pubblica La Science des négocians, opera nella quale si legge: Arbitrage: en terme de Banque eft une combinaison que l'on fait de plusieurs changes, pour connoître quelle Place est plus avantageuse pour tirer & remettre.
Non si può non notare una certa ambiguità: la combinaison que l'on fait de plusieurs changes fa pensare ad una manovra di arbitraggio vero e proprio (nel senso moderno), ma connoître quelle Place est plus avantageuse pour tirer & remettre allude piuttosto ad una valutazione di convenienza alternativa. Lo stesso può dirsi dell'esempio citato da Armando Sapori (1972): a proposito, però, non della parola, ma della pratica. La lettera di mercanti senesi del Dugento (per dirla con l'autore) ivi citata, e tratta da Lettere volgari del secolo XIII scritte da senesi e illustrate con documenti e annotazioni da Cesare Paoli e da Enea Piccolomini (1871), sembra descrivere una semplice determinazione di convenienza economica per il procacciamento di capitali fra tre mercati finanziari (quello di Siena, quello degli "sterlini" inglesi e quello dei "provesini": moneta che si coniava a Provins, nello Champagne, in occasione della importante fiera che vi si teneva).

 

3. Bernardo Davanzati Bostichi, gentiluomo fiorentino

            Se, dunque, alcuni dubbi si possono avanzare sulla significatività delle opere citate per ultime, tutto (o quasi) è invece chiaro nelle pagine che hanno suggerito il presente contributo.     Abbiamo già segnalato come, a proposito della parola "arbitrante", il vocabolario della Crusca (quinta edizione) citi un passo, che abbiamo volutamente omesso di riportare in quel luogo trattandosi, come si è scritto, dell'oggetto principale di questo scritto.
L'autore ne è Bernardo Davanzati, personalità tra le più interessanti di quel pur ricco periodo della nostra storia che fu il Rinascimento. Nato a Firenze da nobile famiglia nel 1529 ed ivi morto nel 1606, Davanzati esercitò attività commerciale, bancaria ed imprenditoriale (agricola), e fu letterato e studioso di economia.
Particolare che citiamo per curiosità: le fonti più semplici da consultare non concordano sulla sua abilità in quanto uomo d'affari. Nell'edizione in linea della Treccani (http://www.treccani.it/enciclopedia/tag/bernardo-davanzati/) si legge che attese con scarso successo alla mercatura. Il Dizionario Biografico degli Italiani (edito anch'esso dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana) riporta invece che egli investì nell'acquisto di terre ... i capitali guadagnati con l'attività commerciale e bancaria. Già nel 1576 possedeva … numerosi terreni coltivati e vigneti, e  nel 1578  risulta proprietario del palazzo ... che ...  prenderà il nome di palazzo Davanzati.
Ma i titoli per i quali il nostro viene ricordato vanno ben oltre quello, pur ragguardevole, di aver legato il suo nome a uno dei palazzi più belli di Firenze. Egli fu infatti un uomo di lettere e di studio.
L'opera di cui era più orgoglioso, ed è più spesso citato nei nostri licei, è la sua traduzione degli scritti di Tacito. Nella dedica che egli fece del primo libro degli Annali (A messere Baccio Valori senator fiorentino, cavaliere e giureconsulto, datata di Firenze, il dì 15 di settembre 1595 ; l'opera completa apparve postuma, nel 1637), si legge come andarono le cose. La provocazione venne dal letterato Henri Estienne, valent'uomo che corona e mitria la sua lingua franzese sopr'all' altre:mostrala conforme alla greca, e dàlle il vanto della brevità, e la nostra dice lunga e languida e, come la cornacchia d'Esopo, abbellita delle penne franzesi. Poiché Estienne aveva  ... messo in campo Cornelio Tacito il più breve scrittore forse che sia, Davanzati scrive: ho dettato con parole e proprietà fiorentine il primo libro de' suoi Annali, e con tutti li nostri disavvantaggi delli articoli e d'altro, torna scandagliato migliaia di lettere sessantatré; il latino, sessantotto; il franzese stampato in Lione, più di cento. Onde le cento parole nostre vagliono e fruttano per centotto parole corneliane, e per centosessanta franzesi.
Il letterato cede, come si vede, il posto all'uomo di commercio e di banca: il quale si preme di precisare che una parola fiorentina ne "vale" (sic!) 1,6 di francesi. E questo, non è un caso:  l'opera di traduttore di Davanzati rappresenta ormai, per noi, poco più di una curiosità culturale (sia pure di alto livello), ma i due brevi trattati Notizia de' cambj (1581) e Lezione delle monete (1588) gli valgono un posto di rilievo nella storia del pensiero economico.
Il secondo, in particolare, ne fa l'iniziatore della teoria moderna della moneta, della quale egli (pare, per primo) definisce il valore in termini di utilità: vuoi di scambio, vuoi d'uso. E non si può non ricordare che nel primo appare addirittura, in nuce, l'idea della "mano invisibile" resa famosa secoli dopo da Adam Smith (pag. 108 : se bene l’intenzione de’ particulari Cambiatori non è così buona, l’effetto universale che ne seguita, è buono egli).
Mostreremo, al prossimo n. 4, come egli abbia altresì titolo ad essere considerato tra gli iniziatori (se non il vero e proprio iniziatore) della teoria dell'arbitraggio; oltre ad essere, probabilmente, colui che scelto, in base ad una logica che non riusciamo a comprendere, il nome per designare questa attività e chi la pratica.

