I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
Rene
Le infezioni urinarie: ciò che è bene sapere
Sono infezioni provocate da germi che si sviluppano nelle vie urinarie. Di solito, i microorganismi penetrano attraverso l'uretra in vescica e risalgono fino ai reni ma, a volte, possono raggiungere i reni direttamente dal circolo sanguigno. I germi possono anche restare nel rene, nella vescica o nella prostata, e talora moltiplicarsi e causare un'infezione attiva, senza che altri germi giungano dall'esterno.
Quali sono i sintomi di un'infezione urinaria?
I sintomi variano grandemente da caso a caso, nell'ambito dello stesso individuo e in base alla sede dell'infezione. Le infezioni delle basse vie urinarie si presentano normalmente con pollachiuria (necessità di urinare frequentemente, anche se la quantità di urina eliminata è scarsa), disuria (difficoltà alla minzione) e stranguria (bruciore al passaggio dell'urina). Nella metà dei casi i sintomi sono associati a un numero rilevante, superiore a 100.000 per millilitro (ml), di batteri nelle urine (batteriuria). Infatti, l'urinocoltura è definita positiva quando la carica batterica supera i 100.000 per ml, dubbia se è uguale a 100.000, negativa se inferiore a 100.000. Tuttavia, questi limiti tradizionali, ampiamente utilizzati nella definizione delle infezioni delle vie urinarie, devono oggi essere considerati eccessivamente elevati. Infatti, è stato recentemente stabilito che, in presenza di disuria e pollachiuria e di una raccolta di urine correttamente eseguita, anche cariche batteriche superiori a 1000 per ml possono essere indicative di infezione. Questi casi, definiti come "sindromi uretrali acute", devono essere considerati e trattati esattamente come le infezioni delle vie urinarie definite secondo i criteri tradizionali. Alcune urinocolture possono essere positive anche in assenza di sintomi, per esempio in corso di gravidanza o di patologie dismetaboliche come il diabete. In questi casi è opportuno avviare un trattamento, perché la batteriuria asintomatica in gravidanza si associa a un numero significativamente maggiore di rotture premature delle membrane amniotiche e di parti pretermine. Nei casi in cui l'infezione si propaghi ai reni (infezione delle alte vie urinarie) si parla di pielonefrite, caratterizzata da febbre elevata, con brividi, dolore al fianco, urine torbide rosso-brunastre e maleodoranti.
Quali sono le condizioni che predispongono alle infezioni delle vie urinarie?
Possono favorire la comparsa di infezioni delle vie urinarie il reflusso vescico-uretrale, gli ostacoli al deflusso delle urine, come una prostata ingrandita o un calcolo, l'impiego di strumentazione urologica o l'uso di cateteri vescicali, e malattie metaboliche, come il diabete, o stati particolari, quali la gravidanza o la menopausa.
L'attività sessuale può facilitare la comparsa di infezioni delle vie urinarie?
Mentre l'uretra maschile è abbastanza lunga da evitare che i germi saprofiti presenti in vicinanza del meato uretrale esterno invadano l'uretra e la vescica, nella donna l'uretra è molto breve e vicina alla regione anale e quindi facilmente contaminabile da batteri fecali o da miceti, che possono attraversarla e raggiungere la vescica. La vagina è, inoltre, un ambiente ricco di microrganismi, che possono talora diventare aggressivi e penetrare in vescica. La vagina e la vescica sono, infatti, molto vicine tra di loro. I rapporti sessuali facilitano lo spostamento dei microorganismi dal meato uretrale esterno e dalla vagina in vescica, provocando l'evento conosciuto come "cistite da luna di miele". In realtà, un altro componente fondamentale perché si sviluppi tale sintomatologia è la stipsi. La permanenza, infatti, di feci nell'ampolla rettale, come succede quando si cambia ambiente di soggiorno, fa sì che vi sia un rilevante arrivo di batteri coliformi a livello vaginale, e quindi in vescica.
Quali sono i più frequenti agenti infettanti?
I microrganismi che comunemente colonizzano le vie urinarie sono i batteri normalmente presenti nell'intestino. Tra questi, il più frequente è l'Escherichia coli, seguito da Klebsiella, Streptococcus faecalis e Proteus mirabilis. Nel caso in cui, in presenza di sintomi urinari, la ricerca di questi germi più comuni sia negativa, è necessario ricercare particolari microrganismi, quali la Clamidia e l'Ureaplasma urealyticum, che non sono evidenziati dall'urinocultura standard.
