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Gli strumenti si possono classificare secondo il modo in cui si produce il suono.
Come si produce il suono?
Negli aerofoni il suono è prodotto dalla vibrazione dell’aria:
In linea generale, possiamo pensare agli aerofoni come a dei tubi sonori, di materiali e forme differenti, di solito legno o metallo, cilindrici o conici. Quando l’esecutore soffia al loro interno, la colonna d’aria già presente nello strumento entra in vibrazione e produce un suono. L’altezza del suono dipende principalmente dalla lunghezza della colonna d’aria:
Gli strumenti a fiato si dividono poi in due sottogruppi:
Gli aerofoni si dividono anche in base alla tipologia d’imboccatura:
(oboe) (corno inglese) (fagotto)
(controfagotto)
(fisarmonica) (cornamusa) (zampogna) (organo a canne)
Come si produce il suono?
Si chiamano cordofoni tutti quegli strumenti in cui il suono viene prodotto dalle vibrazioni di una corda.
La corda è un filo teso di lunghezza, spessore e materiali diversi: abbiamo corde di seta, di nylon, di metallo, di budella di animali.
L’altezza del suono è determinata:
Una corda può vibrare per:
A corde pizzicate: arpa, banjo, chitarra, liuto, cetra, mandolino, balalaica, clavicembalo
(arpa) (chitarra) (mandolino) (clavicembalo)
A corde sfregate (ad arco): violino, viola, violoncello, contrabbasso, viola da gamba
(gli archi)
A corde percosse: pianoforte, clavicordo
(pianoforte) (clavicordo)
Le percussioni si dividono in due categorie: idiofoni e membranofoni.
Come si produce il suono?
Gli idiofoni sono quegli strumenti musicali in cui l’elemento vibrante è il corpo stesso dello strumento: non ci sono cioè né corde, né aria, né membrane.
Possiamo distinguere due sottogruppi:
Idiofoni a suono determinato: campane tubolari, glockenspiel, celesta, xilofono.
(campane tubolari) (celesta) (xilofono)
(glockenspiel)
Idiofoni a suono indeterminato: gong, nacchere, piatti, triangolo, maracas, ecc.
(gong) (nacchere) (piatti)
I membranofoni producono il suono grazie alle vibrazioni di una membrana, una pelle tesa percossa con un battente (con delle mazzuole o con delle bacchette o ancora con le mani).
Come gli idiofoni, si distinguono in membranofoni a suono determinato e membranofoni a suono indeterminato.
Membranofoni a suono determinato: timpani.
Membranofoni a suono indeterminato: grancassa, tamburo, rullante, tamburello
(grancassa) (tamburo) (rullante) (tamburello)
La batteria, infine, è uno strumento formato da idiofoni e membranofoni.
(batteria)
Gli elettrofoni sono strumenti muniti di dispositivi o circuiti elettrici; alcuni hanno corde, ma la vibrazione è amplificata e sostanzialmente modificata da circuiti elettrici.
Altri, invece, generano il suono per mezzo di dispositivi che creano elettronicamente la vibrazione, determinandone la frequenza, l’ampiezza e la durata, come nel sintetizzatore.
Ecco alcuni strumenti elettrofoni:
Chitarra elettrica, basso elettrico, sintetizzatore, tastiera elettronica, theremin, onde Martenot
(chitarra elettrica) (sintetizzatore) (theremin)
(tastiera elettronica)
La voce rappresenta forse lo strumento più completo, perché riunisce le diverse caratteristiche degli strumenti che abbiamo già visto: è un aerofono, in quanto la produzione dei suoni vocalici è connessa alla respirazione e quindi all’immissione e all’emissione di aria; è un cordofono, perché le corde vocali sono il mezzo vibrante; è un membranofono, perché l’apparato fonatorio, cioè l’apparato che produce il suono, è in gran parte costituito da membrane; infine è un idiofono perché ogni parte del nostro corpo ha una funzione ben precisa nel canto artistico: dalla posizione delle gambe alla tenuta del tronco, dall’atteggiamento della testa ai muscoli facciali, ecc.
Inoltre, la voce è uno strumento che non solo emette suoni intonati, ma li riveste con parole, capacità che nessun altro strumento possiede.
La voce è dunque uno strumento complesso, e allo stesso tempo “naturale”. Quando intoniamo i suoni vocali su altezze diverse oltrepassiamo il confine del parlato per entrare nel magico mondo del canto!
Fin dai tempi remoti gli uomini sono stati affascinati dal canto, che aveva un valore sacro e un potere magico, miracoloso. Per tutte le antiche civiltà il canto ha rappresentato una forma di comunicazione “speciale”, adatta per parlare con la divinità, per pregare, per raccontare la propria storia e le proprie gesta: Egizi, Greci, Romani, Ebrei ci hanno lasciato invocazioni religiose, canti di battaglia, cori rituali.
Nel Medioevo il canto ha avuto un ruolo centrale nella cultura e nell’arte con due funzioni:
In entrambi i casi si tratta di un canto molto naturale, nel quale la voce si muove con prudenza: è il cantus planus, caratterizzato da un’emissione vocale molto simile a quella del parlato. Non è così diverso, infatti, dal modo di cantare dei nostri giorni! Anzi molti cantautori si rifanno alla musica vocale medievale (tra gli altri Angelo Branduardi).
Dal Seicento in poi, con l’invenzione del melodramma, nasce l’esigenza di un canto capace di sovrastare il volume dell’orchestra. Non esistendo ancora il microfono viene elaborata una nuova tecnica di canto che si perfezionerà nei secoli successivi: è il canto operistico, il gioiello della tradizione musicale italiana nel mondo!
Questa tecnica cura particolarmente la dizione delle parole, impiega la respirazione diaframmatica e pone il suono “in maschera”, ossia usa i muscoli del volto in modo tale che la voce venga naturalmente amplificata, come possiamo verificare ascoltando la voce di un cantante d’opera. Se facciamo attenzione possiamo notare che un cantante d’opera non ha necessità di usare il microfono per far emergere la sua voce sull’orchestra. Ciò non accade invece quando noi utilizziamo un canto non impostato, dove siamo obbligati ad usare il microfono per farci sentire! Nel jazz, infatti, come nella canzone leggera (pop, rock, metal, heavy metal, house, funky, ecc.) l’emissione vocale avviene in modo naturale e spontaneo, dato che oggi possediamo il microfono per amplificare il suono. Si parla infatti di voce “non impostata”.
Nella lirica quindi, le voci, impostate, funzionano come strumenti e, proprio come questi, possono avere un loro colore, un timbro particolare, altezze diverse, essere cioè più o meno acute, più o meno gravi. Vediamo allora come si distinguono le voci nell’ambito operistico.
Il criterio principale per classificare la voce è quello dell’altezza dei suoni prodotti:
Non è però solo questione di altezza. La voce del soprano non è semplicemente più acuta di quella del mezzo-soprano, ma è anche più chiara. È infatti diverso anche il colore (timbro) del suono. Il timbro così, caratterizza le voci rendendole davvero uniche, diverse le une dalle altre.
Fonte: http://terzaclasse.altervista.org/wp-content/uploads/2012/10/CLASSIFICAZIONE-DEGLI-STRUMENTI-MUSICALI.doc
Sito web da visitare: http://terzaclasse.altervista.org/
Autore del testo: L.Schiavo
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