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ASCOLTARE SIGNIFICA STARE A SENTIRE CON INTERESSE; certo siamo abituati in ogni momento del giorno a percepire suoni con i quali ormai conviviamo; dal supermercato all’autoradio della macchina, dalla discoteca a tutti i mezzi di comunicazione radiotelevisivi che abbiamo in casa, siamo ormai quasi braccati ed ossessionati dal suono, dalla musica. Ma in quale ambito possiamo veramente dire che il nostro è un ascolto con interesse, concentrato ed attento solo a quello, cioè un ascolto partecipato da parte nostra perlomeno da un punto di vista emotivo?
Possiamo arrivare a definire così tre diversi tipi d’ascolto:
cioè quello del quale non siamo consapevoli come ad esempio la musica di sottofondo in un supermercato.
come ad esempio una radio accesa mentre si studia o la colonna sonora di un film, l’aiuto cioè della musica ad un’altra azione che si svolge e che coglie principalmente la nostra attenzione.
che sarebbe poi il vero e proprio ascolto l’uso cioè di ogni facoltà uditiva ed intellettiva all’ascolto di un brano musicale o di un qualsiasi semplice evento sonoro.
Sarà proprio questo ultimo aspetto quello di cui ci occuperemo in queste pagine proponendoti però due diverse strade complementari fra loro: la prima cercherà di insegnarti una vera e propria tecnica
dell’ascolto concentrato. La seconda invece s’addentrerà in quella che è la struttura formale di un brano musicale cercando di vedere come è costruito momento per momento, nota per nota avvalendoci anche della ricerca storica: capire cioè quella che è stata l’esperienza umana riferita alla musica nel corso dei secoli fino ad arrivare ai nostri giorni.
Per percorrere la prima strada ti verranno proposte quattro diverse esperienze che verranno fatte in tempi non vicinissimi nell’arco dell’anno e che servono ad indicarti in definitiva quello che deve essere l’atteggiamento di fronte all’ascolto di un qualsiasi brano musicale.
Tali esperienze sono:
INTERPRETAZION E LIBERA
DARE UN TITOLO
COSTRUIRE UN PEZZO
L’ANALISI DI UN BRANO
Ma se non vogliamo fermarci esclusivamente alle apparenze emotive anche se vagliate e confortate dalla verifica del brano, ma vogliamo andare oltre ed indagare più a fondo nel fenomeno musicale, bisogna che quando ascoltiamo effettuiamo una vera e propria analisi strutturale del brano in cui vengono controllati, confrontati, e messi in luce tutti gli aspetti sonoro-musicali e tutti quelli socioculturali e storici che comunque hanno influenzato l’autore.
Per cominciare a chiarire e ad appropiarci di questo concetto utilizzeremo insieme un brano musicale come esempio e su quello proveremo a svolgere una analisi più approfondita.
Il brano che utilizzeremo è il primo tempo del concerto L’autunno dalle quattro stagioni di Antonio Vivaldi. Questi concerti sono preceduti da altrettante poesie che ne indicano un po il carattere e l’ambientazione; per il brano che ascolteremo la poesia dice:
Celebra il villanel con balli e canti del felice raccolto il bel piacere.
E del liquor di Bacco accesi tanti finiscono col sonno il lor godere.
Sembra evidente che questa breve struttura poetica ci riporta in un ambiente di campagna, dove si sta ballando e facendo festa perché la vendemmia è stata buona ed in mezzo a questa festa qualcuno si ubriaca.
Ma come Vivaldi ha cercato di rendere tutte queste idee?
Prendiamo ad esempio il ritmo; la struttura deve necessariamente essere semplice, fatta di note ribattute, e magari con delle diversificazioni e riprese ad ogni frammento proprio per evidenziare il concetto di danza.
E la melodia, ed il tema musicale principale?
Certo non possono essere molto complicati e fatti di grandi salti o di grandi volate strumentali ma dovranno essere anch’essi semplici, di poche note ed immediatamente assimilabili, in modo di ben rappresentare il semplice ambiente campagnolo di cui si parla e la festosità di tutti gli elementi descritti dalla poesia.
Che dire poi delle dinamiche sonore e dell’organico strumentale utilizzato?
Per controllare ciò bisogna chiaramente fare riferimento all’epoca presa in esame ed i due elementi appariranno quelli tipicamente in uso nel periodo barocco con la dinamica sonora a grandi blocchi del tema eseguito prima forte e subito dopo piano e con l’organico strumentale composto da soli strumenti ad arco.
In questo modo abbiamo esaminato solo il primo tempo dell’autunno vivaldiano ma come abbiamo già detto non è l’unico tempo del concerto; qui di seguito ora indicheremo il testo rimanente della poesia dedicata all’autunno e le altre poesie dedicate alle altre stagioni e musicate da Antonio Vivaldi. Prova a leggerle e, ascoltando i brani musicali a loro inerenti, cerca di fare mentalmente da solo tutto il lavoro fin qui proposto.
A seguire inseriremo poi una schede d’ascolto; modello da poter rifare sul quaderno ogni volta che ascolteremo un brano musicale per poterlo focalizzare nel migliore dei modi.
Fa ch’ ognun tralasci e balli e canti Agghiacciato tremar trà nevi algenti.
l’aria che tenperata dà piacere Al severo spirar d’orrido vento
e la stagion ch’invita tanti e tanti correr battendo i piedi ogni momento
d’un dolcissimo sonno albelgodere. e pel soverchio gel battere i denti;
I cacciator alla nov’alba a caccia Passar al foco i dì lieti e contenti
concorni,schioppie cani escono fuor mentre la pioggia fuor bagna ben cento;
Fugge la belva e seguono la traccia III tempo - Allegro
già sbigottita e lassa al gran rumore Camminar sopra il ghiaccio e a passo lento
de’ schioppi e cani, ferita minaccia per timor di cader girsene intenti;
languidadifuggir,maoppressamuore. girforte, sdrucciolar, cader a terra;
di nuovo ir sopra il ghiaccio e correr forte sin ch’il ghiaccio si rompa e si disserra; sentir uscir dalle ferrate porte
scirocco, borea, e tutti i venti in guerra quest’ è il verno, ma tal che gioia apporte.
Giunt’è la primavera e festosetti Sotto dura stagion dal sol accesa
la salutan gli augei conlietocanto languel’uom, langue il gregge e brucia il pino;
e i fonti allo spirar dei zeffiretti scioglie il cucco la voce e tosto intesa
con dolce mormorio scorrono intanto. canta la tortorella e ‘l gardellino.