Come si raccolgono le urine per l'urinocoltura?
E' preferibile che la raccolta delle urine avvenga al risveglio, poiché quelle della notte sono più concentrate. I genitali esterni devono essere lavati con acqua e sapone e risciacquati abbondantemente, in modo da eliminare tutto il detergente. Nella donna le grandi e piccole labbra andrebbero divaricate e nell'uomo il prepuzio dovrebbe essere retratto. Il primo getto di urina deve essere scartato, mentre va raccolto il successivo. Se la procedura non è eseguita correttamente si rischia o l'inibizione della crescita batterica per la presenza di detergente o una crescita eccessiva, dovuta a contaminazione esterna. Il campione così raccolto dovrà essere portato in laboratorio analisi entro un'ora. Se il laboratorio non è immediatamente raggiungibile, il contenitore dovrebbe essere temporaneamente conservato in frigorifero (a 4°C). I tamponi uretrale e vaginale devono invece essere eseguiti direttamente da personale sanitario con l'ausilio di tamponi sterili.
E' necessario effettuare esami strumentali in caso di infezione delle vie urinarie?
In casi selezionati sono necessarie ulteriori indagini strumentali. L'impiego dell'ecografia renale e vescicale può indicarci il grado di compromissione dei reni o un eventuale residuo di urine in vescica.
In presenza di infezioni urinarie recidivanti, soprattutto nel sesso maschile, vi è l'indicazione a eseguire l'urografia, per studiare le vie escretrici ed evidenziare l'eventuale presenza di calcoli. Nel caso vi siano perdite ematiche nelle urine, in assenza di un processo infettivo in atto, si esegue la cistoscopia, per esaminare direttamente le pareti della vescica ed escludere la presenza di eventuali neoplasie vescicali.
Quali terapie devono essere avviate in presenza di infezione delle vie urinarie?
La terapia si basa sugli antibiotici, che hanno il compito di risolvere il processo infettivo. Essi che vanno scelti in base al microorganismo responsabile dell'infezione e alla sensibilità indicata dall'anti-biogramma. La maggior parte delle infezioni urinarie è facile da curare, ma le recidive possono necessitare di trattamenti antibiotici prolungati (anche per 6 mesi), con piccole dosi di mantenimento o con singole compresse da assumere preferibilmente prima o subito dopo il rapporto sessuale. Sarebbe utile evitare il diaframma e, dopo la menopausa, si dovrebbero impiegare creme vaginali a base di ormoni.
Come prevenire l'insorgenza di infezioni delle vie urinarie nella donna?
E' necessario bere molta acqua e urinare a intervalli regolari (almeno ogni 3-4 ore e anche prima e dopo il rapporto sessuale), in modo da ridurre al minimo la carica batterica. E' necessario anche mantenere una regolare funzione intestinale, per evitare che il ristagno di feci nell'ampolla rettale determini una compressione sulla vescica che ne ostacola lo svuotamento. Il ristagno di urine favorisce la crescita batterica.
Sembrano infine molto utili le seguenti norme di igiene intima quotidiana:
pulirsi dall'avanti verso il retro, in modo che i germi intestinali non arrivino all'uretra
lavare l'area intorno al retto e alla vagina ogni giorno e prima di ogni rapporto sessuale
lavare i genitali con acqua corrente, evitando quella che ristagna nel bidet
indossare biancheria di cotone
evitare l'uso continuativo di prodotti cosmetici
Gli uomini possono avere infezioni urinarie?
Sì, ma meno spesso che le donne. Nei giovani sono dovute a infiammazioni o infezioni della prostata (prostatite), mentre nei soggetti anziani la causa più frequente è l'ostacolo al deflusso delle urine da ingrandimento della prostata.
I bambini contraggono infezioni urinarie?
Sì, anche se meno frequentemente degli adulti. Le bambine sono coinvolte più spesso dei maschietti. Se l'infezione urinaria si accompagna a febbre, c'è spesso un problema sottostante e devono essere eseguite ulteriori indagini.
Vi è il rischio di un'insufficienza renale?
Molto raramente. Tuttavia, in presenza di un'ostruzione o di un altro problema delle vie urinarie, l'infezione può localizzarsi ai reni, con un quadro che è chiamato pielonefrite. La pielonefrite, se non trattata e curata adeguatamente, può cronicizzare (pielonefrite cronica), fino a rendere il rene non funzionante.
Tre milioni di italiani hanno una qualche forma di malattia renale o urologica e molti di più sono a rischio di svilupparla.
