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E’ una sensazione prodotta dalle vibrazioni di un corpo elastico.
E' definita elasticità la proprietà di un corpo che gli consente di tornare nella posizione di riposo dopo essere stato sollecitato (una corda tesa, la membrana del tamburo, l’aria è, per eccellenza, un corpo elastico).
La vibrazione è un movimento regolare (periodico), si ripete uguale in tempi uguali.
In natura la vibrazione principale è accompagnata da una serie di vibrazioni secondarie, in successione ordinata, chiamate Armoniche (o Suoni Armonici).
Alcuni suoni armonici di Do:
I primi sei suoni formano l’accordo di triade; aggiungendo il 7° suono si ottiene l’accordo di Settima di Dominante, con il 9° suono si ottiene l’accordo di Nona di Dominante
I numeri che contraddistinguono i suoni armonici rappresentano i rapporti che intercorrono nella formazione dei vari intervalli.
Es.: Do1 e Do2 è un intervallo di ottava, la vibrazione del Do acuto è doppia rispetto al Do basso (2/1).
Do2 e Sol3 è un intervallo di quinta; mentre il Do2 compie 2 vibrazione il Sol3 ne compie 3 (3 / 2).
Le principali caratteristiche del suono sono:
Altezza: dipende dalla frequenza (numero di vibrazioni al secondo); la nota del diapason ha una frequenza di 440 Hz (440 vibrazioni al secondo).
- L’orecchio umano percepisce mediamente suoni compresi tra le 16 vibrazioni e le 20.000 (è noto che il cane può udire suoni fino a 50.000 Hz, il pipistrello fino a 140.000)
Superando di molto il limite di udibilità (fino a diversi milioni di vibrazioni al secondo) si entra nella sfera degli ultrasuoni; al di sotto delle 16 vibrazioni al secondo si parla di infrasuoni.
I suoni effettivamente utilizzati nella musica sono compresi tra le 32 vibrazioni e le 4.300 circa.
Intensità: dipende dall’ampiezza delle vibrazioni; più ampio è il movimento maggiore è la sensazione di forza di un suono.
Timbro: caratteristica che permette di distinguere la fonte sonora (strumento, voce di una persona, ecc.); dipende dalla combinazione dei suoni armonici (è il colore del suono).
Il suono propriamente detto è formato da una vibrazione fondamentale più gli armonici
regolari.
Il rumore è formato una vibrazione fondamentale più una serie di armonici irregolari.
- Il terzo suono di Tartini. Così è detto un suono che si produce dalla emissione di un bicordo perfettamente intonato; esso corrisponde alla differenza tra le frequenze dei due suoni.
Do (anticamente Ut) – Re – Mi – Fa – Sol – La – Si (anticamente Sa, aggiunto nel XVI sec.). I nomi delle note sono ricavati dall’”Inno a San Giovanni” (antico canto liturgico proposto come modello da Guido D’Arezzo), nel quale ogni semiverso inizia su un suono successivo della scala.
Le note inserite nella scala musicale si chiamano Gradi: I grado, II grado, ecc.
Segni grafici che indicano l’innalzamento o l’abbassamento di una nota:
# (diesis) innalza la nota di semitono
(doppio diesis) innalza la nota di due semitoni
b (bemolle) abbassa la nota di semitono
(doppio bemolle) abbassa la nota di due semitoni
(bequadro) annulla le alterazioni precedenti
Le alterazioni possono essere usate in tre modi diversi:
I Bemolli si susseguono per quinte discendenti partendo dal Si.
# -> Fa – Do – Sol – Re – La – Mi – Si
-> Si – Mi – La – Re – Sol – Do - Fa
Il semitono diatonico è uno dei due semitoni della scala diatonica (da cui prende il nome), i nomi delle note sono diversi (Mi – Fa, Do – Reb).
Il semitono cromatico è formato da una nota e la sua alterazione (Do – Do#, Sol – Solb).
L’enarmonia è il cambio del nome delle nota senza modificare l’altezza del suono. Il Do# può essere chiamato Reb,
Sol# - Lab, ecc.
Le note musicali sono scritte sul Pentagramma (=cinque linee).
Il pentagramma è formato da cinque linee e quattro spazi e si contano dal basso verso l’alto. (la prima linea è quella più bassa, la quinta è la più alta, ecc.).
Le linee e gli spazi del pentagramma possono contenere nove note, le altre (più alte e più basse) sono scritte su tagli addizionali che prolungano verso l’alto e verso il basso il pentagramma stesso.
Il rapporto tra le linee e gli spazi del pentagramma si mantiene costante.