Vengon coprendo l’aer di nero ammanto Zeffiro dolce spira ma contesa
e lampi e tuoni ad annunziarla eletti; Muove borea improvvisa al suo vicino.
indi,tacendoquesti, gli augelletti E piange il pastorel perchè sospesa
tornandinuovallorcanoroincanto. teme fiera burrasca e il suo destino.
E quindi sul fiorito ameno prato Toglie alle menbra lasse il suo riposo
al caro mormorio di fronde e piante il timore dei lampi e tuoni fieri
dorme ‘l caprar col fido cane a lato. e di mosche e mosconi il stuol furioso
Di pastoral zampogna alsuonfestante Oh, che purtroppo i suoi timor son veri.
danzanninfe e pastor nel letto amato Tuona e fulmina il ciel e grandinoso
di primavera all’apparir brillante. tronca il capo alle spighe e a grand’alberi.
Dalla sua apparizione sulla terra ad oggi tanti sono stati gli oggetti sonori che l’uomo si è inventato per poter in un primo momento comunicare con i suoi simili e solo secondariamente per ideare delle vere forme artistiche, passando dalla costruzione di strumenti molto semplici come i tamburi con i tronchi d’albero, alla costruzione di strumenti che ancora oggi troviamo nelle diverse culture popolari delle varie etnie geografiche (le cornamuse, le zampogne, le ciaramelle, le nacchere, il citar...), fino ad arrivare agli strumenti colti appartenenti alla nostra odierna cultura ; certo è che lo strumento musicale altro non è che il prolungamento e l’ampliamento delle possibilità che l’essere umano già aveva c on l’uso della propria voce in forma limitata e personale.
Proviamo anche noi, prima di parlare della codificazione che gli strumenti musicali hanno oggi nella nostra cultura, a costruire degli oggetti sonori; possiamo utilizzare qualsiasi tipo di materiale esistente cercando di mirare a due obiettivi:
Ora possiamo vedere come oggi gli strumenti musicali hanno raggiunto la loro massima evoluzione e come vengono classificati utilizzando quello che a noi sembra il metodo di classificazione più semplice e immediato.
Gli strumenti musicali si dividono in tre grandi gruppi che indicano dello strumento ciò che produce il suono, a loro volta questi gruppi vengono suddivisi in sottogruppi che indicano come ciò che produce il suono viene messo in vibrazione.
1. STRUMENTI AD INSUFFLAZIONE DIRETTA; strumenti cioè che necessitano per essere suonati solo del fiato dell’esecutore senza nessun ausilio di mezzi meccanici, e sono il FLAUTO, L’OTTAVINO.
*Gli strumenti dei primi due gruppi vengono chiamati anche legni dal materiale di costruzione; mentre, per lo stesso motivo, gli strumenti del terzo gruppo si chiamano ottoni.*
A questo gruppo appartengono:
1. STRUMENTI A CORDE STROFINATE; strumenti cioè che necessitano per suonare di un archetto al quale vengono applicati crini ( peli della coda) del cavallo che sfregati sulle corde le fanno entrare in vibrazione. A questa categoria appartiene tutta la famiglia degli archi e cioè IL VIOLINO, LA VIOLA, IL VIOLONCELLO ED IL CONTRABBASSO
A questo gruppo appartengono:
Riepilogando potremmo delineare un grafico di questo tipo:
STRUMENTI A FIATO
1. Strumenti ad insufflazione diretta
2. Strumenti ad ancia:
• Ancia semplice
STRUMENTI A CORDA
1. Strumenti a corde strofinate
2. Strumenti a corde pizzicate
3. Strumenti a corde percosse
STRUMENTI A PERCUSSIONE
1. Strumenti a suono determinato
2. Strumenti a suono indeterminato
• Ancia doppia
3. Strumenti ad ancia menbranosa più conosciuti come strumenti a bocchino
GLI ORGANICI STRUMENTALI
Forse anche l’usanza di suonare insieme questi strumenti fece piano piano capire l’importanza e la bellezza di più linee melodiche che si intrecciano fra loro e da esperienze più o meno improvvisate nacquero i primi organici strumentali veri e propri.
Gli strumenti musicali possono essere messi assieme nei modi più diversi per le diverse esigenze di chi compone: un flauto può suonare con un basso tuba ed un’arpa; una tromba con un clarinetto, un violino ed un pianoforte e così via; ma la cultura e la esperienza umana che si è sviluppata nel corso dei secoli qui in occidente ha stabilito alcuni complessi strumentali che per le loro caratteristiche timbriche e sonore rimangono fissi ed inalterabili e per i quali molti compositori hanno scritto pagine su pagine di musica. Indicheremo qui di seguito alcuni tra i complessi strumentali più importanti.
Innanzitutto dobbiamo dividere le diverse funzioni per le quali si utilizzano i complessi strumentali:
Tale complesso strumentale raggiunge e a volte supera i cento elementi e comprende tutti gli strumenti musicali in diverso numero, genertalmente così suddivisi: 16 violini primi, 14 violini secondi, 12 viole, 10 violoncelli, 8 contrabbassi, 1 ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 1 corno inglese, 3
clarinetti, 1 clarinetto basso, 4 fagotti, 1 controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 4 tromboni, 1 trombone
basso, strumenti a percussione vari che richiedono fino a quattro esecutori.
L’idea dell’orchestra come insieme di strumenti si perde nella notte dei tempi con esperimenti tra i più vari ma forse il primo tentativo in senso “moderno” fu quello di Claudio Monteverdi che, per l’allestimento della sua opera “Orfeo”, nel 1607 mise assieme un centinaio di esecutori degli strumenti più vari. Ma a parte questo esordio al quale possiamo fare riferimento, la storia della orchestra ha in Europa lungo il suo cammino fatto come già detto di vari esperimenti quattro tappe essenziali:
Tra tutti gli strumenti che abbiamo osservato e preso in considerazione manca indubbiamente il più importante, o meglio quello che ciascuno di noi si porta appresso tutti i giorni: LA VOCE UMANA. Certo l’uso che ne facciamo tutti i giorni potrebbe all’apparenza non farci pensare ad uno strumento musicale; ma ad una osservazione più attenta ci possiamo subito rendere conto che la nostra voce può strillare o bisbigliare, può fare suoni gravi e profondi o acuti e chiari, può cercare di imitare un qualsiasi verso naturale o meccanico. Senza pensare poi alle parole che acquistano, secondo come è la frase e secondo come noi vogliamo intenderla, una vera e propria musicalità; diversa da espressione ad espressione, da momento a momento.
