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Come avevamo detto la volta scorsa l’intenzione è quella di impostare il corso, non su lezioni teoriche, ma sul coinvolgere voi nell’esecuzione della lezione.
Si parte da un argomento che sono le fratture, formazione del callo osseo, possibili complicanze; definiremo i concetti che vi serviranno poi per il corso e per l’esame. Parleremo poi, in modo abbastanza rapido, delle fratture che interessano l’arto superiore (non perché siano meno importanti, ma perché hanno classificazioni specifiche).
Dalla prima parte però si può capire la seconda: la classificazione della frattura dell’omero ricalcherà i principi delle fratture in generale. Vi facciamo vedere una carrellata di casi che riguardano le fratture dell’arto superiore: digitarie, metacarpali, quelle del carpo, quelle del radio, quelle dell’ulna e radio all’avambraccio, dell’omero. Verranno proiettate delle diapositive. Cercheremo di sottolineare quelle che sono le nozioni più importanti da ricordare. Per chi vuole approfondire: avete il libro sul quale poter andare più a fondo.
D: Cos’è una frattura?
R: La frattura è una soluzione di continuo dell’osso.
D: Se dovessi classificare le fratture, come le incominceresti a dividere? Badate bene che bisogna tenere conto dei criteri di classificazione, che saranno legati al meccanismo traumatico, al meccanismo di frattura. Quindi distingueremo tra fratture traumatiche, che sono sicuramente la maggior parte, però non abbiamo solodelle fratture da trauma…e allora, possiamo immaginare che ci possa essere qualcuno che ha dolore inconsueto ad una sede ossea, che non ha avuto un trauma e che in quella sede ci possa comunque essere una frattura?
R: Nei processi osteolitici, nei tumori.
D: Altri processi osteolitici oltre al tumore…
R: Osteoporosi.
D: Bene, nel senso che questi sono i due meccanismi principali. Quindi vi potete aspettare che siano sempre forme tumorali di cui già voi conoscete la predittività, oppure no?
R: No.
D: No, ovviamente: possono esserci forme tumorali benigne, cisti ossee, che non sono passate misconosciute, un meccanismo traumatico limitato, il paziente avrà dolore. Alla radiografia si vede un’area di osteolisi, magari una cisti benigna, che si è rotta per un trauma banale.
Ritorniamo alla distinzione: abbiamo fratture traumatiche, nelle quali c’è una storia di trauma, di contusione, …e fratture spontanee o patologiche.
In un caso avete la storia di incidenti, di una caduta, di una contusione…nell’altro caso non avrete nessuna storia di contusione, perché le fratture di tipo patologico o spontaneo, come dice il termine stesso, possono essere anche causate da un trauma banale. Vi potete quindi aspettare in pronto soccorso la descrizione clinica…cioè il paziente con frattura spontanea o patologica cosa vi viene a raccontare?
R: Stava scendendo le scale e ha avvertito dolore…
D: Ok, ha avvertito dolore quindi non c’è una storia traumatica. Che tipo di età avrà questo paziente, con una frattura spontanea?
R: Sarà un paziente anziano.
D: Anziano e osteoporotico, oppure avremo un paziente che ha una storia di neoplasie in altra sede, per cui a distanza di tempo possiamo avere una problematica di questo tipo.
Dobbiamo quindi fare sempre un’anamnesi accurata, la storia clinica, perché un dolore può essere niente, quindi transitorio, da sottovalutare, piuttosto che invece una frattura spontanea.
Il risultato qual è: non di fare una radiografia a tutti i pazienti, però sicuramente sarà importante indagare quelli che sono i segni certi di frattura.
Quindi importanti sono: ANAMNESI, STORIA CLINICA, ESAME DEL PAZIENTE.
Oltre al meccanismo traumatico, le fratture possono essere classificate, soprattutto considerando quelle traumatiche, in aperte o chiuse e questo conduce a problematiche diverse, perché la frattura aperta è un’urgenza, ossia necessita di un lavaggio accurato, per evitare il problema delle infezioni, una terapia antibiotica, una stabilizzazione precoce; la frattura chiusa invece non mi pone il problema di un’urgenza assoluta, a meno che non succeda qualcosa. Quando una frattura chiusa può diventare un’emergenza?