Per esempio: la prima linea e la seconda linea si trovano a distanza di ‘terza’ (se la prima linea si chiama Do, la terza linea è la sua terza, cioè Mi. Do-re-Mi = intervallo di terza); altro esempio; il primo spazio e la terza linea si trovano a distanza di ‘quarta’ (Re nel primo spazio, Sol sulla terza linea. Re-mi-fa-Sol = intervallo di quarta).
In altre parole: collegando le note scritte sul pentagramma si verificano delle distanze costanti.
I° - II° linea = intervallo di 3° I° - III° linea = intervallo di 5° I° - IV° linea = intervallo di 7° I° - V° linea = intervallo di 9°
*
I° linea – I° spazio = intervallo di 2° I° linea – II° spazio = intervallo di 4° I° linea – III° spazio = intervallo di 6° I° linea – IV° spazio = intervallo di 8°
Queste sono alcune combinazioni possibili, numerose altre saranno materia di esercitazione (sono da analizzare sia verso l’alto che verso il basso).
Il collegamento tra le note tramite la scala è un aspetto degli Intervalli (di cui parleremo in dettaglio più avanti) che, per ora, applicheremo negli esercizi di lettura.
Esercizio 1: Scrivere alcune note sul pentagramma e calcolare la loro distanza (o intervallo). In questo esercizio non è necessario dare un nome alle note, è importante invece stabilire con sicurezza l’intervallo che le separa.
La lettura delle note è basata sulla conoscenza della Scala musicale, sia nella successione ascendente che in quella discendente, ma anche in figurazioni di note non consecutive trasportate su diversi punti della scala stessa.
Esercizio 2 : Recitare la scala musicale dal basso verso l’alto e viceversa. Stesso esercizio partendo da note diverse da Do.
Esercizio 3 : Inventare una successione di tre note (es. Do-Mi-Re), riprodurre il frammento partendo da ogni grado della scala (do-mi-re, re-fa-mi, mi-sol-fa, fa-la-sol, ecc.). Stesso esercizio con gruppi di quattro-cinque note.
La Chiave è il segno musicale che si scrive all’inizio del pentagramma e fissa la posizione delle note.
Da un punto di vista grafico le chiavi sono tre: Chiave di Sol
Chiave di Fa
Chiave di Do
Complessivamente le chiavi possibili sono sette (come le note della scala):
4 Chiavi di Do: sulla I linea: Soprano, sulla II linea: Mezzosoprano, sulla III linea:
Contralto, sulla IV linea: Tenore.
Le chiavi che si incontrano più frequentemente sono quelle di Violino e di Basso (oltre ad altre chiavi tipiche di alcuni strumenti), le altre servono per il Trasporto, per modificare l’altezza di un brano musicale e adattarlo all’esecuzione da parte dei cosiddetti strumenti traspositori (tromba, clarinetto, e altri).
Cambiando la Chiave all’inizio del brano tutte le note cambieranno nome e altezza, ma conserveranno le stesse distanze tra loro (gli stessi intervalli).
Esercizio 4: Scrivere alcune note su un pentagramma senza indicare la chiave; analizzare la distanza fra le note senza dare nessun nome; dare un nome alla nota di partenza e leggere le successive; iniziare da capo cambiando il nome della prima nota, e così via per sette volte (tante sono le possibilità e le chiavi). Il nome delle note cambierà ad ogni lettura, ma non la distanza che le separa.
La battuta musicale stabilisce il Metro, la regolare successione di accenti forti e deboli, garantisce la stabilità nell’esecuzione e caratterizza il brano nelle diverse forme musicali (es.: la Marcia è in Metro binario, il Valzer è in Metro ternario, ecc.)
Il Ritmo è determinato dalla durata dei suoni (e delle pause). I Gruppi ritmici coincidono con la durata della battuta e rappresentano la libera invenzione del Musicista.
La differente durata dei suoni è indicata con le figure di valore:
Breve due interi |
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Semibreve un intero |
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Minima un mezzo |
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Semiminima un quarto |
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Croma un ottavo |
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Semicroma un sedicesimo |
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Biscroma un trentaduesimo |
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Semibiscroma un sessantaquattresimo |
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Un punto posto dopo una nota è chiamato punto di valore, vale metà della nota. Un secondo punto vale metà del primo e così via.
Le legature possono assumere diversi significati:
Legature di valore: posta tra due note dello stesso nome e altezza, somma i valori delle due note.
Legature di portamento: unisce due note di diversa altezza, la prima nota ha un accento, la seconda viene sfumata.
Legature di frase: unisce più note (e pause), indica gli elementi del discorso musicale.
Legature di suono: unisce più note, nell’esecuzione le note non devono essere separate.
Da un punto di vista grafico le Battute sono delimitate dalle stanghette, e raggruppano figure di valore (note e pause) corrispondenti al Tempo indicato all’inizio del brano.