4. Davanzati, e l'arbitraggio in finanza

Ed ecco, finalmente, quello che si legge ancora nella Notizia de' cambj, poche pagine dopo il luogo appena citato. L'autore ha appena finito di descrivere la logica della formazione dei rapporti di cambio: avendo definito (pag. 107) cambio altro non essere che dare tanta moneta qui a uno, perchè e' te ne dia tanta altrove; o la faccia dare dal commesso suo al tuo. Abbastanza ovviamente, tali rapporti dipendevano (in quei tempi felici…) solo dal contenuto di metallo prezioso nei conii, oltre che dai costi che oggi diremmo di commissione (e che Davanzati chiama provvisioni). Parla ora delle relazioni che devono collegare i rapporti di cambio esistenti nello stesso istante su piazze diverse.

(Notizia de' cambj,pagg. 116-117) Ho posto nella figura scudi 104 2/3, perchè a tal pregio questo dì 13 di maggio 1581 si cambia qui per Lione per fiera di Pasqua, cioè dassi qui scudi 104 2/3 per avere in Lione scudi 100 di Sole , i quali son di tanta bontà, cioè tant'oro puro entro vi è, che a farglisi mandar contanti si venderiano ... scudi 106 2/3 ...: qui dunque scudi 100 di Sole vagliono scudi106 2/3 ... Questa equivalenza si chiama La Pari; che non è altro, se non quanta moneta d'una piazza è pari di valuta a tanta d'un'altra o d'altre. Intorno alla Pari si raggirano i pregi del cambio, quasi Mercurio intorno al Sole, or innanzi, or addietro, nè se ne possono molto discostare, perchè valendo scudi 100 di Sole in Firenze scudi 106 1/3, se in Lione si cambiasse per Firenze a 102, subito questi arbitranti, che stanno alle vedette, e su gli avvisi, vedrebbono che a pigliar a cambio que' 100 scudi e mandarli a Firenze contanti, si guadagnerebbe scudi 4 3/4, perchè si venderebbono scudi 106 2/3, e se n'avrebbe a pagare 102, la qual industria vorrebbon far tanti, correndoci solamente la poca spesa del porto, et minuente pericula lucro , che il pregio presto tornerebbe al suo segno della Pari

