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Un genio nell’immaginario collettivo
Un genio nella storia
Questo lavoro è nato dalla volontà di celebrare con gli studenti il grande musicista in modo originale e con lo scopo di realizzare un documento che rappresentasse una memoria del percorso realizzato in classe.
Parlare di Mozart è molto difficile perché su di lui si è detto tutto, forse troppo e nessun aspetto è stato trascurato. Cercare di fare chiarezza ci è sembrato un giusto omaggio da dedicare a Mozart in occasione del suo 250 anniversario; distinguere l’immagine letteraria e cinematografica dall’uomo e dal musicista è stata una missione che ci è sembrato un giusto riconoscimento.
Lo sviluppo del lavoro ha visto lo svolgersi di diverse fasi : dalla visione di film e documentari dedicati a Mozart, alla lettura di testi narrativi e saggistici sul musicista, alla ricerca di fonti storiche, all’analisi musicale dei suoi capolavori, alla raccolta di immagini o documenti da utilizzare per approfondire e capire, all’ascolto di brani significativi.
La classe, in un primo momento timorosa di fronte ad un lavoro così articolato e inusuale, nel procedere ha mostrato un crescente entusiasmo e una maggiore autonomia nella ricerca.
Il lavoro è stato svolto in 25 ore di compresenza tra una docente di Musica e una di Linguaggi non Verbali e Multimediali all’interno di un modulo didattico che prevedeva obiettivi legati alla acquisizione di contenuti, all’uso di software applicativi legati alla musica e all’uso degli strumenti della multimedialità e della rete. Le classi coinvolte sono: la IIAm, la II Bm, e la IICp.
La verifica finale ha permesso di ottenere una valutazione del lavoro realizzato attraverso: la presentazione degli studenti delle relazioni preparate, la realizzazione di supporti multimediali, l’esecuzione di semplici brani.
La realizzazione del modulo ha presentato alcune variabili in itinere rispetto al progetto iniziale e “fare chiarezza” su Mozart è apparso un obiettivo piuttosto ambizioso e difficilmente raggiungibile. Questa consapevolezza è stata forse la scoperta più sorprendente e significativa del lavoro.
Il cinema e Mozart
Il cinema ha due modalità principali di approccio alle figure dei musicisti classici: metterne in scena la vita (con film biografici) e l'opera (con film musicali, "film opera" nel caso di compositori teatrali) oppure "saccheggiarne" la musica a fini di commento "esterno".
Mozart non ha fatto eccezione, anzi, e le celebrazioni per i 250 anni della sua nascita offriranno sicuramente l'occasione per ripercorrere molti dei capitoli di questa "love story", il cui capitolo più recente è probabilmente il nuovissimo "The New World" di Terrence Malick, in cui la storia d'amore fra il capitano Smith e la principessa Pocahontas si snoda dolente sulle note del Concerto per pianoforte n.23. Insieme a Bach (adorato da autori come Pasolini e Bergman), Mozart è probabilmente il compositore più frequentato dal cinema, a tutti i livelli sopra ricordati. Ciò che rende unico il suo caso, però, è che la particolare natura della sua arte, sempre in bilico fra le altitudini celestiali della speranza e gli abissi dell'angoscia, dove anche la perfezione della "forma" è spesso piegata a insostenibili drammi interiori, ha spesso stimolato i registi nell'utilizzarla "a contrasto", in conflitto o in contrappunto rovesciato con le immagini. Laddove invece il filone "biografico" o "operistico", almeno fino a pochi decenni fa, si è mantenuto su un versante assai più tradizionale.
Prima che Milos Forman nell'84 trascrivesse sontuosamente sullo schermo la pièce "Amadeus" di Peter Shaffer, consegnando Mozart al clou della popolarità e affidando ad un pirotecnico Tom Hulce il compito di disvelare, sia pure un po' fantasiosamente e facendo storcere il naso ai puristi, il salisburghese in tutte le sue contraddizioni umane, Mozart era stato infatti oggetto di agiografie filmate piuttosto convenzionali ("Whom the Gods love", 1936 di Basil Dean) fra le quali si segnala anche "Melodie eterne" di Carmine Gallone (1940) con un improbabile Gino Cervi, e "Mozart" di Karl Hartl (1955) con un tormentato Oskar Werner. Ricordiamo anche il Mozart adolescente "italiano" evocato affettuosamente da Pupi Avati in "Noi tre" (1984).
Eguale discorso sul fronte dei film-opera, almeno sino allo strepitoso "Flauto magico" di Bergman ('74), giocosa versione "dietro le quinte" con un tocco di sovrumana leggerezza teatrale (ma ne ricordiamo anche l'affascinante versione a disegni animati del '78 di Emanuele Luzzati e Giulio Gianini), e al funebre "Don Giovanni" di Losey (1979), inserito in un'incombente ambientazione palladiana e sovraccarico di simboli mortuari.
Diverso il discorso dell'utilizzo della musica mozartiana in film non musicali. Ovviamente il significato "astratto" di alcune pagine si presta ad ogni possibile reinterpretazione, e così l'adagio del Concerto per clarinetto K 622, una delle sue ultime composizioni, diviene simbolo di emancipazione intellettuale in "Padre padrone" ('77) dei Taviani, o brano di amaro contrasto sentimentale in "Il verde prato dell'amore" ('64) di Agnès Varda: in assoluto questa è forse la pagina più presa a prestito dal cinema, visto che la ritroviamo tra gli altri in "Green card" ('91) di Peter Weir, "La mia Africa" ('85) di Sydney Pollack e "American Gigolo" ('80) di Paul Schrader. Maestro di contrasti è anche Luis Buñuel (autore piuttosto restio all'utilizzo della musica), che si appella al Requiem in "Viridiana" ('61), mentre Robert Bresson carica di pathos le immagini di "Un condannato a morte è fuggito" ('56) con la Messa in do minore.
