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Il dolore è un’esperienza soggettiva.
L’anestesia cerca di eliminare la risposta al dolore (può essere più dannosa dell’esperienza psichica).
Il ghiaccio riduce la T locale e così facendo riduce l’attività metabolica; il dolore è infatti un processo biochimico: in tal modo lo si rallenta.
Non determina vasocostrizione in quanto ciò determinerebbe una condizione ischemica causa di dolore.
Si ha progressiva sensibilizzazione dei recettori periferici al dolore: si sente dolore anche per stimoli naturalmente non dolorosi.
L’immobilizzazione infatti, oltre ad avere azione protettiva evita anche il dolore da sensibilizzazione.
Il dolore determina diversi tipi di risposta: sono quelle da evitare:
Le reazioni motorie sono caratterizzate da:
Il primo provvedimento da intraprendere è quello analgesico: è inoltre molto importante dare un farmaco che sia di potenza pari al dolore.
Sono diversi i farmaci; ad es. oppiacei per via ev (morfina)
Importante è arrivare a titolazione: è un processo che consente di raggiungere la quantità adeguata per la sintomatologia: si dà una dose “start” → se dopo 10 min non passa il dolore → si aumenta fino a che lo
stesso non scompare.
Per il dolore postoperatorio si dà tramadolo (contramal → è un agonista parziale) in infusione continua: è importante perché un dolore eccessiva può alterare la respirazione determina inibizione del riflesso del tosse con
accumulo di secrezioni e rischio di infezioni batteriche le quali a loro volta possono determinare setticemia e sepsi.
Gli oppiacei devono essere somministrati in infusione continua (se somministrati per boli possono determinare
effetti collaterali).
La tolleranza è il processo per il quale per avere gli stessi effetti del farmaco bisogna aumentare la dose (vale
anche per gli effetti collaterali).
Se dopo 24 h ricompare dolore: non è tolleranza ma un fenomeno chiamato allodinia.
Per allodinia si intende che uno stimolo normalmente non doloroso viene percepito come doloroso; ad es. il gesso troppo stretto.
Quattro componenti del dolore
- Sensoriale (Sensoriale-discrimitiva)
- Affettiva-emozionale
- Autonoma
- Motoria
Tali quattro elementi interagiscono tra loro: si ha elaborazione e valutazione cognitiva (modulazione) con alla fine risposta comportamentale.
Dolore
E’ un’esperienza sensoriale, soggettiva, spiacevole associata a danno tissutale che può essere attuale o potenziale
o descritta nei termini di tale danno (1979, International Association for Study of Pain)
Ad esempio → arto fantasma → persistenza del dolore riferito a un tessuto asportato (arto amputato ma anche nelle donne con amputazione del sesso).
L’arto fantasma è un tipo di dolore neuropatico: si verifica ogni qualvolta che il dispositivo nervoso deputato alla trasmissione, trasmette un segnale dalla periferia al centro senza che in periferia vi sia danno (il cervello lo interpreta come dolore anche se non vi è lesione).
Ad es. lombo sciatalgia: ernia irrita i nervi che si distribuiscono alla periferia.
Il dolore nocicettivo si contrappone al precedente: un danno periferico attiva recettori del dolore.
Il dolore presenta un’ambivalenza:
- Nemico
L’analgesia congenita, una situazione per la quale il soggetto non sente dolore, è una condizione gravissima.
In rapporto con la struttura anatomica interessata si distinguono dolore somatico (dalle strutture che coprono l’organismo e molto innervate) e dolore viscerale (fibre nocicettive dai visceri sono più sparse).
- Somatico
- Viscerale
Sono le strutture che avvolgono gli organi che determinano dolore, non l’organo in sé.
Ciò vale sia per il fegato (il dolore compare in seguito a aumento di volume con distensione della capsula), sia per organi cavi (rispondono a ischemia, torsioni o allungamenti) e anche per le ossa (ciò che determina dolore è il periostio).
In base a criteri neurofisiologici e clinici il fenomeno DOLORE si distingue in
- Dolore nocicettivo
- Dolore neuropatico
In certi situazioni si possono avere entrambe → dolore misto
In rapporto all’andamento temporale si distingue:
- Acuto
- Cronico
Sistema nocicettivo
E’ un sistema sensoriale composto da:
coinvolti nella trasmissione e l’elaborazione dell’informazione nocicettiva.
Sono quattro stazioni:
Ogni stazione ha il proprio substrato anatomico e neurofisiologico
Il neurone di I° ordine della via della nocicezione è un neurone pseudo unipolare (a T) con il corpo cellulare:
- nel ganglio delle radici dorsali del ms.