Ma c’è chi della propria voce ne ha fatto uno strumento musicale vero e proprio; nella nostra cultura la musica è in effetti nata attraverso il canto perché elemento vicino all’uomo e relativamente facile da utilizzare. Nel corso dei secoli è poi diventato una realtà artistica di grande levatura sviluppandosi ed ampliando notevolmente la propria forma utilizzando appieno ogni coloritura ed ogni più piccola diversificazione del nostro apparato fonatorio.
Attualmente si è soliti dividere le diverse voci umane a seconda della diversa estensione e del diverso timbro sonoro. Avremo così tre gruppi di voci , ciascuno dei quali ulteriormente suddiviso.
A -- Le voci dei bambini denominate VOCI BIANCHE
B -- Le voci femminili suddivise dalla più acuta alla più grave in:
C -- Le voci maschili suddivise dalla più acuta alla più grave in:
Nell’opera lirica sia le voci maschili che quelle femminili possono prendere ulteriori nomi secondo una più specifica colorazione della voce e quindi una migliore adattabilità a parti musicali particolari. Avremo così, ad esempio, il soprano che può essere Lirico oppure Leggero, il basso che può essere Profondo, e così via.
Se è vero che la voce è uno strumento musicale che tutti abbiamo proviamo ad adoperarlo come tale cercando di fare uscire dalla nostra bocca dei veri e propri suoni; faremo questo in tre fasi diverse.
Utilizzando questo sistema delle note all’interno degli scacchetti potrai, con un po' di allenamento, ideare da solo delle facili melodie.
Uno degli strumenti musicali che utilizzeremo qui a scuola sarà il flauto dolce anche se di questo strumento parleremo in effetti pochissimo in questo testo perché sarà compito del tuo insegnante fartelo utilizzare nel migliore dei modi.
All’apparenza il Flauto Dolce può sembrare un giocattolo, ma è in effetti uno strumento musicale molto importante e molto utilizzato soprattutto nel periodo che va dal 1400 fino a tutto il 1600.
Quello che noi utilizziamo non è che uno dei componenti di una famiglia strumentale piuttosto ampia composta essenzialmente da quattro strumenti:
Noi uomini abbiamo imparato molto presto ad utilizzare il suono; certo in un primo momento il suo utilizzo era solo finalizzato all’imitazione dell’ambiente circostante, poi con il passare del tempo abbiamo imparato ad organizzare tutto questo materiale ed a farne della musica; dapprima solo come elemento di pura comunicazione poi, ma solo molto più tardi, anche come dato culturale ed artistico rappresentativo di una società. L’aspetto della comunicazione non è comunque mai sparito: comunicazione con i propri simili all’interno del proprio gruppo societario, e comunicazione verso l’entità creatrice.
Quando poi l’uomo ed il suo piccolo gruppo cominciò ad avere scambi con altri uomini di altri gruppi societari nacque il bisogno di una grafia e di una grafia musicale per superare il problema dello spazio e per far rimanere nel tempo le cose in modo inalterato; da allora ad oggi molte sono poi state le trasformazioni: certo sarebbe impossibile ora tramandarsi oralmente le composizioni quando si ha a disposizione una orchestra con più di cento elementi e quando si fanno composizioni vocali per coro a più voci.
La grafia musicale nacque quindi abbastanza presto; troviamo infatti indicazioni grafiche dei suoni già presso gli ittiti attraverso la scrittura cuneiforme poi presso i greci con una struttura musicale precisa e complessa ma se vogliamo vedere come la nostra cultura sia arrivata all’attuale notazione musicale dobbiamo tornare indietro fino al medio evo e non spostarci dall’Europa.
Allora nacque l’abitudine di indicare sopra i testi dei canti, mediante l’uso di semplici segni, l’andamento melodico della composizione; questi segni si chiamarono “NEUMI”
Da questo primo abbozzo di notazione è facile capire come si sia potuti arrivare alla nostra attuale forma: i neumi si sono via via trasformati prima in concatenazioni standardizzate indicanti diversi valori e movimenti, fino poi alla notazione attuale rotonda, che stabilisce per ogni diverso segno una durata precisa in rapporto ad un tempo indicato all’inizio del brano. Le linee sono arrivate a cinque utilizzabili per ogni chiave musicale, e l’indicazione della nota all’inizio del rigo si è trasformata nelle chiavi musicali che altro non sono se non la trasformazione grafica, avvenuta nel corso dei secoli, proprio di quella nota.
Attualmente quindi il nostro sistema musicale è basato sulla scrittura delle note (suoni) e pause (silenzi) che secondo come vengono disegnate acquistano un valore (durata nel tempo) diverso. Tale scrittura è fatta su di uno speciale rigo formato da cinque linee e quattro spazi. Il rigo musicale o pentagramma.
All’inizio del pentagramma è sempre posta la chiave musicale.
Le chiavi musicali:
Chiave di fa
Chiave di do
Chiave di sol
I valori musicali: (durata dei suoni)
nome |
valore |
Suono (nota) |
Silenzio (pausa) |
Semibreve |
4/4 |
|
|
Minima |
2/4 |
|
|
Semiminima |
1/4 |
|
|
Croma |
1/8 |
|
|
Semicroma |
1/16 |
|
|
e note vengono poi poste sul pentagramma, che ne indica l’altezza precisa, sia sulle linee che sugli spazi, con un diverso nome secondo la chiave musicale che viene usata. La chiave musicale che impareremo ad utilizzare per il nostro uso scolastico sarà quella di più largo impiego: la chiave di sol o di violino.
Il suono si propaga nell’aria o in qualsiasi altro elemento formando delle concentrazioni e delle rarefazioni delle molecole
Ogni suono che giunge al nostro orecchio ha tre caratteristiche fisiche ben riconoscibili.
ALTEZZA
E’ quella speciale caratteristica che ci fa riconoscere un suono acuto (alto) da uno grave (basso) dipende da un punto di vista fisico dal numero di vibrazioni al secondo; più veloce è la vibrazione e più acuto sarà il suono, viceversa più lenta è la vibrazione e più grave risulterà il suono percepito.
Se potessimo avere a disposizione un apparato in grado di “fotografare” la vibrazione sonora (tale
apparecchio si chiama oscilloscopio) l’immagine che vedremmo sarebbe all’incirca questa:
L’altezza del suono si calcola in Hertz (Hz) che sta’ ad indicare il numero di vibrazioni al secondo, i limiti di udibilità variano a secondo degli esseri viventi, per l’uomo vanno da 20 a 20.000 Hertz, per il cane arrivano fino a 40.000 mentre per il pipistrello arrivano addirittura a 140.000. Sotto la barriera di udibilità umana i suoni si chiamano infrasuoni mentre sopra vengono definiti ultrasuoni.