La popolarissima Eine Kleine Nachtmusik K 525 finisce spalmata da "Ace Ventura" ('94) di Tom Shadyac a "Charlie's Angels" (2003) di McG passando per "Picnic a Hanging Rock" ('75) ancora di Weir e "Nikita" ('90) di Besson, mentre più intellettualmente stimolanti sono i "pescaggi" mozartiani di Godard, come quello in "Weekend" ('67) o di Bertrand Blier in "Preparate i fazzoletti" ('77), oppure il "Così fan tutte" evocato come mondo edenico nel ribollente "Domenica, maledetta domenica" ('71) di John Schlesinger. Ma in ogni caso, per molti, Mozart & Cinema significa ancora quel soave, sospeso andante dal Concerto per pianoforte in do maggiore n. 21 K 467 utilizzato dallo svedese Bo Widerberg per accompagnare e decantare la sua sfortunata storia d'amore "Elvira Madigan" (1967). Fu il film, e il brano, che fece entrare Mozart nelle hit parade e nelle
classifiche cinematografiche.
Mozart nell’immaginario: luoghi comuni, stereotipi, leggende
Abbiamo cercato di raccogliere tutti le idee più diffuse legate a Mozart e farne un elenco per costruire un profilo che ha origini dalla letteratura, dal cinema e dalla fantasia popolare che costruisce aneddoti intorno ai personaggi famosi contribuendo a generare miti:
Carta di identità di Mozart
Data di nascita: |
Luogo di nascita: |
settimo figlio |
Nome: |
Madre: Anna Maria Pertl Padre: Leopold Mozart |
Diminutivo: Amadé |
Segno zodiacale: acquario |
Segni particolari: orecchie senza lobi - I padiglioni mostravano la non rara anomalia della cosiddetta «conca mancante» |
Mozart : come era veramente
il fuoco segreto racchiuso nei suoi lineamenti
Era una giornata calda, ma Mozart era vestito in maniera piuttosto formale. Stava lavorando intensamente ad alcuni quartetti per archi, ma non sembrò affatto disorientato dall'interruzione. [...] Quando si alzò in piedi, fui sorpreso di scoprire che era poco più alto di un metro e sessanta e di corporatura molto esile. La mano era fredda, ma la sua stretta robusta. Il volto non aveva alcunché di notevole ed era piuttosto malinconico, finché non iniziò a parlare; allora prese un'espressione animata e divertita e i suoi occhi [...] si colmarono di cortese attenzione per ciò che facevamo, cosa sulla quale ci interrogò con evidente interesse. [1785].
La sua breve vita e la sua fecondità sollevano la sua perfezione al livello del fenomeno.
La sua non mai turbata bellezza sconcerta. F. Busoni BU
SONI]
Mozart passò su questa terra senza solennità e senza enfasi.
Il tipo fisico di Mozart, nella sua scarsa appariscenza, fu dunque l'incarnazione più adatta d'uno spirito musicale tendente all'interiorità. I suoi tratti gradevoli, e molto mutevoli a seconda degli stati d'animo, non recavano, nella vita quotidiana, l'impronta tormentosa d'una personalità consapevole.
Era alto 152 centimetri, con una grande testa e un prominente naso aquilino. Aveva grandi occhi azzurri e si ritiene che fosse un po' miope. Secondo quanto riferisce il tenore irlandese Michael Kelly, aveva «una capigliatura bionda, folta e bella»: evidentemente considerava questa la sua migliore attrattiva e per la maggior parte del tempo teneva i capelli in ordine e incipriati con eleganza. Gli piaceva portare parrucche, in armonia con la moda del momento, e amava gli abiti costosi dai colori vivaci, soprattutto rossi.
Il profilo mostrato dai numerosi cammei è anonimo, con un naso troppo grande e un mento sfuggente. La maggior parte degli artisti ritrae un Mozart dalle fattezze sensibili e gentili, un'espressione che si dice fosse sua caratteristica.
Sulle sembianze di Mozart però regnano ancora le opinioni più disparate e bizzarre. Di lui, che viaggiò moltissimo, non possediamo un solo ritratto di un pittore importante che abbia saputo vedere e rivelare i reconditi segni del genio.
I valorosi artisti che lo ritrassero fecero del loro meglio per coglierne la rassomiglianza, attenuandone, talvolta, un tantino la vera personalità. Certo, con
un modello così perennemente irrequieto, che tamburellava su tutti gli oggetti a portata di mano «come se suonasse il pianoforte», il lavoro dovette riuscir loro tutt'altro che facile. Tutti mancarono dello spirito congeniale necessario per fissare il fuoco segreto racchiuso nei suoi lineamenti. Molti dei suoi ritratti non sono che raffigurazioni fortemente idealizzate di epoche posteriori.
A sei anni, Mozart era il bimbo sano, robusto e paffuto che vediamo nel suo primo ritratto. Gli strapazzi dei viaggi, le malattie dell'infanzia gettarono però ben presto un'ombra sui lineamenti affinati e pallidi dell'adolescente riprodotto nei dipinti successivi. Giovinetto non fu privo d'una certa grazia; ma bello proprio, o comunque fisicamente affascinante, non fu mai. La sua fisionomia serbò sempre un che di immaturo e di infantile; e l'età che incomincia a imprimere i segni della personalità non la raggiunse. Una cantante lo definì una volta malignamente «un musetto di porco ben raso»; e un attore di Mannheim, certo Backhaus, trovò che rassomigliava a uno sparuto garzone di sartoria.