- o nel ganglio di un nervo cranico
Il ramo periferico presenta:
- Ramificazioni periferiche,
- Terminazioni ‘nude’ (nè guaina nè corpuscoli rec),
- Funzione afferente: attivati da stimoli meccanici, termici e chimici dannosi (trasduzione),
- Funzione efferente: (Riflesso assonale) liberazione di neuropeptidi vasoattivi e attivazione di mediatori
della flogosi (sensibilizzazione)
Il ramo centrale:
- forma la radice dorsale del MS.
- entra nella porzione dorsale del midollo,
- penetra per lo più nella sostanza grigia del corno posteriore,
- prende contatti sinaptici con interneuroni ed i neuroni di II° ordine delle corna dorsali
Le fibre nervose periferiche coinvolte nella nocicezione - i nocicettori – si distinguono in base al diametro e
2. Fibre amieliniche di piccolo calibro
• C cutanee, o del IV gruppo nei tessuti profondi
• Diametro 1 μm (0,5 – 1,5)
• Bassa velocità di conduzione (1 m/sec).
a) Trasduzione
E’ un processo in cui una forma di energia (stimolo adatto) viene convertita in un impulso a livello recettoriale: potenziale d’azione.
Lo stimolo nocivo può conseguire sia a fattori esogeni quali traumi meccanici o termici, agenti chimici, agenti chimici o infettivi-flogosi, o a fattori endogeni (ischemia) deve essere di intensità tale da determinare danno ai tessuti.
In seguito al danno tissutale si ha dunque vasodilatazione e liberazione di mediatori chimici nel microambiente (in parte riversati da cellule che si sono rotte, in parte neo formate); queste sono H+, K+, BK, serotonina istamina ma soprattutto le PG.
Tali sostanze determinano aumento della conduttanza al Na attivando la sintesi di II messaggeri e determinano l’apertura diretta di canali ionici: l’effetto finale è quello dunque di stimolare le terminazioni nervose nocicettive con innesco di potenziali d’azione.
Oltre a uno stimolo di elevata intensità è necessario un recettore a alta soglia.
Tuttavia se uno stimolo insiste sul recettore con la stessa intensità, la soglia si abbassa (per sensibilizzazione) e
anche stimoli di minore intensità sono capaci di attivare i recettori → tale processo è denominato allodinia.
Se invece si evoca uno stimolo che causerebbe di per sé dolore in un recettore sensibilizzato si parala di iperalgesia.
La sensibilizzazione è dunque un incremento dell’eccitabilità neuronale in seguito ad una stimolazione nociva
intensa e prolungata (trauma e flogosi).
Presenta:
- Effetti neurofisiologici
- Effetti fisiopatologici soggettivi:
Estensione delle caratteristiche risposte iperalgesiche alle regioni adiacenti all’area lesa.
Un concetto molto importante nella fisiopatologia del dolore è quello di riflesso assonico: lo stimolo nervoso va verso il centro ma potrebbe interessare anche rami che fino ad allora non erano coinvolti (per esempio tramite
sostanza P vi è liberazione di bradichinina , K+ e H+ dalle mastcellule → sommazione spaziale del dolore.
Le PG sono i mediatori più importanti nella trasduzione: si formano a partire dall’acido arachidonico (si trova nel doppio strato fosfolipidico) e la loro formazione dipende dall’attività di alcuni enzimi tra cui soprattutto le ciclossigenasi: dunque bloccando l’attività delle COX si può interferire con il processo della trasduzione.
A svolgere tale attività sono una classe di farmaci denominata FANS.
Tuttavia le PG svolgono anche altre importanti attività:
- a livello della mucosa gastrica stimolano la produzione di muco proteggendo la mucosa dall’acidità
- a livello renale svolgono un’azione protettiva sul glomerulo
- hanno un ruolo anche nella cascata coagulativa
Dunque il loro utilizzo è molto limitato (tossicità renale, gastrica e potere antiaggregante).
Non devono mai essere usate per il dolore neuropatico (che non ha la trasduzione).
b) Trasmissione
Indica la propagazione del processo di depolarizzazione:
- le fibre Aδ contengono poca mielina
- le fibre C quasi per niente.
Dunque utilizzando farmaci capaci di bloccare la propagazione a livello dei nodi di Ranvier (per le fibre Aδ ) e sempre (per le fibre C) la trasduzione avviene normalmente ma si blocca la propagazione dell’impulso.