Ed ora, i commenti.
Il primo. Ci troviamo senza ombra di dubbio, a differenza di quanto osservato a proposito dei passi citati al n. 2, di fronte alla descrizione di una operazione di arbitraggio nel senso moderno del termine. Una incoerenza nel sistema complessivo dei prezzi, genera una possibilità di guadagno "artificiale". Poitras (2010) illustra come la pratica di queste operazioni fosse più antica; a noi sembra di poter dire che Davanzati sia stato però il primo a teorizzarla.
Il secondo. Vi è l'intuizione che una situazione di questo genere non potrebbe durare a lungo: il mercato (come oggi diremmo) provvederebbe automaticamente a modificarla (il pregio presto tornerebbe al suo segno della Pari). Ancora qualche secolo, e questa osservazione di buon senso verrà elevata al rango di postulato.
Il terzo. Per designare chi effettua l'operazione, Davanzati parla di arbitranti: 120 anni prima che arbitrage compaia nell'opera di De la Porte. Non abbiamo alcuna possibilità di dimostrare che la scelta di questo termine sia da attribuire al Nostro; in mancanza però di altri riscontri (che noi non abbiamo trovato), attribuire alla parola usata in questo senso un'origine francese, come fa la Crusca, ci sembra ingiustificato.
Il quarto. Che sia stato Davanzati o qualcun altro, italiano o francese, a scegliere questo termine per significare questa attività e chi la compie, non ci si può non chiedere quale logica lo abbia ispirato (nomina sunt consequentia rerum...).
Una prima ipotesi che vien fatto di formulare è che si sia pensato a persone dedite a valutare (dunque in qualche modo a giudicare) continuamente i "listini" dei cambi.
Accade però che poche pagine prima del passo citato qui sopra, il Nostro si trovi a lamentare l'invadenza degli intermediarii e, diremmo, la eccessiva finanziarizzazione dei mercati (oltre 400 anni fa!). Leggiamo solo la parte che c'interessa in questa sede, e cerchiamo d'interpretarla:

(Notizia de' cambj,pag. 112-113)... cinquanta, o sessanta Cambiatori con un quaderno di fogli, a ricapitare i cambi fatti quasi in tutta Europa, e ritornargli con quegl'interessi, che quivi convengono, non da altro regolati, che dal fare in modo, che la taccola possa durare ...
Vero è che una parte sono arbitrj, rivolture e girandole, e non vivi debiti o crediti effettivi

Chi scrive, è tentato di attribuire alle parole rivolture e girandole un significato tecnico, del tipo di "partite di giro"; non è però in grado di portare alcun argomento a favore di questa tesi. Infatti, secondo - ancora - il vocabolario della Crusca, "rivoltura", oltre che "rivoluzione", significa solo "artifiziosa rappresentanza, aggiramento" (quasi esattamente, dunque: "raggiro"); quanto a "girandola", a parte quello pirotecnico, l'unico significato è quello di "aggiramento, intrigo".
D'altra parte, sembra evidente che arbitrj vada in ogni caso interpretato secondo lo stesso registro degli altri due termini: nel primo caso, dunque, sarebbero i frutti delle operazioni neutre descritte al n. 1; nel secondo, riprovevoli "scritture arbitrarie" .  Questa seconda interpretazione sembra più consona allo spirito generale del contesto.
Se, come pare probabile, gli arbitranti di pag.117 (che stanno alle vedette e, su gli avvisi) sono i responsabili degli arbitrj di pag. 113, siamo costretti a concludere in forma dubitativa.
Nell'ipotesi n. 1 (rivolture e girandole sono partite di giro), gli arbitrj sono i frutti guadagnati da  chi osserva attentamente il mercato, e si limita a sfruttarne oggettive imperfezioni. Gli arbitranti (oggi, arbitraggisti) sono, per la oggettività del loro comportamento, imparentati a quegli arbitri che sono i giudici. E' vero che, a differenza di questi ultimi, sono mossi da interesse personale, ma la loro azione si risolve, come già osservato, nel bene di tutti.
Nell'ipotesi n. 2 (rivolture e girandole sono raggiri) gli arbitrj sono sovraccarichi arbitrari (non da altro regolati, che dal fare in modo, che la taccola possa durare). Gli arbitranti sono operatori che si muovono ad arbitrio, e il loro ruolo scade a quello, negativo, di parassiti.