La notevole piccolezza della sua mobile figuretta è testimoniata da tutti i contemporanei. Oggi si parlerebbe di costituzione «astenicoleptosomatica». Perfino sua sorella lo descrisse: «Piccolo, magro, pallido, senza alcuna pretesa di prestanza fisica». Le linee della testa, grande ma non sproporzionata, non denotano affatto durezza o caparbietà forse appena un'ombra di rozzezza, ma molto addolcita e attenuata. Aveva ereditato il tipo della madre: capelli biondi, fini, folti e leggermente ondulati; fronte non molto alta, lievemente convessa, formante un angolo quasi piatto col naso, notevolmente grosso e appena segnato alla radice da un piccolo solco. Stranamente conformate le orecchie mancanti di lobi. I padiglioni mostravano la non rara anomalia della cosiddetta «conca mancante». Regolare ma non troppo piccola la bocca, e non priva d'una certa espressività, specialmente negli angoli, un po' tirati in su, che le davano un tocco appena percettibile di umorismo silenzioso e osservatore. Neppure la morbida forma del mento, sottolineato da quella lieve ondulazione carnosa che gli austriaci familiarmente chiamano Goderl (doppio mento) rivelava caparbietà o tenacia.
Lo affliggeva la mancanza di qualità fisiche, alle quali tentava di sopperire vestendo sempre con accurata eleganza. Nulla lo sconvolgeva maggiormente di un'osservazione sfavorevole al suo aspetto modesto.
Lo spirito, in preda a un continuo lavorio creativo, imprimeva al corpo ininterrotti movimenti nervosi. Mozart non stava fermo un momento e quand'era costretto
all'immobilità doveva almeno battere insieme i talloni. Sempre, ma specialmente quando stava lavorando a un'opera importante, appariva assorto; ma interiormente
era invece ben desto e immerso in una moltitudine di idee sempre mutevoli. Allora, quando si trovava in compagnia di amici, il suo contegno era quasi volutamente trascurato; parlava a vanvera o faceva scherzi deplorevoli. Amava alla follia il gioco del bigliardo; e forse il bel trio con clarinetto (Kegelstatt-Trio) lo scrisse udendo il gaio ticchettio del Kegelspiel (gioco dei birilli). Dopo aver lavorato duramente faceva volentieri lunghe passeggiate; più tardi si provò perfino a cavalcare. Danzava con gusto e con garbo. Componeva e sonava di preferenza, spesso dopo divertimenti sfrenati, fino a tarda notte, abitudine che probabilmente nocque alla sua costituzione delicata fin dalla prima gioventú. Nervi e spirito aveva straordinariamente sensibili; e negli ultimi anni, col graduale allentarsi delle resistenze fisiche al progredire del male, si manifestarono in lui chiarissimi i sintomi di una eccitabilità indubbiamente morbosa.
Dalla forza creativa del suo spirito scaturiva un'inesauribile energia di lavoro sistematicamente addestrata con profitto nella casa paterna. «Sono più contento perché ho da comporre», scrisse una volta, «questa è l'unica mia gioia, l'unica mia passione». Infatti, fin da ragazzo sarebbe rimasto notte e giorno alla sua musica.
La prodigiosa memoria musicale - che aveva ben poco a che vedere con la memoria meccanica o «locale» di tanti virtuosi - era la manifestazione d'una capacità di sintesi senza riscontri. L'idea musicale gli si fissava subito «plasticamente» nello spirito, e con essa la linea del necessario sviluppo che aveva riconosciuto per giusta. Per questo gli riuscì facile comporre a mente la maggior parte dei suoi lavori e stenderli poi sulla carta in così breve tempo, senza fatica e con assoluta sicurezza. Tecnica favolosa e sovrano dominio delle naturali leggi di sviluppo lo soccorsero sempre. E la gioia di una così infallibile sicurezza darà sublime ardimento all'arte sua. Il sentimento sfocia nella nobiltà della linea: il procedere di una simile musica è un estatico innalzarsi nella beatitudine della liberazione armonica; un innalzarsi senza fatica né peso per godere la voluttà della ricaduta.
«Voglio far grande onore alla Nazione tedesca in tutto il vasto mondo», scriveva al padre; e questo pensiero lo riempiva talvolta di orgoglio. «Se la Germania, la mia Patria carissima di cui vado fiero, non mi vuole, la Francia o l'Inghilterra dovranno, vivaddio, arricchirsi di un valente tedesco in più. E questo a disdoro della nazione germanica. Voi ben sapete che quasi sempre furono i tedeschi ad eccellere in tutte le arti. Ma dove fecero fortuna? Non certo in Germania! Il Principe Elettore non sa di che cosa io sia capace. Si faccia venire tutti i compositori di Monaco, e anche qualcuno d'Italia, se vuole, o di Francia, di Germania, di Spagna. Sono certo di poter tener testa a tutti! » [dalle lettere di Mozart al padre].
Saggezza di vita nel senso più corrente del termine non ne ebbe molta; e ciò fu motivo di eterne preoccupazioni per il trepido padre e fonte di continue delusioni per lui stesso. «Il est zu treuberzig [troppo candido e fiducioso], peu actif, trop aisé à attraper, trop peu occupé des moyens qui peuvent conduire à la fortune», scriveva da Parigi il navigato e scaltro Melchior Grimm del suo protetto Volfango, allora ventiduenne. Ed infatti, di fronte agli egoismi e agli intrighi del mondo, Mozart si trovò costantemente disarmato. Ma se si trattava di affermare la sua prepotente forza creativa, allora - e allora soltanto -, come mosso da un istinto di conservazione, sapeva affrontare la realtà della vita e del mondo con energia e chiara coscienza dei propri fini. Molti seppero sfruttarne la sconfinata bontà d'animo, senza poi più curarsi di lui, generoso e cordiale benefattore, cosí precocemente maturo in arte ma rimasto eternamente bambino in tutte le contingenze della vita.
Questa infantilità, cosí singolarmente consona alla divina immediatezza dell'arte sua, rimane uno degli aspetti più imperscrutabili della vita spirituale di Mozart. Essa fu anzitutto una reazione all'ininterrotta attività interiore, una sorta di misura protettiva selettivamente assunta dall'originaria forza creativa; o forse anche una reazione residua all'opprimente disciplina di lavoro cui l'artista era stato sottoposto fin dalla fanciullezza.