R: Quando ha creato la lesione di un vaso.
D: La vostra compagna ha detto bene: quando ha creato una lesione di un vaso!
Quindi come faccio a rendermi conto: devo fargli un esame obiettivo anche dei polsi periferici.
Un paziente traumatizzato arriva in pronto soccorso perché ha male, ha una storia di incidente, la prima cosa da fare è vedere se in quella zona, che lui riferisce di dolore, è aperta o chiusa, se c’è una ferita, non c’è una ferita.
Se non ha una ferita cosa mi posso aspettare di vedere clinicamente in sede di frattura?
R: Un’alterazione del profilo…
D:…una tumefazione: questo nella maggior parte dei casi, perché ci sono fratture in alcune sedi, come vedremo poi per lo scafoide, che non danno segno di sé, se non minimo dal punto di vista sintomatologico.
Per cui in generale parliamo di arto superiore, arto inferiore, ha dolore, è tumefatto, è gonfio, valutiamo una deformità del profilo, se è scomposta, perché se è composta non ha nessuna deformità; poi inizio a toccare questa parte dove fa male, ovviamente sempre con cautela, e la prima cosa che cerco di riscontrare è il polso periferico della zona a valle: polso radiale dell’avambraccio, pedidio se è all’arto inferiore, popliteo se parliamo di femore.
L’altra cosa che devo verificare in una lesione chiusa oltre ai polsi e quindi la continuità vascolare, cosa sarà?
Altre strutture importanti…
R: I nervi
D: I nervi esatto! E cosa posso avere?
R: Parestesie.
D: Ecco posso avere sintomi prevalentemente sensitivi, oppure una vera e propria paralisi motoria, se la contusione è molto importante. Vi vengono in mente delle sedi, dove potrei avere questi casi – una cosa che vi raccomando è quella di avere un’idea abbastanza chiara dell’anatomia- pensate agli arti superiori o inferiori quali sono i punti in cui una frattura dà una compressione o una lesione di un nervo?
R: Nervo mediano.
D: Nervo mediano, sì in che caso? Ossia: nervo mediano e tunnel carpale in che tipo di fratture?
R: Del polso.
D: Del polso ma quale? Delle ossa del polso, del carpo? No, o per lo meno difficile, a meno che non ci sia una lussazione. Una frattura dell’epifisi distale del radio scomposta anteriormente, volarmente, mi può dare una compressione del nervo radiale. E’ difficile che ci possa essere una sezione netta del nervo da parte di un frammento osseo, il trauma deve essere molto forte, devono essere fratture esposte. Generalmente c’è una compressione.
Altre sedi dell’arto superiore di nervi che possono essere compressi? Ricordate il decorso dei nervi periferici dell’arto superiore…nessuno ha qualche idea brillante…
R: Ulnare, gomito.
D: Per che tipo di frattura? Pensate al decorso del nervo ulnare: passa nella doccia olecranica mediale. Quindi cosa può schiacciare il nervo? L’omero, il condilo (omerale, mediale), quindi le fratture sovracondiloidee di omero- ricordate questa cosa importante- possono creare una compressione del nervo ulnare e dei vasi e dare una sindrome da compressione, s. di Volkmann- che poi voi sarete bravissimi e andrete a studiare- s. ischemica, quindi vascolare, ma anche con sintomatologia nervosa.
Altri nervi che possono essere compressi nell’arto superiore? Il paziente è arrivato: dovrò valutare tutti i distretti, dunque gli faccio un esame obiettivo e gli dico :- lei sente o non sente?- dovrò pur andare a toccare le parti o vedere come questo muove. Ad es. ha avuto un trauma al braccio, è caduto in moto, ha dolore a tutto il braccio: io devo valutare il polso al volare, al gomito e la radiale e l’ulnare, ci sono i polsi. Poi gli chiedo se sente formicolio.