           

 

 

Bibliografia

(Data la natura particolare, "linguistica", di questo scritto, si è ritenuto di inserire quasi sempre anche nel testo l'intero riferimento bibliografico, che qui comunque si ripete)

  1.  Beaumanoir, P.R. (1283) Les Coutumes du Beauvoisis
2.  Davanzati, B. (1581) Notizie de' Cambj
3. "              (1588)  Lezione delle Monete
4."              (1596)  Tacitus, Publius Cornelius Il primo libro degl'Annali di Gaio
            Cornelio Tacito da Bernardo Dauanzati Bostichi espresso in volgare fiorentino.
5.  De la Porte (1704)  La science des négociants
6.  Dizionario Biografico degli Italiani, ed. Istituto dell'Enciclopedia Italiana, versione
elettronica   (http://www.treccani.it/biografie/)
7.  Enciclopedia Italiana, ed. Istituto dell'Enciclopedia Italiana, versione elettronica
(http://www.treccani.it/enciclopedia/)
8.  Ernout, A. – Meillet, A. (1959) Dictionnaire étymologique de la langue latine, IV
edizione, Klinksieck
9.  Libro del difenditore della pace (1363)
10.  Paoli, C. - Piccolomini, E. (1871) Lettere volgari del secolo XIII scritte da senesi e
             illustrate con documenti e annotazioni, ed. Romagnoli
11.  Petrocchi, P. (1892) Novo Dizionario Universale della Lingua Italiana, ed. Treves  
12.  Poitras, G. (2010) Arbitrage: Historical Perspectives. Encyclopedia of Quantitative
Finance
13.  Sapori, A. (1972) La mercatura medioevale, ed. Sansoni
14.  Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612), I edizione
15.  Vocabolario degli Accademici della Crusca (1862-1923), V edizione

 

 

  Questa edizione fu pubblicata solo parzialmente, i diversi volumi apparendo ad intervalli irregolari, anche lunghissimi, tra il 1862 ed il 1923 (quando s'interruppe). La lettera "A", che c'interessa, comparve con il primo, e dunque nel 1862.

La grafia riproduce (salvo errori) quella dell'originale: come si vede, alquanto lontana dalla francese moderna.

Ecco quanto si legge sul frontespizio dell'edizione originale (in Firenze: presso Georgio Marescotti):  Tacitus, Publius Cornelius Il primo libro degl'Annali di Gaio Cornelio Tacito da Bernardo Dauanzati Bostichi espresso in volgare fiorentino. Per dimostrare quanto questo parlare sia breue e arguto.

L'indicazione delle pagine fa riferimento, qui e nel seguito, ad un'edizione stampata a Padova nel 1754: Scisma d'Inghilterra con altre operette del signor Bernardo Davanzati Bostichi gentiluomo fiorentino, tratte dall' edizione fiorentina del 1638.

Abbastanza ovviamente, qui è sinonimo di "prezzo".

  Lo écu au soleil era una moneta di 3,5 grammi d'oro, che recava un piccolo sole sormontante l'insegna del re di Francia.

Questa sottolineata è la frase citata dalla Crusca.

"La speranza del guadagno induce a sottovalutare il rischio": citazione da un carme di Gabriele Faerno (non famosissimo umanista cremonese), che parla di mercanti i quali, completato il carico delle navi, vela dabant laeti.

Secondo il già citato Petrocchi, taccola aveva, nel XVI secolo, anche il significato di "tresca".

Emerge, come si vede, l'ambiguità segnalata all'inizio del n. 2.

Fonte: https://art.torvergata.it/retrieve/handle/2108/97871/199961/Davanzati.doc

Sito web da visitare: https://art.torvergata.it

Autore del testo: Fabrizio Cacciafesta

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