E’ quella speciale caratteristica che ci permette di riconoscere un suono forte da uno debole, dipende dalla diversa lontananza dell’oggetto che percepisce il suono da quello che lo produce e dalla forza della eccitazione del corpo sonoro; da un punto di vista fisico dipende dalla diversa ampiezza della vibrazione.
L’intensità del suono si calcola in decibel (dB) che è la forza del suono alla sua origine; per l’orecchio umano è dannoso il suono sopra i 90 dB e giusto per avere un paragone basti pensare che dove si provano i jet supersonici il suono raggiunge i 120 dB mentre in una discoteca i suoni di “picco” arrivano facilmente anche a 140 dB.
Musicalmente. l’intensità del suono, è espressa da una serie di simboli, lettere, parole che esprimono l’intensità voluta e richiesta dal compositore in un particolare punto della partitura musicale.
ff |
fortissimo |
o cresc......... |
crescendo |
f |
forte |
o dim........... |
diminuendo |
mf |
mezzoforte |
|
|
mp |
mezzopiano |
sf |
sforzando |
p |
piano |
> |
accento |
pp |
pianissimo |
|
|
E’ quella speciale caratteristica che ci permette di riconoscere una sorgente sonora da un’altra, uno strumento da un altro anche se producono un suono con la stessa altezza e la stessa intensità; dipende dalla diversa forma e dal diverso materiale di costruzione dello strumento e da un punto di vista fisico dipende dalla forma della vibrazione.
In realtà però, per capire appieno da che cosa è dato il timbro di un suono dobbiamo riuscire a comprendere che un suono contiene al suo interno tanti piccoli suoni non udibili singolarmente; tali suoni si chiamano suoni armonici .
E’ come se ogni suono udibile non fosse altro che un contenitore riempito con questi suoni armonici
che, a seconda delle fattezze dello strumento e del suo materiale di costruzione vengono messi in evidenza, a volte alcuni ed a volte altri dando quindi risultati sonori diversi secondo quale strumento viene utilizzato.
suono contenente i suoni armonici
I suoni da soli non sono sufficienti, anche se strutturati come abbiamo visto, ad essere definiti musica; hanno indubbiamente bisogno di alcuni elementi: tali elementi di base affinché i suoni siano musica sono tre: il ritmo, la melodia, l’armonia.
Alla base della melodia e dell’armonia odierne si pone la scala musicale ed il rapporto di distanza che va tra un suono e l’altro, tra una nota e l’altra.
In realtà pur essendo le note musicali sette, se osserviamo la tastiera di un pianoforte ci accorgiamo che i suoni su cui lavora il nostro sistema musicale sono dodici, tutti acusticamente distanti allo stesso modo da quello che lo precede e da quello che lo segue; per poterli ottenere dobbiamo servirci delle ALTERAZIONI.
Le alterazioni sono dei segni convenzionali che servono ad alzare o ad abbassare le note di una “distanza sonora” chiamata semitono che è la distanza più piccola tra due note; tali segni sono il diesis ( # ) che alza la nota, ed il bemolle ( b ) che la abbassa.
L’unione di due semitoni da la distanza di un tono che è, in effetti, la distanza più frequente tra una nota e la sua successiva della scala musicale diatonica.
naturale, il DOPPIO DIESIS che alza la nota di due semitoni ed il doppio bemolle bbche
abbassa la nota di due semitoni
Le scale stanno alla base di tutto il sistema armonico perché da esse si comprende quante e quali alterazioni devono essere utilizzate per la composizione di un brano musicale.
Ogni grado della scala ha un suo specifico nome che ne indica l’importanza:
Ad ogni scala “costruibile” corrisponde una TONALITÀ che si pone come base per la costruzione di una composizione musicale.
Anche sa apparentemente questi due termini potrebbero sembrare uguali indicano però due cose diverse:
Potremmo in questo modo identificare principalmente due grandi generi musicali che a noi sembrano importanti, all’interno dei quali cercheremo di focalizzare alcune forme musicali.
A questo gruppo si convogliano tutte quelle composizioni che hanno per interpreti esclusivamente gli strumenti musicali.
Insieme di brani di diverso tipo nata dalla consuetudine nel periodo barocco di raccogliere in gruppi più movimenti di danza, unendoli generalmente uno vivace ad uno di carattere più meditativo, con la stessa tonalità; nel corso del tempo la suite subirà varie distorsioni a partire da Bach che introdurrà talvolta un preludio e perderà piano piano la sua connotazione originaria di danze unendo insieme brani di carattere diverso. La forma delle danze è abbastanza semplice, divisa in due parti con un unico tema musicale (bipartita monotematica).
Composizione per orchestra molto importante soprattutto nel periodo barocco può essere:
Entrambi gli aspetti del concerto sono suddivisi generalmente in tre diversi tempi; un allegro, un adagio, un allegro.
Composizione per orchestra che può anche servire come introduzione generalmente ad uno spettacolo teatrale. Nel primo caso ha la struttura simile al primo tempo della sonata, nel secondo caso è generalmente un collage dei temi musicali dell’opera.
E’ indubbiamente la composizione più importante tra quelle strumentali fino al 1800 e nasce praticamente dalla suite di cui abbiamo già parlato. Seconda tappa è stata la sonata di Domenico Scarlatti (1685-1757), composizione in un solo tempo divisa in due parti con due temi (bipartita e bitematica). Las Sonata raggiungerà la sua forma definitiva con Mozart, Haydn e Beethoven. Divisa in più tempi, generalmente quattro con le seguenti caratteristiche:
la forma è diversa per ogni tempo:
Il primo, denominato appunto tempo di sonata è diviso in tre parti con due temi. Il secondo generalmente è strutturato come una canzone con un unico tema.
Il terzo di solito è uno scherzo o un minuetto con un tema e diviso in tre parti.
Il quarto infine è un rondò che riprende generalmente le caratteristiche del primo tempo (cioè i due temi divisi in tre parti) ma in modo più conciso aggiungendo spesso una coda di notevoli dimensioni per giustificare la conclusione della composizione.
Questa forma a seconda della sua destinazione può prendere nomi diversi: trio, quartetto, sinfonia...
in questo caso potrebbero anche scendere a tre il numero dei tempi.
Composizione nata a metà dell’800 non è prestabilita come forma ma ispirata ad impressioni del compositore in una sorta di “musica a programma”. La composizione è in un solo tempo
Composizione estremamente complessa e di una imponente architettura può essere anche vocale e raggiunge la sua massima importanza nel 700 soprattutto ad opera di Bach.
