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Acconciatura femminile di moda dopo il 1820. I capelli, guarniti con fiocchi, nastri e piume, si alzano fino a picchi sproporzionati e, oltre ai classici spilloni ornamentali, devono essere sostenuti da fili di ferro.
Prima tipologia del magazzino di vendita che, aperto nel 1841, pratica il sistema dei «prezzi fissi», eliminando, così, la fase della negoziazione tra il mercante e il cliente. Con il nuovo sistema commerciale la visione della merce esposta è slegata dall’atto dell’acquisto: si può girare liberamente tra la grande varietà di produzioni seriali a prezzi accessibili, senza l’obbligo di comprare. Si avvia un processo di sper sonalizzazione del punto vendita ed un riversamento della dimensione comunicativa direttamente sugli oggetti.
Abiti creati da Sonia Delaunay, pittrice di origine russa che si rifà agli impressionisti, con i quali condivide le opinioni sulla percezione cromatica: in quello che appare come un colore unico si possono individuare, attraverso «una visione atmosferica e non sintetica», una molteplicità di tinte diverse dalla cui combinazione deriva l’effetto finale. Sul rapporto tra le sfumature di colore si sviluppa la ricerca nel campo della moda, ma anche di ogni arte visiva: il linguaggio utilizzato dalla Delaunay ricollega moda e pittura in un percorso denso di contaminazioni, che, nel gioco delle forme e dei colori, esaltano il movi mento dei corpi.
Abito a campana
Con l’abbandono della ® tournure, rappresenta la prima elaborazione di un modello più semplice. Un lieve agio nel camminare è ottenuto da gonne più corte, che lasciano scoperti i piedi.
Proposto nel 1850 da Amelia Bloomer come modello pratico per le donne, è costituito da cal zoni alla turca, molto ampi, portati sotto una gon
na larga e corta al ginocchio. Idea ripresa dalla viscontessa Halberton nel 1881 come fondamen to dell’Associazione per il Vestito Razionale, nata con l’intento di sensibilizzare le donne a rinunciare al rigido busto.
Per a. si intendono le calze, la lingerie, le scarpe (calzature), le borse e le cinte (pelletteria), i cap pelli (modisteria), i gioielli, la bigiotteria, le acconciature posticce; poi va considerato ancora il trucco (cosmetica); un settore a parte rappresentano, invece, le pellicce (pellicceria), la moda mare (costumi, parei, copricostumi, teli da spiaggia), l’abbigliamento speciale per gli sport; infine, essendo diventato il telefono cellulare un fenomeno di massa, non può restare escluso dall’elenco degli a. che contribuiscono a formare l’immagine di una persona, così come sarà forse prossimamente per le altre protesi tecnologiche da indossare (® wearable).
La figura professionale attraverso cui avviene la mediazione tra l’azienda e l’agenzia pubblicitaria. Il lavoro dell’a. consiste nel saper cogliere la filosofia del marchio e operativizzare in un progetto comunicativo il messaggio da trasmet tere al target prescelto.
Tipologia di consumatori rappresentata da adulti ricchi che vogliono ostentare il proprio status, adottano uno stile classico e sono orientati, nelle scelte vestimentarie, dalla marca.
Intermediario commerciale che gestisce la rappresentanza di una o più «case». Visita direttamente i negozianti mostrando loro una parte pre selezionata del campionario, registra gli ordini e consiglia sull’esposizione dei capi nel punto vendita.
Analisi volta all’individuazione di fenomeni sociali e culturali di lungo periodo — non direttamente inerenti la moda — attraverso i quali si
possono delineare gli scenari di mutamento del mercato. È un’analisi empirica basata sull’osservazione delle dinamiche e dei comportamenti di consumo, ambedue fortemente determinati dai valori sociali predominanti.
Neologismo coniato per definire l’abbigliamento da strada della gioventù ribelle nel secondo dopoguerra.
Da Biella a Carpi a Bari, ogni distretto costituisce un nucleo di specializzazione in una fase del ciclo produttivo, in una tipologia merceologica o in una categoria tessile. La forza che muove lo sviluppo di queste zone è proprio la prossimità fisica dei diversi organismi, che facilita i meccanismi comunicativi a livello di scambio di co noscenze, condivisione della mentalità, contenimento dei costi logistici.
Figura professionale particolarmente importante nella comunicazione pubblicitaria, è il respon sabile tecnico della scelta di fotografi, disegnatori, sceneggiatori, protagonisti del servizio pubblicitario.
Ruolo creativo nell’agenzia di pubblicità. È incaricato di lavorare sul materiale visuale.
Figura professionale che, nell’ambito della comunicazione d’impresa, si occupa di tutto ciò che riguarda l’immagine aziendale.
Movimento che si pone come obiettivo il ritorno alla qualità del lavoro artigianale, recuperata in contrapposizione alla cattiva qualità del processo di produzione seriale della prima industrializza zione. In tal senso, promuove i valori comunitari del mondo premoderno identificato nel Medioevo, con le sue mitologie e il suo immaginario fantastico, il suo intenso spirito religioso, le forme di un tempo segnato da differenze e gerarchie stabi lite dall’ordine divino e naturale, ivi compresa
l’idea di popolo. In queste forme di idealizzazione degli scenari pre-industriali, la moda vestimentaria dettata dalle differenze sociali è sostituita da vesti disegnate in stili che possono incarnare valori e forme diverse rispetto a quelle della società vittoriana. L’industrializzazione degli oggetti d’uso comune (suppellettili, stoffe, mobili, arredi, vestiti ecc.) non viene rifiutata da questo movimento, ma invitata a recuperare le tradizioni estetiche dell’artigianato per ridare qualità alla produzione a basso costo di oggetti moderni e necessari alla vita quotidiana.
Figura professionale che opera a fianco dello stilista, sostituendolo in moltissime occasioni. Nel caso in cui la produzione dei modelli disegnati sia commissionata ad un’impresa esterna, è compito dell’a.p. fornire le linee guida affinché la realizzazione sia fedele allo stile aziendale.
Negli anni Venti del Novecento il movimento costruttivista delle avanguardie russe si propone di ricostruire la società dilaniata da conflitti storici e culturali terribili, come quelli esplosi con la rivoluzione sovietica. Il rinnovamento delle forme estetiche è il primo obiettivo. Il cambiamento è, quindi, radicale anche nell’ambito dell’abbigliamento. Dopo aver rielaborato le stoffe con disegni astratti e simboleggiato l’opposizione alla tradizione aristocratica e borghese con i versi e le camicie gialle di Majakovskij, i nuovi progetti vestimentari post-rivoluzione mirano a eliminare le differenze di appartenenza e di sta tus. Il recupero del rapporto tra l’arte e il lavoro materiale della produzione industriale si pone qui come progetto culturale nazionale, ma anche internazionale, mondiale. La nuova moda — se tale può essere chiamata, essendo un intervento basato sull’ideologia piuttosto che sul mercato, sull’omologazione di ogni strato sociale piuttosto che sulla sua diversificazione e i suoi conflitti reali e simbolici — va contro le pratiche vestimentarie precedenti, fino ad allora distinte tra grandi sartorie (ispirate allo stile francese e
rivolte all’élite borghese e aristocratica) e artigianato (che riproduce costumi tradizionali per il popolo).
Stoffa in lino finissima, con armatura a
tela.
Fenomeno giovanile degli anni Sessanta che compie una netta rottura con le convenzioni, un rifiuto delle dinamiche relazionali che nel passato hanno caratterizzato tanto il mondo del lavoro quanto il rapporto tra gli universi maschile e femminile. I simboli del cambiamento sono visibili nella diversa immagine dei ragazzi, che al canonico tipo mascolino, raffigurato dal capello corto e dalla divisa borghese, contrappongono un modello trasandato e trasgressivo nelle forme e nei colori dell’abbigliamento e nelle androgine chiome lunghe.
Costume da mare formato da due pezzi.
Nato nel 1850 circa negli Stati Uniti, da un’idea di Morris Levi Strauss, come indumento da lavoro per i cercatori d’oro, realizzato in tela di cotone grezzo color indaco proveniente da Nimes (Francia), da cui, probabilmente deriva il termine denim. Diventato successivamente un prodotto basic di enorme richiamo.
Casacca lunga fino alla vita, indossata da uomini e donne nel Medioevo. Usata come camiciotto; rielaborata come capo femminile nel XIX secolo.