Gli anestici locali (lidocaina, carbocaina) bloccano la depolarizzazione delle fibre impedendo così la trasmissione
dell’informazione nocicettiva.
L’anestetico locale:
la periferia → anestesia neuro assiale o tronculare o centrale
Si agisce a livello dello spazio peridurale (epidurale) tra periostio e dura madre: è uno spazio pieno di grasso dunque di consistenza molle; inoltre vige una P lievemente negativa che aumenta in negatività dai livelli lombari a quelli sacrali.
La tecnica di somministrazione prevede l’utilizzo di un ago di Tohy di 10 cm e lo si infila tra due processi spinosi adiacenti: si fa avanzare l’ago (riempito di soluzione fisiologica) finché l’estremità non viene a trovarsi nello spazio peridurale (in tale spazio infatti la P negativa attira la soluzione e c’è una notevole riduzione delle resistenze).
A questo punto si può infilare un catetere attraverso l’ago e somministrare l’anestetico gradualmente.
In alcuni casi si può andare avanti con l’ago e perforare la dura.
La quantità di anestetico da mettere nello spazio sub aracnoideo è decisamente inferiore a quella che si deve mettere nello spazio peridurale perché quando il nervo esce dal midollo è “nudo” e non ha ancora manicotto
durale per cui ne basta molto poco.
Gli anestetici hanno diversi effetti collaterali: se utilizzo farmaco in eccesso si può avere effetti su diversi organi: su tutti quelli che hanno depolarizzazione e ripolarizzazione continua.
Dunque si ha un elevato rischio di:
Se la cefalea persiste si fa un “patch di sangue”: si prende un po’ di sangue e lo si fa coagulare nel punto in cui è stata eseguita la procedura.
3) Modulazione
Il ramo centrale del neurone pseudo unipolare va a terminare in modo diverso dai fasci tattili propriocettivi (che non entrano nel midollo e salgono lungo i fasci di Burdach e Gell): quelle del dolore vanno dentro la sostanza grigia.
La modulazione del dolore è quindi un processo che avviene all’interno delle corna dorsali del midollo spinale
dove è presente il corpo cellulare del II neurone di modulazione.
La sostanza grigia del m.s. è organizzata in strati o lamine rostro-caudali (le lamine di Rexed): vengono indicate con lettere romane da quella dorsale a quella ventrale (I a IV).
Qui esistono due tipi di neuroni:
Se si attiva e blocca il II neurone è interrotta la progressione dell’informazione sul dolore.
I meccanismi che attivano gli interneuroni sono:
a) Le fibre Aα/Aβ emettono collaterali, nel loro percorso verso l’alto, che vanno sugli interneuroni inibitori: l’attivazione delle fibre tattili porta dunque a attivazione di tali interneuroni: è un meccanismo di soccorso (naturalmente quando l’intensità del dolore è molto alta è impensabile che tale meccanismo sia efficace).
Può essere mimato attraverso la TENS (stimolazione elettrica transcutanea): tuttavia si ha riduzione del dolore solo finché l’apparecchio resta accesso: poi il dolore ricompare.
La TENS è quindi utile soprattutto nel caso di sedute di fisioterapia o in caso della necessità di svolgere attività muscolare per riformare il muscolo dopo allettamento.
In alternativa può essere introdotto nello spazio peridurale un catetere che presenta elettrodi che determinano una corrente elettrica continua che stimola le fibre Aα/β (stimolazione midollare): è effettuata nei casi di dolore
vascolare periferico o dolore osteoarticolare.
b) sulla superficie cellulare dell’interneurone inibitorio vi sono recettori particolari: μ, δ. κ che sono capaci di legarsi con sostanza endogene del nostro organismo: endorfine, che fanno parte degli oppoidi.
Vi sono sostanze che assomigliano a queste sostanze endogene ma provengono dall’oppio (o comunque sono esogene) e si dicono oppiacei (es morfina, codeina, fentanile).
Gli oppiacei a loro volta si suddividono in oppiacei maggiori (fentanile, ossicodone, idronorfene) e minori (tramadolo, codeina); tramadolo e codeina sono inoltre agonisti parziali (hanno cioè minor affinità per il legame).
Gli effetti collaterali degli oppiacei sono:
Bisogna dunque associare farmaci che prevengano tali effetti collaterali:
Gli effetti tossici degli oppiacei sono:
Altro concetto importante è che tali farmaci danno dipendenza sia fisica che psicologica (per il pz con dolore
trattato con oppiacei non esiste la dipendenza psicologica ma solo quella fisica).
