I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
LA MODA NEGLI ANNI SETTANTA
La moda degli anni 70 può essere definita come un vero e proprio movimento nato dalle idee innovative che si diffondono alla fine degli anni 60.
Gli anni 70 si contraddistinguono per accessori e capi di abbigliamento in fiore, per l'utilizzo dei colori sgargianti, di forme e figure grandi, e di disegni geometrici. Negli States, come reazione all'assurdità della guerra nel Viet Nam, nasceva il Flower Power, che ebbe i suoi primi, mitici cantori al raduno del festival di Woodstock. I fiori diventano dunque espressione di pace contro tutte le guerre. Gli Hippy indossarono camicioni larghi e lunghi, tuniche trasparenti, colori sgargianti, fiori giganti, monili di tutti i tipi ed indumenti esotici. I capelli si trasformarono sempre più in un groviglio di riccioli incolti. Questo look un po' straccione, al di là della moda ufficiale, diventò una vera e propria antimoda, simbolo di libertà.
Anche il movimento femminista di quegli anni si identificò con le gonne lunghe, gli abiti acquistati per pochi spiccioli ai mercatini dell'usato e gli zoccoli. Alla moda furono collegate anche le idee politiche: i jeans di marca, i Ray Ban, le Timberland erano portati da quelli che a Milano prima, in tutta Italia poi, vennero definiti “paninari” ossia i giovani di destra. A sinistra invece si usavano jeans sdruciti, occhiali da poche lire, camicioni e maglioni fuori taglia, borse a tracolla in cuoio naturale.
Elio Fiorucci fu il primo che in Italia captò questo tipo di moda controcorrente fatta di stracci. A lui si deve l'introduzione del tessuto elasticizzato nella moda, che gli permise di inventare tute molto aderenti adatte alla disco-dance.
Le case di moda si vedevano fuggire la clientela. Oltretutto un'ondata di scioperi colpì molte industrie nel quinquiennio 1970-75, e parecchie tra quelle che lavoravano nell'indotto dell'abbigliamento furono costrette a chiudere. Per salvarsi dalla crisi quasi tutte le case di moda si buttarono sul "pronto". Oramai non si poteva parlare di moda, ma di mode. Tra queste, quelle etniche, per cui si videro in strada odalische, pellerossa, cinesi e peruviane. E l'esplosione della maglieria, di cui la stilista francese Sonia Rykiel era considerata la regina. Sull'onda del femminismo si indossarono strati su strati di maglie, berretti, sciarpe, scaldamuscoli. Tra le novità, proprio all'inizio del periodo, vi furono gli Hot pants, pantaloncini assai più corti delle minigonne e che lasciavano interamente scoperte le gambe.
Ma il couturier più importante del periodo fu Yves Saint Laurent. Coltissimo, appassionato d'arte e fantasioso, aveva capito che le idee nuove possono venire anche dalla strada. Innovatore del guardaroba femminile, applicò alla donna diversi capi tradizionalmente maschili, come lo smoking, il trench, i knikerbokers e il tailleur pantalone. Con un occhio rivolto anche al folklore, creò una celeberrima e sontuosa collezione in stile russo, poi un'altra in stile cinese. Infine parecchie sue collezioni si ispirarono al mondo dell'arte, da quella pop, al cubismo (collezione Picasso) al fauvismo.
Si proveniva da un periodo di tacchi a spillo, gli anni 60, per cui vi era una necessità più che altro di una calzatura comoda che non affaticasse il piede. Da qui, cioè dalla seconda metà dei 60, ecco un tacco alla portata di tutti e senza particolari impegni di postura del piede. Un tacco che andrà avanti fino ai primi anni '70.
Poi verso il 1973 il tacco si inizia leggermente ad alzare acquistando sempre più la forma del cubo. Da questo periodo, in parallelo, si alzano anche le suole anteriori dando vita alle zeppe, comunemente soprannominate “zattere” o dagli inglesi chiamate “platform”.
Erano anni di profonde lotte sociale e anche la moda ne risentiva. Tutto ebbe origine dal movimento femminista: sull’onda della protesta giovanile, infatti, anche la condizione femminile ricercava nella minigonna quei simboli di emancipazione e di piena autonomia sociale. Proprio la mini, da un lato
aveva rappresentato la donna “libera”, dall’altro aveva rafforzato il legame donna sexy – oggetto e questo non stava bene al movimento femminista, che nel corso dei primi 70, in pieno boom minigonna, ne sancì la condanna, rea di rappresentare la donna solo sotto l’aspetto estetico. Essa invece andava apprezzata per i valori intellettuali e non certo per un paio di gambe, per cui doveva vestire in maniera altamente non-sexy.