Sciarpa lunga e stretta in pelliccia o piume di struzzo. Diffusa soprattutto alla fine dell’Ottocento per coprire le spalle scoperte dalle ampie scollature.
Giacca corta alla vita, allacciata davanti, con o senza maniche.
Comparse nel I secolo d.C., lunghe al ginocchio. Diffuse a Roma ad opera dei Barbari, che le realizzano in pelle di capra. Indossate dagli uomini del tardo Medioevo insieme alle calze, per differenziare la loro sembianza da quella delle donne.
L’identità della marca formata sulla base dei va lori razionali ed emotivi ad essa attributi. È trasmessa attraverso la definizione di mondi simbolici, che esibiscono stabilità dentro la mute volezza incessante e conducono alla costruzione di uno stile.
Tessuto in seta pesante, semirigida, lavorato a ricci o brocchi, intrecciato, a volte, con fili d’oro o d’argento.
Bilancio di previsione delle vendite, definito per linea/marca e area geografica, in base alla valutazione del «potenziale di vendita». Il monitoraggio della clientela per zona e per prodotto è il punto di partenza per la definizione degli obiet tivi della strategia commerciale.
Gruppi di osservatori (sociologi, stilisti, produt tori di materiali) che, strettamente collegati a ® opinion leader, fanno circolare le notizie sulle tendenze generali in merito a forme, colori, gusti per linee e oggetti del desiderio e dell’imma ginazione.
Rigida struttura usata per stringere la vita e modellare le forme di seno e fianchi. I primi corsetti appaiono intorno al XIV secolo e vengono confezionati in diversi modi nel corso del tempo; rea lizzati con stecche di metallo o di legno o di bale na, in seta o raso e rifinito con pizzi e merletti. Raggiunge la massima popolarità nell’età vittoriana come simbolo della sensualità femminile, anche se causa di inevitabile sofferenza. È, comunque, utilizzato anche dagli uomini. Si pensa
seriamente alla sua abolizione soltanto nei primi anni del XX secolo, dopo vari tentativi di sensibilizzare le donne al pericolo che esso costituisce per la loro salute fisica. Poiret è il promotore ufficiale della liberazione della donna da questa costrizione corporale, riuscendo a persuadere le ricche signore con una moda sensuale ma morbida. La prima guerra mondiale ne decreta la fine.
Calze prodotte con la fibra artificiale nylon. Le prime calze decorate sono create da Mary Quant nel 1965.
Completo formato da calze e brache — simile alla calzamaglia — che, nel XIV secolo, distingue l’abbigliamento maschile da quello femminile. Dopo il 1400 si portano calze diverse, una di un colore ed una di un altro.
Nata tra il IX e il XII secolo, confezionata in lino o seta, usata come sottoveste. Intorno al XVI secolo può non essere nascosta, arriva fin sotto i fianchi, con maniche lunghe e senza colletto. In genere, la parte superiore è ricamata in oro o in seta. Verso il 1600, ornata di trine, viene indossata sotto il farsetto e fuoriesce all’altezza della vita. Modificata in varie fogge, fino ai modelli attuali.
Periodo in cui avviene l’acquisizione degli ordini, può durare fino a tre mesi.
È composto da modelli creati ex novo per la nuo va stagione, modelli permanenti nell’azienda rielaborati sulle tendenze stagionali (cambiamenti superficiali di colori o dettagli) e capi non prodotti direttamente, ma acquistati già confezionati per essere rivenduti. Viene mostrato ai clienti.
Tessuto ruvido derivato da fibre vegetali (Cannabis sativa).
Danza popolare che si afferma a Montmantre, in cui le ballerine, alzando la sottoveste, mostrano lunghi mutandoni bianchi e infiocchettati.
Figura professionale che traduce su carta le idee del creatore di moda e che gestisce un gruppo di collaboratori, a ognuno dei quali è affidata la responsabilità di un settore.
Mantello corto, spesso con cappuccio, anticamente usato dai cavalieri. Realizzato, nel corso dei secoli, in vari modi e lunghezze.
Prototipi in carta di modelli stilistici, supporti tecnici indispensabili per la realizzazione domestica di abiti sartoriali; introdotti dalle Sorelle Fontana nel 1955.
Nata come giubba lunga al ginocchio, a vita bassa da cui scendono larghe falde. Indossata sopra la camicia, fermata, a volte, da una cintura.
Abbigliamento informale e pratico.
Supporto alle vendite per la presentazione delle collezioni; viene spedito anche assieme agli inviti alle sfilate e in qualche caso può essere distribuito sul punto vendita, di solito durante i mini-eventi appositamente organizzati per i consumatori finali. Può esser venduto in edicola, ma l’uso più pertinente e strategico sembra essere quello rivolto alla stampa, per far conoscere le collezioni e offrire materiale per i servizi giornalistici.
Spazi commerciali concentrati su alcune categorie merceologiche di cui garantiscono l’assortimento ampio e profondo.
Ufficio che gestisce il coordinamento delle diverse attività di una «casa»: dalla scelta del tes
suto all’applicazione di cerniere o bottoni, dalle prove dell’abito all’organizzazione della sfilata, dalle questioni amministrative alla disposizione delle consegne.
Indossata intorno al 1780 da Maria Antonietta, segna un mutamento radicale nell’estetica vestimentaria. Di gusto esotico, realizzata in leggera mussolina bianca, rappresenta l’affermarsi di quei valori di igiene e comodità sostenuti dalle teorie illuministe, richiamandosi anche al criterio di bellezza neoclassico che in questi anni gli scavi di Ercolano e Pompei stanno riportando in superficie.
La produzione consta di una serie di operazioni: il taglio, la confezione (composta a sua volta di cucitura, applicazione di termoadesivi e saldatura, ricamo o trapuntatura), la stiratura, il controllo finale e l’impacchettatura.
Striscia in cuoio o in tessuto, usata per fermare gli abiti alla vita. Nel Medioevo rappresenta l’ap partenenza sociale e, in alcuni casi, è vietata. Nell’abbigliamento di fine Settecento viene rivalutata e assume funzioni decorative, realizzata in nastro o cordoncino. Molto di moda nei primi anni del Novecento e negli anni Quaranta. Mentre, per gli abiti femminili, la c. mantiene un significato puramente ornamentale, nell’abbigliamento maschile prevale l’aspetto funzionale di un modo per stringere i pantaloni.
Una produzione industriale di capi progettati da un designer, di qualità e immagine di livello intermedio.
Spazio commerciale — mono o multimarca — in cui i prodotti sono messi in scena in un contesto spettacolare; è un nuovo modo di vendere e di comprare che propone uno stile di vita e mescola oggetti diversi in una esposizione curata nei minimi dettagli.
Consumatori orientati al valore Tipologia di consumatori in cui (di solito) rientrano persone dal reddito medio, di varia età, con alto senso critico, che valutano le offerte confrontando prezzo e qualità.
Insieme di attività sociali poste a tutela e difesa dei diritti del consumatore, ad esempio attraverso il controllo della qualità della merce in rapporto al prezzo praticato.
Osservatori di tendenze con il compito specifico di indicare gli orientamenti futuri, traendoli dall’abile connessione delle tante idee raccolte in luoghi di ogni genere. Girano per il mondo alla scoperta di qualsiasi cosa possa fornire spunti e ispirazioni da cogliere e da trasmettere ai loro committenti, istituti di ricerca o più direttamente case di moda.
Ruolo creativo nell’agenzia di pubblicità, il suo compito è quello di redigere i testi scritti.
Piccolo spazio commerciale specializzato in una marca di prodotti, situato all’interno di un gran de magazzino o department store, concepiti come centri multimarca.
Panciotto o gilet; parte o sezione di un abito che scende dalle spalle fino alla vita. Abito molto stretto in voga nel Quattrocento, è formato da due parti di stoffa assemblate tra loro, in modo da ottenere una maggiore rigidità del capo. Nel Cinquecento questo bustino è formato da stecche di balena, per ottenere una lastra sul davanti molto solida. Nell’Ottocento compaiono bustini strettissimi.
Comunicazione che definisce l’immagine aziendale presso l’opinione pubblica; si sviluppa attraverso la comunicazione d’impresa, atta ad evidenziare la dimensione fisica e oggettiva dell’azienda — prodotto, modalità
produttive, risultati finali — e la comunicazione istituzionale, che si propone di mostrare e valorizzare la tradizione, il peso economico, il valore sociale e la politica aziendale, esplicitando l’ideologia e gli obiettivi dell’impresa.
