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IL TROVATORE
Musica di Giuseppe Verdi (1813 – 1901) - Libretto di Salvatore Cammarano/Leone E. Bardare
Prima esecuzione 19 gennaio 1853
Personaggi dell’opera
Il Conte di Luna baritono
Leonora soprano
Azucena mezzosoprano
Manrico (il Trovatore) tenore
Ferrando basso
Ines soprano
Ruiz tenore
Un vecchio zingaro basso
Un messo tenore
Primo quadro: Un atrio nel Palazzo dell’Aliaferia.
Ferrando, un ufficiale del Conte di Luna, esorta i suoi soldati alla vigilanza: il Conte è geloso di un trovatore che di notte intona il suo canto dai giardini del Palazzo. Narra poi la storia di Garzia, fratello del Conte. Quando Garzia era neonato fu trovata presso di lui una zingara (Abbietta zingara). La zingara venne cacciata, ma il neonato subito s’ammalò. La zingara venne accusata di stregoneria, catturata ed arsa sul rogo. Per vendicarsi la figlia rapì il bambino, e nella brace ancora ardente del rogo si trovarono le ossa di un neonato. Non si ebbe più notizia della zingara, mentre il fantasma della madre giustiziata è stato visto aggirarsi di notte sotto diverse sembianze (Sull’orlo dei tetti).
Secondo quadro: Giardini del Palazzo.
Leonora rivela alla confidente Ines di essersi innamorata di un misterioso cavaliere incontrato in un torneo. Ma scoppiò la guerra civile e non lo vide più. Ora però è riapparso, sotto le spoglie di un trovatore, che una notte ha intonato una serenata sotto il suo balcone (Tacea la notte placida). Ines cerca di convincerla a dimenticare lo sconosciuto, ma Leonora si dichiara disposta a morire per lui (Di tale amor). Le donne rientrano nei loro appartamenti. Appare il Conte di Luna, deciso a dichiarare il proprio amore a Leonora. Ma i suoi pensieri sono interrotti dal canto del trovatore (Deserto sulla Terra). Leonora accorre per incontrarlo, ma nell’oscurità per sbaglio si rivolge al Conte. La gelosia e l’ira del Conte divampano ancora di più quando scopre che il trovatore è Manrico, un partigiano del Principe d’Urgel, suo nemico nella guerra civile. Il Conte e Manrico si allontanano per battersi in duello (Di geloso amor).
Atto Secondo
Primo quadro: un abituro sulle falde di un monte in Biscaglia.
Azucena e Manrico sono presso un fuoco. Un gruppo di zingari si appresta al lavoro (Vedi! Le fosche notturne spoglie). Azucena descrive l’orrenda scena di una donna arsa sul rogo (Stride la vampa). Rimasti soli, Azucena narra a Manrico come la madre fu trascinata al rogo dai soldati del vecchio Conte di Luna (Condotta ell’era in ceppi) e di come, per vendicarla, rapì il figlio del Conte per gettarlo sul rogo. Ma delirante d’odio e dolore, spinse nel fuoco il proprio bambino. Manrico inorridito chiede se egli sia veramente suo figlio. Azucena lo rassicura, dicendogli che quei ricordi spaventosi l’hanno turbata per qualche istante. Manrico narra di come, nel duello col Conte, una voce dal cielo gli impedì di ucciderlo, ma ora giura alla madre che non risparmierà più il Conte (Mal reggendo all’aspro assalto). Un messo porta a Manrico la notizia che Leonora, credendolo morto, sta per entrare in convento. Nonostante le ammonizioni di Azucena, Manrico parte precipitosamente per impedire a Leonora di prendere il velo.
Secondo quadro: Chiostro di un convento vicino a Castellor.
Il Conte, sempre innamorato di Leonora (Il balen del suo sorriso), credendo morto Manrico, ha deciso di rapire Leonora prima che questa entri in convento. Leonora, accompagnata dai solenni canti delle suore, dà l’addio alle sue amiche. Irrompe il Conte, ma quando sta per impadronirsi di lei, sopraggiunge Manrico. Dopo un momento di stupore generale (E deggio… e posso crederlo?), Manrico protetto da un gruppo di suoi soldati, può allontanarsi con Leonora.
Primo quadro: Un accampamento militare.
I soldati del Conte attendono di dare l’assalto alla fortezza di Castellor (Squilli, eccheggi la tromba guerriera). Il Conte rimpiange la perdita di Leonora, quando Ferrando annuncia la cattura di una zingara che vagava nei pressi dell’accampamento. Alla presenza del Conte, ella spiega di essere alla ricerca del figlio perduto (Giorni poveri vivea). Ma alle domande del Conte, viene ben presto scoperta l’identità della zingara: è Azucena, la madre di Manrico. Il Conte può finalmente vendicare il fratello rapito.
Secondo quadro: Una sala vicina alla Cappella in Castellor.
Manrico e Leonora stanno per sposarsi. Leonora è inquieta per l’imminente attacco, Manrico la rassicura: l’amore lo renderà più forte ed intrepido di fronte al nemico (Ah! Sì, ben mio). Quando stanno per avviarsi all’altare, accorre Ruiz con la notizia che Azucena è stata condannata al rogo. Manrico è deciso a salvarla ed ordina ai suoi soldati di prepararsi alla battaglia (Di quella pira).
Primo quadro: Un’ala del Palazzo dell’Aliaferia.
All’esterno della torre in cui è prigioniero Manrico, Leonora professa ancora il suo amore per il trovatore (D’amor sull’ali rosee). Dall’interno della torre delle voci intonano un lugubre canto (Miserere) a cui s’unisce il canto d’addio di Manrico (Ah! Che la morte ognora). Leonora è decisa a salvarlo anche a costo della propria vita (Tu vedrai che amore in terra). Appare il Conte e Leonora offre se stessa in cambio della libertà di Manrico. Il Conte acconsente, e nel momento in cui dà disposizione perché Manrico sia liberato, Leonora sugge il veleno contenuto nel suo anello (Vivrà! Contende il giubilo).
Secondo quadro: Un orrido carcere.
Manrico cerca di confortare Azucena, tormentata dal ricordo dell’orribile morte della madre. Caduta nel dormiveglia, ricorda la vita serena del passato (Ai nostri monti). Giunge Leonora, che intima a Manrico di fuggire. Manrico comprende ben presto il prezzo della sua libertà, e fremente d’ira la accusa d’infedeltà (Ha quest’infame l’amor venduto). Ma il veleno sta già compiendo la sua azione, e Leonora svela a Manrico che, piuttosto di concedersi al Conte, ha preferito uccidersi. Leonora spira fra le braccia di Manrico. Giunge il Conte ed accortosi dell’inganno di Leonora ordina di giustiziare Manrico. Trascina Azucena alla finestra, perché lo veda morire. Quando la scure si abbatte sul capo di Manrico Azucena rivela che è il proprio fratello che il Conte ha fatto uccidere: la madre è stata finalmente vendicata.
La cabaletta è un brano musicale in genere con un andamento vivace, spesso segue l’aria e conclude la scena. Nel ‘700 – ‘800 spesso la cabaletta veniva eseguita con variazioni ed abbellimenti, non scritti dall’autore ma ideati dall’esecutore.
Una voce si dice di testa o di petto, a seconda della parte del corpo che viene utilizzata per farla risuonare. Il registro di testa viene anche detto falsetto, o falsettone se utilizzato insieme al registro di petto.
Fonte: http://www.smgoretti.it/testi_attivita/GSD/IncontriOpera/Trovatore.doc
Sito web da visitare: http://www.smgoretti.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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