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Sale e salute : ciò che è importante sapere.
Il sale è un elemento fondamentale per l'alimentazione umana ed è costituito da cloruro di sodio (NaCl). Una sua eccessiva introduzione può causare gravi problemi alla salute. La quantità di sale sufficiente al nostro organismo non supera i 3 grammi (g) al giorno; l'apporto raccomandato non supera i 6 g al giorno. Purtroppo, in Italia consumiamo mediamente circa 10 g di sale a testa.
Quali sono le principali fonti di sale?
Il sale che ingeriamo deriva per circa un terzo da quello aggiunto durante la preparazione dei cibi in cucina e a tavola (sodio cosiddetto discrezionale). I restanti due terzi derivano dal sodio contenuto negli alimenti (sodio non discrezionale o "nascosto"). Solo il 10% del sodio non discrezionale è contenuto naturalmente negli alimenti, mentre il restante 90% è aggiunto durante i processi di trasformazione artigianale o industriale. Per questo motivo, la dieta povera di sale deve privilegiare il consumo di alimenti naturali freschi, a scapito di quelli conservati o preparati industrialmente.
Un po' di numeri
Un grammo di sodio corrisponde a 2,5 g di sale. Generalmente, il contenuto di sodio negli alimenti è espresso sulle etichette in grammi (g) o milligrammi (mg) per 100 grammi (1 g = 1000 mg): 0,5 g o più di sodio per 100 g di prodotto significano "molto salato", mentre 0,1 g per 100 g significa "poco salato".
Il contenuto di sodio nelle urine (la cosiddetta sodiuria) è misurato in milliequivalenti (mEq). Di solito, la quantità di sodio eliminata nelle urine corrisponde a quella introdotta; per questo motivo il dosaggio della sodiuria sulle urine raccolte per 24 ore consente di valutare l'apporto di sodio. Una sodiuria di 100 mEq/24 ore corrisponde a un apporto di 6 g di sale al giorno.
Quali sono le conseguenze di un eccessivo consumo di sale?
1. Sale e pressione arteriosa
Gli studi effettuati su diverse popolazioni di tutto il mondo hanno dimostrato che nei popoli in cui l'apporto di sale è tradizionalmente molto ridotto la pressione arteriosa è bassa e l'ipertensione assente; soprattutto, non si assiste all'aumento dei valori pressori con l'età, che è invece tipico dei popoli che consumano molto sale.
Numerose ricerche hanno dimostrato che la riduzione dell'apporto di sale può abbassare significativamente la pressione arteriosa sia nei soggetti normotesi, contribuendo quindi a prevenire il futuro sviluppo dell'ipertensione, sia negli ipertesi, migliorando l'effetto dei farmaci antiipertensivi o addirittura limitandone l'impiego.
In particolare, lo studio americano DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) ha evidenziato che una dieta ricca di verdura e frutta, povera di grassi e contenente 3 g di sale, ha ridotto di oltre 11 mmHg la pressione sistolica rispetto a una dieta tradizionale americana contenente 9 g di sale.
2. Sale e patologie cardiovascolari
L'ipertensione arteriosa è uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare, ed è quindi logico che la riduzione dei valori pressori conseguente a una dieta a basso contenuto di sodio si accompagni a una diminuzione del rischio di infarto e di ictus.
Tuttavia, i benefici della riduzione del consumo di sale possono anche essere indipendenti dalle modificazioni della pressione arteriosa. Infatti, alcuni studi hanno dimostrato che c'è un rapporto tra sale e sviluppo dell'ipertrofia cardiaca, cioè un ingrossamento del cuore che può precedere l'infarto o lo scompenso cardiaco. Una ricerca pubblicata di recente ha evidenziato che all'aumento di 6 g al giorno del consumo di sale si accompagna un incremento di circa il 50% del rischio di mortalità per infarto del miocardio. Riferito all'Italia, questo dato si traduce in oltre 16.000 decessi. Anche l'incidenza di ictus cerebrale risente dell'eccessivo apporto di sale, in maniera indipendente dalla pressione arteriosa. Soprattutto le persone in sovrappeso sembrano subire gli effetti negativi dell'eccessivo consumo di sale sull'apparato cardiovascolare. Un apporto elevato di sale, quindi, deve essere considerato come un fattore di rischio cardiovascolare, alla stregua di colesterolo o fumo.