La fuga è fatta di tre momenti importanti:
Nella prima parte vengono presentati i temi musicali denominati Soggetto, cioè tema principale che è di solito uno; e Controsoggetto, che è una specie di contrappunto al soggetto indicato prima. Queste parti vengono poi arricchite dalle loro imitazione ad un’altra tonalità (queste imitazioni si chiamano risposte) e si inseguono in continuazione in un gioco di inseguimenti e di entrate continue con diverse voci sugli stessi temi e sulle loro imitazioni fino ad arrivare allo sviluppo in cui parti diverse chiamate divertimenti o episodi si alternano contro riesposizioni facendo tornare in gioco alcuni frammenti o elaborazioni dei temi già ampiamente trattati nella prima parte. Nell’ultimo momento della composizione si assiste poi ad una serie di riprese delle imitazioni già sentite nella prima parte ma con una successione di entrata delle diverse voci che si accavalla in modo sempre più rapido.
In questo gruppo inseriremo solo due generi:
Lavoro musicale a più voci (cinque o più) di genere sacro e legato alla interpretazione del testo; ad ogni frase letteraria corrisponde un tema musicale.
Può essere polifonico, ed in questo caso il tema musicale circola per tutte le voci (un po' come nella fuga) fino ad esaurire l’episodio.
Può anche essere omofono, ed in questo caso la voce più acuta rappresenta un po la melodia guida con le altre voci che formano una sorta di accompagnamento ritmicamente simultaneo.
Equivalente al mottetto tranne per il testo che è profano.
Esistono poi altre forme compositive che osserveremo brevemente:
LA VARIAZIONE che può andare dalla semplice fioritura di un tema musicale ad una sua complessa elaborazione in termini ritmici, tonali, melodici.
LA ROMANZA SENZA PAROLE tipica del romanticismo che altro non è se non una semplice melodia accompagnata.
IL PRELUDIO che può essere o una introduzione o un pezzo a se stante ma in entrambi i casi senza una forma strutturale predefinita.
LO STUDIO che ha come scopo il superamento di particolari difficoltà sulle quali, quindi il brano sarà basato (una particolare scale, un arpeggio, alcune particolarità tecniche dello strumento utilizzato...).
L’INVENZIONE che è una breve composizione di carattere polifonico con uno schema libero.
IL CANONE basato sulla ripetizione di un tema, da voci che entrano successivamente alla proposta.
IL CORALE, forma polifonica molto antica ed importante.
L’ARIA, brano vocale con accompagnamento strumentale.
LA CANTATA che può essere sacra o profana ed ha alcune analogie con l’oratorio. L’ORATORIO, composizione per orchestra, coro e cantanti solisti in cui vi è una narrazione di un avvenimento storico tratto dai testi sacri dove i vari personaggi dialogano tra loro e il coro commenta gli avvenimenti.
Infine esistono ancora altre composizioni come la ballata, la canzona, il ricercare, il capriccio, la
Un posto a parte è riservato alla MESSA come espressione più grande di musica liturgica; la Messa comprende cinque diverse parti; Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus-Benedictus, Agnus Dei. Mentre nella Messa da requiem (cioè dedicata ai defunti) le parti sono: Requiem, Kyrie, Dies irae, Offertorio, Sanctus-benedictus, Agnus Dei, Libera me Domine.
Certo è che leggere tutti questi dati insieme può creare un po’ di confusione ma bisogna comprendere che per giungere a tutte queste strutture la cultura occidentale ha camminato per diversi secoli e con la partecipazione di numerosissimi musicisti che hanno contribuito, epoca storica dopo epoca storica, a giungere a tutto questo.
Proviamo però a sdrammatizzare questo discorso serioso utilizzando anche noi, in un modo sonoro e musicale a noi più vicino, tre strutture musicali: l’eco, il canone, il rondò.
Disponiamoci in due gruppi diversi, il primo avrà il compito di dire ad alta voce una parola, una frase, un inciso ritmico o addirittura una frase musicale. Il secondo, in risposta e dopo che il primo gruppo ha terminato, dovrà ripetere la stessa frase ma sottovoce; proprio alla maniera dell’eco.
Sempre disposti in più gruppi; prima due, poi tre, quattro, ecc... si sceglierà una frase ritmica o musicale da eseguire. Il primo gruppo inizierà l’esecuzione e, ad un certo punto di essa inizierà il secondo gruppo, poi il terzo, il quarto e cosi via fino all’ultimo mentre gli altri, se hanno terminato il tema lo riprenderanno da capo fino ad una chiusura che verrà decisa dall’insegnante.
Primo gruppo: A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V Secondo gruppo: A B C D E F G H I L M N O P Q R Terzo gruppo: A B C D E F G H I L M N
Quarto gruppo: A B C D E F G H
Questa struttura può essere ideata ed eseguita o singolarmente o in diversi gruppi e possono ugualmente all’esperienza precedente, essere utilizzate sia frasi ritmiche che musicali.
Si tratta di alternare ad una frase costante e sempre identica, nuove frasi sempre diverse seguendo lo schema qui sotto indicato:
frase A - frase B - frase A - frase C - frase A - frase D - frase A - frase E - frase A
L’ uomo da quando è apparso sulla terra fino ad oggi ha sempre percorso le tappe del suo cammino portando con se tutta la sua esperienza, applicandola ed utilizzandola di volta in volta, in tutti gli ambiti della propria esistenza; dalle scoperte scientifiche alle guerre, dalla vita più comune ai grandi atti di eroismo...
Ma in tutto questo camminare parte importante è indubbiamente tutto l’aspetto relativo al suono, alla musica, rimasta per sempre ed anche tuttora specchio fedele dell’animo umano, della esperienza e della storia dell’uomo, sintetizzando nella durata di una composizione musicale e attraverso un sapiente uso dei suoni la perfetta simbiosi tra gli uomini e tutta la loro esperienza di vita quotidiana; la loro cultura.
In queste pagine tratteremo molto brevemente ciò che l’uomo ha saputo riportare e trascrivere della sua esperienza in musica, trattando in modo privilegiato l’esperienza musicale del mondo occidentale perché più vicina alla nostra sensibilità uditiva, e perché culla ed origine di ciò che noi viviamo oggi; senza tralasciare le influenze e le esperienze più significative degli altri popoli e delle civiltà più lontane dalla nostra.