Dal punto di vista sonoro-musicale le Battute sono raggruppamenti di accenti forti e deboli. Il primo accento di ogni Battuta è forte (si chiama Accento Ritmico), tutti gli altri deboli.
La battuta più naturale è quella di due tempi: il primo è forte il secondo debole (corrisponde al gesto di camminare: il piede sinistro è per convenzione forte, il desto è debole).
Gli accenti presenti nella battuta si chiamano Movimenti.
La battuta musicale è definita dal Tempo.
Il tempo è indicato dopo la chiave con due numeri sovrapposti che indicano la durata della battuta e il modo in cui la battuta stessa deve essere divisa.
Il tempo in chiave stabilisce la qualità di tutte le battute, a meno che, a un certo punto del brano, intervenga un cambio di tempo.
Le principali battute sono: in due movimenti ( il primo forte, il secondo debole)
in tre movimenti (il primo forte gli altri due deboli)
in quattro movimenti (il primo forte, gli altri tre deboli; oppure: il primo forte, il secondo debole, il terzo mezzo-forte, il quarto debole. La differenza è nella velocità di esecuzione)
in cinque movimenti, ecc. (altre battute irregolari saranno studiate in un capitolo successivo)
Ogni accento della battuta è diviso in parti più piccole che si chiamano suddivisioni. Avremo dunque: accenti principali e accenti secondari, detti anche: Movimenti e Suddivisioni.
Il Tempo in chiave indica quanti Movimenti ci sono in una battuta e quante Suddivisioni ci sono in un movimento.
Es.: la battuta 2/4 è divisa in due movimenti e ogni movimento in due suddivisioni. Es.: la battuta 3/4 è divisa in tre movimenti e ogni movimento in due suddivisioni.
I Movimenti della battuta possono essere divisi: in due suddivisioni (si chiamano Movimenti Semplici), in tre suddivisioni (Movimenti composti) o in cinque suddivisioni (Movimenti quinari).
La scrittura musicale è impostata principalmente su tre scale di valori:
Tempi Tagliati (ogni Movimento suddiviso in semiminime)
Tempi Reali (ogni Movimento suddiviso in crome)
Tempi Doppi (ogni Movimento suddiviso in semicrome)
Le tre categorie di tempi sono equivalenti, salvo che per l’uso delle figure di valore; si può trovare uno stesso brano scritto in 2/2, in 2/4 o in 2/8. Ciascuno di questi tempi sono è diviso in due Movimenti semplici, la differenza si nota solo nella scrittura, il risultato sonoro è uguale per tutte le tre le versioni.
Tabella riassuntiva dei principali tempi musicali
|
Tempi tagliati |
Tempi reali |
Tempi doppi |
|||
semplici |
composti |
semplici |
composti |
semplici |
composti |
|
In 2 movimenti |
2/2 |
6/4 |
2/4 |
6/8 |
2/8 |
6/16 |
In 3 movimenti |
3/2 |
9/4 |
3/4 |
9/8 |
3/8 |
9/19 |
In 4 movimenti |
4/2 |
12/4 |
4/4 |
12/8 |
4/8 |
12/16 |
In 5 movimenti |
5/2 |
15/4 |
5/4 |
15/8 |
5/8 |
15/16 |
Suddivisione |
semiminima |
croma |
semicroma |
In orizzontale troviamo i Tempi in due, tre, quattro e cinque movimenti,
in verticale troviamo i Tempi raggruppati secondo la categoria cui appartengono.
L’analisi del Tempo, o della Battuta, consiste nell’individuare le tre unità ritmiche e permette di stabilire il modo di lettura del brano.
Unità di Battuta: figura di valore che occupa, da sola, tutta la battuta.
Unità di Movimento: figura di valore di un solo Movimento
Unità di Suddivisione: figura di valore di una sola Suddivisione.
Esempio: Tempo 2/4 da eseguire a media velocità: unità di Battuta = Minima;
unità di Movimento = Semiminima; unità di Suddivisione = Croma. (Due Movimenti semplici)
Esempio: Tempo 2/4 da eseguire molto lento: unità di Battuta = Minima;
unità di Movimento = Croma;
unità di Suddivisione = Semicroma. (Quattro Movimenti semplici)
La corretta velocità di esecuzione si ricava dall’indicazione di Metronomo. Il Metronomo batte tanti colpi quanti sono stati scelti, in ogni minuto primo.
Nella maggior parte dei casi il numero di metronomo è riferito al Movimento (è anche possibile che sia riferito alla Suddivisione o alla Battuta intera).
L’andamento regolare di una Battuta è dato dalla successione degli accenti forti e deboli che rispettano la struttura della Battuta stessa. Quando ciò non avviene si parla di gruppi ritmici irregolari:
Sincope: gruppo ritmico irregolare formato da note che iniziano su tempi deboli della Battuta e si prolungano su tempi forti.
