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La genetica mendeliana studia l’ereditarietà dei caratteri a VARIAZIONE DISCONTINUA, cioè quei caratteri per i quali è possibile individuare due fenotipi alternativi (liscio o rugoso, giallo o verde, etc.) la cui manifestazione è dovuta essenzialmente alla presenza di una determinata forma allelica in un certo locus genico.
Molti caratteri sono definiti a VARIAZIONE CONTINUA e sono caratterizzati da una serie di fenotipi compresi tra due estremi: il minimo e il massimo (altezza, peso corporeo, attività enzimatica, fitness, etc.). Essi non seguono esclusivamente le semplici leggi di Mendel e il loro fenotipo non è attribuibile esclusivamente a componenti genetiche. Questi caratteri sono determinati da più geni e la loro espressione fenotipica è dovuta all’interazione tra genotipo e ambiente (caratteri multifattoriali).
Lo studio dei caratteri a variazione continua è complesso, in quanto le variabili da prendere in considerazione sono numerose e spesso difficilmente misurabili. Tuttavia, operando alcune semplificazioni, è possibile descriverne la modalità di ereditarietà riconducibile ad uno schema mendeliano.
Prima di entrare nel problema dal punto di vista genetico, è opportuno chiarire quali sono i parametri utilizzabili per descrivere i caratteri a variazione continua.
Innanzitutto è necessario scegliere un “campione rappresentativo” di una popolazione e condurre le misurazioni del carattere in analisi. Questi dati possono essere rappresentati graficamente come distribuzione delle frequenze in un sistema di assi cartesiani. L’asse delle ascisse (x) riporta le misurazioni condotte, quello delle ordinate (y) riporta la frequenza di ciascun valore osservato nella popolazione in esame. Per i caratteri a variazione continua il grafico della distribuzione delle frequenze si avvicina ad una curva a campana (detta distribuzione normale).
I parametri essenziali per descrivere una distribuzione delle frequenze sono MEDIA, VARIANZA e DEVIAZIONE STANDARD.
La MEDIA indica il centro della distribuzione delle frequenze e si calcola sommando i valori di tutte le misurazioni e dividendoli per il numero di misurazioni condotte: `X=SXi/n;
La VARIANZA misura il grado di dispersione dei valori intorno alla media e si calcola sommando i quadrati delle differenze tra ciascuna osservazione e il valore medio e dividendo per il numero di osservazioni condotte meno 1: s2=S(Xi -`X)2/(n – 1).
A volte è più semplice utilizzare la DEVIAZIONE STANDARD in luogo della varianza. Essa è semplicemente la radice quadrata della varianza: s=Ös2.
Torniamo allo studio genetico dei caratteri multifattoriali.
Uno tra i primi studiosi a dimostrare che la variazione fenotipica ha due componenti, quella genetica e quella ambientale, fu Wilhelm Johannsen, con i suoi studi condotti sul fagiolo Phaseolus vulgaris e pubblicati tra il 1903 e il 1909. Egli notò che la variazione del peso dei fagioli era notevole ed oscillava tra 150 e 750 mg. Selezionò fagioli con peso minimo e peso massimo e cercò di ottenere linee pure, inincrociando per numerose generazioni le piante appartenenti a ciascuna linea. Dopo molte generazioni di inincrocio, le piante appartenenti a ciascuna linea dovevano essere omozigoti per la maggior parte dei geni, eppure il fenotipo continuava a variare. Tale variabilità, dedusse Johannsen, doveva essere attribuita a fattori ambientali non eludibili.
Negli stessi anni (1909), un altro studioso, Herman Nilsson-Ehle, dimostrò come la componente genetica della variazione dei caratteri continui fosse dovuta all’azione di numerosi geni le cui modalità di ereditarietà possono essere ricondotte ad uno schema mendeliano. Egli studiava la variazione del colore dei chicchi di grano (variabile dal bianco al rosso scuro).
Incrociando una linea pura bianca con una linea pura rosso scuro ottenne una F1 di colore intermedio. L’autofecondazione di questa F1 produsse una F2 nella quale era possibile identificare sette classi fenotipiche variabili dal bianco al rosso scuro, in queste frequenze:
1/64 bianco
6/64 rosa chiaro
15/64 rosa
20/64 arancio
15/64 arancio scuro
6/64 rosso
1/64 rosso scuro
I rapporti espressi in sessantaquattresimi fecero subito pensare ad una modificazione delle frequenze delle classi fenotipiche che si ottengono dall’autofecondazione di un triibrido con i tre geni indipendenti (27:9:9:9:3:3:3:1). Come è possibile spiegare la distribuzione ottenuta 1:6:15:20:15:6:1 (che graficamente ha lo stesso andamento di una curva a campana)? L’ipotesi di Nilsson-Ehle fu che nel carattere complesso “colore del chicco di grano” fossero coinvolti tre geni indipendenti, ciascuno con due forme alleliche alternative, una dominante e l’altra recessiva, e che ciascun allele dominante contribuisse in uguale misura al fenotipo “colore del chicco”.