Alla malinconia del temperamento mozartiano (la seconda delle caratteristiche fondamentali dei grandi spiriti, nel senso inteso da Schopenhauer) già aveva accennato Stendhal. Troviamo infatti motivi di malinconia saldamente ancorati nel fondo della musica mozartiana; e di qui nasceranno il colore inconfondibile dell'ampio, trepido melodismo, i toni vellutati e oscuri delle ultime opere, nonché alcune misteriose locuzioni armoniche
L'aspetto esteriore di Mozart non era, come si è detto, che uno strano velo che ne celava la colossale genialità; ed egli stesso non svelò mai il vero fondo dell'animo suo ad alcuno dei suoi simili, benché quel cuore solitario ardesse per tutta la vita dal desiderio di trovare un amico vero, degno d'essergli tale. Ma un istintivo senso di difesa insorse sempre contro tutti gli influssi che avrebbero potuto contrastare la sua vocazione artistica. Eppure Mozart era tutto fuorché un misantropo bisbetico: amava le compagnie allegre, anche se un po' grossolane. Il brusio di voci gaie ed esaltate, le cordiali risate, il petulante tintinnar dei bicchieri scacciavano da lui le preoccupazioni quotidiane e, anziché frastornare, sollocitavano le energie del suo spirito in continuo tormento creativo. E, avendo l'esatta sensazione dell'azione benefica e stimolante che simili svaghi esercitavano su di lui, non si limitava alla parte dello spettatore silenzioso ma, appena poteva, vi partecipava direttamente con quanto aveva di meglio: la sua arte. Molti dei suoi piccoli deliziosi lavori nacquero cosí; e molti di essi, scartati come non degni, andarono perduti.
Non è difficile immaginare Mozart con una marsina rossa, come quella che indossa in un celebre ritratto, passeggiare per il Prater, il grande giardino di Vienna, e sentire nella sua testa le meravigliose melodie che scrisse per tutti, circondato dalle carrozze dei nobili, dai venditori ambulanti e dai bambini.
«Dimmi chi sei, mio gaio amico» chiede il principe «Chi sono? Che sciocca domanda» replica l'uccellatore «Un uomo, proprio come te!».
Il Vero volto di Mozart
Uno studio della fisionomia di Mozart attraverso i suoi ritratti e le descrizioni dei contemporanei ha permesso di realizzare una sorta di identikit del Maestro che, secondo tali studiosi , si avvicina al suo reale aspetto. Non consideriamo importante l’aspetto di Mozart, ma forse possiamo confrontare questa immagine con le rappresentazioni più romantiche e fantastiche per scoprire come l’aspetto non conta per essere dei geni !
Nella Pinacoteca di Berlino e' stato scoperto un ritratto di Mozart finora sconosciuto. Il dipinto ad olio di 80 x 62 cm di Johann Georg Edlinger venne realizzato probabilmente durante l'ultimo soggiorno di Mozart a Monaco di Baviera nel 1790. Dovrebbe essere l'ultimo ritratto del musicista morto nel 1791, cosi' hanno comunicato i Musei di Stato a Berlino martedi'.
Il dipinto venne acquisito 70 anni fa dalla Pinacoteca di Berlino. All'attuale identificazione e' giunto l'informatico Wolfgang Seiller, appassionato di musica e presunto discendente del pittore. Attraverso un'analisi approfondita e con l'ausilio della tecnologia informatica si dovrebbe fornire la prova certa che si tratti effettivamente di un ritratto di Mozart. Seiller e' partito dal ritratto fatto al musicista a Salisburgo nel 1777 che oggi si trova nel Civico Museo Bibliografico
Musicale di Bologna ritenuto finora l'unico ritratto tardivo di Mozart.
" Sembra in salute", " Il bimbo grassoccio", " Il vero Wolf" Cosi' o similmente erano titolate le reazioni della stampa: da' l'impressione di essere in salute, gioviale, felice di essere al mondo:
" occhi blu e sorridenti, labbro superiore pieno, una giacca verde appoggiata sul bauletto"
Da un punto di vista artistico il dipinto scoperto sia il ritratto migliore di Mozart. Inoltre l'unico ritratto di Mozart di rilevanza artistica e' quello eseguito da Joseph Lange nel 1789 e di proprieta' del Mozarteum e che tra l'altro non venne completato.
gli “occhi erranti” di Mozart
“Che cosa può insegnarci il cavaliere W. A. Mozart.” Riferendosi a ciò che la sorella di Mozart scrisse a proposito degli occhi del fratello, Montale annota: Da lei sappiamo che aveva occhi erranti di un azzurro smorto ma capaci di accendersi alla fiamma della musica.
E ancora:
“Quasi indefinibile la posizione degli occhi irrequieti, d'un azzurro un po' sbiadito, dallo sguardo svagato e distratto di miope senza occhiali, che soltanto la musica accendeva d'una singolarissima luce”.
…..e i suoi occhi [...] si colmarono di cortese attenzione per ciò che facevamo, cosa sulla quale ci interrogò con evidente interesse. [1785]
Le mani di Mozart
"Tre cose sono necessarie per un buon pianista: la testa, il cuore e le dita”
Perfettamente modellate le mani, ferro del mestiere del suo demone musicale, piccole, non magre, bellissime; e molto guadagnavano quando erano posate sulla tastiera. Mozart ne andava particolarmente fiero, ben conoscendo il fascino che conferivano alla sua persona.