Contrattempo: ritmo irregolare formato da note sui tempi deboli della Battuta e pause su quelli forti.
6
Scala
E’ l’ordinata successione delle note considerata dal basso verso l’alto.
Tra un grado e l’altro della scala ci possono essere due tipi di intervallo: Tono e Semitono. Una scala è definita Diatonica, quando comprende cinque toni e due semitoni (tasti bianchi del pianoforte); è definita Cromatica se è formata solo da semitoni (tutti i tasti del pianoforte). Esistono altri tipi di scala che saranno studiati più avanti.
I gradi della scala hanno i seguenti nomi: 1° grado = Tonica
2° grado = Sopratonica
3° grado = Mediante, Caratteristica o Modale
4° grado = Sottodominante, Dominante inferiore o Controsensibile
5° grado = Dominante
6° grado = Sopradominante
7° grado = Sensibile (se si trova a un semitono dalla Tonica superiore), Settimo grado (se si trova a un tono dalla Tonica superiore)
La scala diatonica si differenzia per due caratteristiche:
La Tonalità: altezza della scala, prende il nome della nota di partenza (Tonica) Il Modo: diversa disposizione dei Toni e dei Semitoni rispetto alla Tonica.
La descrizione completa di una scala (ma anche di un brano musicale) sarà:
Tonalità di Do, Modo maggiore (Sinfonia in Do maggiore), in sintesi: scala di Do maggiore.
I Modi della scala sono stati elaborati in diversi sistemi teorici e in diverse epoche storiche (per uno studio completo si rinvia a testi specifici), quelli in uso attualmente sono due:
Il Modo Maggiore, successione di 2 toni 1 semitono 3 toni e 1 semitono; semitoni tra il 3° 4° grado e tra il 7° e 8°.
E’ possibile trovare la scala Maggiore in cui viene abbassato il 6° grado (si chiama Scala Maggiore Armonica)
Il Modo Minore, successione di 1 tono 1 semitono 2 toni 1 semitono e 2 toni;
semitoni tra il 2° e 3° grado e tra il 5° e 6°.
Molto spesso nel repertorio musicale sono impiegate le forme alterate della scala Minore:
Armonica: ha il 7° grado innalzato sia quando sale sia quando scende Melodica: ha il 6° e 7° gradi innalzati solo quando sale, abbassati quando scende Di Bach: ha il 6° e 7° gradi innalzati sia quando sale sia quando scende.
Le forme alterate del Modo Minore sono preferite alla forma Naturale perché contengono la Sensibile (7° grado innalzato), che è un grado essenziale nel linguaggio musicale.
Il modello del Modo Maggiore è la scala di Do, quello del Modo Minore è la scala di La.
E’ possibile riprodurre i due modelli della scala, Maggiore e Minore, partendo da ogni nota naturale e alterata.
Per mantenere la stessa successione di toni e semitoni delle scale modello bisogna alterare uno o più gradi.
Esempio: La scala maggiore costruita sul Sol ha il Fa innalzato di semitono, al fine di ottenere la successione di toni e semitoni simile al modello: Sol-La-Si-Do-Re-Mi-Fa<-Sol
7
Le scale sono collegate tra loro per intervalli di 5°:
Ricordiamo che le alterazioni in chiave sono usate in ordine fisso: i diesis si succedono per quinte ascendenti partendo dal Fa,
i bemolli si succedono per quinte discendenti partendo dal Si diesis -> Fa – Do – Sol – Re – La – Mi – Si <- bemolli
Lo schema completo del circolo delle quinte per le scale di Modo Maggiore
+7 Do# maggiore
+6 Fa# maggiore
+5 Si maggiore
+4 Mi maggiore
+3 La maggiore
+2 Re maggiore
+1 Sol maggiore
0 - Do maggiore (scala modello del Modo Maggiore)
-1 Fa maggiore
-2 Sib maggiore
-3 Mib maggiore
-4 Lab maggiore
-5 Reb maggiore
-6 Solb maggiore
-7 Dob maggiore
Lo schema completo del circolo delle quinte per le scale di Modo Minore
+7 La# minore
+6 Re# minore
+5 Sol# minore
+4 Do# minore
+3 Fa# minore
+2 Si minore
+1 Mi minore
0 - La minore (scala modello del Modo Minore)
-1 Re minore
-2 Sol minore
-3 Do minore
-4 Fa minore
-5 Sib minore
-6 Mib minore
-7 Lab minore
I numeri positivi e negativi (+ per i diesis, - per i bemolli) indicano il numero di alterazioni in chiave (armatura di chiave) di ogni scala.
Si chiamano relative (o parallele) due scale che hanno le stesse alterazioni in chiave.
Ogni armatura in chiave è comune a due diverse scale: una di Modo Maggiore, una di Modo Minore (che si dicono Relative).