Quando la musica sia nata come tale e perché nessuno potrà mai dirlo con precisione e tante sono le teorie in merito fatte soprattutto a partire dal secolo scorso: il ritmo come momento originario della musica, il canto come sfogo psichico e liberatorio, i riti magici... ma tutto ci riconduce al fatto che l’uso del suono da parte dell’uomo nasce in effetti con l’uomo stesso; è attraverso il suono infatti che l’uomo imparerà a conoscere la propria voce, le cose circostanti, la loro distanza, l’indole di alcuni animali... poi piano piano attraverso la riproduzione dei suoni percepiti inizierà il grande viaggio della comunicazione sia con i propri simili che con l’entità suprema e gli spiriti.
Paradossalmente solo oggi possiamo un po’ ricostruire come era la musica dei popoli primitivi grazie ai mezzi di registrazione utilizzati presso quei popoli che ancora vivono in una situazione primordiale e anche se le registrazioni raccolte hanno fatto riscontrare un diverso sviluppo tecnico avvenuto comunque in questi millenni si è potuti arrivare alla definizione di due caratteristiche identiche per tutti i popoli primitivi:
Da quel momento a quando l’uomo lascerà le prime testimonianze riguardanti la musica passeranno millenni, durante i quali probabilmente il rapporto tra uomo e musica sarà si un rapporto riguardante l’intera comunità, ma ancora in una fase molto primordiale di sviluppo tecnico e tesa soprattutto ad un rapporto privato, quasi intimo tra l’essere vivente, il suo gruppo societario ed il loro creatore.
La nostra cultura musicale nasce nel bacino del mediterraneo dai grandi popoli che l’hanno abitata;
La conoscenza dell’arte musicale di questi popoli ci deriva dalle pitture e dai testi scritti rimasti fino a noi senza però sapere con estrema precisione come realmente fosse la musica in quel tempo.
Proviamo a ricostruire una immagine dell’epoca:
Per gli egiziani la musica era un dono prezioso del cielo; era chiamata hy che significa gioia, letizia ed era la voce di tutte le cose. Manteneva un legame strettissimo con il tempio e la religione.
Degli ebrei si trova traccia riguardo alla musica un po in tutta la Bibbia e da questo si può anche dedurre l’importanza spirituale ad essa attribuita. Il canto era affidato alla tradizione orale senza quindi nessuna notazione ma alcuni studi ci hanno permesso di recuperare alcuni canti soprattutto di carattere religioso dai quali si può dedurre che la liturgia aveva tre tipi di canto:
la recitazione intonata dei salmi - Salmodia
la lettura cantata dei Sacri testi - Lectio
il canto degli inni - Innodia
Nel mondo greco troviamo invece, a fianco dell’importanza religiosa, una importanza sociale della musica. Essa era parte importante dell’insegnamento scolastico perché indispensabile alla formazione degli alunni.
In un clima di questo tipo è logico che proprio in questa zona del mediterraneo nascono i primi “pensatori” musicali e con essi i primi codici, le prime regole, le prime strutture.....
La parola “ARMONIA” indicava una successione ordinata di suoni. Il sistema musicale greco era fondato sul “TETRACORDO” che era una successione di quattro suoni vicini e discendenti; due tetracordi consecutivi e vicini davano origine ad una scala discendente di otto suoni chiamata “MODO”.
Assai importanti erano gli AEDI una sorta di cantori nomadi di cui ricordiamo il più famoso: Omero.
L’antica Roma non fu molto portata per l’arte musicale tanto da non ideare nessuno stile a se proprio e tollerò con discreta disinvoltura tutte le concezioni musicali all’interno del suo vastissimo impero.
Gli strumenti musicali utilizzati in questo periodo sono molto semplici per quanto già abbozzati in ogni gruppo: a fiato esistono vari tipi di flauti di canna tra cui l’AULOS greco, diversi strumenti d’ottone simili nell’uso alle odierne trombe e corni; a corda varie cetre, lire, arpe; ed infine a percussione diversissimi tipi di tamburi, nacchere, legnetti, cimbali...
E’ indubbiamente questo un periodo lunghissimo ed estremamente travagliato della storia dell’uomo; ma proprio in questo periodo poggiano le basi della nostra odierna cultura musicale: è qui che nasce la notazione musicale, il concetto di scala musicale, la polifonia, l’uso degli strumenti in modo abbastanza organico.... ma andiamo con ordine.
Come abbiamo già detto l’impero romano non tenne in grande considerazione l’arte musicale, ma i
cristiani seppero raccogliere un po tutte le tradizioni musicali dei popoli che i primi apostoli visitarono e portarono a Roma. E’ chiaro che dopo l’editto di Costantino nel 313 tutta questa massa di musica vocale venne alla luce e poté tranquillamente essere espressa a tutto il mondo allora conosciuto.
Ben presto però nacque un problema: il grande proliferare di canti li allontanò progressivamente dalla regola cristiana, per cui il Papa Gregorio Magno (pont. 590-604) unificò e raccolse in un libro chiamato Antifonario i canti cristiani dando anche una regola ed una struttura ad essi ed a quelli che sarebbero stati scritti dopo di lui.
La struttura del Canto Gregoriano è la seguente:
Ad un monaco benedettino Guido d Arezzo (997-1050) spetta invece il merito di avere realizzato la notazione musicale, l’attribuzione cioè di un nome a ciascun suono della scala. Questa invenzione sarà estremamente importante per l’avvio dell’uso di più suoni insieme e poi, in un secondo tempo per tutta la armonia moderna.
Fioriranno così le prime forme di polifonia che partendo dai canti gregoriani svilupperà una seconda voce; i canti nel tempo aumenteranno progressivamente il numero delle voci. queste composizioni prenderanno il nome di Organa (plurale di Organum).
Da queste prime e semplici forme di canto polifonico ne nasceranno ben presto altre molto più evolute tanto da avviare a Parigi dopo l’anno 1000 e fino a circa tutto il 1200 una vera e propria scuola polifonica presso la allora in costruzione Cattedrale di Notre - Dame: la Scuola di NOTRE-DAME. Maestri di questa scuola furono principalmente Leonin (fino al 1190) e Perotin (fino al 1230).
Le forme che vi si svilupparono furono principalmente:
In questo periodo non ci fu un grande uso di strumenti musicali anche a causa della loro inadeguatezza nei confronti della ben più importante allora voce umana; generalmente si limitavano a raddoppiare il tema del canto o a sostituirlo. Anche se sempre utilizzato in modo semplice troviamo forse maggior uso di strumenti musicali nella musica profana:
E’ questo il periodo delle crociate e nasce in questo periodo la CANZONE legata al clima cavalleresco al culto dell’amore e della donna. La canzone nasce soprattutto in Francia ed in Germania.
In Francia troviamo al sud i Trovatori con canti soprattutto sulla donna, sulla natura, sull’amore; ed al nord i Trovieri con canti cavallereschi.