Istituzioni medievali che disciplinano e controllano il lavoro sartoriale, come, ad esempio, le metrature di tessuto acquistate dai sarti.
Il fenomeno che si diffonde attraverso l’imitazione delle generazioni passate, si fonda sulla continuità di una tradizione, trasmessa attraverso riti e cerimonie, su un’identità collettiva net tamente definita e, molto probabilmente, nasce dalla cristallizzazione di una moda.
Figura professionale operante nel reparto sartoriale delle produzioni cinematografiche, si occupa dei costumi di scena; cerca abitudini vestimentarie del passato (si pensi ai film in costume), vesti e comportamenti del presente (qui il lavoro consiste nel riprodurre le mode correnti) e magari del futuro (si pensi alla fantascienza). La sua importanza cresce, ma raggiunge anche il suo limite estremo con il cinema degli effetti speciali. Il suo lavoro si connette all’ambito della scenografia ed è proprio assieme allo scenografo che il c. studia il tipo di abbigliamento degli attori.
Figura professionale pertinente al settore dell’alta moda, in cui si identifica il creatore degli abiti di lusso.
Tessuto increspato in seta francese o in rayon, lavorato in modo da risultare con piccole grinze.
Sottogonna rigida rivestita in crine, sostenuta da vari strati di sottane di flanella, di percalle e di mussolina. Inventata nel 1840, viene, in seguito, sostituita prima da una gabbia in acciaio e poi
da una struttura a scatto che, ove necessario, ne riduce l’ingombro.
Stoffa in seta lavorata a fantasia, generalmente con filati intrecciati in argento o in oro.
Persona che nell’abbigliamento e nel comportamento adotta uno stile elegante e molto raffinato, dedicando al suo aspetto una cura particolare quando non esasperata. Termine attribuito ad un certo tipo di uomo appartenente alla nobiltà inglese dell’Ottocento, che usa il proprio modo di apparire per distinguersi e per comunicare la pro pria personalità.
Termine francese con cui si indica sia la profonda e ampia scollatura di un abito femminile, sia la parte del corpo lasciata scoperta dalla scollatura stessa. Assume forme varie nel corso della storia, dal d. squadrato della settecentesca robe à la française al taglio che scopre anche le spalle del romantico abito ottocentesco. Applicato, successivamente, alle calzature femminili chiuse ma con una linea affusolata, che lascia nuda la caviglia e parte del piede, con tacco medio o alto.
Premio dell’haute couture ideato, nel 1976, dal giornalista Pierre Yves Guillen. Assegnato, fino al 1994, alla migliore collezione stagionale. Ri nominato, nel 1993, Dé d’or Européen de la Mode.
Prima fase dello sviluppo di una collezione in cui si confrontano le informazioni rilevate sulle collezioni passate (dati sul venduto), le analisi della concorrenza e del mercato, la scelta degli obiettivi, in termini di quali e quante collezioni attivare e del target cui rivolgersi.
Grandi magazzini generalisti diffusi a livello mondiale, di medio-grandi dimensioni, con separazioni interne di reparti specializzati.
L’esigenza di comodità incondizionata e di libertà espressiva individuale e il distacco dall’eleganza come esibizione dello status sono trascritti nel casual di Armani. La particolare lavorazione cui sottopone gli abiti, è stata definita un «processo di d.», termine non a caso presente nella letteratura postmoderna.
Documento in cui vengono indicate la composizione dei materiali e le procedure di produzione per ogni modello della collezione finale.
Commercio elettronico. Insieme delle attività connesse alla vendita di prodotti e servi zi che si realizzano attraverso Internet, ovvero in modalità on-line. Comprende sia le transazioni propriamente commerciali, sia le forme di assistenza alla clientela precedenti e posteriori all’acquisto.
Leggi limitative emanate da Edoardo III nel 1364, a difesa dei timorosi tessitori locali; fissano, in particolare, tipo e qualità dei tessuti permessi a seconda della classe sociale d’appartenenza. Nel 1793 viene sancito dalla Convenzione il principio di libertà, che abolisce gli editti suntuari e protegge il diritto di vestirsi secondo il proprio gusto, senza dover rispettare obblighi di alcun genere.
Viene istituito nel 1935 con il compito di promuovere il consumo di abbigliamento di origine italiana presso la popolazione, soprattutto femminile. La produzione di moda deve sotto stare alle regole dell’autarchia: usare tessuti italiani, come Lanital o lana di caseina, e ideare fogge che escludano l’influenza dello stile fran cese; le sartorie dovrebbero riservare almeno metà delle collezioni ai modelli italiani, segnati dal marchio «di ideazione e produzione italiana».
Rassegne di moda estranee agli obblighi stagionali imposti dalla logica del sistema vestimentario. La molteplicità delle iniziative promosse in questo campo può essere sistematizzata distinguendo, per livelli di risonanza, tra manifestazioni locali ed eventi di rilievo nazionale.
Laboratori di produzione cui viene commissionata la procedura di completamento di semilavorati.
Corpetto nato intorno alla metà del Trecento in sostituzione della veste lunga, come capo tipico di un abbigliamento maschile distinto da quello femminile, indossato in completo con le ® calzebrache. Il modello spagnolo ha una falda in basso ed una cintura; al collo un bordino che di venterà una ® gorgiera.
Figura professionale che si occupa degli acquisti per conto delle boutique, delle catene di negozi o dei grandi magazzini. In altri casi lavora autonomamente nella gestione di una propria attività. I tempi della sua operatività sono scanditi dal calendario delle collezioni.
Figura professionale il cui supporto consiste nel ricercare l’originalità, il particolare che renderà la creazione dello stilista un’opera unica; è a questo proposito che lo si fa rientrare nell’area dei «ricercatori», ma la definizione più adeguata sembra essere «consulente di immagine», poiché il suo obiettivo ultimo è conferire un valore aggiunto all’abito per potenziarne l’effetto nel quadro di una complessiva strategia comunicativa. In massima parte il suo lavoro si svolge, comunque, nell’ambito redazionale.
Tipologia di consumatori costituita soprattutto da giovani con elevata disponibilità di denaro, che spendono in modo disinvolto. Osservatori
attenti delle tendenze, scelgono una moda firmata per dichiarare la loro appartenenza ad un gruppo sociale (classe o tribù), ma non sono fedeli ad una sola marca.
Ideale femminile, affermatosi alla fine dell’Ottocento, in cui predominano gli aspetti forti e determinati della donna. Nella figura della f.f. il busto è messo in risalto da una rigida guaina steccata lunga fino ai fianchi, che ha le sembianze di una corazza da guerriera; la dimensione ostentativa assume, in questo modello, i toni della sicurezza e di un intento chiaramente seduttivo.
Occasione privilegiata di incontro tra gli operatori a tutti i livelli della filiera della moda, presentano la prerogativa di una forte specializza zione distribuita per aree di competenza. Lo sco po non è direttamente la realizzazione di vendi te, ma piuttosto la possibilità di stabilire reti di relazioni per il business to business.
Itinerario seguito dal prodotto nel processo di produzione-trasformazione-distribuzione, supportato da un coordinamento e da un’integrazione delle diverse fasi.
Spazio di grandi dimensioni, situato in luoghi prestigiosi e arredato secondo lo stile della marca, con funzioni prettamente di immagine.
Figura professionale il cui requisito indispensabile è la fotogenia — ovvero la naturale predi sposizione per cui un viso risulta nettamente impressionato sulla pellicola, grazie a tratti regolari ma particolarmente marcati — ma deve anche essere in grado di posare secondo le direttive del fotografo.
Modalità della distribuzione che permette di governare l’offerta di una «casa», verificare direttamente le tecniche di vendita e il posizionamento dei prodotti, evitando le spese di apertura
e di avviamento di un negozio. Si realizza attraverso un contratto tra il franchisor (il marchio) e il franchisee (il negoziante).
Movimento del primo Novecento per cui l’innovazione tecnologica — e i suoi prodotti: dalle macchine all’elettricità, dalle immagini del ci nematografo al trasporto aereo — assume il va lore della modernità, della rottura con il passato, con ogni sua traccia e revival. Nel progetto estetico ma antipassatista dei futuristi, gli abiti devono essere «aggressivi, agilizzanti, dinamici, semplici, comodi, igienici, gioiosi, illuminan ti, volitivi, asimmetrici, di breve durata» (come recita la voce Abiti del Piccolo dizionario del futurismo, a cura di Umberto Di Cristina). Lo stile proposto dai futuristi recupera la fantasia, preferisce i colori vivaci, i tagli arditi e disarmonici, i tessuti con i disegni geometrici che richiamano la moderna distribuzione dello spazio.