Es.: la scala di Sol Maggiore e quella di Mi Minore, hanno un diesis in chiave (Fa<): Sol Maggiore e Mi Minore sono scale relative.
Ogni scala di Modo Maggiore ha una scala Minore relativa che ha come Tonica il 6° grado.
Due scale contigue nel circolo delle quinte si dicono Scale vicine; la differenza tra le due scale è di una alterazione in più o in meno.
Esempio: Do maggiore e Sol maggiore sono Scale vicine, l’unica nota diversa è Fa (in Do maggiore), Fa< (in Sol maggiore), le altre sei note sono uguali.
Esempio: Re maggiore e La maggiore sono Scale Vicine, l’unica nota diversa è Sol (in Re maggiore), Sol< (in La maggiore).
Due scale che hanno due o più alterazioni di differenza si dicono Scale lontane. Il grado di lontananza si stabilisce in basse al numero di quinte di distanza.
Esempio: Do maggiore e Re maggiore distano due quinte, Sol maggiore e Sib maggiore distano tre quinte.
La definizione di Intervallo è strettamente legata alla scala, in particolare al Modo della scala; i termini che si usano per definire gli intervalli sono riferiti ai Modi: Maggiore, Minore, Giusto, Eccedente, Diminuito, Più che eccedente, Più che diminuito.
L’intervallo è il rapporto che si instaura tra un grado della scala con la Tonica (1° grado di una scala).
E’ definito da due caratteristiche:
Il grado della scala (intervallo di 3°, di 6°, ecc.)
L’appartenenza del grado alla scala di modo maggiore, minore, tutte e due o nessuna delle due.
La nota più bassa è sempre considerata Tonica, l’analisi riguarda la nota più alta.
Es.:
Do – La : intervallo di 6° Maggiore (La è il sesto grado nella scala di Do e appartiene al Modo maggiore).
Do – Lab : intervallo di 6° minore (La?è il sesto grado nella scala di Do minore).
Può capitare che l’analisi sia fatta su un grado che non appartiene né al Modo maggiore né a quello Minore; in questo caso viene definito Eccedente (se è un grado innalzato) o Diminuito (se è un grado abbassato).
Do – Fa# : intervallo di 4° Eccedente (il Fa< è la quarta nota della scala, ma non si trova né in Do maggiore, né il Do minore, è eccedente).
Do – Solb : intervallo di 5° diminuita (il Sol?è la quinta di Do, ma non si trova né in Do maggiore, né in Do minore, è diminuita).
Un altro caso è quello in cui la nota si trova sia nella scala Maggiore, sia in quella Minore:
Do – Fa : intervallo di 4° giusta (il Fa è quarto grado sia in Do maggiore, sia in Do minore, è giusto).
Nell’intervallo melodico le due note si presentano in successione (è la parte più piccola di una linea melodica), in quello armonico le due note sono simultanee e creano un bicordo.
Un intervallo può essere in forma Fondamentale o Rivoltata. L’intervallo Rivoltato si ottiene innalzando di ottava la nota più grave.
La somma numerica dei due intervalli dà 9, la qualità del Rivolto è reciproca rispetto all’intervallo Fondamentale:
Do – Fa ->rivolto: Fa – Do (4 + 5 = 9). Fondamentale maggiore -> Rivolto minore Fondamentale minore -> Rivolto maggiore Fondamentale giusto -> Rivolto giusto Fondamentale eccedente -> Rivolto diminuito Fondamentale diminuito -> Rivolto eccedente
Gli intervalli compresi nell’ottava sono definiti semplici, quelli che superano l’ottava si dicono composti. Fa eccezione l’intervallo di Nona che, pur superando l’ottava, si considera semplice.
L’analisi degli intervalli composti corrisponde a quella degli intervalli semplici corrispondenti.
Un intervallo composto viene semplificato sottraendo 7 (intervallo di Decima: 10-7=3, intervallo semplice corrispondente: Terza).
Sono così definiti due intervalli che hanno lo stesso suono ma nomi delle note diversi. Do – mi > enarmonico Do – Fab, oppure: Si# - Mi.
L’enarmonia è applicabile alla singola nota, all’intervallo o anche a una scala intera: Do# enarmonico di Reb,
Do# - Mi enarmonico di Reb – Fab,
Scala di Reb maggiore enarmonica di Do# maggiore.
E’ una delle componenti del tessuto musicale, insieme a: Armonia, Contrappunto, Timbro, ecc.
La linea melodica rappresenta la parte ‘cantabile’ di un brano musicale, si può trovare nella parte acuta, o in quella grave o in una parte intermedia. Può passare da una parte all’altra, può essere ripresa da voci o strumenti diversi, può essere ripetuta (nel linguaggio musicale la ripetizione è una delle tecniche più frequenti), variata, ecc.