Corrispettivo dei Trovatori e dei Trovieri troviamo in Germania i Minnesaenger.
In Italia nello stesso periodo troviamo canzoni popolari di ispirazione religiosa denominate Laudi.
In questo periodo inizia il declino del medio evo e all’Ars Antiqua (nome che presero le composizioni della scuola di Notre Dame e quelle a loro simili) si sostituì l’Ars Nova movimento in cui nasce una vera e propria sensibilità di unire e sovrapporre diverse melodie creando un vero contrappunto tra le diverse voci. Artefici di questa nuova scuola furono Philippe de Vitry e Guillaume de Machault.
Il proliferare di musica sacra in Francia è dovuto principalmente al fatto che il Papa in quel periodo risiedeva ad Avignone e questo portò notevoli vantaggi alla musica perchè, mentre da una parte la musica sacra si staccò sempre di più dalla monodia e dal canto a cappella, in Italia si scoprì il gusto della musica profana (Madrigale, Caccia, Ballata)
La Francia perde in questo periodo il suo primato culturale e politico dopo la sconfitta di Azincourt avvenuta nel 1415 per via degli inglesi. Appaiono così sulla scena culturale europea alcune città fiamminghe ed il movimento culturale che da esso parte prendendo il nome di scuola fiamminga diventerà ben presto un grande movimento internazionale dal quale tutti i musicisti europei attingeranno anche perché i più grandi maestri fiamminghi lavoreranno nei più grandi centri di tutta Europa.
Musicisti come: Guillaume Dufay (1400-1474), Gilles Binchois (1400-1460), Johannes Ockeghem (1428-1495), Josquin Despres (1440-1521) porteranno al culmine l’evoluzione della polifonia nelle forme musicali della messa e del mottetto nella musica sacra e della Canzone polifonica (Chanson) nella musica profana, utilizzando l’imitazione o canone come elemento fondamentale della loro arte. Tra i musicisti che crebbero sotto questa scuola ricordiamo il più grande musicista del 1500: Giovanni Pierluigi da Palestrina.
Ancora in questo periodo gli strumenti musicali non sono in grado di eguagliare le possibilità della voce ma cominciano ad esserci validi musicisti seriamente interessati alla musica strumentale che in quel periodo era rivolta soprattutto all’organo, al liuto, agli strumenti d’ottone...tra questi ricordiamo l’organista Girolamo Frescobaldi, Andrea Gabrieli, Giovanni Gabrieli.
Nella prima metà del ‘500 Martin Lutero da il via in Germania alla riforma protestante che mirava essenzialmente alla partecipazione dell’assemblea al rito (non ci dimentichiamo che tutto nella fede cristiana era fatto in lingua latina che ormai era stata soppiantata nel linguaggio comune dalle lingue nazionali); nascerà così il Corale protestante in cui viene utilizzata la lingua volgare (germanica) strutturata come semplice forma di inno da cantare in coro; la melodia risente un po' del lied monodico tedesco, del canto gregoriano, di alcuni canti popolari.
Il corale sarà un importante esempio di educazione musicale comune, di coesione culturale e linguistica fortemente ancorata nelle tradizioni popolari.
In Italia invece si delineano nel 1500 tre aspetti musicali diversi:
Il melodramma nasce grazie ad un gruppo di nobili desiderosi di ripristinare un concetto musicale dell’antica Grecia; l’unione delle arti quali la musica, la danza, il dramma teatrale. Questo gruppo di persone fu chiamato la Camerata fiorentina o Camerata de’ Bardi dal nome del nobile presso la cui casa si svolgevano gli incontri.
Il primo esempio di Melodramma sarà l’Euridice di Jacopo Peri e Giulio Caccini rappresentata per la prima volta il 6 ottobre 1600 ma per udire un’opera veramente compiuta si dovrà aspettare il 1607 data della prima rappresentazione dell’Orfeo di Claudio Monteverdi, opera compiuta in tutte le sue parti ed in cui vi è anche un primo abbozzo di vera orchestra.
Sarà inoltre alla fine di questo periodo che cominceranno a porsi le basi dell’armonia soprattutto grazie al teorico Gioseffo Zarlino che enuncerà una vera teoria dell’armonia, cioè della successione e
sovrapposizione ordinata dei suoni, cominciando a concepire la musica con una certa prospettiva e profondità sonora e musicale.
Alla fine del ‘500 nascono il Violino ed il Clavicembalo che saranno poi strumenti importantissimi dei secoli a seguire.
Grazie alle ultime cose dette nel punto precedente ed all’affermarsi del concetto di Tonalità e con esso del modo maggiore e del modo minore , il periodo che parte dal 1600 fino a circa metà del ‘700 sarà caratterizzato da un allontanamento progressivo dalla polifonia per dirigersi verso una nuova forma di monodia, questa volta accompagnata o da altre voci o da strumenti musicali.
Anche la musica strumentale vedrà in questo periodo un grande sviluppo causato dalla nascita degli strumenti sopra citati, dal perfezionamento tecnico dei altri strumenti musicali e dallo stabilirsi di regole armoniche e strutturali tali da poter permettere un uso organizzato dei primi veri organici strumentali.
Oltre al Melodramma che riunisce al suo interno varie forme d’arte come la musica, la danza, la commedia drammatica, la pittura, la scenografia, l’architettura; è questo il grande periodo dell’Oratorio, che nasce in ambito religioso ma che soddisfa allo stesso tempo le esigenze popolari di teatralità e di misticismo.
L’Oratorio, di cui il più grande maestro fu Giacomo Carissimi, è simile al melodramma ma senza
azione scenica, tutto si svolge solo tramite il canto dei vari personaggi e la musica; come nel melodramma tutto è strutturato attraverso recitativi ed arie affidate ai vari personaggi solisti mentre il popolo è rappresentato dal coro. A volte nell’oratorio la storia ed i legami tra gli episodi è narrata da un personaggio chiamato Hystoricus.
Nell’opera incontriamo inoltre un nuovo fatto: alcuni intermezzi buffi che venivano utilizzati tra un atto e l’altro dei drammi per sciogliere un po' l’atmosfera prendono una forma più ampia ed organica; nasce così l’Opera Buffa di cui il primo capolavoro fu La Serva Padrona di Giovan Battista Pergolesi (1710-1736).
E’ questo uno dei grandi periodi aurei della musica e tanti sono in questo periodo i musicisti legati sia alla musica vocale che a quella strumentale tra questi ricordiamo: Girolamo Frescobaldi (1583- 1643), Arcangelo Corelli (1653-1713), Domenico Scarlatti (1685-1757), François Couperin (1668- 1733), Tommaso Albinoni (1671-1750), Benedetto Marcello (1686-1739), Antonio Vivaldi (1678- 1741).