Alcuni effetti collaterali vanno incontro a fenomeni di tolleranza: per avere l’effetto serve dose maggiore;
stipsi, nausea e vomito vanno incontro a tolleranza.
Il farmaco somministrato per via sistemica si distribuisce in tutto l’organismo: dunque sarebbe più efficace dare l’oppiaceo vicino alle corna posteriori.
Nei cateteri peridurali oltre all’anestetico locale si possono introdurre oppiacei prevenendo la disseminazione
sistemica e l’insorgenza di effetti collaterali.
c) La corteccia cerebrale è responsabile della modulazione del dolore; infatti nel tronco cerebrale, attorno al canale di Silvio vi sono raggruppamenti neuronali facenti parte della sostanza grigia periacqueduttale (PEG).
E’ stata formulata l’ipotesi che vi siano fasci di neuroni che scendano dalla sostanza grigia periacqueduttale al midollo → fascio postero-laterale che utilizza due neurotrasmettitori:
L’interneurone inibitorio ha recettori anche per questi due NT: se questi sono presenti lo attivano.
Dunque nella modulazione del dolore si possono utilizzare anche farmaci che capaci di aumentare i livelli di noradrenalina e serotonina a livello dell’interneurone inibitorio:
Vie ascendenti della nocicezione
QUADRANTE ANTERO-LATERALE
Convogliano l’informazione nocicettiva ai centri rostrali
a. Il tratto spino-talamico (TST): componenti laterale e mediale.
b. il tratto spino-talamico ventrale (vTST).
c. il tratto spino reticolare (TSR).
d. il tratto spino mesencefalico (TSM).
e. il sistema spino midollo allungato postsinaptico.
f. il sistema proprio spinale ascendente multisinaptico.
Tratto spino-talamico
- Caratteri generali
TST, componente mediale
È detta componente Paleo spino-talamica.
E’ una via multi-sinaptica con velocità di trasmissione ridotta.
Emette collaterali e terminali al sistema reticolare del tronco, alla sostanza grigia periacqueduttale ed all’ipotalamo.
Termina nei nuclei del talamo mediale, i nuclei del complesso intralaminare e nel nucleo ambiguo.
• I RF di questi neuroni sono larghi, complessi ed a volte bilaterali
• Non è presente una organizzazione somatotopica.
• Il 3° neurone della via nocicettiva, attivato dalle fibre di questa componente si proietta in maniera diffusa a
numerose aree della corteccia ed al sistema limbico.
TST, componente laterale
È detta componente Neo spino-talamica.
E’ una via parvi-sinaptica con velocità di trasmissione elevata.
Termina nei nuclei laterali, ventro-basali e posteriori del talamo.
• I RF di questi neuroni sono piccoli e ben definiti,
• E’ presente una organizzazione somatotopica.
• Il 3° neurone della via nocicettiva, attivato dalle fibre di questa componente, si proietta alla corteccia
somatosensoriale primaria (SI, SII).
4) Percezione
Si occupa degli aspetti cognitivi del dolore:
E’ l’ultima fase e può essere modificata con farmaci della classe dei psicofarmaci
Dolore viscerale
Non è evocato da stimoli nocivi idonei per il dolore superficiale (Puntura, Taglio, Calore, Pressione….).
È evocato da:
L’innervazione viscerale afferente comprende fibre del tipo Aδ e C ad alta soglia.
I rami periferici dei nocicettori viscerali decorrono nei nervi simpatici.
Le terminazioni nervose periferiche sono estesamente ramificate e sovrapposte (più fibre convogliano informazione dallo stesso luogo),
L’ingresso al M.S. coinvolge grande numero di radici dorsali,
Il ramo centrale termina nelle corna dorsali del m.s. (lamine I e V) attivando:
Dolore viscerale “vero”
- Caratteristiche:
Dolore viscerale “riferito”
- Caratteristiche:
I meccanismi patogenetici del dolore riferito sono:
Dolore neurogeno
E’ un dolore da danno nervoso
Interessa regioni somatiche dalle quali l’informazione afferente sia stata, parzialmente o completamente, interrotta.
Il danno può interessare i nervi periferici, le radici dorsali, il m.s., i centri sovra spinali e la corteccia.
Si divide in:
- Dolore da deafferentazione
- Dolore di origine centrale
a) Dolore di origine centrale
Le cause possono essere lesioni traumatiche (iatrogene e non) e vascolari di centri del M.S., Mesencefalo e Talamo.
Le caratteristiche cliniche comprendono (IASP ’86):
Un esempio di dolore centrale è la sindrome talamica di Dejerine-Roussy
E’ dovuta a occlusione ateromasica di rami delle arterie talamiche e talmogeniculate.