Ma il paziente ha male a tutto, non sa dirmi esattamente se ha formicolio o no: devo farlo muovere, vedere se ci sono delle parti motorie. Cosa gli faccio muovere, se il trauma è stato all’omero? Che nervo testo? Abbiamo detto che ha avuto un incidente in moto ed è caduto sul braccio…che movimento gli faccio fare? Allora l’avambraccio è a posto…ho sentito una parola che aveva un senso: estensore…di che cosa?
R: Dell’avambraccio.
D: Sì, perché dici questo? Da che cosa è comandata l’estensione del polso?
R: Mediano e ulnare.
D: No, sbagliatissimo! L’estensione del polso da che nervo è comandata?
R: Nervo radiale.
D: Ok, ma perché vi domando questo, perché il nervo radiale è uno dei più facilmente compromessi nelle cadute, quindi ipotesi: frattura di omero, perché passa nella doccia di torsione posteriore all’omero e il radiale a questo livello mi dà dei rami periferici, che se lesi mi danno deficit di estensione del polso- quindi estensore radiale lungo e breve del carpo- di estensione delle dita, man mano che scende- ricordatevi il decorso dei nervi e che cosa innervano- e la sensibilità di che zona ?
R: Del dorso della mano.
D: Bene! Cosa mi aspetto di vedere in un paziente in pronto soccorso, a cui ho fatto già una lastra e ho visto che c’è una frattura scomposta dell’omero? Come dice lei, giustamente, la mano a penzoloni: questo è uno dei segni ,la mano che cade, cadente.
Quindi, ritornando al discorso precedente, se io ho una frattura chiusa questa diventa un’urgenza, ossia è necessario che io la stabilizzi subito, se questa comprime i vasi importanti, che possono darmi ischemia, oppure dei nervi, che ovviamente mi danno una paralisi non posso farlo aspettare 12, 24, 36 ore prima di decomprimere il nervo, che può andare incontro ad un danno irreversibile.
Questo per quanto riguarda il meccanismo delle fratture traumatiche.
Per quanto riguarda le fratture spontanee o patologiche colpiranno prevalentemente dei distretti delle ossa soprattutto, parlando di osteoporosi, la zona di spongiosa dell’osso: avrò un crollo, perché nell’osteoporosi le ossa, che si fratturano, sono sì le ossa lunghe, ad es., il femore, ma a livello della testa del femore, del collo del femore, per una caduta magari banale, che mi dà un meccanismo traumatico, in più c’è la frattura di osteoporosi.
Altro esempio di sede tipica di fratture dell’osteoporosi sono le vertebre, dovute al fatto che ho dell’osso spongioso, dove il carico mi crea un crollo dell’osso trabecolare. Il dolore è modesto, è presente ma è sordo, continuo, non avrò una grande tumefazione.
La diagnosi di certezza di frattura viene data dalla radiografia. Posso comunque valutare: se il profilo è alterato, se il paziente ha dolore, se la parte è tumefatta, gonfia. Molto importante è l’individuazione di movimenti preternaturali.
Le fratture spontanee sono, per riassumere, causate da:
Le fratture traumatiche posso essere classificate in base a:
sono le più importanti.
Dovrò poi valutare le condizioni generali del paziente e soprattutto se:
Vediamo ora quali possono essere le complicanze delle fratture: possono essere generali o locali.
le sindromi compartimentali: ricordatevi, per le fratture sovracondiloidee di omero, la sindrome di Volkmann; per le fratture dell’epifisi distale di radio, una sindrome del tunnel carpale oppure, diciamo, possiamo avere delle complicanze come l’algodistrofia o M. di Sudek, in cui si instaura un meccanismo di tipo reattivo neurovegetativo di dolore, di non reattività della parte.
Per una frattura di bacino il paziente può perdere fino a 4l di sangue; per una frattura del femore fino a 6l; per una frattura di omero i valori sono un po’ più bassi, 1l. Ovviamente questi valori sono indicativi, dipendono dal soggetto, da tutta una serie di questioni, però sono abbastanza indicative di cosa mi posso aspettare in un traumatizzato.