La giornata Mozart
Come passava la giornata
“Alle sei del mattino sono sempre già pettinato. Alle sette sono vestito di tutto punto. Poi scrivo sino alle nove. Dalle nove all'una ho le mie lezioni. Poi mangio, a meno che non sia invitato da qualche parte, e in tal caso si pranza alle due e anche alle tre. Prima delle cinque e delle sei di sera non posso lavorare. E spesso c'è un concerto ad impedirmelo, altrimenti scrivo fino alle nove. Poi vado a casa dalla mia cara Constanze, dove però molte volte il piacere di vederci ci è reso amaro dai pungenti discorsi di sua madre [...J Alle dieci e mezza e alle undici torno a casa. Dipende dalla lingua di sua madre o dalla forza che ho di sopportarla. Poiché a causa degli eventuali concerti, e anche perché non so se non mi chiameranno da qualche parte, non posso contare sulla sera per scrivere, sono solito scrivere ancora un poco prima di andare a letto, soprattutto quando rientro a casa presto. Così spesso resto a scrivere fino all'una. E alle sei sono di nuovo in piedi.
[WAM 1781]
E ora vi descrivo la mia giornata. Alle nove ore, a volte anche alle dieci, mi sveglio e poi andiamo fuor di casa e poi pranziamo da un trattore e dopo pranzo scriviamo e poi sortiamo e indi ceniamo, ma che cosa? Al giorno di grasso un mezzo pollo ovvero un piccolo boccone d''arrosto, al giorno di magro un piccolo pesce; e di poi andiamo a dormire. Est-ce que Vous-avez compris? E ora parliamo il nostro dialetto che sarà meglio. (...) Napoli e Roma sono due città del sonno. (...)
[WAM 1771]
la salute di Mozart
Quando una volta, in una bella giornata d'autunno, si recò al Prater con la moglie, Mozart cominciò a parlare della morte e affermò di scrivere il Requiem per se stesso. Aveva le lacrime agli occhi mentre lo diceva e quando ella tentò di distoglierlo da quei pensieri neri, egli rispose: «No, no, lo sento troppo, non durerò molto: di sicuro mi hanno avvelenato. Non so liberarmi da questo pensiero».
Dalle sue parole possiamo capire il suo rapporto e il suo pensiero con la morte:
«Poiché la morte, intesa nel suo giusto significato, è il vero ed ultimo scopo della vita, cosi, già da un paio d'anni, mi sono talmente familiarizzato con questa ottima amica nostra, che la sua immagine non solo non mi appare più terrificante ma mi infonde tranquillità e conforto! E ringrazio Iddio che mi ha concesso la gioia di riconoscere in lei la chiave della nostra vera beatitudine. Non mi corico mai senza pensare che, giovane come sono, potrei anche non vedere il giorno seguente. Eppure, nessuna delle persone che mi conoscono può dire ch'io mi comporti come un uomo triste e imbronciato. Di questa serenità, che auguro di gran cuore a tutti i miei fratelli, io ringrazio ogni giorno il Creatore».
Erano stati molti a notare il pallore e la debolezza di Mozart nei primi mesi del 1791. Il compositore diventò incline alla depressione e a un comportamento paranoico. Alcuni autori hanno ipotizzato che le sue mani grassocce e il viso gonfio fossero collegati agli sviluppi dell'affezione renale. Malgrado la crescente malinconia e il peggiorare del male, Mozart era straordinariamente produttivo dal punto di vista musicale; faceva poche concessioni alla sua malattia e dormiva spesso non più di quattro ore per notte. Si sa che mangiava poco e beveva molto.
Nella seconda meta del 1791 la sua salute peggiorò sensibilmente. Divenne pallido e malaticcio, sempre più depresso, assillato da pensieri di morte. Cominciò ad avere continui svenimenti e le sue caviglie si gonfiarono. Lo stato emotivo fu ulteriormente aggravato quando uno «sconosciuto», che non volle rivelare il suo nome, chiese in agosto a Mozart di comporre una Messa da Requiem. L'episodio è una delle storie più famose nella letteratura su Mozart. Lo sconosciuto era Anton Leitgeb, servitore del conte Franz Walsegg-Stuppach, il quale voleva far passare per sua la Messa. Nella mente depressa e paranoica del compositore, il visitatore divenne un messaggero di morte. Entro ottobre Mozart aveva perso molto peso ed era già morto quando Leitgeb venne a prendere il Requiem. La sua lunga malattia e meglio spiegata come insufficienza renale cronica, forse complicata da ipertensione cerebrale. Probabilmente era anche affetto da una grave forma di anemia.
L'ultima malattia di Mozart durò quindici giorni dal momento in cui, il 20 novembre, si mise a letto. Prima di decidersi a farlo era stato male per alcune settimane. Era stato assalito da una febbre alta, accompagnata da abbondante sudorazione, dolori addominali e vomito. I piedi e le mani erano molto gonfi ed egli lamentava dolori nel muoversi.
Ad assistere Mozart c'erano Costanza, Sophie Haibel con sua madre, Schack, Hofer e il suo vecchio allievo Süssmayr. Anche numerosi amici e conoscenti professionali vennero a fargli brevi visite. Il medico curante di Mozart era Nicholas Closset. Allarmato dal peggiorare delle condizioni del suo paziente, Closset cerco l'aiuto di Mathias von Sallaba, medico-capo dell'ospedale generale. Entrambi i medici erano molto pessimisti sulla prognosi del compositore, ma non sospettavano che dietro il peggioramento ci fosse una cospirazione. Mozart, nell'agonia finale, immaginava infatti di essere stato avvelenato con acqua toffana (piombo).
Un prete somministrò l'estrema unzione e Mozart, cercando di sollevarsi per ricevere l'ostia, ricadde morto, cinquantacinque minuti dopo la mezzanotte del 4 dicembre 1791. Il registro delle morti della parrocchia di Santo Stefano, il 6 dicembre 1791, riporta come causa del decesso una «febbre miliare acuta». Non venne fatta l'autopsia e il certificato di morte è scomparso.
La morte di Mozart avvenuta prima che egli compisse 36 anni, è forse la più grande perdita mai subita dal mondo della musica.
(Edward Grieg)
Mozart visto dai grandi
Mozart è in assoluto il compositore più grande. Beethoven "creava" la sua musica, ma la musica di Mozart è di tale purezza e bellezza che sembra semplicemente "trovata", esistita da sempre come parte dell'intima armonia dell'universo, in attesa di essere portata alla luce.