Ma i due personaggi che sapranno racchiudere in loro tutta questa epoca saranno due tedeschi: Johann Sebastian Bach (1685-1750) e Georg Friedrich Händel (1685-1759).
Qeste due personalità così vicine e simili come datazione storica e appartenenza territoriale sono però profondamente diverse; il primo racchiude in se tutta la spiritualità ed i valori ascetici del medioevo proposti dalla riforma protestante, mentre il secondo, personaggio più mondano e di corte è perfettamente inserito nella piena mentalità rinascimentale; così che mentre Bach chiude un mondo e un’epoca e solo molto tempo dopo (un centinaio di anni) verrà riesumato quasi per caso tutto il suo immenso lavoro, Händel sarà ispiratore di nuovi musicisti.
Nella seconda metà del’700 anche la musica si appropria degli ideali di questo periodo: l’eleganza, la serenità delle forme, l’equilibrio, la giometria quasi perfetta delle forme e dell’architettura...
Gli strumenti musicali hanno sempre più voce in capitolo sia da soli che in organici sempre più funzionali all’uso; questo soprattutto a causa di alcuni elementi che si inseriscono nel periodo:
Ulteriori novità di questo periodo sono date da Giovanni Battista Sammartini (1701-1775) al quale viene attribuita la divisione in quattro tempi della sinfonia; e da Luigi Boccherini (1743-1805) che fonda il primo quartetto stabile.
I tre compositori che sovrastano in questa epoca sono:
Franz Joseph Haydn (1732-1809) che passò alla storia come il padre della sinfonia
Wolfgang Amadeus Mozart ( 1756-1791) che fu tra le altre cose anche il primo “libero professionista” dei compositori
Ludwig Van Beethoven (1770-1827) che chiude questo periodo storico ponendosi perfettamente al
centro tra gli equilibri dell’epoca e le inquietudini del periodo successivo.
In modo opposto al periodo precedente, il Romanticismo si contraddistingue per le grandi tensioni ed inquietudini., c’è un notevole allungamento nelle composizioni perché non basterà più rappresentare con la musica un oggetto, ma il compositore dovrà in questo periodo esprimere attraverso la musica la sua visione dell’oggetto. La musica non è più ad unico uso di alcuni ceti sociali ma, grazie anche alla rivoluzione francese, è divenuta bene di tutti per cui tutte le formule compositive usate perdono un po' la loro rigidità e ne nascono di nuove molto più libere. L’artista, che non è più ad esclusivo servizio di un padrone, si sente ormai libero di comporre realmente per ciò che sente.
Importanti elementi musicali del periodo sono:
Alcuni musicisti dell’epoca sono: Niccolò Paganini (1782-1840), Hector Berlioz (1803-1869), Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847) al quale si deve la riscoperta di Bach, Robert Schumann (1810-1856), Fryderyk Chopin (1810-1849), Franz Lizt (1811-1886); e per ciò che riguarda le Scuole Nazionali: Aleksandr Borodin (1833-1887) e Modest Mussorgskij (1839-1881) provenienti dalla Russia, Bedric Smetana (1824-1884) cecoslovacco, Edvadrd Grieg (1843-1907) scandinavo, Isaac Albeniz (1860-1909) e Enrique Granados (1867-1916) provenienti dalla Spagna.
E’ questo il secolo in cui tutte le certezze strutturali ed armoniche su cui è fondata tutta la musica colta crollano in modo abbastanza veloce; l’opera d’arte musicale non è più sinonimo di bellezza, di piacevolezza, di precisione formale e strutturale, ma tutto è pervaso da un senso di ricerca del nuovo, dell’irraggiungibile, tutto è lasciato alla sensibilità di chi compone tornando un po alle origini e lavorando attorno ad un unico elemento: il suono. E tutto è permesso; ogni espediente, trucco, ricerca, utilizzazione... basta che alla fine appaia chiaro ciò che si voleva.
La prima esperienza di musica “moderna” è databile al 1894 con il Prelude à l’apres-midi d’un faune del compositore francese Claude Debussy (1862-1918) fondatore assieme ad altri musicisti come ad esempio Maurice Ravel (1875-1937)dell’ “impressionismo musicale”; in questa composizione la struttura della scala musicale e quindi della tonalità cominciano a vacillare per lasciare il posto agli antichi modi greci, a scale musicali orientali.
Esperienza molto più decisiva sara quella di Igor Stravinsky (1882-1971) che con la sua Sagra della
Primavera (1913) stabilirà una netta rottura con il passato; con effetti timbrici impensati, ritmi accavallati e sovrapposizioni di tempi diversi, sfaldatura della tonalità con accordi inesistenti.
Assieme a queste esperienze ne vennero molte altre ad opera di numerosi musicisti così che ben presto la distinzione tra consonante e dissonante comincia a venire meno, gli accordi non hanno più relazione tra loro, tanto da essere addirittura sovrapposti senza apparente ragione accordi diversi tra loro (politonalità), i ritmi sono accavallati tra loro diventando a volte interpreti principali delle composizioni, vengono utilizzati per fare musica oggetti sonori di svariata natura (secchi pieni d’acqua, lamiere...), appaiono i primi generatori elettrici di suoni che hanno la grande possibilità di elaborare i suoni in modi prima di ora impensabili.
Cerchiamo di dare uno sguardo alle esperienze ed ai musicisti più rappresentativi del periodo:
serie di dodici suoni che il compositore stesso decide; per questo la musica dodecafonica si chiamerà anche musica Seriale . I compositori sono: Arnold Sconberg (1874-1951) che ne sarà ideatore nel 1923, Alban Berg (1885-1935), Anton Webern (1883-1945).
Indipendentemente da tutte queste esperienze molti compositori seguiranno anche nel nostro secolo la strada segnata dal romanticismo e tra questi ne ricordiamo due: Richard Strauss (1864-1949) e Sergej Rachmaninov (18731943).
Ascoltando queste esperienze le sentiremo sicuramente distanti dalla nostra sensibilità musicale, ma tutte le esperienze umane hanno bisogno del vaglio del tempo per stabilire ciò che rimarrà nella storia, non spetta quindi a noi stabilire quello che è buono da quello che non lo è soprattutto quando parliamo di musica colta e di cultura, ambiti in cui i canoni cambiano in continuazione e debbono necessariamente superare sempre se stessi.
Fonte: http://www.icmarchettisenigallia.gov.it/sites/default/files/imce_files/Testo%20di%20Musica%20-%20Corsi%20A-C.pdf
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