E’ caratterizzata inizialmente da perdita della sensibilità superficiale e profonda (dolore, calore, tatto e propriocezione) nell’emisoma controlaterale,
Dopo un lasso di tempo variabile (settimane o mesi), si ha comparsa di dolore persistente, lancinante e bruciante nelle aree affette; scarsamente rispondente a farmaci antalgici
L’interessamento della capsula interna può comportare segni neurologici quali emiparesi, emiballismo, movimenti coreici e/o atetosici, tremore intenzionale.
b) Dolore da deafferentazione
E’ una forma dolorosa correlata a lesioni più o meno estese del sistema nervoso periferico: (causalgia, distrofia simpatico riflessa, Mono polineuropatie, Traumi….)
Le caratteristiche cliniche (Causalgia):
Meccanismi patogenetici del dolore neurogeno
A. Iperattività dei neuroni nocicettivi centrali
B. Iperattività dei neuroni nocicettivi periferici danneggiati
DOLORE – CLINICA
Il dolore è responsabile di più di 70 milioni di visite mediche ogni anno negli USA.
Le visite possono essere dovute a:
• Dolore acuto (Traumi, infezioni o malattie acute)
• Dolore acuto ricorrente (emicrania, dolore lombare, crisi da anemia falciforme ….)
• Condizioni di dolore croniche (osteoartrite, neuropatie...)
• Malattie progressive (Cancro ed AIDS).
In tutti i tipi di dolore è richiesta una accurata valutazione per trattare il paziente in maniera adeguata.
La valutazione del dolore di un paziente dipende da ciò che egli comunica
– la comunicazione può essere sia verbale che comportamentale.
Data la complessità del fenomeno dolore, bisogna valutare non solo la componente somatica (sensitiva)
ma anche l’umore del paziente, le sue caratteristiche psico-sociali, i suoi atteggiamenti, il modo in cui fa
fronte al suo dolore, le sue risorse, le risposte da parte dei familiari e l’impatto del dolore sulla loro vita.
L’entità della valutazione varia con le diverse circostanze:
- Situazione cliniche acute
- Situazioni con dolore cronico-ricorrente
Il processo di valutazione può aiutare a determinare come i fattori biomedici, psicologici e sociali interagiscono per influenzare natura, gravità e persistenza del dolore e della invalidità.
Semeiotica del dolore
Valuta l’individuo non soltanto il dolore:
- anamnesi personale
- esame fisico
- Stato civile, rapporto coniugale:
- Ambiente familiare
- Origine etnica
- Religione
- Stato sociale
- Livello culturale
- Professione e lavoro attuale
- Patologie concomitanti !!!
Dunque le quattro componenti del dolore possono manifestarsi in maniera diversa in base alla persona (può
variare se ci sono stati altri casi in famiglia o in base alla classe sociale (> percezione del dolore in alcune pato)).
Anamnesi dolore
- Tempo e modalità d’inizio
- Localizzazione del dolore
- Sintomi associati al dolore
- Miglioramento o peggioramento
Anamnesi terapeutica
- Terapie precedenti:
- Precedenti interventi chirurgici
Fail back surgery sindrome: in seguito a cicatrici o ricostruzione ossea si può sviluppare una sindrome di dolore alla schiena
- Test diagnostici e precedenti ricoveri
- Farmaci
- Abusi
Aspetti quantitativi del dolore
Mancano degli strumenti utili a quantificare il dolore: è infatti una esperienza soggettiva.
E’ importante quantificarlo sin dall’inizio.
La misurazione del dolore si vale di alcuni strumenti peculiari:
– metodi oggettivi indiretti
Rappresentano la componenente neurovegetativa del dolore che aumenta soprattutto in caso di
dolore acuto
– metodi soggettivi diretti (valutazione introspettiva da parte del soggetto del proprio dolore)
Riguardano le quattro dimensioni del dolore; per il dolore acuto sono molto utili le unidimensionali
→ valutazione intensità (modalità sensoriale).
E’ importante non interpretare il dolore del pz: ciò che riferisce è la verità.
E’ inoltre fondamentale l’utilizzo di un linguaggio standardizzato.
Quantificazione del Dolore
- MISURA (measure)
Applicazione di uno strumento ‘metrico’ ad una specifica componente (in genere intensità) del dolore (a dimensione singola)
- VALUTAZIONE (assesment)
Approccio complesso e multidimensionale alle diverse componenti dell’esperienza dolorosa ed alla loro interazione
MISURE SOGGETTIVE A DIMENSIONE SINGOLA
1. Scale ‘ordinali’ o di ‘categoria’
1.a Scala verbale (Verbal Rating Scale VRS) Keele, 1948 ecc.,
- Vantaggi
- Limiti
trattamento farmacologico).