TRATTAMENTO DELLE FRATTURE (discorso generale)
Il trattamento potrà essere:
FORMAZIONE DEL CALLO DI FRATTURA
D: Chi ha un’idea di come avviene la riparazione di una frattura? Si forma subito osso? Cosa succede?
R: Avremo un ematoma.
D: Un ematoma come evolve? Diventa osso? Diventa cartilagine? Cosa diventa?
R: Diventa osso, ma non osso compatto.
D: E da dove nasce questo osso non compatto?
R: Dalla deposizione di calcio.
D: Sì, però io ho rotto un osso e si è creato un ematoma, in cui c’è sangue, cosa succede? Si organizza, quindi cosa si forma?
R: Un coagulo.
D: Un coagulo, quindi fibrina, tessuto fibroso che cerca di tenere insieme e ridotti i frammenti, forma un ponte, un manicotto; le cellule, i fibroblasti , si differenziano- tra cui alcune cellule istiocitarie- in osteoblasti.
Gli osteoblasti, a loro volta, determinano la formazione di un osso osteoide, osso primitivo, con deposizione di sali di calcio. Secondo voi dopo quanti giorni si inizia a formare questo osso?
R: 7 giorni.
D: No troppo presto! Dopo circa 1 mese, 20-30 giorni. Allora: nei primi 5 giorni si forma l’ematoma, in 15 giorni si forma il tessuto fibroso, dai 20-35-40 giorni si forma tessuto osseo primitivo, che non è organizzato.
Ricordatevi com’è organizzato l’osso con i canali di Havers, con gli osteomi…ok! Diventa osso organizzato a distanza di qualche mese.
Perché secondo voi è importante sapere il meccanismo di riparazione dell’osso.
R: Per controllare l’evoluzione.
D: E per fare che cosa, per esempio? Per decidere se muoverlo o non muoverlo!
Il paziente vi chiederà infatti:- ma io per quanto lo tengo il gesso-? Cosa gli rispondete?
R: 1 mese.
D: 1mese, gli dite. No! La risposta è: dipende dal distretto, dall’età del paziente, dipende da quanto io sono stato bravo a ridurre i monconi di frattura, ad avvicinarli, perché più vicini sono, meno diastasi ho, più precoce sarà la formazione del callo, che è di 2 tipi:
Spesso vi sarà capitato di vedere delle radiografie di una frattura di un osso lungo di un conoscente, trattata con il gesso, in cui vedete una deformità dell’osso che si è formato.
Quindi il discorso conclusivo che cos’è: il paziente ingessato deve essere monitorato per i primi 15-20 giorni perché io devo essere sicuro/a che il mio gesso abbia una tenuta, che si sia formato un manicotto fibroso, che mi tiene vicini i monconi e che, anche quando si è sgonfiato l’arto traumatizzato, il mio gesso abbia tenuta.
Il risultato cos’è: io metto un gesso all’avambraccio, è ridotto, mi sembra “bello” l’avambraccio, non gli dico:- vada ci vediamo tra 40 giorni…- il tempo in cui si sarà formato il callo primitivo, ma dovrò rivederlo sotto gesso per vedere se, quando l’arto si è sgonfiato, il gesso ha ancora una sua tenuta e non c’è stata la scomposizione dei monconi, perché ovviamente finché non si è formato il callo fibroso, che mi tiene, sono a rischio. Poi, una volta che si è formato il moncone, lo farò tornare a distanza di tempo, perché mi aspetto di vedere la formazione di un callo osseo.
Tante volte si decide di rimuovere il gesso anche quando la rima non è completamente chiusa, perciò avrò già dei segni di callo periostale. Come vi ho detto il callo periostale è più rapido di quello endostale.
Quando tolgo il gesso al paziente, questo mi chiede:- ma io posso andare ancora a giocare a calcio, a pallavolo…?- bisogna dirgli che, per i primi 2-3 mesi, deve avere una certa cautela, perché la formazione del callo definitivo avverrà in tempi un pochino più lunghi.
I 2 meccanismi endostale/periostale sono combinati nelle ossa lunghe dove ho periostio; dove non ho periostio, la zona delle ossa spongiose, il meccanismo di formazione del callo, ad esempio per una vertebra, non avrò la formazione del callo periostale, ma avrò solo un meccanismo endostale.