La melodia di cui ci occuperemo è formata da una sola linea melodica, senza accompagnamento, una melodia da cantare.
Così come nella frase parlata, anche nella composizione musicale esistono: parole, frasi, periodi, punteggiatura, ecc.
La parte più piccola del discorso musicale è l’Inciso (o Motivo); corrisponde all’incirca a una Battuta, e potrebbe essere paragonata al vocabolo del linguaggio parlato. Come la parola anche l’inciso, per poter essere pronunciato, ha bisogno di un accento che si chiama accento ritmico. Esso si trova sempre e solo sul primo Movimento di ogni battuta (salvo si tratti di una Battuta molto lunga e in tempo lento).
- L’inizio di un brano (e quindi il primo inciso) può essere di tre tipi:
Tetico: accento ritmico sulla prima nota.
Acefalo: accento ritmico sull’ultima nota.
Anacrusico (o protetico): accento ritmico sulla seconda, terza o quarta nota (si chiama anche ritmo ‘in levare’).
L’analisi può essere estesa a tutti gli incisi che compongono il brano, ed è probabile che non tutti gli incisi siano dello stesso tipo (se il primo inciso è tetico non è detto che anche gli altri lo siano).
- La chiusa del brano può essere con ritmo: Tronco: l’ultima nota è sul tempo forte Piano: l’ultima nota è su un tempo debole
Due o tre incisi formano una Semifrase (due o tre Battute) Due o tre semifrasi formano una Frase (quattro o sei Battute) Due o tre frasi formano un Periodo (otto o dodici Battute)
Due o tre periodi formano una Strofa (o doppio Periodo, triplo Periodo di sedici o ventiquattro Battute).
E’ utile ricordare che la forma musicale è uno dei componenti dell’invenzione del Compositore, e che le regole appena viste hanno solo un valore indicativo. Nella letteratura si trovano molte eccezioni, molti modi diversi di articolare il pensiero musicale.
La linea melodica è composta su una successione di accordi (detta anche Corale). Gli accordi sono gruppi di note in successione di terza (Do – Mi – Sol).
Una melodia basata sull’accordo di Do maggiore, per esempio, dovrebbe contenere solo le note dell’accordo (e quindi muoversi per gradi disgiunti), in realtà essa è composta anche da note estranee all’accordo, sotto forma di note ornamentali.
Nota di passaggio: collega due note dell’accordo, si trova su un tempo debole (Do – Re – Mi)
Nota di volta: si trova su un tempo debole, è preceduta e seguita a distanza di grado sopra o sotto da una nota dell’accordo (Do - Si – Do)
Nota sfuggita: simile alla nota di volta, senza ritorno sulla nota dell’accordo (Do – Re – Si)
Appoggiatura: sostituisce sul tempo forte una nota dell’accordo (Si – Do)
Nota di cambio: si trova tra un ritardo (o appoggiatura) e la nota dell’accordo (Re – Si – Do)
Ritardo: si trova su un tempo forte, ritarda una nota dell’accordo (Re - Do)
Anticipazione: si trova su un tempo forte, anticipa una nota dell’accordo (Si – Do – Do)
L’uso delle note ornamentali conferisce alla melodia un profilo migliore, permette di procedere per gradi congiunti e, in generale, di ottenere una libertà maggiore della melodia stessa.
Con questa definizione si indica una linea melodica che, per il suo modo di procedere, sottintende la presenza di due voci. Non si tratta di due voci reali ma di due voci ‘percepite’ in modo indipendente.
Do – Si Si – La Do Do#
Nell’esempio abbiamo una sola linea melodica, ma la figurazione fa sentire una voce grave (Do – do – si - Do# - si - la) e una acuta ( do - Do – Si – do# - Si – La).
La modulazione è il cambio di tonalità che si effettua introducendo note alterate tipiche di una nuova scala. Un brano modula, nella maggior parte dei casi, a una delle tonalità vicine.
La modulazione, se ben condotta, crea varietà e conferisce al brano un interesse maggiore; l’insistenza in una stessa scala può, a lungo andare, dare un senso di staticità, la modulazione introduce varietà e interesse e arricchisce la linea melodica.
L’analisi delle modulazioni non è sempre facile (anche perché è effettuata su una linea melodica); le due regole seguenti, anche se non hanno un valore assoluto, possono darci le prime indicazioni:
Esempio: se in Do maggiore si trova un Fa# (4° grado innalzato) è probabile che ci sia una modulazione a Sol maggiore (di cui Fa# è la sensibile).
Esempio: se in Do maggiore si trova un Sib (7° grado abbassato) la nuova scala potrebbe essere Fa maggiore, o la sua relativa Re minore).