Stile presentato a Parigi nel 1924: la gonna a pieghe, ormai corta, lascia scoperte le gambe rivestite da audaci calze color carne; la vita è segnata, ma scesa sui fianchi; i capelli sono cor ti alle orecchie. La figura femminile, persa l’esa gerata linea curvilinea, somiglia al corpo di un’adolescente assolutamente privo di forme, un modello che non può adattarsi a tutte le donne e che, comunque, non ne esalta la femminilità (riprendendo, dunque, l’ibridazione di genere stimolata dallo sport e dalla guerra).
Cappello per l’Opera, ideato da mister Gibus nel 1823, costituito da un cilindro in seta e dotato di un meccanismo a scatto, mediante il quale può essere appiattito e portato sotto il braccio.
Capo simile alla casacca, molto aderente, lungo al ginocchio. Alla fine del Seicento si aggiungo no grandi risvolti alle maniche e più tardi anche alle tasche.
Termine inglese traducibile come fascino, riferito specialmente a quello femminile, indica lo stile nato e affermatosi negli anni Cinquanta del Novecento.
Gonna hobble skirts
Detta anche jupe entravée, è una gonna zoppicante così stretta alle caviglie da impedire di camminare in modo naturale, proposta da Paul Poiret nei primi anni del XX secolo.
Tessuto impermeabile e al tempo stesso traspirante, applicato soprattutto ai capi sportivi.
Colletto abbastanza ampio e, in alcuni periodi, enorme, in rigido tessuto pieghettato.
Il sontuoso abito gonfiato ai lati da panier e riccamente decorato con drappi e fiocchi, indossato dalla regina Maria Antonietta (1779).
Nome che si forma sulla base delle capacità creative e artistiche di uno stilista e nasce come azienda orientata al prodotto.
Marchio di produzione vestimentaria che garantisce un’identità ben definita, un’immagine statica e insensibile all’andamento delle tendenze stagionali, sintesi della dialettica tra lo stile del creativo e la politica aziendale. In tale situazione il designer riesce a mantenere la privilegiata condizione di autore indipendente, libero di scegliere — ad ogni stagione
— la casa con cui collaborare, la collezione in cui imprimere il suo stampo. La griffe è indispensabile garanzia della funzione segnaletica della merce, cui apporta la giusta intensità espressiva, necessaria all’individuo che, riconoscendosi una multipersonalità, usa i prodotti di consumo per suscitare l’impressione più coerente con l’aspetto che decide di esibire in un dato momento.
Stile trasandato, formato da indumenti e accessori mescolati casualmente, adottato dai giovani perché simbolo del rifiuto dell’alta moda, considerata troppo artificiale ed eccessivamente costosa. Nella prima metà degli anni Novanta ha come riferimento il gruppo rock dei Nirvana e, in particolare, è rappresentato dal loro leader Kurt Cobain e dalla moglie Courtney Love.
Soggetto che realizza una varietà di prodotti indirizzati a vari segmenti di mercato — soprattutto maglieria, jeans, giubbotti — a diffusione internazionale, puntando sull’immagine del proprio marchio.
Prima pagina di un sito web, che segnala l’esistenza dell’azienda nella rete ed è strutturata come un ipertesto: racchiude testi, immagini, suoni e animazioni, presenta link che rimandano ad altre pagine di approfondimento o collegano ad altri siti, così da moltiplicare la capacità informativa sia quantitativamente sia qualitativamente (modalità comunicative multimediali).
Pantaloncini molto corti, diffusi negli anni Sessanta e Settanta.
Giovani borghesi parigini di fine Settecento, abbigliati in modo trasandato, ma con alti colletti
o sciarpe che coprono la bocca, guanti e lunghe giacche foderate di broccato, sempre muniti di un nodoso bastone da passeggio (in realtà da usare nei frequenti scontri).
Introdotti da Poiret, sono i cosiddetti pantaloni
«alla turca».
Tessuto in lana fine, proveniente dalle pecore dell’Himalaia.
Gonnellino scozzese, pieghettato e a quadri colorati. Un capo tipico del costume maschile della Scozia, divenuto di moda.
Filato costituito da un’anima di gomma sulla quale è avvolto cotone, seta, lana o rayon.
Movimento nato agli inizi del Novecento, guida le creazioni artistiche e lo stile dell’arredamento; ma influenza anche l’abbigliamento e soprat tutto le decorazioni e gli accessori, dai pizzi con
disegni di fiori o di frutta ai gioielli, ai cappelli su cui spuntano insetti, foglie e farfalle.
Si dice della diversa forma che il modello di un abito può assumere. Nella forma ad A, molto famosa ed usata intorno al 1955, la gonna parte dal giro vita e si allarga svasata sulla linea dei fianchi. Altre linee sono quelle a botte, a corolla e a princesse; quest’ultima si riferisce alla prin cipessa Eugenia, moglie di Napoleone III. E, ancora, le diverse silhouette lanciate nella storia della moda sono definite l. a S, a clessidra, a sacco, a T, a H, a Y.
Linea a clessidra
È caratterizzata da grandi gonne, sostenute da una serie di sottogonne rigide, che rendono il busto e la vita ancora più piccoli di quanto non risultino già con il corsetto.
Linea ad anfora
È caratterizzata da una gonna ampia ai fianchi e gradualmente più stretta verso le caviglie, con la vita alta arricchita da una morbida cintura.
Linea a S
È una l. aderente al corpo, in cui seno e fianchi sono enfatizzati con l’aiuto del busto.
Filato che si ottiene dall’omonima pianta. Varia bile nel peso e nella grana, la sua consistenza dipende dall’armatura e può essere sottile o grezza.
Il «tubino nero» lanciato da Coco Chanel nel 1926, da adattare, giocando con gli accessori, a tutte le occasioni. In netto contrasto con la tradizionale distinzione degli abiti in ragione della diversa situazione sociale, questo capo è il frutto di una ricerca sul vestire funzionale alla vita moderna e viene paragonato all’automobile di massa prodotta dalla Ford soltanto in nero: due tipici prodotti seriali.
Stoffa tipica del Tirolo austriaco, di lana ovina grossa bianca. All’inizio del secolo viene adottata la famosa nuance verde per il cappotto con
lo spacco profondo sul dietro e con i bottoni di cuoio.
L’organizzazione di gestione e distribuzione merci, spesso affidata a terzi.
Iniziativa sorta nel 1975 ad opera di undici sarti stilisti che si propongono di diffondere la moda inglese presentando le collezioni con eventi semestrali. Il numero degli associati cresce in tempi brevi e ottiene l’auspicato riconoscimento.
Gonna lunga appena sotto il ginocchio.
Tessuto metallico mischiato ad altre fibre, particolarmente apprezzato per i suoi effetti luminosi. Comparso nella seconda metà degli anni Quaranta, è lanciato dalla Dow Badishe Company e diviene molto popolare negli anni Settanta.
Nome commerciale di un certo tipo di elastomero, è una fibra artificiale usata in combinazione con altri materiali sintetici elastam per ot tenere un tessuto elastico e indeformabile. Introdotta dalla ditta DuPont nel 1958 è usata pri ma nella biancheria intima e nei costumi da ba gno, poi nell’abbigliamento sportivo e, dal 1987, per la confezione di abiti strech.
Trama di fibre naturali intrecciate tra loro. Nasce in Arabia e si usa soprattutto per decorare nell’arredamento e nell’abbigliamento.
Spazio commerciale che offre un assortimento ampio, ma non molto profondo; pratica la politica della convenienza (prezzi bassi) e l’assistenza alla clientela è scarsa o nulla.