Faccio una carrellata di fratture.
Frattura delle falangi: è raro che possano essere trattate in modo conservativo, perché qui si inseriscono le arterie di strutture che tirano e che quindi tendono a scompormi la frattura.
D: Secondo te che cosa sono i meccanismi di scomposizione di una frattura?
R: Le strutture anatomiche, i legamenti, che si inseriscono e creano una trazione.
D: In questo caso, nella frattura prossimale alla falange avrò i tendini estensori, i legamenti tendono ad aprirmi la frattura quindi dovrò mettere una vite- sono solo esempi è inutile entrare nella parte chirurgica fine- .
In questo caso il tipo di callo che si formerà…guardate la sede e datemi la risposta corretta. Che tipo di callo prevalente sarà? Alla base della falange prossimale cos’ho: osso spongioso, periostico…?
R: Spongioso con callo endostale.
D: Quindi è necessario fare una sintesi stabile perché lì non si forma facilmente il manicotto periostale, che mi tiene i due frammenti. È necessario che sia ben compattato e ben ridotto perché si formino il suo callo.
Frattura articolare: si inseriscono da una parte i legamenti, dall’altra è interrotta e quindi si scompone. Uno degli scopi della parte chirurgica non è solo quella che si formi un callo, ma soprattutto, se le fratture interessano gli impianti articolari , che le superfici articolari siano ricostituite, perché altrimenti perdo anche il movimento dell’articolazione.
A cosa va incontro un paziente mal trattato con una superficie articolare? Perché è importante ricostituire una superficie articolare in modo corretto?
R: Per l’artrosi.
D: Giusto! Se io ho due superfici articolari con un gradino, oltre al fatto che fa male, ci sarà un’usura diversa dei due gradini, perché una è in contatto con la superficie e l’altra no. Inoltre il paziente ha male, non muove, è rigido.
Frattura pluriframmentaria: metteremo dei fili di Kierschner. L’ideale è fare una sintesi stabile, mettere delle viti, che ti permettono di muovere velocemente, perché lo scopo è di far muovere le superfici articolari a monte e a valle della frattura, il più precocemente possibile. Devo anche garantirmi di avere un focolaio stabile, altrimenti non si forma il callo.
Le sintesi stabili sono il poter avvitare, il poter mettere delle placche, il poter tenere tutto fermo per far muovere velocemente.
Ci sono dei casi in cui le fratture sono talmente brutte, talmente pluriframmentate, che io non posso fare questa scelta, che sarebbe ideale, ma sono obbligata a fare delle sintesi che vengono chiamate sintesi di minima, per cercare di mantenere tutta questa parte fratturata in asse, ossia che non abbia delle rotazioni, metterò solo dei fili di Kirschner, metallici, e sarò obbligato a tenerlo fermo per più tempo. Questo significa che il paziente potrà andare incontro a rigidità.
Fratture trasversali a livello metacarpale; sono in teoria abbastanza stabili, però purtroppo si creano delle rotazioni, e vengono poi trattate chirurgicamente con delle placche, delle miniplacche, con delle viti.
Sono determinate da schiacciamento, da cadute- con motorini, moto…- siamo obbligati a fare delle sintesi di minima: cerco di mantenere l’asse e la loro fissazione, oppure con dei fissatori esterni, che hanno la stessa funzione, e lì il focolaio non è tenuto, ma si lascerà che si formi un callo periostale di tenuta. Ci vorranno almeno 15-20 giorni per tornare a farlo muovere.
Fratture di radio: sono classificate dall’organizzazione AO, che è quella maggiormente seguita, che è l’organizzazione dell’osteosintesi. Le fratture di radio per semplificare potranno essere distinte in:
Vedere figure allegate (gruppi A, B, C) |
Esempio: frattura molto semplice che interessa la stiloide del radio e soprattutto la stiloide dell’ulna.
Apriamo un piccolo capitoletto: molto importante è stabilizzare le frazioni dell’ulna perché lì si inserisce la fibrocartilagine triangolare.