Il cambio di tonalità avviene, come abbiamo visto, introducendo note alterate. Queste possono essere nella linea melodica oppure in una parte secondaria. Nel primo caso abbiamo la Modulazione Melodica, nel secondo la Modulazione Armonica.
Questo significa che si può sentire un cambio di tonalità, anche se la linea melodica non presenta note alterate.
Non tutte le note alterate provocano una modulazione.
E’ possibile incontrare note alterate con funzione di ornamentazione melodica, note di passaggio, di volta, appoggiature, ecc.
Si definisce cromatismo l’inserimento di suoni estranei alla scala, senza che avvengano modulazioni.
Esempio: Do – Do# - Re, il Do# è una nota cromatica di passaggio, non provoca cambio di tonalità.
Esempio: Re – Do# - Re, in questo caso il Do# è una nota di volta.
L’Accordo ha origine dalla fisica stessa del suono. Ricordiamo che il Suono è composto da una vibrazione fondamentale e da un numero variabile di suoni armonici che si susseguono in ordine costante.
L’Accordo è un insieme di almeno tre note che stanno tra loro a intervalli dispari (3° - 5° - 7°
- ecc.).
L’Accordo più semplice è formato da tre note: una fondamentale, la sua terza e la sua quinta. Ogni grado della scala può essere fondamentale di un accordo.
Le triadi che si formano sui diversi gradi della scala possono essere di quattro tipi:
Triade maggiore: formato da 3° maggiore e 5° giusta (Do – Mi – Sol)
Triade minore: formato da 3° minore e 5° giusta (Do – Mib – Sol)
Triade diminuita: formato da 3° minore e 5° diminuita (Do – Mib – Solb)
Triade eccedente: formato da 3° maggiore e 5° eccedente (Do – Mi – Sol#)
La triade diminuita si forma sul 7° grado della scala maggiore e su quella minore con il 7° grado innalzato..
La triade eccedente si forma sul 3° grado della scala minore con il 7° grado innalzato.
Si chiamano posizioni di un accordo le diverse combinazioni in cui si presentano le note, in particolare sono determinate dagli intervalli che lo compongono:
Posizione fondamentale: Do – Mi – Sol (3° - 5°) Prima posizione:
Mi – Sol – Do (3° - 6°) Seconda posizione:
Sol – Do – Mi (4° - 6°) La fondamentale della triade è Do in tutte le posizioni.
E’ un accordo di quattro suoni costruito sulla Dominante dei due Modi (5° grado della scala). E’ formato da 3° maggiore, 5° giusta 7° minore.
Da un altro punto di vista comprende: il 5° grado, il 7°, il 2° e il 4°.
Tra queste note ci sono le due sensibili della scala, il 4° e il 7°, che sono molto importanti per stabilire la tonalità.
La combinazione: Settima di Dominante - Triade di Tonica forma la Cadenza Perfetta.
Le posizioni dell’accordo sono:
Posizione fondamentale: Sol – Si – Re -Fa (3° - 5° - 7°) Prima posizione:
Si – Re – Fa – Sol (3° - 5° - 6°) Seconda posizione:
Re – Fa – Sol – Si (3° - 4° - 6°) Terza posizione :
Fa – Sol – Si – Re (2° - 4° - 6°) La fondamentale dell’accordo è Sol in tutte le posizioni.
Con il termine Cadenza si indica la successione di accordi nell'ambito del tessuto armonico di un brano.
Le principali cadenze coinvolgono i gradi fondamentali della scala (I° - IV° - V°).
Cadenza perfetta: successione V° - I°, si trova generalmente al termine di un brano e ha carattere di chiusura definitiva.
Cadenza sospesa: I° - V°, è l'inverso della precedente e ha carattere di sospensione.
Cadenza plagale (o ecclesiastica); successione IV° - I°, ha carattere di chiusura, generalmente segue la cadenza perfetta e sottolinea la fine del brano.
Cadenza d'inganno (o evitata): V° - VI°, ha carattere
di sospensione, inganna l'attesa ed evita la risoluzione sul I° grado.
Cadenza composta: in questo caso sono coinvolti tre accordi: IV° - V° - I°, oppure: II° - V° - I°, ha carattere conclusivo; in questa cadenza sono presenti tutti i gradi della scala e ha carattere conclusivo.
Cadenza imperfetta (o semi-cadenza): V° - I°6,
in questo caso viene impiegato il primo rivolto dell'accordo di Tonica, ha carattere di semi-conclusione (non è generalmente usata alla fine del brano).
Altre cadenze, meno frequenti, sono analizzate nei corsi di Armonia.
Con questo termine si indica un gran numero di situazioni musicali che in questa sede non è possibile analizzare. Ci limiteremo allo studio dei cinque abbellimenti tradizionalmente inseriti nel corso di Solfeggio.