Siccome si stava anche diffondendo in larga scala la musica folkloristica, la tendenza moda inevitabilmente si spostò verso immagini contadine, rurali, zigane. Ciò voleva dire gonne lunghe fino ai piedi e soprattutto zoccoli. E proprio gli zoccoli, dal tipico tacco largo e dalla tipica zeppa in legno, segnarono una tendenza che si diffuse alle calzature comuni. A partire dal 1973 circa, quindi, scarpe e stivali presero questa caratteristica, e con le zeppe ai piedi, le donne vedevano anche diminuita la differenza di altezza verso gli uomini e pure questo poteva significare parità tra i sessi. Le zeppe erano di legno oppure (quelle più basse) di cuoio. In estate si usava anche il sughero per i sandali più leggeri.
Anche i piedi maschili, seppur in forma decisamente minore, non rifiutavano questa dilagante moda. Magari la zeppa era più che altro una grossa suola (1 cm. O 2), ma vi erano anche modelli da 4 - 5 o più centimetri come quelli adottati dall'allora nascente star Elton John. Con l’ausilio di pantaloni scampanati molto lunghi e larghi, era addirittura possibile coprire praticamente tutta la zeppa.
Nel 1964 Mary Quant inventa la minigonna e dalla metà degli anni 60, accorciandosi le gonne, gli stilisti sentono la necessità di allungare le calzature. In Italia è Caterina Caselli a lanciarli nel 1966 e da li non hanno praticamente mai smesso di essere una delle calzature preferite dalle donne. I materiali sono praticamente tutti in pelle naturale: i sintetici arriveranno in seguito. La cerniera laterale in tutti i modelli conferisce una certa aderenza alla gamba e i colori dominanti sono il marron testa di moro e il nero. Ma esistono anche modelli abbinati a vestiti, sia nel tipo di tessuto che nel colore. Gli stivali abbinati agli abiti avranno grande successo fino ai primi anni '70. Nel 1971-72 vengono introdotti i materiali sintetici, primo fra tutti un tessuto in pvc lucido. Colori preferiti bianco e nero. Caratteristica principale è la sua elasticità che permette di abolire la zip laterale pur conferendo una forma aderentissima alla gamba. Dal 1973 partono anche i modelli stringati.
Naturalmente sono anche gli anni dove trova spazio una certa bizzarria nel design dello stivale (già con zeppa) e anche artisti e musicisti particolarmente alla moda adottano questi modelli incredibili. Primi fra tutti “I Cugini di Campagna”. Nella seconda metà degli anni 70 si assiste ad un drastico ridimensionamento delle bizzarrie della moda legate agli stivali; solo la musica rock continua con le sue stravaganze. Passata la cometa de “l’importante è stupire”, si torna alla normalità.
Icona caratteristica e simbolica di una classe sociale e dell'ideologia politica degli anni '70 fu l'Eskimo, giubbotto impermeabile di semplice fattura, con cappuccio bordato di pelo, e lungo fino alle ginocchia o mezza coscia. Era dotato di larghe tasche, chiusura a lampo e ai polsi aveva una maglia elastica che ne garantiva la tenuta termica. Divenne famoso grazie alle rivolte studentesche del 1968, in cui veniva usato come simbolo di proletariato, poiché di prezzo accessibile alle classi meno abbienti. Inizialmente in vendita in negozi di articoli ex militari e simili, ben presto trovò spazio nelle botteghe specializzate nelle vendite di jeans, bancarelle di mercato, fino a diventare un indumento di largo uso. Francesco Guccini intitolò una delle sue canzoni “Eskimo”.
Incredibili e appariscenti disegni geometrici multicolor, fiori enormi oppure piccoli piccoli, cerchi, linee intrecciate e deformate. Questi disegni deformati provenivano da una moda nata nel periodo dell’uso di droghe allucinogene. Col passare dei primi anni 70 i fiori si tramutarono in linee geometriche rette: non più ovali deformati quindi, ma rettangoli, quadrati, greche, losanghe, linee diagonali. La moda fiori stava regredendo e come in tutte le mode che si attenuano,diventano di uso esclusivo di un pubblico più anziano.
A partire dal 1975 il fenomeno dei colori geometrici va drasticamente calando in quanto nella moda
abbigliamento si sta diffondendo la maglieria; non più quindi coloratissimi tessuti stampati, ma filati a tinta unica che si protrarranno fino agli anni 80 avanzati.
I cappelli negli anni '70 erano colorati ed esagerati, come un po’ tutta la moda in quel periodo di fermento.
Dalla moda hippy si importò poi quella che era l’antesignana dell’odierna bandana: una striscia di tessuto che avvolgeva la testa e i capelli. Si usava spesso anche solo come fermacapelli, spesso lunghi in quel periodo come era di moda.