Il termine indica sia il tessuto ottenuto con un solo filo legato da aghi ad occhielli collegati tra di loro, detti maglie; sia la tipica categoria merceologica di prodotti vestimentari da esso ricavati. Le manifatture di m. in Italia nascono nella seconda metà dell’Ottocento, ma sono fortemente contrastate dalla concorrenza anglosassone fino al secondo dopoguerra. Il mercato preferisce, infatti, acqui stare maglie o pullover di marca scozzese, garanzia di una qualità superiore. La produzione artigianale della m. italiana si sviluppa soprattutto a Carpi, si diffonde nelle regioni centrali e in segui to anche in Veneto, Piemonte, Lombardia. Nell’Italia meridionale le creazioni lavorate ai ferri, e poi mediante telai, si concentrano nelle città dell’Adriatico, come Bari, Barletta e Putignano. Negli anni Cinquanta la m. costituisce un prodotto da esportazione di buona qualità e di alto contenuto moda. Laura Aponte, Marisa Arditi, Lea Galleani e Mirsa sono alcuni dei nomi emergenti in questo settore. Intorno al 1965 il mercato italiano risulta meno concorrenziale rispetto alla validità della proposta asiatica, determinando un calo delle esportazioni in America. La crisi è affrontata attraverso un costante rinnovamento dei capi in rapporto alle tendenze di moda e intensificando il decentramento produttivo verso zone di bassa occupazione di manodopera. Molte firme della moda si impegnano nel rilancio della m.: Missoni, Albertina, Krizia, Valentino, Antonella Tricot, Laura Biagiotti, Armani, Blumarine. An
che Benetton caratterizza con il suo marchio la produzione di pullover e capi in maglia, trasferendo la fortuna della sua formula commerciale, che avvicina l’azienda al consumatore, in questo settore. Tra gli anni Settanta e Ottanta sono visi bili i risultati positivi dell’azione di recupero e la
m. italiana torna ai primi posti nel commercio estero e nell’occupazione di settore.
Neologismo coniato dalla fusione di magazine e catalogo, un giornale che nasce come strumento di pubblicità diretta ma che finisce per assumere i toni di una rivista specializzata. Si rivolge esplicitamente alle lettrici e fornisce notizie non soltanto di moda, ma anche informazioni su altri temi di interesse dell’universo femminile e sul customer service.
Sezione di un abito che riveste il braccio. Può essere a campana, a palloncino, a kimono, a pipistrello, a sbuffo, magiara, raglan.
Maniche a prosciutto
Maniche gonfie e larghe dal giro manica, comparse intorno al 1820 e riproposte alla fine dell’Ottocento.
Mantella corta o giacchino usata fino ai primi del Novecento nello spazio domestico, in particolare per la toilette.
Gonna in stile ampio, lunga fino alla caviglia, in voga negli anni Sessanta.
Impresa caratterizzata da una produzione limitata o di settore (sportswear, intimo, casual ecc.). Produce con il proprio nome o su concessione e generalmente si rivolge all’ambito nazionale.
Spazio commerciale avente lo stesso carattere del magazzino popolare, ma situato in spazi aperti.
Tessuto in velo o altra stoffa finissima, come il tulle, variamente lavorato con nodi e intrecci.
Signore parigine di fine Settecento, che, contro ogni restrizione fisica o morale, abbandonano corsetti, pettorine e crinoline, mostrandosi in abiti leggeri e trasparenti, nelle forme più semplici realizzati in mussola finissima e fermati da una fascia sotto il seno.
Abiti o gonne lunghe fino al polpaccio, in voga alla fine degli anni Sessanta. Attualmente si chiamano longuette.
Gonna corta almeno sopra il ginocchio, ma generalmente molto più ridotta, lanciata negli anni Sessanta dalla stilista inglese Mary Quant. Rappresentativa della liberazione sessuale della donna, anche se simboleggiante, soprattutto, un modello femminile adolescenziale.
Tendenza estetica nata in reazione agli eccessi della moda degli anni Ottanta; si afferma negli anni Novanta come una riduzione agli elementi essen ziali nelle forme e nei colori. Caratterizzata da toni neutri (beige, nero, bianco, grigio), assenza di accessori vistosi (gioielli o bijoux), trucco non vistoso e scarpe basse. È un fenomeno culturale che tocca vari ambiti, oltre l’abbigliamento, dalla letteratura all’architettura. I maggiori esponenti nello stilismo ne sono Zoran, Calvin Klein, Miuccia Prada e Jil Sander. Pur segnando i tratti di alcuni stili tuttora diffusi, come movimento si con clude, invece, alle soglie del nuovo millennio.
Il termine indica comportamenti o forme che ri saltano per l’estrema novità e attualità della loro comparsa e del loro successo in un determinato contesto socioculturale. La moda si diffonde attraverso l’imitazione dei contemporanei, è orientata al presente e rompe il legame con la consuetudine, facendo fiorire la novità.
La sensibilità ecologica incoraggia, alla fine del XX secolo, una moda — detta, appunto, verde
— realizzata con materiali nuovi non dannosi per l’ambiente, tipo il tessuto termico ottenuto riciclando bottiglie di plastica.
Figura professionale che, a partire dal progetto del designer, si occupa di coordinare la fase della confezione. Ha il compito di realizzare il car tamodello e di testarlo sul prototipo da collezio ne; fornisce indicazioni sul taglio del tessuto, in base al numero e alle misure degli elementi necessari per la fattura dell’abito, seguendone i metodi della cucitura.
Movimento culturale degli anni Cinquanta che ripensa la nuova estetica del quotidiano.
Confezionatrice di cappelli femminili.
Gruppi di giovani che amano la musica jazz de gli anni Cinquanta e adottano uno stile minimalista come simbolo della modernità, da cui deriva il nome.
Tessuto in morbida lana, derivata dalla capra d’Angora.
Stile lanciato da Christian Dior nel 1947, basato sulla silhouette «Corolle», formata da corpetto attillato a vitino stretto e gonna ampia e lunga sotto il ginocchio; la linea rotonda è enfatizzata da un minibusto guêpiére e da sottogonne di so stegno, ma ogni supporto è inserito all’interno dell’abito. Completato da scarpe a punta con tac co alto, cappellini infiorati, guanti dello stesso colore di un fiore all’occhiello, foulard e ombrellini in tono con scarpe e borsa.
Nasce negli anni Ottanta ed è il modo di vestire di alcuni giovani londinesi, che si costituiscono come movimento contrapposto a quello Punk. Questo stile vestimentario si ispira al passato e recupera pizzi, volant e velluti, facendo parlare di moda neodandy. Le proposte stilistiche di maggior richiamo sono quelle di Vivienne Westwood, mentre i più famosi rappresentanti nel campo musicale ne sono gli Spandau Ballet e Boy George.
Moda proposta da alcuni stilisti come audace tentativo di dinamicizzare l’insolita immobilità del mondo dello stile nel tempo del minimalismo. Punta su modelli sfarzosi, provocanti e seducenti, suscitando lo scandalo con un uso inflazionistico di velature, scollature e trasparenze. Un nudo, ma sempre riveduto dall’arte vestimentaria, «indossato» da modelle diafane, di una magrezza che non a caso scatena polemiche sul male epocale dell’anoressia; sottostante a questo stile è un ideale femminile ambiguo, o meglio ambivalente, che non marca i confini di genere né di età, una figura astratta e indeterminata, una silhouette impersonale, al servizio dell’immaginazione di ogni donna.
Fibra tessile artificiale, inventata nel 1934 e bre vettata nel 1937, che costituisce il primo tessuto sintetico. Inizialmente viene usato per le setole degli spazzolini da denti; a partire dal 1939 viene prodotto il filo di n. per le calze.
Cappello in paglia piatto e di forma circolare. Si afferma nell’abbigliamento classico di fine Ottocento ed è molto usato anche nel mondo dello spettacolo. Assume una varietà di significati, da simbolo degli «interventisti» alle soglie della prima guerra mondiale a cappellino femminile della divisa collegiale inglese. Molto in voga negli anni Quaranta, viene impiegato anche nell’uniforme sportiva.
Piccoli cerchi luccicanti in metallo o plastica, adoperati per decorare abiti.
Cappello di paglia intrecciata, a tesa larga, incavato al centro, in genere di colore chiaro. Roosevelt lo indossa in una sua visita a Panama nel 1906. Elegante ma anche molto pratico, grazie alla caratteristica di indeformabilità, è adatto alla stagione estiva.
Panier (o paniere)
Armatura rigida da inserire sotto la gonna per gonfiarla ai lati, come di moda nel XVIII secolo. L’imbottitura di crine garantisce il sostegno sui fianchi; altri materiali usati sono le stecche di balena o le canne di bambù, sostituiti, nel 1770, con strutture metalliche mobili.
Rientrano sotto questa denominazione gli artisti degli anni Ottanta, che utilizzano largamente le tecniche di decorazione per rivestire tele e oggetti, cancellandone la connotazione di inferiorità che le relegava alle arti applicate (contrapposte alle opere d’arte) e caricando i loro prodotti di una forte vitalità comunicativa.