(Albert Einstein)
Come si può dire che Mozart ha composto il "Don Giovanni"! Una composizione! Quasi fosse un pezzo di focaccia o un biscotto, composti di uova, farina e zucchero! Una creazione dello spirito, ecco cos'è! Il tutto come le singole parti sono animati da un solo spirito, da una sola vita.
(Goethe)
Probabilmente quando gli angeli nel loro consesso glorificano Dio suonano Bach. Ma sono certo che nella loro intimità suonano Mozart.
(Karl Barth)
Mozart è la felicità prima che questa sia giunta a compimento.
(Arthur Miller)
La musica di Mozart è perlopiù una barba.
(Maria Callas)
Se qualcuno mi dice che gli piace Mozart so già che è un pessimo musicista.
(Frederick Delius)
«Ci sono e ci saranno molti grandi musicisti» scrive. «Ma Mozart è la Musica». (Matteo Marangoni)
Mozart omania
Non si creda che il mito di Mozart sia di lunga data, o ci sia consegnato, pressoché direttamente, dall'epoca in cui visse. Oggi, in quest'epoca che tritura tutto, come un grande stomaco, capita perfino di sentir trillare un cellulare con le note dell'aria della "Regina della Notte". O di vedere un detersivo pubblicizzato al suono della "Marcia turca" o della "Piccola serenata notturna". Ma questo accade oggi, dopo le stagioni della riscoperta, dopo il film di Milos Forman, dopo la "mozartomania" quasi di massa. La verità storica di Mozart, ahimè, è stata ben altra. I suoi contemporanei, dopo aver ammirato le sue straordinarie esibizioni infantili di virtuoso al clavicembalo o al violino, gli decretarono poi un successo modesto - e negli ultimi anni un vero e proprio insuccesso. La sua musica, salvo le eccezioni di molti pezzi d'occasione o "galanti", era considerata complessa, intellettualistica, difficile - avveniristica, come musica di corte. «Nella sua opera il Ratto del serraglio, ci sono troppe note!», aveva ruvidamente osservato l'imperatore Giuseppe II, che pure era un fine intenditore di cose musicali.
Palle di Mozart
Dite "Salisburgo" a un goloso e vi risponderà: "palle di Mozart". Altro che sinfonie! Sì, perché oltre che alla sua musica immortale, Wolfgang Amadeus ha dato il suo nome a una delle piò deliziose specialità austriache (a pari merito con la Sacher Torte). I famosi cioccolatini sferici (da qui il nome quantomeno allusivo...) sono nati nel 1890 dalla diabolica fantasia di un pasticciere di Salisburgo. Base di marzapane, crema di torrone e una copertura di cioccolato fondente: "Li chiamerò Mozartkugel", pensò la buonanima. Attualmente le palle del musicista vengono esportate in 50 paesi e i turisti che visitano Salisburgo difficilmente tornano a casa senza portarne nella valigia almeno una confezione.
Gadget mozartiani:
EuroMozart
Come vestiva Mozart
A partire dalla fine del XVII secolo in poi, la moda europea raggiunse il suo apice. I vestiti divennero sempre più aderenti e curati ed i cappotti acquisirono un posto fondamentale nell'abbigliamento.
Il fulcro della moda del Settecento era Parigi, punto da cui tutte le innovazioni si diramavano, con una rapidità più o meno breve, a seconda della distanza dalla Francia. Gli abiti che riportiamo in questa sezione si rifanno, quindi, a quelli in uso alla corte di Luigi XVI, luogo a cui guardava tutta Italia, e tutto il resto dell'Europa.
Il primo grande cambiamento che subì la moda maschile, toccò i "pantaloni". Gli uomini si erano stancati dei larghi bracaloni, e la culotte, che prima era portata sotto,venne portata allo scoperto. Queste erano ancora ampie, ma si stringevano sotto il ginocchio con un nastrino. Col passare del tempo, anche il resto della gamba si strinse, divenendo più aderente, e sia la patta che il ginocchio si chiudevano con l'aiuto di bottoncini. Anche i panciotti si strinsero divenendo abbottonabili a partire dalla vita. Si allungarono anche, con le parti sempre più ampie, che si dividevano dietro in due code.
I bottoni delle giacche e delle mantelle divennero sempre più importanti. L'area intorno alle asole si irrobustì, con intarsi di peli di capra o di seta, e più tardi di metallo.
Gli intarsi d'oro o d'argento diminuirono lievemente, ma rimasero ad abbellire la parte frontale delle giacche, il retro i bordi delle tasche e i polsini Le giacche e le mantelle erano coordinate, dello stesso tessuto. Le mantelle si abbottonavano in modo da lasciar intravedere i colletti rialzati delle giacche, che venivano chiamati Jabot. Nella seconda metà del 1700, inoltre, le due code delle giacche furono rivoltate sul lato e fissate con due bottoni .
Anche le parrucche maschili, subirono importanti mutamenti, riducendosi notevolmente di taglia, a partire dall'inizio del secolo.
L'innovazione fu introdotta dai militari, poiché le grandi chiome erano scomode per leggere e combattere. Questi, infatti, tiravano all'indietro i lunghi riccioli, fissandoli con dei nastri. Nelle occasioni cerimoniali, però, i gentiluomini portavano delle parrucche specifiche. La moda imponeva almeno tre o quattro boccoli rigidi a più piani, per lato, che col tempo, si ridussero a due, per divenire, alla fine del secolo, dei piccoli toupet.
Con le parrucche cerimoniali il tricorno non poteva essere indossato, veniva così portato in mano o sotto il braccio.
Vi erano anche le parrucche naturali, che imitavano le capigliature fluenti di lunghezza media.
Le parrucche venivano incipriare, e verso metà del secolo vennero anche adottate parrucche argentate.