3. Sale e malattie renali
Anche il rene subisce gli effetti negativi di un eccessivo apporto di sale. Infatti, il rene è l'organo deputato a controllare l'equilibrio di questo elemento nell'organismo. Il superlavoro al quale è sottoposto in caso di un'alimentazione troppo ricca di sale potrebbe, soprattutto nei pazienti con ipertensione arteriosa o diabete, favorire la comparsa di una nefropatia. I pazienti che sono già affetti da malattie renali sono particolarmente sensibili agli effetti del sale sulla pressione arteriosa; inoltre, un eccessivo consumo di sale può diminuire l'efficacia di farmaci come gli ACE-inibitori, che sono in grado di rallentare l'evoluzione di molte malattie renali e di ridurre il rischio di insufficienza renale.
4. Sale e calcoli renali
L'apporto di sale aumenta la perdita di calcio nelle urine, favorendo la formazione dei calcoli renali. Per questo motivo si raccomanda ai pazienti affetti da calcolosi dell'apparato urinario di limitare il consumo di sale, soprattutto quando i calcoli sono costituiti da calcio o acido urico.
5. Sale e osteoporosi
L'osteroporosi, caratterizzata da una riduzione del contenuto di calcio delle ossa, che diventano fragili con rischio di fratture, è una patologia che ha un elevato costo sociale e può risentire di un elevato apporto alimentare di sale. Infatti, il sale può aumentare la perdita di calcio dalle ossa, e questo effetto è particolarmente evidente in alcuni gruppi di soggetti a rischio, come gli anziani e le donne dopo la menopausa. Una corretta alimentazione, in questi soggetti, deve prevedere anche l'attenzione al consumo di sale.
6. Sale e tumori
Il sale svolge un ruolo nella genesi di alcuni tumori, in particolare quelli dello stomaco e del nasofaringe. Vi sono prove convincenti che il consumo di pesce salato aumenti il rischio di tumori del nasofaringe, che peraltro sono molto rari nei paesi occidentali. I rapporti tra consumo di sale e cancro dello stomaco sono meno definiti, ma si suppone che il sodio possa agire come un fattore predisponente, provocando un assottigliamento della parete gastrica e facilitando l'attecchimento di un agente infettivo correlato con lo sviluppo del tumore. Tra le raccomandazioni dietetiche dell'Istituto Americano per la Ricerca sul Cancro vi è anche la riduzione dell'apporto alimentare di sodio.
7. Sale, sete e consumo di bevande
La conseguenza diretta di una dieta ricca di sale è rappresentata dall'aumento della sete e del consumo di bevande; se queste sono ricche di calorie, come la birra o le bevande gassate, le ricadute nutrizionali non sono trascurabili. L'eccesso di calorie introdotte concorre a causare il sovrappeso e la tendenza all'obesità, sempre più frequenti nella nostra popolazione. Se si tiene presente che proprio le persone con eccesso ponderale sono più sensibili agli effetti cardiovascolari negativi del sale, si comprende come si possa instaurare un vero e proprio circolo vizioso dalle conseguenze nefaste.
Suggerimenti per ridurre l'apporto sodico
Cuocete i cibi con erbe aromatiche e spezie, invece che con il sale.
Limitate l'impiego di salse e dadi per brodo
Leggete le etichette e scegliete i cibi a basso contenuto di sodio
Usate pane senza sale
Limitate l'impiego di cibi in scatola, precotti o surgelati
Date la preferenza ad alimenti naturali consumati freschi
Non aggiungete sale a tavola
Evitate i succedanei del sale
Se andate al ristorante, fatevi cucinare la carne o il pesce senza sale. Chiedete a parte condimenti o salse, che possono contenere grandi quantità di sale e devono essere assunte a piccole dosi
Evitate i formaggi stagionati e spalmabili, la ricotta e la mozzarella salata, gli insaccati, il prosciutto (cotto e crudo), il pesce conservato (stoccafisso, baccalà, tonno o salmone sott'olio)
Evitate l'uso di acque minerali gassate e ricche in sali.
Evitate il consumo di merendine e snack salati fuori pasto
Le modificazioni del consumo di sale vanno fatte gradualmente, nell'arco di alcune settimane; in questo modo la sensibilità gustativa per il sale si adatta, consentendo di accettare cibi con un contenuto ridotto di sodio, che prima sarebbero stati giudicati insipidi.
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Etichette: Salute
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Prevenzione delle malattie renali 3°
Ecco alcune buone regole per difendere i nostri reni.