Blusa confezionata in mussolina, un tessuto trasparente.
Cappotto da donna abbastanza simile al modello maschile, aperto davanti e variamente decorato.
Periodici che raggiungono un ampio pubblico, distinto per caratteristiche demografiche e socio-culturali. Tra i vari argomenti trattano la moda sia come argomentazioni sulle dinamiche di cambiamento del fenomeno, sia come servizi fotografici sulle tendenze in corso. Si distinguo no, a seconda della ciclicità dell’uscita, in mensili e settimanali: i primi prediligono l’approfondimento; i secondi mirano a garantire un aggiornamento costante e si pongono ad un livello di sofisticazione più basso di quanto non facciano i mensili, rispetto ai quali risultano quindi più accessibili.
La seconda fase dello sviluppo della collezione che struttura la varietà dell’offerta in base all’oc casione d’uso (giorno/lavoro, occasioni speciali, tempo libero), alla fascia di prezzo (minimo, medio, alto) e alla categoria merceologica (gonna, giacca ecc.). La pianificazione estensiva della produzione può misurarsi su due logiche operative: la logica del programmato (si produce sul vendu to, sul portafoglio acquisito) e la logica del conti nuativo (si produce sulle previsioni di vendita).
Stoffa a piccoli quadretti regolari, inseriti nella trama, utilizzata a partire dalla fine dell’Ottocento.
Merletto o trina.
Materiale lanciato dalla società statunitense DuPont nel 1963 con il nome di Dacron, per le sue caratteristiche di resistenza e adattabilità viene impiegato nell’abbigliamento. Diviene popolare negli anni Cinquanta.
Abito tendenza del XVIII secolo, ispirato alla Polonia.
Cuscinetto imbottito con materiali tipo il sughero o il piumino. Detto anche sellino o tournure,
si usa per rigonfiare il dietro della gonna nel punto in cui la stoffa è raccolta in un drappeggio.
Figura professionale che detiene un ruolo centrale nell’atelier di alta moda e che si può incon trare anche nelle imprese di abbigliamento femminile. Ha la responsabilità della qualità produttiva e deve controllare, in particolare, la confor mità tra la forma stilistica del prodotto, l’immagine sartoriale della maison e l’organizzazione della produzione.
Sottoveste in seta e pizzo, confezionata anche come abito elegante. Il termine è usato altresì per indicare la proposta americana di fine Ottocento finalizzata alla ricerca di un abbigliamento più comodo, costituita da un abito abbastanza corto con una semplice piega sul dietro, un bolero in tono con le ghette di lana e scarpe di vac chetta.
La terza fase di sviluppo di una collezione, che consiste nella realizzazione concreta del prototipo e del campionario. Quest’ultimo viene, in seguito, presentato ai venditori aziendali e commerciali; alcuni capi della collezione sono mostrati anche a clienti particolarmente importanti (direzionali) e a opinion leaders. I suggerimenti avanzati in questa fase determineranno le even tuali modifiche dell’articolazione dell’offerta. La significatività di tale momento di verifica è più o meno rilevante, a seconda che la scelta aziendale sia orientata alla purezza della creatività stilistica oppure alle esigenze del mercato.
Figura professionale che assicura la concordanza dell’offerta con i bisogni del mercato. Deve garantire la coesione tra le diverse attività produttive, gestire il singolo progetto dalla fase di definizione creativa alla scelta dei materiali, all’impostazione delle fasi di ricerca e sviluppo, fino alla realizzazione finale del prodotto, inte
grando le diverse esigenze aziendali interne al ciclo produttivo con le indicazioni raccolte dal mercato.
Ridefinizione del consumatore, che, dopo essere divenuto una fonte di ispirazione, influenza la produzione in modo diretto e con un intervento attivo. Il termine, tratto dalla sintesi di producer e consumer, è elaborato da Alvin Toffler (1987) per indicare un nuovo soggetto collettivo in cui si identificano produttore e consumatore come unico emittente: il consumatore, da ricevitore di merci e servizi, diventa «coproduttore» in grado di determinare, almeno in parte, gli stili di produzione.
Modello costruito come esemplare su cui calcolare i costi; è di semplice fattura, in un unico colore ed unica taglia.
Pubblicità che rientra nel piano comunicativo delle aziende e che si differenzia dai servizi redazionali; con la pubblicità i grandi stilisti mirano a promuovere la loro immagine, a farsi conoscere o riconoscere, a segnalare la loro presenza sul mercato.
Colui che promuove il buon esito degli eventi organizzati, coinvolgendo direttamente gli operatori del settore e gli opinion leaders per far pervenire, anche attraverso i media, il messaggio aziendale ai consumatori finali.
Fenomeno della moda che nasce negli anni Settanta a Londra. Seguendo un’estetica del brutto e del repellente, i gruppi p. adottano uno stile aggressivo, fondato sul nero totale, con largo uso di pelle, fibre sintetiche, borchie, spille e buchi, contrastato dai colori accesi dei capelli, in gene re rasati. Il messaggio comunicato dai p. è, evidentemente, di tipo pessimistico e dichiara il rifiuto delle illusioni borghesi. I referenti del mo vimento sono i Sex Pistols, gruppo musicale, il
negozio Sex nella londinese King’s Road, Vivienne Westwood. Questo stile è, oggi, rimasto vivo solo negli Stati Uniti ed ha la massima espressione nel movimento cyberpunk, promosso da William Gibson.
Sigla con cui si indica il cloruro di polivinile, materiale sintetico usato per la confezione di indumenti in simil-pelle; creato negli anni Tren ta come derivato di materiali di scarto. Molto usato negli anni Sessanta e lavorato sopra basi di jersey di poliestere soprattutto per la confezione di giacconi e pantaloni.
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Ruolo definitosi nella seconda metà del XX secolo, nel quadro di un più generale processo di specializzazione dell’editoria. È una figura professionale attiva negli apparati produttivi dei gior nali che trattano, in modo più o meno esclusivo, il settore tessile e dell’abbigliamento.
Termine francese derivante dalla voce anglosassone reding-coat, che significa «divisa per andare a cavallo». A tale scopo è utilizzato dagli uomini nel XVIII secolo. In seguito diventa un semplice cappotto da passeggio, avente precise caratteristiche: lunghezza fino al ginocchio, doppiopetto, maniche lunghe, aderenza alla vita con cintura, collo doppio e rivoltato, apertura
nella parte posteriore al centro della baschina, larghi paramani. A partire dal 1785 è adattato all’abbigliamento femminile, attraverso alcune modifiche: ad esempio, si accorcia la lunghezza, permettendo la visibilità della veste della donna. Tra il 1822 e il 1835 il reding-coat ac quista, nel guardaroba femminile, l’appellativo francese di r., inizialmente preceduto dall’articolo maschile, poi da quello femminile. In Italia, a partire dal 1750, si dice redingotto. Nel corso del tempo questo capo d’abbigliamento subisce diverse variazioni e diviene un abito usato più dalle donne che dagli uomini, che prendono a utilizzarlo prevalentemente come
«mise cerimoniale». A partire dalla fine del No vecento la r. assume le caratteristiche di un cappotto con linea a ® princesse, dal collo ampio e sottile e piuttosto largo nella parte inferiore, dalla vita in giù, da portare sbottonato in maniera da rendere visibile l’abito sottostante.
Nel 1952 è introdotto nel mercato un r. di naylon con coppe gonfiabili, mediante bolle di plastica interne simili ad un palloncino.
Figura professionale, inserita nell’organigramma aziendale, che gestisce i software applicativi per promuovere l’immagine aziendale mediante Internet e sviluppare il commercio elettronico. Sulla base di una competenza web-oriented, que sto responsabile coordina la configurazione del sito in modo da soddisfare due esigenze contestuali e divergenti: rivolgersi sia agli addetti al settore, ovvero ai negozianti, con una comunicazione specialistica che presenti, ad esempio, le ipotesi progettuali di commercializzazione; sia ai clienti finali, offrendo una pubblicità ed un servizio, ma anche intrattenimento.
È la prima borsetta femminile, comparsa nel 1790, consistente in una sacca realizzata in vari materiali e dimensioni, indispensabile sostituto delle scomparse tasche.