Parrucche maschili
Il Giustacuore o Marsina
Giustacuore o Marsina, secondo i testi presi in considerazione.
Giacca lunga fino al ginocchio, di linea aderente al busto e svasata dalla vita in giù, con due o quattro piegoni laterali. Aperta davanti, con un ordine di bottoni quasi sempre decorati, veniva generalmente lasciata aperta, per far intravedere la veste sottostante. Interamente intelata per dare maggior rigidità, era dotata di due spacchi laterali ed uno centrale posteriore e conferiva alla figura maschile una linea a forma di cono rovesciato.
Le maniche, hanno alti polsini detti paramani, che vengono agganciati verso il gomito, con cinque bottoni nella fascia davanti, di tasche con ampie patte sagomate, chiuse solitamente, da tre o cinque bottoni. L'ampiezza del giustacuore, oltre che dal passare della moda, differiva anche dal paese di produzione.
Normalmente, sia i giustacuore che le vesti, erano decorati con ricami in filo d'oro, d'argento, canutiglia, (filo metallico attorcigliato come una piccola molla) e piccole paillettes anch'esse metalliche, ma solitamente nella parte anteriore. Con il cambio di tendenze, sempre in evoluzione, si giunse a non allacciare più il giustacuore, ma si mantenne l'uso dei bottoni per pura decorazione, anche perchè talvolta erano dei veri e propri gioielli, con pietre preziose incastonate, così per puro sfarzo Un pezzo dell'abbigliamento maschile che durò per molto tempo, furono le camicie, che fin dal periodo barocco, erano confezionate con mussola o batista di cotone, con lunghe maniche al cui polso partivano dei polsini in pizzo molto leggero come il valencienne e venivano portate con una cravatta legata a più giri intorno al collo, anch'essa rifinita in pizzo.
Un'altro pezzo d'abbigliamento che non cambiò eccessivamente, fu la scarpa. Abbandonato l'alto tacco a rocchetto, quasi sempre rosso del periodo Barocco, la scarpa maschile si abbassò, e con essa anche l'aletta che ricopriva il collo del piede, mentre rimase la decorazione superiore con fibbie metalliche, da cui partiva un fiocco piatto o delle rosette in pelle, oppure un nastro con all'interno decorazioni in metallo o pietre preziose; verso la metà del secolo, le pietre più usate furono i diamanti.
“….Quando Mozart passeggia per le vie della città e vede un bell'abito rosso coi bottoni di madreperla, deve comprarselo subito,…”
EPISTOLARIO :
La parte più viva che di lui ci rimane sono le lettere, miniera inesauribile di descrizioni succinte e squisite, vero e proprio breviario di stupendi scorci della cultura musicale di allora. Fra le lettere di musicisti, queste sono, senza dubbio, le più evidenti, professionali ed immediate: l'estemporaneità, la vivacità, la dirittura dello stile ne costituiscono il fascino e l'importanza. Quell'improntitudine nel metter sulla carta le idee, cosí come gli si affollavano alla mente, diventa naturalezza di espressione immediata e personale, e perciò riesce affascinante. Vi si ritrova la stessa spontaneità geniale, appassionata delle sue opere, gli stessi accostamenti di gioiosità e di tragedia. Anche qui i caratteristici capovolgimenti di stati d'animo, le svolte «repentine ed impreviste» che creano i «momenti emozionanti» delle composizioni mozartiane e che Alfred Heuss, giustamente definisce «l'elemento demoniaco nell'opera di Mozart».
Molti tratti di queste lettere, caratteristici ma «scandalosi» dal punto di vista famigliare, vennero soppressi dalle perplessità, soggettivamente comprensibili, della vedova, consolidatasi al rango di moglie d'un consigliere di Stato danese. Le famose lettere alla «cuginetta» augustana rimasero per lungo tempo sottratte alla posterità; ma anche questi documenti costituiscono una parte insopprimibile della personalità umana del Maestro, e sono addirittura unici pel tono di schietta e intima cordialità che improvvisamente balza fuori ad illuminare il linguaggio piuttosto grassoccio
Wirgl 3 dicembre 1769
Carissima Mamma,
Il mio cuore è tanto felice perché ho dei gran divertimenti, perché questo viaggio sono tanto allegro, (...) perchè il nostro cocchiere è un giovanotto così galante, che se la strada appena lo permette corre via più presto. (...)
(Alla sorella)
Milano, 20 Gennaio 1770
(...) L'opera a Mantova è stata carina. Hanno dato il Demetrio. La prima donna canta bene, ma sotto voce e se non si vedesse a gesticolare, ma soltanto a cantare si penserebbe, non canta, Perché non può aprir la bocca; ma è tutto un mugolio (...). Il primo uomo, il musico canta bene ma ha una voce ineguale, ci chiama Caselli. (...) uno si chiama Otini non canta male, ma pesante, come tutti i tenori italiani ed è un nostro buon amico: (...)
(Postscritto alla lettera del padre.)
Roma, 28 Aprile 1770
Bacio mia sorella in faccia e alla mamma bacio le mani: non ho veduto ancora nessun scorpione ne ragni, (...)
C.S.M. (cara sorella mia)
Napoli, 5 Giugno 1770.
Oggi il Vesuvio fuma fitto. Diavolo e non ci posso andare. Oggi s'è mangiato dal signor Doll. E' un compositore tedesco e brav'uomo: E ora vi descrivo la mia giornata. Alle nove ore, a volte anche alle dieci, mi sveglio e poi andiamo fuor di casa e poi pranziamo da un trattore e dopo pranzo scriviamo e poi sortiamo e indi ceniamo, ma che cosa? Al giorno di grasso un mezzo pollo ovvero un piccolo boccone d''arrosto, al giorno di magro un piccolo pesce; e di poi andiamo a dormire. Est-ce que Vous-avez compris? E ora parliamo il nostro dialetto che sarà meglio. (...) Napoli e Roma sono due città del sonno. (...)