Questa ipotesi prese il nome di effetto genetico additivo.
In questo modo, era possibile spiegare ciascuna delle sette classi ottenute.
Schematizziamo gli incroci dell’esperimento:
Parentali AA BB DD (rosso scuro) x aa bb dd (bianco)
F1 Aa Bb Dd (arancio) x Aa Bb Dd (arancio)
F2 1/64 bianco nessun allele dominante aa bb dd
6/64 rosa chiaro 1 allele dominante, 5 recessivi
15/64 rosa 2 alleli dominanti, 4 recessivi
20/64 arancio 3 alleli dominanti, 3 recessivi
15/64 arancio scuro 4 alleli dominanti, 2 recessivi
6/64 rosso 5 alleli dominanti, 1 recessivo
1/64 rosso scuro 6 alleli dominanti AA BB DD
Le due classi “estreme” hanno il genotipo omozigote per i tre loci, una tutto recessivo, l’altra tutto dominante, quindi la loro frequenza è 1/64 (1/4 x 1/4 x 1/4);
la classe con fenotipo rosa chiaro ha 1 allele dominante e 5 recessivi, quindi i genotipi possibili sono:
aa bb Dd (1/4 x 1/4 x 2/4 = 2/64)
aa Bb dd (1/4 x 2/4 x 1/4 = 2/64)
Aa bb dd (2/4 x 1/4 x 1/4 = 2/64)
e la frequenza è 2/64 + 2/64 + 2/64 = 6/64;
la classe con fenotipo rosa ha 2 alleli dominanti e 4 recessivi, quindi i genotipi possibili sono:
Aa Bb dd (2/4 x 2/4 x 1/4 = 4/64)
Aa bb Dd (2/4 x 2/4 x 1/4 = 4/64)
aa Bb Dd (2/4 x 2/4 x 1/4 = 4/64)
e la frequenza è 1/64 + 1/64 + 1/64 + 4/64 + 4/64 + 4/64 = 15/64;
applicando la stessa logica, è possibile calcolare le frequenze di tutte le altre classi.
ESERCIZIO:
La lunghezza della corolla della pianta di tabacco Nicotiana longiflora è un carattere a variazione continua che può oscillare da un minimo di 40 mm a un massimo di 100 mm. Incrociando due linee pure, una di 40 mm e una di 100 mm, si ottiene una F1 di 70 mm (supponendo che l’effetto dell’ambiente sul fenotipo sia trascurabile). La F2 ottenuta dall’autofecondazione delle piante della F1 è costituita da 2000 piante, tra le quali 2 hanno la corolla lunga 40 mm. Quanti geni sono coinvolti nella determinazione della lunghezza della corolla in questa pianta? Qual è il contributo di ciascun allele al fenotipo? Quali sono i genotipi possibili di una pianta con la corolla di 52 mm?
RISPOSTA:
Nella F2 sono presenti 2 piante su 2000 con fenotipo “estremo” di 40 mm.
2/2000 è assimilabile a 2/2048, il cui denominatore è il doppio di una potenza di 2, cioè il doppio di 1024, 210. Dividendo numeratore e denominatore per 2, si deduce che la frequenza delle piante con corolla di 40 mm è circa 1/1024. Che cosa significa?
Se i geni coinvolti nella determinazione di questo carattere fossero 2, secondo l’ipotesi additiva sarebbero 4 gli alleli dominanti a contribuire in uguale misura al fenotipo e la frequenza della classe estrema con fenotipo 40 mm e genotipo aa bb sarebbe 1/16. Se i geni coinvolti fossero 3, quindi gli alleli 6, la frequenza di questa classe sarebbe 1/64 (aa bb dd). Se i geni fossero 4 (8 alleli), la frequenza sarebbe 1/256 (aa bb dd ee). Se fossero 5, gli alleli sarebbero 10 e la frequenza attesa sarebbe proprio 1/1024 (aa bb dd ee ff). Possiamo concludere, quindi, che i geni coinvolti nella determinazione della lunghezza della corolla in Nicotiana longiflora sono 5, con 10 alleli che, nella forma dominante, contribuiscono in uguale misura al fenotipo.
Rispondiamo ora alla seconda domanda. La variazione possibile del fenotipo in esame è di 60 mm (100 mm, il massimo possibile, - 40 mm, il minimo possibile). Questi 60 mm devono essere ripartiti in uguale misura tra 10 alleli, quindi: 60/10 = 6 mm. Ciascun allele dominante contribuisce di 6 mm alla lunghezza della corolla.