Termine, coniato dai francesi a metà Novecento e presto diffusosi anche negli altri Paesi, utilizzato per riferirsi ad abiti ispirati al passato — in particolare al periodo precedente al secondo conflitto mondiale
— che tornano in voga in alcune collezioni.
Ritorno in voga di tendenze della moda di un passato non remoto.
Una ricerca realizzata, in genere, da professionisti esterni alle aziende, che selezionano le ten denze generali più vicine al target specifico dell’azienda stessa.
Riviste che presentano una forte selettività e permettono di raggiungere un target di settore. Sono il mezzo privilegiato per la comunicazione di moda a livello business to business. La loro re dazione è composta da giornalisti con elevate competenze nel campo della moda, che riescono quindi a trasferire anche molte informazioni tecniche sui prodotti.
Un modello che, escludendo il ® panier, rende un effetto simile gonfiando la gonna attraverso particolari arricciature e imbottiture. Questa linea, detta polonaise, è poi ripresa come evoluzione del costume da viaggio e da equitazione, formato da gonna scampanata, camicia bianca, sciarpa annodata e ® redingote, giacca lunga e aderente con grandi risvolti: uno stile austero, anche se molto elegante.
Letteralmente «veste-mantello», ha forma simile al cappotto, ma è più stretto, tagliato in maniera da «segnare» la silhouette femminile; realizzato con tessuti meno pesanti.
Gruppi di giovani degli anni Cinquanta; dichiarano una preferenza per la musica rock di Elvis Prestley e di Eddie Cochran e indossano giacche di pelle borchiate e jeans.
Tipico camiciotto con cintura usato dai contadini russi.
Figura professionale dell’alta moda il cui compito esclusivo è la supervisione dell’intero processo produttivo: coordina, dirige e controlla le fasi dell’esecuzione artigianale del capo.
Laboratorio in cui vengono prodotti i capi di abbigliamento. Il termine è usato anche per indicare l’artigianalità nella fabbricazione di un abito, differenziandola dalla realizzazione industriale. Detta anche casa di moda, la s. femminile è il luogo in cui l’idea stessa di «moda» è mutata nel tempo. Le più prestigiose s. italiane, che producono gli abiti di haute couture secondo un gusto propriamente italiano, sono Biki e Veneziani a Milano; Fontana, Marucelli, Cappucci, Antonelli e Schuberth a Roma. Invece, un vero stile italiano per la sartoria maschile, che non risenta degli influssi d’oltremanica, nasce solo a partire dalla metà del XX secolo. Diverse sono le modifiche apportate negli anni alle varie componenti dell’abito: giacca, pantaloni ecc. Nel corso del tempo la produzione artigianale degli abiti maschili si è andata orientando sempre più verso la semplicità, la comodità e la naturalezza
della figura, sia attraverso l’adozione di stoffe più soffici sia proponendo una silhouette più snella.
Spazio commerciale di medie dimensioni, su strada o interno a centri commerciali.
Riguarda tutti gli aspetti legati alla vendita (idee, assistenza, contatto interpersonale), finalizzati a garantire un ottimo posizionamento del prodotto sul mercato.
Eventi, apparentemente più pertinenti al mondo rituale dello spettacolo che a quello tecnico organizzativo della moda, in cui il prodotto vestimentario non è il protagonista assoluto. La loro funzione principale è aprire il nuovo ciclo stagionale — gli appuntamenti sono semestrali: collezioni primavera/estate e collezioni autunno/inverno — e presentare ufficialmente, con circa sei mesi di anticipo, la produzione ai li cenziatari, ai buyers e ai media. Ma, soprattutto, la peculiarità di questa uscita pubblica consente di comunicare al meglio l’immagine aziendale.
Spazio commerciale di piccole dimensioni, posto all’interno di insegne commerciali, gestito da personale aziendale.
Nell’accezione maschile il termine indica la sfi lata tecnica, in cui vengono mostrate le «vere» collezioni, cioè i modelli che saranno effettivamente prodotti. È in questo momento che avvengono le decisioni di acquisto dei buyers. Lo show tecnico, o professionale, ha luogo all’interno delle case di rappresentanza (chiamate anche, al femminile, «le show-room») o direttamen te sul punto vendita. Quest’ultima soluzione, oltre a essere organizzata con lo stesso fine basilare dell’altra, cioè la registrazione di ordini dei clienti-venditori, può servire da presentazione diretta ai clienti finali e raccolta immediata degli acquisti dei consumatori. È praticata soprat
tutto nel settore della moda pronta e in Paesi, come gli Stati Uniti, dove la distribuzione ha raggiunto un notevole sviluppo in termini di bon tà della gestione. Nell’accezione femminile, invece, il termine indica la sala in cui si presenta no le collezioni ai compratori e dove si raccolgono gli ordini.
Cappotto in tessuto non eccessivamente pesante, ideale per temperature moderate, da indossare sopra il vestito in ambienti esterni. Può presentare linea, lunghezza e rifiniture variabili, a seconda delle linee uomo o donna, della voga in corso e dei gusti di chi lo indossa.
Capo di biancheria intima prettamente femminile, usato già dagli antichi, indossato sotto la gonna per mantenerla distesa, specialmente se questa è priva di fodera. In passato l’usanza prevede che se ne portino più di una contemporaneamente, ma già agli inizi del XIX secolo le nuove silhouette filiformi imposte dalla moda mettono in disuso questo indumento. Tuttavia verso il 1840 si torna ad utilizzare la s., non sem pre coprendola del tutto con la gonna. I materiali con cui è prodotta nell’Ottocento sono preva lentemente tessuti piuttosto leggeri, come lino, cotone e mussola, mentre sono adoperati quelli più pesanti per le sottogonne invernali. Sempre sensibile alle voghe del momento, la s. si «adegua» al colore rosso delle giubbe garibaldine in auge negli anni successivi al 1860 ed è proposta in flanella rossa. Abbandonata quasi totalmente per tutto il Novecento, riappare solo negli anni Settanta, proposta da Lauren in cotone e in denim; ma è una moda passeggera.
In italiano «abbigliamento sportivo», è un termine di origine americana volto a designare una tipolo gia di abbigliamento non da sera, confortevole ma allo stesso tempo elegante, oppure degli indumen ti assemblati in modo casuale; realizzato, comunque, sui modelli base delle attività ginniche.
Fenomeno che fissa ed esprime un’identità — costruita sul gusto, sui valori e sul modo di vive re del proprio gruppo o ceto e della propria persona — enfatizzandone i tratti di stabilità, l’insieme di elementi atti a formare un «discorso» che non sia completamente condizionato dalle variazioni delle mode, bensì vi si ponga trasversalmente e in modo critico.
Abiti con una linea morbida e la vita segnata sotto il petto.
Figura che può definirsi come «artista del gusto e dello stile», il suo ruolo si snoda sulla ricerca continua delle novità su cui si fonda il principio della moda. La massima espressione delle sue capacità è interpretare visualmente i desideri del pubblico mentre abitano l’inconscio degli individui, di cui la gente non ha ancora sviluppato un’idea precisa e cosciente. Gli s. si distinguono in: designer, free-lance e imprenditori.
È lo ® stilista «creativo» incaricato di rielaborare in maniera innovativa l’immagine di una griffe senza identificarsi con l’identità riconosciuta della marca, bensì apportando il proprio stile.
È lo ® stilista che concede il proprio talento soltanto per una stagione, operando attraverso consulenze o proposte più o meno complete di prodotti (alcuni free-lance si occupano anche di curarne l’immagine e il posizionamento sul mercato).
È lo ® stilista a capo di maison che portano il suo nome. Segue il ciclo di lavorazione dalla scelta dei tessuti alla progettazione, per arrivare alla comunicazione del prodotto finale. Opera in partnership con aziende che si occupano della produzione (concessa su licenza) e della distribuzione.
Figura che gestisce un’attività commerciale con assortimento vario plurimarca, assenza di servizio e prezzi scontati, garantendo lo smistamento delle rimanenze stagionali. Una variante, presente soprattutto in Inghilterra, sono gli outlet azien dali gestiti direttamente dall’azienda.
Lunga striscia di stoffa, di formato generalmente rettangolare, da portare in maniera da coprire le spalle per poi incrociarla sulla parte anteriore del busto. Viene indossata sugli abiti da sera spe cialmente a metà Novecento, periodo in cui registra un notevole successo, appoggiata su una spalla o sciolta attorno al collo. In seguito, però, cade in disuso.