1. Dolore Assente,
2. Lieve,
3. Moderato,
4. Grave
5. Molto Grave
1. Dolore Assente,
2. Lieve,
3. Fastidioso,
4. Penoso,
5. Orribile
6. Atroce
1.b. Scala numerica (Numeric Rating Scale NRS) Sternback, 1974
Dunque il soggetto sceglie da una serie di numeri quello da assegnare al dolore:
E’ la scala normalmente utilizzata
- Vantaggi
- Limiti
2. Scale ‘analogiche visive’ e grafiche
2.a Scala analogica visiva VAS, Visual Analogue Scale Scott-Huskisson, 1976
punto indicato dal soggetto.
2.b Scala grafica GRS, Graphic Rating scale Huskisson, 1974
dolore.
l'altra rappresenta il peggiore dolore immaginabile
2.c Scale di espressioni facciali e cromatiche
E’ una variante del VAS, utilizzabile in età prescolare o in soggetti
con limitazioni psichiatriche.
Tutte tali scale devono essere effettuate:
- in condizioni statiche (a riposo)
- in condizioni dinamiche ( si incita il pz a eseguire il movimento che provoca dolore); risulta molto più difficile da controllare per il pz.
MISURE SOGGETTIVE DIRETTE MULTIDIMENSIONALI
1. Mc Gill Pain Questionaire (MPQ)
All’esperienza ‘Dolore’ contribuiscono 3 componenti (Melzack, Casey, 1968):
- discriminativa - sensoriale
- affettiva - motivazionale
- cognitiva - valutativa
Le tre componenti possono essere quantificate da descrittori appropriati e graduati, specifici per ciascuna componente.
La sommatoria dell’insieme dei descrittori scelti e l’analisi della valenza che ogni componente acquista per il
soggetto possono ‘dipingere un quadro’ completo dell’esperienza ‘dolore’ individuale.
MPQ struttura: Melzack, 1975; Maiani e Sanavio, 1985.
A. 78 aggettivi in grado di descrivere le tre componenti del dolore.
– 1. Descrittori di qualità sensoriali (temporali, spaziali, termiche e pressione)
– 2. Descrittori di qualità affettive (tensione, paura, risposte autonomiche)
– 3. Descrittori valutativi dell’intensità del dolore. (sottoclasse 16)
– 4. Descrittori misti (sottoclassi 17-20)
Gli aggettivi sono disposti in 20 gruppi composti da 2 - 6 aggettivi ciascuno.
Il soggetto deve scegliere nei vari gruppi la parola che meglio descrive il proprio dolore.
B. Un disegno schematico del corpo umano sul quale il soggetto contrassegna la regione interessata dal dolore.
C. Una scheda per la valutazione delle interazioni fra il dolore e qualità del sonno,alimentazione, attività
lavorativa ed assunzione di farmaci.
D. Scala di valutazione dell’intensità del dolore attuale a 5 punti.
Fornisce dettagli completi ma richiede, tempo, collaborazione e cultura
E’ però molto difficile da somministrare al pz; richiede infatti una interpretazione attenta.
CONTROLLO DEL DOLORE POSTOPERATORIO
Il dolore
Il dolore è “un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole, associata ad un danno attuale o potenziale del tessuto o descritta nei termini di tale danno.”
Il dolore acuto è la risposta fisiologica predeterminata dell’organismo ad uno stimolo lesivo chimico, termico o meccanico, associato a traumi, interventi chirurgici o malattie ha un rapporto causale e temporale identificabile con un danno tissutale o con una malattia. Questo lo differenzia dal dolore cronico che è indicato come persistente anche al di là del tempo di guarigione del danno e che frequentemente può non avere una causa chiaramente identificabile.
Il dolore post-operatorio
Il dolore post-operatorio è un dolore acuto presente nel paziente chirurgico per via della malattia preesistente, per la lesione recata dalla procedura chirurgica o per entrambe le condizioni.
Tale dolore acuto:
Inoltre le reazioni dell’organismo al dolore possono essere nocive per il pz stesso: il dolore nelle sue
manifestazioni determina un atteggiamento antalgico.
Per esempio un soggetto operato al torace, a causa del dolore:
- non può tossire (ristagno secrezione e aumentato rischio infettivo)
- non deambula (rischio di TVP)
- si ha riduzione dell’attività metabolica
- il dolore influenza anche l’assetto psicologico.