Gli abbellimenti sono fioriture melodiche che, nei diversi periodi storici, hanno svolto funzioni diverse; in alcuni casi sono parti integrate ed essenziali di una melodia, in altri casi sono delle semplici ornamentazioni aggiunte.
Ogni nota reale ha quattro note ausiliarie che si trovano a distanza di tono e semitono sopra e sotto.
Sono le note che si usano per realizzare alcuni abbellimenti.
Alternanza rapida di una nota reale con l’ausiliaria superiore o inferiore; è abbreviato con
(mordente superiore) oppure (mordente inferiore); le piccole alterazioni che si trovano accoppiate al segno del mordente indicano le ausiliarie alterate.
Ritmicamente in mordente è realizzato sul tempo forte, togliendo valore alla nota reale. Un segno di abbreviazione più lungo è definito doppio mordente, si realizza allungando l’alternanza delle note.
Nota scritta in piccolo che precede una nota reale. E’ realizzata con il valore scritto che viene sottratto al valore della nota reale successiva.
Eccezione: Se l’appoggiatura è seguita da un valore ternario occupa sempre i 2/3 della nota reale.
Con il termine ternario si indica il valore formato da tre accenti, il primo forte il secondo e terzo deboli.
Nota, o gruppi di note scritte in piccolo, generalmente con valore di croma, con un taglio trasversale sul ricciolo. Si esegue con valori brevissimi ‘in battere’ (sul tempo della nota reale). In alcuni casi si esegue ‘in levare’, lasciando inalterato il valore della nota reale (la diversa esecuzione dipende dal repertorio, dal periodo, dal genere musicale, ecc.).
E’ un abbellimento che usa le due ausiliarie di una nota reale. E’ abbreviato con
(gruppetto diretto o dritto), oppure con (gruppetto indiretto o rovesciato).
Può essere posto sopra la nota (o sotto), in questo caso viene eseguito sulla prima parte della nota, iniziando dall’ausiliaria.
Se è posto tra due note si realizza sull’ultima suddivisione debole della prima nota.
Alternanza rapida di una nota reale con l’ausiliaria superiore (solo superiore). Può essere composto da tre fasi:
Preparazione: una o più note che introducono il trillo vero e proprio.
Trillo
Risoluzione: una nota o più note (può essere anche un gruppetto) che sostituiscono le ultime note del trillo prima della nota reale successiva.
Le tre fasi non sono obbligatorie, ci può essere solo il Trillo, oppure il Trillo e la Risoluzione, ecc.
La Chiave è il segno musicale che si scrive all’inizio del pentagramma e fissa la posizione delle note.
Da un punto di vista grafico le chiavi sono tre: Chiave di Sol
Chiave di Fa Chiave di Do
Complessivamente le chiavi possibili sono sette (come le note della scala):
4 Chiavi di Do: sulla I linea: Soprano, sulla II linea: Mezzosoprano, sulla III linea:
Contralto, sulla IV linea: Tenore.
Le chiavi che si incontrano più frequentemente sono quelle di Violino e di Basso (oltre ad altre chiavi tipiche di alcuni strumenti), le altre servono per il Trasporto, per modificare l’altezza di un brano musicale e adattarlo all’esecuzione da parte dei cosiddetti strumenti traspositori (tromba, clarinetto, e altri).
Cambiando la Chiave all’inizio del brano tutte le note cambieranno nome e altezza, ma conserveranno gli stessi intervalli.
Innalzamento o abbassamento di una melodia (o di un intero brano) a diversi intervalli. Come si è già visto il trasporto si pratica per la lettura (e la scrittura) delle parti per gli strumenti traspositori.
La tecnica del trasporto prevede tre fasi:
Cambio di chiave: in questo modo vengono cambiati i nomi delle note
Cambio dell’armatura di chiave: per adeguare il brano alla nuova tonalità
Analisi delle alterazioni momentanee: Leggendo in una chiave diversa alcune alterazioni momentanee subiscono un cambiamento di semitono verso l’alto o verso il basso.
Il procedimento per individuare le irregolarità consiste nel verificare la distanza in quinte tra la tonalità originale e quella in cui si trasporta. Per ogni quinta sopra ci sarà una nota da innalzare, per ogni quinta sotto una nota da abbassare.
Questa irregolarità non dipende dalla tonalità del brano, è invece legata alla distanza in quinte tra le due tonalità coinvolte nell’operazione.
Le note da modificare sono ricavate dall’ordine delle alterazioni (fa – do – sol – re – la – mi – si per i diesis; si – mi – la – re – sol - do – fa per i bemolli).
Fonte: http://solfeggioinrete.altervista.org/materiali/teoria/Teoria%20della%20musica.2015.pdf
Sito web da visitare: http://solfeggioinrete.altervista.org
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