Professione free-lance a metà strada tra l’area aziendale e il settore della stampa, richiede una formazione molto specialistica anche se non ne cessariamente tecnica. È un esperto del gusto, abile nel creare «attorno all’abito» una forma di metacomunicazione, realizzandola attraverso altri oggetti di consumo, utili accessori o merci obsolete da inserire nella rappresentazione iconica dell’abito. Nell’ambito del lavoro redazionale è la figura professionale che seleziona gli abiti per un servizio fotografico e si occupa di richiederli agli stilisti; ma cura soltanto le immagini e non i testi scritti, elaborati dai giornali sti di moda.
Definizione elaborata nell’ambito della razionalizzazione della produzione operata nel XIX se colo. Distingue lo spazio in cui sono riuniti sarti e tagliatori che collaborano alla confezione di un abito, mentre le altre attività di finitura sono svolte dalle lavoratrici a domicilio.
Tipo di abito femminile ideato da Worth a metà Ottocento, su ispirazione del completo maschile. Di qui il nome, derivante dal termine usato per definire il sarto maschile ottocentesco, l’unico capace di realizzare questo vestito, composto inizialmente da giacca e gonna, poi proposto anche con pantalone. Ha un’ampia diffusione anche nel corso del Novecento, variamente reinterpretato da altri sarti, in particolare da Chanel, che ne fa il simbolo del suo stile. Il t. rappresentava, e ancora oggi per molti versi rappresenta, la partecipazione della donna ad un mondo esclusivamente maschile: quello lavorativo. Il tratto mascolino è, in alcuni casi, accentuato da altri accessori «rubati» al guardaroba da uomo, come il gilet, la cravatta e la paglietta.
Laboratori di produzione che realizzano, in subappalto, prodotti finiti.
Esperto da consultare per la scelta del tessuto e per la reale possibilità di ottenere un determina to tessuto nel colore deciso originariamente, eventualmente per inserire decorazioni forgiate da macchinari tecnologicamente avanzati, il cui risultato effettivo sarà il frutto di un lavoro tecnico sperimentale tangibile solo poco prima dell’uscita della realizzazione finale dell’abito.
Se ne parla in riferimento a tutto ciò che viene realizzato da uno stilista, sia in termini di capi di abbigliamento sia di accessori. È un’espressione molto utilizzata nel penultimo decennio del Novecento.
È il costo industriale unitario ottenuto dalla som ma dei costi diretti e indiretti assoluti (non rela
tivi ai modi o ai luoghi di produzione), sul quale vengono stabiliti i costi di una collezione.
® Pouff.
Caratteristica mostrata già dagli abiti confezionati in leggera mussolina. Ma, nella moda moderna, si comincia a parlare di t. a partire dal 1968, quando Yves Saint Laurent propone in passerella una camicia sottilissima che lascia intravedere le linee del corpo. Pur se non accol ta mai senza polemiche e pur nella mancanza di una totale adesione ad essa da parte del pubblico, la voga per le stoffe trasparenti non cessa di tornare in auge saltuariamente.
Stilista leader che riesce a realizzare l’incontro tra logica razionale industriale e creatività artistica, dimostrando la globalità insita nel suo approc cio processuale, che mette insieme trasversalmen te fattori tra loro diversi (emozione e ragione; estetica e funzione; qualità, servizio, comunicazione). I t.s. forniscono così al consumatore, più che una tipologia di prodotti, un ambiente immaginario, che, non essendo soggetto alla temporalità, si presta a sensibilizzare il cliente sulle aspettative fiduciarie della griffe. L’élite degli stilisti leader in grado di muoversi su questo nuovo percorso non rinuncia totalmente al cambiamento, ma lo trasferisce nell’ambito della «ricerca personale», in un costante dialogo interiore che affianca esigenza di forte riconoscibilità nella continuità di tratti stilistici costanti ed evoluzione sperimentale delle forme espressive.
Termine che risale al Settecento e deriva da Tulle, nome della città francese di produzione. Si tratta di un materiale sottilissimo, trasparente e con una fitta trama a fori esagonali, molto usato per abbellire vestiti, cappelli e soprattutto per realizzare vesti nuziali. In origine realizzato solo in garza o in seta, oggi lo si trova anche in fibre sintetiche.
Denominazione comune dei «pantaloni da harem». Adottato liberamente — anche se senza particolare entusiasmo — dalle donne francesi, questo capo è concesso alle inglesi soltanto nel 1969.
Moda diffusasi nella seconda metà degli anni Trenta. L’idea parte dal sarto della regina Elisabetta, che ha scelto per lei, in lutto di Giorgio V ma impegnata in visite ufficiali all’estero, un intero guardaroba appunto bianco. Per le donne l’abito bianco per la sera diventa d’obbligo quanto lo smoking per gli uomini.
Hanno ormai raggiunto una discreta diffusione le tv che scelgono di focalizzare l’intera programmazione su un solo argomento, cosicché oggi, sui canali di moda, si dispone di immagini delle sfi late in qualsiasi momento della giornata; le im magini arrivano da luoghi diversi e presentano sfilate, eventi, mostre e quant’altro appartiene al settore di riferimento, offrendo, in un flusso ininterrotto, proposte stilistiche di ogni genere.
Termine derivante molto probabilmente dall’errata trascrizione della voce scozzese twill (saia) e dalla connessione ad essa di Tweed, nome del fiume che delinea il confine tra Scozia e Inghilterra, famoso per la presenza, nei dintorni, di industrie di tale tessuto. Con t., infatti, si designa un tipo di stoffa di lana mediamente pesante, ruvida al tatto, realizzata in diverse colorazioni. Sin dalla fine del XIX secolo viene adoperato soprattutto per farne abiti, sia femminili sia maschili, e scialli. Ne esistono diverse tipologie: il denegale, l’harris, l’home-spun, il Linton.
Si dice di un capo (camicia, giacca, pantalone o panciotto) che può essere indossato, indistintamente, dall’uomo e dalla donna. Adottato sin dal 1968, è uno stile molto popolare negli anni Settanta, cioè nel periodo in cui entrambi i sessi cominciano a indossare capi fino a quel momento destinati esclusivamente all’altro sesso. Tuttavia, tale voga è accolta senza polemiche solo a partire dai primi anni Ottanta.
Sottogonna nata in Spagna verso il 1550. Inizialmente è realizzato in feltro, viene poi ampliato con l’aiuto di cerchi fatti con stecche di balene o di vimini. La versione esagerata del 1575, costituita da un largo cerchio di metallo, è chiamata v. a ruota o alla francese.
La prova del muoversi dentro l’abito, l’anticipazione dell’effetto che le suggestioni creative avranno una volta indossate e la potenzialità delle rielaborazioni d’uso.
L’abito futurista rielaborato, nello spirito marinettiano, per glorificare la guerra durante l’intervento italiano nel primo conflitto mondiale; il manifesto futurista è ripubblicato col titolo Il vestito antineutrale.
Filmati da trasmettere su uno schermo televisivo, che, con le vetrine, costituiscono gli strumenti della comunicazione nei punti vendita. Nella loro realizzazione l’elemento centrale sono gli spezzoni di girato delle sfilate, cui si affiancano altre immagini pubblicitarie del marchio, degli stilisti, dei testimonial o delle modelle. Possono diventare mini-storie o brevi documentari, il cui protagonista principale è sempre la casa di moda.
Categoria che indica abiti d’epoca usati. È il modo per recuperare capi del passato che hanno fatto tendenza, riproponendoli così com’erano, senza rielaborazioni. La novità è solo nella ri contestualizzazione dell’abito storico e d’annata nel tempo presente. A partire, dunque, dai creatori, ai cacciatori di idee, alle cultrici di moda, alle attrici, alle studentesse, si è formata una nuova tipologia di consumatore: l’adepto del v. La definizione non è casuale, in quanto tale pratica si pone come un «movimento», con tanto di leader (Angelo Caroli), che trova visibilità in una mostra annuale (al Castello di Belgioioso, Pavia).
Figura professionale specializzata nell’uso di una
«grafica sensibile», cui si sono rivolti molti stilisti famosi per ottimizzare l’efficacia della co municazione via Internet. I nomi dei w-d. si tro vano, in genere, alla fine di ogni home page.
È il commesso virtuale, incaricato di illustrare all’utente le caratteristiche tecniche degli abiti durante lo shopping in rete.
Fonte: http://www.ellissi.it/catalogo/gvel_mc12.pdf
Sito web da visitare: http://www.ellissi.it/
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