1. Prevenire significa per prima cosa curare le malattie che possono indurre un danno renale: innanzitutto l’ipertensione arteriosa, l'arteriosclerosi e il diabete. Naturalmente, ancor prima, bisogna correggere le condizioni che ne possono favorire la comparsa, quali l’obesità, la cosiddetta sindrome dismetabolica, la vita troppo sedentaria, variando, se necessario, lo stile di vita.
2. Evitare, coerentemente alla regola precedente, diete molto ricche di calorie, zucchero, dolci, grassi animali e sale, e il fumo. Le trappole sono molte. I cibi in scatola e quelli conservati sono
generalmente ricchi di sale; anche il pane di alcune regioni ne è piuttosto ricco: in caso di necessità consumare pane senza sale può essere utile. E’ sempre bene bere acqua con una certa
abbondanza: un litro e mezzo o due al giorno sono una dose sicura. Il fumo può essere dannoso anche per la salute dei reni.
3. Non rassegnarsi a convivere con una colesterolemia elevata e con eccessi di peso corporeo, che possono favorire l’arteriosclerosi, l’ipertensione arteriosa e il diabete.
4. Controllare regolarmente la pressione arteriosa, sapendo che si ritiene ottimale una pressione eguale o inferiore a 130 su 80 mm di mercurio, e che valori superiori a 140/90 sono definiti
come patologici, a qualunque età (anche se nei diabetici si suggerisce di mantenere la pressione a valori inferiori a 130/80).
5. Se si è ipertesi, se si hanno un diabete o segni di arteriosclerosi, curarsi anche per proteggere i reni, attuando tutti i provvedimenti consigliati dal medico. Non basta però accontentarsi di seguire delle cure: occorre anche controllare che i risultati siano davvero quelli desiderati. Ad esempio, nel caso dell’ipertensione arteriosa, la cura può essere considerata efficace solo se si ottengono valori pressori inferiori ai classici “140 su 90”. Oggi ci sono moltissimi farmaci per controllare l’ipertensione arteriosa e spesso si ottiene parecchio abbinando più medicamenti a piccole dosi, con riduzione degli effetti collaterali negativi e potenziamento dell’effetto positivo. E’
anche importante sapere che alcuni di questi farmaci, come gli ACE inibitori e i cosiddetti antagonisti recettoriali, oltre all’effetto anti ipertensivo, possiedono anche un’azione specifica
renoprotettiva.
6. Nel caso del diabete, fare in modo di ottenere livelli glicemici ben controllati, con valori della cosiddetta emoglobina glicata il più vicino possibile alla norma, e anche in questo caso controllare
molto bene i valori pressori e risolvere eventuali condizioni di sovrappeso.
7. Mantenere una dieta corretta e un accurato controllo del peso corporeo, cosa sempre importante: l’assunzione di farmaci non autorizza a trascurare le norme dietetiche.
8. Non rassegnarsi a convivere con infezioni urinarie, con una calcolosi renale o un’ostruzione cronica delle vie urinarie, ad esempio da ipertrofia prostatica.
9. Evitare un uso prolungato di farmaci potenzialmente nefrotossici, come analgesici o antinfiammatori, specie se assunti senza controllo medico; questo non significa che chi ne
ha bisogno debba rinunciarvi, ma è opportuno, se li si usa di frequente, ricordarsi di controllare periodicamente la situazione renale.
10. Eseguire, anche se ci si sente bene, un semplice esame delle urine in occasione di altri controlli di laboratorio, o comunque con scadenza biennale, e non trascurare eventuali anomalie
minori rivelate dall’esame delle urine, come sangue o proteine in quantità molto modeste. Per contro, non si deve dimenticare che in alcune situazioni, come ad esempio in presenza di un danno renale dovuto all’ipertensione arteriosa o all’arteriosclerosi, l’esame delle urine è spesso a lungo normale.
11. Eseguire, in tutte le condizioni di rischio, il controllo della funzionalità renale con la determinazione della creatininemia, ripetendolo eventualmente ad intervalli regolari, ad esempio
annuali, o semestrali se il rischio è elevato. La creatinina è un prodotto delle masse muscolari che viene eliminato dal rene e si accumula nel sangue quando la funzione renale si riduce. Valori
ematici superiori a 1,2 mg/dL nella donna e a 1,4 mg/dl nell’uomo possono indicare un danno funzionale renale e meritano un approfondimento.
Fonte: http://s5d0ef10cc4a06ea2.jimcontent.com/download/version/1281916585/module/4390704063/name/Rene%20e%20infezioni.doc
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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