L'intervento chirurgico determina due tipologie di dolore:
a. Dolore intraoperatorio: un dolore estremamente violento dovuto alle manovre chirurgiche;
b. Dolore postoperatorio: un dolore, successivo all’atto chirurgico, innescato dalle lesioni tissutali e prodotto dalla
stimolazione dei recettori periferici.
N.B. Ciò che contraddistingue il dolore post-operatorio è il fatto che è PREVEDIBILE e PREVENIBILE
Il dolore post-operatorio - incidenza
Secondo alcune stime, oltre 75% dei pazienti postoperati dichiara di aver sofferto di un dolore di intensità moderata-grave.
Questo fenomeno è attribuibile a vari fattori:
– inadeguata conoscenza dei danni del dolore postoperatorio,
– errata considerazione del dolore postoperatorio come un evento ineluttabile,
– scarsa conoscenza dei dosaggi efficaci e della durata di azione degli analgesici,
– riluttanza ad usare analgesici per timore degli effetti collaterali,
– scarsa padronanza delle tecniche di soppressione del dolore
Numerosi fattori influenzano la comparsa, l’intensità le caratteristiche e la durata di questo dolore:
• Il tipo d’incisione chirurgica
• La durata dell’intervento
• Lo stato psico-fisico del paziente
• La preparazione psicologica e la premedicazione farmacologica preoperatoria (consulenza anestesiologica prima dell’intervento)
• La qualità delle cure postoperatorie
Le componenti del dolore postoperatorio
- Componente cutanea
- Componente somatica profonda
- Componente viscerale
Conseguenze del dolore postoperatorio
• Modificazioni respiratorie per blocco volontario o meno dei muscoli toracici, addominali o del diaframma; contrattura riflessa di tali muscoli; alterazione del riflesso della tosse; distensione addominale.
• Alterazioni cardiocircolatorie e metaboliche con aumento del lavoro cardiaco, della pressione arteriosa e del consumo di ossigeno ed increzione di ormoni catabolici.
• Alterazioni gastro-intestinali ed urologiche con inibizione riflessa della funzione intestinale e quella urinaria.
• Rischio di tromboflebite per il ritardo della mobilizzazione e della deambulazione.
• Alterazione dello stato psicologico con la possibilità della comparsa di stati d’ansia, di agitazione ed
alterazione del ritmo sonno-veglia
Stimolo doloroso: alterazione dei parametri parafisiologici
Gestione del dolore postoperatorio
Nel programmare il controllo del dolore post-operatorio vanno considerati:
La scelta di una determinata terapia farmacologica e della modalità di somministrazione sono dettate dalla gravità
dell’insulto chirurgico e quindi del dolore atteso e dalle caratteristiche individuali del paziente.
A. Agenti farmacologici da utilizzare
Le risorse terapeutiche che abbiamo a disposizione per il controllo del DPO sono essenzialmente tre ed è su questi farmaci che si basa la terapia farmacologica:
I principali effetti collaterali degli analgesici usati per il controllo del DPO:
N.B. Tutti gli analgesici hanno effetti collaterali; tali effetti vanno prevenuti con l’utilizzo contemporaneo di
farmaci adiuvanti.
N.B. Un accorgimento per ridurre la comparsa degli effetti collaterali è dato dall’associazione di più agenti; in
questo modo si può ridurre la dose dei singoli farmaci ma ottenere analgesia adeguata per sinergismo.
I FANS si usano solo in caso di cefalea post-rachicentesi e post-laparascopia: infatti nella desufflazione può restare un po’ di CO2 che si lega a H2O con produzione di HCO3- e H+: mediatore del dolore (trasduzione): dunque sono preferibili i FANS.
B. le vie di somministrazione
1. Per os,
2. Intramuscolare,
3. Endovenosa,
4. Peridurale e subarachnoidea (vedi anestesia loco regionale).
Per os sarebbe meglio non darli perché non vi è la certezza che nelle prime 24 h vi sia stata conservazione dei riflessi della deglutizione con il rischio di passaggio in trachea.
Anche la via intramuscolare non è in genere utilizzata in ambito post-chirurgico in quanto le zone post-chirurgiche non sono vascolarizzate in modo omogeneo (dunque non si ha la sicurezza di un buon assorbimento); inoltre si aggiungerebbe altro dolore.
La via più utilizzata è la via endovenosa.