Alla sorella, postscritto alla lettera del padre)
Bologna, 4 Agosto 1770.
Ora il mio violino son messe tutte le corde nuove e suono tutti i giorni; ma questo lo dico solo perché la mamma voleva sapere se suono il violino? (...) Intanto ho già composto 4 sinfonie italiane oltre le Arie, di cui ne ho già scritte certo 5 o 6 e anche un mottetto. (...) L'Italia è una terra del sonno! Addormentata sempre! Addio sta bene !.....
Alla sorella, postscritto alla lettera del padre)
Bologna, 6 Ottobre 1770.
Abbiamo ricevuto troppo tardi questa lettera, ma non conta, perché le poste italiane vanno tanto irregolari. (...) Ho sentito e veduto la gran festa di S. Petronio a Bologna; era bella, ma lunga e le trombe han dovuto venir da Lucca per fare la strombettata d'avanguardia; ma hanno suonato malissimo. Addio.
SECONDO VIAGGIO IN ITALIA
(col padre, 1771)
Verona, 31 Agosto 1771
Amatissima sorella,
Non ho dormito per più di mezzora, perchè il dormire dopo il mangiare non mi piace. (...)
(Alla moglie)
Dresda, 16 aprile 1789
(undici e mezzo di notte)
Come? Ancora a Dresda? Si mia cara; ti racconterò tutto per filo e per segno. (...) Ora devi sapere che c'era anche un certo Hassler (organista di Ehrfurt) scolaro di uno scolaro di Bach: (...) la forza di costui nell'organo è nei piedi, perché qui il Pedale va di gradi, così che non è poi una grand'arte. Nondimeno fece solo dagli accordi e delle Modulation del vecchio Sebastian Bach. (...) Cara moglie, ora ho una gran quantità di preghiere da farti:
1° ti prego di non esser triste
3° che tu non esca a piedi da sola, o meglio non andar mai fuori a piedi;
(...)
5° ti prego di aver riguardo non solo al tuo e al mio onore, ma anche all'apparenza: non esser in collera con me per questa preghiera. perciò devi amarmi ancor di più, vedi che ci tengo all'onore;
(...)
Costanza Weber
Come è noto, Mozart sarà accompagnato dalla sua fama di “dongiovanni”, anche dopo il matrimonio. Eppure non possediamo elementi che suffraghino questa tesi. Anzi, possediamo la lettera, scritta a Constanze da Vienna nella prima metà d'agosto 1789, dove è lui a rimproverarla di eccessive confidenze concesse ad uomini:-
Cara mogliettina! – voglio parlarti in tutta sincerità – non hai nessun motivo per essere triste – hai un marito che ti ama, che fa per te tutto quello che è in grado di fare... – mi allieto che tu sei allegra; - certo – solo vorrei che tu a volte non dessi troppa confidenza – con N.N. mi sembra che ti sia comportata troppo liberamente... così pure con N.N., quando ero ancora a Baden – considera che forse N.N. non sono così grossolani con nessuna ragazza che forse conoscono meglio di te; peraltro è un bravuomo, e soprattutto è rispettoso con le donne, lui stesso è stato così indotto a scrivere le sottises più disgustose e grossolane nella sua lettera – una ragazza deve farsi sempre rispettare – altrimenti va sulla bocca della gente – amor mio! – perdonami di essere così sincero; solo che lo richiede la mia serenità, e anche la nostra reciproca felicità – ricòrdati che una volta tu stessa mi hai confessato di essere troppo condiscendente – tu ne conosci le conseguenze – ricòrdati anche della promessa che mi facesti – Oh Dio! – Tenta almeno amor mio! – Sii allegra e contenta e compiacente con me – non torturare te e me con inutile gelosia – abbi fiducia nel mio amore, certo che ne hai le prove! e vedrai quanto saremo felici, credi pure, solo il saggio comportamento d'una moglie può mettere le catene al marito.
(da Lettere di Mozart alle donne, Bompiani, Milano, 1991, pp. 124-127).
(Una frammento di una lettera a Da Ponte)
Affmo Signore
Vorrei seguire il vostro consiglio, ma come riuscirvi? Ho il capo frastornato, conto a forza, e non posso levarmi dagli occhi l'immagine di questo incognito. Lo vedo di continuo esso mi prega, mi sollecita, ed impaziente mi chiede il lavoro. Continuo, perché il comporre mi stanca meno del riposo. Altronde non ho più da tremare. Lo sento a quel che provo, che l'ora suona; sono in procinto di spirare, ho finito prima di aver goduto del mio talento. La vita era pur sì bella, la carriera s'apriva sotto auspici tanto fortunati, ma non si può cangiar il proprio destino.
Nessuno misura i giorni, bisogna rassegnarsi, sarà quel che piacerà alla provvidenza, termino, ecco il mio canto funebre, non devo lasciarlo imperfetto.
Vienna 7bre 1791
Lorenzo da Ponte
La grafia di Mozart
Appendice:
Caricature di Mozart
FONTI
Bibliografia:
W.A.Mozart Lettere ( ed. Guanda )
B. Paumgartner Mozart ( Einaudi )
A. Einstein Mozart ( ed. Mondadori )
W. Hildesheimer Mozart
Massimo Mila Wolgang Amadeus Mozart ( saggi sul musicista )
I commenti sono tratti dal libro "Mozartiana" di Joseph Solman (Longanesi
Associazione Internazionale del Diritto e dell'Arte
Sitologia
http://www.mozart2006.net/ita/index.html
http://www.lagirandola.it/lg_primopiano.asp?idSpec=68
http://www.cronologia.it/storia/biografie/mozart.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Wolfgang_Amadeus_Mozart
http://www.mozartitalia.org/ita/galleria/galleria_1.html
Fonte: http://www.liceomontanari.it/mozart_tesi.doc
Sito web da visitare: http://www.liceomontanari.it
Autore del testo: Classe II Am, IIBm, IICp
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