Questa frattura che è composta nel radio e in teoria potrei mettergli un gesso e dirgli:- vada!-, perché non c’è gradino. In realtà, avendo scomposta la stiloide ulnare, devo stabilizzarla, altrimenti avrò continui problemi a livello dell’ulnare.
Questa vedete era la superficie laterale, non c’era una grande scomposizione, però alla fine è stata stabilizzata con un cerchiaggio. La stiloide, vedete, è un punto in cui si inseriscono dei legamenti e la fibrocartilagine triangolare che, viene a scompormi il radio e non si riesce a comporlo con delle manovre ma dovete stabilizzarla.
Vedete questa è l’immagine della fibrocartilagine triangolare che, se lesionata, dà un dolore molto forte e non riuscite a fare più niente.
Tante volte noi vediamo fratture della stiloide, scomposte, trattate in modo conservativo, perché viene data una minore importanza, ma che poi daranno danni importanti. Questi pazienti vanno operati, ma non è più possibile ridurre, quindi bisogna fare delle manovre aggiuntive: insomma sono sempre dei disastri!
Il trattamento corretto di una frattura è una cosa molto importante, perché se date indicazioni sbagliate, quello che succede al paziente dopo, gli cambia la vita. Ci sono dei pazienti con fratture mal trattate, che si sono trovati a non poter fare più il lavoro che facevano prima.
Immagine di frattura pluriframmentaria dell’epifisi distale del radio, scomposta, articolare; questa è l’immagine radiografica laterale: c’è stato un tentativo di mettergli il gesso, che in questo caso sembrerebbe accettabile, in realtà l’inclinazione del radio è eccessiva, rispetto a quella che è la struttura anatomica e questo paziente rischia di non tirare più su il polso, ossia lo flette ma non lo estende.
Dovrò operarlo: placca con delle viti, con innesto.
Vedere figure allegate di fratture dello scafoide |
Il problema di questo osso è che non consolida mai autonomamente, se non in un caso unico che è quello del tubercolo (tipo di frattura A1), oppure le fratture parziali di scafoide (tipo di tipo A2), che possono essere trattate con l’ingessatura.
Se cominciamo ad andare nel gruppo B (secondo la classificazione di Herbert dell’AO), fratture trasversali, anche se sono composte, c’è l’indicazione chirurgica, perché sono instabili. In più c’è una vascolarizzazione anomala.
Da che cosa è data l’instabilità di questa frattura? Pensate a cosa si inserisce, alla forma, pensate all’ossatura.
Che tendine può andare vicino?
R: Flessore del carpo.
D: Quanti sono i flessori del carpo?
R: Sono 2: flessore ulnare e radiale. In particolare quest’ultimo si inserisce sul tubercolo dello scafoide
D: Quindi è lì che avviene una certa trazione, fattori instabili, perché c’è la parte tendinea; in più hanno una vascolarizzazione che crea dei problemi per la formazione del callo di frattura e quindi del callo endostale: qua di periostio ce n’è poco.
È vascolarizzato da due rami diversi: uno volare, uno dorsale, che è il più importante, quindi gli accessi chirurgici devono essere sempre anteriori.
Va quasi sempre operata, secondo la scuola australiana, di Herbert, che ha fatto una vite (ed è diventato ricchissimo…ha avuto un’idea geniale…praticamente lavorava fino a qualche anno fa…ora va in giro in barca…) con un doppio passo, con due filettature prossimale e dorsale, per compattare questi due frammenti.
È quindi importante stabilizzare la frattura con una vite: non sempre è possibile mettere la vite di Herbert nelle fratture di scafoide, perché ci sono dei casi di fratture pluriframmentarie, in cui non ho solo due frammenti, una scomposizione un po’ particolare in cui sono costretto a mettere dei fili metallici. Si forma lo stesso il callo, ma lo terrò immobilizzato per più tempo.
Spesso oltre alla frattura dello scafoide ho un tale impatto che ho anche una lussazione.
Le fratture delle ossa lunghe dell’arto superiore cercherò di stabilizzarle o con un gesso, se i monconi non sono troppo dislocati, se non si inseriscono muscoli, se c’è dislocazione uso placche.