La terza domanda chiede i genotipi possibili di una pianta la cui corolla misuri 52 mm. Rispetto al fenotipo minimo di 40 mm, questa pianta è più lunga di 12 mm e, poiché abbiamo stabilito che il contributo di ciascun allele dominante è di 6 mm, i genotipi in questione dovranno presentare due alleli dominanti (6 x 2 = 12) e 8 recessivi. Quindi:
AA bb dd ee ff; aa BB dd ee ff; aa bb DD ee ff; aa bb dd EE ff; aa bb dd ee FF (tutti omozigoti dominanti per un locus e recessivi per gli altri quattro);
Aa Bb dd ee ff; Aa bb Dd ee ff; Aa bb dd Ee ff; Aa bb dd ee Ff; aa Bb Dd ee ff; aa Bb dd Ee ff; aa Bb dd ee Ff; aa bb Dd Ee ff; aa bb Dd ee Ff; aa bb dd Ee Ff (tutti eterozigoti per due loci e omozigoti recessivi per gli altri tre).
Abbiamo visto come sia possibile trattare i caratteri a variazione continua come semplici caratteri mendeliani, facendo le opportune semplificazioni. Una delle semplificazioni principali è che l’effetto dell’ambiente sul fenotipo sia considerato trascurabile. Purtroppo, non sempre questa semplificazione è possibile, quindi è opportuno trattare brevemente l’analisi dei caratteri multifattoriali prendendo in considerazione tutte le variabili possibili.
In precedenza, abbiamo detto che uno dei parametri statistici utilizzabili per descrivere i caratteri a variazione continua è la varianza. In particolare, sulla base dell’ipotesi multifattoriale, è possibile affermare che la varianza totale di un carattere a variazione continua sia la somma di due componenti: la varianza genetica e la varianza ambientale:
Vt (varianza totale) = Vg (varianza genetica) + Va (varianza ambientale)
La varianza genetica (Vg), a sua volta, può essere scomposta in tre componenti: la varianza genetica additiva (Vga), che ne rappresenta spesso la maggior parte e che abbiamo appena descritto, la varianza di dominanza (Vd), riferita ai casi in cui le interazioni geniche sono riconducibili alla codominanza, e la varianza epistatica (Vi), dovuta alle interazioni epistatiche tra i loci. Poiché queste ultime due componenti della varianza genetica sono molto difficili da analizzare, spesso si eliminano dall’analisi, quando si conducono studi non approfonditi.
A questo punto, possiamo descrivere un esperimento ideale, molto semplice, per calcolare la varianza totale di un carattere a variazione continua e scomporla nelle componenti “varianza genetica” e “varianza ambientale”. Il carattere in questione è la lunghezza dello stelo di una pianta a fiore e la popolazione campione è costituita da quattro piante. Ricordiamo che la formula della varianza è s2=S(Xi -`X)2/(n – 1).
Sono selezionati quattro individui omozigoti, con genotipo uguale a due a due, uno denominato Arabico, l’altro Baltico, e due ambienti differenti, uno con terreno acido e l’altro basico, nei quali vengono condotte le misurazioni:
1 Arabico acido 16
2 Arabico basico 14
3 Baltico acido 12
4 Baltico basico 10
La media dei valori misurati è (16 + 14 + 12 + 10)/4 = 13
La varianza è [(16 – 13)2 + (14 – 13)2 + (12 – 13)2 + (10 – 13)2]/3 = 6,6 = Vt = Vg + Va
Le misurazioni sono condotte in un unico ambiente, azzerando in questo modo la componente di varianza ambientale.
1 Arabico acido 16
2 Arabico acido 16
3 Baltico acido 12
4 Baltico acido 12
La media dei valori misurati è (16 + 16 + 12 + 12)/4 = 14
La varianza è [(16 – 14)2 + (16 – 14)2 + (12 – 14)2 + (12 – 14)2]/3 = 5,3
Poiché Va = 0, Vt = Vg = 5,3
Le misurazioni sono condotte nei due ambienti differenti, utilizzando individui di un unico genotipo, azzerando in questo modo la componente di varianza genetica.
1 Arabico acido 16
2 Arabico acido 16
3 Arabico basico 14
4 Arabico basico 14
La media dei valori misurati è (16 + 16 + 14 + 14)/4 = 15
La varianza è [(16 – 15)2 + (16 – 15)2 + (14 – 15)2 + (14 – 15)2]/3 = 1,3
Poiché Vg = 0, Vt = Va = 1,3
Vt = Vg + Va = 5,3 + 1,3 = 6,6
Il modo più semplice per studiare l’effetto di un carattere quantitativo è quello di stimarne la frazione della variabilità associata al genotipo, definita EREDITABILITA’.
L’EREDITABILITA’ è la proporzione di varianza fenotipica attribuibile alle differenze genetiche. Essa può essere EREDITABILITA’ IN SENSO LATO (H2) oppure EREDITABILITA’ IN SENSO STRETTO (h2).
EREDITABILITA’ IN SENSO LATO (H2) è la frazione della varianza fenotipica totale dovuta alle differenze genetiche tra gli individui della popolazione in esame ed è descritta dalla formula:
H2 = Vg/Vt
EREDITABILITA’ IN SENSO STRETTO (h2) è la proporzione di varianza fenotipica totale dovuta alla varianza genetica additiva ed è descritta dalla formula:
h2 = Vga/Vt
Abbiamo ritenuto necessario parlare dell’ereditabilità dei caratteri a variazione continua in quanto è un parametro indispensabile per fare previsioni riguardanti i programmi di incroci selettivi in una popolazione. In altre parole, essa è necessaria per condurre programmi di SELEZIONE ARTIFICIALE.
La maggior parte dei caratteri di interesse per l’agronomia e la zootecnia presenta fenotipi a variazione continua (ad esempio la produttività di latte nei bovini, il rapporto massa grassa/massa magra, la produzione di uova, l’abbondanza del raccolto, la resistenza al caldo, al freddo, alla siccità etc.). La selezione artificiale è una pratica che l’uomo effettua da quando ha imparato ad allevare gli animali e a coltivare le piante, allo scopo di ottenere bestiame e piante sempre più adatti a soddisfare le proprie esigenze. Per millenni la selezione artificiale è stata condotta in modo empirico, ma da quando sono noti i principi genetici basilari della trasmissione dei caratteri a variazione continua, essa viene condotta in modo scientifico, programmando gli incroci e avanzando previsioni sui risultati.
Illustriamo un esempio di selezione artificiale, in modo da rendere più semplice la comprensione di alcuni concetti.
Il peso medio delle spigole di allevamento alla vendita è di circa 200 gr, raggiunto in circa 20 mesi. L’accrescimento medio, quindi è di 10 gr/mese.
Supponiamo di voler selezionare artificialmente le spigole in modo da migliorarne il tasso di accrescimento e ridurre il tempo necessario a raggiungere i 200 gr di peso corporeo.
E’ necessario introdurre alcuni parametri necessari per operare questo tipo di selezione artificiale: la RISPOSTA ALLA SELEZIONE e la SELEZIONE DIFFERENZIALE.
Partiamo da una semplice equazione:
Mp = m + h2 (Mgs - m)
in cui
Mp = media della progenie
m = media della popolazione
h2 = ereditabilità in senso stretto
Mgs = media dei genitori selezionati
quindi
Mp - m = h2 (Mgs - m)
La RISPOSTA ALLA SELEZIONE è la differenza tra la media della progenie e la media della popolazione sulla quale si sta facendo selezione (Rs = Mp - m). La risposta alla selezione misura il cambiamento della media di un carattere in una generazione.
La SELEZIONE DIFFERENZIALE è la differenza tra la media dei genitori selezionati e la media della popolazione dalla quale sono stati selezionati (Sd = Mgs - m).
Rs = h2 Sd
Torniamo al nostro esempio delle spigole. Vengono incrociate sempre spigole di peso medio 250 gr. Supponendo una h2 = 0,3, precedentemente calcolata, si otterrà:
I generazione: Rs = 0,3 (250-200) = 17 gr circa
Peso medio della progenie = 217 gr
Miglioramento = 0,85 gr/mese
Raggiungimento dei 200 gr medi in circa 18 mesi
II generazione: Rs = 0,3 (250 – 217) = 11 gr circa
Peso medio della progenie = 228 gr
Miglioramento = 1,4 gr/mese
Raggiungimento dei 200 gr medi in circa 17,5 mesi
III generazione: Rs = 0,3 (250 – 228) = 7 gr circa
Peso medio della progenie = 235 gr
Miglioramento = 1,7 gr/mese
Raggiungimento dei 200 gr medi in circa 17 mesi
…e così via
Nota che la risposta alla selezione diminuisce di generazione in generazione. Questo parametro varia a seconda del carattere preso in esame e indica che esiste un limite fisiologico oltre il quale non è possibile operare la selezione artificiale.
Oltre ai tipi di caratteri ad ereditarietà complessa appena descritti, esistono particolari fenotipi definiti ad effetto soglia: sono quei caratteri che hanno poche classi fenotipiche (due o tre), la cui ereditarietà è determinata dagli effetti delle interazioni tra loci multipli ed ambiente. Per un carattere ad effetto soglia, ciascun organismo presenta una “predisposizione”, non sempre osservabile in modo diretto, ad esprimere il carattere. Tali fenotipi possono essere descritti come caratteri a variazione continua, con valori individuali di suscettibilità o rischio di manifestazione. Una suscettibilità superiore al valore soglia determina la manifestazione del carattere, una suscettibilità inferiore non ne implica necessariamente la manifestazione.
Fonte: https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=330043
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