C. la tempistica della somministrazione
1. Al bisogno (PRN),
2. Ad orari fissi,
3. Somministrazione continua endovenosa o perinevrasse:
La terapia del dolore al bisogno non esiste; utile invece è la terapia di soccorso quando il soggetto abbia già una sua terapia del dolore di base su cui si può aggiungere un supplemento in casi particolari.
La formulazione a orari fissi può essere utilizzata solo quando si conosca bene il farmaco e la sua durata d’azione.
La somministrazione continua permette che il farmaco mantenga una concentrazione costante nel sangue; può essere eseguita attraverso diversi mezzi:
ANESTESIA LOCO-REGIONALE
E' una tecnica anestesiologica che interrompe la trasmissione dello stimolo doloroso a livello del sistema nervoso mediante l'uso di anestetici locali, associati o meno con oppioidi.
Oltre alla sensibilità dolorosa viene abolita anche la sensibilità tattile e spesso anche la capacità di movimento dei muscoli dell'area anestetizzata.
Con l'anestesia loco-regionale viene anestetizzata solo una parte specifica del corpo: il dolore proveniente da questa parte del corpo è bloccato e non arriva ai centri nervosi deputati alla perecezione del dolore.
Questo si realizza depositando l'anestetico direttamente vicino ai nervi che portano la sensibilità dolorifica dalla regione sottoposta all'intervento chirurgico.
Vantaggi
• Mantenimento della coscienza.
• Rapida ripresa del paziente dopo l’intervento.
• Minori effetti collaterali rispetto all’ A.G. (alterata funzionalità respiratoria, mal di gola, nausea, vomito, disorientamento).
• L'anestesia loco-regionale è l'anestesia di scelta per i pazienti a rischio, come i cardiopatici o i soggetti con malattie respiratorie, in quanto si evita la somministrazione di elevati dosaggi di anestetici che possono deprimere
la funzionalità cardiovascolare e respiratoria.
Gli interventi che più comunemente vengono eseguiti in anestesia locale sono:
• taglio cesareo o parto indolore
• interventi sulla cute (cisti, nei)
• chirurgia degli arti (mano, braccio, gamba, piede)
• interventi di urologia (asportazione della prostata e tumori vescicali)
• ernia inguinale
• chirurgia anale (emorroidi)
• chirurgia dell'occhio
• alcuni interventi al naso e all'orecchio
Tecniche di anestesia loco-regionale
Anestesia locale o topica
E’ la più semplice e consiste nell'iniezione di un anestetico locale direttamente attorno alla zona da operare creando così una barriera agli stimoli dolorosi che non possono raggiungere più il SNC.
Il blocco dei tronchi nervosi si usa frequentemente per interventi agli arti e prevede l'iniezione dell'anestetico
locale intorno al nervo che porta la sensibilità dolorifica dalla zona sottoposta all'intervento.
Anestesia spinale o subaracnoidea
Viene eseguita iniettando una piccola dose di anestetico entro lo spazio subaracnoideo nel liquido che bagna il midollo spinale ed i suoi nervi.
In questo modo viene bloccato l’ingresso al SNC dell’informazione nocicettiva.
Fino a qualche anno fa il 5% dei pazienti operati con questa tecnica poteva accusare cefalea, detta da puntura spinale. Attualmente con l'impiego di adeguati aghi, particolarmente, l'incidenza di questo effetto collaterale è ridotta quasi a zero.
L'anestesia spinale si instaura in tempi molto rapidi dopo la somministrazione dell'anestetico e dura qualche ore.
Viene impiegata soprattutto per interventi al basso addome e agli arti inferiori.
Anestesia peridurale o epidurale
E’ simile per certi aspetti all'anestesia spinale solo che l'anestetico è iniettato esternamente allo spazio subaracnoideo e cioè nello spazio peridurale.
Un vantaggio maggiore è l'anestesia peridurale continua; l'anestetico è infuso continuamente mediante un piccolo catetere inserito nella sede della puntura.
Questa tecnica, usata ad esempio per il parto indolore, ha il vantaggio che la quantità di anestetico può essere dosata, momento per momento, a seconda delle necessità del paziente e della durata dell'intervento chirurgico.
Dolore oncologico
SCALA OMS - tre gradini
- I: dolore di intensità bassa: paracetamolo
- II: dolore di intensità moderata: oppiacei minori
-III: dolore di intensità grave: oppiacei maggiori
Quando il dolore non è più controllato dal I; si passa diretttamente al III step. Sempre associare a farmaci adiuvanti (per controllo effetti collaterali).
Fonte: http://www.appuntimedicina.it/tp-downloads/DOLOREBoaz.doc
Sito web da visitare: http://www.appuntimedicina.it
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