Esempio frattura di un gomito: qui la frattura è importante perché se ho una frattura dell’epifisi prossimale del radio: che cosa si inserisce qui, che mi può dare una scomposizione?
- studiate bene l’anatomia: se vi vengono chieste le lombalgie, dovete sapere dove nasce il nervo sciatico, che decorso ha…se parliamo di sindromi compressive, dovete sapere i nervi che passaggi fanno…vi serve in generale, vi capiterà sicuramente che qualcuno, che non ha capito che adesso la scienza totale non esiste, vi chiederà consiglio. Anche se voi non c’entrate niente, non potete fare una figura! Almeno saperlo indirizzare, avere un’idea vaga -.
Nell’epifisi prossimale del radio, anteriormente, s’inserisce il tendine del bicipite. Per cui v’immaginerete una scomposizione del frammento che è dislocato anteriormente, perché è il bicipite che lo tira, per cui dovrò tirarlo giù.
È inutile in questo caso accanirsi per fare delle manovre di riduzione, perché il muscolo è talmente forte che tira il frammento.
Esempio: il vostro compagno si fa male in montagna, lo accompagnate al primo pronto soccorso, in cui c’è il radiologo, che gli fa la lastra e poi dovete decidere se tornare a casa e fare il gesso- è chiaro che, se sapete che la frattura è scomposta, dovete portarlo in un posto dove possono operarlo. Finita la vacanza! Viceversa, necessita solo di gesso e state in montagna lo stesso. Vi cambia la qualità della vita!!!
In questo caso sono state stabilizzate con delle viti, questa è la sintesi dell’olecrano; anche l’olecrano- parte posteriore dell’ulna- viene tirato indietro, viene dislocato da un tendine che è il tricipite: bisognerà stabilizzarlo, fare dei cerchiaggi funzionali.
Questa è una frattura dell’omero: placca e viti…Ok!
Ecco vedete come si presenta una frattura della diafisi dell’omero, che mi dà la compressione del radiale, che tante volte me lo lesiona.
Tu sei in pronto soccorso…telefoni al tuo collega…gli dici:- ti mando una frattura…- come…?
Stiloide di che zona? Devi dirgli sopra, sotto…
Quindi è una frattura stiloide del terzo medio di omero. La scomposizione com’è?
R: Laterale.
D: Giusto: ad latum, in cui tu hai già valutato cosa? Il collega ti dice mi devo preoccupare, mi agito, chiamo la sala operatoria, chiamo quello più anziano, perché non so come fare o…da cosa dipende? Dall’esame obiettivo: i polsi ci sono, il nervo funziona, non c’è il deficit del radiale, qui ci sarà una perdita di sangue, di circa 1l, quindi se già il paziente è anemico, magrino, pallidino, dirò di fare un controllo dell’emocromo. Non posso lasciarlo così per tanto tempo, perché questo ha una frattura scomposta.
In questi casi devo trazionarla, ossia devo ridurla e metterla in trazione, se non posso operarlo subito: quindi ci sono trazioni transolecraniche e il braccio viene allineato con dei pesi.
Questo perché se metto il paziente nel letto, questo si muove e compare il deficit del nervo radiale, che prima era a posto. Nell’ospedale ideale, anche se ci sono i polsi, andrebbe operato subito.
Per lo studio: avere un’idea più o meno di quali possono essere i meccanismi di riparazione, rigurdarsi il tessuto osseo com’è, i canali di Havers, per avere un’idea di com’è il callo di frattura; sapere come può essere trattata una frattura e un’idea di quali sono le fratture principali dell’arto superiore (soprattutto dell’epifisi distale di radio, che è la più comune, le sovracondiloidee di omero, che mi può dare la sindrome di Volkmann, s. ischemica, perché mi schiaccia l’arteria brachiale e mi dà anche una compressione del nervo ulnare).
Fonte: http://matt7692.altervista.org/Archivio%20Sbobinature%2002-04/sbobinatureX/ortopedia/03.Ortopedia-27.03.03.doc
Sito web da visitare: http://matt7692.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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