Nella metà del decennio dilagò tra gli adolescenti la moda del cappellino “da baseball”.
Anche la moda delle parrucche è partita nel decennio precedente. Quindi già nel 1970 la moda è ai vertici massimi.
La parrucca veniva vista dagli stilisti come un integrazione del completo vestito–calzatura, un tutt’uno con l’acconciatura.
Erano anni in cui la moda cambiava moltissimo da un anno all’altro, per cui anche la capigliatura seguiva questo trend. Le tinture non avevano quegli standard di sicurezza di oggi, ed ecco che la parrucca risolveva un cambio di acconciatura. Chi non era propensa al cambiamento di look, aveva una parrucca rigorosamente simile al proprio taglio di capelli, in modo da avere sempre una testa pronta per le uscite, senza dover ricorrere alla messa in piega della parrucchiera.
Naturalmente anche i parrucchini per uomo erano al top e la cosa sembra ovvia se si pensa che erano anni in cui trionfavano i capelloni.
Gli occhiali da sole (ma anche inevitabilmente quelli da vista, seppur in forma minore) sono stati forse uno dei pochi elementi che ancora oggi ricordano meglio gli anni '70. La parola è sostanzialmente una: fanali! I primi 4-5 anni infatti vedono per le donne (ma anche per gli uomini) occhiali da vista dalla montatura plastica o naturale, molto spessa e dalle dimensioni ampie ben oltre l’ovale del viso. Lenti, soprattutto azzurre ma anche beige o tendenti al verde. Nella seconda metà del decennio, invece, le dimensioni si restringono e da ovali diventano più squadrate e avvolgenti. Se per le donne l’imperativo era “fanali”, per gli uomini (ma non solo) l’imperativo era Ray Ban. Le stanghette laterali verso le orecchie terminavano con una parte semimolle (quasi una vera e propria molla) piegata verso il basso oltre 180° e che praticamente avvolgeva l’orecchio da sopra, dietro, sotto e quasi risaliva davanti, obbligando strane manovre tutte le volte che si dovevano indossare, ma soprattutto togliere. Era in uso piegare gli occhiali frontalmente sulla parte centrale che sovrastava il naso verso il viso,dando una strana forma aerodinamica all’occhiale stesso.
Ritornando indietro di 30 anni, ci accorgiamo che si viveva un periodo di controcorrente sociale, in cui tutto veniva messo in discussione. Tra le altre cose, una forte condizione femminile che rivendicava la parità dei sessi senza mezzi termini. Di conseguenza anche la moda risentiva di questo, con soluzioni che, se oggi appaiono normali, prima di allora mai erano state proposte: pantaloni per lei e moda unisex per tutti. In pieno femminismo anche l’uomo si attrezzò di borsello: di dimensioni medie sui 20 cm, in colori
rigorosamente marrone o al massimo nero. Sulle prime venne accolto un po’ timidamente, ma in seguito anche gli uomini più all’antica cedettero alla moda incalzante di un prodotto tutto sommato pratico e risolutivo.
Anche per lei la moda, che proveniva da mini borsette anni 50/60, proponeva dimensioni più grandi proprio per farvi contenere meglio il necessario. Sempre dalle linee tendenzialmente geometriche e squadrate, venivano proposte senza tracolla, da portare sotto il braccio, oppure con la tracolla regolabile corta (da portare a mano) o lunga (a spalla). Ma un particolare che le contraddistingue e che a tutt’oggi fa della borsetta anni 70 un elemento unico era la sua costruzione “a fisarmonica”.
Tra gli anni 60 e 70, gli accessori moda ricoprivano un ruolo importantissimo nella moda. Uno di questi era il foulard, che non si voleva più in testa come storico copricapo, ma annodato al collo. Le cravatte erano ai minimi storici perché in piena contestazione giovanile, esse più di ogni altro capo d’abbigliamento, rappresentavano il “sistema” verso il quale tutti erano contro. Inoltre le scollature andavano aumentando: le camice si portavano aperte, con un paio di bottoni slacciati e i grandi colletti ben aperti sulle spalle. Mai come in questo periodo si è vista una dilagante moda unisex e anche i foulard e le sciarpettine rientravano in questo contesto.
A volte lo stesso foulard si legava attorno al cilindro di un cappello dalle tese larghe. Sui capelli (e legati sotto al mento) venivano indossati solo dalle donne più anziane. Tutti gli altri li portavano annodati al collo, centralmente o lateralmente, oppure legati attorno alla testa come una fascia fermacapelli, come da tradizione hippy.
Fonte: https://scrivichetipassa.files.wordpress.com/2011/03/anni-70-definitivo.pdf
Sito web da visitare: https://scrivichetipassa.files.wordpress.com
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.
I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve